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Document 62016TJ0336

Sentenza del Tribunale (Prima Sezione) del 5 ottobre 2017.
Versace 19.69 Abbigliamento Sportivo Srl contro Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale.
Marchio dell’Unione europea – Opposizione – Domanda di marchio dell’Unione europea figurativo VERSACE 19.69 ABBIGLIAMENTO SPORTIVO – Marchio dell’Unione europea denominativo anteriore VERSACE – Uso effettivo del marchio anteriore – Articolo 42, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 207/2009 – Impedimento relativo alla registrazione – Rischio di confusione – Somiglianza tra i segni – Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.
Causa T-336/16.

ECLI identifier: ECLI:EU:T:2017:691

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

5 ottobre 2017 (*)

«Marchio dell’Unione europea – Opposizione – Domanda di marchio dell’Unione europea figurativo VERSACE 19.69 ABBIGLIAMENTO SPORTIVO – Marchio dell’Unione europea denominativo anteriore VERSACE – Uso effettivo del marchio anteriore – Articolo 42, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 207/2009 – Impedimento relativo alla registrazione – Rischio di confusione – Somiglianza tra i segni – Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009»

Nella causa T‑336/16,

Versace 19.69 Abbigliamento Sportivo Srl, con sede in Busto Arsizio (Italia), rappresentata inizialmente da F. Caricato, in seguito da M. Cartella e B. Cartella, avvocati,

ricorrente,

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da L. Rampini, in qualità di agente,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO, interveniente dinanzi al Tribunale,

Gianni Versace SpA, con sede in Milano (Italia), rappresentata da M. Francetti, avvocato,

avente ad oggetto un ricorso proposto avverso la decisione della prima commissione di ricorso dell’EUIPO del 6 aprile 2016 (procedimento R 1005/2015-1), relativa a un procedimento di opposizione tra la Gianni Versace e la Versace 19.69 Abbigliamento Sportivo,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione),

composto da I. Pelikánová (relatore), presidente, P. Nihoul e J. Svenningsen, giudici,

cancelliere: E. Coulon

visto il ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 22 giugno 2016,

visto il controricorso dell’EUIPO depositato presso la cancelleria del Tribunale il 21 ottobre 2016,

visto il controricorso dell’interveniente, depositato presso la cancelleria del Tribunale il 17 ottobre 2016,

visto il quesito scritto del Tribunale alla ricorrente e la sua risposta a tale quesito depositata presso la cancelleria del Tribunale il 29 maggio 2017,

visto che le parti nel procedimento principale non hanno presentato domanda di fissazione dell’udienza nel termine di tre settimane decorrenti dalla notifica della chiusura della fase scritta e avendo deciso, ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, di statuire senza fase orale,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 17 luglio 2013 la ricorrente, Versace 19.69 Abbigliamento Sportivo Srl, ha presentato una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), ai sensi del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1).

2        Il marchio oggetto della domanda di registrazione è il segno figurativo seguente:

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3        I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione rientravano nelle classi 9, 24, e 25 di cui all’Accordo di Nizza, del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come rivisto e modificato, e corrispondevano, per ciascuna di tali classi, alla descrizione seguente:

–        classe 9: «Apparecchiature ed impianti di comunicazione e di telecomunicazione; apparecchi elettronici; lettori cd; lettori mp3; apparecchi e strumenti scientifici; apparecchi e strumenti nautici, geodetici ed elettrici; cavi elettrici; interruttori elettrici; apparecchi e strumenti elettronici; televisori; decodificatori per apparecchi televisivi; radioregistratori; radio trasmittenti; radiotelefoni; giradischi; dischi; giranastri; videonastri e videoregistratori; lettori ottici di dischi; apparecchi fotografici, cinematografici, ottici, di pesata, di misura e di segnalazione; telecamere; apparecchiature per la ripresa e l’emissione di spettacoli tv; ripetitori per stazioni radio e tv; antenne per radio e la televisione; ponti radio; occhiali da sole e da vista; lenti; apparecchi di controllo, di ispezione, di soccorso, di salvataggio e di insegnamento; apparecchi automatici, funzionanti con una moneta o con un gettone; proiettori ed amplificatori del suono; registratori di cassa; macchine calcolatrici; apparecchi estintori; programmi per computer, computer; stampanti per computer; schede e microprocessori per computer, modem, telefax; apparecchi telefonici; telefoni cellulari; caschi di protezione per usi sportivi e di sicurezza per il lavoro»;

–        classe 24: «Tessuti; tessuti elastici; tessuti adesivi incollabili a caldo; tessuti imitanti la pelle di animali, tessuti di lana, coperte da letto; coperte da viaggio; tovaglie; articoli tessili; tappezzeria in tessuto; fazzoletti di tela; bandiere; asciugamani; lenzuola; federe per guanciali»;

–        classe 25: «Abbigliamento per uomo, donna e ragazzi in genere, comprendente: abiti in pelle; camicie; camicette; gonne; tailleur; giacche; pantaloni; pantaloncini; maglie; magliette; pigiami; calze; canottiere; busti; reggicalze; mutande; reggiseni; sottovesti; cappelli; foulard; cravatte; impermeabili; soprabiti; cappotti; costumi da bagno; tute sportive; giacche a vento; pantaloni da sci; cinture; pellicce; sciarpe; guanti; vestaglie; calzature in genere; comprendenti: pantofole, scarpe, scarpe sportive; stivali e sandali».

4        La domanda di marchio dell’Unione europea è stata pubblicata sul Bollettino dei marchi comunitari n. 165/2013, del 2 settembre 2013.

5        Il 28 novembre 2013 l’interveniente, Gianni Versace SpA, ha presentato opposizione, ai sensi dell’articolo 41 del regolamento n. 207/2009, alla registrazione del marchio richiesto per i prodotti di cui al precedente punto 3.

6        L’opposizione si fondava sui seguenti marchi anteriori:

–        il marchio dell’Unione europea denominativo VERSACE, depositato il 18 maggio 2000, registrato il 10 settembre 2001 e rinnovato fino al 18 maggio 2020, con il numero 1665439, che designa i prodotti rientranti nelle classi 9, 24 e 25 e corrispondenti, per ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione:

–        classe 9: «Apparecchi e strumenti scientifici, nautici, geodetici, elettrici, fotografici, cinematografici, ottici, di pesata, di misura, di segnalazione, di controllo (ispezione), di soccorso (salvataggio) e d’insegnamento; apparecchi per la registrazione, la trasmissione, la riproduzione del suono o delle immagini; supporti di registrazione magnetica, dischi acustici; distributori automatici e meccanismi per apparecchi di prepagamento; registratori di cassa, macchine calcolatrici, corredo per il trattamento dell’informazione e gli elaboratori elettronici; estintori; programmi per computer registrati»;

–        classe 24: «Tessuti e prodotti tessili non compresi in altre classi; coperte da letto e copritavoli»;

–        classe 25: «Articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria»;

–        il marchio dell’Unione europea figurativo depositato il 16 febbraio 2011 e registrato il 27 giugno 2011 con il numero 9742826, che designa i prodotti rientranti nella classe 25 e corrispondenti alla seguente descrizione: «Articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria», come di seguito riprodotto:

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7        Gli impedimenti invocati a sostegno dell’opposizione erano quelli di cui all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

8        Su istanza della ricorrente, richiedente la registrazione del marchio oggetto della domanda, l’interveniente è stata invitata, ai sensi dell’articolo 42, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, a fornire la prova dell’uso effettivo dei marchi anteriori nell’Unione europea, nel corso dei cinque anni precedenti la pubblicazione della domanda di registrazione del marchio richiesto, ossia tra il 2 settembre 2008 e il 1° settembre 2013, per i prodotti per i quali tali marchi erano stati registrati.

9        Con lettera del 22 agosto 2014 l’interveniente ha prodotto fatture di vendita, dati relativi ai costi di promozione, fotocopie di annunci pubblicitari e cataloghi al fine di provare l’uso effettivo dei marchi anteriori.

10      Il 10 aprile 2015 la divisione di opposizione, per quanto riguarda i prodotti di cui alla classe 25, ha parzialmente accolto l’opposizione, a norma dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, basandosi, da un lato e per ragioni di economia processuale, solo sul marchio dell’Unione europea denominativo VERSACE e, dall’altro, sui prodotti per i quali sarebbe stata fornita la prova di un uso effettivo del marchio anteriore, ossia gli «occhiali» rientranti nella classe 9, i «prodotti tessili» di cui alla classe 24 e gli «articoli di abbigliamento» e le «scarpe» compresi nella classe 25. Essa ha rifiutato la registrazione del marchio richiesto per gli «apparecchi ottici», gli «occhiali da sole e da vista» e le «lenti» rientranti nella classe 9, e per tutti i prodotti di cui alle classi 24 e 25 indicati al precedente punto 3.

11      Il 22 maggio 2015 la ricorrente ha presentato ricorso dinanzi all’EUIPO, ai sensi degli articoli da 58 a 64 del regolamento n. 207/2009, avverso la decisione della divisione d’opposizione, nella parte in cui quest’ultima rifiutava la registrazione del marchio richiesto per gli «apparecchi ottici», gli «occhiali da sole e da vista» e le «lenti» di cui alla classe 9 e per tutti i prodotti indicati al precedente punto 3 rientranti nelle classi 24 e 25.

12      Con decisione del 6 aprile 2016 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la prima commissione di ricorso dell’EUIPO ha dichiarato che il ricorso era ricevibile ma doveva essere rigettato in quanto infondato.

13      Rilevando che la ricorrente aveva espresso dubbi in merito all’esistenza di un uso effettivo del marchio anteriore per i prodotti rientranti nella classe 24, la commissione di ricorso ha esaminato tale questione e confermato un tale uso, all’esito del riesame degli elementi di prova allegati alla lettera del 22 agosto 2014.

14      Nell’ambito dell’esame del rischio di confusione la commissione di ricorso ha, anzitutto, confermato la valutazione della divisione di opposizione, non contestata dalla ricorrente, secondo cui il pubblico di riferimento era il grande pubblico, normalmente informato e ragionevolmente avveduto e attento.

15      Inoltre, essa ha ritenuto ragionevole la scelta della divisione di opposizione di limitare l’esame di tale rischio nella parte del territorio dell’Unione in cui il conflitto si manifestava con maggior evidenza, vale a dire nell’area italofona di tale territorio, corrispondente all’Italia.

16      Quanto, poi, al confronto tra i prodotti per i quali la divisione di opposizione aveva riconosciuto un uso effettivo del marchio anteriore e quelli per cui la medesima divisione aveva rifiutato la registrazione del marchio richiesto, la commissione di ricorso ha dichiarato che questi erano identici o simili.

17      Ancora, per quanto riguarda il confronto dei marchi in conflitto, la commissione di ricorso ha dichiarato che, tenuto conto della presenza in tali marchi, quale elemento unico o maggiormente distintivo per il pubblico di riferimento, vale a dire il grande pubblico italiano, di un identico cognome di origine calabrese, cioè Versace, questi presentavano un livello medio di somiglianza sul piano visuale ed erano altamente simili dal punto di vista fonetico e concettuale.

18      Da ultimo, nell’ambito della valutazione globale del rischio di confusione, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, la commissione di ricorso ha concluso nel senso dell’esistenza di un rischio di tal genere in considerazione dell’identità o della somiglianza dei prodotti in questione, del fatto che il pubblico di riferimento era mediamente attento e avveduto, del carattere distintivo medio del marchio anteriore, del livello medio di somiglianza dei marchi in conflitto sul piano visuale e del loro alto grado di somiglianza dal punto di vista fonetico e concettuale, nonché del fatto che il verbale attestante l’accordo di conciliazione giudiziale raggiunto in data 2 luglio 2012 dinanzi al Tribunale di Milano (Italia) che poneva fine al procedimento iscritto presso il medesimo al numero di ruolo 36637/2012 (in prosieguo: l’«accordo di conciliazione»), prodotto dalla ricorrente dinanzi alla divisione di opposizione, non era idoneo a provare che l’interveniente avesse rinunciato al suo diritto di opporsi alla registrazione del marchio richiesto a titolo di marchio dell’Unione europea.

 Conclusioni delle parti

19      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        disporre la registrazione del marchio richiesto per tutti i prodotti rivendicati nella domanda di registrazione, impregiudicati quelli già concessi;

–        condannare l’EUIPO alle spese.

20      L’EUIPO e l’interveniente chiedono che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

 Sulla ricevibilità del secondo capo della domanda della ricorrente

21      L’EUIPO chiede che sia rigettato, in quanto irricevibile, il secondo capo della domanda della ricorrente, con il quale quest’ultima chiede in sostanza al Tribunale di ordinare all’EUIPO di registrare il marchio richiesto per i prodotti per cui è stata rifiutata la registrazione, poiché emerge da una giurisprudenza costante che il Tribunale non è competente a rivolgergli ingiunzioni.

22      Nelle sue osservazioni in risposta al quesito scritto del Tribunale, la ricorrente ha precisato che essa, nell’ambito del presente ricorso, intendeva unicamente ottenere l’annullamento della decisione impugnata e che il secondo capo della domanda costituiva soltanto una mera clausola di stile, con l’indicazione che la stessa auspicava, come conseguenza di una sentenza di annullamento del Tribunale nella presente controversia, che l’EUIPO registrasse il marchio richiesto

23      Occorre interpretare le osservazioni della ricorrente in risposta al quesito come una rinuncia al secondo capo della domanda.

24      Pertanto, non vi è più luogo a statuire né sulla ricevibilità né sul merito di tale capo della domanda.

 Nel merito

25      La ricorrente non ha espressamente menzionato, nel ricorso, i motivi a sostegno delle sue domande di annullamento. Tuttavia, è necessario rammentare che un ricorrente non è tenuto a indicare esplicitamente la norma specifica sulla quale egli basa la sua censura, a condizione che la sua argomentazione sia sufficientemente chiara perché la parte avversa e il giudice dell’Unione possano individuarla senza difficoltà [v. sentenza del 30 settembre 2009, JOOP!/UAMI (Rappresentazione di un punto esclamativo in un rettangolo), T‑191/08, non pubblicata, EU:T:2009:376, punto 17 e giurisprudenza citata]. Nel caso di specie, i motivi su cui si fonda il ricorso emergono in maniera sufficientemente comprensibile dal testo dell’atto introduttivo dello stesso. Infatti, al punto 2 di quest’ultimo, la ricorrente indica, da un lato, che la decisione impugnata è viziata sotto il profilo dell’insufficiente esame delle prove relative all’uso del marchio anteriore, e, dall’altro, che la commissione di ricorso non ha correttamente valutato il rischio di confusione alla luce di tutti i fattori rilevanti nel caso di specie. La ricorrente invoca così, in sostanza, due motivi, vertenti, il primo, su una violazione dell’articolo 42, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 e, il secondo, su una violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009. Inoltre, la ricorrente deduce, sostanzialmente, ai paragrafi da 17 a 20 del ricorso, un terzo motivo, relativo a un’erronea interpretazione dei suoi diritti ai sensi dall’accordo di conciliazione.

26      È opportuno iniziare dall’esame del terzo motivo prima di procedere a quello del primo e del secondo motivo.

 Sul terzo motivo, attinente a un’erronea interpretazione dei diritti della ricorrente ai sensi dell’accordo di conciliazione

27      Nell’ambito del presente motivo la ricorrente addebita alla commissione di ricorso di avere erroneamente valutato, nella decisione impugnata, i diritti ad essa conferiti dall’accordo di conciliazione. A parere della stessa, «l’accordo (...) letto nella sua integralità e [alla luce di] tutto il verbale (...) dà atto che la controversia si svolge[va] anche nei [suoi] confronti, oltre al fatto che ne [veniva] vincolato l’amministratore e proprietario sig. Papadas». Segnatamente, dal punto 3 dell’accordo di conciliazione emergerebbe che l’interveniente avrebbe rinunciato ad agire nei confronti della ricorrente per quanto riguarda le questioni oggetto della presente controversia.

28      L’EUIPO e l’interveniente respingono gli argomenti della ricorrente e chiedono che il presente motivo sia rigettato in quanto privo di pertinenza.

29      A tale riguardo, occorre ricordare che, in assenza di qualsiasi indizio che permetta di concludere che la ricorrente ha rinunciato al suo diritto di agire e qualora tutti i requisiti di legge siano altresì soddisfatti, il ricorso deve essere dichiarato ricevibile (v., in tal senso, sentenza del 1° marzo 1962, De Bruyn/Assemblea, 25/60, EU:C:1962:6, pag. 55).

30      Nel caso di specie, il punto 3 dell’accordo di conciliazione prevede che «il sig. Papadas Theofanis si obbliga a non utilizzare il nome “Versace” sul proprio sito [I]nternet e in quelli riconducibili alle società dallo stesso rappresentate, ferma restando la facoltà di indicare la completa denominazione sociale del produttore e/o commercializzatore dei prodotti anche nei suddetti siti». Inoltre, dallo stesso accordo emerge che la denominazione sociale interessata da tale clausola è Versace 19.69 abbigliamento sportivo.

31      Dall’accordo di conciliazione stesso nonché dalla decisione del Tribunale di Milano del 23 agosto 2013, che interpreta tale accordo ai fini della risoluzione della causa iscritta dinanzi al medesimo al numero di ruolo 8840/2013, emerge che l’accordo in parola è stato concluso tra, da una parte, l’interveniente e, dall’altra, il sig. Papadas Theofanis e la GIA + FA Srl, il primo in qualità di legale rappresentante della seconda.

32      Peraltro, la ricorrente non fa valere di essere parte dell’accordo di conciliazione ma sostiene soltanto che quest’ultimo ««letto nella sua integralità e [alla luce di] tutto il verbale (...) dà atto che la controversia si svolge anche nei [suoi] confronti».

33      Secondo la giurisprudenza, non spetta al Tribunale ricercare e individuare, negli allegati, i motivi e gli argomenti sui quali, a suo parere, il ricorso dovrebbe essere fondato, atteso che gli allegati assolvono ad una funzione meramente probatoria e strumentale (v. sentenza dell’8 marzo 2011, World Wide Tobacco España/Commissione, T‑37/05, non pubblicata, EU:T:2011:76, punto 131 e giurisprudenza citata).

34      Orbene, nel caso di specie, la ricorrente non individua le precise clausole dell’accordo di conciliazione che, lette in combinato disposto col punto 3 di quest’ultimo, consentirebbero di ritenere che l’interveniente si sia personalmente vincolata nei suoi confronti e non spetta al Tribunale ricercare, di sua propria iniziativa, se in detto accordo figurino clausole di tal genere.

35      In ogni caso, come correttamente fatto valere dall’EUIPO e dall’interveniente, il punto 3 dell’accordo di conciliazione non dimostra che l’interveniente abbia rinunciato al suo diritto di invocare il marchio anteriore per opporsi alla registrazione del marchio richiesto come marchio dell’Unione europea. Infatti, emerge dall’accordo di conciliazione stesso nonché dalla decisione del Tribunale di Milano del 23 agosto 2013 che detto accordo disciplina soltanto l’uso della denominazione sociale Versace 19.69 abbigliamento sportivo e non la registrazione quale marchio di un segno corrispondente a tale denominazione.

36      Gli argomenti addotti dalla ricorrente dinanzi alla commissione di ricorso non permettevano dunque a quest’ultima di affermare che, nel caso di specie, l’interveniente avesse rinunciato al suo diritto di opposizione.

37      La ricorrente non può pertanto legittimamente affermare che la commissione di ricorso abbia interpretato erroneamente i suoi diritti derivanti dall’accordo di conciliazione.

38      Di conseguenza, occorre respingere il presente motivo in quanto infondato.

 Sul primo motivo, vertente su una violazione dell’articolo 42, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009

39      Nell’ambito di tale motivo, la ricorrente censura in sostanza la commissione di ricorso per avere erroneamente dichiarato, per le ragioni indicate ai punti da 17 a 26 della decisione impugnata e sulla base delle prove d’uso allegate dalla ricorrente alla lettera del 22 agosto 2014, che il marchio anteriore poteva considerarsi registrato, quanto alla classe 24, per tutti i «prodotti tessili», inclusi i fazzoletti, i tessuti, le bandiere o i tessuti adesivi indicati, per tale classe, nella domanda di registrazione e, per quanto riguarda la classe 25, per prodotti diversi dagli «articoli di abbigliamento di lusso». Affinché il Tribunale decida sul presente motivo, la ricorrente chiede, in sostanza, che il fascicolo del procedimento dinanzi all’EUIPO sia acquisito al fascicolo del presente procedimento.

40      L’EUIPO indica di avere già trasmesso al Tribunale il fascicolo del procedimento dinanzi alla commissione di ricorso e chiede che il presente motivo sia rigettato. Da un lato, la censura vertente su un errore di valutazione delle prove d’uso del marchio anteriore per i prodotti appartenenti alla classe 24 sarebbe infondata, nei limiti in cui il punto 22 della decisione impugnata si baserebbe su numerose fatture relative alla vendita di prodotti tessili per la casa, tra cui biancheria da letto (lenzuola, federe, copripiumini, cuscini, copriletti), biancheria da tavola (tovaglie) e biancheria da bagno (tessuti per asciugamani, asciugamani, accappatoi) e su estratti di cataloghi che mostrano le collezioni di tali articoli. Dall’altro lato, la censura attinente a un’erronea valutazione delle prove riguardanti l’uso del marchio anteriore per i prodotti rientranti nella classe 25 non sarebbe stata sollevata davanti all’EUIPO e, pertanto, non sarebbe ricevibile dinanzi al Tribunale.

41      Anche l’interveniente chiede il rigetto del presente motivo, poiché gli argomenti della ricorrente non sono né persuasivi, né, soprattutto, comprovati. A suo avviso i prodotti di cui trattasi sono identici.

42      Per quanto riguarda, in primo luogo, la domanda di trasmissione del fascicolo del procedimento amministrativo, è necessario rammentare che, come giustamente osservato dall’EUIPO, il fascicolo del procedimento dinanzi alla commissione di ricorso è stato trasmesso alla cancelleria del Tribunale, ai sensi dell’articolo 178, paragrafo 5, del regolamento di procedura del Tribunale e che il Tribunale è dunque in grado di consultarlo.

43      Pertanto non occorre statuire sulla domanda della ricorrente, che è divenuta priva di oggetto in seguito a tale trasmissione.

44      Quanto, in secondo luogo, alla censura vertente su un errore di valutazione delle prove d’uso del marchio anteriore per i prodotti rientranti nella classe 24, si deve rilevare che, come osservato dall’EUIPO e dall’interveniente, la commissione di ricorso ha correttamente constatato, ai punti 22 e 23 della decisione impugnata, che numerose fatture ed estratti di cataloghi allegati alla lettera del 22 agosto 2014 dimostravano che l’interveniente aveva fatto un uso effettivo del marchio anteriore per una linea di prodotti tessili per la casa, denominata Versace Home, comprendente biancheria da letto (lenzuola, federe, copripiumini, cuscini, copriletti), biancheria da tavola (tovaglie) e biancheria da bagno (tessuti per asciugamani, asciugamani da bagno, accappatoi).

45      Laddove la ricorrente addebita, in sostanza, alla commissione di ricorso di avere concluso che il marchio anteriore era stato oggetto di uso serio ed effettivo per tutti i «prodotti tessili (non compresi in altre classi)» rientranti nella classe 24, occorre rammentare che, ai sensi dell’articolo 15 del regolamento n. 207/2009, il marchio anteriore, per beneficiare di una tutela, deve essere utilizzato per i prodotti o i servizi per cui è stato registrato. Conformemente all’articolo 42, paragrafo 2, prima frase, dello stesso regolamento, il marchio anteriore deve essere oggetto di un uso effettivo per i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato e su cui si fonda l’opposizione. L’articolo 42, paragrafo 2, terza frase, del regolamento in parola prevede che, se il marchio comunitario anteriore è stato utilizzato solo per una parte dei prodotti o dei servizi per cui è stato registrato, ai fini dell’esame dell’opposizione si intende registrato solo per tale parte di prodotti o di servizi.

46      Le disposizioni dell’articolo 42 del regolamento n. 207/2009, che consentono di considerare il marchio anteriore registrato per la sola parte dei prodotti e servizi per i quali è stata accertata l’utilizzazione seria del marchio, costituiscono, da un lato, una limitazione ai diritti che il titolare del marchio anteriore trae dalla propria registrazione, di modo che tali disposizioni non possono essere interpretate in modo da condurre ad una limitazione ingiustificata dell’ampiezza della protezione del marchio anteriore, specie nell’ipotesi in cui i prodotti o i servizi per i quali tale marchio è stato registrato costituiscono una categoria sufficientemente circoscritta e, dall’altro, esse devono essere conciliate con il legittimo interesse di detto titolare a poter estendere, in futuro, la propria gamma di prodotti o servizi, nei limiti dei termini relativi ai prodotti o servizi per i quali il marchio è stato registrato, godendo della tutela che la registrazione del marchio stesso gli conferisce [v., in tal senso, sentenza del 14 luglio 2005, Reckitt Benckiser (España)/UAMI – Aladin (ALADIN), T‑126/03, EU:T:2005:288, punti 51 e 53].

47      Qualora un marchio sia stato registrato per una categoria di prodotti o servizi sufficientemente ampia affinché nel suo ambito possano essere distinte varie sottocategorie inquadrabili autonomamente, la prova della seria utilizzazione del marchio per una parte di tali prodotti o servizi comporta la tutela, nell’ambito di un procedimento di opposizione, unicamente per la sottocategoria o le sottocategorie cui appartengono i prodotti o servizi per i quali il marchio è stato effettivamente utilizzato. Per contro, qualora un marchio sia stato registrato per prodotti o servizi definiti in modo talmente preciso e circoscritto che non sia possibile operare suddivisioni significative all’interno della relativa categoria, in tal caso la prova della seria utilizzazione del marchio per tali prodotti o servizi ricomprende necessariamente, ai fini dell’opposizione, l’intera categoria medesima (sentenza del 14 luglio 2005, ALADIN, T‑126/03, EU:T:2005:288, punto 45).

48      Il criterio della finalità o della destinazione costituisce un criterio fondamentale nella definizione di una sottocategoria di prodotti o servizi [sentenze del 13 febbraio 2007, Mundipharma/UAMI – Altana Pharma (RESPICUR), T‑256/04, EU:T:2007:46, punto 29, e del 23 settembre 2009, GlaxoSmithkline e a./UAMI – Serono Genetics Institute (FAMOXIN), T‑493/07, T‑26/08 e T‑27/08, non pubblicata, EU:T:2009:355, punto 37], ferma restando la possibilità di tenere conto di altri criteri, quali la natura e le caratteristiche dei prodotti o dei servizi o il consumatore a cui sono rivolti tali prodotti o tali servizi.

49      Nel caso di specie, il marchio anteriore è stato segnatamente registrato per i «tessuti e prodotti tessili non compresi in altre classi» e per le «coperte da letto e copritavoli» rientranti nella classe 24, ossia tutte le indicazioni generali menzionate nel titolo di tale classe, e anche l’interveniente ha fondato la sua opposizione su tutti i prodotti coperti da tale indicazione. Tuttavia, in considerazione delle prove d’uso fornite dall’interveniente, la divisione di opposizione e, in linea con essa, la commissione di ricorso hanno ritenuto che il marchio anteriore potesse considerarsi registrato per quanto riguarda la classe 24 soltanto per i «prodotti tessili» (non compresi in altre classi).

50      La presente censura può essere interpretata come volta ad addebitare, in sostanza, alla commissione di ricorso di non avere riconosciuto, alla luce delle sue proprie constatazioni di cui ai punti 22 e 23 della decisione impugnata, che l’uso effettivo del marchio anteriore si era limitato a una sottocategoria di «prodotti tessili» rientranti nella classe 24, ossia la «biancheria per la casa».

51      A tal proposito, occorre osservare che, all’interno della categoria dei «prodotti tessili» rientranti nella classe 24, la «biancheria per la casa» costituisce una sottocategoria coerente e omogenea che designa l’insieme dei prodotti tessili destinati a uso domestico e, segnatamente, le tovaglie, la biancheria da cucina e da casa, la biancheria da letto, la biancheria per il bagno e i fazzoletti in tela [v., in tal senso, sentenze del 9 dicembre 2010, Fédération internationale des logis/UAMI (Sfumatura di marrone), T‑329/09, non pubblicata, EU:T:2010:510, punto 31; del 6 marzo 2014, Anapurna/UAMI – Annapurna (ANNAPURNA), T‑71/13, non pubblicata, EU:T:2014:105, punto 53, e del 30 settembre 2015, Mocek e WentaKAJMAN Firma Handlowo-Usługowo-Produkcyjna/UAMI – Lacoste (KAJMAN), T‑364/13, non pubblicata, EU:T:2015:738, punto 81].

52      La ricorrente ha dunque rilevato a buon diritto che, nella decisione impugnata, la commissione di ricorso, alla luce della giurisprudenza citata al precedente punto 47, ha erroneamente esteso la tutela del marchio anteriore a tutti i «prodotti tessili» (non compresi in altre classi) rientranti nella classe 24, mentre dalle sue stesse osservazioni circa le prove d’uso fornite dall’interveniente emergeva che detta tutela avrebbe dovuto essere limitata a una sottocategoria più precisa e circoscritta, ossia la «biancheria per la casa».

53      Tale circostanza l’ha condotta erroneamente alla conclusione, tratta al punto 36 della decisione impugnata, in combinato disposto con il punto 7, secondo trattino, e i punti 34 e 35 di tale stessa decisione, che, per quanto riguardava la classe 24, tutti i prodotti indicati dalla ricorrente nella domanda di registrazione erano identici, per inclusione, a quelli («prodotti tessili») per cui era stato utilizzato il marchio anteriore.

54      Alla luce delle suesposte valutazioni, occorre accogliere la censura vertente su un errore di valutazione delle prove d’uso del marchio anteriore per i prodotti rientranti nella classe 24, nei limiti in cui, nella decisione impugnata, la commissione di ricorso conclude nel senso dell’uso effettivo del marchio anteriore per «prodotti tessili» (non compresi in altre classi), di cui alla classe 24, diversi dalla «biancheria per la casa».

55      Per quanto riguarda, in terzo luogo, la censura vertente su un errore di valutazione delle prove riguardanti l’uso del marchio anteriore per i prodotti rientranti nella classe 25, occorre osservare, in merito all’eccezione di irricevibilità sollevata dall’EUIPO, che, sebbene la ricorrente non abbia contestato direttamente, dinanzi alla commissione di ricorso, le prove riguardanti l’uso del marchio anteriore per i prodotti di cui alla classe 25, essa, tuttavia, come risulta dal punto 10, terzo trattino, della decisione impugnata, ha sostenuto che «gli articoli commercializzati dall’opponente [erano], alla luce delle prove d’uso, di alta gamma». Ne consegue che la ricorrente aveva indirettamente ma necessariamente contestato, dinanzi alla commissione di ricorso, il fatto che le prove relative all’uso prodotte dall’interveniente fossero sufficienti a dimostrare l’uso effettivo del marchio anteriore per capi di abbigliamento, rientranti nella classe 25, diversi dagli «articoli di abbigliamento di alta gamma» o dagli «articoli di abbigliamento di lusso».

56      Di conseguenza, occorre rigettare in quanto infondata l’eccezione di irricevibilità sollevata dall’EUIPO in relazione a tale censura.

57      Nel merito, la presente censura può essere intesa come volta, in sostanza, ad addebitare alla commissione di ricorso di non avere riconosciuto l’uso effettivo del marchio anteriore non già per tutti gli «articoli di abbigliamento» di cui alla classe 25, vale a dire una delle indicazioni generali menzionate nel titolo di tale classe per cui detto marchio era stato registrato e su cui si fondava l’opposizione, bensì soltanto per una sottocategoria di capi di abbigliamento corrispondente agli «articoli di abbigliamento di lusso».

58      A tale riguardo, si osserva che, sebbene la categoria corrispondente agli «articoli di abbigliamento» sia sufficientemente ampia da poter distinguere, al suo interno, varie sottocategorie coerenti e omogenee, gli «articoli di abbigliamento di lusso» non possono costituire una tale sottocategoria. Infatti, la nozione di «lusso» non è una nozione univoca che consenta di raggruppare in modo omogeneo e coerente, in base ai criteri richiamati al precedente punto 48, diversi tipi di capi di abbigliamento. A seconda dei casi, essa può rimandare all’aspetto e al valore dei prodotti, o alla loro natura e alle loro qualità intrinseche, o alle loro modalità di commercializzazione o di distribuzione, o all’immagine di prestigio o di status sociale a loro connessa, o ancora a una combinazione di tali diversi fattori. Inoltre, il giudice dell’Unione ha già escluso che i prodotti di lusso perseguano una finalità o una destinazione specifica, come la soddisfazione di necessità edonistiche del consumatore o l’appagamento del piacere immediato che gli procura un acquisto fatto d’impulso [v., in tal senso, sentenza del 12 febbraio 2015, Compagnie des montres Longines, Francillon/UAMI – Cheng (B), T‑505/12, EU:T:2015:95, punto 54].

59      Non si può pertanto addebitare alla commissione di ricorso di avere omesso, nella decisione impugnata, di riconoscere che la prova dell’uso effettivo del marchio anteriore sia stata fornita solo per una sottocategoria di capi di abbigliamento, rientranti nella classe 25, corrispondente agli «articoli di abbigliamento di lusso».

60      La presente censura della ricorrente deve dunque essere respinta in quanto infondata.

61      Dall’insieme delle valutazioni che precedono emerge che occorre accogliere il primo motivo, vertente su una violazione dell’articolo 42, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, nella parte in cui addebita alla commissione di ricorso di avere inficiato la decisione impugnata con un errore di valutazione delle prove d’uso del marchio anteriore, per i prodotti di cui alla classe 24, laddove ha concluso nel senso di un uso effettivo del marchio anteriore per «prodotti tessili» (non compresi in altre classi), diversi dalla «biancheria per la casa», di cui a tale classe. Per il resto, detto motivo deve essere respinto.

 Sul secondo motivo, vertente su una violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009

62      A fondamento del presente motivo, la ricorrente deduce essenzialmente tre censure. La prima censura verte, in sostanza, su un errore nella valutazione della somiglianza dei prodotti in esame rientranti nelle classi 9 e 25. La seconda censura attiene, essenzialmente, a un errore nella valutazione della somiglianza dei marchi in conflitto. La terza censura è relativa a un errore nella valutazione del carattere distintivo del marchio anteriore derivante dalla considerazione della notorietà dello stesso.

63      Al riguardo occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se, a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio con il marchio anteriore e dell’identità o della somiglianza dei prodotti o servizi che i due marchi contraddistinguono, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato. Il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore.

64      Secondo una giurisprudenza costante, costituisce un rischio di confusione la possibilità che il pubblico possa credere che i prodotti o i servizi in questione provengano dalla stessa impresa o da imprese economicamente collegate. Secondo questa stessa giurisprudenza, il rischio di confusione deve essere valutato globalmente, in base alla percezione che il pubblico di riferimento ha dei segni e dei prodotti o servizi di cui trattasi, e prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti del caso di specie, in particolare l’interdipendenza tra la somiglianza dei segni e quella dei prodotti o dei servizi in questione [v. sentenza del 9 luglio 2003, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), T‑162/01, EU:T:2003:199, punti da 30 a 33 e giurisprudenza ivi citata].

65      Ai fini dell’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, un rischio di confusione presuppone al contempo un’identità o una somiglianza tra i marchi in conflitto e un’identità o una somiglianza tra i prodotti o servizi che essi designano. Si tratta di condizioni cumulative [v. sentenza del 22 gennaio 2009, Commercy/UAMI – easyGroup IP Licensing (easyHotel), T‑316/07, EU:T:2009:14, punto 42 e giurisprudenza ivi citata].

–       Sull’errore nella valutazione della somiglianza dei prodotti in esame rientranti nelle classi 9 e 25

66      La ricorrente sostiene, in sostanza, che la commissione di ricorso è incorsa in un errore nel confermare, ai punti 33 e 39 della decisione impugnata, le valutazioni della divisione di opposizione in base alle quali, da un canto, i prodotti di cui trattasi rientranti nella classe 9 erano identici o simili e, dall’altro, quelli appartenenti alla classe 25 erano identici o altamente simili. Infatti, per quanto riguarda il confronto dei prodotti rientranti nella classe 9, occorrerebbe tenere conto del fatto che gli «occhiali da vista», per cui poteva considerarsi registrato il marchio anteriore, avrebbero un utilizzo e una destinazione diversi rispetto ai prodotti indicati nella domanda di registrazione e per i quali quest’ultima è stata rifiutata, ossia gli «apparecchi ottici», gli «occhiali da sole e da vista» e le «lenti». Le «lenti» non potrebbero essere considerate parte integrante degli «occhiali» poiché esisterebbero diversi tipi di lenti, non soltanto da vista. Inoltre, sarebbe possibile, nel settore sportivo, limitarsi alla commercializzazione di occhiali da sci. Quanto, poi, ai prodotti inclusi nella classe 25, questi dovrebbero essere considerati dissimili, nei limiti in cui l’interveniente avrebbe dimostrato un uso effettivo del marchio anteriore solo per «articoli di abbigliamento di lusso», mentre il marchio richiesto sarebbe destinato a essere apposto su capi di abbigliamento di tipo «sportivo», dato che la sua attività si limiterebbe a tale ultimo settore.

67      L’EUIPO chiede che la presente censura sia respinta in quanto irricevibile, poiché la ricorrente non l’avrebbe sollevata dinanzi alla commissione di ricorso. In via subordinata, l’EUIPO sostiene che la censura è infondata, per quanto riguarda il confronto dei prodotti in esame rientranti nella classe 9, in quanto, da un lato, gli «apparecchi ottici» sono una categoria comprendente gli «occhiali» tutelati dal marchio anteriore e, dato che la ricorrente non ha limitato la sua domanda di registrazione riguardo a detta categoria, non spetta all’EUIPO scorporare d’ufficio quest’ultima e, dall’altro, le «lenti» sono parte integrante degli «occhiali», tali due tipi di prodotti sono utilizzati in modo complementare e le loro fonti di produzione sono identiche, al pari dei loro canali di distribuzione.

68      Quanto all’interveniente, essa asserisce, in sostanza, che i prodotti di cui trattasi rientranti nelle classi 9 e 25 sono simili o identici. Per quanto riguarda il confronto dei prodotti in esame di cui alla classe 9, occorrerebbe tener conto del fatto che le «lenti» costituirebbero una componente essenziale degli «occhiali» (da vista o da sole). In merito ai prodotti in questione rientranti nella classe 25, anche gli «articoli di abbigliamento sportivo», oggetto della domanda di registrazione, e gli «articoli di abbigliamento», per i quali il marchio anteriore potrebbe essere considerato come registrato, dovrebbero essere considerati simili poiché i loro canali di distribuzione e la loro destinazione sarebbero identici.

69      In merito all’eccezione di irricevibilità sollevata dall’EUIPO, si deve dichiarare che, come emerge dal punto 10, terzo trattino, della decisione impugnata, la ricorrente ha sostenuto, dinanzi alla commissione di ricorso, che «non sussiste[va] somiglianza tra i prodotti [in questione] perché gli articoli commercializzati dall’opponente [erano], alla luce delle prove d’uso, di alta gamma mentre quelli che interessano la richiedente [erano] di tipo sportivo, appartenenti al segmento di mercato medio-basso» e che «i prodotti [in esame erano] pertanto diversi[,] anche se compresi nelle stesse classi». Ne discende che la ricorrente aveva espressamente contestato, dinanzi alla commissione di ricorso, le valutazioni della divisione di opposizione secondo cui i prodotti di cui trattasi erano identici o simili.

70      Di conseguenza, occorre rigettare la presente eccezione di irricevibilità dell’EUIPO in quanto infondata.

71      Nel merito e per quanto riguarda, in primo luogo, la classe 9, i prodotti da confrontare sono, da un lato e quanto al marchio anteriore, gli «occhiali», per i quali si poteva ritenere che detto marchio fosse stato registrato e, dall’altro e per quanto attiene al marchio richiesto, gli «apparecchi ottici», gli «occhiali da sole e da vista» e le «lenti», per i quali era stata rifiutata la registrazione del marchio richiesto.

72      Anzitutto, quanto al confronto tra gli «apparecchi ottici» e gli «occhiali», la commissione di ricorso ha confermato, al punto 33 della decisione impugnata, in combinato disposto con i punti 7 e 31 della stessa decisione, la valutazione della divisione di opposizione secondo cui tali prodotti erano identici. A tale riguardo, occorre rammentare che taluni prodotti possono essere ritenuti identici se i prodotti che il marchio anteriore designa sono inclusi in una categoria più generale considerata dalla domanda di marchio [v. sentenza del 7 settembre 2006, Meric/UAMI – Arbora & Ausonia (PAM-PIM’S BABY-PROP), T‑133/05, EU:T:2006:247, punto 29 e giurisprudenza citata]. Orbene, come correttamente osservato dall’EUIPO, gli «occhiali» rientrano nella più ampia categoria degli «apparecchi ottici». Pertanto, è possibile considerare identici i prodotti in esame e, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, come rispondenti a un medesimo utilizzo e a una stessa destinazione. Il fatto, quindi, che taluni «apparecchi ottici» possano avere un utilizzo e una destinazione diversi dagli «occhiali» è irrilevante. Nel caso di specie, la commissione di ricorso ha, dunque, correttamente concluso nel senso dell’identità tra gli «apparecchi ottici» e gli «occhiali».

73      Per quanto riguarda poi il confronto tra gli «occhiali da sole e da vista» e gli «occhiali», la commissione di ricorso ha altresì confermato, al punto 33 della decisione impugnata, in combinato disposto con i punti 7 e 31 della stessa decisione, la valutazione della divisione di opposizione secondo cui tali prodotti erano identici. A tale riguardo, è necessario ricordare che i prodotti possono essere ritenuti identici se i prodotti indicati nella domanda di marchio sono inclusi in una categoria più generale designata dal marchio anteriore (v. sentenza del 7 settembre 2006, PAM-PIM’S BABY-PROP, T‑133/05, EU:T:2006:247, punto 29 e giurisprudenza citata). Ebbene, come correttamente osservato dall’EUIPO, gli «occhiali da sole e da vista» rientrano nella più ampia categoria degli «occhiali». Pertanto, è possibile considerare i prodotti in esame identici e, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, rispondenti a un medesimo utilizzo e a una stessa destinazione. Il fatto, quindi, che taluni «occhiali» possano avere un utilizzo e una destinazione diversi dagli «occhiali da sole e da vista» è irrilevante. Quanto alla circostanza per cui la ricorrente potrebbe limitarsi a commercializzare occhiali specificamente concepiti per la pratica dello sport, come occhiali da sci, questa è, oltre che ipotetica, irrilevante poiché, conformemente alla giurisprudenza, nell’ambito di una procedura di opposizione, l’EUIPO può soltanto prendere in considerazione l’elenco di prodotti o di servizi così come figura nella domanda di marchio, fatta salva solo un’eventuale limitazione di quest’ultima, ai sensi dell’articolo 43, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 [v., in tal senso, sentenze del 24 gennaio 2013, Yordanov/UAMI – Distribuidora comercial del frio (DISCO DESIGNER), T‑189/11, non pubblicata, EU:T:2013:34, punto 43, e del 15 marzo 2016, Nezi/UAMI – Etam (E), T‑645/13, non pubblicata, EU:T:2016:145, punto 77]. Ora, nel caso di specie, la domanda di registrazione non era limitata e non è stata successivamente modificata nell’ottica di essere limitata a occhiali specificamente concepiti per la pratica dello sport. Pertanto, nel presente caso, la commissione di ricorso ha correttamente concluso nel senso dell’identità tra gli «occhiali da sole e da vista» e gli «occhiali».

74      Da ultimo, in merito al confronto tra le «lenti» e gli «occhiali», la commissione di ricorso ha confermato, al punto 33 della decisione impugnata, in combinato disposto con i punti 7 e 32 della stessa decisione, la valutazione della divisione di opposizione secondo cui tali prodotti erano simili poiché «le “lenti” [erano] un componente essenziale degli “occhiali” (da vista e/o da sole)». A tal proposito, occorre ricordare che la mera circostanza che un certo prodotto sia utilizzato come parte, accessorio o componente di un altro non consente automaticamente di dimostrare l’esistenza di una somiglianza tra il primo e il secondo, in quanto, segnatamente, la loro natura, il loro scopo e i clienti interessati possono essere completamente diversi [v., in tal senso, sentenza del 14 maggio 2013, Fabryka Łożysk Tocznych-Kraśnik/UAMI – Impexmetal (IKFŁT KRAŚNIK), T‑19/12, non pubblicata, EU:T:2013:242, punti 34 e 35]. Tuttavia, emerge dalla decisione della divisione di opposizione, le cui valutazioni sono state adottate dalla camera di ricorso, che si è tenuto altresì conto del fatto che i prodotti in questione erano destinati al medesimo pubblico e, in numerosi casi, distribuiti tramite gli stessi canali. Ora, la circostanza che i prodotti interessati sono spesso commercializzati nei medesimi punti vendita specializzati è idonea a facilitare la percezione, da parte del consumatore interessato, delle strette correlazioni tra essi esistenti e ad avvalorare l’impressione che la responsabilità della loro fabbricazione incomba sulla stessa impresa (v. sentenza del 14 maggio 2013, IKFŁT KRAŚNIK, T‑19/12, non pubblicata, EU:T:2013:242, punto 34 e giurisprudenza citata). Dunque, nel caso di specie, la commissione di ricorso ha correttamente concluso nel senso della somiglianza tra le «lenti» e gli «occhiali».

75      Occorre, dunque, respingere tutti gli argomenti della ricorrente relativi al confronto dei prodotti in esame rientranti nella classe 9 in quanto infondati.

76      In secondo luogo, quanto alla classe 25, i prodotti da confrontare non sono, come suggerito dalla ricorrente, gli «articoli di abbigliamento di lusso» e gli «articoli di abbigliamento sportivo».

77      Da un lato, dalle valutazioni di cui al punto 59 supra discende che il marchio anteriore deve essere considerato registrato per gli «articoli di abbigliamento» in generale, e non solo per gli «articoli di abbigliamento di lusso».

78      Dall’altro lato e nei limiti in cui la ricorrente sostiene che il marchio richiesto sarebbe destinato a essere apposto su capi di abbigliamento di tipo «sportivo», dato che la sua attività si limiterebbe a tale ultimo settore, occorre ricordare che, conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 73, l’EUIPO può soltanto prendere in considerazione l’elenco di prodotti o di servizi così come figura nella domanda di registrazione.

79      Orbene, la ricorrente non ha modificato l’elenco dei prodotti rientranti nella classe 25 indicati nella sua domanda di registrazione, la quale non si limita, come correttamente osservato dalla commissione di ricorso al punto 38 della decisione impugnata, a capi di abbigliamento di tipo «sportivo» o destinati alla pratica dello sport, come i «pantaloni da sci» o le «tute sportive», ma include altresì capi di abbigliamento ad uso non sportivo, come l’«abbigliamento per uomo, donna e ragazzi in genere, comprendente abiti in pelle», le «giacche» o i «pantaloni».

80      Pertanto, devono altresì essere respinti in quanto infondati tutti gli argomenti della ricorrente vertenti sul confronto dei prodotti in esame rientranti nella classe 24.

81      Poiché tutti gli argomenti della ricorrente sono stati confutati, occorre rigettare integralmente la censura relativa a un errore di valutazione riguardante la somiglianza dei prodotti in esame rientranti nelle classi 9 e 25.

–       Sull’errore nella valutazione della somiglianza dei marchi in conflitto

82      La ricorrente rileva, in sostanza, che la commissione di ricorso è incorsa in un errore di valutazione laddove ha concluso nel senso dell’esistenza di una somiglianza tra i marchi in conflitto, nonostante detti marchi siano molto dissimili. La ricorrente ha rilevato che i marchi da confrontare erano, da un lato, il marchio richiesto e, dall’altro, il marchio anteriore nonché il marchio dell’Unione europea figurativo registrato con il numero 9742826. Essa ha sostenuto che gli elementi figurativi dei marchi in conflitto li distinguono in modo preminente, mentre la diffusione in Italia, soprattutto in Calabria, del cognome Versace conferirebbe a tale elemento, comune ai marchi in conflitto, un carattere debolmente distintivo, sicché questo non sarebbe in grado di dominare l’impressione complessiva prodotta da tali marchi.

83      L’EUIPO, che si limita a confrontare il marchio richiesto e il marchio anteriore, e l’interveniente, che confronta anche il marchio richiesto e il marchio dell’Unione europea figurativo registrato con il numero 9742826, respingono gli argomenti della ricorrente e chiedono il rigetto della presente censura. I marchi in conflitto sarebbero mediamente simili sul piano visivo e altamente simili sotto il profilo fonetico e concettuale, tenuto conto del fatto che l’elemento maggiormente distintivo del marchio richiesto coinciderebbe con il marchio anteriore.

84      A tale riguardo e nei limiti in cui la ricorrente asserisce di comparare il marchio richiesto e il marchio dell’Unione europea figurativo registrato con il numero 9742826, occorre rammentare che il controllo che il Tribunale esercita ai sensi dell’articolo 65 del regolamento n. 207/2009 consiste in un controllo della legittimità delle decisioni delle commissioni di ricorso dell’EUIPO e che esso può annullare o riformare la decisione oggetto del ricorso solo se questa, nel momento in cui è stata adottata, era viziata da uno dei motivi di annullamento o di riforma enunciati all’articolo 65, paragrafo 2, di tale regolamento (sentenza del 5 luglio 2011, Edwin/UAMI, C‑263/09 P, EU:C:2011:452, punto 71).

85      Ne consegue che il potere di riforma riconosciuto al Tribunale non produce l’effetto di conferire a quest’ultimo la facoltà di sostituire la propria valutazione a quella della commissione di ricorso, e neppure la facoltà di procedere a una valutazione sulla quale tale commissione non si è ancora pronunciata. Pertanto, in linea di principio, l’esercizio del potere di riforma deve essere limitato alle situazioni nelle quali il Tribunale, dopo aver controllato la valutazione compiuta dalla commissione di ricorso, sia in grado di determinare, sulla base degli elementi di fatto e di diritto come accertati, la decisione che detta commissione era tenuta a prendere (sentenza del 5 luglio 2011, Edwin/UAMI, C‑263/09 P, EU:C:2011:452, punto 72).

86      Così, qualora una questione non sia stata esaminata nel merito da una commissione di ricorso, non spetta al Tribunale esaminarla, per la prima volta, nell’ambito del suo controllo di legittimità della decisione resa da tale commissione [v. sentenza del 14 dicembre 2011, Völkl/UAMI – Marker Völkl (VÖLKL), T‑504/09, EU:T:2011:739, punto 63 e giurisprudenza citata].

87      Nel caso di specie, come indicato al precedente punto 10, la divisione di opposizione e, in linea con essa, la commissione di ricorso si sono limitate, per ragioni di economia processuale, a confrontare il marchio richiesto e il marchio anteriore. Nella decisione impugnata, la commissione di ricorso non si è dunque pronunciata sulla questione della somiglianza tra il marchio richiesto e il marchio dell’Unione europea figurativo registrato con il numero 9742826.

88      In tali condizioni, il Tribunale non ha competenza per occuparsi di tale questione nell’ambito della presente controversia.

89      Relativamente al confronto tra il marchio richiesto e il marchio anteriore, va ricordato che la valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei marchi in conflitto, sull’impressione complessiva prodotta dagli stessi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti. La percezione dei marchi che ha il consumatore medio dei prodotti o dei servizi in questione svolge un ruolo determinante nella valutazione globale di detto rischio. A tale proposito, il consumatore medio percepisce normalmente un marchio come un tutt’uno e non effettua un esame dei suoi singoli elementi (v. sentenza del 12 giugno 2007, UAMI/Shaker, C‑334/05 P, EU:C:2007:333, punto 35 e giurisprudenza citata).

90      La valutazione della somiglianza tra due marchi non può limitarsi a prendere in considerazione solo una componente di un marchio complesso e paragonarla con un altro marchio. Occorre invece operare il confronto esaminando i marchi in questione considerati ciascuno nel suo complesso, il che non esclude che l’impressione complessiva prodotta nella memoria del pubblico pertinente da un marchio complesso possa, in certe circostanze, essere dominata da una o più delle sue componenti (v. sentenza del 12 giugno 2007, UAMI/Shaker, C‑334/05 P, EU:C:2007:333, punto 41 e giurisprudenza citata). Soltanto quando tutte le altre componenti del marchio sono trascurabili si può valutare la somiglianza sulla sola base dell’elemento dominante (sentenze del 12 giugno 2007, UAMI/Shaker, C‑334/05 P, EU:C:2007:333, punto 42, e del 20 settembre 2007, Nestlé/UAMI, C‑193/06 P, non pubblicata, EU:C:2007:539, punto 42). Ciò potrebbe verificarsi segnatamente quando tale componente può, da sola, dominare l’immagine di tale marchio che il pubblico di riferimento conserva nella memoria, cosicché tutte le altre componenti del marchio risultino trascurabili nell’impressione complessiva da questo prodotta (sentenza del 20 settembre 2007, Nestlé/UAMI, C‑193/06 P, non pubblicata, EU:C:2007:539, punto 43).

91      Nel caso di specie, ai punti da 41 a 52 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha considerato che i marchi in conflitto erano mediamente simili sul piano visivo e altamente simili dal punto di vista fonetico e concettuale, dato che il solo elemento costitutivo del marchio anteriore coincideva, integralmente o essenzialmente, con l’elemento dominante e maggiormente distintivo del marchio richiesto, ossia «versace» o «versace 19.69» o «versace 1969», e che, nell’impressione complessiva prodotta dai marchi in conflitto, le differenze derivanti dalla presenza, nel marchio richiesto, di altri elementi denominativi e figurativi, debolmente distintivi, non erano sufficienti per controbilanciare, nel caso di cui trattasi, la somiglianza dovuta alla presenza, nei marchi in conflitto, dell’elemento «versace», tenuto conto dell’ubicazione privilegiata occupata da tale elemento nel marchio richiesto e del contrasto cromatico che ne accresce la visibilità in tale marchio.

92      Per quanto riguarda la censura della ricorrente basata, in sostanza, sul fatto che la commissione di ricorso, in sede di valutazione del carattere distintivo dei marchi in conflitto nella decisione impugnata, non ha preso in considerazione la circostanza che Versace sarebbe un cognome comune in Italia, soprattutto in Calabria, occorre rammentare che la valutazione dell’esistenza ovvero dell’inesistenza del carattere distintivo di un marchio costituito da un cognome, ancorché diffuso, deve essere effettuata in concreto secondo i criteri applicabili ad ogni segno in relazione, da un canto, ai prodotti o servizi per i quali si richiede la registrazione e, dall’altro, alla percezione del pubblico interessato (sentenza del 16 settembre 2004, Nichols, C‑404/02, EU:C:2004:538, punto 34).

93      Criteri generali di valutazione più rigorosi relativi, ad esempio, a un numero prestabilito di persone aventi il medesimo nome, al di là del quale il nome medesimo potrebbe essere ritenuto privo di carattere distintivo, al numero di imprese che forniscono prodotti o servizi del tipo di quelli di cui trattasi nella domanda di registrazione e all’uso diffuso o meno di patronimici nel settore interessato, non possono applicarsi a siffatti marchi (sentenza del 16 settembre 2004, Nichols, C‑404/02, EU:C:2004:538, punto 26).

94      Nel caso di specie, il mero fatto che l’elemento «versace» corrisponderebbe a un cognome comune in Italia, soprattutto in Calabria, non è dunque un criterio rilevante ai fini della valutazione del carattere distintivo di tale elemento.

95      Di conseguenza, occorre respingere la presente censura in quanto infondata.

96      Quanto al resto, la ricorrente si limita a sostenere che gli elementi figurativi del marchio richiesto lo distinguerebbero immediatamente dal marchio anteriore.

97      A tal proposito, è necessario ricordare che, ai sensi dell’articolo 76 del regolamento di procedura, ogni ricorso deve indicare segnatamente i motivi e gli argomenti dedotti. Tali indicazioni devono essere sufficientemente chiare e precise per consentire alla parte convenuta di preparare la sua difesa e al Tribunale di pronunciarsi sul ricorso, eventualmente senza altre informazioni a supporto. Al fine di garantire la certezza del diritto e una corretta amministrazione della giustizia è necessario, affinché un ricorso sia ricevibile, che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso è fondato emergano, per lo meno sommariamente, ma in modo coerente e comprensibile, dal testo stesso dell’atto introduttivo [v. sentenza dell’8 novembre 2012, Hartmann/UAMI (Nutriskin Protection Complex), T‑415/11, non pubblicata, EU:T:2012:589, punto 10 e giurisprudenza citata].

98      Orbene, la ricorrente non ha indicato, nel ricorso, i vizi che, a suo avviso, inficerebbero i punti 42 e 44 della decisione impugnata, in cui la commissione di ricorso ha esposto le ragioni per cui gli elementi figurativi del marchio richiesto dovevano essere considerati come debolmente distintivi e non idonei a dominare l’impressione complessiva prodotta da tale marchio. Al punto 42 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha in particolare osservato che «la cornice rettangolare con le volute [sarebbe] compresa come pura raffigurazione decorativa che serve a contenere le numerose diciture che conformano il marchio».

99      Ne consegue che il ricorso non contiene indicazioni sufficienti per consentire al Tribunale, all’EUIPO e all’interveniente di identificare i motivi e gli argomenti dedotti e non soddisfa, in tal senso, i requisiti di precisione di cui all’articolo 76 del regolamento di procedura.

100    Occorre pertanto respingere la presente censura, quanto al resto, come irricevibile.

–       Sulla censura vertente su un’erronea considerazione della notorietà del marchio anteriore nella valutazione del carattere distintivo di tale marchio

101    La ricorrente addebita alla commissione di ricorso di avere valutato erroneamente, nella decisione impugnata, il carattere distintivo del marchio anteriore, in quanto ha tenuto conto della notorietà dello stesso.

102    L’EUIPO e l’interveniente non hanno risposto in modo specifico alla presente censura nei loro atti di causa.

103    A tale riguardo, si deve rammentare che la notorietà di un marchio anteriore può, almeno in certi casi, contribuire all’elevato carattere distintivo di tale marchio e può, pertanto, aumentare il rischio di confusione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 [sentenza del 4 novembre 2003, Díaz/UAMI – Granjas Castelló (CASTILLO), T‑85/02, EU:T:2003:288, punto 44].

104    Nel caso di specie, emerge dal punto 11, primo trattino, della decisione impugnata, il cui contenuto non è contestato dalle parti, che l’interveniente non ha rivendicato la notorietà del marchio anteriore nell’ambito dell’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

105    Nella decisione impugnata, la commissione di ricorso non ha esaminato né a maggior ragione preso in considerazione, in sede di valutazione del rischio di confusione, l’eventuale notorietà di cui il marchio anteriore poteva godere sul territorio pertinente, ossia l’Italia. Al punto 54 di tale decisione, la commissione di ricorso ha inoltre tenuto conto del fatto che «l’[interveniente], per ragioni di economia procedurale, non [aveva neppure] invocato, né cercato di dimostrare, l’acquisita distintività del proprio marchio attraverso l’uso».

106    Ne consegue che la presente censura è carente in punto di fatto e deve, pertanto, essere respinta in quanto infondata.

107    Alla luce di tutte le valutazioni che precedono, occorre accogliere parzialmente il presente ricorso, nella parte in cui si fonda su un motivo relativo a una violazione dell’articolo 42, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, in quanto la commissione di ricorso ha inficiato la decisione impugnata con un errore di valutazione delle prove riguardanti l’uso di un marchio anteriore, per i prodotti rientranti nella classe 24, laddove ha concluso nel senso di un uso effettivo del marchio anteriore per «prodotti tessili» (non compresi in altre classi), diversi dalla «biancheria da casa», di cui a tale classe. Quanto al resto, detto ricorso deve essere respinto.

 Sulle spese

108    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Inoltre, ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, le spese sono compensate. Tuttavia, se ciò appare giustificato alla luce delle circostanze del caso di specie, il Tribunale può decidere che una parte sostenga, oltre alle proprie spese, una quota delle spese dell’altra parte.

109    Nella fattispecie, la ricorrente ha chiesto la condanna dell’EUIPO alle spese. Poiché il presente ricorso è accolto solo nei limiti di quanto indicato al punto 107 che precede, si deve disporre che la ricorrente si faccia carico, oltre che delle proprie spese, della metà delle spese dell’EUIPO.

110    In forza dell’articolo 138, paragrafo 3, del regolamento di procedura, il Tribunale può decidere che una parte interveniente si faccia carico delle proprie spese. Nella fattispecie, l’interveniente, che è intervenuta a sostegno dell’EUIPO, sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione della prima commissione di ricorso dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) del 6 aprile 2016 (procedimento R 1005/2015-1) è annullata, nella parte in cui, nella stessa, la commissione di ricorso ha concluso nel senso di un uso effettivo del marchio dell’Unione europea denominativo anteriore VERSACE per «prodotti tessili» (non compresi in altre classi), diversi dalla «biancheria per la casa», rientranti nella classe 24.

2)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

3)      La Versace 19.69 Abbigliamento Sportivo Srl sopporterà, oltre alle proprie spese, la metà delle spese sostenute dall’EUIPO.

4)      L’EUIPO sopporterà la metà delle proprie spese.


5)      La Gianni Versace SpA sopporterà le proprie spese.

Pelikánová

Nihoul

Svenningsen

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 5 ottobre 2017.

Il cancelliere

 

Il presidente

E. Coulon

 

      I. Pelikánová


*      Lingua processuale: l’italiano.

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