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Document 62019CJ0224

    Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 16 luglio 2020.
    CY contro Caixabank SA e LG e PK contro Banco Bilbao Vizcaya Argentaria SA.
    Domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Juzgado de Primera Instancia n° 17 de Palma de Mallorca e dal Juzgado de Primera Instancia e Instrucción de Ceuta.
    Rinvio pregiudiziale – Tutela dei consumatori – Direttiva 93/13/CEE – Articoli 6 e 7 – Contratti conclusi con i consumatori – Mutui ipotecari – Clausole abusive – Clausola che pone la totalità delle spese di costituzione e di cancellazione dell’ipoteca a carico del mutuatario – Effetti della dichiarazione di nullità di dette clausole – Poteri del giudice nazionale in presenza di una clausola qualificata come “abusiva” – Ripartizione delle spese – Applicazione di disposizioni nazionali integrative – Articolo 3, paragrafo 1 – Valutazione del carattere abusivo delle clausole contrattuali – Articolo 4, paragrafo 2 – Esclusione delle clausole relative all’oggetto principale del contratto o alla perequazione del prezzo o della remunerazione – Presupposto – Articolo 5 – Obbligo di redazione chiara e comprensibile delle clausole contrattuali – Spese – Prescrizione – Principio di effettività.
    Cause riunite C-224/19 e C-259/19.

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2020:578

     SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

    16 luglio 2020 ( *1 )

    «Rinvio pregiudiziale – Tutela dei consumatori – Direttiva 93/13/CEE – Articoli 6 e 7 – Contratti conclusi con i consumatori – Mutui ipotecari – Clausole abusive – Clausola che pone la totalità delle spese di costituzione e di cancellazione dell’ipoteca a carico del mutuatario – Effetti della dichiarazione di nullità di dette clausole – Poteri del giudice nazionale in presenza di una clausola qualificata come “abusiva” – Ripartizione delle spese – Applicazione di disposizioni nazionali integrative – Articolo 3, paragrafo 1 – Valutazione del carattere abusivo delle clausole contrattuali – Articolo 4, paragrafo 2 – Esclusione delle clausole relative all’oggetto principale del contratto o alla perequazione del prezzo o della remunerazione – Presupposto – Articolo 5 – Obbligo di redazione chiara e comprensibile delle clausole contrattuali – Spese – Prescrizione – Principio di effettività»

    Nelle cause riunite C‑224/19 e C‑259/19,

    aventi ad oggetto due domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dallo Juzgado de Primera Instancia n. 17 de Palma de Mallorca (Tribunale di primo grado n. 17 di Palma di Maiorca, Spagna) (C‑224/19), nonché dallo Juzgado de Primera Instancia e Instrucción de Ceuta (Tribunale di primo grado e istruttore di Ceuta, Spagna) (C‑259/19), con decisioni del 12 marzo 2019 e del 13 marzo 2019, pervenute in cancelleria, rispettivamente, il 14 marzo 2019 e il 27 marzo 2019, nei procedimenti

    CY

    contro

    Caixabank SA (C‑224/19),

    e

    LG,

    PK

    contro

    Banco Bilbao Vizcaya Argentaria SA (C‑259/19),

    LA CORTE (Quarta Sezione),

    composta da M. Vilaras, presidente di sezione, S. Rodin (relatore), D. Šváby, K. Jürimäe e N. Piçarra, giudici,

    avvocato generale: H. Saugmandsgaard Øe

    cancelliere: A. Calot Escobar

    vista la fase scritta del procedimento,

    considerate le osservazioni presentate:

    per CY, da N. Martínez Blanco, abogado;

    per Caixabank SA, da J. Gutiérrez de Cabiedes Hidalgo de Caviedes, abogado;

    per LG, da R. Salamanca Sánchez, abogado, e M.C. Ruiz Reina, procuradora;

    per Banco Bilbao Vizcaya Argentaria SA, da C. Fernández Vicién, J. Capell Navarro e A. Picón Franco, abogados;

    per il governo spagnolo, da L. Aguilera Ruiz e M.J. García‑Valdecasas Dorrego, in qualità di agenti;

    per la Commissione europea, da J. Baquero Cruz e N. Ruiz García, in qualità di agenti,

    vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1

    Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione degli articoli da 3 a 8 della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29).

    2

    Tali domande sono state presentate nell’ambito di due controversie che vedono contrapposti, da un lato, CY alla Caixabank S.A. e, dall’altro, LG e PK al Banco Bilbao Vizcaya Argentaria S.A. (in prosieguo: il «BBVA»), in merito a clausole abusive presenti in contratti di mutuo con garanzie ipotecarie.

    Contesto normativo

    Diritto dell’Unione

    3

    I considerando sedicesimo, diciannovesimo, ventesimo e ventiquattresimo della direttiva 93/13 così recitano:

    «considerando che la valutazione, secondo i criteri generali stabiliti, del carattere abusivo di clausole, in particolare nell’ambito di attività professionali a carattere pubblico per la prestazione di servizi collettivi che presuppongono una solidarietà fra utenti, deve essere integrata con uno strumento idoneo ad attuare una valutazione globale dei vari interessi in causa; che si tratta nella fattispecie del requisito di buona fede; che nel valutare la buona fede occorre rivolgere particolare attenzione alla forza delle rispettive posizioni delle parti, al quesito se il consumatore sia stato in qualche modo incoraggiato a dare il suo accordo alla clausola e se i beni o servizi siano stati venduti o forniti su ordine speciale del consumatore; che il professionista può soddisfare il requisito di buona fede trattando in modo leale ed equo con la controparte, di cui deve tenere presenti i legittimi interessi;

    (…)

    considerando che, ai fini della presente direttiva, la valutazione del carattere abusivo non deve vertere su clausole che illustrano l’oggetto principale del contratto o il rapporto qualità/prezzo della fornitura o della prestazione; che, nella valutazione del carattere abusivo di altre clausole, si può comunque tener conto dell’oggetto principale del contratto e del rapporto qualità/prezzo; (…)

    considerando che i contratti devono essere redatti in termini chiari e comprensibili, che il consumatore deve avere la possibilità effettiva di prendere conoscenza di tutte le clausole e che, in caso di dubbio, deve prevalere l’interpretazione più favorevole al consumatore;

    (…)

    considerando che le autorità giudiziarie e gli organi amministrativi degli Stati membri devono disporre dei mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione delle clausole abusive contenute nei contratti stipulati con i consumatori».

    4

    L’articolo 1 della direttiva 93/13 stabilisce quanto segue:

    «1.   La presente direttiva è volta a ravvicinare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti le clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e un consumatore.

    2.   Le clausole contrattuali che riproducono disposizioni legislative o regolamentari imperative e disposizioni o principi di convenzioni internazionali, in particolare nel settore dei trasporti, delle quali gli Stati membri o la Comunità sono parte, non sono soggette alle disposizioni della presente direttiva».

    5

    Ai sensi dell’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della direttiva:

    «1.   Una clausola contrattuale che non è stata oggetto di negoziato individuale si considera abusiva se, in contrasto con il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto.

    2.   Si considera che una clausola non sia stata oggetto di negoziato individuale quando è stata redatta preventivamente in particolare nell’ambito di un contratto di adesione e il consumatore non ha di conseguenza potuto esercitare alcuna influenza sul suo contenuto.

    (…)».

    6

    L’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva succitata così dispone:

    «La valutazione del carattere abusivo delle clausole non verte né sulla definizione dell’oggetto principale del contratto, né sulla perequazione tra il prezzo e la remunerazione, da un lato, e i servizi o i beni che devono essere forniti in cambio, dall’altro, purché tali clausole siano formulate in modo chiaro e comprensibile».

    7

    L’articolo 5 della medesima direttiva prevede quanto segue:

    «Nel caso di contratti di cui tutte le clausole o talune clausole siano proposte al consumatore per iscritto, tali clausole devono essere sempre redatte in modo chiaro e comprensibile. (...)».

    8

    L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 stabilisce quanto segue:

    «Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive».

    9

    L’articolo 7, paragrafo 1, di detta direttiva è del seguente tenore:

    «Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori».

    10

    A termini dell’articolo 8 della direttiva in parola:

    «Gli Stati membri possono adottare o mantenere, nel settore disciplinato dalla presente direttiva, disposizioni più severe, compatibili con il trattato, per garantire un livello di protezione più elevato per il consumatore».

    Diritto spagnolo

    Regio decreto n. 1426/1989

    11

    La regola 6.a dell’allegato II del Real Decreto 1426/1989, por el que se aprueba el arancel de los notarios (regio decreto n. 1426/1989, recante approvazione del tariffario notarile), del 17 novembre 1989 (BOE n. 285, del 28 novembre 1989, pag. 37169), nella versione in vigore alla data dei fatti di cui al procedimento principale, così dispone:

    «[L’obbligo di pagamento dei diritti incombe] a coloro che abbiano richiesto la prestazione di funzioni o servizi notarili ed, eventualmente, agli interessati in base alle norme sostanziali e tributarie (...)».

    Regio decreto n. 1427/1989

    12

    L’ottava regola dell’allegato II del Real Decreto 1427/1989, por el que se aprueba el arancel de los registradores de la propiedad (regio decreto n. 1427/1989, recante approvazione delle tariffe dei conservatori dei registri immobiliari), del 17 novembre 1989 (BOE n. 285, del 28 novembre 1989, pag. 37171), nella versione in vigore alla data dei fatti di cui al procedimento principale, pone l’obbligo [di pagare le tariffe del conservatore dei registri immobiliari] in capo «alla persona o alle persone a cui favore sia iscritto o annotato immediatamente il diritto; il pagamento è esigibile altresì (...) nei confronti del soggetto che ha richiesto il servizio di cui trattasi o a favore del quale venga iscritto il diritto o richiesta una certificazione».

    LCGC

    13

    L’articolo 7 della Ley 7/1998, sobre condiciones generales de la contratación (legge n. 7/1998, in materia di condizioni contrattuali generali), del 13 aprile 1998 (BOE n. 89, del 14 aprile 1998, pag. 12304), nella versione applicabile alla data della sottoscrizione dei contratti di cui al procedimento principale (in prosieguo: la «LCGC»), stabilisce quanto segue:

    «Le condizioni generali seguenti devono essere considerate come non inserite nel contratto:

    a)

    quelle di cui il consumatore non ha realmente avuto occasione di venire integralmente a conoscenza prima della stipulazione del contratto o che non sono state sottoscritte, se necessario, ai sensi dell’articolo 5;

    b)

    quelle illeggibili, ambigue, oscure e incomprensibili, salvo, nel caso di queste ultime, qualora l’aderente le abbia espressamente accettate per iscritto e ove esse rispettino la specifica disciplina relativa alla necessaria trasparenza delle clausole contrattuali in tale settore».

    14

    L’articolo 8 della LCGC così recita:

    «1.   Sono nulle ipso iure le condizioni generali pregiudizievoli per l’aderente e in contrasto con le disposizioni della presente legge o di qualsiasi altra norma imperativa o altro divieto, a meno che esse non sanzionino diversamente la loro violazione.

    2.   In particolare, sono nulle le condizioni generali abusive nei contratti stipulati con un consumatore (...)».

    Regio decreto legge n. 6/2000

    15

    L’articolo 40 del Real-Decreto Ley 6/2000, de Medidas Urgentes de Intensificación de la Competencia en Mercados de Bienes y Servicios (regio decreto legge n. 6/2000, recante misure urgenti per l’intensificazione della concorrenza nei mercati dei beni e dei servizi), del 23 giugno 2000 (BOE n. 151, del 24 giugno 2000, pag. 22440), nella versione in vigore alla data della sottoscrizione dei contratti di cui al procedimento principale, così dispone:

    «Gli istituti di credito e gli altri istituti finanziari sono tenuti a indicare espressamente (...) il diritto del mutuatario di designare, di comune accordo con il mutuante, la persona o l’ente che procederà alla stima del valore dell’immobile oggetto dell’ipoteca (...)».

    Regio decreto legislativo n. 1/2007

    16

    Il Real Decreto Legislativo 1/2007, por el que se aprueba el texto refundido de la Ley General para la Defensa de los Consumidores y Usuarios y otras leyes complementarias (regio decreto legislativo n. 1/2007, recante approvazione del testo consolidato della legge generale sulla tutela dei consumatori e degli utenti e di altre leggi complementari), del 16 novembre 2007 (BOE n. 287, del 30 novembre 2007, pag. 49181), all’articolo 8, intitolato «Diritti fondamentali dei consumatori e degli utenti», prevede quanto segue:

    «Sono diritti fondamentali dei consumatori e degli utenti:

    (...)

    b)

    La tutela dei loro legittimi interessi economici e sociali, in particolare di fronte alle pratiche commerciali sleali e all’inserimento di clausole abusive nei contratti.

    (...)

    d)

    La corretta informazione sui diversi beni o servizi nonché l’educazione e la divulgazione finalizzate ad agevolarne la conoscenza sull’adeguato uso, consumo o godimento. (...)».

    17

    L’articolo 60 del regio decreto legislativo n. 1/2007, intitolato «Informazioni precontrattuali», è del seguente tenore:

    «1.   Prima che il consumatore o l’utente sia vincolato da un contratto o da una proposta corrispondente, il professionista deve fornirgli, in forma chiara e comprensibile, le informazioni rilevanti, esatte e sufficienti sulle caratteristiche principali del contratto, in particolare sulle condizioni giuridiche ed economiche ivi stabilite, salvo che tali informazioni non risultino manifeste in base al contratto stesso.

    2.   Sono rilevanti gli obblighi di informazione vertenti sui beni o servizi stabiliti dalla presente disposizione e da qualsiasi altra disposizione applicabile, nonché:

    a)

    Le caratteristiche principali dei beni o servizi, in misura adeguata al mezzo di comunicazione utilizzato e ai beni o servizi.

    (...)

    c)

    Il prezzo totale, comprensivo di tutte le imposte e le tasse. Se la natura dei beni o dei servizi comporta l’impossibilità di calcolare ragionevolmente il prezzo in anticipo, le modalità di calcolo del prezzo e tutte le spese aggiuntive di spedizione, consegna o postali oppure, qualora tali spese non possano ragionevolmente essere calcolate in anticipo, l’indicazione che può essere necessario addebitare al consumatore tali spese aggiuntive.

    In tutte le informazioni fornite al consumatore e all’utente in relazione al prezzo dei beni o dei servizi, compresa la pubblicità, verrà indicato il prezzo totale, distinguendo, se del caso, l’importo delle maggiorazioni o degli sconti applicabili, le spese che si ripercuotano sul consumatore e sull’utente, nonché le spese aggiuntive per servizi accessori, finanziamento, utilizzo di diversi metodi di pagamento o altre analoghe condizioni di pagamento. (...)».

    18

    L’articolo 80 del regio decreto legislativo n. 1/2007, intitolato «Requisiti delle clausole non negoziate individualmente», così dispone:

    «1.   Nei contratti con consumatori e utenti che contengano clausole non negoziate individualmente, (...) tali clausole devono soddisfare i seguenti requisiti:

    a)

    precisione, chiarezza e semplicità della formulazione, la quale dev’essere direttamente comprensibile (...);

    b)

    accessibilità e leggibilità, in modo da consentire al consumatore e all’utente, prima della conclusione del contratto, di prendere conoscenza della loro esistenza e del loro contenuto. (...);

    c)

    buona fede e giusto equilibrio tra i diritti e gli obblighi delle parti, il che, in ogni caso, esclude il ricorso a clausole abusive. (...)».

    19

    L’articolo 82 del regio decreto legislativo n. 1/2007, intitolato «Nozione di clausole abusive», così recita:

    «1.   Si considerano clausole abusive tutte le clausole non oggetto di negoziato individuale e tutte le pratiche non autorizzate espressamente che, in contrasto con il requisito della buona fede, determinino a danno del consumatore e dell’utente uno squilibrio significativo dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto.

    2.   (...) Qualora il professionista affermi che una determinata clausola è stata oggetto di negoziato individuale, incombe al medesimo l’onere della prova.

    3.   Il carattere abusivo di una clausola è valutato tenendo conto della natura dei beni o servizi oggetto del contratto e alla luce di tutte le circostanze attinenti alla sua conclusione, nonché di tutte le altre clausole del contratto o di un altro contratto da cui esso dipenda. (...)».

    20

    Ai sensi dell’articolo 83 del regio decreto legislativo n. 1/2007, intitolato «Nullità delle clausole abusive e sussistenza del contratto»:

    «Le clausole abusive sono nulle ipso iure e si considerano non apposte. A tal fine, dopo aver sentito le parti, il giudice dichiara la nullità delle clausole abusive inserite nel contratto, il quale, tuttavia, continua a essere vincolante fra le parti nei medesimi termini, sempreché esso possa sussistere senza le clausole abusive».

    21

    L’articolo 87 del regio decreto legislativo n. 1/2007, intitolato «Clausole abusive per mancanza di reciprocità», al paragrafo 5 prevede quanto segue:

    «Sono abusive le clausole che determinano la mancanza di reciprocità nel contratto, contraria alla buona fede, ai danni del consumatore/utente, e in particolare:

    (...)

    5.   (...) qualsiasi altra clausola che imponga il pagamento per prodotti o servizi non effettivamente utilizzati o consumati. (...)».

    22

    L’articolo 89 del regio decreto legislativo n. 1/2007, intitolato «Clausole abusive che incidono sul perfezionamento e sull’esecuzione del contratto», così dispone:

    «Si considerano in ogni caso clausole abusive:

    (...)

    4.   L’imposizione al consumatore e all’utente di beni e servizi complementari o accessori non richiesti.

    5.   Gli aumenti di prezzo dovuti per servizi accessori, (...) che non corrispondano a prestazioni supplementari, che possano essere accettate o respinte (...)».

    Legge n. 2/2009

    23

    La Ley 2/2009, por la que se regula la contratación con los consumidores de préstamos o creditos hipotecarios y de servicios de intermediación para la celebración de contratos de préstamo o crédito (legge n. 2/2009, recante disciplina dei contratti di mutuo o di credito ipotecario con i consumatori e dei contratti di servizi di intermediazione finalizzati alla conclusione di contratti di mutuo o di credito), del 31 marzo 2009 (BOE n. 79, del 1o aprile 2009, pag. 30843), al paragrafo 1 dell’articolo 5, intitolato «Obblighi di trasparenza in relazione ai prezzi», così dispone:

    «Le imprese stabiliscono liberamente le loro tariffe per le commissioni, le condizioni e le spese che possono essere trasferite sui consumatori, senza restrizioni diverse da quelle contenute nella presente legge, (...) nonché nel [regio decreto legislativo n. 1/2007], in materia di clausole abusive.

    Nelle tariffe per le commissioni o compensazioni e nelle spese che possono essere trasferite, comprese le attività di consulenza, sono indicati i casi e, se necessario, la frequenza della loro applicazione. Le commissioni o compensazioni e le spese trasferite devono corrispondere a servizi effettivamente forniti o a spese sostenute. In nessun caso possono essere addebitate commissioni o spese per servizi non accettati o richiesti espressamente dal consumatore».

    LEC

    24

    L’articolo 394 della Ley 1/2000 de Enjuiciamiento Civil (legge n. 1/2000, recante promulgazione del codice di procedura civile), del 7 gennaio 2000 (BOE n. 7, dell’8 gennaio 2000, pag. 575), nella versione in vigore alla data della sottoscrizione dei contratti di cui al procedimento principale (in prosieguo: la «LEC»), così dispone:

    «1.   Nei giudizi di accertamento, le spese del primo grado gravano sulla parte le cui domande sono state tutte respinte, a meno che il giudice non dichiari, giustificando ciò, che la causa presentava seri dubbi in fatto o in diritto.

    (...)

    2.   In caso di accoglimento o di rigetto parziale delle domande, ciascuna parte sosterrà le proprie spese e metà di quelle comuni, salvo che vi siano ragioni per addebitarle a una delle parti a titolo di lite temeraria.

    (…)».

    Codice civile

    25

    L’articolo 1303 del Código Civil (codice civile) è così formulato:

    «In caso di dichiarazione di nullità di un’obbligazione, i contraenti devono reciprocamente restituire ciò che ha costituito l’oggetto del contratto, con i relativi frutti, nonché il prezzo, inclusi gli interessi, fatti salvi gli articoli seguenti».

    26

    A norma dell’articolo 1964, paragrafo 2, del codice civile:

    «Le azioni personali non soggette a un termine particolare si prescrivono in cinque anni dal giorno in cui può essere richiesto l’adempimento dell’obbligazione. Per le obbligazioni continuate di fare o di non fare, il termine inizia a decorrere da ogni singolo inadempimento».

    27

    L’articolo 1969 del codice civile così recita:

    «Il termine di prescrizione di qualsiasi tipo di azione, salvo in caso di specifica disposizione contraria, si computa dal giorno in cui sarebbe stato possibile esercitare l’azione stessa».

    Decreto in materia di tassi d’interesse e commissioni, norme di attuazione, informazione ai clienti e pubblicità degli enti creditizi

    28

    Il capitolo 1 della Orden sobre tipos de interés y comisiones, normas de actuación, información a clientes y publicidad de las Entidades de crédito (decreto in materia di tassi d’interesse e commissioni, norme di attuazione, informazione ai clienti e pubblicità degli enti creditizi), del 16 dicembre 1989 (BOE n. 303, del 19 dicembre 1989, pag. 39289), nella versione in vigore alla data della sottoscrizione dei contratti di cui trattasi nel procedimento principale, è del seguente tenore:

    «Quinto. Gli enti creditizi fissano liberamente le commissioni per le operazioni o i servizi da essi forniti.

    (...)

    In nessun caso possono essere addebitate commissioni o spese per servizi non accettati o richiesti espressamente dal consumatore. Le commissioni o spese trasferite devono corrispondere a servizi effettivamente forniti o a spese sostenute».

    Procedimenti principali e questioni pregiudiziali

    Causa C‑224/19

    29

    Il 16 maggio 2000, CY ha stipulato con l’istituto finanziario Caixabank un contratto di mutuo ipotecario dinanzi a un notaio, per un importo iniziale pari a EUR 81136,63, il quale prevedeva altresì il pagamento di interessi a tasso variabile.

    30

    La quarta clausola del medesimo contratto impone al mutuatario il versamento di una «commissione di apertura». Tale clausola dispone quanto segue:

    «Sono stipulate a favore della [Caixabank] e a carico della parte accreditata le seguenti commissioni:

    A) – Commissione di apertura sul valore massimo del credito, da versare una tantum al momento [della conclusione] del presente atto: uno per cento, pari a un importo di centotrentacinquemila pesetas spagnole (135000), equivalenti a EUR 811,37».

    31

    La quinta clausola del contratto in questione impone al mutuatario il pagamento di tutte le spese di costituzione e di cancellazione dell’ipoteca. Tale clausola è del seguente tenore:

    «La parte accreditata si fa carico del pagamento delle spese di stima del valore dell’immobile ipotecato[;] di tutte le altre spese e oneri tributari derivanti dal presente atto, dagli atti e dai contratti che vi sono formalizzati nonché dalla sua trascrizione nel Registro della Propiedad (catasto immobiliare)[;] e delle spese e tributi risultanti da tutti gli adempimenti necessari affinché il presente documento e il documento attestante la cancellazione dell’ipoteca siano trascritti nel catasto immobiliare, comprese le spese od oneri tributari relativi alle quietanze, per pagamento totale o parziale dei crediti, nonché gli onorari degli avvocati e ufficiali giudiziari in caso di azioni in giudizio, anche qualora il loro intervento non sia obbligatorio».

    32

    Il 22 marzo 2018, CY ha proposto ricorso dinanzi allo Juzgado de Primera Instancia n. 17 de Palma de Mallorca (Tribunale di primo grado n. 17 di Palma di Maiorca, Spagna), al fine di ottenere, sulla base della legislazione in materia di tutela del consumatore, la dichiarazione di nullità delle clausole quarta e quinta del contratto in questione (in prosieguo: le «clausole controverse»), per via del loro carattere abusivo, nonché il rimborso di tutti gli importi pagati in applicazione delle medesime clausole. Dal canto suo, la Caixabank ha invocato la piena validità delle clausole controverse. Nell’ambito di tale procedimento, CY ha ritenuto necessario che il giudice nazionale sottoponesse alla Corte alcune questioni pregiudiziali relative alle suddette clausole controverse.

    33

    Per quanto riguarda la clausola relativa alle spese ipotecarie, il giudice del rinvio sottolinea che la giurisprudenza spagnola maggioritaria considera questo tipo di clausole come abusive e, di conseguenza, nulle. Nondimeno, lo stesso giudice osserva che, relativamente agli effetti di tale nullità, i giudici spagnoli hanno pronunciato decisioni diverse e contraddittorie che pongono i consumatori e gli istituti finanziari in una situazione di incertezza del diritto. A tale riguardo, il suddetto giudice segnala varie prassi giurisprudenziali a suo avviso «moderatrici» degli effetti restitutori della dichiarazione di nullità, chiedendosi se esse siano compatibili con il combinato disposto dell’articolo 6, paragrafo 1, e dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13.

    34

    Per quanto riguarda la clausola che impone una commissione di apertura, lo Juzgado de Primera Instancia n. 17 de Palma de Mallorca (Tribunale di primo grado n. 17 di Palma di Maiorca) evidenzia che i giudici di merito concordano sul suo carattere abusivo e sulla sua nullità, per via del fatto che una simile commissione non corrisponde ad alcun servizio o costo reale o effettivo. Tuttavia, il Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna) aveva recentemente contraddetto tale orientamento giurisprudenziale, ritenendo che la commissione di apertura, in quanto parte dell’oggetto principale di un contratto di mutuo, dovesse essere esclusa dal controllo del suo carattere abusivo in forza dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13. Il giudice del rinvio si interroga sulla fondatezza di tale ragionamento del Tribunal Supremo (Corte suprema) e si chiede altresì se sulla risposta a tale questione incida il fatto che il Regno di Spagna non ha recepito il succitato articolo 4 della direttiva 93/13 nel diritto spagnolo per garantire al consumatore un livello più elevato di tutela, conformemente all’articolo 8 della medesima direttiva.

    35

    Stante quanto precede, lo Juzgado de Primera Instancia n. 17 de Palma de Mallorca (Tribunale di primo grado n. 17 di Palma di Maiorca) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti tredici questioni pregiudiziali:

    «1)

    Se, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, la dichiarazione di nullità di una clausola, in quanto abusiva, la quale pone a carico del mutuatario la totalità delle spese di stipulazione, novazione o estinzione di un contratto di mutuo con garanzia ipotecaria possa essere moderata nei suoi effetti restitutori, dopo che la clausola sia stata dichiarata nulla in quanto abusiva.

    2)

    Se, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, una giurisprudenza nazionale secondo cui, dopo che sia stata dichiarata nulla la clausola che pone a carico del mutuatario la totalità delle spese di stipulazione, novazione o estinzione di un contratto di mutuo con garanzia ipotecaria, le spese notarili e di gestione della pratica devono essere ripartite a metà tra il mutuante e il mutuatario possa considerarsi una moderazione giudiziale della dichiarazione di nullità di una clausola abusiva e se, pertanto, risulti contraria al principio di facoltatività stabilito all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13.

    3)

    Se, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, una giurisprudenza nazionale secondo cui, dopo che sia stata dichiarata nulla la clausola che pone a carico del mutuatario la totalità delle spese di stipulazione, novazione o estinzione di un contratto di mutuo con garanzia ipotecaria, deve essere posto comunque a carico di quest’ultimo il pagamento delle spese per la stima del valore dell’immobile e dell’imposta gravante sulla costituzione dell’ipoteca derivanti dalla stipulazione del contratto di mutuo, configuri una violazione del principio secondo cui il consumatore non è vincolato da una clausola abusiva dichiarata nulla, e se risulti contraria all’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 93/13 l’attribuzione al mutuatario dell’onere di provare che non gli è stata offerta la possibilità di fornire una propria stima del valore dell’immobile.

    4)

    Se, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, risulti contraria [a quest’ultima] una giurisprudenza nazionale secondo cui, dopo che sia stata dichiarata nulla la clausola che pone a carico del mutuatario la totalità delle spese di costituzione, novazione o estinzione di un mutuo garantito da ipoteca, tale clausola può continuare a produrre effetti sul mutuatario qualora realizzi novazioni a carattere modificativo o cancelli l’ipoteca, nel senso che rimangono a carico del mutuatario le spese derivanti da tali modifiche o cancellazioni dell’ipoteca, e se l’attribuzione di dette spese al mutuatario costituisca una violazione del principio secondo cui una clausola abusiva dichiarata nulla non vincola il consumatore.

    5)

    Se, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, [una] giurisprudenza nazionale che esclude parzialmente l’effetto restitutorio della dichiarazione di nullità della clausola, in quanto abusiva, la quale pone a carico del mutuatario la totalità delle spese di stipulazione, novazione o estinzione di un contratto di mutuo con garanzia ipotecaria sia contraria all’effetto dissuasivo nei confronti del professionista di cui all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13.

    6)

    Se, alla luce del principio che vieta di moderare le clausole dichiarate nulle, sancito dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, nonché del principio di facoltatività di cui all’articolo 6 della direttiva in parola, possa risultare incompatibile una giurisprudenza nazionale che modera gli effetti restitutori dopo la dichiarazione di nullità di una clausola che pone a carico del mutuatario la totalità delle spese di stipulazione, novazione o estinzione, invocando l’interesse del mutuatario.

    7)

    Se, ai sensi dell’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della direttiva 93/13, una giurisprudenza nazionale secondo cui la clausola cosiddetta della “commissione di apertura” supera automaticamente il controllo di trasparenza possa comportare una violazione del principio di inversione dell’onere della prova stabilito all’articolo 3, paragrafo 2, della citata direttiva, dal momento che il professionista non è tenuto a dimostrare di aver fornito previamente informazioni su tale clausola né che la stessa è stata oggetto di negoziato individuale.

    8)

    Se risulti contrario all’articolo 3 della direttiva 93/13, e alla giurisprudenza della Corte di giustizia, il fatto che una giurisprudenza nazionale possa ritenere che un consumatore debba sapere di per sé che l’applicazione di una commissione di apertura costituisce una prassi abituale degli istituti finanziari e che, pertanto, al mutuante non sia richiesta alcuna prova al fine di dimostrare che la relativa clausola è stata oggetto di negoziato individuale, o se, al contrario, in ogni caso, il mutuante debba dimostrare che detta clausola è stata negoziata individualmente.

    9)

    Se, ai sensi degli articoli 3 e 4 della direttiva 93/13 e della giurisprudenza della Corte di giustizia, possa essere contraria alla direttiva medesima una giurisprudenza nazionale secondo cui la clausola cosiddetta della “commissione di apertura” non può essere analizzata quanto al suo carattere abusivo, in applicazione dell’articolo 4, paragrafo 2, poiché si riferisce alla definizione dell’oggetto principale del contratto, o se invece debba ritenersi che tale commissione di apertura non sia compresa nel prezzo contrattuale, ma costituisca una remunerazione accessoria, e pertanto debba essere soggetta al controllo di trasparenza e/o del contenuto da parte del giudice nazionale, affinché sia possibile stabilirne il carattere abusivo in base al diritto nazionale.

    10)

    Se, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, che non è stato trasposto nell’ordinamento giuridico spagnolo dalla [Ley 7/1998, de 13 de abril, sobre condiciones generales de la contratación] (legge n. 7/1998, del 13 aprile 1998, in materia di condizioni contrattuali generali), risulti contrario all’articolo 8 della direttiva 93/13 il fatto che un organo giurisdizionale spagnolo invochi e applichi l’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva medesima, sebbene tale disposizione non sia stata trasposta nell’ordinamento [spagnolo] per volontà del legislatore, che ha inteso conseguire un livello di tutela completo rispetto a tutte le clausole che il professionista può inserire in un contratto stipulato con i consumatori, ivi comprese quelle riguardanti l’oggetto principale del contratto, quand’anche redatte in modo chiaro e comprensibile, laddove si ritenga che una cosiddetta clausola della commissione di apertura costituisca l’oggetto principale del contratto di mutuo.

    11)

    Se, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13, la cosiddetta clausola della “commissione di apertura”, qualora non sia stata oggetto di negoziato individuale e non sia dimostrato dall’istituto finanziario che essa risponda a servizi effettivamente prestati e a spese sostenute dall’istituto, provochi uno squilibrio notevole tra i diritti e gli obblighi delle parti del contratto, e debba quindi essere dichiarata nulla dal giudice nazionale.

    12)

    Se, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, la condanna del professionista alle spese, derivante da un procedimento in cui il consumatore abbia esercitato azioni di nullità di clausole abusive inserite in un contratto stipulato con il professionista, e i giudici pronuncino tale dichiarazione di nullità delle clausole abusive, debba essere una conseguenza del principio di facoltatività e del principio dell’effetto dissuasivo sul professionista, qualora tali azioni di nullità siano accolte dal giudice nazionale, a prescindere dalla condanna all’effettiva restituzione di importi disposta con sentenza, qualora si parta, inoltre, dal presupposto che la domanda principale verta sulla dichiarazione di nullità della clausola e che la restituzione degli importi costituisca solamente una domanda accessoria inerente alla prima.

    13)

    Se, alla luce del principio di facoltatività e del principio dell’effetto dissuasivo di cui alla direttiva 93/13 (articoli 6, paragrafo 1, e 7, paragrafo 1), gli effetti restitutori scaturenti da una dichiarazione di nullità di una clausola, in quanto abusiva, inserita in un contratto concluso tra un consumatore e un professionista possano essere limitati nel tempo attraverso l’accoglimento dell’eccezione relativa alla prescrizione dell’azione di restituzione dell’indebito, sebbene l’azione di nullità assoluta che dichiari il carattere abusivo della clausola sia imprescrittibile ai sensi della normativa nazionale».

    Causa C‑259/19

    36

    Il 1o luglio 2011, LG e PK hanno concluso con l’istituto finanziario Banco Bilbao Vizcaya Argentaria un contratto di mutuo ipotecario contenente una clausola che stabiliva, secondo quanto riferisce il giudice del rinvio, che tutte le spese di costituzione e di estinzione dell’ipoteca avrebbero dovuto essere sopportate dal mutuatario.

    37

    I ricorrenti nel procedimento principale hanno presentato dinanzi allo Juzgado de Primera Instancia e Instrucción de Ceuta (Tribunale di primo grado e istruttore di Ceuta, Spagna), un ricorso diretto a far dichiarare la nullità della clausola in questione, per via del suo carattere abusivo.

    38

    Essendo la motivazione sostanzialmente analoga a quella della domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa C‑224/19, lo Juzgado de Primera Instancia e Instrucción de Ceuta (Tribunale di primo grado e istruttore di Ceuta) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1)

    Se, conformemente alla direttiva 93/13(...), e in particolare agli articoli 6, paragrafo 1, e 7, paragrafo 1, della stessa, al fine di garantire la tutela dei consumatori e degli utenti, e il rispetto della giurisprudenza [dell’Unione] che a essa dà attuazione, sia compatibile con il diritto dell’Unione il fatto che, nelle sentenze da 44 a 49 del 23 gennaio 2019, il Tribunal Supremo (Corte suprema) abbia fissato come criterio univoco la regola secondo cui, nei contratti di mutuo ipotecario conclusi da consumatori, è abusiva la clausola non negoziata che pone tutte le spese dell’operazione di costituzione del mutuo ipotecario a carico del mutuatario e le diverse voci di spesa, contenute in detta clausola abusiva e dichiarata nulla, devono essere ripartite tra la banca predisponente e il consumatore mutuatario, al fine di limitare la restituzione degli importi indebitamente versati in applicazione della normativa nazionale.

    2)

    Se, conformemente alla direttiva 93/13(...), e in particolare agli articoli 6, paragrafo 1, e 7, paragrafo 1, al fine di garantire la tutela dei consumatori e degli utenti, e il rispetto della giurisprudenza [dell’Unione] che a essa dà attuazione, sia compatibile con il diritto dell’Unione il fatto che il Tribunal Supremo (Corte suprema) proceda a un’interpretazione che integra una clausola nulla in quanto abusiva, nel caso in cui la soppressione della stessa e gli effetti che ne derivano non pregiudichino la sussistenza del contratto di mutuo assistito da ipoteca».

    Sulle questioni pregiudiziali

    Sulla ricevibilità

    Sulla ricevibilità delle questioni dalla seconda alla quarta nella causa C‑224/19

    39

    Il governo spagnolo eccepisce l’incompetenza della Corte a conoscere delle questioni pregiudiziali dalla seconda alla quarta nella causa C‑224/19, argomentando che con esse si chiede a chi incomba il pagamento di determinate spese in forza della legislazione nazionale in vigore, il che costituirebbe una questione di interpretazione e di applicazione del diritto nazionale, esclusa, in quanto tale, dal potere discrezionale della Corte secondo una giurisprudenza costante (sentenza del 21 ottobre 2010, Padawan, C‑467/08, EU:C:2010:620, punto 22).

    40

    A tale riguardo, occorre sottolineare che, secondo detta giurisprudenza, nell’ambito dell’esame di un rinvio pregiudiziale, la Corte deve prendere in considerazione il contesto materiale e normativo nel quale si inseriscono le questioni pregiudiziali, come definito dalla decisione di rinvio. Pertanto, la Corte non è competente a conoscere della questione se l’interpretazione data alle norme nazionali dal giudice del rinvio sia corretta.

    41

    Per contro, se le questioni poste riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte è, in via di principio, tenuta a statuire (sentenza del 21 ottobre 2010, Padawan, C‑467/08, EU:C:2010:620, punto 21 e giurisprudenza ivi citata).

    42

    Orbene, dalle questioni dalla seconda alla quarta emerge chiaramente che la Corte è chiamata a pronunciarsi sull’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 2, e dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13. Più precisamente, il giudice del rinvio chiede se le disposizioni citate debbano essere interpretate nel senso che esse ostano a una determinata giurisprudenza nazionale. Ne consegue che la Corte non è in alcun modo chiamata a interpretare il diritto nazionale.

    43

    Da quanto precede risulta che le questioni dalla seconda alla quarta nella causa C‑224/19 sono ricevibili.

    Sulla ricevibilità della dodicesima questione nella causa C‑224/19

    44

    La CaixaBank contesta la ricevibilità della dodicesima questione posta nella causa C‑224/19 nonché la competenza della Corte a risolverla, sostenendo, da un lato, che il giudice del rinvio non ha indicato gli elementi utili per rispondere a tale questione, vale a dire le norme nazionali relative alla condanna alle spese e alla misura in cui le stesse norme possono ledere i diritti dei consumatori garantiti dalla direttiva 93/13, e, dall’altro, che le norme nazionali relative alle spese rientrano nella competenza degli Stati membri.

    45

    Orbene, sebbene il giudice del rinvio non abbia effettivamente indicato la disposizione del diritto spagnolo che disciplina la ripartizione delle spese nel procedimento principale, il governo spagnolo ha tuttavia indicato, nelle proprie osservazioni scritte, che si tratta dell’articolo 394 della LEC, di cui ha fornito il testo, sicché la Corte dispone degli elementi necessari per statuire sulla dodicesima questione nella causa C‑224/19. Inoltre, atteso che tale questione non verte sull’interpretazione o sull’applicazione dell’articolo 394 della LEC, ma è diretta, in sostanza, a stabilire se l’articolo 6, paragrafo 1, o l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 debbano essere interpretati nel senso che essi ostano all’applicazione di una disposizione quale l’articolo 394 della LEC nelle circostanze di cui alla controversia principale nella causa C‑224/19, la Corte è competente a risolverla.

    Nel merito

    46

    In via preliminare, si deve ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte, istituita all’articolo 267 TFUE, quest’ultima è tenuta a fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è investito. In tale prospettiva, la Corte deve, all’occorrenza, riformulare le questioni che le sono sottoposte (sentenza del 7 agosto 2018, Smith, C‑122/17, EU:C:2018:631, punto 34).

    47

    Inoltre, la circostanza che, formalmente, il giudice del rinvio abbia formulato la propria domanda di pronuncia pregiudiziale facendo riferimento a talune disposizioni del diritto dell’Unione non osta a che la Corte fornisca al medesimo giudice tutti gli elementi di interpretazione che possono essere utili per la soluzione della controversia di cui è investito, indipendentemente dal fatto che esso vi abbia fatto o no riferimento nella formulazione delle sue questioni. A tale proposito, la Corte è tenuta a trarre dall’insieme degli elementi forniti dal giudice nazionale, e in particolare dalla motivazione della decisione di rinvio, gli elementi di diritto dell’Unione che richiedano un’interpretazione, tenuto conto dell’oggetto della controversia (sentenza del 29 settembre 2016, Essent Belgium, C‑492/14, EU:C:2016:732, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

    48

    È opportuno raggruppare le quindici questioni pregiudiziali poste nelle due cause riunite in cinque parti, ossia la prima relativa alla clausola attinente alle spese di costituzione e di cancellazione dell’ipoteca, la seconda relativa alla clausola che impone una commissione di apertura, la terza relativa all’eventuale significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti risultante da una simile clausola, la quarta relativa alla limitazione nel tempo degli effetti della dichiarazione della nullità di una clausola abusiva, e la quinta relativa al regime nazionale di ripartizione delle spese nell’ambito delle azioni volte a ottenere la dichiarazione di nullità delle clausole abusive.

    Sulle questioni dalla prima alla sesta nella causa C‑224/19 e sulle due questioni nella causa C‑259/19, relative agli effetti della nullità della clausola che stabilisce le spese di costituzione e di cancellazione dell’ipoteca

    49

    Con tali questioni i giudici del rinvio chiedono, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a che, in caso di nullità di una clausola contrattuale abusiva che pone il pagamento della totalità delle spese di costituzione e di cancellazione dell’ipoteca a carico del consumatore, il giudice nazionale rifiuti la restituzione al consumatore degli importi pagati in applicazione della medesima clausola.

    50

    A tale riguardo, occorre rilevare che, secondo una costante giurisprudenza, una volta che una clausola è dichiarata abusiva e, pertanto, nulla, il giudice nazionale è tenuto, conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, a disapplicare tale clausola affinché essa non produca più effetti vincolanti nei confronti del consumatore, tranne nel caso in cui questi vi si opponga (v., in particolare, sentenze del 14 giugno 2012, Banco Español de Crédito, C‑618/10, EU:C:2012:349, punto 65, e del 26 marzo 2019, Abanca Corporación Bancaria e Bankia, C‑70/17 e C‑179/17, EU:C:2019:250, punto 52 e giurisprudenza ivi citata).

    51

    Ne consegue che il giudice nazionale non può essere autorizzato a rivedere il contenuto delle clausole abusive, a rischio di contribuire a eliminare l’effetto dissuasivo esercitato sui professionisti dalla pura e semplice disapplicazione nei confronti del consumatore di simili clausole abusive (sentenza del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a., C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punto 60).

    52

    Una clausola contrattuale dichiarata abusiva deve, pertanto, essere considerata, in linea di principio, come se non fosse mai esistita, cosicché non può sortire effetti nei confronti del consumatore. Pertanto, l’accertamento giudiziale del carattere abusivo di una clausola del genere, in linea di massima, deve produrre la conseguenza di ripristinare, per il consumatore, la situazione di diritto e di fatto in cui egli si sarebbe trovato in mancanza di tale clausola abusiva (sentenza del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a., C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punto 61).

    53

    In tal senso, la Corte ha già statuito che il giudice nazionale deve trarre tutte le conseguenze che, secondo il diritto nazionale, derivano dall’accertamento del carattere abusivo della clausola in questione al fine di assicurarsi che il consumatore non sia vincolato da quest’ultima [sentenza del 30 maggio 2013, Asbeek Brusse e de Man Garabito (C‑488/11, EU:C:2013:341, punto 49)]. In particolare, l’obbligo in capo al giudice nazionale di disapplicare una clausola contrattuale abusiva che prescriva il pagamento di somme che si rivelino indebite implica, in linea di principio, un corrispondente effetto restitutorio per quanto riguarda queste stesse somme (sentenza del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a., C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punto 62).

    54

    Ciò premesso, si deve altresì rilevare che il fatto che una clausola contrattuale giudicata abusiva va ritenuta come mai esistita può giustificare l’applicazione delle eventuali disposizioni del diritto nazionale, che disciplinano la ripartizione delle spese di costituzione e di cancellazione dell’ipoteca in mancanza di accordo tra le parti. Orbene, se tali disposizioni pongono a carico del mutuatario la totalità o una parte di tali spese, né l’articolo 6, paragrafo 1, né l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 ostano a che sia rifiutata la restituzione, al consumatore, della parte di dette spese che egli stesso deve sostenere.

    55

    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni dalla prima alla sesta nella causa C‑224/19 e alle due questioni nella causa C‑259/19 dichiarando che l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 devono essere interpretati nel senso che essi ostano a che, in caso di nullità di una clausola contrattuale abusiva che pone il pagamento della totalità delle spese di costituzione e di cancellazione dell’ipoteca a carico del consumatore, il giudice nazionale rifiuti la restituzione al consumatore degli importi pagati in applicazione di detta clausola, a meno che le disposizioni del diritto nazionale che sarebbero applicabili in mancanza della clausola in questione impongano al consumatore il pagamento della totalità o di una parte di tali spese.

    Sulle questioni dalla settima alla decima nella causa C‑224/19, relative al controllo del carattere abusivo e della trasparenza della clausola che impone il pagamento di una commissione di apertura

    56

    Con tali questioni, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, l’articolo 4, paragrafo 2, e l’articolo 5 della direttiva 93/13 debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una giurisprudenza nazionale che esclude la valutazione del carattere abusivo di una clausola contrattuale che impone al consumatore il pagamento di una commissione di apertura, per il motivo che quest’ultima sarebbe un elemento del prezzo del contratto conformemente all’articolo 4, paragrafo 2, di detta direttiva, e che ritiene al contempo che una simile clausola basti a soddisfare il requisito di trasparenza imposto da quest’ultima disposizione.

    57

    Nel caso di specie, occorre constatare, in via preliminare, che il giudice del rinvio ha posto le questioni dalla settima alla decima partendo dalla premessa che l’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 non sia stato trasposto nell’ordinamento giuridico spagnolo.

    58

    Orbene, per rispondere alle questioni pregiudiziali proposte, non è necessario pronunciarsi sull’effettiva trasposizione dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 nell’ordinamento giuridico spagnolo (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 3 marzo 2020, Gómez del Moral Guasch, C‑125/18, EU:C:2020:138, punto 42).

    59

    Da un lato, infatti, occorre ricordare che l’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, in combinato disposto con l’articolo 8 della medesima, consente, tuttavia, agli Stati membri di prevedere, nella normativa di trasposizione della stessa direttiva, che la «valutazione del carattere abusivo» non verta sulle clausole contemplate in questa disposizione, purché tali clausole siano formulate in modo chiaro e comprensibile (v., in tal senso, sentenze del 3 giugno 2010, Caja de Ahorros y Monte de Piedad de Madrid, C‑484/08, EU:C:2010:309, punto 32; del 30 aprile 2014, Kásler e Káslerné Rábai, C‑26/13, EU:C:2014:282, punto 41, e del 3 marzo 2020, Gómez del Moral Guasch, C‑125/18, EU:C:2020:138, punto 45).

    60

    Più precisamente, l’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 si limita a stabilire che «la valutazione del carattere abusivo delle clausole non verte né sulla definizione dell’oggetto principale del contratto, né sulla perequazione tra il prezzo e la remunerazione, da un lato, e i servizi o i beni che devono essere forniti in cambio, dall’altro, purché tali clausole siano formulate in modo chiaro e comprensibile».

    61

    Pertanto, nel procedimento principale, soltanto se la clausola che pone il pagamento di una commissione di apertura a carico del consumatore vertesse su uno dei due aspetti summenzionati, il controllo del suo carattere abusivo potrebbe essere limitato conformemente a detto articolo 4, paragrafo 2.

    62

    A tale riguardo, la Corte ha dichiarato che le clausole del contratto rientranti nella nozione di «oggetto principale del contratto» devono intendersi come quelle che fissano le prestazioni essenziali del medesimo contratto e che, come tali, lo caratterizzano. Per contro, le clausole che rivestono carattere accessorio rispetto a quelle che definiscono l’essenza stessa del rapporto contrattuale non possono rientrare in tale nozione (sentenze del 20 settembre 2017, Andriciuc e a., C‑186/16, EU:C:2017:703, punti 3536 e giurisprudenza ivi citata, e del 3 ottobre 2019, Kiss e CIB Bank, C‑621/17, EU:C:2019:820, punto 32).

    63

    È compito del giudice del rinvio valutare, in considerazione della natura, dell’impianto sistematico e delle disposizioni del contratto di mutuo di cui trattasi, nonché del contesto giuridico e materiale nel quale lo stesso si colloca, se la clausola di cui trattasi nel procedimento principale costituisca un elemento essenziale del contratto di mutuo ipotecario oggetto di detto procedimento (v., per analogia, sentenza del 3 ottobre 2019, Kiss e CIB Bank, C‑621/17, EU:C:2019:820, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

    64

    Tuttavia, al fine di guidare il giudice nazionale nella sua valutazione, è utile precisare che l’esatta portata delle nozioni di «oggetto principale» e di «prezzo», ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, non può essere determinata dalla nozione di «costo totale del credito per il consumatore», ai sensi dell’articolo 3, lettera g), della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE del Consiglio (GU 2008, L 133, pag. 66) (sentenza del 26 febbraio 2015, Matei, C‑143/13, EU:C:2015:127, punto 47). Una commissione di apertura non può essere considerata una prestazione essenziale di un mutuo ipotecario per il solo fatto che sia compresa nel costo totale di quest’ultimo.

    65

    Oltretutto, dai termini dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 consta che la seconda categoria di clausole, relativamente alle quali non si può procedere ad alcuna valutazione del carattere eventualmente abusivo, ha una portata ridotta, dato che essa verte unicamente sulla perequazione tra il prezzo o la remunerazione previsti e i servizi o i beni che devono essere forniti in cambio; tale esclusione si spiega col fatto che non esiste nessun tariffario o criterio giuridico che possa inquadrare e orientare il controllo di tale perequazione. Le clausole relative alla contropartita dovuta dal consumatore al mutuante o che incidono sul prezzo effettivo che il consumatore è tenuto a pagare a quest’ultimo non rientrano dunque, in linea di principio, in questa seconda categoria di clausole, salvo per quanto riguarda la questione se l’importo della contropartita o del prezzo quale stabilito nel contratto sia commisurato al servizio fornito in cambio dal mutuante (sentenza del 3 ottobre 2019, Kiss e CIB Bank, C‑621/17, EU:C:2019:820, punti 3435 e giurisprudenza ivi citata).

    66

    Dall’altro lato, la Corte ha sottolineato che l’obbligo di redazione chiara e comprensibile di cui all’articolo 5 della direttiva 93/13 si applica, in ogni caso, anche quando una clausola rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 4, paragrafo 2, di detta direttiva e anche se lo Stato membro interessato non ha trasposto tale disposizione. Detto obbligo non può essere limitato unicamente al carattere comprensibile sui piani formale e grammaticale di una clausola contrattuale (sentenza del 3 marzo 2020, Gómez del Moral Guasch, C‑125/18, EU:C:2020:138, punto 46).

    67

    Al contrario, poiché il sistema di tutela istituito dalla direttiva 93/13 poggia sull’idea che il consumatore versi in una situazione di inferiorità nei confronti del professionista per quanto concerne, in particolare, il livello di informazione, detto obbligo deve essere inteso in maniera estensiva, ossia nel senso non soltanto che la clausola in questione deve essere intelligibile per il consumatore su un piano grammaticale, ma anche che il contratto deve esporre in maniera trasparente il funzionamento concreto del meccanismo al quale si riferisce la clausola di cui trattasi nonché, se del caso, il rapporto tra tale meccanismo e quello prescritto da altre clausole, di modo che il consumatore sia posto in grado di valutare, sulla base di criteri precisi e intelligibili, le conseguenze economiche che gliene derivano (v., in tal senso, sentenze del 30 aprile 2014, Kásler e Káslerné Rábai, C‑26/13, EU:C:2014:282, punti da 70 a 73; del 3 ottobre 2019, Kiss e CIB Bank, C‑621/17, EU:C:2019:820, punto 37, e del 3 marzo 2020, Gómez del Moral Guasch, C‑125/18, EU:C:2020:138, punto 43).

    68

    La chiarezza e la comprensibilità della clausola di cui al procedimento principale devono essere esaminate dal giudice del rinvio alla luce dell’insieme degli elementi di fatto rilevanti, tra cui la pubblicità e l’informazione fornite dal mutuante nell’ambito della negoziazione di un contratto di mutuo, e tenendo conto del livello di attenzione che ci si può aspettare da un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto (v., in tal senso, sentenze del 30 aprile 2014, Kásler e Káslerné Rábai, C‑26/13, EU:C:2014:282, punto 74; del 26 febbraio 2015, Matei, C‑143/13, EU:C:2015:127, punto 75; del 20 settembre 2017, Andriciuc e a., C‑186/16, EU:C:2017:703, punti 4647, e del 3 marzo 2020, Gómez del Moral Guasch, C‑125/18, EU:C:2020:138, punto 46).

    69

    Ne consegue che l’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 e l’articolo 5 della stessa ostano a una giurisprudenza secondo la quale una clausola contrattuale è considerata di per sé trasparente, senza che sia necessario procedere a un esame come quello descritto al punto precedente.

    70

    Ciò premesso, il giudice nazionale, nel tener conto di tutte le circostanze inerenti alla conclusione del contratto, deve quindi verificare se l’istituto finanziario abbia comunicato al consumatore gli elementi sufficienti affinché quest’ultimo venga a conoscenza del contenuto e del funzionamento della clausola che gli impone il pagamento di una commissione di apertura, nonché il suo ruolo nel contratto di mutuo. In tal modo, il consumatore avrà accesso ai motivi che giustificano la remunerazione corrispondente a tale commissione (v., per analogia, sentenza del 26 febbraio 2015, Matei, C‑143/13, EU:C:2015:127, punto 77), potendo così valutare la portata del suo impegno e, in particolare, il costo totale di detto contratto.

    71

    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni dalla settima alla decima dichiarando che l’articolo 3, l’articolo 4, paragrafo 2, e l’articolo 5 della direttiva 93/13 devono essere interpretati nel senso che le clausole del contratto rientranti nella nozione di «oggetto principale del contratto» devono intendersi come quelle che fissano le prestazioni essenziali di tale contratto e che, come tali, lo caratterizzano. Per contro, le clausole che rivestono carattere accessorio rispetto a quelle che definiscono l’essenza stessa del rapporto contrattuale non possono rientrare in tale nozione. Il fatto che una commissione di apertura sia compresa nel costo totale di un mutuo ipotecario non può comportare che essa sia una prestazione essenziale di quest’ultimo. In ogni caso, un giudice di uno Stato membro è tenuto a controllare il carattere chiaro e comprensibile di una clausola contrattuale vertente sull’oggetto principale del contratto, e ciò indipendentemente dalla trasposizione dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva in parola nell’ordinamento giuridico di tale Stato membro.

    Sull’undicesima questione, relativa a un eventuale significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti risultante da una clausola che impone il pagamento di una commissione di apertura

    72

    Con l’undicesima questione nella causa C‑224/19, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13 debba essere interpretato nel senso che una clausola di un contratto di mutuo concluso tra un consumatore e un istituto finanziario, che impone al consumatore il pagamento di una commissione di apertura, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto, in contrasto con il requisito della buona fede, qualora l’istituto finanziario non dimostri che tale commissione corrisponde a servizi effettivamente forniti e a spese da esso sostenute.

    73

    A tale proposito, è opportuno anzitutto precisare che, secondo una costante giurisprudenza, la competenza della Corte verte sull’interpretazione della nozione di «clausola abusiva», di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13, nonché sui criteri che il giudice nazionale può o deve applicare in sede di esame di una clausola contrattuale alla luce delle disposizioni della medesima direttiva, fermo restando che spetta al suddetto giudice pronunciarsi, in base ai criteri succitati, sulla qualificazione concreta di una specifica clausola contrattuale in funzione delle circostanze proprie del caso di specie. Ne risulta che la Corte deve limitarsi a fornire al giudice del rinvio indicazioni che quest’ultimo dovrà prendere in considerazione al fine di valutare il carattere abusivo della clausola di cui trattasi (sentenza del 3 ottobre 2019, Kiss e CIB Bank, C‑621/17, EU:C:2019:820, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

    74

    Quanto alla questione se sia rispettato il requisito della buona fede, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13, occorre constatare che, alla luce del sedicesimo considerando della stessa, a tale fine il giudice nazionale deve verificare se il professionista, trattando in modo leale ed equo con il consumatore, avrebbe potuto ragionevolmente aspettarsi che quest’ultimo aderisse a una simile clausola nell’ambito di un negoziato individuale (sentenza del 3 ottobre 2019, Kiss e CIB Bank, C‑621/17, EU:C:2019:820, punto 50).

    75

    Per quanto riguarda l’esistenza di un eventuale squilibrio significativo, la Corte ha dichiarato che esso può risultare dal mero fatto di un pregiudizio sufficientemente grave alla situazione giuridica in cui il consumatore, quale parte del contratto di cui trattasi, viene collocato in forza delle disposizioni nazionali applicabili, sia esso in forma di restrizione al contenuto dei diritti che, ai sensi di tali disposizioni, egli trae da tale contratto o di ostacolo all’esercizio dei medesimi, o ancora dell’imposizione di un obbligo ulteriore, non previsto dalla disciplina nazionale (sentenza del 3 ottobre 2019, Kiss e CIB Bank, C‑621/17, EU:C:2019:820, punto 51).

    76

    Inoltre, conformemente all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 93/13, il carattere abusivo di una clausola contrattuale è valutato tenendo conto della natura dei beni o dei servizi oggetto del contratto e facendo riferimento, al momento della conclusione del contratto, a tutte le circostanze che accompagnano la sua conclusione e a tutte le altre clausole del contratto o di un altro contratto da cui esso dipende (sentenza del 3 ottobre 2019, Kiss e CIB Bank, C‑621/17, EU:C:2019:820, punto 52).

    77

    Spetta al giudice del rinvio valutare l’eventuale carattere abusivo della clausola di cui trattasi nel procedimento principale alla luce dei criteri summenzionati.

    78

    A tale riguardo, si deve tener conto del fatto che, come risulta dalle indicazioni del giudice del rinvio, secondo la legge n. 2/2009, le commissioni o le spese trasferite sul cliente devono corrispondere a servizi effettivamente forniti o a costi sostenuti. Ne consegue che una clausola che abbia l’effetto di esonerare il professionista dall’obbligo di dimostrare che tali condizioni sono soddisfatte in relazione a una commissione di apertura potrebbe, fatta salva una verifica da parte del giudice del rinvio alla luce di tutte le clausole del contratto, incidere in modo sfavorevole sulla posizione giuridica del consumatore e, di conseguenza, determinare, a danno di quest’ultimo, un significativo squilibrio, in contrasto con il requisito della buona fede.

    79

    Stanti le considerazioni suesposte, occorre rispondere all’undicesima questione nella causa C‑224/19 dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che una clausola di un contratto di mutuo concluso tra un consumatore e un istituto finanziario, che impone al consumatore il pagamento di una commissione di apertura, può determinare, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto, in contrasto con il requisito della buona fede, qualora l’istituto finanziario non dimostri che tale commissione corrisponde a servizi effettivamente forniti e a spese dallo stesso sostenute, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

    Sulla tredicesima questione nella causa C‑224/19, relativa alla limitazione degli effetti della nullità di una clausola abusiva mediante la fissazione di un termine di prescrizione

    80

    Con la tredicesima questione posta nella causa C‑224/19, che occorre esaminare prima della dodicesima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 debbano essere interpretati nel senso che essi non ostano a una giurisprudenza nazionale, secondo la quale la proposizione dell’azione diretta a far valere gli effetti restitutori della dichiarazione di nullità di una clausola contrattuale abusiva sia soggetta a un termine di prescrizione benché, in forza della legislazione nazionale, l’azione diretta a ottenere la dichiarazione della nullità assoluta di una clausola contrattuale sia imprescrittibile.

    81

    A tale riguardo, occorre ricordare che la tutela che la direttiva 93/13 garantisce ai consumatori osta a una normativa interna che vieti al giudice nazionale, alla scadenza di un termine di decadenza, di rilevare il carattere abusivo di una clausola inserita in un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore (sentenza del 21 novembre 2002, Cofidis, C‑473/00, EU:C:2002:705, punto 38).

    82

    Tuttavia, la Corte ha già riconosciuto che la tutela del consumatore non ha carattere assoluto (sentenza del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a., C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punto 68) e che la fissazione di termini di ricorso ragionevoli a pena di decadenza, nell’interesse della certezza del diritto, è compatibile con il diritto dell’Unione (sentenze del 6 ottobre 2009, Asturcom Telecomunicaciones, C‑40/08, EU:C:2009:615, punto 41, e del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a., C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punto 69).

    83

    A tale proposito, occorre rilevare che, in assenza di una normativa specifica dell’Unione in materia, le modalità di attuazione della tutela dei consumatori di cui all’articolo 6, paragrafo 1, e all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 rientrano nell’ambito dell’ordinamento giuridico interno degli Stati membri, in forza del principio dell’autonomia procedurale di questi ultimi. Tali modalità non devono tuttavia essere meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni analoghe di natura interna (principio di equivalenza) né essere strutturate in modo da rendere in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività) (v., in tal senso, in particolare, sentenza del 26 ottobre 2006, Mostaza Claro, C‑168/05, EU:C:2006:675, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).

    84

    Ne consegue che il diritto dell’Unione non osta a una normativa nazionale che, pur prevedendo il carattere imprescrittibile dell’azione diretta a far dichiarare la nullità di una clausola abusiva contenuta in un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore, assoggetta a un termine di prescrizione l’azione diretta a far valere gli effetti restitutori di tale dichiarazione, fatto salvo il rispetto dei principi di equivalenza e di effettività.

    85

    Per quanto riguarda, più in particolare, il rispetto del principio di effettività, la Corte ha già statuito che ciascun caso, in cui si pone la questione se una disposizione nazionale renda impossibile o eccessivamente difficile l’applicazione del diritto dell’Unione, dev’essere esaminato tenendo conto del ruolo di detta disposizione nell’insieme del procedimento, dello svolgimento e delle peculiarità dello stesso, dinanzi ai vari organi giurisdizionali nazionali. Sotto tale profilo, si devono considerare, se necessario, i principi che sono alla base del sistema giurisdizionale nazionale, quali la tutela dei diritti della difesa, il principio della certezza del diritto e il regolare svolgimento del procedimento (sentenza del 26 giugno 2019, Addiko Bank, C‑407/18, EU:C:2019:537, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).

    86

    Nel procedimento principale, il giudice del rinvio riferisce che è in questione l’eventuale applicazione, all’azione diretta a far valere gli effetti restitutori della dichiarazione di nullità di una clausola abusiva di un contratto ipotecario, del termine di prescrizione quinquennale previsto all’articolo 1964, paragrafo 2, del codice civile.

    87

    Atteso che termini di prescrizione di tre anni (sentenza del 15 aprile 2010, Barth, C‑542/08, EU:C:2010:193, punto 28) o di due anni (sentenza del 15 dicembre 2011, Banca Antoniana Popolare Veneta, C‑427/10, EU:C:2011:844, punto 25) sono stati considerati conformi al principio di effettività dalla giurisprudenza della Corte, si deve ritenere che un termine di prescrizione quinquennale, applicabile all’azione diretta a far valere gli effetti restitutori della dichiarazione di nullità di una clausola abusiva, non risulta essere, in linea di principio e fatta salva la verifica, da parte del giudice del rinvio, degli elementi menzionati al punto 85 della presente sentenza, tale da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti riconosciuti dalla direttiva 93/13.

    88

    Il giudice del rinvio si interroga altresì, in sostanza, sulla compatibilità con il principio di effettività, letto in combinato disposto con il principio della certezza del diritto, di una giurisprudenza nazionale secondo la quale il termine di prescrizione quinquennale per la proposizione di un’azione, diretta a far valere gli effetti restitutori della dichiarazione di nullità di una clausola contrattuale abusiva, inizia a decorrere dalla conclusione del contratto che contiene la clausola in questione.

    89

    Dalla decisione di rinvio risulta che tale termine, previsto all’articolo 1964, paragrafo 2, del codice civile, risulta decorrere dalla conclusione di un contratto di mutuo ipotecario contenente una clausola abusiva, circostanza che spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare.

    90

    A tale riguardo, occorre tener conto della circostanza che è possibile che i consumatori ignorino il carattere abusivo di una clausola contenuta in un contratto di mutuo ipotecario o non conoscano la portata dei loro diritti derivanti dalla direttiva 93/13 (v., in tal senso, sentenza del 13 settembre 2018, Profi Credit Polska, C‑176/17, EU:C:2018:711, punto 69).

    91

    Orbene, l’applicazione di un termine di prescrizione quinquennale che inizia a decorrere dalla conclusione del contratto, qualora implichi che il consumatore possa chiedere la restituzione dei pagamenti effettuati in esecuzione di una clausola contrattuale giudicata abusiva solo nei primi cinque anni successivi alla firma del contratto, indipendentemente dalla questione se egli fosse o potesse ragionevolmente essere a conoscenza del carattere abusivo di tale clausola, è tale da rendere eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti di tale consumatore riconosciuti dalla direttiva 93/13 e, pertanto, da violare il principio di effettività letto in combinato disposto con il principio della certezza del diritto.

    92

    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla tredicesima questione posta nella causa C‑224/19 dichiarando che l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a che la proposizione dell’azione diretta a far valere gli effetti restitutori della dichiarazione di nullità di una clausola contrattuale abusiva sia soggetta a un termine di prescrizione, purché il dies a quo di tale termine nonché la sua durata non rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio del diritto del consumatore di chiedere una simile restituzione.

    Sulla dodicesima questione nella causa C‑224/19, relativa alla compatibilità del regime legale di ripartizione delle spese con la direttiva 93/13

    93

    Con la dodicesima questione posta nella causa C‑224/19, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a un regime che consente di far gravare sul consumatore una parte delle spese processuali, a seconda del livello delle somme indebitamente pagate che gli sono restituite in seguito alla dichiarazione di nullità di una clausola contrattuale per via del suo carattere abusivo.

    94

    Dagli elementi del fascicolo sottoposto alla Corte emerge infatti che l’applicazione dell’articolo 394 della LEC potrebbe avere l’effetto di non condannare il professionista alla totalità delle spese nel caso in cui l’azione di nullità di una clausola contrattuale abusiva proposta da un consumatore sia accolta integralmente, laddove l’azione di restituzione di somme versate in forza di tale clausola sia accolta solo in parte.

    95

    A tale riguardo, dalla giurisprudenza menzionata al punto 83 della presente sentenza risulta che la ripartizione delle spese di un procedimento giurisdizionale dinanzi ai giudici nazionali rientra nell’autonomia procedurale degli Stati membri, fatto salvo il rispetto dei principi di equivalenza e di effettività.

    96

    Va rilevato che nessun elemento del fascicolo sottoposto alla Corte consente di constatare che detto regime si applichi in modo diverso a seconda che il diritto in parola sia attribuito dal diritto dell’Unione o dal diritto nazionale. Tuttavia, è necessario pronunciarsi sull’eventuale compatibilità con il principio di effettività del fatto di far gravare sul consumatore le spese di un procedimento a seconda degli importi restituitigli, nonostante il medesimo sia risultato vittorioso in relazione alla questione del carattere abusivo della clausola contestata.

    97

    Per quanto riguarda la questione del rispetto del principio di effettività, essa deve essere valutata alla luce degli elementi ricordati al punto 85 della presente sentenza.

    98

    Nel caso di specie, la direttiva 93/13 attribuisce al consumatore il diritto di rivolgersi a un giudice al fine di far accertare il carattere abusivo di una clausola contrattuale e di escluderne l’applicazione. Orbene, far dipendere l’esito della ripartizione delle spese di un simile procedimento dalle sole somme indebitamente pagate e di cui è ordinata la restituzione è tale da dissuadere il consumatore dall’esercitare tale diritto, tenuto conto delle spese che un’azione giudiziaria comporterebbe (v., in tal senso, sentenza del 13 settembre 2018, Profi Credit Polska, C‑176/17, EU:C:2018:711, punto 69).

    99

    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla dodicesima questione posta nella causa C‑224/19 dichiarando che l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 nonché il principio di effettività devono essere interpretati nel senso che essi ostano a un regime che consente di far gravare sul consumatore una parte delle spese processuali, a seconda del livello delle somme indebitamente pagate che gli sono restituite in seguito alla dichiarazione di nullità di una clausola contrattuale per via del suo carattere abusivo, in quanto un simile regime crea un ostacolo sostanziale che può scoraggiare i consumatori dall’esercitare il diritto a un controllo giurisdizionale effettivo del carattere potenzialmente abusivo di clausole contrattuali, quale riconosciuto dalla direttiva 93/13.

    Sulle spese

    100

    Nei confronti delle parti nei procedimenti principali le presenti cause costituiscono un incidente sollevato dinanzi ai giudici nazionali, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

     

    Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

     

    1)

    L’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a che, in caso di nullità di una clausola contrattuale abusiva che pone il pagamento della totalità delle spese di costituzione e di cancellazione dell’ipoteca a carico del consumatore, il giudice nazionale rifiuti la restituzione al consumatore degli importi pagati in applicazione di detta clausola, a meno che le disposizioni del diritto nazionale che sarebbero applicabili in mancanza della clausola in questione impongano al consumatore il pagamento della totalità o di una parte di tali spese.

     

    2)

    L’articolo 3, l’articolo 4, paragrafo 2, e l’articolo 5 della direttiva 93/13 devono essere interpretati nel senso che le clausole del contratto rientranti nella nozione di «oggetto principale del contratto» devono intendersi come quelle che fissano le prestazioni essenziali di tale contratto e che, come tali, lo caratterizzano. Per contro, le clausole che rivestono carattere accessorio rispetto a quelle che definiscono l’essenza stessa del rapporto contrattuale non possono rientrare in tale nozione. Il fatto che una commissione di apertura sia compresa nel costo totale di un mutuo ipotecario non può comportare che essa sia una prestazione essenziale di quest’ultimo. In ogni caso, un giudice di uno Stato membro è tenuto a controllare il carattere chiaro e comprensibile di una clausola contrattuale vertente sull’oggetto principale del contratto, e ciò indipendentemente dalla trasposizione dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva in parola nell’ordinamento giuridico di tale Stato membro.

     

    3)

    L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che una clausola di un contratto di mutuo concluso tra un consumatore e un istituto finanziario, che impone al consumatore il pagamento di una commissione di apertura, può determinare, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto, in contrasto con il requisito della buona fede, qualora l’istituto finanziario non dimostri che tale commissione corrisponde a servizi effettivamente forniti e a spese dallo stesso sostenute, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

     

    4)

    L’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a che la proposizione dell’azione diretta a far valere gli effetti restitutori della dichiarazione di nullità di una clausola contrattuale abusiva sia soggetta a un termine di prescrizione, purché il dies a quo di tale termine nonché la sua durata non rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio del diritto del consumatore di chiedere una simile restituzione.

     

    5)

    L’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 nonché il principio di effettività devono essere interpretati nel senso che essi ostano a un regime che consente di far gravare sul consumatore una parte delle spese processuali, a seconda del livello delle somme indebitamente pagate che gli sono restituite in seguito alla dichiarazione di nullità di una clausola contrattuale per via del suo carattere abusivo, in quanto un simile regime crea un ostacolo sostanziale che può scoraggiare i consumatori dall’esercitare il diritto a un controllo giurisdizionale effettivo del carattere potenzialmente abusivo di clausole contrattuali, quale riconosciuto dalla direttiva 93/13.

     

    Firme


    ( *1 ) Lingua processuale: lo spagnolo.

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