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Document 62019CC0059

Conclusioni dell’avvocato generale H. Saugmandsgaard Øe, presentate il 10 settembre 2020.
Wikingerhof GmbH & Co. KG contro Booking.com BV.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesgerichtshof.
Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia civile – Regolamento (UE) n. 1215/2012 – Competenza giurisdizionale – Articolo 7, punti 1 e 2 – Competenza speciale in materia di illeciti civili dolosi o colposi – Azione inibitoria di pratiche commerciali considerate contrarie al diritto della concorrenza – Allegazione di abuso di posizione dominante consistente in pratiche commerciali coperte da disposizioni contrattuali – Piattaforma di prenotazione alberghiera online Booking.com.
Causa C-59/19.

Court reports – general – 'Information on unpublished decisions' section

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2020:688

 CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

HENRIK SAUGMANDSGAARD ØE

presentate il 10 settembre 2020 ( 1 )

Causa C‑59/19

Wikingerhof GmbH & Co KG

contro

Booking.com BV

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia, Germania)]

«Rinvio pregiudiziale – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale – Competenza internazionale – Regolamento (UE) n. 1215/2012 – Articolo 7, punto 1, e articolo 7, punto 2 – Competenze speciali in “materia contrattuale” e in “materia di illeciti civili dolosi o colposi” – Nozioni – Qualificazione delle azioni di responsabilità civile promosse fra parti contraenti – Azione di responsabilità civile fondata su un’infrazione alle regole del diritto della concorrenza»

I. Introduzione

1.

La Wikingerhof GmbH & Co KG ha stipulato un contratto con la Booking.com BV affinché l’albergo da essa gestito sia inserito nell’omonima piattaforma di prenotazione alberghiera online. La prima società ritiene tuttavia che la seconda imponga condizioni inique agli albergatori iscritti alla sua piattaforma, il che costituirebbe un abuso di posizione dominante tale da causare loro un danno.

2.

In tale contesto, la Wikingerhof ha proposto, dinanzi ad un giudice tedesco, un’azione inibitoria contro Booking.com, fondata sulle norme del diritto tedesco in materia di concorrenza. La convenuta nel procedimento principale sostiene, tuttavia, che tale giudice non è competente a pronunciarsi sull’azione proposta. Il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia, Germania), adito di un ricorso per «Revision» (cassazione) su tale questione, chiede alla Corte l’interpretazione del regolamento (UE) n. 1215/2012 concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale ( 2 ) (in prosieguo: il «regolamento Bruxelles I bis»).

3.

In sostanza, il giudice del rinvio chiede se un’azione come quella promossa dalla Wikingerhof contro Booking.com, che si basa su norme di diritto considerate relative a illeciti civili nel diritto nazionale, rientri nella «materia di illeciti civili dolosi o colposi» ( 3 ), ai sensi dell’articolo 7, punto 2, di detto regolamento – nel qual caso il giudice adito potrebbe basare la propria competenza su tale disposizione –, oppure nella «materia contrattuale», ai sensi dell’articolo 7, punto 1, del medesimo regolamento, considerando il fatto che le asserite condotte anticoncorrenziali che la prima società contesta alla seconda si materializzano nel contesto del loro rapporto contrattuale – nel qual caso la Wikingerhof dovrebbe verosimilmente adire, in applicazione di quest’ultima disposizione, un giudice dei Paesi Bassi. Il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia) invita quindi la Corte a precisare il contenuto delle categorie che costituiscono le predette «materie», nonché il modo in cui tali categorie si articolano tra loro.

4.

Le questioni menzionate al paragrafo precedente sono tutt’altro che nuove. Esse hanno già dato luogo a una coerente giurisprudenza della Corte ( 4 ), avviata, una trentina d’anni fa, dalle sentenze Kalfelis ( 5 ) e Handte ( 6 ). Nonostante ciò, rimangono varie incertezze riguardanti la qualificazione di talune azioni che si situano al confine fra le categorie in questione, quali le azioni di responsabilità civile promosse fra parti contraenti. Tali incertezze derivano, in particolare, dalla sentenza Brogsitter ( 7 ), nella quale la Corte ha cercato di formulare un metodo astratto per la classificazione di queste ultime azioni, ma i cui termini sono sistematicamente oggetto di discussione in dottrina e dinanzi ai giudici nazionali ( 8 ).

5.

La presente domanda di pronuncia pregiudiziale offre quindi alla Corte, riunita in Grande Sezione, la possibilità di sintetizzare detta giurisprudenza e, in tal modo, di chiarire le restanti zone d’ombra. Un siffatto esercizio è tanto più giustificato in quanto, dall’entrata in vigore del regolamento (CE) n. 593/2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali ( 9 ) (in prosieguo: il «regolamento Roma I») e del regolamento (CE) n. 864/2007 sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali ( 10 ) (in prosieguo: il «regolamento Roma II»), le soluzioni elaborate dalla Corte in materia di competenza giudiziaria si riverberano sul campo del conflitto di leggi. Detti regolamenti costituiscono infatti, in tale materia, gli equivalenti dell’articolo 7, punto 1, e dell’articolo 7, punto 2, del regolamento Bruxelles I bis, e questo complesso normativo deve essere interpretato, per quanto possibile, in modo coerente ( 11 ). Inoltre, i chiarimenti che la Corte fornirà con riferimento a tali questioni generali chiariranno, in modo specifico, le norme di diritto internazionale privato applicabili alle azioni di responsabilità civile per le infrazioni al diritto della concorrenza ( 12 ).

6.

Nelle presenti conclusioni spiegherò che, in generale, il collegamento di una domanda di responsabilità civile alla «materia contrattuale», ai sensi dell’articolo 7, punto 1, del regolamento Bruxelles I bis, o alla «materia di illeciti civili», ai sensi dell’articolo 7, punto 2, di detto regolamento, dipende dalla sua causa, vale a dire dall’obbligazione – «contrattuale» o «da illecito civile» – su cui si basa e che l’attore fa valere contro il convenuto. La stessa logica vale per le azioni di responsabilità civile promosse tra parti contraenti. Spiegherò dunque perché, in applicazione di tali principi, un’azione inibitoria, come quella promossa dalla Wikingerhof contro Booking.com, basata su un’infrazione alle regole del diritto della concorrenza, rientra nella «materia di illeciti civili» ai sensi della seconda disposizione.

II. Contesto normativo

7.

Il considerando 16 del regolamento Bruxelles I bis così recita:

«Il criterio del foro del domicilio del convenuto dovrebbe essere completato attraverso la previsione di fori alternativi, basati sul collegamento stretto tra l’autorità giurisdizionale e la controversia, ovvero al fine di agevolare la buona amministrazione della giustizia. L’esistenza di un collegamento stretto dovrebbe garantire la certezza del diritto ed evitare la possibilità che il convenuto sia citato davanti a un’autorità giurisdizionale di uno Stato membro che non sia per questi ragionevolmente prevedibile. (...)».

8.

La sezione 2 del capo II del suddetto regolamento, intitolata «Competenze speciali», contiene segnatamente l’articolo 7, i cui punti 1 e 2 prevedono quanto segue:

«Una persona domiciliata in uno Stato membro può essere convenuta in un altro Stato membro:

1)

a)

in materia contrattuale, davanti all’autorità giurisdizionale del luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio;

b)

ai fini dell’applicazione della presente disposizione e salvo diversa convenzione, il luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio è:

nel caso della compravendita di beni, il luogo, situato in uno Stato membro, in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto;

nel caso della prestazione di servizi, il luogo, situato in uno Stato membro, in cui i servizi sono stati o avrebbero dovuto essere prestati in base al contratto;

c)

la lettera a) si applica nei casi in cui non è applicabile la lettera b);

2)

in materia di illeciti civili dolosi o colposi, davanti all’autorità giurisdizionale del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire».

III. Controversia principale, questione pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte

9.

La Wikingerhof, società di diritto tedesco con sede a Kropp (Germania), gestisce un albergo nel Land Schleswig-Holstein (Germania). Booking.com, con sede ad Amsterdam (Paesi Bassi), gestisce l’omonima piattaforma di prenotazione alberghiera online.

10.

Nel marzo 2009, la Wikingerhof ha firmato un formulario di contratto fornito da Booking.com. Tale contratto prevede che le condizioni generali applicate da quest’ultima società ne costituiscano parte integrante. Il suddetto contratto specifica inoltre che, firmandolo, l’albergatore dichiara di aver ricevuto una copia di tali condizioni generali e conferma di averle lette, comprese e accettate.

11.

Le condizioni generali di Booking.com prevedono, tra l’altro, che detta società debba mettere a disposizione degli albergatori registrati sulla sua piattaforma un sistema Internet, detto «Extranet», che consente loro di aggiornare le informazioni sui loro stabilimenti e consultare i dettagli delle prenotazioni effettuate tramite tale piattaforma. Tali condizioni generali contengono anche un accordo attributivo di competenza che conferisce, in linea di principio, ai tribunali di Amsterdam la competenza esclusiva sulle controversie derivanti dal contratto.

12.

Booking.com ha modificato a più riprese le proprie condizioni generali. Con lettera del 30 giugno 2015, la Wikingerhof ha contestato una di queste modifiche. Successivamente, quest’ultima società ha adito il Landgericht Kiel (Tribunale del Land di Kiel, Germania) con un’azione inibitoria contro Booking.com, fondata su un’infrazione alle norme del diritto tedesco in materia di concorrenza ( 13 ). In tale contesto, la Wikingerhof ha fatto valere che le società alberghiere più piccole, come la sua, si trovano costrette a stipulare contratti con Booking.com a causa della posizione dominante che quest’ultima detiene sul mercato dei servizi di intermediazione per hotel e dei portali di prenotazione alberghiera. La Wikingerhof ritiene che determinate pratiche di Booking.com nel contesto dell’intermediazione delle prenotazioni alberghiere siano inique e costituiscano uno sfruttamento abusivo di tale posizione, contrario al diritto della concorrenza. La Wikingerhof ha quindi chiesto a detto giudice di ingiungere a Booking.com, pena l’adozione di sanzioni, di astenersi:

dal mostrare, sulla propria piattaforma, un determinato prezzo come se fosse stato stabilito dalla Wikingerhof per il proprio albergo, accompagnato dalla menzione «prezzo più vantaggioso» o «prezzo ridotto», senza il previo consenso di quest’ultima;

dal privare la Wikingerhof di un accesso, totale o parziale, ai dati di contatto forniti dai clienti del suo albergo attraverso la predetta piattaforma, e dall’imporre a detta società di contattare detti clienti solo attraverso la funzione «contatto» fornita da Booking.com, e

dal far dipendere il posizionamento dell’albergo gestito dalla Wikingerhof, nei risultati delle ricerche effettuate sulla stessa piattaforma, dal pagamento di una commissione superiore al 15%.

13.

Booking.com ha eccepito l’incompetenza internazionale e territoriale del Landgericht Kiel (Tribunale del Land di Kiel). Con sentenza del 27 gennaio 2017, detto tribunale ha dichiarato inammissibile l’azione della Wikingerhof per tale motivo. In particolare, ha ritenuto che l’accordo attributivo di competenza contenuto nelle condizioni generali di Booking.com, che conferisce la competenza esclusiva ai tribunali di Amsterdam, sia stato validamente stipulato tra le parti, ai sensi dell’articolo 25 del regolamento Bruxelles I bis, e si applichi a tale azione.

14.

In appello, l’Oberlandesgericht Schleswig (Tribunale superiore del Land dello Schleswig, Germania), con sentenza del 12 ottobre 2018, ha confermato la sentenza di primo grado, sebbene con motivazioni diverse. In sostanza, detto giudice ha ritenuto che il Landgericht Kiel (Tribunale del Land di Kiel) non potesse dichiararsi competente in base alla norma in «materia di illeciti civili» di cui all’articolo 7, punto 2, del regolamento Bruxelles I bis, perché l’azione promossa dalla Wikingerhof rientra nella «materia contrattuale» ai sensi dell’articolo 7, punto 1, del medesimo regolamento. La competenza del giudice adito non potrebbe nemmeno fondarsi sul predetto articolo 7, punto 1, in quanto il «luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio», ai sensi di tale disposizione, non è situato all’interno del territorio di sua competenza ( 14 ). Di conseguenza, il giudice d’appello non ha ritenuto necessario risolvere la questione della validità della stipula, tra le parti del procedimento principale, dell’accordo attributivo di competenza contenuto nelle condizioni generali di Booking.com.

15.

La Wikingerhof ha presentato ricorso per «Revision» avverso detta sentenza dinanzi al Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia), che lo ha dichiarato ammissibile. In tale contesto, la suddetta società sostiene che il giudice d’appello abbia commesso un errore di diritto escludendo l’applicazione, con riferimento all’azione da essa promossa, della norma sulla competenza giurisdizionale in «materia di illeciti civili» di cui all’articolo 7, punto 2, del regolamento Bruxelles I bis.

16.

Il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia) osserva che il ricorso per «Revision» di cui è investito non è diretto contro la statuizione del giudice d’appello secondo cui il Landgericht Kiel (Tribunale del Land di Kiel) non può essere competente a norma dell’articolo 7, punto 1, del regolamento Bruxelles I bis a conoscere dell’azione promossa dalla Wikingerhof. Neppure la questione della validità dell’accordo attributivo di competenza contenuto nelle condizioni generali di Booking.com è oggetto di tale ricorso ( 15 ). Il successo del suddetto ricorso dipende unicamente dalla questione se un’azione siffatta possa rientrare nel campo di applicazione dell’articolo 7, punto 2, di detto regolamento.

17.

In tale contesto, il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 7, punto 2, del [regolamento Bruxelles I bis] debba essere interpretato nel senso che esso ammette che un’azione diretta a inibire determinate pratiche rientri nella competenza del foro del luogo dell’evento dannoso in una situazione in cui le pratiche contestate siano previste da disposizioni contrattuali, ma l’attore sostenga che tali clausole derivino da un abuso di posizione dominante da parte del convenuto».

18.

La domanda di pronuncia pregiudiziale, datata 11 dicembre 2018, è pervenuta alla cancelleria della Corte il 29 gennaio 2019. Booking.com, il governo ceco e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte alla Corte. La Wikingerhof, Booking.com e la Commissione sono comparse all’udienza di discussione orale del 27 gennaio 2020.

IV. Analisi

19.

La presente causa ha come sfondo le azioni di responsabilità civile per infrazioni al diritto della concorrenza, promosse tra parti private, caratteristiche di ciò che è comunemente denominato «private enforcement». L’azione promossa dalla Wikingerhof contro Booking.com si fonda, più precisamente, sulla violazione delle norme del diritto tedesco che vietano, sulla scorta dell’articolo 102 TFUE, gli abusi di posizione dominante. La prima società lamenta, in sostanza, che la seconda società abusi della posizione dominante asseritamente detenuta sul mercato dei servizi di intermediazione e dei portali di prenotazione alberghiera, imponendo condizioni di transazione non eque ( 16 ) ai piccoli albergatori iscritti sulla sua piattaforma. In questo contesto, la Corte non è chiamata a specificare la portata dell’articolo 102. Essa viene invece interpellata sulle norme in materia di competenza applicabili a tale azione.

20.

La Corte ha già dichiarato che le azioni di responsabilità civile fondate su un’infrazione alle norme del diritto della concorrenza rientrano nella «materia civile e commerciale» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, del regolamento Bruxelles I bis e che pertanto rientrano nell’ambito di applicazione ratione materiae di detto regolamento ( 17 ).

21.

L’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento Bruxelles I bis prevede, come regola generale, la competenza dei giudici dello Stato membro in cui il convenuto è domiciliato. Nel caso di specie, è pacifico che il domicilio di Booking.com, ai sensi del citato regolamento ( 18 ), si trovi nei Paesi Bassi e che la Wikingerhof non poteva quindi adire un giudice tedesco sulla base di tale disposizione.

22.

Tuttavia, il regolamento Bruxelles I bis prevede anche norme che consentono, in determinate ipotesi, all’attore di citare il convenuto dinanzi ai giudici di un altro Stato membro ( 19 ). Detto regolamento prevede in particolare competenze speciali, relative a varie «materie», che offrono all’attore la scelta di promuovere la sua azione dinanzi ad uno o più fori ulteriori.

23.

Tali competenze speciali esistono, in particolare, in «materia contrattuale» e in «materia di illeciti civili». Per le azioni che rientrano nella prima categoria, l’articolo 7, punto 1, del regolamento Bruxelles I bis consente all’attore di adire il giudice del «luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio». Per quelle che rientrano nella seconda, l’articolo 7, punto 2, del medesimo regolamento prevede la possibilità di adire il giudice del «luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire».

24.

La scelta sulla competenza a disposizione dell’attore varia quindi a seconda di come venga qualificata l’azione in questione. Nel caso di specie, tuttavia, le parti del procedimento principale dissentono sulla categoria, fra quelle menzionate al precedente paragrafo, alla quale debba essere collegata l’azione promossa dalla Wikingerhof. Il successo dell’eccezione di incompetenza sollevata da Booking.com dipende infatti da tale qualificazione: mentre il «luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire», ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento Bruxelles I bis, potrebbe trovarsi all’interno del territorio di competenza del giudice tedesco adito dalla ricorrente nel procedimento principale ( 20 ), è stato statuito in appello che così non è per il «luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio», ai sensi dell’articolo 7, punto 1, del suddetto regolamento ( 21 ).

25.

Come sottolinea il giudice del rinvio, dalla giurisprudenza della Corte risulta che, in linea di principio, le azioni di responsabilità civile fondate su un’infrazione alle norme del diritto della concorrenza rientrano in «materia di illeciti civili» ai sensi dell’articolo 7, punto 2, del regolamento Bruxelles I bis ( 22 ).

26.

Tuttavia, la particolarità dell’azione di cui trattasi nella presente causa è che essa è promossa tra parti contraenti e che le presunte condotte anticoncorrenziali che la Wikingerhof contesta a Booking.com si materializzano nel loro rapporto contrattuale, poiché consisterebbero nel fatto che la seconda società imporrebbe alla prima, nel contesto di tale rapporto, condizioni di transazione non eque. È del resto possibile che talune, o addirittura la totalità ( 23 ), delle pratiche contestate siano coperte dalle clausole delle condizioni generali applicabili al contratto in questione. Si tratta quindi di stabilire se, in tali circostanze, la qualificazione «contrattuale» prevalga sulla qualificazione «di illecito civile» ai fini del regolamento Bruxelles I bis.

27.

Il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia) ritiene che a tale questione debba essere data una risposta negativa. Al pari della Wikingerhof e della Commissione, condivido tale parere. La posizione contraria sostenuta da Booking.com e dal governo ceco riflette, a mio avviso, le incertezze della giurisprudenza della Corte in merito alla linea di demarcazione tra la «materia contrattuale» e la «materia di illeciti civili». Come ho rilevato nell’introduzione alle presenti conclusioni, la presente causa offre alla Corte una buona opportunità per compiere una sintesi di tale giurisprudenza e per eliminare dette incertezze. Ne ricorderò quindi le direttrici fondamentali (sezione A), prima di esaminare in modo specifico la qualificazione delle azioni di responsabilità civile promosse tra parti contraenti (sezione B). In questo contesto, svilupperò alcune riflessioni accennate nelle mie conclusioni nella causa Bosworth e Hurley ( 24 ). Infine, applicherò il quadro di analisi risultante dalla predetta giurisprudenza all’ipotesi di un’azione di responsabilità fondata su un’infrazione alle norme del diritto della concorrenza, come quella promossa, nella fattispecie, dalla Wikingerhof contro Booking.com (sezione C).

A.   Direttrici fondamentali della giurisprudenza della Corte relativa alla «materia contrattuale» e alla «materia di illeciti civili»

28.

È opportuno ricordare, preliminarmente, che il regolamento Bruxelles I bis non fornisce una definizione della «materia contrattuale» di cui all’articolo 7, punto 1, dello stesso regolamento, o della «materia di illeciti civili», menzionata al suo articolo 7, punto 2. Il contenuto di queste categorie è pertanto ben lontano dall’imporsi con evidenza. Sebbene rispecchino concetti ben noti di diritto civile – «contratto» e «illecito civile» – i contorni di tali concetti variano da uno Stato membro all’altro. Inoltre, vi sono notevoli discrepanze tra le varie versioni linguistiche del predetto regolamento per quanto riguarda l’una ( 25 ) e l’altra ( 26 ) disposizione.

29.

In tale contesto, la Corte ha ripetutamente affermato che la «materia contrattuale» e la «materia di illeciti civili», ai sensi del regolamento Bruxelles I bis, costituiscono nozioni autonome del diritto dell’Unione, da interpretare con riferimento principalmente al sistema e agli obiettivi di tale regolamento, al fine di garantire l’applicazione uniforme delle norme sulla competenza giurisdizionale ivi previste in tutti gli Stati membri ( 27 ). Il collegamento di una domanda all’una o all’altra categoria non dipende quindi, in particolare, dalle soluzioni previste dal diritto interno del giudice adito (detta «lex fori»).

30.

Per quanto riguarda il sistema del regolamento Bruxelles I bis, la Corte ha ripetutamente affermato che esso si basa sulla regola generale della competenza dei giudici dello Stato membro del domicilio del convenuto, prevista dall’articolo 4, punto 1, di detto regolamento, e che le competenze speciali che figurano al suo articolo 7 costituiscono deroghe a tale regola generale che, in quanto tali, vanno interpretate restrittivamente ( 28 ).

31.

Per quanto riguarda gli obiettivi del regolamento Bruxelles I bis, va ricordato che, in generale, le norme sulla competenza previste in detto regolamento mirano a garantire la certezza del diritto e, in questo contesto, a potenziare la tutela giuridica delle persone residenti nel territorio degli Stati membri. Tali norme devono pertanto presentare un elevato grado di prevedibilità: l’attore deve poter individuare facilmente i giudici dinanzi ai quali può proporre la propria azione e il convenuto deve poter ragionevolmente prevedere quelli dinanzi ai quali potrà essere citato. Inoltre, le predette norme hanno lo scopo di garantire la buona amministrazione della giustizia ( 29 ).

32.

Le competenze speciali in «materia contrattuale» e «in materia di illeciti civili» previste all’articolo 7, punto 1, e all’articolo 7, punto 2, del regolamento Bruxelles I bis perseguono specificamente un obiettivo di prossimità, che attua i due imperativi indicati al paragrafo precedente. A tal proposito, la Corte ha ripetutamente dichiarato che la scelta offerta all’attore da tali disposizioni è stata introdotta in considerazione del fatto che, nelle «materie» da esse regolate, esiste un collegamento particolarmente stretto, ai fini dell’economia processuale, fra una domanda e il giudice che può venire chiamato a risolverla ( 30 ) Infatti, in «materia contrattuale», il giudice del «luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio» è ritenuto il più idoneo a pronunciarsi, in particolare per ragioni di prossimità rispetto alla controversia e di facilità di assunzione delle prove. Lo stesso vale, in «materia di illeciti civili», per il giudice del «luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire»» ( 31 ). L’esistenza di tale collegamento stretto garantisce allo stesso tempo la certezza del diritto, evitando la possibilità che il convenuto sia citato davanti a un’autorità giurisdizionale che non sia per lui ragionevolmente prevedibile.

33.

Alla luce di queste considerazioni generali, la Corte ha elaborato, nel corso della sua giurisprudenza, definizioni autonome di «materia contrattuale» e di «materia di illeciti civili». Esaminerò queste definizioni, in successione, nelle due sottosezioni che seguono.

1. Definizione di «materia contrattuale» ai sensi dell’articolo 7, punto 1, del regolamento Bruxelles I bis

34.

Un primo abbozzo di definizione di «materia contrattuale», ai sensi dell’articolo 7, punto 1, del regolamento Bruxelles I bis, è stato formulato dalla Corte nella sentenza Handte, secondo la quale tale nozione «non può ricomprendere le fattispecie in cui non esista alcun obbligo liberamente assunto da una parte nei confronti di un’altra» ( 32 ).

35.

La Corte ha consolidato tale definizione nella sentenza Engler ( 33 ). Partendo dalla constatazione che l’individuazione di un’obbligazione è indispensabile per applicare l’articolo 7, punto 1, poiché la competenza giurisdizionale, a norma di tale disposizione, è determinata in relazione al luogo in cui «l’obbligazione dedotta in giudizio» è stata o deve essere eseguita, la Corte ha dichiarato che l’applicazione di tale disposizione «presuppone la determinazione di un obbligo giuridico liberamente assunto da una parte nei confronti di un’altra e sul quale si fonda l’azione del ricorrente» ( 34 ).

36.

Due presupposti cumulativi derivano da questa definizione, ormai costante nella giurisprudenza della Corte ( 35 ): una domanda rientra nella «materia contrattuale» ai sensi dell’articolo 7, punto 1, del regolamento Bruxelles I bis, (1) quando essa riguarda un’«obbligazione contrattuale», intesa come «obbligazione giuridica liberamente assunta da una parte nei confronti di un’altra» ( 36 ) e (2) quando tale domanda sia, più specificamente, fondata su tale «obbligazione».

37.

Per quanto riguarda il primo presupposto, la Corte ha precisato che le «obbligazioni contrattuali» comprendono, in primo luogo, le obbligazioni che trovano la loro fonte ( 37 ) in un contratto ( 38 ), vale a dire, in sostanza, un incontro di volontà concluso tra due parti ( 39 ). Successivamente, la Corte ha inserito nella «materia contrattuale», per analogia, le relazioni che si avvicinano ai contratti nella misura in cui creano tra gli interessati «stretti legami dello stesso tipo» di quelli che si stabiliscono tra le parti contraenti. Ciò vale, in particolare, per i legami tra un’associazione e i suoi associati nonché tra gli associati dell’associazione tra loro ( 40 ), per i rapporti tra gli azionisti di una società nonché per quelli tra gli azionisti e la società da essi costituita ( 41 ), per la relazione tra l’amministratore della società e la società che dirige, come prevista dal diritto societario ( 42 ), o ancora per gli obblighi che i condomini di un edificio assumono, conformemente alla legge, nei confronti del condominio ( 43 ). Infine, dal momento che l’applicazione dell’articolo 7, punto 1, del regolamento Bruxelles I bis «non esig[e] la conclusione di un contratto», ma unicamente di «identificare un’obbligazione» ( 44 ), la Corte ha stabilito che la «materia contrattuale» comprende anche le obbligazioni che si impongono in virtù non di un tale incontro di volontà, ma di un impegno unilaterale volontario di una parte nei confronti di un’altra. È il caso, in particolare, della promessa di vincita fatta da un professionista a un consumatore ( 45 ) e degli obblighi dell’avallante di una cambiale nei confronti del prenditore di tale cambiale ( 46 ).

38.

In definitiva, la Corte adotta un’interpretazione «ammorbidita» della nozione di «obbligazione contrattuale», ai sensi dell’articolo 7, punto 1, del regolamento Bruxelles I bis ( 47 ). Tale constatazione potrebbe, a prima vista, sorprendere, tenuto conto della giurisprudenza costante secondo cui tale disposizione deve essere interpretata in senso restrittivo. In realtà, a mio parere, questa esigenza vieta alla Corte solo di discostarsi dai termini chiari di questa disposizione e di darle un significato più ampio di quello richiesto dal suo obiettivo ( 48 ). È dunque possibile, e a mio parere giustificato, interpretare la categoria che costituisce la «materia contrattuale» in modo da includervi istituti vicini ai contratti, in un’ottica di buona amministrazione del contenzioso internazionale ( 49 ).

39.

Per quanto riguarda il secondo presupposto, dalla giurisprudenza della Corte risulta che una domanda non rientra nella «materia contrattuale», ai sensi dell’articolo 7, punto 1, del regolamento Bruxelles I bis, per il solo fatto di riguardare, in modo più o meno diretto, un’«obbligazione contrattuale». Occorre inoltre che tale domanda abbia come fondamento un’obbligazione siffatta. L’applicazione di tale disposizione dipende quindi, come la Corte ha recentemente dichiarato, dalla «causa dell’azione giudiziaria» ( 50 ). In altri termini, l’attore deve far valere siffatta obbligazione per giustificare la predetta domanda ( 51 ).

40.

Con questo presupposto, la Corte riserva, correttamente a mio parere, l’applicazione della norma sulla competenza in «materia contrattuale» prevista dall’articolo 7, punto 1, del regolamento Bruxelles I bis alle domande che sono di natura contrattuale, vale a dire a quelle che deducono, nel merito, in via principale questioni di diritto contrattuale ( 52 ) – o, in altre parole, questioni che rientrano nel campo della legge applicabile (detta «lex contractus»), ai sensi del regolamento Roma I ( 53 ). La Corte assicura quindi, conformemente allo scopo di prossimità sottostante a tale disposizione, che il giudice del contratto si pronunci essenzialmente su questioni del genere ( 54 ). Cosa ancora più fondamentale, la Corte garantisce la coerenza interna della «materia contrattuale», come intesa, per quanto riguarda le norme sulla competenza, da tale articolo 7, punto 1, e, per i conflitti di legge, dal regolamento Roma I ( 55 ).

41.

In concreto, soddisfano questi due presupposti e quindi rientrano nella «materia contrattuale», ai sensi del suddetto articolo 7, punto 1, segnatamente le azioni di esecuzione forzata di un’«obbligazione contrattuale» ( 56 ) o le azioni di responsabilità civile o di risoluzione per inadempimento di tale obbligazione ( 57 ). In tutte queste ipotesi, l’obbligazione in questione corrisponde a un «diritto contrattuale» che giustifica la domanda. Determinarne la fondatezza comporta che il giudice adito risolva essenzialmente questioni di ordine contrattuale, quali quelle del contenuto dell’obbligazione in questione, del modo in cui essa doveva essere adempiuta, delle conseguenze del suo inadempimento, ecc. ( 58 ). Rientrano inoltre nella «materia contrattuale» le azioni di nullità di un contratto, poiché tale azione si basa sulla violazione delle sue norme di formazione e comporta che il giudice si pronunci sulla validità delle «obbligazioni contrattuali» che ne derivano ( 59 ). Rinvio il lettore che desideri maggiori dettagli sulla «materia contrattuale» all’ampia dottrina sull’argomento ( 60 ).

2. Definizione di «materia di illeciti civili», ai sensi dell’articolo 7, punto 2, del regolamento Bruxelles I bis

42.

Secondo giurisprudenza costante della Corte, derivante dalla sua sentenza Kalfelis, la nozione di «materia di illeciti civili» ai sensi dell’articolo 7, punto 2, del regolamento Bruxelles I bis comprende «qualsiasi domanda che miri a coinvolgere la responsabilità di un convenuto e che non si ricolleghi alla materia contrattuale» ai sensi dell’articolo 7, punto 1, di detto regolamento ( 61 ).

43.

Da questa definizione risultano due presupposti cumulativi: uno, positivo, secondo il quale la domanda deve coinvolgere la responsabilità civile del convenuto; l’altro, negativo, secondo il quale tale domanda non deve ricollegarsi alla «materia contrattuale».

44.

Il primo presupposto riguarda l’oggetto della domanda. Quest’ultima, in linea di principio, deve avere lo scopo di costringere in giudizio il convenuto a porre fine a un comportamento che possa provocare danni – nel caso di un’azione inibitoria come quella promossa dalla Wikingerhof nella presente causa – o a risarcire tale danno qualora si sia verificato – nel caso di una richiesta di risarcimento ( 62 ).

45.

Tuttavia, anche in questo caso, la Corte adotta un’interpretazione «ammorbidita» di tale presupposto. Infatti, un’azione di accertamento, con la quale l’attore mira a far accertare in giudizio la violazione di un dovere di legge da parte del convenuto, o ancora un’azione di accertamento negativo, con la quale l’attore cerca di far dichiarare di non aver commesso atti o omissioni che comportano la sua responsabilità da fatto illecito nei confronti del convenuto, può anch’essa rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 7, punto 2, del regolamento Bruxelles I bis ( 63 ).

46.

Il secondo presupposto è, a mio avviso, speculare a quello elaborata dalla Corte nella sua giurisprudenza sulla «materia contrattuale». Anche in questo caso si tratta di determinare la causa della domanda di responsabilità. Per rientrare in «materia di illeciti civili», tale domanda deve basarsi non su un’«obbligazione giuridica liberamente assunta», ma su un’«obbligazione da fatto illecito», vale a dire un’obbligazione involontaria, sorta senza che il convenuto abbia avuto l’intenzione di assumersi un qualsiasi impegno nei confronti dell’attore, e che deriva da un evento dannoso, consistente nella violazione di un dovere imposto dalla legge a chiunque ( 64 ). Con questo presupposto, la Corte garantisce, conformemente all’obiettivo di prossimità sottostante all’articolo 7, punto 2, del regolamento Bruxelles I bis, che il giudice dell’illecito civile si pronunci unicamente sulle domande aventi natura di illecito civile, vale a dire su quelle che deducono, nel merito, principalmente questioni afferenti alle norme di diritto da cui derivano tali doveri. Essa garantisce altresì la coerenza interna della «materia di illeciti civili», quale prevista, per quanto riguarda le norme sulla competenza, in detto articolo 7, punto 2, e, per i conflitti di leggi, nel regolamento Roma II ( 65 ).

47.

Non si può quindi ritenere, come talvolta scritto, che l’articolo 7, punto 2, del regolamento Bruxelles I bis costituisca una disposizione puramente «residuale» che assorbe tutte le domande che non rientrano nella «materia contrattuale», ai sensi dell’articolo 7, punto 1, di detto regolamento. Esistono, al contrario, domande che non rientrano in nessuna di queste due disposizioni, in quanto si basano su obbligazioni che non sono né «contrattuali» né «da fatto illecito» ( 66 ).

48.

Per il resto, la Corte ha statuito che l’articolo 7, punto 2, del regolamento Bruxelles I bis comprende i più svariati casi di responsabilità ( 67 ) – per colpa, senza colpa, ecc. Oltre alle azioni di responsabilità civile per infrazione al diritto della concorrenza, già menzionate, vi rientrano in particolare le domande di responsabilità per concorrenza sleale ( 68 ), violazione di un diritto di proprietà intellettuale ( 69 ) o per i danni causati da prodotti difettosi ( 70 ). Anche in questo caso, rinvio il lettore che desideri approfondire la «materia di illeciti civili» all’ampia dottrina sull’argomento ( 71 ).

B.   Qualificazione delle azioni di responsabilità civile promosse tra parti contraenti ai fini del regolamento Bruxelles I bis

49.

Dalle considerazioni che precedono si evince che alcune domande di responsabilità civile rientrano nella «materia contrattuale» ai sensi dell’articolo 7, punto 1, del regolamento Bruxelles I bis, e altre nella «materia di illeciti civili» ai sensi dell’articolo 7, punto 2, di detto regolamento. Ne risulta altresì che, sul piano teorico, il collegamento di una siffatta domanda all’una o all’altra di tali categorie dipende dalla sua causa, intesa quale l’obbligazione su cui tale domanda è fondata. Se tale obbligazione sorge in ragione di un contratto o di un’altra forma di impegno volontario di una parte nei confronti di un’altra, la domanda è «contrattuale». Se invece l’obbligazione in questione risulta dalla violazione di un dovere imposto dalla legge a chiunque indipendentemente da qualsiasi impegno volontario, la domanda è da «illecito civile» ( 72 ).

50.

Ciò precisato, quando due parti sono vincolate da un contratto e una di esse avanza una domanda di responsabilità civile contro l’altra, può risultare difficile, in pratica, distinguere tra «materia contrattuale» e «materia di illeciti civili».

51.

A questo proposito, una simile domanda non è necessariamente «contrattuale» ai sensi dell’articolo 7, punto 1, del regolamento Bruxelles I bis ( 73 ). Possono esistere domande per «illecito civile» anche fra parti contraenti. Ciò è facilmente comprensibile se si pensa alle domande completamente estranee al contratto tra le parti ( 74 ), per le quali l’applicazione dell’articolo 7, punto 2, di detto regolamento s’impone palesemente.

52.

Le cose sono meno ovvie quando, come nel procedimento principale, la domanda ha un qualche collegamento con il contratto, in particolare perché si riferisce ad un evento dannoso causato nel corso della sua esecuzione. In questo contesto, può accadere, in particolare, che l’evento dannoso dedotto costituisca, al tempo stesso, l’inadempimento di una «obbligazione contrattuale» e la violazione di un dovere imposto dalla legge a chiunque. Si ha, in tal caso, un concorso di responsabilità (o, altrimenti detto, concorso di obbligazioni «contrattuali» e «da illecito civile», ciascuna delle quali può, potenzialmente, fungere da causa della domanda) ( 75 ).

53.

Il numero di situazioni in cui lo stesso evento dannoso può dar luogo a tale concorso varia a seconda degli ordinamenti giuridici nazionali, in base al modo in cui essi concepiscono la responsabilità contrattuale e quella da illecito civile ( 76 ). Tuttavia, le azioni di responsabilità civile di cui al paragrafo 48 delle presenti conclusioni – infrazione al diritto della concorrenza, atti di concorrenza sleale, danni causati da prodotti difettosi, violazione di un diritto di proprietà intellettuale – sono suscettibili, se promosse tra parti contraenti, di inserirsi nel contesto di un siffatto tale concorso di responsabilità.

54.

Ad esempio, il rifiuto di un fornitore di vendere al suo distributore potrebbe costituire non solo un abuso di posizione dominante, ma anche una violazione degli obblighi derivanti dal loro contratto quadro, come ha molto correttamente sottolineato la Wikingerhof. Lo stesso si verificherebbe in una situazione in cui il fornitore favorisse la propria rete a scapito del distributore, dato che tale condotta può costituire, al tempo stesso, una violazione contrattuale, un siffatto abuso o, ancora, un atto di concorrenza sleale ( 77 ). Inoltre, il difetto di un prodotto, venduto dal suo fabbricante, che causi un danno all’acquirente potrebbe rientrare sia nella responsabilità da illecito civile – a titolo di violazione di un dovere legale in materia di sicurezza dei prodotti – sia nella responsabilità contrattuale – a titolo di violazione dell’obbligo contrattuale di consegnare un prodotto conforme, o di un obbligo contrattuale di sicurezza. Infine, quando il titolare di un contratto di licenza relativo all’uso di un’opera protetta dal diritto d’autore oltrepassa i limiti di tale licenza, questo evento dannoso può costituire allo stesso tempo un illecito di contraffazione – in quanto il licenziatario viola i diritti esclusivi della sua controparte – e una violazione di tale contratto ( 78 ).

55.

Di fronte a tali concorsi di responsabilità, alcuni ordinamenti giuridici nazionali, tra cui il diritto inglese e quello tedesco, lasciano all’attore la scelta di basare la sua domanda sulla responsabilità da illecito civile o sulla responsabilità contrattuale, a seconda di ciò che è più conforme ai suoi interessi ( 79 ), o addirittura di «cumulare» le domande che si basano su tali due fondamenti ( 80 ).

56.

Per contro, altri sistemi giuridici, tra cui il diritto francese e quello belga, prevedono una norma di ripartizione delle responsabilità, detta del «divieto di cumulo», che non dà all’attore la possibilità di scegliere: quest’ultimo non può fondare la sua domanda sulla responsabilità da illecito civile se l’evento dannoso fatto valere costituisce anche l’inadempimento di un’obbligazione contrattuale. In altre parole, in questi ordinamenti «il contratto prevale sull’illecito» ( 81 ).

57.

Nel quadro del regolamento Bruxelles I bis, si tratta di stabilire se e in quale misura la scelta dell’attore di avvalersi, per lo stesso evento dannoso, della responsabilità da illecito civile e/o della responsabilità contrattuale della controparte contrattuale influisca sulla norma sulla competenza applicabile ( 82 ). A questo proposito, vorrei ricordare le soluzioni adottate finora dalla Corte nella sua giurisprudenza (sottosezione 1) prima di esaminare l’interpretazione che, a mio avviso, s’impone in materia (sottosezioni 2 e 3).

1. Soluzioni finora adottate dalla Corte

58.

La Corte ha affrontato la questione per la prima volta nella sentenza Kalfelis. Nella causa che ha dato origine a tale sentenza, un privato agiva contro la sua banca per ottenere il risarcimento del danno subito nel contesto di operazioni di borsa e aveva formulato, a tal fine, domande cumulative, fondate su diverse norme del diritto tedesco, alcune relative alla responsabilità contrattuale, altre alla responsabilità da illecito civile e altre, infine, all’arricchimento senza causa – di natura quasi contrattuale. In particolare, si poneva la questione se il giudice competente, ai sensi dell’articolo 5, punto 3, della convenzione di Bruxelles – divenuto l’articolo 7, punto 2, del regolamento Bruxelles I bis –, a pronunciarsi sulle domande fondate sulla responsabilità da illecito civile lo fosse, in via accessoria, anche su quelle che si basavano su fondamenti contrattuali e quasi-contrattuali.

59.

Nelle sue conclusioni, l’avvocato generale Darmon aveva proposto che la regola di competenza in «materia contrattuale» canalizzasse l’intera azione, comprese le domande basate su fondamenti giuridici afferenti l’illecito civile o quasi-contrattuali, al fine di razionalizzare la competenza e centralizzare la controversia dinanzi al giudice del contratto, che era, a parere dell’avvocato generale, il più idoneo per definirne il contesto ed il complesso delle conseguenze contenziose ( 83 ).

60.

La Corte non ha seguito le conclusioni dell’avvocato generale su questo punto. È vero che essa ha dichiarato, come ho indicato al paragrafo 42 delle presenti conclusioni, che la nozione di «materia di illeciti civili» comprende qualsiasi domanda che miri a coinvolgere la responsabilità di un convenuto e che non si ricolleghi alla «materia contrattuale». Tuttavia, la Corte ha immediatamente specificato, invocando la natura derogatoria delle norme sulla competenza speciale, «che il giudice competente a norma [dell’articolo 7, punto 2, del regolamento Bruxelles I bis], a conoscere del punto di una [azione] che si fonda su una base costituita da illecito, non è competente a conoscere degli altri punti della stessa [azione] che si fondano su fatti o atti diversi dall’illecito» ( 84 ).

61.

Malgrado il carattere un po’ ambiguo di tale risposta, la Corte non intendeva, nella sentenza Kalfelis, indicare che l’articolo 7, punto 1, del regolamento Bruxelles I bis prevalga sull’articolo 7, punto 2. Al contrario, la Corte ha ritenuto che un’azione di responsabilità relativa a uno stesso evento dannoso possa essere di competenza del foro contrattuale e/o del foro dell’illecito civile, in funzione dei fondamenti giuridici di cui si avvale l’attore, vale a dire delle norme di diritto sostanziale invocate da quest’ultimo nel suo ricorso. Pertanto, quando nel contesto di una medesima azione sono formulate domande cumulative, deve essere classificata nella «materia contrattuale» o nella «materia di illeciti civili» non l’azione nel suo complesso, ma ciascuna di tali domande, in funzione del proprio fondamento, poiché una stessa domanda/fondamento non può rientrare nelle due categorie allo stesso tempo ( 85 ). In questo contesto, il giudice del contratto è competente sulle domande che si basano su fondamenti contrattuali, mentre il giudice dell’illecito civile è competente su quelle che si basano su fondamenti costituiti da illecito civile. Nessuno di questi giudici ha, inoltre, una competenza accessoria per giudicare su ciò che non rientra nella sua «materia» ( 86 ).

62.

Sottolineo che non si tratta di adottare, ai fini del regolamento Bruxelles I bis, la qualificazione attribuita, alle norme di diritto sostanziale dedotte dall’attore, da parte dal diritto nazionale da cui provengono. Nella fase della determinazione della competenza, il giudice adito non ha ancora stabilito quale sia la legge applicabile. Non è pertanto certo che la domanda sarà risolta sulla base di tali norme. Le norme sostanziali dedotte a sostegno di una domanda forniscono tuttavia le indicazioni necessarie per individuare le caratteristiche dell’«obbligazione», nel senso autonomo del termine, che l’attore fa valere. Come si evince dal paragrafo 49 delle presenti conclusioni, è tale «obbligazione» che, tenuto conto delle sue caratteristiche, deve essere qualificata secondo i criteri stabiliti dalla Corte nella sua giurisprudenza, come «contrattuale» o come da «illecito civile» e che determina quindi la norma sulla competenza applicabile a tale domanda ( 87 ). Qualora l’attore formuli domande cumulative che si basano su norme di diritto sostanziale di nature differenti, egli può potenzialmente invocare tali due tipi di «obbligazioni» ( 88 ), che rientrano nella competenza di giudici differenti.

63.

In definitiva, la competenza giurisdizionale, ai sensi del regolamento Bruxelles I bis, su una domanda di responsabilità formulata tra parti contraenti può variare in funzione delle norme di diritto sostanziale fatte valere dall’attore. Osservo, inoltre, che nella sentenza Melzer ( 89 ), che riguardava tale domanda, la Corte ha seguito questo approccio. In detta sentenza, essa si è limitata ad interpretare la regola di competenza in «materia di illeciti civili», come richiestole dal giudice nazionale, senza esaminare la regola di competenza in «materia contrattuale», invocata dal convenuto, in quanto la domanda in questione era «basat[a] esclusivamente sul diritto in materia di responsabilità da fatto illecito» ( 90 ).

64.

Ciò premesso, la Corte ha riesaminato tale problematica nella sentenza Brogsitter. Nella causa che ha dato luogo a detta sentenza, un venditore di orologi, domiciliato in Germania, aveva concluso un contratto con un mastro orologiaio, allora residente in Francia, per lo sviluppo di meccanismi di orologeria destinati ad essere commercializzati dal primo. Parallelamente alla sua attività per il venditore, il mastro orologiaio aveva sviluppato altri meccanismi di orologeria che aveva commercializzato per conto proprio. Ritenendo che tale attività parallela violasse un obbligo di esclusiva derivante dal contratto, il venditore aveva citato la sua controparte contrattuale dinanzi a un giudice tedesco. In questo contesto, il venditore aveva chiesto la cessazione delle attività contestate nonché il risarcimento dei danni, formulando domande basate cumulativamente sulla responsabilità contrattuale e sulla responsabilità da illecito civile, in particolare sulle norme del diritto tedesco in materia di concorrenza sleale e di responsabilità per colpa. Esitando a dividere il contenzioso sulla base dei fondamenti giuridici invocati dall’attore, il giudice nazionale aveva chiesto alla Corte quale classificazione, ai sensi del regolamento Bruxelles I, occorresse attribuire alle domande basate su un illecito civile, tenuto conto del contratto che vincolava le parti.

65.

Prendendo come punto di partenza il dictum della sentenza Kalfelis secondo cui la «materia di illeciti civili» comprende qualsiasi domanda che miri a coinvolgere la responsabilità di un convenuto e che non si ricolleghi alla «materia contrattuale», la Corte ha ritenuto che, per collegare delle domande all’una o all’altra di queste categorie, è necessario verificare «se esse, indipendentemente dalla loro qualificazione in diritto nazionale, presentino natura contrattuale» ( 91 ).

66.

Secondo la Corte, ciò accade «se il comportamento contestato può essere considerato un inadempimento alle sue obbligazioni contrattuali quali possono essere determinate tenuto conto dell’oggetto del contratto». La Corte ha precisato, a tale riguardo, che «[q]uesto avviene a priori se l’interpretazione del contratto che vincola il convenuto al ricorrente appare indispensabile per stabilire la liceità o, al contrario, l’illiceità del comportamento che il primo rimprovera al secondo». Spetta quindi al giudice nazionale «determinare se le azioni intentate [dall’attore] abbiano per oggetto una domanda di risarcimento la cui causa può essere ragionevolmente considerata una violazione dei diritti e delle obbligazioni del contratto che vincola le parti (...), circostanza che ne renderebbe indispensabile la presa in considerazione per decidere sul ricorso» ( 92 ).

67.

La sentenza Brogsitter riflette, a mio avviso, un certo mutamento nell’approccio adottato nella sentenza Kalfelis. Infatti, la Corte sembra aver cambiato metodo di qualificazione delle domande, ai fini del regolamento Bruxelles I bis. Essa non sembra essersi concentrata sulle norme di diritto sostanziale invocate dall’attore nella sua domanda e sembra aver voluto adottare una qualificazione dei fatti più oggettiva.

68.

Tuttavia, l’esatta portata della sentenza Brogsitter è incerta. Il ragionamento aperto e astratto che si riscontra in detta sentenza si presta, infatti, a due letture.

69.

Secondo una prima lettura della sentenza Brogsitter, che definirò «massimalista», il «criterio» che risulta da tale sentenza consisterebbe nell’affermazione secondo la quale una domanda rientra nella «materia contrattuale», ai sensi dell’articolo 7, punto 1, del regolamento Bruxelles I bis, «se il comportamento contestato può essere considerato un inadempimento alle obbligazioni contrattuali». Tale affermazione dovrebbe essere intesa nel senso che una domanda basata su un fondamento costituito da illecito civile deve essere collegata a detta «materia contrattuale» quando si riferisce a un evento dannoso che potrebbe costituire (anche) un inadempimento di un’«obbligazione contrattuale». In concreto, il giudice adito dovrebbe accertare se l’attore avrebbe potuto, ipoteticamente, formulare la propria domanda sulla base della violazione delle obbligazioni contrattuali, il che comporterebbe di esaminare se esista, nei fatti, una potenziale corrispondenza tra l’asserito evento dannoso e il contenuto di dette obbligazioni. Ne conseguirebbe che, in tutte le situazioni in cui lo stesso evento dannoso possa costituire nel contempo un illecito civile e un inadempimento contrattuale, la qualificazione «contrattuale» prevarrebbe sulla qualificazione di «illecito civile» ai fini di tale regolamento ( 93 ).

70.

In base a una seconda lettura della sentenza Brogsitter, che definirò «minimalista», il «criterio» che risulta da tale sentenza consisterebbe, in realtà, nell’affermazione che una domanda rientra nella «materia contrattuale», ai sensi dell’articolo 7, punto 1, del regolamento Bruxelles I bis, quando «l’interpretazione del contratto che vincola il convenuto al ricorrente appare indispensabile per stabilire la liceità o, al contrario, l’illiceità del comportamento che il primo rimprovera al secondo». La Corte avrebbe così inteso qualificare come «contrattuali» le domande avanzate su un fondamento afferente l’illecito civile la cui fondatezza si valuti alla luce delle obbligazioni contrattuali che vincolano le parti in causa ( 94 ).

71.

Questa ambiguità non è stata risolta dalla giurisprudenza successiva della Corte, che si è limitata, nella sostanza, a ripetere alcuni passaggi della sentenza Brogsitter senza fornire ulteriori spiegazioni ( 95 ). A mio parere, spetta quindi alla Corte chiarire, nella presente causa, la sua giurisprudenza in materia di potenziali concorsi di responsabilità. Spetta infatti alla Corte definire criteri chiari e prevedibili al riguardo, in modo da evitare qualsiasi incertezza giuridica per le parti in causa.

72.

Vorrei sottolineare che le questioni coinvolte nella gestione dei concorsi potenziali di responsabilità non sono necessariamente identiche nel diritto sostanziale ( 96 ) e nel diritto internazionale privato. Orbene, l’interpretazione dell’articolo 7, punto 1, e dell’articolo 7, punto 2, del regolamento Bruxelles I bis rispetto a tale questione deve quindi essere stabilita esclusivamente alla luce degli obiettivi di certezza del diritto e di buona amministrazione della giustizia inerenti a tale regolamento ( 97 ).

73.

Alla luce di questi obiettivi, suggerisco alla Corte di respingere la lettura «massimalista» della sentenza Brogsitter (sottosezione 2). A mio avviso, essa dovrebbe invece adottare la lettura «minimalista» della sentenza di cui trattasi, fornendo al tempo stesso alcuni indispensabili chiarimenti (sottosezione 3).

2. Sul rifiuto della lettura «massimalista» della sentenza Brogsitter

74.

Come la Commissione, ritengo che la lettura «massimalista» della sentenza Brogsitter, oltre ad essere difficile da conciliare con la sentenza Kalfelis, non possa in ogni caso essere accettata.

75.

In primo luogo, rammento che, secondo costante giurisprudenza della Corte, l’obiettivo della certezza del diritto perseguito dal regolamento Bruxelles I bis richiede che il giudice adito debba potersi pronunciare facilmente sulla sua competenza, senza dover procedere all’esame del merito della causa ( 98 ).

76.

Orbene, il «criterio» risultante dalla lettura «massimalista» della sentenza Brogsitter è, a mio parere, in contrasto con questo imperativo di semplicità. Esigere che il giudice adito stabilisca se l’evento dannoso dedotto su un fondamento giuridico afferente la responsabilità da illecito civile possa (anche) costituire un inadempimento contrattuale equivarrebbe a obbligarlo a effettuare una significativa analisi del merito della domanda nella fase della determinazione della competenza ( 99 ). Verificare, in questa fase, un’eventuale corrispondenza tra questo evento dannoso e le obbligazioni contrattuali non sarebbe un compito da poco. A parte i (rari) casi in cui le parti concordano sull’esistenza di un potenziale concorso di responsabilità ( 100 ), sarebbe particolarmente oneroso per il giudice determinare tali obbligazioni in detta fase.

77.

Infatti, come ho già spiegato al paragrafo 53 delle presenti conclusioni, il settore della responsabilità contrattuale varia da un ordinamento giuridico all’altro. In taluni ordinamenti nazionali, alcuni obblighi di sicurezza, considerati in altri puri doveri legali, sono integrati in vari contratti ( 101 ). Lo stesso vale per il dovere di adempimento in buona fede degli accordi, che implica, a norma di molteplici diritti nazionali, obbligazioni contrattuali accessorie, ma che, anche in questo caso, non trova riscontro in altri ordinamenti giuridici. In concreto, in molti casi, il giudice non potrà sapere o anche immaginare se vi sia un potenziale concorso di responsabilità senza aver accertato la legge applicabile al contratto in questione, che sarà la sola fonte a poterlo effettivamente rendere edotto sulle obbligazioni che ne derivano ( 102 ). Del resto, anche all’interno di questa legge, avverrà che la portata di tali obbligazioni non sia determinata con certezza. La prevedibilità delle norme sulla competenza rischierebbe di essere pregiudicata a causa dell’anzidetta complessità ( 103 ). Ciò aprirebbe alle parti in causa un vasto campo di discussione e, allo stesso tempo, lascerebbe al giudice un ampio margine di discrezionalità, quando invece il regolamento Bruxelles I bis prevede attribuzioni di competenza certe ( 104 ).

78.

Inoltre, come sostenuto dalla Wikingerhof e dalla Commissione in risposta ai quesiti posti dalla Corte in udienza, nulla giustifica, a mio parere, che la norma sulla competenza in «materia contrattuale» di cui all’articolo 7, punto 1, del regolamento Bruxelles I bis debba prevalere su quella in «materia di illeciti civili» di cui all’articolo 7, punto 2, dello stesso regolamento.

79.

Una simile prevalenza non sarebbe giustificata ai sensi del sistema previsto dal regolamento in parola. Infatti, come sottolineato dalla ricorrente nel procedimento principale, mentre detto regolamento prevede un rapporto di sussidiarietà tra alcuni di tali articoli ( 105 ), i fori contrattuale e dell’illecito civile si situano allo stesso livello gerarchico. Il legislatore dell’Unione sembra dunque aver voluto escludere la possibilità che questi due fori possano coesistere parallelamente per lo stesso evento dannoso.

80.

Tale prevalenza non si giustificherebbe neppure alla luce dell’obiettivo di prossimità perseguito dall’articolo 7, punto 1, e dall’articolo 7, punto 2, del regolamento Bruxelles I bis. Infatti, come hanno sostenuto la Wikingerhof e la Commissione, e come risulta chiaramente dai paragrafi 40 e 46 delle presenti conclusioni, la prossimità è concepibile in relazione alle principali questioni sollevate, nel merito, dalla domanda di cui trattasi. In questo contesto, una domanda basata sulla violazione di un dovere imposto a chiunque dalla legge solleva principalmente questioni extracontrattuali, la cui natura, in linea di principio, non cambia quando la domanda viene intentata tra parti contraenti e l’esecuzione del contratto ha fornito l’occasione per tale violazione.

81.

Infine, adottare una lettura «massimalista» della sentenza Brogsitter creerebbe un’infelice incoerenza tra, da un lato, l’articolo 7, punto 1, e l’articolo 7, punto 2, del regolamento Bruxelles I bis e, dall’altro, i regolamenti Roma I e Roma II. Infatti, varie disposizioni di quest’ultimo regolamento ( 106 ) riconoscono, implicitamente ma necessariamente, che lo stesso evento dannoso può allo stesso tempo riferirsi a un’«obbligazione contrattuale», ai sensi del regolamento Roma I, e dare origine ad un’«obbligazione extracontrattuale», ai sensi del regolamento Roma II, senza che il primo regolamento prevalga sul secondo.

82.

Se questa logica di prevalenza dovesse, al contrario, applicarsi anche nel quadro dei regolamenti Roma I e Roma II, ne risulterebbero soluzioni che il legislatore dell’Unione non può aver auspicato. Ad esempio, quest’ultimo ha previsto, all’articolo 6 del regolamento Roma II, norme specifiche sul conflitto di leggi in materia di atti di concorrenza sleale e di atti limitativi della concorrenza. I criteri di collegamento previsti da detto articolo – ossia, rispettivamente, la legge del paese sul cui territorio sono pregiudicati, o rischiano di esserlo, i rapporti di concorrenza e la legge del paese sul cui mercato la restrizione ha o potrebbe avere effetto – riflettono un interesse pubblico. In tale contesto, il paragrafo 4 del suddetto articolo, logicamente, vieta alle parti di scegliere di applicare alla loro controversia una diversa legge ( 107 ). Orbene, se un’azione di responsabilità basata su un atto di concorrenza sleale o su un atto limitativo della concorrenza dovesse rientrare nell’ambito di applicazione del regolamento Roma I – che prevede, come principale criterio di collegamento, la legge dell’autonomia delle parti ( 108 ) – perché promossa tra parti contraenti e perché l’evento dannoso potrebbe (anche) costituire un inadempimento contrattuale, questo medesimo articolo perderebbe gran parte del suo effetto utile ( 109 ).

83.

Inoltre, rammento che in «materia contrattuale», ai sensi dell’articolo 7, punto 1, del regolamento Bruxelles I bis, la competenza spetta al giudice del luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita. Mi chiedo quindi come si debba attuare questa regola nel caso di una domanda non fondata su un’«obbligazione contrattuale», e che rientri in tale «materia» per l’unico motivo che avrebbe potuto ipoteticamente rientrarvi ( 110 ).

84.

La mia convinzione che la lettura «massimalista» della sentenza Brogsitter debba essere respinta non è inficiata dall’argomentazione, sollevata in dottrina ( 111 ), secondo cui la soluzione che discende da tale lettura garantirebbe la buona amministrazione della giustizia. A tal proposito, non si contesta che tale soluzione avrebbe il vantaggio di concentrare davanti al giudice del contratto tutte le controversie sorte in relazione alla sua esecuzione. Al contrario, far dipendere la competenza giurisdizionale dal (o dai) fondamento(i) giuridico(i) dedotto(i) dall’attore, seguendo l’approccio esposto nella sentenza Kalfelis, può comportare una divisione di tali controversie, poiché lo stesso evento dannoso, prospettato alla luce di fondamenti diversi, può rientrare nella competenza di giudici differenti.

85.

Tuttavia, da un lato, occorre relativizzare l’importanza del problema descritto al paragrafo precedente. Infatti, supponendo che il foro del contratto e il foro dell’illecito civile non coincidano nella situazione in questione ( 112 ), l’attore potrebbe sempre promuovere la sua azione dinanzi ai giudici dello Stato membro in cui è domiciliato il convenuto, conformemente all’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento Bruxelles I bis, i quali saranno in tal caso competenti a pronunciarsi sulla totalità di essa ( 113 ). D’altro canto, l’argomento della buona amministrazione della giustizia è a doppio taglio. Sebbene la soluzione che discende dalla lettura «massimalista» della sentenza Brogsitter consenta di concentrare dinanzi al giudice del contratto le controversie sorte in occasione della sua esecuzione, tale soluzione sarebbe, invece, tale da comportare la frammentazione del contenzioso relativo ad uno stesso illecito civile: se, ad esempio, tale illecito civile è stato commesso in concorso da tre persone e una di esse è la controparte contrattuale della vittima, quest’ultima rischierebbe di non poter proporre un’azione unica contro tutti i coautori dinanzi al foro dell’illecito civile, a norma dell’articolo 7, punto 2, del suddetto regolamento ( 114 ).

86.

La lettura «massimalista» della sentenza Brogsitter non può nemmeno giustificarsi con considerazioni relative alla lotta contro il forum shopping. È vero che far dipendere la competenza giurisdizionale, in caso di potenziale concorso di responsabilità, dal (o dai) fondamento(i) giuridico(i) sostanziale(i) invocato(i) dall’attore consente un tale forum shopping. Da un lato, egli ha a disposizione non solo il foro del contratto, ma anche il foro dell’illecito civile, cioè potenzialmente due fori aggiuntivi ( 115 ). D’altra parte, egli può, in una certa misura, «scegliere il suo giudice», formulando la propria domanda sulla base delle norme opportune ( 116 ).

87.

Tuttavia, il fatto che un attore possa scegliere tra più fori non è affatto insolito nell’ambito del regolamento Bruxelles I bis. Lo stesso legislatore dell’Unione ha consentito un certo forum shopping prevedendo opzioni fra competenze. In tale contesto, il fatto che un attore selezioni, tra i fori disponibili, quello che meglio corrisponde ai suoi interessi, tenuto conto dei vantaggi procedurali o sostanziali che gli offre, non è di per sé censurabile ( 117 ). Il forum shopping, a mio avviso, è problematico solo quando degenera in abuso ( 118 ).

88.

Orbene, il rischio di un tale abuso del forum shopping è limitato dal fatto che, come ha sottolineato la Wikingerhof, le rispettive competenze del giudice del contratto e del giudice dell’illecito civile sono limitate, in conformità con la sentenza Kalfelis, alle domande che rientrano nella loro «materia». Inoltre, come sostenuto dalla Commissione, qualsiasi abuso dell’attore in relazione al modo in cui formula la propria domanda non sarebbe privo di conseguenze per quest’ultimo. Se agisse sul campo dell’illecito civile al solo scopo di eludere il foro del contratto e se risultasse che il diritto applicabile ( 119 ) vieta, come il diritto francese e quello belga, una tale scelta, tale domanda sarebbe respinta nel merito. Inoltre, se l’attore formulasse una domanda in materia di illecito civile manifestamente infondata a scopo puramente dilatorio, la sua condotta potrebbe cadere sotto la scure delle norme in materia di abuso processuale previste dalla lex fori.

89.

Del resto, rammento che le parti contraenti che intendono evitare qualsiasi possibilità di forum shopping possono stipulare un accordo attributivo di competenza che, se del caso, conferisca la competenza esclusiva a un giudice specifico, come previsto dall’articolo 25 del regolamento Bruxelles I bis. Infatti, a condizione che sia valida e che la sua formulazione sia sufficientemente ampia, tale accordo si applicherà a tutte le controversie presenti o future relative al loro rapporto contrattuale, comprese le azioni in «materia di illeciti civili» connesse a tale relazione ( 120 ).

3. Sulla necessità di chiarire la lettura «minimalista» della sentenza Brogsitter

90.

Come risulta dalla precedente sottosezione, l’unica valida lettura della sentenza Brogsitter è, a mio parere, quella «minimalista» di cui al paragrafo 70 delle presenti conclusioni. Come la Commissione, ritengo che questa lettura sia conciliabile con la sentenza Kalfelis. Infatti, nella misura in cui si adotta la suddetta lettura, tali due sentenze si basano essenzialmente sulla stessa logica: il collegamento alla «materia contrattuale», ai sensi dell’articolo 7, punto 1, del regolamento Bruxelles I bis, o alla«materia di illeciti civili», ai sensi dell’articolo 7, punto 2, di detto regolamento, di una domanda di responsabilità formulata fra parti contraenti dipende dall’obbligazione – «contrattuale» o «da illecito civile» – che ne costituisce la causa ( 121 ). In caso di domande cumulative che si basano su «obbligazioni» diverse, ciascuna deve essere collegata, singolarmente, all’una o all’altra categoria.

91.

Non vi è infatti ragione di discostarsi, per quanto riguarda tali domande, dall’approccio riassunto al paragrafo 49 delle presenti conclusioni. In generale, la causa di una domanda sottoposta al giudice definisce le questioni che quest’ultimo dovrà risolvere e, pertanto, la natura «contrattuale» o «da illecito civile» della stessa.

92.

Le sentenze Kalfelis e Brogsitter divergono, in realtà, solo quanto al metodo per individuare l’«obbligazione» che costituisce la causa di una domanda. Nella prima sentenza, la Corte ha preso le mosse dalle norme di diritto sostanziale invocate dall’attore nel suo ricorso. Nella seconda, essa ha proposto un metodo di qualificazione che si vuole più oggettivo, basato sul carattere «indispensabile» dell’«interpretazione» o della «presa in considerazione» di un contratto per «stabilire la liceità o, al contrario, l’illiceità del comportamento che [l’attore] rimprovera» al convenuto ( 122 ).

93.

Tuttavia, a mio avviso, tali metodi sono conciliabili, se non addirittura complementari.

94.

Infatti, al fine di verificare la propria competenza ai sensi dell’articolo 7, punto 1, o dell’articolo 7, punto 2, del regolamento Bruxelles I bis, è logico che il giudice adito si concentri prima di tutto sulle norme di diritto sostanziale fatte valere dall’attore nella sua domanda. Come ho già spiegato al paragrafo 62 delle presenti conclusioni, tali norme forniscono un prisma attraverso il quale leggere i fatti e l’«obbligazione» che l’attore ne deduce. Tale logica, che consiste nell’esame delle norme di diritto sostanziale sottostanti a una domanda al fine di determinarne la qualificazione, si riscontra peraltro nella giurisprudenza relativa ad altre disposizioni di detto regolamento ( 123 ).

95.

In concreto, se l’attore fa valere le clausole di un contratto e/o le norme di diritto applicabili in forza di tale contratto, come quelle relative all’effetto vincolante degli accordi e alla responsabilità del debitore per inadempimento dei suoi obblighi contrattuali ( 124 ), ne consegue che la domanda si basa su un’«obbligazione contrattuale», ai sensi della giurisprudenza della Corte. Se, invece, invoca norme di diritto che impongono un dovere a chiunque, indipendentemente da qualsiasi impegno volontario, la domanda si basa su un’«obbligazione da illecito civile» ai sensi di tale giurisprudenza.

96.

Nel caso in cui l’attore non invochi norme di diritto sostanziale nella sua domanda ( 125 ), il metodo sostanzialmente non cambia. Infatti, come ho indicato, queste norme non sono, di per sé, l’oggetto della qualificazione. Essi si limitano a fornire un prisma attraverso il quale leggere i fatti e l’indicazione dell’«obbligazione» che l’attore ne deduce. In concreto, se il ricorso non indica norme di diritto sostanziale, il giudice deve individuare da altri elementi del medesimo – quali l’esposizione dei fatti o le conclusioni – l’«obbligazione» che l’attore fa valere.

97.

In tale contesto, il «criterio» risultante dalla sentenza Brogsitter può permettere al giudice, in caso di dubbio, di identificare l’obbligazione che funge da fondamento alla domanda cambiando prospettiva. Se l’«interpretazione» o la «presa in considerazione» di un contratto (o altra forma di impegno volontario) sembra «indispensabile» per «stabilire la liceità o, al contrario, l’illiceità del comportamento che [l’attore] rimprovera» al convenuto, se ne deduce che la domanda si fonda sulla violazione di un’«obbligazione contrattuale»: il comportamento lamentato in tale domanda è illecito e impegna la responsabilità del convenuto nella misura in cui contravviene a una siffatta «obbligazione», il che dipende dalle clausole del contratto in questione e dal diritto ad esso applicabile. In caso contrario, se la domanda si basa sulla violazione di un dovere imposto dalla legge a chiunque, non sarà necessario «interpretare» o «prendere in considerazione» il contratto per stabilire che la condotta lamentata in tale domanda è illecita, dato che tale dovere esiste indipendentemente da tale contratto: l’illiceità di tale condotta dipenderà dalla o dalle norme di diritto che prevedono tale dovere ( 126 ).

98.

Come sostenuto dalla Commissione, la sentenza Brogsitter consente quindi al giudice di determinare la qualificazione «contrattuale» o «da illecito civile» di una domanda in base al punto di riferimento rispetto al quale esso dovrà valutare la liceità della condotta che l’attore rimprovera al convenuto, a seconda che si tratti di un contratto – e del diritto ad esso applicabile – o di una norma giuridica che impone un dovere a chiunque, indipendentemente da tale contratto. A mio avviso, il metodo risultante dalla sentenza Kalfelis e quello risultante dalla sentenza Brogsitter – purché così interpretata – porteranno, nella maggioranza dei casi, allo stesso risultato, poiché la condotta in questione e il punto di riferimento per valutarne la legittimità dipendono, in linea di principio, da ciò che viene dedotto dall’attore nel suo ricorso.

99.

Ciò detto, la sentenza Brogsitter può costituire un correttivo per i casi particolari in cui un attore fa valere norme giuridiche, considerate di natura afferente all’illecito civile nel diritto nazionale, che impongono il rispetto di impegni contrattuali e la cui violazione presuppone, dunque, la violazione di un contratto. In concreto, mi riferisco alle ipotesi in cui la violazione di un’«obbligazione contrattuale» viene presentata, in sé, come un illecito civile ( 127 ). In tali ipotesi, pronunciarsi sulla domanda comporta, essenzialmente, che si interpreti e si prenda in considerazione il contratto di cui trattasi, al fine di accertare una tale violazione e, di conseguenza, l’esistenza dell’illecito civile addotto. Una siffatta domanda solleva pertanto, in realtà, principalmente questioni contrattuali. Occorre quindi ritenere che una tale domanda si fondi, in sostanza, sulla violazione di un’«obbligazione contrattuale», in quanto l’«obbligazione da illecito civile» fatta valere dall’attore non gode di esistenza autonoma.

100.

In sintesi, qualora l’attore invochi, nel suo ricorso, norme di diritto sostanziale che impongono un dovere a chiunque e non appaia «indispensabile» accertare il contenuto di un contratto per valutare la natura lecita o illecita della condotta rimproverata al convenuto, la domanda si fonda su un’«obbligazione da illecito civile» e rientra, pertanto, nella «materia di illeciti civili» ai sensi dell’articolo 7, punto 2, del regolamento Bruxelles I bis ( 128 ).

101.

Per contro, qualora, indipendentemente dalle norme di diritto invocate, il giudice possa valutare la legittimità del comportamento lamentato solo con riferimento a un contratto, la domanda si basa, in sostanza, su un’«obbligazione contrattuale» e rientra, pertanto, nella «materia contrattuale» ai sensi dell’articolo 7, punto 1, di detto regolamento.

102.

Sono tuttavia necessarie due precisazioni. In primo luogo, osservo che, considerata letteralmente, la sentenza Brogsitter potrebbe tendere a indicare che, affinché una domanda di responsabilità rientri nella «materia di illeciti civili», l’«interpretazione» o la «presa in considerazione» di un contratto non dovrebbe intervenire in nessuna fase dell’esame dell’illecito civile.

103.

A tale riguardo, può accadere che, nell’ambito di una domanda di responsabilità da illecito civile, si presenti anche una questione preliminare o incidentale di natura contrattuale. Come preciserò al paragrafo 123 delle presenti conclusioni, ciò si verifica nel procedimento principale. Infatti, nel caso di specie, è necessario interpretare in via preliminare il contratto che vincola la Wikingerhof à Booking.com al fine di accertare l’effettività di taluni fatti che la prima società rimprovera alla seconda con riferimento al diritto della concorrenza ( 129 ).

104.

Orbene, secondo giurisprudenza costante della Corte, ai fini del regolamento Bruxelles I bis, una domanda deve essere qualificata tenendo conto della principale questione di diritto ivi sollevata. L’esistenza di una semplice questione preliminare o incidentale di ordine contrattuale su cui il giudice deve pronunciarsi per decidere su tale domanda non può determinarne la qualificazione ( 130 ). In caso contrario, ciò equivarrebbe a conferire al foro del contratto la competenza su una domanda che non solleva sostanzialmente questioni contrattuali e che, pertanto, non presenta un legame particolarmente stretto con detto foro. Un tale risultato sarebbe contrario all’obiettivo di prossimità e, di conseguenza, a quello della buona amministrazione della giustizia ( 131 ). La sentenza Brogsitter non può quindi essere interpretata in senso contrario.

105.

In secondo luogo, dalla sentenza Brogsitter non risulta chiaramente se il carattere «indispensabile» dell’interpretazione o della presa in considerazione del contratto, al fine di determinare se una domanda di responsabilità rientri in «materia contrattuale» o in «materia di illeciti civili», si valuti unicamente in relazione a detta domanda, come formulata dall’attore, o anche tenendo conto di un eventuale motivo di difesa eccepito dal convenuto dinanzi al giudice adito per opporvisi.

106.

Mi riferisco, ad esempio, a una situazione nella quale un attore intenti un’azione di responsabilità da illecito civile per violazione di un diritto d’autore, alla quale il convenuto eccepisca l’esistenza di un contratto di licenza tra le parti. Poiché l’illecito di contraffazione presuppone che un terzo utilizzi un’opera protetta soggetta ai diritti esclusivi che la legge riconosce al suo autore senza la preventiva autorizzazione di quest’ultimo ( 132 ), il giudice, per decidere su detta azione, dovrebbe stabilire se tale contratto autorizzi o meno l’utilizzo dell’opera in questione. Un altro esempio è un’azione di responsabilità civile intentata dalla vittima di un danno alla persona, avvenuto in occasione dell’impiego di un’attrezzatura sportiva, contro il noleggiatore di tale attrezzatura, azione alla quale quest’ultimo opponga una clausola del contratto di noleggio avente ad oggetto l’esonero dalla responsabilità per tale danno.

107.

Orbene, da giurisprudenza costante della Corte risulta che, in sede di verifica della sua competenza, il giudice adito non deve valutare la ricevibilità o la fondatezza della domanda, bensì limitarsi a individuare gli elementi di collegamento con lo Stato del foro che giustificano la sua competenza ai sensi di una disposizione del regolamento Bruxelles I bis. A tal fine, tale giudice può ritenere che le pertinenti asserzioni dell’attore siano dimostrate ( 133 ). In altri termini, il giudice adito deve determinare la propria competenza con riferimento alla domanda formulata dall’attore, poiché i motivi di difesa dedotti dal convenuto sono a tal proposito irrilevanti ( 134 ).

108.

Conformemente a tale logica, la Corte ha rilevato che un giudice adito di un’azione per l’esecuzione di un contratto è competente a norma dell’articolo 7, punto 1, del regolamento Bruxelles I bis, anche quando il convenuto deduce, come mezzo di difesa, l’inesistenza (o la nullità) di tale contratto ( 135 ). Per analogia, un giudice adito di una domanda fondata su un’«obbligazione da illecito civile» non può ritenere che essa rientri nella «materia contrattuale» per il solo motivo che il convenuto ha sollevato, in quanto motivo a difesa, l’esistenza di un contratto tra le parti. Anche in questo caso, la sentenza Brogsitter non può essere interpretata in senso contrario. La questione di un’eventuale giustificazione o esonero contrattuale relativi alle azioni censurate costituisce, anche in questo caso, una semplice questione incidentale nel contesto dell’esame dell’illecito civile.

109.

A mio parere, tale interpretazione garantisce la certezza del diritto, in quanto consente al giudice adito di verificare la propria competenza ab initio, tenuto conto della domanda, senza essere costretto a procedere a un’analisi approfondita del merito e indipendentemente dalla partecipazione del convenuto al procedimento ( 136 ). Al contrario, contrasterebbe con il principio di certezza del diritto e con l’obiettivo di un elevato grado di prevedibilità delle norme sulla competenza far dipendere l’applicabilità dell’articolo 7, punto 1, o dell’articolo 7, punto 2, del regolamento Bruxelles I bis da un motivo di difesa, che può essere dedotto tardivamente dal convenuto ( 137 ). Inoltre, ciò significherebbe che basterebbe a quest’ultimo eccepire l’esistenza di un contratto vincolante che lo leghi all’attore per eludere la norma sulla competenza in «materia di illeciti civili» di cui al suddetto articolo 7, punto 2 ( 138 ).

110.

La predetta interpretazione è, a mio avviso, confermata dalla sentenza Hi Hotel HCF ( 139 ). Nella causa che ha dato origine a detta sentenza, pronunciata poco dopo la sentenza Brogsitter, un attore promuoveva dinanzi a un giudice, ai sensi dell’articolo 7, punto 2, del regolamento Bruxelles I bis, un’azione di responsabilità da illecito civile adducendo la violazione dei propri diritti d’autore. Il convenuto opponeva a tale azione un contratto precedentemente concluso tra le parti, che prevedeva, a suo avviso, una cessione in suo favore dei diritti in questione, e contestava, per questo motivo, l’esistenza dell’illecito civile e la rilevanza di tale disposizione. Orbene, la Corte ha ricordato, in sostanza, che il giudice adito doveva determinare la propria competenza con riferimento alla domanda per illecito civile formulata dall’attore, indipendentemente dal motivo di difesa di ordine contrattuale dedotto dal convenuto ( 140 ).

111.

Prima di concludere la presente sezione, occorre ancora esaminare due punti. In primo luogo, come ha sostenuto la Commissione in udienza, la qualificazione di una domanda non si effettua allo stesso modo quando le parti sono vincolate da un contratto di assicurazione, di consumo o di lavoro. Infatti, contrariamente alle norme sulle competenze speciali di cui all’articolo 7 del regolamento Bruxelles I bis ( 141 ), le sezioni 3, 4 e 5 del capo II di detto regolamento, relative rispettivamente alle domande «in materia di assicurazioni», «in materia di contratti conclusi da consumatori» e «in materia di contratti individuali di lavoro», perseguono un obiettivo di protezione della parte debole del contratto – assicurato, consumatore o lavoratore – ( 142 ) e hanno natura inderogabile. Si tratta quindi di evitare che l’altra parte del contratto possa eludere tali sezioni fondando la sua domanda sulla responsabilità da illecito civile. Inoltre, le predette sezioni non perseguono, in quanto tali, un obiettivo di prossimità e l’individuazione di un’obbligazione contrattuale su cui si basa la domanda in questione non è necessaria per il funzionamento delle norme sulla competenza ivi previste. Pertanto, tutte le domande, formulate fra le parti di tali contratti, relative a controversie sorte in occasione della loro esecuzione rientrano, in linea di principio, nelle stesse sezioni, indipendentemente dal titolo di tali domande ( 143 ).

112.

In secondo luogo, una parte della dottrina ( 144 ) suggerisce di riconoscere al giudice del contratto, ai sensi dell’articolo 7, punto 1, del regolamento Bruxelles I bis, una competenza accessoria, per statuire sulle domande «da illecito civile» strettamente connesse a domande «contrattuali», in particolare nelle controversie che implicano un potenziale concorso di responsabilità. Si tratta dunque di capire se la sentenza Kalfelis debba essere precisata su questo punto.

113.

Sottolineo che questo tema si distingue da quello della qualificazione discussa nei precedenti paragrafi delle presenti conclusioni. Infatti, qualora una domanda che si basa su un fondamento giuridico considerato nel diritto nazionale come afferente l’illecito civile debba essere qualificata come «contrattuale», ai sensi dell’articolo 7, punto 1, del regolamento Bruxelles I bis, in applicazione della sentenza Brogsitter, essa non può, tenuto conto di tale qualificazione, essere proposta dinanzi al giudice dell’illecito civile, ai sensi dell’articolo 7, punto 2, di detto regolamento. D’altra parte, ammettere la competenza del giudice del contratto sulle domande fondate sull’«illecito civile», nel senso autonomo del termine, accessorie a domande «contrattuali», non impedirebbe all’attore di presentare le prime allo stesso giudice dell’illecito civile. Semplicemente, egli disporrà allo stesso modo dell’opzione di promuoverle tutte dinanzi al giudice del contratto.

114.

Certo, il principio secondo cui l’accessorio segue il principale non è del tutto estraneo alla giurisprudenza della Corte relativa al regolamento Bruxelles I bis ( 145 ). Inoltre, una tale competenza accessoria presenterebbe vantaggi in termini di buona amministrazione della giustizia, in quanto permetterebbe una certa economia processuale.

115.

Tuttavia, a mio parere, resta il fatto che, nella versione attuale, il regolamento Bruxelles I bis non autorizza tale soluzione. Ricordo infatti che le competenze speciali previste da detto regolamento dipendono dalla «materia» per cui è causa. L’articolo 7, punto 1, e l’articolo 7, punto 2, del predetto regolamento distinguono nettamente tra le domande di natura «contrattuale» e quelle di natura afferente gli «illeciti civili». Non è quindi possibile collegare le domande della seconda categoria al citato articolo 7, punto 1, senza violare questo sistema e senza ampliare il campo di applicazione di quest’ultima disposizione – che, ricordo, deve essere interpretata in senso restrittivo – al di là di quanto richiesto dal suo obiettivo, vale a dire garantire che le questioni contrattuali possano essere esaminate, a scelta dell’attore, dal giudice più vicino all’obbligazione contrattuale controversa ( 146 ). Spetterebbe al legislatore dell’Unione prevedere una siffatta competenza accessoria, modificando a tal fine il suddetto articolo 7, punto 1, o trasformando la regola di connessione prevista dall’articolo 30 del regolamento Bruxelles I bis in un criterio di competenza ( 147 ). Nel frattempo, come ho indicato al paragrafo 85 delle presenti conclusioni, l’attore che desideri ottenere economie processuali, ha la possibilità di rivolgere tutte le sue domande ai giudici dello Stato membro in cui è domiciliato il convenuto, conformemente all’articolo 4, paragrafo 1, di detto regolamento.

C.   Qualificazione delle azioni di responsabilità promosse tra parti contraenti sulla base di un’infrazione alle norme del diritto della concorrenza

116.

Alla luce della giurisprudenza della Corte, come chiarita nelle due sezioni precedenti delle presenti conclusioni, vi sono pochi dubbi, a mio avviso, sulla qualificazione di un’azione di responsabilità civile, come quella promossa nella presente causa dalla Wikingerhof contro Booking.com.

117.

Ricordo che il fatto che queste due società siano vincolate da un contratto non può essere sufficiente per ritenere che tale domanda rientri nella «materia contrattuale» ai sensi dell’articolo 7, punto 1, del regolamento Bruxelles I bis. Nemmeno la questione se la ricorrente nel procedimento principale avrebbe potuto, ipoteticamente, far valere una violazione di detto contratto ( 148 ) è decisiva a tale riguardo.

118.

Infatti, come ho esposto nel corso delle presenti conclusioni, il collegamento di una domanda alla «materia contrattuale», ai sensi dell’articolo 7, punto 1, del regolamento Bruxelles I bis, o alla «materia di illeciti civili», ai sensi dell’articolo 7, punto 2, di detto regolamento, dipende dalla sua causa, vale a dire l’obbligazione su cui si basa (effettivamente) la domanda.

119.

Nel caso di specie, la Wikingerhof fa valere, nel suo ricorso, le norme tedesche del diritto della concorrenza. Tali norme mirano a proteggere il mercato e impongono, a tal fine, doveri a ogni impresa. Indipendentemente dalla questione dell’effettiva applicabilità del diritto tedesco all’azione oggetto del procedimento principale, il che non si stabilisce nella fase dell’esame della competenza ( 149 ), il richiamo delle norme in questione indica che la predetta società fa valere la pretesa violazione, da parte di Booking.com, di un dovere imposto dalla legge indipendentemente da un contratto o da un altro impegno volontario. Tale azione si basa quindi su un’«obbligazione da illecito civile» ai sensi dell’articolo 7, punto 2, del regolamento Bruxelles I bis ( 150 ).

120.

La natura di «illecito civile» di tale obbligazione è confermata, come hanno giustamente rilevato la Wikingerhof e la Commissione, dalla sentenza CDC Hydrogen Peroxide ( 151 ). In detta sentenza, che, rammento, riguardava domande di risarcimento formulate sulla base delle norme del diritto della concorrenza da parte degli acquirenti ( 152 ) di un prodotto chimico contro le imprese produttrici di tale prodotto che avevano partecipato a un’intesa anticoncorrenziale nel cui contesto avevano, tra l’altro, fissato i prezzi del prodotto in questione, la Corte ha dichiarato che, sebbene gli acquirenti si fossero riforniti nell’ambito di rapporti contrattuali con diversi partecipanti all’intesa di cui trattasi, «il fatto generatore del danno asserito risiede[va] non già in un’eventuale violazione degli obblighi contrattuali, bensì nella limitazione della libertà contrattuale a causa di tale intesa, poiché detta limitazione comporta l’impossibilità per l’acquirente di rifornirsi a un prezzo determinato secondo le leggi del mercato» ( 153 ).

121.

Analogamente, nel caso di specie, la Wikingerhof deduce non una violazione del contratto che la vincola a Booking.com, ma il fatto che la seconda società sfrutti abusivamente la propria posizione dominante imponendo condizioni di transazione non eque alla prima, in particolare tramite le condizioni generali che essa applica nel contesto del loro rapporto.

122.

Inoltre, come sottolinea la Commissione, per «accertare se il comportamento denunciato sia legittimo o illegittimo», non appare «indispensabile» interpretare il contratto che vincola le parti del procedimento principale ai sensi della sentenza Brogsitter, e ciò nonostante il fatto che le asserite condotte anticoncorrenziali addotte si materializzino nel loro rapporto contrattuale ( 154 ).

123.

È vero che, dal momento che le varie pratiche contestate dalla Wikingerhof a Booking.com ( 155 ) si inseriscono nel contesto del loro rapporto contrattuale, si rivelerà necessario determinare il contenuto esatto dei loro impegni per stabilire l’effettività di tali pratiche. Osservo, a tal riguardo, che, secondo la Wikingerhof, in particolare, Booking.com presenta i prezzi del suo albergo come più favorevoli senza che tale prassi disponga di una base contrattuale. Nella misura in cui le parti dissentono su questo punto ( 156 ), il giudice dovrà interpretare le condizioni generali di Booking.com per determinarne il tenore, il che sarebbe innegabilmente una questione di diritto contrattuale, che rientra nella lex contractus.

124.

Tuttavia, si tratta di una semplice questione preliminare, che non può, in quanto tale, comportare la qualificazione della domanda. Una volta risolta questa questione preliminare e accertata l’effettività della condotta che la Wikingerhof rimprovera a Booking.com, il giudice dovrà risolvere la questione principale della liceità di tale condotta, che determina il principio e l’estensione del diritto al risarcimento ( 157 ).

125.

Orbene, il punto di riferimento per valutare la liceità di detta condotta non è il contratto o le condizioni generali e il diritto ad esso applicabili, ma, ripeto, le norme di diritto della concorrenza. La questione principale, sul fatto che le pratiche adottate da Booking.com facciano o meno sorgere la sua responsabilità, dipende dai criteri di tale divieto di abuso di posizione dominante, come previsti da tali ultime norme.

126.

Come rilevato dal giudice del rinvio e come sostenuto dalla Wikingerhof e dalla Commissione, la questione se Booking.com abbia commesso un abuso di posizione dominante, ai sensi di tali norme del diritto della concorrenza, si suddivide in diversi sotto-questioni, vale a dire, in sostanza, in primo luogo, quale sia la delimitazione del mercato rilevante, in secondo luogo, quali siano i rapporti di potere tra le imprese su tale mercato – al fine di determinare se Booking.com vi detenga una posizione dominante – e, in terzo luogo, quali siano le pratiche che si rimproverano a tale società sul suddetto mercato – al fine di determinare se detta società abusi di questa eventuale posizione.

127.

Orbene, si tratta di questioni che sono puramente di diritto della concorrenza, da risolvere in base alle norme nazionali indicate dall’articolo 6, paragrafo 3, del regolamento Roma II.

128.

Il contratto è ancor meno decisivo per stabilire se la condotta contestata dalla Wikingerhof sia lecita o illecita, in quanto, come sottolinea la Commissione, questo contratto non costituisce nemmeno, a tale riguardo, un motivo di difesa di Booking.com ( 158 ). Infatti, contrariamente all’ipotesi di un’azione per contraffazione, contro la quale il convenuto eccepirebbe un contratto di licenza, prospettata al paragrafo 106 delle presenti conclusioni, le pratiche contestate, ove se ne supponga l’illiceità, non diventerebbero lecite perché coperte, in tutto o in parte, dalle disposizioni del contratto o dalle condizioni generali ad esso applicabili, in quanto un contratto non può «autorizzare» una condotta contraria al diritto della concorrenza.

129.

Tenuto conto di tutto quanto sin qui esposto, ritengo che un’azione come quella promossa dalla Wikingerhof rientri in «materia di illeciti civili» ai sensi dell’articolo 7, punto 2, del regolamento Bruxelles I bis.

130.

Come sottolineato dalla Wikingerhof e dalla Commissione, tale interpretazione è conforme all’obiettivo di prossimità perseguito al predetto dall’articolo 7, punto 2. Infatti, il giudice dell’illecito civile è nella posizione migliore per pronunciarsi sulle questioni principali sollevate nel contesto di siffatta azione, in particolare in termini di raccolta e valutazione dei corrispondenti elementi di prova – sia che si tratti del mercato rilevante, dei rapporti di forza o degli effetti delle pratiche contestate su detto mercato ( 159 ).

131.

Inoltre, detta interpretazione garantisce la coerenza tra il campo di applicazione sostanziale dell’articolo 7, punto 2, del regolamento Bruxelles I bis e quello dell’articolo 6, paragrafo 3, del regolamento Roma II.

132.

L’interpretazione suggerita nelle presenti conclusioni non è inficiata dall’argomento di Booking.com e del governo ceco, secondo il quale un’azione come quella della Wikingerhof rientrerebbe nella «materia contrattuale», ai sensi dell’articolo 7, punto 1, del regolamento Bruxelles I bis, in quanto, chiedendo la cessazione delle presunte condotte anticoncorrenziali, la Wikingerhof avrebbe in realtà cercato di ottenere una modifica in proprio favore delle condizioni generali di Booking.com e, in tal modo, nuovi diritti contrattuali.

133.

Infatti, poiché la Wikingerhof non intende, con la sua azione, rompere il rapporto contrattuale che la lega a Booking.com, bensì garantire che quest’ultimo continui nel rispetto del diritto della concorrenza, Booking.com dovrà, supponendo che tale azione sia fondata, necessariamente adeguare la sua condotta nei confronti della ricorrente nel procedimento principale, ivi comprese le condizioni generali che essa applica nel quadro di tale relazione, ai limiti posti da tale diritto. A questo proposito, non è inusuale, per quanto a mia conoscenza, che dalla cessazione di un abuso di posizione dominante sorgano nuovi diritti in capo all’attore, ad esempio quando l’abuso consiste nel rifiuto di vendere o nella fissazione di prezzi abusivi. Nel primo caso, porre fine all’abuso comporterà, in pratica, costringere l’impresa in posizione dominante a contrattare con l’attore e, nel secondo caso – semplificando un po’ – ad abbassare i prezzi in modo favorevole all’attore.

134.

Tale interpretazione non è inficiata nemmeno dall’argomentazione di Booking.com secondo cui la domanda della Wikingerhof avrebbe lo scopo di ottenere la nullità parziale del contratto che vincola le due società, poiché essa implicherebbe di verificare se alcune clausole delle condizioni generali della prima siano contrarie al diritto della concorrenza e quindi nulle.

135.

Certo, un’azione di nullità di un contratto rientra nel campo d’applicazione dell’articolo 7, punto 1, del regolamento Bruxelles I bis ( 160 ). Tuttavia, come sostenuto dalla Wikingerhof in udienza, in risposta a un quesito della Corte, tale società non mira, con la sua domanda, a ottenere la nullità del contratto che la lega a Booking.com, sul fondamento delle norme del diritto dei contratti relative alle loro condizioni di formazione. In tale contesto, la nullità delle clausole delle condizioni generali in questione costituirebbe al massimo una conseguenza indiretta di detta domanda ( 161 ).

136.

Tale interpretazione non è inficiata nemmeno dall’argomento di Booking.com secondo cui la domanda della Wikingerhof rientrerebbe nella «materia contrattuale» ai sensi dell’articolo 7, punto 1, del regolamento Bruxelles I bis, poiché quest’ultima avrebbe «liberamente acconsentito», ai sensi della giurisprudenza relativa alla menzionata disposizione, alle condizioni generali di Booking.com, e ciò supponendo anche che detta società si trovi in posizione dominante.

137.

L’argomento di Booking.com sarebbe, a mio avviso, fondato se il contesto processuale fosse invertito. Se detta società avesse agito in giudizio per l’esecuzione delle obbligazioni derivanti dalle proprie condizioni generali e la Wikingerhof avesse sostenuto, come motivo di difesa, di non avere «liberamente acconsentito» a tali condizioni generali, la cui imposizione integra un abuso di posizione dominante da parte di Booking.com incompatibile con il diritto della concorrenza, tale azione sarebbe rientrata nella «materia contrattuale» ai sensi dell’articolo 7, punto 1, del regolamento Bruxelles I bis ( 162 ). Infatti, come ho indicato, tale qualificazione dipende dalla domanda formulata dall’attore e non dai motivi di difesa sollevati dal convenuto.

138.

Tuttavia, nel caso di specie la Wikingerhof fa valere, in veste di attore, un’«obbligazione da illecito civile» derivante dalla presunta violazione delle norme del diritto della concorrenza. In questo contesto processuale, il giudice adito deve, per determinare la propria competenza, considerare le affermazioni della Wikingerhof come accertate, compreso il fatto che la stessa sarebbe stata costretta a sottoscrivere le condizioni generali di Booking.com a causa della posizione dominante di detta società. Quest’ultima società non può quindi modificare la qualificazione della domanda della ricorrente nel procedimento principale eccependo, a propria difesa, l’argomento secondo cui la Wikingerhof ha «liberamente acconsentito» a tali condizioni generali.

139.

Infine, l’interpretazione suggerita nelle presenti conclusioni non è rimessa in discussione dalla sentenza Apple Sales International e a. ( 163 ), in cui la Corte ha dichiarato che un accordo attributivo di competenza, ai sensi dell’articolo 25 del regolamento Bruxelles I bis, contenuto in un contratto tra un distributore e il suo fornitore, può essere applicato a un’azione di risarcimento del danno proposta dal primo contro il secondo sulla base dell’articolo 102 del TFUE, qualora il presunto abuso di posizione dominante si materializzi, come nel caso in esame, nei loro rapporti contrattuali ( 164 ).

140.

Infatti, come ho indicato al paragrafo 89 delle presenti conclusioni, un accordo attributivo di competenza può, a seconda della sua formulazione, riguardare tutte le controversie presenti o future nate da un determinato rapporto giuridico ( 165 ). Questo «criterio» esige né più né meno che un legame (sufficientemente diretto) tra il contratto interessato e la domanda in questione. La causa di quest’ultima non è determinante in questo contesto. Tale accordo può quindi applicarsi sia alle domande in «materia contrattuale», ai sensi dell’articolo 7, punto 1, del regolamento Bruxelles I bis, sia alle domande in «materia di illeciti civili», ai sensi dell’articolo 7, punto 2, di detto regolamento, purché esista un siffatto legame ( 166 ). Di conseguenza, l’interpretazione secondo cui un’azione di responsabilità civile, come quella intentata dalla Wikingerhof contro Booking.com, sia in «materia di illeciti civili», è pienamente compatibile con la sentenza Apple Sales International e a. ( 167 ).

V. Conclusione

141.

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di rispondere alla questione sollevata dal Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia, Germania) come segue:

L’articolo 7, punto 2, del regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, deve essere interpretato nel senso che un’azione di responsabilità civile fondata sulla violazione delle norme del diritto della concorrenza rientra nella «materia di illeciti civili dolosi o colposi», ai sensi di detta disposizione, anche qualora l’attore e il convenuto siano parti di un contratto e le asserite condotte anticoncorrenziali che il primo contesta al secondo si materializzino nel loro rapporto contrattuale.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2012 (GU 2012, L 351, pag. 1).

( 3 ) Utilizzerò il termine «materia di illeciti civili» nel prosieguo delle presenti conclusioni.

( 4 ) Ricordo che il regolamento Bruxelles I bis ha sostituito il regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 2001, L 12, pag. 1) (in prosieguo: il «regolamento Bruxelles I»), che aveva a sua volta sostituito la convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, firmata a Bruxelles il 27 settembre 1968 (GU 1972, L 299, pag. 32) (in prosieguo: la «convenzione di Bruxelles»). Per costante giurisprudenza della Corte, l’interpretazione da essa fornita riguardo alle disposizioni della convenzione di Bruxelles e del regolamento Bruxelles I è trasferibile alle equivalenti disposizioni del regolamento Bruxelles I bis. In particolare, l’interpretazione fornita dalla Corte riguardo all’articolo 5, punto 1, della convenzione di Bruxelles e del regolamento Bruxelles I è valida ugualmente per l’articolo 7, punto 1, del regolamento Bruxelles I bis [v., in particolare, sentenza del 15 giugno 2017, Kareda (C‑249/16, EU:C:2017:472, punto 27)]. Allo stesso modo, la giurisprudenza relativa agli articoli 5, punto 3, dei primi due strumenti si applica per analogia all’articolo 7, punto 2, del terzo [v., in particolare, sentenza del 17 ottobre 2017, Bolagsupplysningen e Ilsjan (C‑194/16, EU:C:2017:766, punto 24 e giurisprudenza ivi citata)]. Di conseguenza, nelle presenti conclusioni farò riferimento, per comodità, unicamente a quest’ultimo regolamento, pur citando indifferentemente sentenze e conclusioni relative agli strumenti che l’hanno preceduto.

( 5 ) Sentenza del 27 settembre 1988 (189/87, EU:C:1988:459) (in prosieguo: la «sentenza Kalfelis»).

( 6 ) Sentenza del 17 giugno 1992 (C‑26/91, EU:C:1992:268) (in prosieguo: la «sentenza Handte»).

( 7 ) Sentenza del 13 marzo 2014 (C‑548/12, EU:C:2014:148) (in prosieguo: la «sentenza Brogsitter»).

( 8 ) V., recentemente, le questioni sollevate, a tal riguardo, dalla Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) nella causa che ha dato luogo alla sentenza dell’11 aprile 2019, Bosworth e Hurley (C‑603/17, EU:C:2019:310), sulle quali la Corte non ha dovuto, alla fine, pronunciarsi.

( 9 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 giugno 2008 (GU 2008, L 177, pag. 6).

( 10 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 luglio 2007 (GU 2007, L 199, pag. 40).

( 11 ) V. considerando 7 dei regolamenti Roma I e Roma II.

( 12 ) Ricordo che la direttiva 2014/104/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 novembre 2014, relativa a determinate norme che regolano le azioni per il risarcimento del danno ai sensi del diritto nazionale per violazioni delle disposizioni del diritto della concorrenza degli Stati membri e dell’Unione europea (GU 2014, L 349, pag. 1), non disciplina le questioni relative alla competenza e alla legge applicabile.

( 13 ) Più precisamente, la Wikingerhof ha basato la sua azione sull’articolo 33 del Gesetz gegen Wettbewerbsbeschränkungen (legge contro le restrizioni alla concorrenza) (in prosieguo: il «GWB»), in combinato disposto con l’articolo 102 TFUE, nonché sull’articolo 18 e sull’articolo 19, paragrafi 1 e 2, punto 2, del GWB e, in subordine, sull’articolo 20, paragrafo 1, del GWB.

( 14 ) Infatti, tale luogo corrisponderebbe alla sede di Booking.com, sita ad Amsterdam, che costituisce il centro delle decisioni commerciali di detta società.

( 15 ) In ogni caso, secondo il giudice del rinvio, sarebbe opportuno rispondere in senso negativo a tale questione, dato che l’accordo di cui trattasi non soddisfa le condizioni previste all’articolo 25, paragrafi 1 e 2, del regolamento Bruxelles I bis.

( 16 ) V., nel diritto dell’Unione, articolo 102, secondo comma, lettera a), TFUE.

( 17 ) V., in particolare, sentenze del 23 ottobre 2014, flyLAL-Lithuanian Airlines (C‑302/13, EU:C:2014:2319, punti da 23 a 38), e del 29 luglio 2019, Tibor-Trans (C‑451/18, EU:C:2019:635, punto 24). Sebbene dette sentenze riguardino la violazione del diritto della concorrenza dell’Unione, la soluzione ivi elaborata s’impone anche per le azioni basate sulla violazione delle norme nazionali in detta materia. Infatti, la fonte delle norme in questione è irrilevante al riguardo.

( 18 ) V. articolo 63 del regolamento Bruxelles I bis.

( 19 ) V. articolo 5, paragrafo 1, del regolamento Bruxelles I bis.

( 20 ) Sottolineo che la Corte non è interpellata sull’interpretazione del criterio di competenza previsto dall’articolo 7, punto 2, del regolamento Bruxelles I bis. Mi limiterò a ricordare che, per giurisprudenza costante della Corte, l’espressione «luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire» riguarda sia il luogo in cui si è concretizzato il danno sia quello dell’evento generatore di tale danno. Pertanto, quando i due luoghi non coincidono, il convenuto può essere citato, a scelta dell’attore, dinanzi ai giudici dell’uno o dell’altro di questi luoghi [v., in particolare, sentenze del 30 novembre 1976, Bier (21/76, EU:C:1976:166, punti 2425), e del 29 luglio 2019, Tibor Trans (C‑451/18, EU:C:2019:635, punto 25 e giurisprudenza ivi citata). Per quanto riguarda le azioni di responsabilità per infrazioni al diritto della concorrenza, il luogo dell’evento generatore corrisponde, in materia di intese anticoncorrenziali, al luogo in cui tale intesa è stata definitivamente conclusa [v. sentenza del 21 maggio 2015, CDC Hydrogen peroxide (C‑352/13, EU:C:2015:335, punti da 43 a 50)] e, in materia di abuso di posizione dominante, nel luogo in cui lo sfruttamento abusivo viene attuato [v. sentenza del 5 luglio 2018, flyLAL-Lithuanian Airlines (C‑27/17, EU:C:2018:533, punto 52)]. Per quanto riguarda il luogo in cui si è concretizzato il danno, la giurisprudenza della Corte tende a fare riferimento al mercato interessato dalla condotta anticoncorrenziale, in seno al quale la vittima sostiene di aver subito un danno [v. sentenze del 5 luglio 2018, flyLAL-Lithuanian Airlines (C‑27/17, EU:C:2018:533, punti da 37 a 43)], e del 29 luglio 2019, Tibor-Trans (C‑451/18, EU:C:2019:635, punti da 27 a 37)].

( 21 ) La Corte non è interpellata neppure sull’interpretazione di tale criterio. Mi limito a ricordare che, per giurisprudenza costante della Corte, per individuare il «luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio», ai sensi dell’articolo 7, punto 1, lettera a), del regolamento Bruxelles I bis, è necessario determinare l’obbligazione corrispondente al diritto contrattuale sul quale si fonda l’azione dell’attore e definire, sulla base della legge applicabile a tale obbligazione, il luogo in cui quest’ultima è stata o deve essere eseguita [v., in particolare, sentenze del 6 ottobre 1976, Industrie Tessili Italiana Como (12/76, EU:C:1976:133, punto 13), e De Bloos (14/76, EU:C:1976:134, punto 13)]. Un criterio autonomo per tale «luogo di esecuzione» è tuttavia previsto dall’articolo 7, punto 1, lettera b), di detto regolamento per i contratti di compravendita di beni e i contratti di prestazione di servizi. In tale contesto, la Corte adotta una definizione autonoma e fattuale del luogo di esecuzione del contratto, a prescindere dalle obbligazioni, attribuendo un peso preponderante alle sue clausole [v., in particolare, sentenze del 3 maggio 2007, Color Drack (C‑386/05, EU:C:2007:262); del 23 aprile 2009, Falco Privatstiftung e Rabiitsch (C‑533/07, EU:C:2009:257), e del 25 febbraio 2010, Car Trim (C‑381/08, EU:C:2010:90)].

( 22 ) V., in particolare, sentenze del 23 ottobre 2014, flyLAL-Lithuanian Airlines (C‑302/13, EU:C:2014:2319, punto 28); del 21 maggio 2015, CDC Hydrogen peroxide (C‑352/13, EU:C:2015:335, punto 43), nonché del 5 luglio 2018, flyLAL-Lithuanian Airlines (C‑27/17, EU:C:2018:533, punto 51).

( 23 ) La Wikingerhof e Booking.com dissentono su questo punto. Ritornerò su questo profilo, in particolare, nella sezione C delle presenti conclusioni.

( 24 ) C‑603/17, EU:C:2019:65 (in prosieguo: le «mie conclusioni nella causa Bosworth e Hurley»).

( 25 ) I termini «matière contractuelle», utilizzati nella versione in lingua francese del regolamento Bruxelles I bis, cui corrispondono in particolare le versioni nelle lingue spagnola, italiana, portoghese, rumena, finlandese e danese di detto regolamento, sono relativamente ampi. Per contro, i termini della versione in lingua inglese («in matters relating to a contract»), cui si ispirano in particolare le versioni nelle lingue bulgara, croata, neerlandese o ancora svedese, tendono ad esigere l’esistenza di un contratto, pur accontentandosi di un semplice collegamento tra quest’ultimo e l’azione. La versione in lingua tedesca è, a sua volta, notevolmente più precisa e quindi più esigente delle altre («wenn ein Vertrag oder Ansprüche aus einem Vertrag den Gegenstand des Verfahrens bilden»).

( 26 ) In particolare, le versioni nelle lingue tedesca, spagnola, italiana, croata e rumena corrispondono alla versione in lingua francese. La versione in lingua inglese («in matters relating to tort, delict or quasi-delict») è simile. La versione in lingua neerlandese («ten aanzien van verbintenissen uit onrechtmatige daad») fa esplicito riferimento al concetto di obbligazioni da fatto illecito. La versione in lingua portoghese («Em matéria extracontratual») potrebbe tendere ad essere più ampia, poiché si riferisce a tutte le obbligazioni extracontrattuali. Infine, le versioni nelle lingue danese («i sager om erstatning uden for kontrakt»), finlandese («sopimukseen perustumatonta vahingonkorvausta koskevassa asiassa sen paikkakunnan») e svedese («om talan avser skadestånd utanför avtalsförhållanden») riflettono l’idea di un’azione di risarcimento danni in assenza di un contratto.

( 27 ) V., per quanto riguarda la nozione di «materia contrattuale», in particolare, sentenze del 22 marzo 1983, Peters Bauunternehmung (34/82, EU:C:1983:87, punti 910), nonché del 4 ottobre 2018, Feniks (C‑337/17, EU:C:2018:805, punto 38 e giurisprudenza ivi citata). V., per quanto riguarda la nozione di «materia di illeciti civili», in particolare, sentenze Kalfelis (punti 15 e 16), nonché del 17 ottobre 2017, Bolagsupplysningen e Ilsjan (C‑194/16, EU:C:2017:766, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

( 28 ) V., in particolare, sentenze Kalfeelis (punto 19); del 27 ottobre 1998, Réunion européenne e a. (C‑51/97, EU:C:1998:509, punto 16), nonché del 4 ottobre 2018, Feniks (C‑337/17, EU:C:2018:805, punto 37).

( 29 ) V., in particolare, sentenze del 19 febbraio 2002, Besix (C‑256/00, EU:C:2002:99, punto 26), e del 10 aprile 2003, Pugliese (C‑437/00, EU:C:2003:219, punto 16).

( 30 ) V. considerando 16 del regolamento Bruxelles I bis. V. anche, in particolare, sentenze del 6 ottobre 1976, Industrie Tessili Italiana Como (12/76, EU:C:1976:133, punto 13); del 20 febbraio 1997, MSG (C‑106/95, EU:C:1997:70, punto 29), nonché del 17 ottobre 2017, Bolagsupplysningen e Ilsjan (C‑194/16, EU:2017:766, punto 26).

( 31 ) V., per quanto riguarda l’articolo 7, punto 1, del regolamento Bruxelles I bis, sentenze del 19 febbraio 2002, Besix (C‑256/00, EU:C:2002:99, punti 3031 e giurisprudenza ivi citata) e, per quanto riguarda l’articolo 7, punto 2, di detto regolamento, sentenza del 17 ottobre 2017, Bolagsupplysningen e Ilsjan (C‑194/16, EU:766:2017, punti 26 e 27 e giurisprudenza ivi citata).

( 32 ) Sentenza Handte (punto 15).

( 33 ) Sentenza del 20 gennaio 2005 (C‑27/02, EU:C:2005:33).

( 34 ) Sentenza del 20 gennaio 2005, Engler (C‑27/02, EU:C:2005:33, punti 4551).

( 35 ) V., ad esempio, sentenze del 28 gennaio 2015, Kolassa (C‑375/13, EU:C:2015:37, punto 39), e del 5 dicembre 2019, Ordre des avocats du barreau de Dinant (C‑421/18, EU:C:2019:1053, punti 2526).

( 36 ) La Corte ha trasposto tale definizione al regolamento Roma I, conformemente all’obiettivo di coerenza nell’interpretazione dei regolamenti Bruxelles I bis, Roma I e Roma II (v. paragrafo 5 delle presenti conclusioni). Pertanto, secondo la giurisprudenza della Corte, la nozione di «obbligazione contrattuale», ai sensi del regolamento Roma I, designa «un’obbligazione giuridica assunta liberamente da una parte nei confronti di un’altra». V. sentenza del 21 gennaio 2016, ERGO Insurance e Gjensidige Baltic (C‑359/14 e C‑475/14, EU:C:2016:40, punto 44).

( 37 ) A mio parere, la Corte si riferiva con questa formulazione alle obbligazioni che s’impongono in ragione di un contratto. Infatti, le obbligazioni contrattuali sono sia quelle stipulate dalle parti nel contratto sia quelle che la legge impone, a titolo integrativo o imperativo, per tale tipo di contratto. In ogni caso, le obbligazioni contrattuali trovano la loro fonte primaria nella legge, in quanto hanno effetto vincolante tra le parti solo nella misura in cui lo preveda la legge [v. le mie conclusioni nella causa Bosworth e Hurley (nota 50)].

( 38 ) V., in particolare, sentenze del 6 ottobre 1976, De Bloos (14/76, EU:C:1976:134, punti 1416), del 15 giugno 2017, Kareda (C‑249/16, EU:C:2017:472, punto 30), nonché del 7 marzo 2018, flightright e a. (C‑274/ 16, C‑447/16 e C‑448/16, EU:C:2018:160, punto 59). Tutte le obbligazioni derivanti da un contratto devono essere considerate «liberamente assunte», non essendo necessario che il debitore abbia prestato il consenso a ciascuna di esse singolarmente. Accettando di stipulare un contratto, le parti accettano tutti gli obblighi che derivano dal loro impegno.

( 39 ) V., in particolare, sentenza dell’11 luglio 2002, Gabriel (C‑96/00, EU:C:2002:436, punto 49). Recentemente la Corte ha assimilato ad un contratto una «relazione contrattuale tacita» [v. sentenza del 14 luglio 2016, Granarolo (C‑196/15, EU:C:2016:559, punti da 24 a 27].

( 40 ) V. sentenza del 22 marzo 1983, Peters Bauunternehmung (34/82, EU:C:1983:87, punto 13).

( 41 ) V. sentenza del 10 marzo 1992, Powell Duffryn (C‑214/89, EU:C:1992:115, punto 16).

( 42 ) V. sentenza del 10 settembre 2015, Holterman Ferho Exploitatie e a. (C‑47/14, EU:C:2015:574, punti 5354).

( 43 ) V. sentenza dell’8 maggio 2019, Kerr (C‑25/18, EU:C:2019:376, punti da 27 a 29).

( 44 ) V., in particolare, sentenze del 17 settembre 2002, Tacconi (C‑334/00, EU:C:2002:499, punto 22), e dell’8 maggio 2019, Kerr (C‑25/18, EU:C:2019:376, punto 23).

( 45 ) V. sentenza del 20 gennaio 2005, Engler (C‑27/02, EU:C:2005:33, punto 53).

( 46 ) V. sentenza del 14 marzo 2013, Česká spořitelna (C‑419/11, EU:C:2013:165, punti 4849).

( 47 ) V., in tal senso, sentenza del 20 gennaio 2005, Engler (C‑27/02, EU:C:2005:33, punto 48).

( 48 ) V., per analogia, sentenze del 14 dicembre 1977, Sanders (73/77, EU:C:1977:208, punti 1718), e del 26 marzo 1992, Reichert e Kockler (C‑261/90, EU:C:1992:149, punto 25). V. anche conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa Gabriel (C‑96/00, EU:C:2001:690, paragrafi da 44 a 46).

( 49 ) V., nello stesso senso, Minois, M., Recherche sur la qualification en droit international privé des obligations, LGDJ, Parigi, 2020, pagg. da 174 a 180.

( 50 ) Sentenze del 7 marzo 2018, flightright e a. (C‑274/16, C‑447/16 e C‑448/16, EU:C:2018:160, punto 61); del 4 ottobre 2018, Feniks (C‑337/17, EU:C:2018:805, punto 48) e del 26 marzo 2020, Primera Air Scandinavia (C‑215/18, EU:C:2020:235, punto 44).

( 51 ) V., in tal senso, sentenza dell’8 marzo 1988, Arcado (9/87, EU:C:1988:127, punti 1213). Questa idea è espressa in vari modi nella sentenza del 6 ottobre 1976, De Bloos (14/76, EU:C:1976:134): «obbligazione contrattuale che serve di base all’azione giudiziaria» (punto 11); «obbligazione (...) corrispondente al diritto su cui s’impernia l’azione dell’attore» (punto 13), o ancora «obbligazione (...) che corrisponde al diritto contrattuale che viene fatto valere onde legittimare la domanda» (punto 15 e dispositivo). V. anche conclusioni dell’avvocato generale Bobek nelle cause riunite flightright e a. (C‑274/16, C‑447/16 e C‑448/16, EU:C:2017:787, paragrafo 54).

( 52 ) V., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Mayras nella causa Industrie Tessili Italiana Como (12/76, non pubblicate, EU:C:1976:119, Racc. pag. 1489) e conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa Engler (C‑27/02, EU:C:2004:414, paragrafo 44). Poiché l’articolo 7, punto 1, del regolamento Bruxelles I bis non si applica solo ai contratti, mi riferisco a tutte le norme giuridiche che impongono obblighi derivanti da un impegno volontario di una parte nei confronti di un’altra.

( 53 ) L’articolo 12 del regolamento Roma I contiene anche un elenco non esaustivo delle materie che rientrano nella lex contractus, che, a mio parere, fornisce indicazioni pertinenti per determinare se una domanda rientri nella «materia contrattuale» ai sensi dell’articolo 7, punto 1, del regolamento Bruxelles I bis. V. per analogia, sentenza dell’8 marzo 1988, Arcado (9/87, EU:C:1988:127, punto 15).

( 54 ) Ciò non significa che il giudice del contratto applicherà necessariamente il proprio diritto. Infatti, il foro competente ai sensi dell’articolo 7, punto 1, del regolamento Bruxelles I bis non coincide necessariamente con la legge designata in forza delle disposizioni del regolamento Roma I. Ciò non significa nemmeno che il giudice del contratto applicherà necessariamente, nel merito, il diritto dei contratti per risolvere le questioni dedotte dinanzi ad esso. Infatti, una questione considerata «contrattuale», ai sensi degli strumenti di diritto internazionale privato dell’Unione, potrebbe essere considerata, nel diritto sostanziale applicabile, afferente ai fatti illeciti, ecc.

( 55 ) Nello stesso senso, v. Minois, M., op. cit., pagg. 174 e da 180 a 186. Sebbene il campo di applicazione sostanziale dell’articolo 7, punto 1, del regolamento Bruxelles I bis corrisponda quindi a quello del regolamento Roma I, la coincidenza non è perfetta. Ad esempio, mentre l’articolo 7, punto 1, si applica a determinate azioni in materia di diritto societario (v. giurisprudenza citata nelle note 41 e 42 delle presenti conclusioni), l’articolo 1, paragrafo 2, lettera f), del regolamento Roma I esclude dal suo campo di applicazione le questioni che rientrano in tale branca del diritto.

( 56 ) V., in particolare, le domande oggetto delle cause che hanno dato luogo alle sentenze del 15 gennaio 1987, Shenavai (266/85, EU:C:1987:11, punti 218); dell’8 marzo 1988, Arcado (9/87, EU:C:1988:127, punto 12), e del 29 giugno 1994, Custom Made Commercial (C‑288/92, EU:C:1994:268), punti 211).

( 57 ) V., segnatamente, le domande oggetto delle cause che hanno dato luogo alle sentenze del 6 ottobre 1976, De Bloos (14/76, EU:C:1976:134, punti 314), e dell’8 marzo 1988, Arcado (9/87, EU:C:1988:127, punto 13).

( 58 ) V., al riguardo, articolo 12, paragrafo 1, lettere da a) a c), del regolamento Roma I.

( 59 ) V. sentenza del 20 aprile 2016, Profit Investment SIM (C‑366/13, EU:C:2016:282, punti 5458). A tal riguardo, dall’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento Roma I risulta che la questione dell’esistenza e quella della validità del contratto sono di competenza della lex contractus.

( 60 ) V., in particolare, Gaudemet-Tallon, H., Compétence et exécution des jugements en Europe, LGDJ, Parigi, 4a edizione, 2010, pagg. da 165 a 177; Briggs, A., Civil Jurisdiction and Judgments, Informa Law, Oxon, 2015, 6a edizione, pagg. da 209 a 220; Niboyet, M.-L., Geouffre de la Pradelle, G., Droit international privé, LGDJ, Issy-les-Moulineaux, 5a edizione, 2015, pagg. 346 e 347; Calster, G. van, European Private International Law, Hart Publishing, Oxford, 2016, pagg. da 136 a 139; Magnus, U., Mankowski, P., Brussels Ibis Regulation – Commentary, Otto Schmidt, Colonia, 2016, pagg. da 162 a 189; Hartley, T., Civil Jurisdiction and Judgments in Europe – The Brussels I Regulation, the Lugano Convention, and the Hague Choice of Court Convention, Oxford University Press, Oxford, 2017, pagg. da 107 a 114, nonché Minois, M., op. cit.

( 61 ) V., in particolare, sentenze Kalfelis (punto 18); del 1o ottobre 2002, Henkel (C‑167/00, EU:C:2002:555, punto 36), e del 12 settembre 2018, Löber (C‑304/17, EU:C:2018:701, punto 19).

( 62 ) V., in particolare, sentenze del 26 marzo 1992, Reichert e Kockler (C‑261/90, EU:C:1992:149, punti 1920); del 1o ottobre 2002, Henkel (C‑167/00, EU:C:2002:555, punto 41), nonché del 12 settembre 2018, Löber (C‑304/17, EU:C:2018:701, punto 21).

( 63 ) V., rispettivamente, sentenza del 5 febbraio 2004, DFDS Torline (C‑18/02, EU:C:2004:74, punti da 19 a 28), e la sentenza del 25 ottobre 2012, Folien Fischer e Fofitec (C‑133/11, EU:C:2012:664, punti da 41 a 54).

( 64 ) V., in tal senso, sentenze del 17 settembre 2002, Tacconi (C‑334/00, EU:C:2002:499, punti 2527); del 18 luglio 2013, ÖFAB (C‑147/12, EU:C:2013:490, punti da 35 a 38), nonché del 21 aprile 2016, Austro-Mechana (C‑572/14, EU:C:2016:286, punti 3750). V. anche conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa Engler (C‑27/02, EU:C:2004:414, paragrafo 59).

( 65 ) Infatti, secondo la giurisprudenza della Corte, un’«obbligazione extracontrattuale», ai sensi del regolamento Roma II, è un’obbligazione che trae origine da fatto illecito, arricchimento senza causa, negotiorum gestio o culpa in contrahendo [v. sentenza del 21 gennaio 2016, ERGO Insurance e Gjensidige Baltic (C‑359/14 e C‑475/14, EU:C:2016:40, punti 4546)]. Sottolineo tuttavia che, sebbene le «obbligazioni da fatto illecito» rientranti nell’articolo 7, punto 2, del regolamento Bruxelles I bis costituiscano il nucleo centrale del regolamento Roma II, quest’ultimo ha tuttavia un ambito di applicazione più ampio, dal momento che ha ad oggetto non solo le obbligazioni extracontrattuali derivanti da un evento dannoso, ma anche quelle derivanti da quasi contratti quali l’arricchimento senza causa o la negotiorum gestio (v. articolo 2, paragrafo 1, del regolamento Roma II).

( 66 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Gulmann nella causa Reichert e Kockler (C‑261/90, non pubblicate, EU:C:1992:78, Racc. pag. 2169); conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa Engler (C‑27/02, EU:C:2004:414, paragrafi 5557); nonché conclusioni dell’avvocato generale Bobek nella causa Feniks (C‑337/17, EU:C:2018:487, paragrafo 98). Come ha sostenuto la Wikingerhof, questo è il caso, a mio avviso, di una domanda di restituzione fondata sull’arricchimento senza causa, quando non deriva da nullità di un contratto [v. sentenza del 20 aprile 2016, Profit Investment SIM (C‑366/13, EU:C:2016:282, punto 55)], poiché tale domanda si basa su un’obbligazione che non deriva da un evento dannoso [v., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Siemens Aktiengesellschaft Österreich (C‑102/15, EU:C:2016:225, paragrafi da 54 a 75)].

( 67 ) Sentenza del 30 novembre 1976, Bier (21/76, EU:C:1976:166, punto 18).

( 68 ) V., segnatamente, sentenza del 21 dicembre 2016, Concurrence (C‑618/15, EU:C:2016:976), e l’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento Roma II.

( 69 ) V., in particolare, in materia di diritto d’autore, sentenze del 22 gennaio 2015, Hejduk (C‑441/13, EU:C:2015:28), e del 3 aprile 2014, Hi Hotel HCF (C‑387/12, EU:C:2014:215) nonché l’articolo 8 del regolamento Roma II.

( 70 ) V., in particolare, sentenza del 16 luglio 2009, Zuid-Chemie (C‑189/08, EU:C:2009:475), e articolo 5 del regolamento Roma II.

( 71 ) V., segnatamente, Gaudemet-Tallon, H., op. cit., pagg. da 217 a 219; Briggs, A., op. cit., pagg. da 238 a 250; Calster (van), G., op. cit., pagg. da 144 a 147; Magnus, U., e Mankowski, P., op. cit., pagg. da 262 a 276, nonché Hartley, T., op. cit., pagg. 125 e 126.

( 72 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa Handte (C‑26/91, non pubblicate, EU:C:1992:176, paragrafo 16), e le mie conclusioni nella causa Bosworth e Hurley (paragrafo 67).

( 73 ) V., in tal senso, sentenza Brogsitter (punto 23).

( 74 ) Ad esempio, quando un banchiere e il suo cliente risiedono nello stesso edificio e il primo fa causa al secondo per immissioni.

( 75 ) V. le mie conclusioni nella causa Bosworth e Hurley (paragrafo 68).

( 76 ) Infatti, non tutti gli ordinamenti nazionali assegnano lo stesso ambito di applicazione alla responsabilità contrattuale e alla responsabilità da illecito civile, cosicché le sovrapposizioni tra queste due responsabilità non si verificano con la stessa frequenza. Queste potenziali sovrapposizioni sono particolarmente numerose, ad esempio, nel diritto francese. Da un lato, la responsabilità contrattuale è ivi intesa in senso ampio in quanto, in particolare, la giurisprudenza della Cour de cassation (Corte di cassazione, Francia) tende a integrare nei contratti obblighi di sicurezza e di informazione, che sono la traduzione di doveri generali imposti dalla legge, nonché obblighi dedotti dal requisito della buona fede nell’esecuzione degli accordi. Dall’altro, anche la responsabilità da illecito civile ha un carattere aperto, poiché le norme di tale settore sono destinate a coprire tutti gli eventi dannosi che possono verificarsi nella vita sociale. V., sull’argomento, Ancel, P., «Le concours de la responsabilité délictuelle et de la responsabilité contractuelle», Responsabilité civile et assurances, no 2, febbraio 2012, fascicolo 8, punti da 2 a 11.

( 77 ) V. la causa che ha dato luogo alla sentenza del 24 ottobre 2018, Apple Sales International e a. (C‑595/17, EU:C:2018:854).

( 78 ) V. cause che hanno dato luogo alle sentenze del 18 aprile, Commissione/Systran e Systran Luxembourg (C‑103/11 P, EU:C:2013:245); del 3 aprile 2014, Hi Hotel HCF (C‑387/12, EU:C:2014:215), nonché del 18 dicembre 2019, IT Development (C‑666/18, EU:C:2019:1099).

( 79 ) Nel diritto sostanziale degli Stati membri, le responsabilità contrattuali e da illecito civile possono essere soggette a regimi diversi per quanto riguarda l’onere della prova, le condizioni di risarcimento, la prescrizione, ecc. L’attore può quindi avere interesse a scegliere una via piuttosto che l’altra. V., in particolare, le mie conclusioni nella causa Bosworth e Hurley (nota 51).

( 80 ) V., per quanto riguarda il diritto inglese, Fentiman, R., International Commercial Litigation, Oxford University Press, Oxford, 2a edizione, 2015, pagg. 177, 178 e 279. Tale cumulo non dà diritto a un doppio risarcimento per lo stesso danno. D’altro canto, aumenta le possibilità di ottenere il risarcimento richiesto.

( 81 ) V. sentenza del 18 dicembre 2019, IT Development (C‑666/18, EU:C:2019:1099, punto 23), nonché Gout, O., «Le cumul des responsabilités contractuelle et extracontractuelle en droit belge et en droit français: de la genèse des règles aux perspectives d’évolution», in Van den Haute, E., Le droit des obligations dans les jurisprudences française et belge, Bruylant, Bruxelles, 2013, pagg. da 123 a 146.

( 82 ) La stessa questione si pone, nell’ambito dei regolamenti Roma I e Roma II, per la determinazione della legge applicabile, poiché tali regolamenti prevedono criteri di collegamento diversi a seconda che un’obbligazione sia «contrattuale», ai sensi del primo regolamento, o «extracontrattuale», ai sensi del secondo.

( 83 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Darmon nella causa Kalfelis (189/87, non pubblicate, EU:C:1988:312, paragrafi da 25 a 30).

( 84 ) Sentenza Kalfelis (punto 19). Dal ragionamento seguito dalla Corte emerge chiaramente, a mio avviso, che anche il contrario è vero: il giudice competente, ai sensi dell’articolo 7, punto 1, del regolamento Bruxelles I bis, a conoscere delle domande «contrattuali» non è competente a conoscere delle domande che si basano su fondamenti extracontrattuali.

( 85 ) V. le mie conclusioni nella causa Bosworth e Hurley (paragrafo 74); Hess, B., Pfeiffer, T., Schlosser, P, Report on the Application of Regulation Brussels I in the Member States, JLS/C4/2005/03, 2007, punto 192, nonché Zogg, S., «Accumulation of Contractual and Tortious Causes of Action Under the Judgments Regulation», Journal of Private International Law, 2013, vol. 9, n. 1, pagg. da 39 a 76, spec. pagg. 42 e 43.

( 86 ) Ritornerò sulla questione della competenza accessoria nei paragrafi 112 e seguenti delle presenti conclusioni.

( 87 ) Infatti, in una lacuna giuridica non esiste un’obbligazione. Tale obbligazione deriva da una situazione di fatto che comporta, in virtù di una o più norme di diritto, determinate conseguenze giuridiche. La situazione di fatto oggetto di causa e le conseguenze giuridiche che essa comporta difficilmente possono essere comprese indipendentemente dalle norme giuridiche interessate, e un esame di tali norme consente di individuare la natura dell’obbligazione in questione. V. House of Lords (Camera dei Lords, Regno Unito) (Lord Millet), Agnew v Länsforsäkringsbolagens AB, [2001] 1 AC 223, § 264; Bollée, S., «La responsabilité extracontractuelle du cocontractant en droit international privé», in d’Avout, L., Bureau, D., Muir-Watt, H., Mélanges en l’honneur du professeur Bernard Audit – Les relations privées internationales, LGDJ, Issy-les-Moulineaux, 2014, pagg. da 119 a 135, spec. pagg. 132 e 133; Scott, A., «The Scope of “Non-Contractual Obligations”», in Ahern, J, Binchy, W., The Rome II Regulation on the Law Applicable to Non-Contractual Obligations, Martinus Nijhoff Publishers, 2009, pagg. da 57 a 83, spec. pagg. da 58 a 62, nonché Minois, M., op. cit., pagg. 129 e 130. La Corte applica frequentemente tale metodo, che consiste nel partire dalle norme sostanziali dedotte per determinare le caratteristiche dell’obbligazione da qualificare. V., in particolare, sentenze del 26 marzo 1992, Reichert e Kockler (C‑261/90, EU:C:1992:149, punti da 17 a 19); del 18 luglio 2013, ÖFAB (C‑147/12, EU:C:2013:490, punti 3536), nonché del 21 aprile 2016, Austro-Mechana (C‑572/14, EU:C:2016:286, punti 2737).

( 88 ) Analogamente, in materia di conflitto di leggi, uno stesso evento dannoso può essere prospettato dal punto di vista di due distinte obbligazioni, una «contrattuale», ai sensi del regolamento Roma I, e l’altra «extracontrattuale», ai sensi del regolamento Roma II.

( 89 ) Sentenza del 16 maggio 2013 (C‑228/11, EU:C:2013:305).

( 90 ) Sentenza del 16 maggio 2013, Melzer (C‑228/11, EU:C:2013:305, punto 21). V. anche, in tal senso, sentenze del 3 aprile 2014, Hi Hotel HCF (C‑387/12, EU:C:2014:215, punti da 16 a 21), e del 21 maggio 2015, CDC Hydrogen Peroxide (C‑352/13, EU:C:2015:335, punto 43). V. anche, a livello nazionale, Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia), 27 maggio 2008, [2009] IPRax, pagg. 150 e 151, e Cour de cassation (Corte di cassazione, Francia), prima sezione civile, 26 ottobre 2011, n. 10-17.026.

( 91 ) Sentenza Brogsitter (punti 20 e 21).

( 92 ) Sentenza Brogsitter, punti 24, 25 e 26 rispettivamente.

( 93 ) V. le mie conclusioni nella causa Bosworth e Hurley (paragrafo 80). V., in adesione a questa lettura della sentenza Brogsitter, in particolare, Briggs, A., op. cit., pagg. da 217 a 219, 239 e da 247 a 250, e Haftel, B., «Absorption du délictuel par le contractuel, application du Règlement (CE) no 44/2001 à une action en responsabilité délictuelle», Revue critique de droit international privé, 2014, n. 4, pag. 863.

( 94 ) V. le mie conclusioni nella causa Bosworth e Hurley (paragrafo 88). V., in adesione a questa lettura della sentenza Brogsitter, conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa Holterman Ferho Exploitatie e a. (C‑47/14, EU:C:2015:309, paragrafo 48); conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Granarolo (C‑196/15, EU:C:2015:851, paragrafi 1418); Court of Appeal (Corte d’appello, Regno Unito), 19 agosto 2016, Peter Miles Bosworth, Colin Hurley v Arcadia Petroleum Ltd & Others, [2016] EWCA Civ 818, punto 66; Weller, M., «EuGH: Vertragsrechtliche Qualifikation vertragsakzessorischer Ansprüche» LMK 2014, 359127, nonché Hartley, T., op. cit., pagg. 108 e 109.

( 95 ) V., in particolare, sentenze del 10 settembre 2015, Holterman Ferho Exploitatie e a. (C‑47/14, EU:C:2015:574, punti 3271), e del 14 luglio 2016, Granarolo (C‑196/15, EU:C:2016:559, punto 21).

( 96 ) Nel diritto sostanziale, le divergenze tra i sistemi nazionali degli Stati membri per quanto riguarda la gestione del concorso di responsabilità riflettono in particolare la questione se sia legittimo o meno che l’attore possa scegliere il regime di responsabilità più favorevole ai propri interessi. Peraltro, nel diritto francese e belga, la regola del «divieto di cumulo» mira a garantire l’efficacia delle soluzioni pattizie sulla responsabilità. A tal riguardo, sebbene da un lato tali ordinamenti giuridici non consentono di pianificare previamente in via contrattuale le regole sulla responsabilità da illecito civile, che sono di ordine pubblico, le norme relative ai danni contrattuali sono, invece, suscettibili di tale pianificazione, in quanto le parti possono, in particolare, ridefinire le condizioni di acquisizione del diritto al risarcimento e quindi attenuare o aggravare la responsabilità contrattuale. V., in particolare, Gout, O., op. cit.

( 97 ) V. le mie conclusioni nella causa Bosworth e Hurley (paragrafo 83).

( 98 ) V., in particolare, sentenze del 22 marzo 1983, Peters Bauunternehmung (34/82, EU:C:1983:87, punto 17); del 3 luglio 1997, Benincasa (C‑269/95, EU:C:1997:337, punto 27), nonché del 28 gennaio 2015, Kolassa (C‑375/13, EU:C:2015:37, punto 61).

( 99 ) V., nello stesso senso, Magnus, U., e Mankowski, P., op. cit., pag. 167; Calster (van), G., op. cit., pag. 164, nonché Haftel, B., op. cit.

( 100 ) Ciò è avvenuto nella causa che ha dato luogo alla sentenza dell’11 aprile 2019Bosworth e Hurley (C‑603/17, EU:C:2019:310), in cui era pacifico tra le parti che le condotte lamentate a titolo di illecito civile potevano integrare anche un inadempimento contrattuale.

( 101 ) Ad esempio, se il cliente di un albergo cadesse nel parcheggio dello stabilimento e citasse il gestore di quest’ultimo a titolo di responsabilità, tale azione potrebbe basarsi, in vari ordinamenti giuridici, solo sulla violazione di un dovere generale di sicurezza e rientrerebbe quindi esclusivamente nella responsabilità da illecito civile. D’altra parte, secondo il diritto francese, del contratto di albergo fa parte integrante un obbligo di sicurezza. Lo stesso vale in molte situazioni simili (ad esempio, una persona che scivola sul marciapiede di una stazione in attesa del treno, in un parrucchiere, ecc.) V. Minois, M., op. cit., pagg. 92 e 93.

( 102 ) Sebbene la Corte abbia in effetti indicato, al punto 24 della sentenza Brogsitter, che le obbligazioni contrattuali dovrebbero essere «determinate tenuto conto dell’oggetto del contratto», ammetto di avere difficoltà a concepire una siffatta analisi. Al di là delle questioni relative a ciò che la Corte intendesse con questo «oggetto» e all’opportunità di definirlo in modo autonomo, il contenuto di tutti i contratti non si impone con evidenza. Mentre è possibile conoscere le obbligazioni principali di alcuni contratti comuni senza fare riferimento alla lex contractus, lo stesso non vale per le altre obbligazioni che ne derivano. Inoltre, ricordo che l’articolo 7, punto 1, del regolamento Bruxelles I bis può applicarsi a una grande varietà e molteplicità di contratti [v. sentenza del 15 gennaio 1987, Shenavai (266/85, EU:C:1987:11, punto 17)].

( 103 ) V. le mie conclusioni nella causa Bosworth e Hurley (paragrafo 88) e Haftel, B., op. cit. In generale, la determinazione della competenza a norma del regolamento Bruxelles I bis non dovrebbe dipendere dalla legge applicabile [v. sentenza del 5 luglio 2018, flyLAL-Lithuanian Airlines (C‑27/17, EU:C:2018:533, punto 55)]. La giurisprudenza risultante dalla sentenza del 6 ottobre 1976, Industrie Tessili Italiana Como (12/76, EU:C:1976:133), riportata nella nota 21 delle presenti conclusioni è, e a mio avviso dovrebbe rimanere, un’eccezione a tal proposito.

( 104 ) V., in particolare, sentenza del 1o marzo 2005, Owusu (C‑281/02, EU:C:2005:120, punto 39).

( 105 ) Ad esempio, le competenze esclusive previste dall’articolo 24 del regolamento Bruxelles I bis prevalgono sulle altre regole di competenza previste nel medesimo regolamento.

( 106 ) È questo il caso, in particolare, dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento Roma II. Tale norma prevede che, se dal complesso delle circostanze del caso risulta chiaramente che il fatto illecito presenta collegamenti manifestamente più stretti con un paese diverso da quello di cui ai paragrafi 1 o 2 di tale articolo, si applica la legge di quest’altro paese. Un collegamento manifestamente più stretto con un altro paese potrebbe fondarsi segnatamente su una relazione preesistente tra le parti, quale un contratto, che presenti uno stretto collegamento con l’evento dannoso in questione. Dalla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali [COM (2003) 427 def., pag. 13], risulta che tale soluzione è stata prevista per i concorsi potenziali di responsabilità. Così, nell’ipotesi di un siffatto concorso, esiste sia un’«obbligazione contrattuale», ai sensi del regolamento Roma I, sia un’«obbligazione extracontrattuale», ai sensi del regolamento Roma II. Nondimeno, tale medesimo articolo 4, paragrafo 3, consente, in determinate circostanze, di applicare alla seconda obbligazione la stessa legge che si applica alla prima. Tuttavia, esso non si applica in tutti i casi (v. nota 107 delle presenti conclusioni).

( 107 ) Ricordo che, in linea di principio, l’articolo 14 del regolamento Roma II lascia alle parti la libertà di scegliere la legge applicabile a un’obbligazione extracontrattuale. A mio avviso, neppure l’articolo 4, paragrafo 3, di detto regolamento è applicabile in un’ipotesi del genere.

( 108 ) V. articolo 3 del regolamento Roma I.

( 109 ) V., nello stesso senso, Dickinson, A., «Towards an agreement on the concept of “contract” in EU private International Law?», Lloyd’s Maritime and Commercial Law Quarterly, 2014, pagg. da 466 a 474, in particolare pag. 473.

( 110 ) V. le mie conclusioni nella causa Bosworth e Hurley (paragrafo 90).

( 111 ) V., in particolare, Briggs, A., op. cit.

( 112 ) Può tuttavia accadere che il foro designato dall’articolo 7, punto 1, del regolamento Bruxelles I bis e almeno uno dei fori designati dall’articolo 7, punto 2, di tale regolamento coincidano. V., in particolare, sentenza del 27 ottobre 1998, Réunion européenne e a. (C‑51/97, EU:C:1998:509, punto 35), in cui la Corte ha stabilito che il luogo in cui è insorto il danno nel caso di un trasporto marittimo internazionale di merci corrispondeva al luogo in cui il vettore doveva consegnare le merci.

( 113 ) V. sentenza Kalfelis (punto 20) e le mie conclusioni nella causa Bosworth e Hurley (paragrafo 85).

( 114 ) In particolare, le azioni di responsabilità civile rientranti nell’ambito del «private enforcement» sono spesso caratterizzate da un attore che agisce contro più convenuti – ad esempio le varie imprese che fanno parte di un’intesa anticoncorrenziale – e appare opportuno consentire al primo di citare i secondi congiuntamente dinanzi al foro dell’illecito civile. Questa possibilità non dovrebbe essere ostacolata dal fatto che una di tali imprese sia la controparte contrattuale dell’attore.

( 115 ) V. nota 20 delle presenti conclusioni.

( 116 ) V. le mie conclusioni nella causa Bosworth e Hurley (paragrafo 84), nonché Haftel, B., op. cit. Analogamente, consentire al ricorrente di invocare, per lo stesso evento dannoso, un’«obbligazione contrattuale», ai sensi del regolamento Roma I, e/o un’«obbligazione extracontrattuale», ai sensi del regolamento Roma II, gli offre la possibilità di un certo grado di law shopping.

( 117 ) V. le mie conclusioni nella causa Bosworth e Hurley (paragrafo 85), nonché Fentiman, R., op. cit., pag. 278.

( 118 ) Tale abuso esiste, a mio avviso, quando l’attore svia il proprio diritto di scelta dal suo scopo al solo fine di danneggiare il convenuto, o quando si rivolge a un giudice che sa essere assolutamente incompetente a scopi puramente dilatori, o quando utilizza altre tecniche di abuso processuale contro il convenuto. V., in particolare, Usunier, L., «Le règlement Bruxelles I bis et la théorie de l’abus de droit», in Guinchard, E., Le nouveau règlement Bruxelles I bis, Bruylant, Bruxelles, 2014, pagg. da 449 a 480.

( 119 ) Più precisamente, la questione è se, nel merito, la lex causae preveda la regola del «divieto di cumulo». Nell’ipotesi di domande cumulative fondate su due «obbligazioni» distinte, su questo punto potrebbero dover essere esaminate due leges causae. In tale ipotesi, occorrerebbe altresì determinare se le norme processuali del giudice adito, che fanno parte della lex fori, consentano di proporre domande parallele per lo stesso evento dannoso. V., per maggiori dettagli, Plender, R., e Wilderspin, M., The European Private International Law of Obligations, Sweet & Maxwell, Londra, 4a edizione, 2015, pagg. da 67 a 71.

( 120 ) V. paragrafo 140 delle presenti conclusioni.

( 121 ) In particolare, l’affermazione di cui al punto 26 della sentenza Brogsitter secondo cui spetta al giudice nazionale «determinare se le azioni intentate (...) abbiano per oggetto una domanda di risarcimento la cui causa può essere ragionevolmente considerata una violazione dei diritti e delle obbligazioni del contratto che vincola le parti» deve, a mio avviso, essere intesa in tal senso.

( 122 ) V. sentenza Brogsitter (punti 25 e 26). In quest’ultima sentenza la Corte sembra essersi ispirata alla sua giurisprudenza relativa alle azioni di responsabilità civile dirette contro l’Unione. Ricordo che il Trattato FUE prevede, in materia, una ripartizione delle competenze tra i giudici dell’Unione e quelli nazionali: mentre le controversie relative alla responsabilità extracontrattuale dell’Unione rientrano nella competenza esclusiva dei primi giudici (v. articolo 256, paragrafo 1, articolo 268 e articolo 340, secondo comma, TFUE), quelle relative alla responsabilità contrattuale di quest’ultima sono di competenza dei secondi, salvo clausola compromissoria contraria (v. articoli 272 e 274 TFUE). Secondo tale giurisprudenza, al fine di determinare se un’azione di responsabilità civile promossa contro l’Unione rientri nella loro competenza, gli organi giurisdizionali dell’Unione non possono semplicemente concentrarsi sulle norme di diritto invocate dal ricorrente. Detti giudici sono tenuti a verificare se il ricorso per risarcimento dei danni di cui sono investiti abbia ad oggetto una domanda di risarcimento dei danni che si fonda in modo oggettivo e globale su diritti e obblighi d’origine contrattuale oppure d’origine extracontrattuale. A tal fine, i suddetti giudici devono stabilire, analizzando i diversi elementi contenuti nel fascicolo – quali, segnatamente, la norma di diritto che si asserisce essere stata violata, la natura del danno lamentato, il comportamento addebitato nonché i rapporti giuridici esistenti tra le parti – se esista tra queste ultime un contesto contrattuale connesso all’oggetto della controversia, il cui esame approfondito risulta indispensabile per potersi pronunciare sul detto ricorso. In tale contesto, l’azione sarà considerata fondata sulla responsabilità contrattuale dell’Unione qualora dall’analisi in limine di tali elementi risulti che, per poter determinare la fondatezza delle pretese avanzate dal ricorrente, è necessario interpretare uno o più contratti conclusi tra le parti in causa [v., in particolare, sentenze del 18 aprile 2013, Commissione/Systran e Systran Luxembourg (C‑103/11 P, EU:C:2013:245, punti da 61 a 67), e del 10 luglio 2019VG/Commissione (C‑19/18 P, EU:C:2019:578, punti da 28 a 30)].

( 123 ) In particolare, per determinare se un’azione sia esclusa dall’ambito di applicazione del regolamento Bruxelles I bis a norma dell’articolo 1, punto 2, lettera b), di tale regolamento, relativo a «i fallimenti, i concordati e gli altri procedimenti affini», occorre accertare se essa «tragga il proprio fondamento giuridico dal diritto fallimentare» [v., in particolare, sentenza del 22 febbraio 1979, Gourdain (133/78, EU:C:1979:49, punto 4), e, per analogia, sentenza del 4 dicembre 2019, Tiger e a. (C‑493/18, EU:C:2019:1046, punto 27)]. Analogamente, per stabilire se un’azione sia in «materia di diritti reali immobiliari» ai sensi dell’articolo 24, punto 1, del regolamento Bruxelles I bis, occorre accertare se essa sia «fondata su un diritto reale» [v, in particolare, sentenza del 10 luglio 2019, Reitbauer e a. (C‑722/17, EU:C:2019:577, punto 45)]. Al fine di determinare se un’azione sia «in materia di (...) validità delle decisioni [degli] organi [societari]» ai sensi dell’articolo 24, punto 2, di tale regolamento, occorre accertare se l’attore contesti la validità di una decisione di un organo societario «alla luce del diritto delle società applicabile o delle disposizioni statutarie attinenti al funzionamento dei suoi organi» [v., in particolare, sentenza del 23 ottobre 2014, flyLAL-Lithuanian Airlines (C‑302/13, EU:C:2014:2319, punto 40).

( 124 ) V., ad esempio, Court of Appeal (Corte d’appello, Regno Unito), 9 agosto 2018, Cristiano Committeri v Club Méditerranée SA and others, [2018] EWCA Civ 1889.

( 125 ) Infatti, mentre alcuni diritti nazionali, tra cui quello inglese, impongono agli attori di indicare nel loro ricorso non soltanto i fatti e l’oggetto della loro domanda, ma anche le norme giuridiche sulle quali essi si basano, altri ordinamenti giuridici, tra cui il diritto francese, non impongono agli attori un siffatto requisito. V. le mie conclusioni nella causa Bosworth e Hurley (paragrafo 86).

( 126 ) V., nello stesso senso, Weller, M., op. cit. In caso di concorso di responsabilità, le obbligazioni «contrattuale» e «da illecito civile» che riguardano uno stesso evento dannoso sono, in linea di principio, indipendenti l’una dall’altra. Ad esempio, nel caso di danno cagionato da un prodotto difettoso, citato al paragrafo 54 delle presenti conclusioni, il giudice può pronunciarsi sulla questione dell’eventuale violazione di un dovere legale in tema di sicurezza dei prodotti indipendentemente dal contratto in questione e non è, per tal motivo, affatto «indispensabile»«prendere in considerazione» o «interpretare» tale contratto per stabilire che è illecito fabbricare un prodotto che comporta una carenza in tema di sicurezza o che costituisce una tale carenza.

( 127 ) Infatti, la sentenza Brogsitter può essere intesa nel senso che, secondo la Corte, la violazione dell’obbligazione di esclusività che asseritamente vincolava le parti in ragione del contratto caratterizzava, di per sé, gli illeciti civili dedotti. Le domande formulate sulla base di un fondamento da illecito civile e quelle sulla base di un fondamento contrattuale si basavano dunque, secondo la Corte, su una sola e unica obbligazione, vale a dire l’«obbligazione contrattuale» di esclusività.

( 128 ) V. le mie conclusioni nella causa Bosworth e Hurley (paragrafi 79 e 83).

( 129 ) Facciamo un altro esempio, in cui X ha un contratto con Y, e Z induce Y a violare tale contratto. Se X cita in giudizio Z, sulla base della responsabilità da illecito civile per aver deliberatamente istigato Y a violare il contratto, dovrebbe dimostrare che Y ha effettivamente commesso una tale violazione. Il giudice dovrà, a tal fine, interpretare il contratto. Si tratta di una questione preliminare, che consente di accertare l’effettività di un fatto rilevante, nel contesto dell’esame di una domanda peraltro relativa a un «illecito civile» (v. Hartley, T., op. cit., pag. 109).

( 130 ) V., in tal senso, sentenze del 25 luglio 1991, Rich (C‑190/89, EU:C:1991:319, punti da 26 a 28); del 14 novembre 2002, Baten (C‑271/00, EU:C:2002:656, punti 4647), nonché del 16 novembre 2016, Schmidt (C‑417/15, EU:C:2016:881, punto 25). D’altra parte, nell’ambito del conflitto di leggi, ciascuna delle questioni di diritto sollevate da una domanda deve, in linea di principio, essere qualificata separatamente. V. sentenze del 21 gennaio 2016, ERGO Insurance e Gjensidige Baltic (C‑359/14 e C‑475/14, EU:C:2016:40, punti da 50 a 62); del 7 aprile 2016, KA Finanz (C‑483/14, EU:C:2016:205, punti da 52 a 58); e del 28 luglio 2016, Verein für Konsumenteninformation (C‑191/15, EU:C:2016:612, punti da 35 a 60). V. anche le mie conclusioni nella causa Verein für Konsumenteninformation (C‑272/18, EU:C:2019:679, paragrafo 51).

( 131 ) V., per analogia, sentenza del 12 maggio 2011, BVG (C‑144/10, EU:C:2011:300, punto 39).

( 132 ) V., in particolare, sentenza del 14 novembre 2019, Schrems (C‑484/18, EU:C:2019:970, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).

( 133 ) V., in particolare, sentenze del 25 ottobre 2012, Folien Fischer e Fofitec (C‑133/11, EU:C:2012:664, punto 50), nonché del 28 gennaio 2015, Kolassa (C‑375/13, EU:C:2015:37, punto 62).

( 134 ) V., in particolare, sentenza del 29 giugno 1994, Custom Made Commercial (C‑288/92, EU:C:1994:268, punto 19), in cui la Corte ha sottolineato che il giudice adito non dovrebbe essere costretto, per verificare la propria competenza, a «prendere in considerazione (...) i mezzi dedotti dal convenuto». Su tale punto, non vi è, a mio avviso, alcuna contraddizione tra tale affermazione e la successiva giurisprudenza della Corte, secondo la quale il giudice adito deve, nella fase dell’esame della sua competenza, «valutare tutti gli elementi a sua disposizione, comprese, eventualmente, le contestazioni sollevate dal convenuto» [sentenza del 16 giugno 2016, Universal Music International Holding (C‑12/15, EU:C:2016:449, punto 46)]. Infatti, tale giurisprudenza deve essere intesa nel senso che il giudice adito deve tenere conto, in questa fase, non dei motivi di difesa sollevati nel merito dal convenuto, ma dei suoi eventuali argomenti circa la competenza – riguardanti, ad esempio, il luogo in cui si è verificato il danno ai sensi dell’articolo 7, punto 2, del regolamento Bruxelles I bis, ecc. [v., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Szpunar nella causa Kolassa (C‑375/13, EU:C:2014:2135, paragrafo 77)].

( 135 ) V., segnatamente, sentenza del 4 marzo 1982, Effer (38/81, EU:C:1982:79, punti 78).

( 136 ) Nello stesso senso, v. Dickinson, A., op. cit., spec. pag. 471.

( 137 ) V., per analogia, sentenze del 25 luglio 1991, Rich (C‑190/89, EU:C:1991:319, punto 27); dell’8 maggio 2003, Gantner Electronic (C‑111/01, EU:C:2003:257, punti da 24 a 32), e del 12 maggio 2011, BVG (C‑144/10, EU:C:2011:300, punto 35). V. anche, nello stesso senso, Zogg, S., op. cit., pagg. 50 e 51.

( 138 ) V., per analogia, sentenze del 4 marzo 1982, Effer (38/81, EU:C:1982:79, punto 8), e del 12 maggio 2011, BVG (C‑144/10, EU:C:2011:300, punti 3435). V. anche le mie conclusioni nella causa Bosworth e Hurley (paragrafo 89); Brosch, M., «Die Brogsitter-Defence: Neues zur Annexzuständigkeit am Vertragsgerichtsstand für deliktische Ansprüche in der EuGVVO, zugl Anmerkung zu EuGH 13. 3. 2014, C‑548/12, Marc Brogsitter/Fabrication de Montres Normandes EURL und Karsten Fräßdorf», ÖJZ 2015, pagg. da 958 a 960, nonché Magnus, U., e Mankowski, P., op. cit., pag. 168.

( 139 ) Sentenza del 3 aprile 2014 (C‑387/12, EU:C:2014:215).

( 140 ) V., in tal senso, sentenza del 3 aprile 2014, Hi Hotel HCF (C‑387/12, EU:C:2014:215, punti 16-22).

( 141 ) La Corte ha ripetutamente dichiarato che l’articolo 7, punto 2, del regolamento Bruxelles I bis non mira a tutelare una delle parti in causa [v., in particolare, sentenza del 17 ottobre 2017, Bolagsupplysningen e Ilsjan (C‑194/16, EU:C:2017:766, punti 3839)]. La stessa analisi s’impone, a mio avviso, per quanto riguarda l’articolo 7, punto 1, del regolamento in parola.

( 142 ) V. considerando 18 del regolamento Bruxelles I bis.

( 143 ) V., per quanto riguarda la sezione 4 del capo II del regolamento Bruxelles I bis, sentenze dell’11 luglio 2002, Gabriel (C‑96/00, EU:C:2002:436, punti da 54 a 58), e del 2 aprile 2020, Reliantco Investment e Reliantco Investment Limassol Sucursala Bucureşti (C‑500/18, EU:C:2020:264, punti da 58 a 73), e, per quanto riguarda la sezione 5 di tale capo, le mie conclusioni nella causa Bosworth e Hurley (paragrafi da 91 a 103). La Corte non ha ancora avuto l’opportunità di pronunciarsi su tale questione nell’ambito della sezione 3 di detto capo. V., tuttavia, seguendo un approccio analogo per quanto riguarda tale sezione 3, Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito), 1o aprile 2020, Aspen Underwriting Ltd and others v Credit Europe Bank NV, (2020) UKSC 11, punti da 34 a 41.

( 144 ) V., in particolare, Briggs, A., op. cit., pag. 237, e Weller, M., op. cit.

( 145 ) V., in particolare, sentenza del 15 gennaio 1987, Shenavai (266/85, EU:C:1987:11, punto 19).

( 146 ) V., nello stesso senso, Zogg, S., op. cit., pagg. da 57 a 62, e Minois, M., op. cit., pag. 250.

( 147 ) Allo stato attuale del regolamento Bruxelles I bis, l’articolo 30 di tale regolamento costituisce un’eccezione che consente, ove più cause connesse siano pendenti davanti ad autorità giurisdizionali di Stati membri differenti, all’autorità giurisdizionale successivamente adita di sospendere il procedimento. V., a favore dell’ampliamento della regola di connessione, Gaudemet-Tallon, H., op. cit., pag. 175.

( 148 ) A tale proposito, la Wikingerhof ha dichiarato in udienza, in risposta ad un quesito della Corte, che avrebbe potuto, ipoteticamente, formulare la propria domanda sulla base delle norme del diritto tedesco in materia di responsabilità contrattuale, più precisamente sulla violazione dell’obbligo di esecuzione in buona fede degli accordi.

( 149 ) Ciò avverrà, tuttavia, sicuramente con riferimento all’articolo 6, paragrafo 3, del regolamento Roma II.

( 150 ) V., per analogia, sentenze del 23 ottobre 2014, flyLAL-Lithuanian Airlines (C‑302/13, EU:C:2014:2319, punto 28); del 21 maggio 2015, CDC Hydrogen Peroxide (C‑352/13, EU:C:2015:335, punti da 34 a 56); del 5 luglio 2018, flyLAL-Lithuanian Airlines (C‑27/17, EU:C:2018:533, punto 51), nonché del 29 luglio 2019, Tibor-Trans (C‑451/18, EU:C:2019:635, punti da 22 a 37). V., nello stesso senso, Behar-Touchais, M., «Abus de puissance économique en droit international privé», Revue internationale de droit économique, 2010, vol. 1, pagg. da 37 a 59, spec. pagg. 41 e 42.

( 151 ) Sentenza del 21 maggio 2015, CDC Hydrogen Peroxide (C‑352/13, EU:C:2015:335).

( 152 ) È vero che le imprese vittime dell’intesa avevano ceduto i loro crediti alla società ricorrente nel procedimento principale, la quale, da parte sua, non aveva concluso alcun contratto con le imprese convenute. Tuttavia, a seguito di tale cessione del credito, questa società esercitava i diritti di cui disponevano le vittime nei confronti delle suddette imprese [v., in tal senso, sentenza del 21 maggio 2015, CDC Hydrogen Peroxide (C‑352/13, EU:C:2015:335, punto 35)].

( 153 ) Sentenza del 21 maggio 2015, CDC Hydrogen Peroxide (C‑352/13, EU:C:2015:335, punto 43).

( 154 ) V., per analogia, Oberlandesgericht München (Tribunale superiore del Land di Monaco, Germania), 23 novembre 2017, WRP 2018, 629, punti 22 e 23.

( 155 ) Come riassunte al paragrafo 12 delle presenti conclusioni.

( 156 ) V. nota 23 delle presenti conclusioni.

( 157 ) Per analogia, nel contesto di un’azione di responsabilità per abuso di posizione dominante, in cui un acquirente contesti al suo fornitore l’imposizione di prezzi di vendita non equi [v. articolo 102, secondo comma, lettera a), TFUE], può essere necessario, per stabilire l’effettività di tale condotta, determinare ciò che dice il contratto. In caso di disaccordo tra le parti in merito ai prezzi esatti previsti dal contratto – ad esempio perché si basano su una formula di calcolo complessa, perché tengono conto di diverse variabili, ecc. – le clausole del contratto relative al prezzo dovranno eventualmente essere interpretate dal giudice. Ma, anche in questo caso, si tratterebbe di una semplice questione preliminare, intesa ad accertare l’effettività della condotta lamentata, per consentire al giudice di risolvere la questione principale della sua legittimità alla luce del diritto della concorrenza.

( 158 ) In ogni caso, come ho già rilevato al paragrafo 107 delle presenti conclusioni, l’esistenza di un siffatto motivo di difesa non sarebbe rilevante per la qualificazione della domanda.

( 159 ) V., per analogia, sentenza del 29 luglio 2019, Tibor-Trans (C‑451/18, EU:C:2019:635, punto 34 e la giurisprudenza ivi citata).

( 160 ) V. paragrafo 41 delle presenti conclusioni.

( 161 ) V., per analogia, sentenza del 23 ottobre 2014, flyLAL-Lithuanian Airlines (C‑302/13, EU:C:2014:2319, punto 36).

( 162 ) V., nello stesso senso, Vilà Costa, B., «How to Apply Articles 5(1) and 5(3) Brussels I Regulation to Private Enforcement of Competition Law: a Coherent Approch», in Basedow, J., Francq, S. e Idot, L. (a cura di), International antitrust litigation: Conflict of laws and coordination, Hart Publishing, Oxford, 2012, spec. pag. 24.

( 163 ) Sentenza del 24 ottobre 2018 (C‑595/17, EU:C:2018:854).

( 164 ) V. sentenza del 24 ottobre 2018, Apple Sales International e a. (C‑595/17, EU:C:2018:854, punti da 28 a 30).

( 165 ) V., in particolare, sentenza del 24 ottobre 2018, Apple Sales International e a. (C‑595/17, EU:C:2018:854, punto 22 nonché la giurisprudenza ivi citata).

( 166 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Apple Sales International e a. (C‑595/17, EU:C:2018:541, paragrafi 34, 3571).

( 167 ) Sentenza del 24 ottobre 2018 (C‑595/17, EU:C:2018:854).

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