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Document 62018CC0460
Opinion of Advocate General Pikamäe delivered on 29 July 2019.#HK v European Commission.#Appeal — Civil service — Staff Regulations of Officials of the European Union — Article 1d — First paragraph of Article 17 of Annex VIII — Pension for the surviving spouse — Conditions for granting — Concept of ‘surviving spouse’ of a Union official — Marriage and non-marital partnership — Cohabitation — Principle of non-discrimination — Comparable situation — None — Condition of duration of marriage — Combating fraud — Justification.#Case C-460/18 P.
Conclusioni dell’avvocato generale P. Pikamäe, presentate il 29 luglio 2019.
HK contro Commissione europea.
Impugnazione – Funzione pubblica – Statuto dei funzionari dell’Unione europea – Articolo 1 quinquies – Articolo 17, primo comma, dell’allegato VIII – Pensione di reversibilità – Presupposti per la concessione – Nozione di “coniuge superstite” di un funzionario dell’Unione – Matrimonio e unione non matrimoniale – Convivenza more uxorio – Principio di non discriminazione – Situazione comparabile – Insussistenza – Requisito della durata del matrimonio – Lotta contro le frodi – Giustificazione.
Causa C-460/18 P.
Conclusioni dell’avvocato generale P. Pikamäe, presentate il 29 luglio 2019.
HK contro Commissione europea.
Impugnazione – Funzione pubblica – Statuto dei funzionari dell’Unione europea – Articolo 1 quinquies – Articolo 17, primo comma, dell’allegato VIII – Pensione di reversibilità – Presupposti per la concessione – Nozione di “coniuge superstite” di un funzionario dell’Unione – Matrimonio e unione non matrimoniale – Convivenza more uxorio – Principio di non discriminazione – Situazione comparabile – Insussistenza – Requisito della durata del matrimonio – Lotta contro le frodi – Giustificazione.
Causa C-460/18 P.
ECLI identifier: ECLI:EU:C:2019:646
CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
PRIIT PIKAMÄE
presentate il 29 luglio 2019 ( 1 )
Causa C‑460/18 P
HK
contro
Consiglio e Commissione europea
«Impugnazione – Funzione pubblica – Pensioni – Pensione di reversibilità – Articolo 17 dell’allegato VIII dello Statuto – Condizioni per l’attribuzione – Nozione di “coniuge superstite” – Condizione relativa alla durata del matrimonio – Unioni non matrimoniali – Unione di fatto – Parità di trattamento – Proporzionalità – Articoli 20 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea»
1. |
Con la presente impugnazione, il ricorrente chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 3 maggio 2018, HK/Commissione (T‑574/16, non pubblicata, in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2018:252), di rigetto del suo ricorso, fondato su un’eccezione di illegittimità dell’articolo 17 dell’allegato VIII dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto»), diretto all’annullamento della decisione della Commissione con cui quest’ultima gli ha negato, in applicazione di tale disposizione, il beneficio di una pensione di reversibilità a causa della durata inferiore a un anno del suo matrimonio con il funzionario deceduto e del mancato computo del precedente periodo di convivenza more uxorio. |
2. |
Oltre che sulla problematica classica della motivazione della sentenza del Tribunale, la presente causa offre alla Corte l’occasione di pronunciarsi, per la prima volta, sulla compatibilità dell’articolo 17 dell’allegato VIII dello Statuto con il principio generale della parità di trattamento, sancito dall’articolo 20 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), in relazione alla situazione, da un lato, delle coppie di conviventi e, dall’altro, delle coppie sposate da meno di un anno al momento del decesso del coniuge funzionario e di quelle che raggiungerebbero la durata richiesta se si prendesse in considerazione il precedente periodo di vita comune. |
3. |
Tale questione, dall’innegabile dimensione sociale, riveste evidentemente un notevole interesse per tutti i membri della funzione pubblica europea. |
I. Contesto normativo
4. |
Lo Statuto è allegato al regolamento n. 31 (CEE) 11 (CEEA) relativo allo statuto dei funzionari e al regime applicabile agli altri agenti della Comunità Economica Europea e della Comunità Europea dell’Energia Atomica ( 2 ). Detto regolamento è stato modificato a più riprese e in particolare, nel 2004, dal regolamento (CE, Euratom) n. 723/2004 del Consiglio, del 22 marzo 2004, che modifica lo statuto dei funzionari delle Comunità europee nonché il regime applicabile agli altri agenti di tali Comunità ( 3 ). |
5. |
Ai sensi dell’articolo 1 quinquies dello Statuto, nella sua versione applicabile alla controversia: «1. Nell’applicazione del presente statuto è proibita ogni discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle, le origini etniche o sociali, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza a una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o l’orientamento sessuale. Ai fini del presente statuto, le unioni non matrimoniali sono equiparate al matrimonio, a condizione che siano rispettate tutte le condizioni previste all’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), dell’allegato VII». (…) 5. Quando una persona a cui si applica il presente statuto, che si considera lesa a seguito della mancata applicazione nei suoi confronti del principio di pari trattamento sopra menzionato, esponga fatti sulla base dei quali si possa presumere che vi sia stata discriminazione diretta o indiretta, spetta all’istituzione dimostrare che non si è avuta violazione del suddetto principio di parità. La presente disposizione non si applica nelle procedure disciplinari. 6. Nel rispetto del principio di non discriminazione e del principio di proporzionalità, ogni limitazione di tali principi deve essere oggettivamente e ragionevolmente giustificata e deve rispondere a obiettivi legittimi di interesse generale nel quadro della politica del personale. Tali obiettivi possono in particolare giustificare la fissazione di un’età pensionabile obbligatoria e di un’età minima per beneficiare di una pensione di anzianità». |
6. |
L’articolo 79, primo comma, dello Statuto enuncia quanto segue: «Alle condizioni previste dal capitolo 4 dell’allegato VIII, il coniuge superstite di un funzionario o di un ex funzionario ha diritto a una pensione di riversibilità pari al 60% della pensione di anzianità o dell’indennità di invalidità di cui godeva il coniuge o di cui avrebbe goduto se avesse potuto pretendervi, prescindendo dalla durata di servizio e dall’età, al momento del suo decesso». |
7. |
L’articolo 1, paragrafi 1 e 2, dell’allegato VII dello Statuto così dispone: «1. L’assegno di famiglia è pari ad un importo di base di 170,52 EUR, maggiorato del 2% dello stipendio base del funzionario. 2. Ha diritto all’assegno di famiglia:
|
8. |
L’articolo 17 dell’allegato VIII dello Statuto prevede, per quanto riguarda la pensione di reversibilità per il coniuge superstite, quanto segue: «Il coniuge superstite di un funzionario deceduto trovandosi in una delle posizioni di cui all’articolo 35 dello statuto beneficia, purché la coppia sia stata sposata per almeno un anno, e fatte salve le disposizioni dell’articolo 1, paragrafo 1 e dell’articolo 22 [dell’allegato VIII dello Statuto], di una pensione di reversibilità pari al 60% della pensione di anzianità che sarebbe stata versata al funzionario, se quest’ultimo avesse potuto pretendervi, prescindendo dalla condizione di durata di servizio e di età, al momento del decesso. Quando dal matrimonio o da un matrimonio precedente del funzionario siano nati uno o più figli, non si applica la condizione di anteriorità di cui al comma precedente, sempreché il coniuge superstite provveda o abbia provveduto alle necessità di questi figli o quando il decesso del funzionario sia dovuto ad infermità o malattia contratta in occasione dell’esercizio delle sue funzioni, ovvero ad infortunio». |
II. Fatti
9. |
HK, ricorrente, e la sig.ra N avevano iniziato a convivere nel 1994, a Liegi (Belgio). |
10. |
La sig.ra N era funzionario della Commissione europea ed era assegnata al Centro comune di ricerca (JRC) di Siviglia (Spagna) dal 16 maggio 2005. |
11. |
Essendo affetto da diabete di tipo II, il ricorrente non poteva lavorare né seguire corsi di formazione; in tali circostanze, la sig.ra N provvedeva alle esigenze della coppia. |
12. |
Il ricorrente e la sig.ra N si sono sposati a Liegi il 9 maggio 2014. |
13. |
La sig.ra N è deceduta l’11 aprile 2015. |
14. |
Il ricorrente è stato informato oralmente dalla Commissione, in data 14 aprile 2015, che non aveva diritto a una pensione di reversibilità (in prosieguo: la «decisione controversa»). |
15. |
Il 15 giugno 2015 il ricorrente ha proposto reclamo contro la decisione controversa. |
16. |
Con decisione del 15 settembre 2015, la Commissione ha respinto tale reclamo a causa della durata insufficiente del matrimonio, ossia inferiore a un anno, nonché del fatto che il precedente periodo di convivenza more uxorio non poteva essere preso in considerazione per raggiungere la durata richiesta. |
III. Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata
17. |
Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea il 18 febbraio 2016, il ricorrente ha proposto un ricorso diretto all’annullamento della decisione controversa e al risarcimento del danno morale subito. |
18. |
In applicazione dell’articolo 3 del regolamento (UE, Euratom) 2016/1192 ( 4 ), la causa è stata trasferita al Tribunale nello stato in cui si trovava alla data del 31 agosto 2016. |
19. |
Per quanto riguarda la domanda diretta all’annullamento della decisione controversa, il ricorrente ha fatto valere un’eccezione di illegittimità dell’articolo 17 dell’allegato VIII dello Statuto, sostenuta da due censure vertenti, in primo luogo, sul carattere «arbitrario e inadeguato» del criterio di ammissibilità alla pensione di reversibilità e, in secondo luogo, su una discriminazione basata sulla violazione dell’articolo 21 della Carta e dell’articolo 2 della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro ( 5 ). |
20. |
Il Tribunale ha respinto integralmente il ricorso, condannando HK a sopportare le proprie spese e quelle sostenute dalla Commissione. |
IV. Conclusioni delle parti e procedimento dinanzi alla Corte
21. |
Il 12 luglio 2018 il ricorrente ha proposto impugnazione avverso la sentenza del Tribunale chiedendo che la Corte voglia:
|
22. |
La Commissione conclude per il rigetto dell’impugnazione e la condanna del ricorrente a sopportare tutte le spese. |
23. |
Il Consiglio dell’Unione europea, interveniente a sostegno della Commissione in primo grado, ha chiesto lo svolgimento di un’udienza sul fondamento dell’articolo 76, paragrafo 3, del regolamento di procedura della Corte, domanda che è stata accolta. |
24. |
Le parti sono state sentite nel corso dell’udienza tenutasi dinanzi alla Corte l’8 maggio 2019. |
V. Analisi
25. |
Nel contesto della presente analisi, mi è sembrato necessario esaminare anzitutto la censura del ricorrente relativa al rispetto dell’obbligo di motivazione da parte del Tribunale, che mi pare fondata e mi induce a proporre alla Corte di annullare su tale base la sentenza impugnata. Sulla scorta di tale approccio e della sussistenza delle condizioni per l’avocazione della causa, si è poi proceduto all’analisi della ricevibilità e della fondatezza del ricorso proposto dal ricorrente dinanzi al Tribunale, in esito alla quale si propone di annullare la decisione della Commissione che nega al ricorrente l’attribuzione della pensione di reversibilità. |
A. Sull’impugnazione
26. |
Il ricorrente deduce due motivi a sostegno della sua impugnazione, vertenti, il primo, sulla violazione dell’articolo 17, primo comma, dell’allegato VIII dello Statuto nonché su una motivazione nel contempo ambigua, incoerente e contraddittoria della sentenza impugnata e, il secondo, sulla violazione del principio di non discriminazione nonché su una carenza di motivazione della sentenza impugnata. |
27. |
Sembrerebbe che, in tal modo, il ricorrente mescoli nei suoi due motivi di annullamento una censura relativa all’obbligo di motivazione incombente al Tribunale, da un lato, e una vertente sulla fondatezza della motivazione della sentenza impugnata, dall’altro, questioni distinte che richiedono un esame separato. |
28. |
Per quanto riguarda l’obbligo di motivazione, occorre ricordare che, in base ad una giurisprudenza consolidata, la motivazione di una sentenza deve far risultare in modo chiaro e inequivocabile il ragionamento seguito dal Tribunale, in modo da consentire agli interessati di conoscere le giustificazioni della decisione adottata ed alla Corte di esercitare il suo controllo giurisdizionale ( 6 ). |
29. |
Il problema di sapere se la motivazione di una sentenza del Tribunale sia contraddittoria o insufficiente rappresenta una questione di diritto che, in quanto tale, può essere sollevata in sede di impugnazione ( 7 ). Inoltre, la violazione dell’obbligo di motivazione delle sentenze del Tribunale costituisce un motivo di ordine pubblico che deve essere sollevato d’ufficio dal giudice dell’Unione ( 8 ). |
30. |
Al fine di valutare la motivazione della sentenza impugnata occorre ricordare anzitutto l’oggetto della controversia dinanzi al Tribunale, ossia una domanda principale di annullamento della decisione controversa fondata su un’eccezione di illegittimità dell’articolo 17 dell’allegato VIII dello Statuto, sostenuta da due censure riguardanti, in primo luogo, il carattere «arbitrario e inadeguato» del criterio di ammissibilità alla pensione di reversibilità e, in secondo luogo, una discriminazione fondata sulla violazione dell’articolo 21 della Carta e dell’articolo 2 della direttiva 2000/78. |
31. |
Queste due censure formalmente distinte fanno parte in realtà di un unico e medesimo addebito relativo alla violazione del principio della parità di trattamento ( 9 ), attualmente sancito dall’articolo 20 della Carta, il quale esige che situazioni paragonabili non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, salvo che ciò non risulti obiettivamente giustificato ( 10 ). |
32. |
Una differenziazione tra due categorie di persone che si trovano in situazioni analoghe può essere oggettivamente giustificata da qualsiasi obiettivo legittimo, purché la misura di cui trattasi sia appropriata e necessaria alla realizzazione di tale obiettivo, il che viene per l’appunto contestato dal ricorrente adducendo il carattere «arbitrario e inadeguato» della condizione secondo cui, affinché il coniuge superstite possa beneficiare della pensione di reversibilità, la coppia doveva essere sposata da almeno un anno al momento del decesso del funzionario. |
33. |
Orbene, nella sentenza impugnata il Tribunale si è limitato ad esaminare in successione le due censure senza procedere ad alcuna qualificazione, il che, a mio avviso, comporta che dalla motivazione non risulta in modo chiaro il suo ragionamento. |
34. |
A tale proposito, il ricorrente sostiene che la motivazione della sentenza impugnata è «ambigua, incoerente e contraddittoria». Esso afferma, in particolare, che in alcuni punti della sentenza il Tribunale interpreta la nozione di «coniuge» come se riguardasse esclusivamente lo status matrimoniale, mentre in altri pone sullo stesso piano le nozioni di «coniuge» e di «partner di un’unione di fatto». |
35. |
Occorre rilevare che, nell’ambito della valutazione della prima censura sollevata dal ricorrente, il Tribunale ha proceduto ad un’interpretazione della nozione di «coniuge superstite» per constatare, al punto 23 della sentenza impugnata, che le disposizioni dell’articolo 17, primo comma, dell’allegato VIII dello Statuto sono chiare e precise e stabiliscono, senza ambiguità, le condizioni per beneficiare di una pensione di reversibilità, vale a dire «essere stato sposato con il funzionario deceduto per almeno un anno». |
36. |
Il Tribunale procede quindi ad un’assimilazione esclusiva tra la nozione di «coniuge» e lo status matrimoniale, che ribadisce ai punti 25 e 30 ( 11 ), in riferimento al senso comune di tale nozione, e ai punti da 27 a 29, relativamente all’universalità della nozione di «matrimonio» come forma di unione civile riconosciuta in tutti gli Stati membri, che impone obblighi giuridici specifici, in opposizione all’unione di fatto o alla convivenza more uxorio. |
37. |
Pertanto, è quanto meno sorprendente leggere, al punto 32 della sentenza impugnata, il quale costituisce peraltro un punto conclusivo, che, limitando l’attribuzione di detta pensione alle persone coniugate civilmente «nonché ai partner registrati e che non hanno accesso al matrimonio», il legislatore dell’Unione non ha agito in modo arbitrario. |
38. |
Da detto punto emerge chiaramente che il beneficio della pensione di reversibilità non è dunque riservato al coniuge superstite inteso nel senso esclusivamente matrimoniale, contrariamente a quanto fin lì indicato, senza che il Tribunale fornisca alcuna spiegazione che consenta di comprendere tale menzione di un’estensione del riconoscimento del diritto a pensione, a determinate condizioni, in una situazione di unione di fatto. |
39. |
È vero che, al punto 28 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato, ancorché con una formula ambigua, che «il matrimonio non è paragonabile, in linea di principio, alla convivenza more uxorio o ad altre situazioni di fatto», e l’impiego dell’espressione «in linea di principio» lascia intendere che possa essere diversamente in via eccezionale, senza ulteriori precisazioni. |
40. |
Per quanto riguarda la valutazione della seconda censura sollevata dal ricorrente, relativa alla violazione del principio di non discriminazione, il Tribunale ribadisce ai punti 48, 51 e 53 della sentenza impugnata il nesso esclusivo tra il coniuge superstite e lo status matrimoniale, dato che il confronto è effettuato tra la situazione di un funzionario deceduto che ha vissuto in unione libera e quella di detto funzionario «che è stato sposato». |
41. |
Tuttavia, al punto 47 della sentenza impugnata, il Tribunale dichiara che la condizione per l’attribuzione della pensione di reversibilità è costituita dalla natura giuridica dei vincoli che univano il funzionario deceduto «al coniuge o al partner superstite», senza ulteriori precisazioni, neppure in questo caso, circa la menzione dell’unione di fatto e la portata esatta di tale nozione, la quale può comprendere la situazione di un’unione legale sotto forma di unione di fatto ufficialmente registrata, di cui al punto 32 della sentenza impugnata, o quella di un’unione di fatto come quella della convivenza more uxorio precedente al matrimonio tra il ricorrente e il funzionario successivamente deceduto. |
42. |
La Commissione sostiene che il punto 47 deve essere interpretato alla luce dell’impiego della congiunzione «o», che implica una valutazione distinta di ciascuna delle situazioni menzionate; solo la prima, con l’esistenza di un matrimonio, consentirebbe di accedere alla pensione di reversibilità. |
43. |
Tuttavia, siffatta interpretazione è contraddetta dal punto 32 della sentenza impugnata ricordato supra. |
44. |
In tali circostanze, mi sembra che la motivazione della sentenza impugnata non faccia risultare in modo chiaro e comprensibile il ragionamento del Tribunale relativo ai beneficiari della pensione di reversibilità, situazione derivante, a mio avviso, da un’analisi incompleta delle disposizioni statutarie riguardanti la questione dell’attribuzione di detta pensione. |
45. |
Il Tribunale si è limitato a citare l’articolo 17 dell’allegato VIII dello Statuto, senza fare riferimento ad altre disposizioni statutarie pertinenti, ossia l’articolo 79 dello Statuto ma anche, e soprattutto, l’articolo 1 quinquies, paragrafo 1, secondo comma, dello Statuto e l’articolo 1, paragrafo 2, dell’allegato VII dello Statuto. |
46. |
L’articolo 1 quinquies, paragrafo 1, secondo comma, dello Statuto estende i vantaggi e i diritti previsti dallo Statuto a favore dei funzionari coniugati ai membri di unioni non matrimoniali, ma, in forza del rinvio all’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), dell’allegato VII dello Statuto, unicamente a quelli la cui unione sia ufficialmente registrata e che non abbiano accesso al matrimonio ( 12 ). |
47. |
L’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), dell’allegato VII dello Statuto, in combinato disposto con l’articolo 17 dell’allegato VIII dello Statuto, estende quindi il diritto alla pensione di reversibilità alle coppie di un’unione di fatto ufficialmente registrata e che in alcuni Stati membri non hanno accesso al matrimonio; la situazione considerata è quella delle coppie dello stesso sesso. |
48. |
Risulta quindi che la nozione di «coniuge superstite» non può essere assimilata esclusivamente allo status matrimoniale. |
49. |
Tale lettura combinata delle disposizioni statutarie pertinenti spiega forse la formulazione del punto 32 della sentenza impugnata, secondo cui l’attribuzione della pensione di reversibilità è riservata alle persone civilmente coniugate «nonché ai partner registrati che non hanno accesso al matrimonio», ma detta sentenza nulla dice al riguardo. |
50. |
Orbene, la questione dell’ambito di applicazione dell’articolo 17, primo comma, dell’allegato VIII dello Statuto sotto il profilo dei soggetti beneficiari è strettamente connessa a quella della comparabilità delle situazioni messe a confronto al fine di verificare la compatibilità di tale disposizione con il principio generale della parità di trattamento. |
51. |
Nel caso di specie, il Tribunale ha verificato se la situazione di un funzionario deceduto che ha convissuto nell’ambito di un’unione libera, stabile e di lunga durata e che ha consentito al partner di beneficiare dei suoi redditi, sia comparabile a quella di un funzionario deceduto che sia stato sposato, tralasciando il caso dei partner registrati che non hanno accesso al matrimonio ( 13 ), pur menzionato al punto 32 della sentenza, sebbene il ricorrente evocasse, in particolare, la comparabilità tra le unioni legali e le unioni di fatto a sostegno del suo argomento relativo alla violazione del principio della parità di trattamento. |
52. |
Inoltre, quest’unica categorizzazione e comparazione delle situazioni rende difficile comprendere il ragionamento del Tribunale relativo alla censura vertente sul carattere «arbitrario e inadeguato» della condizione relativa al periodo minimo di un anno di matrimonio, posto che il ricorrente era effettivamente sposato con la funzionaria deceduta e gli è stata negata la pensione di reversibilità per il motivo che il matrimonio ha avuto una durata inferiore ad un anno, non essendo stato inoltre preso in considerazione il precedente periodo di convivenza more uxorio. |
53. |
Il Tribunale si limita a constatare, al punto 35 della sentenza impugnata, che la condizione relativa al periodo minimo di un anno di matrimonio per «il conseguimento dell’obiettivo della lotta contro le frodi non è inappropriato» ( 14 ), il che rispecchia necessariamente la presa in considerazione di un obiettivo legittimo di differenziazione tra situazioni comparabili e l’attuazione di un controllo di proporzionalità, ma senza che si possa comprendere come il Tribunale sia pervenuto a tale conclusione partendo dalla sola ponderazione delle situazioni dallo stesso effettuata, che l’hanno indotto ad affermarne la non comparabilità. |
54. |
Anche dalla lettura dei punti 35 e 36 della sentenza impugnata emerge l’ambiguità del ragionamento del Tribunale, dato che esso constata, nel primo punto, l’idoneità del requisito della durata di un anno a conseguire l’«obiettivo della lotta contro le frodi» prima di concludere, nel secondo punto, che il duplice criterio del matrimonio civile di durata superiore a un anno non è «quindi» né arbitrario né inadeguato rispetto all’«obiettivo perseguito dalla pensione di reversibilità». |
55. |
In tal modo, il Tribunale evoca due nozioni distinte, vale a dire l’obiettivo legittimo che giustifica la differenziazione tra situazioni comparabili e l’obiettivo della pensione di reversibilità alla luce del quale occorre verificare se le situazioni di fatto e di diritto degli interessati siano comparabili, senza spiegare il nesso causale tra i due punti e facendo così apparire una confusione tra le due nozioni in parola. |
56. |
Qualora la Corte condividesse la presente analisi, si dovrebbe ritenere che il Tribunale abbia violato l’obbligo di motivazione, dato che la motivazione ambigua della sentenza impugnata non consente al ricorrente di comprendere il ragionamento del Tribunale relativo all’affermazione di una violazione del principio della parità di trattamento sulla quale si fonda l’eccezione di illegittimità dell’articolo 17 dell’allegato VIII dello Statuto, e quindi il rigetto del suo ricorso, né alla Corte di esercitare il proprio controllo giurisdizionale sul punto. |
57. |
Peraltro, rilevo per completezza che, nel controricorso, la Commissione ha concluso per l’irricevibilità della domanda di annullamento, eccependo la discordanza tra il reclamo e il ricorso, in quanto nel primo non è stata dedotta illegittimità dell’articolo 17 dell’allegato VIII dello Statuto. |
58. |
Orbene, è giocoforza constatare che tale argomento è rimasto senza risposta nella sentenza impugnata, che non lo menziona. |
59. |
Si deve ricordare che, nell’ambito di un ricorso di impugnazione, il controllo della Corte è volto, in particolare, ad accertare se il Tribunale abbia risolto esaurientemente le questioni poste dal complesso degli argomenti invocati dal ricorrente ( 15 ). |
60. |
La Corte ha considerato altresì che il motivo attinente alla mancata risposta, da parte del Tribunale, ad argomenti dedotti in primo grado consiste, sostanzialmente, nell’invocare una violazione dell’obbligo di motivazione derivante dall’articolo 36 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, applicabile al Tribunale in forza dell’articolo 53, primo comma, del medesimo Statuto, e dell’articolo 81 del regolamento di procedura del Tribunale ( 16 ), dovendosi ricordare che il motivo attinente alla violazione di tale obbligo costituisce un motivo di ordine pubblico che deve essere sollevato dal giudice dell’Unione, come sopra precisato. |
61. |
La sentenza impugnata contiene quindi un manifesto difetto di motivazione circa l’eccezione di irricevibilità del ricorso. |
62. |
Di conseguenza, tenuto conto di queste due violazioni dell’obbligo di motivazione del Tribunale e senza che sia necessario esaminare i motivi di merito dedotti dal ricorrente a sostegno della sua impugnazione, occorrerebbe, a mio avviso, annullare la sentenza impugnata. |
63. |
Conformemente all’articolo 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, in caso di annullamento della decisione del Tribunale la Corte può statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta, oppure rinviare la causa dinanzi al Tribunale affinché sia decisa da quest’ultimo. |
64. |
Nel caso di specie, mi sembra che la Corte sia in grado di statuire sull’eccezione di illegittimità dell’articolo 17 dell’allegato VIII dello Statuto sollevata dal ricorrente nel corso del procedimento di primo grado, posto che, da un lato, l’esposizione dei fatti pertinenti per la decisione appare completa e sufficiente e non è oggetto di discussione tra le parti e, dall’altro, gli elementi della controversia sono stati discussi in contraddittorio dinanzi al Tribunale e alla Corte. Inoltre, occorre prendere in considerazione l’interesse del ricorrente ad ottenere una decisione definitiva rapidamente, dovendosi ricordare che la sua domanda di attribuzione della pensione di reversibilità risale all’aprile 2015. |
B. Sul ricorso dinanzi al Tribunale
65. |
L’avocazione deve indurre la Corte a statuire sulla controversia quale si presentava dinanzi al Tribunale e pertanto non è vi è più luogo a pronunciarsi sui motivi di impugnazione, né sull’irricevibilità del primo di tali motivi eccepita dal Consiglio all’udienza di discussione. |
66. |
In primo grado, il ricorrente ha chiesto l’annullamento della decisione controversa e, «per quanto necessario», l’annullamento della decisione di rigetto del reclamo. A tal riguardo, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, una domanda di annullamento formalmente diretta contro la decisione di rigetto di un reclamo, nel caso in cui tale decisione sia priva di contenuto autonomo, ha l’effetto di sottoporre al giudizio del Tribunale l’atto contro cui è stato presentato il reclamo ( 17 ). Nel caso di specie, dal momento che la decisione di rigetto del reclamo è priva di contenuto autonomo, il ricorso deve essere considerato diretto contro la decisione controversa. |
1. Sulla ricevibilità
67. |
Nel suo controricorso, la Commissione ha concluso per l’irricevibilità della domanda di annullamento, eccependo la discordanza tra il reclamo e il ricorso, in quanto nel primo non è stata dedotta l’illegittimità dell’articolo 17 dell’allegato VIII dello Statuto. |
68. |
A tale proposito, occorre rammentare che la regola della concordanza tra il reclamo, ai sensi dell’articolo 91, paragrafo 2, dello Statuto, e il susseguente ricorso impone, a pena d’irricevibilità, che un motivo sollevato dinanzi al giudice dell’Unione lo sia già stato nell’ambito del procedimento precontenzioso, affinché l’APN potesse conoscere le censure formulate dall’interessato avverso la decisione impugnata ( 18 ). |
69. |
Ne consegue che, nei ricorsi dei funzionari, le conclusioni presentate dinanzi al giudice dell’Unione possono contenere solo censure fondate sulla stessa causa petendi sulla quale si fondano le censure dedotte nel reclamo, fermo restando che tali censure possono essere sviluppate, dinanzi al giudice dell’Unione, mediante deduzione di motivi e argomenti non contenuti necessariamente nel reclamo, ma ad esso strettamente connessi ( 19 ). |
70. |
È stato precisato, da un lato, che, poiché il procedimento precontenzioso ha un carattere informale e gli interessati agiscono generalmente, in tale fase, agiscono senza l’assistenza di un avvocato, l’amministrazione non deve interpretare i reclami in modo restrittivo, ma, al contrario, deve esaminarli con spirito di apertura e, dall’altro, che l’articolo 91 dello Statuto non ha lo scopo di delimitare, in modo rigoroso e definitivo, l’eventuale fase contenziosa, ove il ricorso contenzioso non modifichi né la causa né l’oggetto del reclamo ( 20 ). |
71. |
Nel caso di specie, è pacifico che il reclamo sia stato redatto dal solo ricorrente senza menzionare un’eccezione di illegittimità dell’articolo 17 dell’allegato VIII dello Statuto, dato che detto reclamo fa seguito ad una semplice comunicazione orale di diniego della pensione di reversibilità a motivo di una durata di matrimonio insufficiente. Con tale reclamo, il ricorrente ha contestato la posizione della Commissione facendo valere la sua comunione di vita per oltre vent’anni con il funzionario deceduto nell’ambito di una convivenza more uxorio. In tali circostanze, si deve ritenere che l’eccezione di illegittimità dell’articolo citato a motivo della violazione del principio della parità di trattamento presenti un nesso sufficientemente stretto con il reclamo. |
72. |
Ad ogni modo, è stata dichiarata ricevibile un’eccezione di illegittimità sollevata per la prima volta in fase di ricorso giurisdizionale, in deroga alla regola della concordanza ( 21 ). |
2. Sulla domanda di annullamento della decisione della Commissione che nega l’attribuzione della pensione di reversibilità
73. |
È pacifico che il ricorso proposto dinanzi al Tribunale sia fondato esclusivamente su un’eccezione di illegittimità dell’articolo 17 dell’allegato VIII dello Statuto, la cui ricevibilità è indubbia, dato che la decisione controversa si fonda essenzialmente su tale disposizione. |
74. |
Come menzionato in precedenza, l’articolo 17 dell’allegato VIII dello Statuto fa parte delle disposizioni statutarie che definiscono il regime giuridico della pensione di reversibilità. |
75. |
L’articolo 79 dello Statuto prevede per il coniuge superstite del funzionario il diritto alla percezione di tale pensione e il relativo ammontare alle condizioni indicate al capo 4 dell’allegato VIII dello Statuto, che comprende l’articolo 17, il quale richiede che la coppia sia stata sposata per almeno un anno. |
76. |
Peraltro, l’articolo 1 quinquies, paragrafo 1, secondo comma, dello Statuto enuncia che le unioni non matrimoniali sono equiparate al matrimonio, a condizione che siano rispettate tutte le condizioni previste all’articolo 1, paragrafo 2, dell’allegato VII dello Statuto, due delle quali richiedono rispettivamente un’unione di fatto ufficialmente registrata e la mancanza di accesso al matrimonio civile per la coppia interessata. |
77. |
Applicando tali disposizioni in occasione della valutazione della domanda di pensione di reversibilità presentata dal ricorrente, la Commissione ha ritenuto che, sebbene l’interessato avesse effettivamente la qualità di coniuge superstite, dato il suo matrimonio con il funzionario deceduto, la condizione relativa alla durata di quest’ultimo non fosse soddisfatta. Inoltre, l’esistenza di una vita comune di oltre 20 anni nell’ambito di una convivenza more uxorio non poteva essere presa in considerazione, dato che non ricorreva il presupposto dell’assimilazione di un’unione di fatto al matrimonio, previsto dall’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), iv), dell’allegato VII dello Statuto e relativo alla mancanza di accesso al matrimonio civile in uno Stato membro. |
78. |
Occorre sottolineare, tenuto conto della portata del controllo della Corte, che il ricorrente non addebita alla Commissione di avere commesso nella fattispecie un errore di valutazione. Esso afferma unicamente che la decisione individuale negativa della Commissione è irregolare in quanto fondata su una norma a sua volta illegittima. |
79. |
Sotto l’apparenza di due censure formalmente distinte, il ricorrente conclude, in sostanza, per l’illegittimità dell’articolo 17 dell’allegato VIII dello Statuto a motivo di una violazione del principio di parità di trattamento o di non discriminazione, richiamandosi in proposito all’articolo 21 della Carta e all’articolo 2 della direttiva 2000/78. |
80. |
L’articolo 21, paragrafo 1, della Carta così recita: «È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale». |
81. |
Il ricorrente non ha precisato la causa della discriminazione in questione nel caso di specie, ma si evince dalle sue memorie che essa è costituita dalla natura giuridica del vincolo che unisce i membri di una coppia, nozione che non figura nell’elenco sopra menzionato, certamente non esaustivo, come conferma l’uso dell’espressione «in particolare». |
82. |
In ogni caso, è giocoforza constatare che dalle argomentazioni del ricorso, nonché dalle osservazioni sulla memoria di intervento del Consiglio, emerge che il ricorrente mette chiaramente in discussione la compatibilità dell’articolo 17 dell’allegato VIII dello Statuto con il principio generale della parità di trattamento. Anche la Commissione e il Consiglio hanno collocato la loro difesa nel contesto più generale della parità di trattamento. |
83. |
Il rispetto del principio della parità di trattamento fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione il cui carattere fondamentale è sancito dall’articolo 20 della Carta, al quale l’articolo 6, paragrafo 1, TUE riconosce lo stesso valore giuridico dei trattati. Come risulta dall’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, le disposizioni di quest’ultima si rivolgono principalmente alle istituzioni dell’Unione, che sono quindi tenute a rispettare i diritti in essa sanciti ( 22 ). |
84. |
Nel caso di specie, il ricorrente eccepisce una violazione del principio della parità di trattamento, sancito dall’articolo 20 della Carta, sotto un duplice profilo. |
a) Sulla differenza di trattamento delle coppie conviventi more uxorio
85. |
Occorre sottolineare, preliminarmente, che la paragonabilità delle situazioni deve essere valutata alla luce dell’oggetto e dello scopo dell’atto dell’Unione che stabilisce la distinzione di cui trattasi ( 23 ). |
86. |
L’oggetto e l’obiettivo della pensione di reversibilità prevista, in particolare, all’articolo 17, primo comma, dell’allegato VIII dello Statuto è concedere al coniuge superstite un reddito sostitutivo destinato a compensare parzialmente la perdita dei redditi del coniuge deceduto ( 24 ). |
87. |
Il ricorrente sostiene che una coppia impegnata in un rapporto di convivenza more uxorio stabile e di lunga durata, implicante l’assistenza finanziaria di uno dei conviventi nei confronti dell’altro, e una coppia sposata o che ha costituito un’unione non matrimoniale si trovano in situazioni analoghe, cosicché la privazione della pensione di reversibilità per il convivente superstite configurerebbe una violazione del principio della parità di trattamento. |
88. |
A tale proposito, il ricorrente fa valere un approccio all’obiettivo della pensione di reversibilità fondato su un’analisi ex post della coppia – anziché ex ante come quella svolta dalle altre parti –, che consente di constatare come, alla data del decesso di uno dei conviventi more uxorio, il convivente superstite si trovi in una situazione assolutamente identica a quella di un coniuge superstite, vale a dire quella di una persona che ha beneficiato per anni dei redditi del convivente e improvvisamente ne viene privata. |
89. |
Tale interpretazione riduttiva della finalità della pensione di reversibilità, deliberatamente incentrata su un approccio esclusivamente materiale alla situazione valutata solamente alla data del decesso del funzionario, non rispecchia l’effettiva ratio legis dell’articolo 17, primo comma, dell’allegato VIII dello Statuto. |
90. |
Risulta da tale testo, letto in combinato disposto con le altre disposizioni pertinenti dello Statuto, che l’attribuzione della pensione di reversibilità non è soggetta a condizioni reddituali e/o patrimoniali che comportino l’incapacità del coniuge di soddisfare i propri bisogni e dimostrino quindi la sua precedente dipendenza economica dal defunto. |
91. |
Il beneficio di detta pensione compensa la perdita di una solidarietà derivante da obblighi di legge che incombono ai membri di una coppia a decorrere dalla costituzione della loro unione e che perdurano nel tempo. A tal riguardo, occorre rilevare che l’articolo 26 dell’allegato VIII dello Statuto prevede che, se il coniuge superstite contrae nuovo matrimonio, perde il diritto alla pensione di reversibilità, il che non accade se detto coniuge intrattiene un rapporto di convivenza more uxorio (o un’unione registrata), a prescindere dalla sua durata e stabilità. |
92. |
Tale solidarietà sussiste evidentemente nell’ambito del matrimonio, l’unica forma di rapporto civile comune a tutti gli Stati membri dell’Unione ( 25 ) e che presenti una certa universalità sotto il profilo del contenuto ( 26 ), essendo il matrimonio finalizzato principalmente ad organizzare gli obblighi personali, materiali e patrimoniali dei coniugi per la durata della loro unione. A tale scopo, esso attribuisce ai coniugi diritti e obblighi reciproci, il che si traduce in particolare nell’esistenza di un dovere di assistenza e/o di contribuzione agli oneri della famiglia, e impone altresì una solidarietà economica nei confronti dei terzi per i debiti familiari. Peraltro, il matrimonio è soggetto a rigorose formalità di registrazione. |
93. |
Sebbene il riconoscimento dell’unione di fatto registrata sia caratterizzato da un’eterogeneità delle legislazioni nazionali, si può affermare che anche detta unione corrisponde a un regime giuridico della vita di coppia, soggetto a vere formalità, che implica diritti e obblighi dei partner, il che la ravvicina innegabilmente allo status matrimoniale. |
94. |
Viceversa, l’unione di fatto o unione libera, nella quale rientra la convivenza more uxorio ( 27 ), sfugge per definizione a qualsiasi contesto normativo vincolante per coloro che abbiano scelto tale forma di unione civile e non comporta quindi conseguenze giuridiche e patrimoniali nei rapporti tra conviventi. La determinazione della natura di tali rapporti, che potrebbero eventualmente riflettere una solidarietà di fatto tra conviventi, dipende unicamente dalla volontà e dalle scelte dei membri di un’unione che non è soggetta ad alcuna regola formale. |
95. |
Il ricorrente fa riferimento alla dottrina e a decisioni di giudici belgi che riconoscono l’esistenza di obblighi naturali tra conviventi suscettibili di diventare obblighi civili. Oltre al fatto che, nell’ambito della valutazione della comparabilità delle situazioni degli interessati, il giudice dell’Unione deve prendere in considerazione i concetti prevalenti nell’insieme dell’Unione e non solo in uno Stato membro ( 28 ), l’esempio giurisprudenziale fornito dal ricorrente dimostra che la trasformazione dell’obbligo naturale, vincolante soltanto sul piano della coscienza, in obbligo civile e giuridico, dipende dal solo impegno unilaterale di volontà di uno dei conviventi. |
96. |
Non mi sembra pertinente neppure il richiamo alla sentenza del 1o aprile 2008, Maruko (C‑267/06, EU:C:2008:179), concernente l’interpretazione degli articoli 1 e 2 della direttiva 2000/78 in relazione alla normativa tedesca che accorda una pensione di vedovanza alle coppie che hanno contratto un’unione di fatto registrata di un importo inferiore a quello della pensione versata alle coppie sposate. Il confronto riguardava, da un lato, la situazione di due persone dello stesso sesso non aventi accesso al matrimonio e legate da un’unione di fatto registrata e, dall’altro, quella di una coppia sposata, mentre nel caso di specie sono messe a confronto la situazione di due persone tra le quali esiste un’unione libera e quella di una coppia sposata o che non ha accesso al matrimonio ma ha contratto un’unione ufficialmente registrata. |
97. |
Occorre sottolineare che, al punto 75 della sentenza del 15 aprile 2010, Gualtieri/Commissione (C‑485/08 P, EU:C:2010:188), la Corte ha dichiarato che se, sotto certi aspetti, le unioni di fatto e quelle legali, come il matrimonio, possono presentare somiglianze, ciò non conduce necessariamente ad un’equiparazione tra questi due tipi di unione. |
98. |
Peraltro, nella sentenza della Corte EDU del 3 aprile 2012, Van der Heijden c. Paesi Bassi (CE:ECHR:2012:0403JUD004285705, § 69), è stato precisato che: «[i]l matrimonio conferisce uno status particolare ai contraenti. L’esercizio del diritto di sposarsi è tutelato dall’articolo 12 della [convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950,] e comporta conseguenze sociali, personali e giuridiche (v., mutatis mutandis, sentenze della Corte EDU del 29 aprile 2008, Burden c. Regno Unito, CE:ECHR:2008:0429JUD001337805, § 63, e del 2 novembre 2010, Şerife Yiğit c. Turchia, CE:ECHR:2010:1102JUD000397605, § 72). Analogamente, le conseguenze giuridiche dell’unione di fatto registrata distinguono questo tipo di rapporto dalle altre forme di vita comune. Più che la durata o il carattere di assistenza reciproca della relazione, l’elemento determinante è l’esistenza di un impegno pubblico, che implica una serie di diritti e di obblighi di natura contrattuale». |
99. |
In tali circostanze, alla luce dello scopo della pensione di reversibilità, quale ricordato e precisato in precedenza, mi sembra che le situazioni messe a confronto dal ricorrente non siano comparabili, dato che le unioni di fatto e le unioni legali, che si tratti del matrimonio o di un’unione di fatto registrata, presentano una differenza di natura giuridica insuperabile. Una differenza di trattamento non può quindi portare a concludere che sia stato violato il principio della parità di trattamento. |
100. |
Tale conclusione non chiude tuttavia la discussione relativa al motivo vertente su un’eccezione di illegittimità dell’articolo 17 dell’allegato VIII dello Statuto per violazione del principio della parità di trattamento. |
b) Sulla differenza di trattamento delle coppie il cui matrimonio ha avuto una durata inferiore a un anno
101. |
Il ricorrente ha censurato, nel suo ricorso dinanzi al Tribunale, la condizione della durata della relazione personale necessaria per l’attribuzione della pensione di reversibilità, facendo valere che il criterio del matrimonio o dell’unione non matrimoniale di durata superiore a un anno è «arbitrario e inadeguato». |
102. |
Tale argomentazione deve essere inquadrata nel contesto di fatto e di diritto della controversia, vale a dire che il ricorrente era stato sposato per oltre 11 mesi con il funzionario deceduto e la decisione con cui la Commissione ha respinto la domanda di attribuzione della pensione di reversibilità si basava sulla durata insufficiente del matrimonio, ossia inferiore a un anno, nonché sul rifiuto di prendere in considerazione il precedente periodo di convivenza more uxorio. |
103. |
Nel caso di specie, la situazione di una coppia sposata da oltre un anno e quella di una coppia sposata da meno di un anno, preceduta o meno da una comunione di vita nell’ambito di una convivenza more uxorio, possono essere considerate comparabili alla luce dell’obiettivo della pensione di reversibilità, dovendosi ricordare che non è necessario che le situazioni di cui trattasi siano identiche ( 29 ). |
104. |
In entrambi i casi si tratta di coppie che hanno contratto un impegno pubblico che attribuisce a ciascuno dei coniugi, il giorno stesso della celebrazione del matrimonio, un insieme di specifici diritti e obblighi reciproci e nei confronti dei terzi, all’origine di una solidarietà giuridica, il che determina una sufficiente similarità tra le situazioni in relazione alla prestazione di cui trattasi. |
105. |
Può essere oggettivamente giustificata una differenziazione tra queste due categorie di persone che si trovano in situazioni analoghe? |
106. |
Occorre rammentare, a tale proposito, che l’articolo 52, paragrafo 1, della Carta consente che possano essere apportate limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà sanciti da quest’ultima, purché tali limitazioni siano previste dalla legge, rispettino il contenuto essenziale di detti diritti e libertà e, nel rispetto del principio di proporzionalità, siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui. |
107. |
Da tale articolo risulta che, per essere ritenuta conforme al diritto dell’Unione, una limitazione all’esercizio del diritto alla parità deve, in ogni caso, soddisfare tre condizioni ( 30 ), vale a dire che la limitazione deve essere prevista dalla legge, perseguire un obiettivo di interesse generale e non essere eccessiva, nel senso che deve essere necessaria e proporzionata allo scopo perseguito e non deve essere leso il «contenuto essenziale», ossia la sostanza, del diritto o della libertà di cui trattasi. |
1) Fondamento normativo
108. |
La limitazione deve essere «prevista dalla legge». In altri termini, la misura in questione deve avere un fondamento normativo ( 31 ), il che non solleva difficoltà nel presente caso, dato che la condizione per l’attribuzione della pensione di reversibilità secondo cui la coppia deve essere stata sposata per un anno al momento del decesso del funzionario è prevista dall’articolo 17, primo comma, dell’allegato VIII dello Statuto. Inoltre, tale disposizione soddisfa le condizioni di accessibilità, chiarezza e prevedibilità stabilite dalla giurisprudenza della Corte EDU, per consentire agli interessati di decidere in merito alla propria condotta con cognizione di causa ( 32 ). |
2) Obiettivo d’interesse generale
109. |
Si deve ricordare che, quando si tratti di un atto legislativo dell’Unione, spetta al legislatore dell’Unione stabilire l’esistenza di criteri oggettivi dedotti a titolo di giustificazione della differenza di trattamento e fornire alla Corte gli elementi necessari alla verifica, da parte di quest’ultima, dell’esistenza di tali criteri ( 33 ). |
110. |
È giocoforza constatare che lo Statuto, in quanto tale, non fornisce alcuna precisazione o indicazione riguardo all’obiettivo sotteso all’articolo 17 del suo allegato VIII. In generale, l’articolo 1 quinquies, paragrafo 6, dello Statuto dispone che, «[n]el rispetto del principio di non discriminazione e del principio di proporzionalità, ogni limitazione di tali principi deve essere oggettivamente e ragionevolmente giustificata e deve rispondere a obiettivi legittimi di interesse generale nel quadro della politica del personale» ( 34 ). |
111. |
Tuttavia, tale circostanza non esclude che un obiettivo siffatto possa essere dedotto dal contesto generale del provvedimento di cui trattasi al fine di esercitare un sindacato giurisdizionale quanto alla sua legittimità e al carattere adeguato e necessario dei mezzi adottati per realizzare detto obiettivo ( 35 ). |
112. |
Nelle loro memorie e in udienza, la Commissione e il Consiglio hanno menzionato, sul punto, la necessità di evitare la frode dei matrimoni di comodo, preservare in tal modo l’equilibrio del regime pensionistico, evitare oneri eccessivi per l’amministrazione nel disbrigo delle pratiche in contrasto con il principio di buona amministrazione, in particolare per quanto riguarda la valutazione di elementi di prova fattuali, e garantire nel contempo la parità di trattamento dei funzionari. |
113. |
Tali diverse aspirazioni possono essere considerate come obiettivi di interesse generale, vale a dire legittimi, riconosciuti dall’Unione e devono quindi essere soggette a un controllo di proporzionalità della Corte, come previsto all’articolo 52 della Carta. |
3) Esame di proporzionalità
114. |
Secondo una giurisprudenza costante, il principio di proporzionalità rientra tra i principi generali del diritto dell’Unione. Esso esige che le misure siano idonee a realizzare i legittimi obiettivi perseguiti dalla normativa in questione e non eccedano i limiti di quanto è necessario per raggiungere questi obiettivi ( 36 ), fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti ( 37 ). |
i) Adeguatezza
115. |
Occorre verificare se la disposizione controversa sia atta a contribuire alla realizzazione degli obiettivi di interesse generale menzionati in precedenza. |
116. |
Nel contesto di tale valutazione, la Commissione e il Consiglio affermano che occorre tenere conto del fatto che, in materia di assetto del sistema di protezione sociale dei funzionari dell’Unione, il legislatore dispone di un ampio potere discrezionale ( 38 ). Il riconoscimento di un potere siffatto implica la necessità di verificare se lo strumento scelto per realizzare lo scopo perseguito non sia manifestamente inadeguato o irragionevole ( 39 ). |
117. |
Tuttavia, la Corte ha dichiarato che tale margine di discrezionalità non può avere l’effetto di svuotare della sua sostanza l’attuazione del principio di non discriminazione ( 40 ), il che vale necessariamente per il principio della parità di trattamento. Essa ha inoltre considerato che una normativa può essere ritenuta idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo addotto solo se risponde realmente all’intento di raggiungerlo in modo coerente e sistematico ( 41 ). |
118. |
Nel caso di specie, dubbi al riguardo possono sorgere se si considera la situazione del decesso inatteso, segnatamente a causa di un incidente, di uno dei coniugi di una coppia sposata da 11 mesi e 29 giorni e di cui il coniuge superstite si vedrebbe privato della pensione di reversibilità mentre, all’opposto, beneficerebbe di tale pensione il partner che avesse contratto matrimonio con un funzionario gravemente malato e infine deceduto 12 mesi dopo l’unione civile. |
119. |
Da tale raffronto di situazioni emerge la debolezza di una disposizione che si fonda esclusivamente su un criterio ratione temporis con applicazione di una ghigliottina temporale che opera in maniera automatica e cieca. |
120. |
Inoltre, si potrebbero esprimere perplessità anche in merito all’analisi in concreto degli asseriti obiettivi della differenziazione, in particolare riguardo al primo di essi, relativo alla lotta contro le frodi, al quale gli altri tre sono strettamente connessi, o addirittura ne discendono. |
121. |
Occorre, infatti, circoscrivere la nozione di «frode» cui fanno riferimento la Commissione e il Consiglio, che utilizzano le espressioni «patti sulla futura successione», nozione che riguarda a priori soltanto le norme in materia di devoluzione ereditaria o, in maniera più connotata, di «matrimonio di comodo». L’idea addotta è prevenire tramite la durata del matrimonio il rischio che quest’ultimo sia contratto più allo scopo di beneficiare di prestazioni economiche che per un «progetto di vita comune». |
122. |
È possibile interrogarsi sulla situazione concreta prospettata in tal modo dalla Commissione e dal Consiglio. L’espressione «matrimonio di comodo» rinvia a quella di «matrimonio fittizio» normalmente impiegata per designare un’unione artificiosa, motivata unicamente dalla possibilità per uno dei coniugi di ottenere così l’ambita cittadinanza dell’altro coniuge. Tale associazione limitata di interessi tra due individui, senza un reale legame affettivo, non è pertinente nel caso in esame. |
123. |
L’unica situazione prospettabile sul piano pratico è quella di una coppia, che abbia o meno concluso un accordo matrimoniale, la quale decida di contrarre matrimonio a seguito di un notevole deterioramento dello stato di salute del partner funzionario. |
124. |
L’idea che si possa qualificare una siffatta unione matrimoniale come matrimonio di comodo mi sembra ampiamente contestabile e in un certo senso fuori luogo, in quanto nega l’essenza stessa del matrimonio. In tale ipotesi, infatti, si tratta di due persone che hanno già stabilito un rapporto di coppia e scelgono di rafforzare il loro impegno con l’assunzione dello status matrimoniale, limitandosi in questo modo a rispondere ad un forte incentivo in tal senso delle disposizioni statutarie che privilegiano manifestamente detto status. In siffatte circostanze, il timore che il matrimonio non sia realmente motivato da un «progetto di vita comune» è privo di fondamento, poiché la vita comune è preesistente all’unione civile. |
125. |
La scelta dello status matrimoniale comporta necessariamente e in ogni caso una dimensione patrimoniale e dipende da una volontà di certezza del diritto e di massima protezione del partner durante l’unione e alla fine della stessa. Il fatto che tale scelta possa intervenire a seguito di un’informazione preoccupante sullo stato di salute del partner non caratterizza una frode, bensì conferma la forza di un vincolo tra due persone che assumeranno un impegno la cui data di conclusione non potrà mai essere nota in anticipo, a prescindere dalla gravità della malattia che abbia colpito il partner divenuto coniuge. In questi casi non ricorre, a mio avviso, un abuso del matrimonio, come sostenuto dalla Commissione e dal Consiglio. |
126. |
Peraltro, «l’effetto ritardato» costituito in un certo senso dalla condizione relativa al periodo di un anno di matrimonio per beneficiare della pensione di reversibilità è radicalmente incompatibile con la natura giuridica del matrimonio, che produce effetti al momento stesso dell’assunzione dell’impegno. La Commissione e il Consiglio hanno sottolineato con forza che la differenza di trattamento prevista dallo Statuto tra le persone coniugate e i conviventi si basa su una «differenza di situazione familiare che deriva da una scelta deliberata degli interessati», dato che lo status matrimoniale, con i correlati obblighi giuridici ed economici incombenti ai coniugi, si distingue necessariamente da una mera unione libera in rapporto all’obiettivo della pensione di reversibilità. |
127. |
È giocoforza constatare che, il 9 maggio 2014, il ricorrente e la sig.ra N. hanno scelto tale status matrimoniale che determina istantaneamente il contesto giuridico invocato dalle menzionate istituzioni come elemento di differenziazione obiettiva. Se in questo tipo di controversia, come dimostra chiaramente la situazione del ricorrente, non vi fosse una realtà umana dolorosa, si sarebbe tentati di soffermarsi sull’ironia di una situazione in cui la Commissione e il Consiglio si rifugiano dietro la nozione di «matrimonio di comodo» per respingere la domanda di attribuzione della pensione di reversibilità dopo avere opposto al ricorrente il fatto di non aver scelto la status matrimoniale nell’ambito del confronto in rapporto all’obiettivo di detta pensione. |
128. |
In tali circostanze, la misura in questione mi sembra manifestamente inidonea a conseguire un obiettivo connesso alla lotta contro le frodi; la stessa conclusione si impone per gli altri motivi che ne costituiscono i corollari. |
129. |
Supponendo che il motivo di legittimità fondato sulla tutela dell’equilibrio finanziario del regime pensionistico possa essere oggetto di una valutazione distinta, si deve constatare che il rischio di pregiudizio a tale equilibrio in assenza della disparità di trattamento censurata non è stato in alcun modo dimostrato, né spiegato, dalla Commissione né dal Consiglio. Inoltre, risulta dalla giurisprudenza della Corte che considerazioni di bilancio, puramente finanziarie, non possono, di per sé sole, costituire un obiettivo legittimo atto a giustificare una deroga al principio generale di parità di trattamento e di non discriminazione ( 42 ). |
ii) Necessità
130. |
Qualora la Corte ritenesse manifestamente inadeguata la condizione di un anno di matrimonio, occorrerebbe chiedersi se una disposizione come quella qui controversa fosse necessaria per conseguire gli obiettivi perseguiti. Una misura è necessaria se la finalità legittima perseguita non avrebbe potuto essere realizzata mediante uno strumento ugualmente idoneo, ma meno gravoso ( 43 ). Nel caso di specie si deve accertare se non esistano soluzioni meno radicali per evitare rischi di frode, preservare in tal modo l’equilibrio finanziario del regime pensionistico, evitare oneri eccessivi all’amministrazione nel disbrigo delle pratiche in contrasto col principio di buona amministrazione e garantire nel contempo la parità di trattamento dei funzionari. |
131. |
Va precisato che, nel presente caso, la soluzione accolta è quanto meno radicale, in quanto ogni decesso di un funzionario sopravvenuto entro 12 mesi dal matrimonio sarà assimilato ad una presunzione assoluta di frode e priverà il coniuge superstite della pensione di reversibilità. |
132. |
La soluzione meno gravosa per gli interessati sarebbe dare loro la possibilità di dimostrare che non si trattava di un matrimonio di comodo, fornendo i documenti che dimostrino l’effettività di una precedente vita comune la cui durata consentirebbe loro di raggiungere la soglia fatidica dei 12 mesi. È importante sottolineare che tale soluzione non sarebbe affatto in contrasto con l’approccio adottato per determinare la comparabilità delle situazioni messe a confronto, ossia unioni legali, da un lato, e unioni di fatto, dall’altro, in quanto essa non rimette in discussione il nesso tra matrimonio e pensione di reversibilità. |
133. |
Siffatto approccio meno gravoso non sarebbe per ciò stesso inadeguato. |
134. |
Per quel che riguarda l’obiettivo diretto ad evitare un onere amministrativo eccessivo, occorre rilevare che tale affermazione della Commissione e del Consiglio non è minimamente sostenuta da dati numerici pertinenti. Nella sua memoria di intervento, il Consiglio evoca una funzione pubblica europea con oltre 58000 funzionari e agenti ed oltre 20000 beneficiari del regime pensionistico. Tali dati sono manifestamente insufficienti in rapporto alla questione sollevata dalla presente causa, che riguarda unicamente i matrimoni di durata inferiore a un anno, essendo ragionevole supporre che questi ultimi costituiscano solo una piccola parte dei casi da trattare, dato che il presente procedimento, per quanto a mia conoscenza, è il primo vertente su tale problematica specifica. |
135. |
Inoltre, non si tratta di chiedere all’Amministrazione di svolgere una qualsiasi indagine sulla situazione della coppia interessata, valutando questioni giuridiche relative allo stato civile degli interessati, poiché l’unica verifica necessaria riguarda la durata della vita comune precedente al matrimonio, facilmente dimostrabile in caso di unione di fatto registrata e che non solleva molte difficoltà nell’ipotesi della convivenza more uxorio, come dimostra la presente causa. Tale valutazione di ordine puramente materiale non può comportare una disparità di trattamento tra funzionari. |
136. |
Si deve inoltre rilevare che, sebbene il legislatore statutario abbia evidentemente proceduto per categorizzazioni, esso non ha escluso la valutazione individuale in concreto, come dimostra l’articolo 1, paragrafo 1, lettera d), dell’allegato VII dello Statuto, ai sensi del quale un funzionario che non soddisfi i requisiti per l’attribuzione dell’assegno di famiglia può, per «decisione speciale e motivata dell’[APN], presa sulla base di documenti probanti», beneficiarne quando assuma tuttavia realmente oneri di famiglia. |
137. |
Infine, in base alla suddetta stima di un numero più che ragionevole di casi riguardanti i matrimoni di durata inferiore a un anno, non mi sembra che la soluzione meno gravosa proposta sia minimamente in grado di rimettere in discussione l’equilibrio finanziario del regime pensionistico, a proposito del quale la Commissione e il Consiglio non hanno fornito alcuna informazione precisa, a parte l’esistenza di un numero di contribuenti ampiamente superiore a quello dei beneficiari. |
138. |
Si deve ricordare che l’articolo 17 dell’allegato VIII dello Statuto disciplina l’attribuzione della pensione di reversibilità al coniuge superstite di un funzionario deceduto in attività. Non è irragionevole ritenere che le situazioni interessate siano per lo più, come dimostra l’esempio del ricorrente, quelle nelle quali il decesso del funzionario avviene dopo molti anni di esercizio di un’attività professionale, e quindi di versamenti contributivi al regime pensionistico, che non daranno luogo all’erogazione di una pensione di anzianità. In tal caso, l’attribuzione al coniuge superstite, il quale abbia dimostrato l’esistenza di una comunione di vita precedente al matrimonio di durata sufficiente per raggiungere i 12 mesi richiesti, di una pensione di reversibilità pari al 60% della pensione di anzianità di cui avrebbe beneficiato il coniuge funzionario, non è, a priori, tale da mettere a rischio l’equilibrio finanziario del regime pensionistico. |
139. |
Dalle precedenti considerazioni si evince che il periodo minimo di 12 mesi del matrimonio costituisce, anche tenendo conto dell’ampio margine di discrezionalità e delle necessità pratiche della gestione del regime previdenziale, una misura che eccede quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi di interesse generale perseguiti dal legislatore statutario. |
iii) Pregiudizio eccessivo ai diritti dei funzionari
140. |
Qualora la Corte ritenesse che il periodo minimo di 12 mesi di matrimonio costituisca una misura idonea e necessaria al raggiungimento degli obiettivi perseguiti, resterebbe ancora da esaminarne la proporzionalità in senso stretto. In forza del principio in parola, i provvedimenti adottati, pur se idonei e necessari al conseguimento di obiettivi legittimi, non devono tuttavia causare inconvenienti sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti. In altri termini, occorre garantire che una disposizione come quella qui controversa non comporti una limitazione eccessiva delle legittime aspettative dei funzionari ( 44 ). Infine, occorre trovare il giusto equilibrio tra gli interessi contrapposti dei funzionari e dei loro coniugi superstiti, come il ricorrente, e quelli dell’Unione nel quadro della gestione del regime pensionistico. |
141. |
È certamente pacifico che ogni prestazione supplementare corrisposta in base a detto regime comporta un aumento delle spese generali e quindi dell’onere rappresentato da detto regime nel bilancio dell’Unione. Tuttavia, tale affermazione deve essere decisamente attenuata con le osservazioni svolte nelle presenti conclusioni riguardo all’oggetto dell’articolo 17 dell’allegato VIII dello Statuto, vale a dire l’attribuzione di una pensione di reversibilità al coniuge superstite di un funzionario deceduto in attività e, quindi, senza percezione di una pensione di anzianità per la quale quest’ultimo ha regolarmente versato i contributi. |
142. |
La condizione relativa alla durata di un anno del matrimonio comporta l’esclusione automatica di un intero gruppo di coniugi superstiti dal beneficio delle disposizioni statutarie, nonostante essi possano avere avuto una comunione di vita di vari decenni con il funzionario deceduto – come dimostra l’esempio del ricorrente –, sinonimo di una partecipazione, indiretta ma effettiva, allo sforzo contributivo al regime pensionistico. Una siffatta grave lesione degli interessi di un intero gruppo è del tutto sproporzionata rispetto all’obiettivo perseguito con la durata minima del matrimonio, che si ritiene consista principalmente nel prevenire il comportamento abusivo di alcune persone in rapporto ad una prestazione sociale, situazione chiaramente marginale. |
143. |
Ricorre pertanto un pregiudizio eccessivo agli interessi legittimi dei funzionari e dei loro coniugi superstiti, che induce a concludere per una violazione del principio della parità di trattamento, quale sancito dall’articolo 20 della Carta. |
144. |
Atteso che la limitazione in parola non è, a mio avviso, né necessaria né proporzionata agli scopi perseguiti, non occorre chiedersi se sia leso il «contenuto essenziale», vale a dire la sostanza, del diritto di cui trattasi. |
145. |
Ne consegue che la condizione secondo cui la coppia deve essere stata sposata per almeno un anno al momento del decesso del funzionario, alla quale l’articolo 17, primo comma, dell’allegato VIII dello Statuto subordina l’attribuzione della pensione di reversibilità, deve essere dichiarata inapplicabile al caso di specie. |
146. |
Poiché la censura vertente sull’illegittimità dell’articolo 17, primo comma, dell’allegato VIII dello Statuto è fondata nel senso sopra indicato, occorre annullare la decisione controversa. |
147. |
Si deve inoltre ricordare che, a termini dell’articolo 266 TFUE, spetterà all’istituzione da cui emana l’atto annullato prendere i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza della Corte comporta. |
3. Sulla domanda di risarcimento del danno
148. |
Secondo la giurisprudenza, la responsabilità dell’Unione presuppone il sussistere di un complesso di condizioni relative all’illegittimità del comportamento contestato alle istituzioni, all’effettiva esistenza del danno ed all’esistenza di un nesso causale fra il comportamento e il danno asserito, e la prova della sussistenza di tali condizioni incombe al ricorrente ( 45 ). |
149. |
Nel presente caso, il ricorrente chiede che gli sia corrisposto un importo di EUR 5000 a titolo di risarcimento del danno morale derivante dalla decisione illegittima, in quanto discriminatoria, con cui gli è stato negato il beneficio della pensione di reversibilità in un contesto molto doloroso. Il ricorrente fa quindi valere, a giustificazione della domanda di risarcimento del danno, la medesima illegittimità dedotta per giustificare la domanda di annullamento. |
150. |
Poiché si è concluso per la fondatezza dell’eccezione di illegittimità dell’articolo 17 dell’allegato VIII dello Statuto per violazione del principio della parità di trattamento, sancito dall’articolo 20 della Carta, si propone di accogliere la domanda di risarcimento del danno, dichiarando che l’annullamento della decisione controversa costituisce un risarcimento adeguato di qualsiasi danno morale che il ricorrente possa avere subito nel caso di specie. |
VI. Sulle spese
151. |
Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è accolta e la Corte statuisce definitivamente sulla controversia, la stessa statuisce sulle spese. |
152. |
Conformemente all’articolo 138, paragrafo 1, del medesimo regolamento, reso applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, dello stesso, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. |
153. |
Nel caso di specie, il ricorrente ha chiesto alla Corte, in seguito all’avocazione della causa, di accogliere le sue domande formulate in primo grado, ivi compresa la condanna alle spese della convenuta, nel caso di specie la Commissione. Esso non ha quindi chiesto la condanna del Consiglio né quella della Commissione a sopportare le spese da loro sostenute nell’ambito del procedimento di impugnazione. |
154. |
Poiché la Commissione è rimasta soccombente, dovrà essere condannata a sopportare, oltre alle proprie spese relative ai due gradi di giudizio, quelle sostenute dal ricorrente riguardanti, conformemente alla domanda di quest’ultimo, il procedimento di primo grado, mentre il ricorrente sopporterà le proprie spese relative al procedimento di impugnazione. Il Consiglio sopporterà la totalità delle proprie spese. |
VII. Conclusione
155. |
Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di:
|
( 1 ) Lingua originale: il francese.
( 2 ) GU 1962, 45, pag. 1385.
( 3 ) GU 2004, L 124, pag. 1.
( 4 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 luglio 2016, relativo al trasferimento al Tribunale della competenza a decidere, in primo grado, sulle controversie tra l’Unione europea e i suoi agenti (GU 2016, L 200, pag. 137).
( 5 ) GU 2000, L 303, pag. 16.
( 6 ) V., in particolare, sentenze dell’11 giugno 2015, EMA/Commissione (C‑100/14 P, non pubblicata, EU:C:2015:382, punto 67 e giurisprudenza citata), e del 26 maggio 2016, Rose Vision/Commissione (C‑224/15 P, EU:C:2016:358, punto 24).
( 7 ) V., in particolare, sentenze dell’8 febbraio 2007, Groupe Danone/Commissione (C‑3/06 P, EU:C:2007:88, punto 45), e del 19 dicembre 2012, Planet/Commissione (C‑314/11 P, EU:C:2012:823, punto 63).
( 8 ) V. sentenza dell’11 aprile 2013, Mindo/Commissione (C‑652/11 P, EU:C:2013:229, punto 30).
( 9 ) La censura relativa al carattere «arbitrario e inadeguato» è la riproduzione parziale del punto 72 della sentenza del 15 aprile 2010, Gualtieri/Commissione (C‑485/08 P, EU:C:2010:188), menzionata al punto 19 del ricorso, che contiene la risposta della Corte all’analisi di un motivo vertente sulla violazione del principio di parità di trattamento. Tale analisi dell’argomentazione del ricorrente è condivisa dal Consiglio (punto 6 della memoria di intervento) e dalla Commissione (punto 2 delle osservazioni sulla memoria di intervento del Consiglio).
( 10 ) V., in particolare, sentenze del 5 giugno 2008, Wood (C‑164/07, EU:C:2008:321, punto 13), e del 19 novembre 2009, Sturgeon e a. (C‑402/07 e C‑432/07, EU:C:2009:716, punto 48).
( 11 ) Al punto 31 della sentenza impugnata, il Tribunale afferma espressamente che la nozione di «coniuge» riguarda «esclusivamente» una relazione fondata sul matrimonio civile nel senso tradizionale del termine.
( 12 ) L’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), dell’allegato VII dello Statuto prevede inoltre che nessuno dei due partner deve essere sposato né impegnato in un’altra unione di fatto e che i partner non devono essere legati da determinati vincoli di parentela.
( 13 ) Tale osservazione è indipendente da qualsiasi possibile identità del risultato del confronto dopo l’inclusione di questa seconda categoria di persone.
( 14 ) Oltre al carattere intrinsecamente esplicito della censura relativa al carattere «arbitrario e inadeguato» della condizione relativa al periodo minimo di un anno di matrimonio, il ricorrente, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale al punto 34 della sentenza impugnata, ha svolto un’argomentazione critica riguardo all’obiettivo della differenziazione ai punti da 14 a 16 delle sue osservazioni sulla memoria di intervento del Consiglio.
( 15 ) V., in tal senso, sentenze del 17 dicembre 1998, Baustahlgewebe/Commissione (C‑185/95 P, EU:C:1998:608, punto 128); del 29 aprile 2004, British Sugar/Commissione (C‑359/01 P, EU:C:2004:255, punto 47), e del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione (C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punto 244).
( 16 ) V. sentenza del 20 maggio 2010, Gogos/Commissione (C‑583/08 P, EU:C:2010:287, punto 29), e ordinanza del 31 marzo 2011, EMC Development/Commissione (C‑367/10 P, non pubblicata, EU:C:2011:203, punto 46).
( 17 ) V. sentenza del 17 gennaio 1989, Vainker/Parlamento (293/87, EU:C:1989:8, punto 8).
( 18 ) V. sentenze del 25 ottobre 2013, Commissione/Moschonaki (T‑476/11 P, EU:T:2013:557, punto 71), e del 4 luglio 2014, Kimman/Commissione (T‑644/11 P, EU:T:2014:613, punto 43).
( 19 ) V. sentenza del 4 luglio 2014, Kimman/Commissione (T‑644/11 P, EU:T:2014:613, punto 45 e giurisprudenza citata).
( 20 ) V. sentenza del 25 ottobre 2013, Commissione/Moschonaki (T‑476/11 P, EU:T:2013:557, punto 76 e giurisprudenza citata).
( 21 ) Sentenza del 27 ottobre 2016, BCE/Cerafogli (T‑787/14 P, EU:T:2016:633).
( 22 ) V. sentenza del 19 settembre 2013, Riesame Commissione/Strack (C‑579/12 RX‑II, EU:C:2013:570, punto 39). Occorre aggiungere che il richiamo operato dal ricorrente alla direttiva 2000/78, la quale è espressione, in materia di occupazione e di lavoro, del principio generale di parità di trattamento, non è pertinente nel caso di specie, che riguarda una controversia sulla legittimità di una disposizione dello Statuto.
( 23 ) V. sentenza del 1o marzo 2011, Association belge des Consommateurs Test‑Achats e a. (C‑236/09, EU:C:2011:100, punto 29).
( 24 ) V. sentenze del 21 ottobre 2009, Ramaekers‑Jørgensen/Commissione (F‑74/08, EU:F:2009:142, punto 53), e del 1o luglio 2010, Mandt/Parlamento (F‑45/07, EU:F:2010:72, punto 88).
( 25 ) V. sentenza del 6 maggio 2014, Forget/Commissione (F‑153/12, EU:F:2014:61, punto 29).
( 26 ) V., in tal senso, sentenza del 5 ottobre 2009, Commissione/Roodhuijzen (T‑58/08 P, EU:T:2009:385, punto 75).
( 27 ) L’articolo 515‑8 del codice civile francese stabilisce che la convivenza more uxorio è un’unione di fatto, caratterizzata da una comunione di vita che presenta un carattere di stabilità e continuità, tra due persone, di sesso diverso o dello stesso sesso, che vivono in coppia.
( 28 ) V., in tal senso, sentenza del 31 maggio 2001, D e Svezia/Consiglio (C‑122/99 P e C‑125/99 P, EU:C:2001:304, punto 49).
( 29 ) V., in tal senso, sentenza del 10 maggio 2011, Römer (C‑147/08, EU:C:2011:286, punto 42).
( 30 ) V. sentenza del 9 novembre 2010, Volker und Markus Schecke e Eifert (C‑92/09 e C‑93/09, EU:C:2010:662, punti da 56 a 72).
( 31 ) V., in tal senso, sentenze del 1o luglio 2010, Knauf Gips/Commissione (C‑407/08 P, EU:C:2010:389, punto 91), e del 17 ottobre 2013, Schwarz (C‑291/12, EU:C:2013:670, punto 35).
( 32 ) V., in tal senso, sentenza del 20 maggio 2003, Österreichischer Rundfunk e a. (C‑465/00, C‑138/01 e C‑139/01, EU:C:2003:294, punto 77); conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa Scarlet Extended (C‑70/10, EU:C:2011:255, paragrafi da 93 a 100), e dell’avvocato generale Mengozzi nella causa Schwarz (C‑291/12, EU:C:2013:401, paragrafo 43).
( 33 ) V. sentenze del 16 dicembre 2008, Arcelor Atlantique et Lorraine e a. (C‑127/07, EU:C:2008:728, punto 47), e del 17 ottobre 2013, Schaible (C‑101/12, EU:C:2013:661, punto 78).
( 34 ) Si può citare il considerando 31 del regolamento n. 723/2004, il quale enuncia, con una formulazione quanto meno ambigua, che «[l]e condizioni che hanno determinato l’adozione delle disposizioni in vigore per le pensioni di invalidità e di reversibilità sono mutate da quando sono state inizialmente adottate; tali disposizioni devono pertanto essere aggiornate e semplificate». Riprendendo detto considerando, rilevo che, a termini del considerando 7, «[è] importante vegliare al rispetto del principio della non discriminazione sancito dal trattato CE e, di conseguenza, proseguire l’ulteriore sviluppo della politica del personale nel senso della garanzia di pari opportunità per tutti, indipendentemente da sesso, abilità fisica, età, identità razziale o etnica, orientamento sessuale e stato civile», considerazioni precisate nel considerando 8, secondo cui «[i] funzionari che vivono in unioni di fatto riconosciute da uno Stato membro come unioni stabili e che non hanno accesso giuridico al matrimonio devono beneficiare degli stessi vantaggi delle unioni matrimoniali».
( 35 ) V., in tal senso, a proposito del principio di non discriminazione in base all’età, sentenze del 16 ottobre 2007, Palacios de la Villa (C‑411/05, EU:C:2007:604, punti 56 e 57); del 12 gennaio 2010, Petersen (C‑341/08, EU:C:2010:4, punto 49), e del 6 novembre 2012, Commissione/Ungheria (C‑286/12, EU:C:2012:687, punto 58).
( 36 ) V. sentenze del 18 novembre 1987, Maizena e a. (137/85, EU:C:1987:493, punto 15); del 12 novembre 1996, Regno Unito/Consiglio (C‑84/94, EU:C:1996:431, punto 57); del 10 dicembre 2002, British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (C‑491/01, EU:C:2002:741, punto 122); dell’8 aprile 2014, Digital Rights Ireland e a. (C‑293/12 e C‑594/12, EU:C:2014:238, punto 46), e del 16 giugno 2015, Gauweiler e a. (C‑62/14, EU:C:2015:400, punto 67).
( 37 ) V. sentenze dell’11 luglio 1989, Schräder HS Kraftfutter (265/87, EU:C:1989:303, punto 21); del 12 luglio 2001, Jippes e a. (C‑189/01, EU:C:2001:420, punto 81), e del 9 marzo 2010, ERG e a. (C‑379/08 e C‑380/08, EU:C:2010:127, punto 86); v. altresì, in tal senso, sentenza del 16 giugno 2015, Gauweiler e a. (C‑62/14, EU:C:2015:400, punto 91).
( 38 ) V. sentenza del 29 novembre 2006, Campoli/Commissione (T‑135/05, EU:T:2006:366, punto 72). Inoltre, interpretando l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78 in occasione di domande di pronuncia pregiudiziale, la Corte ha precisato che gli Stati membri dispongono di un ampio potere discrezionale nella scelta dei mezzi atti a conseguire gli obiettivi della loro politica sociale.
( 39 ) V. sentenze del 26 settembre 2013, Dansk Jurist- og Økonomforbund (C‑546/11, EU:C:2013:603, punto 58), e del 15 aprile 2010, Gualtieri/Commissione (C‑485/08 P, EU:C:2010:188, punto 72). È vero che, in un contesto di fatto analogo, relativo a una discriminazione nell’erogazione di una prestazione sociale, la Corte EDU ha rilevato, nella sua sentenza dell’11 giugno 2002, Willis c. Regno Unito (CE:ECHR:2002:0611JUD003604297), che gli Stati contraenti godono di un certo margine di discrezionalità per stabilire se e in quale misura delle differenze tra situazioni analoghe sotto altri profili giustifichino trattamenti diversificati, ma ha verificato se, nel caso di specie, la differenza di trattamento fosse priva di una «giustificazione obiettiva e ragionevole», vale a dire se non perseguisse uno «scopo legittimo» o se non vi fosse un «rapporto ragionevole di proporzionalità fra i mezzi impiegati e l’obiettivo perseguito».
( 40 ) V. sentenza del 5 marzo 2009, Age Concern England (C‑388/07, EU:C:2009:128, punto 51).
( 41 ) V. altresì, relativamente al requisito di coerenza, le sentenze di principio del 10 marzo 2009, Hartlauer (C‑169/07, EU:C:2009:141, punto 55), e del 23 dicembre 2015, Hiebler (C‑293/14, EU:C:2015:843, punto 65). V., per quanto riguarda in particolare la direttiva 2000/78, sentenze del 12 gennaio 2010, Petersen (C‑341/08, EU:C:2010:4, punto 53), e del 26 settembre 2013, HK Danmark (C‑476/11, EU:C:2013:590, punto 67).
( 42 ) V. sentenze del 19 giugno 2014, Specht e a. (da C‑501/12 a C‑506/12, C‑540/12 e C‑41/12, EU:C:2014:2005, punto 77), e dell’11 novembre 2014, Schmitzer (C‑530/13, EU:C:2014:2359, punto 41); v. nello stesso senso, per quanto riguarda la parità di trattamento tra uomini e donne, sentenze del 17 giugno 1998, Hill e Stapleton (C‑243/95, EU:C:1998:298, punto 40); del 6 aprile 2000, Jørgensen (C‑226/98, EU:C:2000:191, punto 39); del 23 ottobre 2003, Schönheit e Becker (C‑4/02 e C‑5/02, EU:C:2003:583, punto 85), e del 21 luglio 2011, Fuchs e Köhler (C‑159/10 e C‑160/10, EU:C:2011:508, punto 74).
( 43 ) V., in tal senso, sentenza del 26 settembre 2013, Dansk Jurist- og Økonomforbund (C‑546/11, EU:C:2013:603, punto 69).
( 44 ) V., in tal senso, relativamente ad un caso di discriminazione in base all’età nel contesto della direttiva 2000/78, sentenze del 16 ottobre 2007, Palacios de la Villa (C‑411/05, EU:C:2007:604, punto 73), e del 12 ottobre 2010, Ingeniørforeningen i Danmark (C‑499/08, EU:C:2010:600, punto 47); v. altresì sentenza del 16 luglio 2015, CHEZ Razpredelenie Bulgaria (C‑83/14, EU:C:2015:480, punto 123), e conclusioni dell’avvocato generale Kokott in detta causa (EU:C:2015:170, paragrafo 131) nonché nella causa Belov (C‑394/11, EU:C:2013:48, paragrafo 117), entrambe concernenti la direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica (GU 2000, L 180, pag. 22).
( 45 ) V. sentenze del 1o giugno 1994, Commissione/Brazzelli Lualdi e a. (C‑136/92 P, EU:C:1994:211, punto 42), e del 12 luglio 2011, Commissione/Q (T‑80/09 P, EU:T:2011:347, punto 42).