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Dokument 62015TJ0673

Sentenza del Tribunale (Terza Sezione ampliata) del 7 giugno 2017.
Guardian Europe Sàrl contro Commissione europea e Corte di giustizia dell'Unione europea.
Responsabilità extracontrattuale – Rappresentanza dell’Unione – Prescrizione – Azzeramento degli effetti giuridici di una decisione divenuta definitiva – Precisione dell’atto di ricorso – Ricevibilità – Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali – Termine ragionevole di giudizio – Parità di trattamento – Danno materiale – Perdite subite – Lucro cessante – Danno immateriale – Nesso causale.
Causa T-673/15.

Kohtulahendite kogumik – Üldkohus

Euroopa kohtulahendite tunnus (ECLI): ECLI:EU:T:2017:377

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)

7 giugno 2017 ( *1 )

«Responsabilità extracontrattuale — Rappresentanza dell’Unione — Prescrizione — Azzeramento degli effetti giuridici di una decisione divenuta definitiva — Precisione dell’atto di ricorso — Ricevibilità — Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali — Termine ragionevole di giudizio — Parità di trattamento — Danno materiale — Perdite subite — Lucro cessante — Danno immateriale — Nesso di causalità»

Nella causa T‑673/15,

Guardian Europe Sàrl, con sede in Bertrange (Lussemburgo), rappresentata da F. Louis, avvocato, e C. O’Daly, solicitor,

ricorrente,

contro

Unione europea, rappresentata da:

1)

Commissione europea, rappresentata da N. Khan, A. Dawes e P. van Nuffel, in qualità di agenti,

2)

Corte di giustizia dell’Unione europea, rappresentata da J. Inghelram e K. Sawyer, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda fondata sull’articolo 268 TFUE e intesa a ottenere il risarcimento del danno che la ricorrente asserisce di aver subito, da un lato, per la durata del processo nell’ambito della controversia sfociata nella sentenza del 27 settembre 2012, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (T‑82/08, EU:T:2012:494), e, dall’altro, per la violazione del principio della parità di trattamento compiuta nella decisione C(2007) 5791 definitivo della Commissione, del 28 novembre 2007, relativa ad un procedimento di applicazione dell’articolo [101 TFUE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (caso COMP/39.165 – Vetro piano) e nella sentenza del 27 settembre 2012, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (T‑82/08, EU:T:2012:494),

IL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata),

composto da S. Papasavvas, presidente, I. Labucka, E. Bieliūnas (relatore), V. Kreuschitz e I.S. Forrester, giudici,

cancelliere: C. Heeren, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’11 gennaio 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

I. Fatti

1

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 12 febbraio 2008, la Guardian Industries Corp. e la ricorrente, la Guardian Europe Sàrl, hanno proposto un ricorso avverso la decisione C(2007) 5791 definitivo della Commissione, del 28 novembre 2007, relativa ad un procedimento di applicazione dell’articolo [101 TFUE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (caso COMP/39.165 – Vetro piano) (in prosieguo: la «decisione C(2007) 5791»). Nell’atto di ricorso, esse hanno chiesto, in sostanza, al Tribunale l’annullamento parziale di tale decisione nella parte in cui le riguardava e la riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta loro da detta decisione.

2

Con sentenza del 27 settembre 2012, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (T‑82/08, EU:T:2012:494), il Tribunale ha respinto il ricorso.

3

Con atto introduttivo depositato il 10 dicembre 2012, la Guardian Industries e la ricorrente hanno impugnato la sentenza del 27 settembre 2012, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (T‑82/08, EU:T:2012:494).

4

Con sentenza del 12 novembre 2014, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (C‑580/12 P, EU:C:2014:2363), in primo luogo, la Corte ha annullato la sentenza del 27 settembre 2012, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (T‑82/08, EU:T:2012:494), nei limiti in cui tale sentenza aveva respinto il motivo attinente alla violazione del principio di non discriminazione nella parte relativa al calcolo dell’importo dell’ammenda inflitta in solido alla Guardian Industries e alla ricorrente e aveva condannato queste ultime alle spese. In secondo luogo, la Corte ha annullato l’articolo 2 della decisione C(2007) 5791 nei limiti in cui fissava l’importo dell’ammenda inflitta in solido alla Guardian Industries e alla ricorrente a EUR 148000000. In terzo luogo, la Corte ha fissato a EUR 103600000 l’importo dell’ammenda inflitta in solido alla Guardian Industries e alla ricorrente a causa dell’infrazione constatata all’articolo 1 della decisione C(2007) 5791. In quarto luogo, la Corte ha respinto l’impugnazione quanto al resto. In quinto luogo, la Corte ha ripartito le spese.

II. Procedimento e conclusioni delle parti

5

Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 novembre 2015, la ricorrente ha proposto il presente ricorso nei confronti dell’Unione europea, rappresentata dalla Commissione europea e dalla Corte di giustizia dell’Unione europea.

6

Il 17 febbraio 2016, il Tribunale ha rinviato la presente causa dinanzi alla Terza Sezione ampliata.

7

La Commissione e la Corte di giustizia dell’Unione europea hanno depositato un controricorso, rispettivamente il 16 febbraio 2016 e il 18 febbraio 2016.

8

Il 22 aprile 2016, la ricorrente depositato una replica. La Corte di giustizia dell’Unione europea e la Commissione hanno depositato una controreplica, rispettivamente il 25 maggio 2016 e il 7 giugno 2016.

9

Il 12 settembre 2016, il Tribunale ha constatato che l’istruzione e la definizione della presente causa richiedevano, tenuto conto del suo oggetto, che il fascicolo della causa sfociata nella sentenza del 27 settembre 2012Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (T‑82/08, EU:T:2012:494) (in prosieguo: la «causa T‑82/08») fosse messo a sua disposizione. Pertanto, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento di cui all’articolo 89 del suo regolamento di procedura, il Tribunale ha deciso di versare agli atti della presente causa il fascicolo della causa T‑82/08.

10

Il 14 dicembre 2016, il Tribunale ha chiesto alla ricorrente di produrre taluni documenti e di rispondere ad un quesito. La ricorrente ha dato seguito a tali richieste nel termine impartito.

11

Il 16 dicembre 2016, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha chiesto la notifica del fascicolo della causa T‑82/08.

12

Le parti hanno svolto le loro difese e risposto ai quesiti orali del Tribunale all’udienza che ha avuto luogo l’11 gennaio 2017.

13

La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

condannare l’Unione, rappresentata dalla Commissione e dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, a risarcire il danno da essa subito a causa della violazione, da parte del Tribunale, delle condizioni connesse al rispetto del termine ragionevole di giudizio, attraverso il versamento dei seguenti importi, oltre agli interessi a partire dal 12 febbraio 2010, al tasso medio applicato dalla Banca centrale europea (BCE) nel periodo rilevante alle sue principali operazioni di rifinanziamento, maggiorato di due punti percentuali:

EUR 936000 a titolo di spese di garanzia;

EUR 1671000 a titolo di costi di opportunità o lucro cessante;

EUR 14800000 a titolo del danno immateriale;

condannare l’Unione, rappresentata dalla Commissione e dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, a risarcire il danno da essa subito a causa della violazione, da parte della Commissione e del Tribunale, del principio della parità di trattamento, attraverso il versamento dei seguenti importi, oltre agli interessi al tasso medio applicato dalla BCE nel periodo rilevante alle sue principali operazioni di rifinanziamento, maggiorato di due punti percentuali:

EUR 1547000 a titolo di spese di garanzia;

EUR 9292000 a titolo di costi di opportunità o lucro cessante;

EUR 14800000 a titolo del danno immateriale;

condannare le convenute alle spese.

14

La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso nella parte in cui è diretto contro la medesima e

condannare la ricorrente alle spese.

15

La Corte di giustizia dell’Unione europea chiede che il Tribunale voglia:

dichiarare la domanda di risarcimento irricevibile nella parte relativa ai danni anteriori al 19 novembre 2010 e nella parte in cui verte sul risarcimento del danno materiale concernente costi di opportunità o un lucro cessante;

dichiarare in ogni caso infondata la domanda di risarcimento nella parte relativa sia al danno materiale sia al danno immateriale;

in subordine, dichiarare infondata la domanda di risarcimento nella parte relativa al danno materiale e accordare secondo equità un risarcimento pari ad un importo massimo di EUR 5000 a titolo di danno immateriale;

condannare la ricorrente alle spese.

III. In diritto

A. Sulla ricevibilità

16

La Commissione e la Corte di giustizia dell’Unione europea sollevano diverse eccezioni di irricevibilità.

1.   Sulla ricevibilità della domanda di risarcimento fondata su un’asserita violazione del termine ragionevole di giudizio nella parte in cui tale domanda è diretta contro l’Unione, rappresentata dalla Commissione

17

La Commissione sostiene che la domanda di risarcimento dei danni che sarebbero stati subiti a causa di un’asserita violazione delle condizioni connesse al rispetto del termine ragionevole di giudizio (in prosieguo: il «termine ragionevole di giudizio») è irricevibile nella parte in cui è diretta contro l’Unione, da essa rappresentata, in quanto, nell’ambito di tale domanda, la ricorrente non le muove alcun addebito.

18

A tal riguardo, è sufficiente ricordare che l’Unione è rappresentata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nell’ambito di ricorsi per il risarcimento di danni asseritamente subiti a causa di un’eventuale violazione degli obblighi connessi all’osservanza del termine ragionevole di giudizio da parte di un organo giurisdizionale dell’Unione (v. ordinanze del 6 gennaio 2015, Kendrion/Unione europea, T‑479/14, non pubblicata, EU:T:2015:2, punti da 14 a 19 e la giurisprudenza ivi citata, e del 2 febbraio 2015, Gascogne Sack Deutschland e Gascogne/Unione europea, T‑577/14, non pubblicata, EU:T:2015:80, punti da 22 a 29 e la giurisprudenza ivi citata).

19

Di conseguenza, la domanda di risarcimento dei danni asseritamente subiti dalla ricorrente a causa di una presunta violazione del termine ragionevole di giudizio nella causa T‑82/08 deve essere dichiarata irricevibile nella parte in cui tale domanda è diretta contro l’Unione, rappresentata dalla Commissione.

2.   Sulle eccezioni di irricevibilità basate sulla prescrizione

20

La Commissione fa valere che la domanda di risarcimento dei danni asseritamente subiti a causa di una presunta violazione sufficientemente qualificata del principio della parità di trattamento è irricevibile nella parte in cui tale domanda è diretta contro l’Unione, da essa rappresentata. Infatti, ai sensi dell’articolo 46 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, tale domanda sarebbe ricevibile unicamente nei limiti in cui sia intesa ad ottenere il risarcimento di danni intervenuti meno di cinque anni prima della proposizione del ricorso nella presente causa, vale a dire dopo il 19 novembre 2010. Orbene, nella misura in cui la ricorrente addebiterebbe al Tribunale di non avere annullato, entro il 12 febbraio 2010, la decisione C(2007) 5791, per il fatto che essa violava il principio della parità di trattamento, ne discenderebbe che, secondo le sue stesse premesse, gli asseriti danni posteriori al 12 febbraio 2010 sarebbero interamente imputabili alla Corte di giustizia dell’Unione europea.

21

La Corte di giustizia dell’Unione europea fa valere che le due domande intese ad ottenere il risarcimento dei danni lamentati sono prescritte nella parte che riguarda i danni verificatisi prima del 19 novembre 2010. Pertanto, le domande di risarcimento sarebbero irricevibili per quanto attiene ai periodi antecedenti a tale data.

22

La ricorrente sostiene, per quanto riguarda la sua domanda di risarcimento dei danni che sarebbero stati subiti a causa di un’asserita violazione sufficientemente qualificata del principio della parità di trattamento, che la sua domanda di annullamento parziale della decisione C(2007) 5791 ha interrotto il termine di prescrizione di cui all’articolo 46 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea. Inoltre, per quanto riguarda la sua domanda intesa ad ottenere il risarcimento dei danni che sarebbero stati subiti a causa di un’asserita violazione del termine ragionevole di giudizio, la ricorrente contesta le affermazioni della Corte di giustizia dell’Unione europea.

23

A tal riguardo, occorre ricordare che l’articolo 46 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, applicabile alla procedura dinanzi al Tribunale in forza dell’articolo 53, primo comma, del medesimo Statuto, prevede quanto segue:

«Le azioni contro l’Unione in materia di responsabilità extracontrattuale si prescrivono in cinque anni a decorrere dal momento in cui avviene il fatto che dà loro origine. La prescrizione e' interrotta sia dall’istanza presentata alla Corte di giustizia, sia dalla preventiva richiesta che il danneggiato può rivolgere all’istituzione competente dell’Unione (…)».

24

Nella specie, la ricorrente chiede il risarcimento di danni che essa asserisce di aver subito a causa, da un lato, della durata del procedimento nella causa T‑82/08 e, dall’altro, della violazione del principio della parità di trattamento commessa nella decisione C(2007) 5791 e nella sentenza del 27 settembre 2012, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (T‑82/08, EU:T:2012:494). I danni materiali asseritamente subiti a causa di tali violazioni consisterebbero, in primo luogo, nel pagamento di spese di garanzia bancaria sull’importo dell’ammenda non pagata immediatamente (in prosieguo: le «spese di garanzia bancaria») e, in secondo luogo, in un lucro cessante connesso alla differenza fra gli interessi rimborsati dalla Commissione sulla parte dell’importo dell’ammenda dichiarata alla fine non dovuta dalla Corte nella sentenza del 12 novembre 2014, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (C‑580/12 P, EU:C:2014:2363), da un lato, e i redditi che la ricorrente avrebbe potuto ottenere se, invece di pagare alla Commissione la somma dichiarata alla fine non dovuta dalla Corte, essa l’avesse investita nelle sue attività (in prosieguo: il «lucro cessante»), dall’altro. Inoltre, la ricorrente chiede il risarcimento di un danno immateriale consistente in una lesione della sua reputazione.

25

Occorre esaminare, in primo luogo, la prescrizione dell’azione di risarcimento degli asseriti danni che sarebbero stati causati da una presunta violazione del termine ragionevole di giudizio e, in secondo luogo, la prescrizione delle azioni di risarcimento degli asseriti danni che sarebbero stati causati da presunte violazioni sufficientemente qualificate del principio della parità di trattamento.

a)   Sulla prescrizione dell’azione risarcitoria fondata su un’asserita violazione del termine ragionevole di giudizio

26

Nello specifico caso di un ricorso per il risarcimento di un danno asseritamente subito a causa di un’eventuale inosservanza del termine ragionevole di giudizio, il dies a quo del termine di prescrizione di cinque anni previsto all’articolo 46 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea deve essere fissato, laddove una decisione abbia posto fine alla durata del giudizio controverso, alla data in cui tale decisione è stata adottata. Infatti, una siffatta data costituisce una data certa, stabilita secondo criteri oggettivi. Essa garantisce il rispetto del principio della certezza del diritto e consente di tutelare i diritti della ricorrente (sentenza del 10 gennaio 2017, Gascogne Sack Deutschland e Gascogne/Unione europea, T‑577/14, EU:T:2017:1, punto 47).

27

Nella specie, la ricorrente chiede, con il primo capo delle conclusioni, il risarcimento di asseriti danni che sarebbero stati causati da una presunta violazione del termine ragionevole di giudizio nella causa T‑82/08. Quest’ultima causa è stata chiusa con sentenza del 27 settembre 2012, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (T‑82/08, EU:T:2012:494). Il termine di prescrizione è dunque iniziato a decorrere dal 27 settembre 2012.

28

Inoltre, la ricorrente ha proposto il suo ricorso nella presente causa e ha dunque interrotto il termine di prescrizione il 19 novembre 2015, vale a dire prima della scadenza del termine di cinque anni previsto all’articolo 46 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea.

29

L’azione proposta nella presente causa non è dunque prescritta nella parte in cui ha ad oggetto una domanda di risarcimento di asseriti danni che sarebbero stati causati da un’eventuale violazione del termine ragionevole di giudizio nella causa T‑82/08.

30

Alla luce delle considerazioni che precedono, l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea e basata sulla prescrizione della domanda di risarcimento dei danni che sarebbero stati subiti a causa di un’asserita violazione del termine ragionevole di giudizio nella causa T‑82/08 deve essere respinta.

b)   Sulla prescrizione delle azioni risarcitorie fondate su asserite violazioni sufficientemente qualificate del principio della parità di trattamento

31

Occorre distinguere la prescrizione dell’azione fondata su un’asserita violazione sufficientemente qualificata del principio della parità di trattamento commessa nella decisione C(2007) 5791 e la prescrizione dell’azione fondata su un’asserita violazione sufficientemente qualificata del principio della parità di trattamento commessa nella sentenza del 27 settembre 2012, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (T‑82/08, EU:T:2012:494).

1) Sulla prescrizione dell’azione fondata su un’asserita violazione sufficientemente qualificata commessa nella decisione C(2007) 5791

32

Si evince dalla giurisprudenza che, qualora la responsabilità dell’Unione trovi eventualmente la sua origine in un atto individuale, il termine di prescrizione inizia a decorrere quando la decisione in questione ha prodotto i suoi effetti nei riguardi delle persone cui essa si dirige. Una diversa soluzione equivarrebbe a mettere in discussione il principio dell’autonomia dei ricorsi, in quanto farebbe dipendere il procedimento del ricorso per risarcimento del danno dall’esito di un ricorso di annullamento [sentenza del 19 aprile 2007, Holcim (Deutschland)/Commissione,C‑282/05 P, EU:C:2007:226, punto 30; v. parimenti, in tal senso, sentenza dell’8 novembre 2012, Evropaïki Dynamiki/Commissione, C‑469/11 P, EU:C:2012:705, punto 38].

33

In primo luogo, anzitutto, si deve rilevare che, per quanto riguarda i danni materiali fatti valere, gli asseriti effetti dannosi della decisione C(2007) 5791 si sono necessariamente prodotti nei confronti della ricorrente a partire dall’adozione di detta decisione, la quale le ha inflitto un’ammenda. Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il termine di prescrizione non può essere stato interrotto dalla sua domanda di annullamento parziale della decisione C(2007) 5791. Infatti, è indifferente, ai fini dell’inizio del decorso del termine di prescrizione, che il comportamento illegittimo dell’Unione sia stato constatato con una decisione giudiziaria [v., in tal senso, sentenza del 19 aprile 2007, Holcim (Deutschland)/Commissione, C‑282/05 P, EU:C:2007:226, punto 31].

34

La ricorrente avrebbe pertanto potuto proporre un ricorso inteso a far constatare la responsabilità extracontrattuale dell’Unione a causa di un’asserita violazione del principio della parità di trattamento commessa dalla Commissione nella decisione C(2007) 5791 sin dal momento in cui la causa dei danni lamentati sarebbe divenuta certa, cioè, nella specie, sin dal momento della costituzione della garanzia bancaria per una parte dell’importo dell’ammenda e del pagamento dell’ammenda per l’altra parte del suo importo [v., in tal senso, sentenza del 19 aprile 2007, Holcim (Deutschland)/Commissione, C‑282/05 P, EU:C:2007:226, punto 32].

35

Peraltro, il termine di prescrizione è iniziato a decorrere a partire dal momento in cui i danni materiali lamentati si sarebbero effettivamente realizzati, cioè a partire dal momento in cui, nella specie, avrebbero iniziato a decorrere le spese per la garanzia bancaria e il lucro cessante sarebbe comparso [v., in tal senso, sentenze del 19 aprile 2007, Holcim (Deutschland)/Commissione, C‑282/05 P, EU:C:2007:226, punto 33, e del 17 luglio 2008, Commissione/Cantina sociale di Dolianova e a., C‑51/05 P, EU:C:2008:409, punto 63].

36

Di conseguenza, ammesso che essi siano dimostrati, i danni materiali lamentati dalla ricorrente, consistenti nel pagamento di spese di garanzia bancaria e in un lucro cessante dovuto ad un’asserita violazione sufficientemente qualificata del principio della parità di trattamento commessa dalla Commissione nella decisione C(2007) 5791, sarebbero comparsi al momento del pagamento delle prime spese di garanzia bancaria e al momento in cui il lucro cessante fatto valere ha iniziato a verificarsi, vale a dire più di cinque anni prima della proposizione del presente ricorso.

37

Inoltre, i danni materiali lamentati dalla ricorrente sono costituiti, da un lato, dalle somme che essa sarebbe stata tenuta a versare ad una banca per la concessione di una garanzia e, dall’altro, dal lucro cessante menzionato al punto 24 supra. Orbene, come si evince dai documenti del fascicolo, l’importo dei danni materiali lamentati sarebbe aumentato proporzionalmente al numero di giorni trascorsi.

38

Ne consegue che i danni materiali addotti dalla ricorrente presentano un carattere continuato.

39

Infine, occorre ricordare che, nel caso di un danno a carattere continuato, la prescrizione prevista all’articolo 46 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea si applica, in base alla data dell’atto interruttivo, al periodo che precede di oltre cinque anni tale data, senza pregiudizio per eventuali diritti sorti nel corso dei periodi successivi [sentenza del 21 aprile 2005, Holcim (Deutschland)/Commissione, T‑28/03, EU:T:2005:139, punto 70; v., parimenti, sentenza del 16 dicembre 2015, Chart/SEAE, T‑138/14, EU:T:2015:981, punto 58 e la giurisprudenza ivi citata].

40

Di conseguenza, dal momento che la ricorrente ha proposto il proprio ricorso nella presente causa, interrompendo così il termine di prescrizione il 19 novembre 2015, la domanda di risarcimento dei danni materiali asseritamente subiti a causa di una presunta violazione sufficientemente qualificata del principio della parità di trattamento commessa nella decisione C(2007) 5791 è prescritta nella parte concernente i danni materiali che sarebbero stati subiti prima del 19 novembre 2010.

41

In secondo luogo, per quanto riguarda il danno immateriale lamentato, consistente in una lesione della reputazione della ricorrente, occorre sottolineare che, nell’atto di ricorso, quest’ultima fa valere che tale danno è sorto alla data di adozione della decisione C(2007) 5791, vale a dire il 28 novembre 2007.

42

Inoltre, occorre rilevare che la lesione della reputazione, benché possa rivestire forme diverse, è generalmente un danno che si ripete quotidianamente e che si prolunga fintantoché non venga messa fine alla presunta causa di una siffatta lesione. Ciò avviene, segnatamente, qualora la lamentata lesione della reputazione abbia asseritamente origine in una decisione della Commissione che, in un primo tempo, viene adottata e pubblicata tramite un comunicato stampa e che, in un secondo tempo, viene pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea sotto forma di un riassunto.

43

Ne consegue che il danno immateriale consistente nella lesione della reputazione che viene invocato dalla ricorrente e che discenderebbe da un’asserita violazione sufficientemente qualificata del principio della parità di trattamento posta in essere dalla Commissione nella decisione C(2007) 5791 presenta un carattere continuato.

44

Di conseguenza, in applicazione della giurisprudenza menzionata al punto 39 supra, l’azione di risarcimento dei danni è prescritta nella parte in cui ha ad oggetto il risarcimento di una lesione della reputazione anteriore al 19 novembre 2010.

45

In terzo luogo, occorre respingere l’argomento della Commissione relativo al fatto che, secondo le premesse stesse della ricorrente, gli asseriti danni successivi al 12 febbraio 2010 sarebbero interamente imputabili alla Corte di giustizia dell’Unione europea. Infatti, da un lato, tale argomento è fondato su un’interpretazione erronea del contenuto delle memorie della ricorrente. Dall’altro, anteriormente al 27 settembre 2012, il Tribunale non si era pronunciato sulla legittimità della decisione C(2007) 5791 sotto il profilo del principio della parità di trattamento.

46

Alla luce delle considerazioni che precedono, l’azione di risarcimento dei danni materiali e del danno immateriale che sarebbero stati subiti dalla ricorrente a causa di un’asserita violazione sufficientemente qualificata del principio della parità di trattamento commessa dalla Commissione nella decisione C(2007) 5791 è prescritta nella parte in cui tale azione ha ad oggetto danni che sarebbero stati subiti prima del 19 novembre 2010.

2) Sulla prescrizione dell’azione fondata su un’asserita violazione sufficientemente qualificata commessa nella sentenza del 27 settembre 2012, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (T‑82/08)

47

Occorre rilevare che gli asseriti danni che sarebbero stati causati da una presunta violazione sufficientemente qualificata del principio della parità di trattamento commessa nella sentenza del 27 settembre 2012, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (T‑82/08, EU:T:2012:494), sono necessariamente posteriori alla data della pronuncia di tale sentenza.

48

Pertanto, e nella misura in cui il ricorso per risarcimento del danno è stato proposto il 19 novembre 2015, la presente azione, instaurata meno di cinque anni dopo la sentenza del 27 settembre 2012, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (T‑82/08, EU:T:2012:494), non è interessata dalla prescrizione menzionata all’articolo 46 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea.

49

Ne consegue che l’azione intesa ad ottenere il risarcimento degli asseriti danni che sarebbero stati causati da una presunta violazione sufficientemente qualificata del principio della parità di trattamento commessa nella sentenza del 27 settembre 2012, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (T‑82/08, EU:T:2012:494), non è prescritta.

3.   Sulle eccezioni di irricevibilità basate sul fatto che il risarcimento del lucro cessante addotto azzererebbe gli effetti giuridici di una decisione divenuta definitiva

50

La Commissione e la Corte di giustizia dell’Unione europea sostengono che occorra dichiarare irricevibili le domande della ricorrente intese ad ottenere il risarcimento del lucro cessante menzionato al punto 24 supra. Infatti, a seguito della sentenza del 12 novembre 2014, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (C‑580/12 P, EU:C:2014:2363), l’Unione avrebbe già versato interessi alla ricorrente per un importo pari a EUR 988620. Orbene, se la ricorrente avesse ritenuto che tale importo fosse insufficiente, essa avrebbe dovuto proporre un ricorso di annullamento avverso la decisione della Commissione del dicembre del 2014, la quale aveva determinato l’importo di tali interessi, cosa che non ha fatto.

51

La Commissione fa parimenti valere che, a seguito della sentenza del 12 novembre 2014, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (C‑580/12 P, EU:C:2014:2363), essa ha versato interessi alla ricorrente in conformità all’articolo 90, paragrafo 4, del suo regolamento delegato (UE) n. 1268/2012, del 29 ottobre 2012, recante le modalità di applicazione del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione (GU 2012, L 362, pag. 1). Tale disposizione limiterebbe l’importo del rimborso all’importo dell’ammenda non dovuto maggiorato degli interessi prodotti in conformità all’articolo 90, paragrafo 2, di questo stesso regolamento, il quale esige che tali capitali vengano investiti in modo prudente e dunque con un rendimento relativamente modesto. Orbene, la ricorrente si sarebbe astenuta dal contestare l’articolo 90, paragrafo 4, del regolamento delegato n. 1268/2012 tramite un’eccezione di illegittimità sollevata sul fondamento dell’articolo 277 TFUE.

52

La ricorrente contesta tali asserzioni.

53

Occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, il ricorso per risarcimento danni connesso ad una responsabilità extracontrattuale dell’Unione per le azioni od omissioni delle sue istituzioni è stato istituito come rimedio autonomo rispetto ad altre azioni giudiziali, avente la propria funzione particolare nell’ambito del sistema dei mezzi di ricorso e subordinato a condizioni di esercizio concepite in vista del suo specifico oggetto (sentenze del 28 aprile 1971, Lütticke/Commissione, 4/69, EU:C:1971:40, punto 6; del 12 aprile 1984, Unifrex/Commissione e Consiglio, 281/82, EU:C:1984:165, punto 11, e del 10 luglio 2014, Nikolaou/Corte dei conti, C‑220/13 P, EU:C:2014:2057, punto 54).

54

Nella specie, occorre constatare che, nel dicembre del 2014, la Commissione ha rimborsato la parte dell’importo dell’ammenda che era stata pagata dalla ricorrente e che è stata dichiarata alla fine non dovuta dalla Corte nella sentenza del 12 novembre 2014, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (C‑580/12 P, EU:C:2014:2363). Inoltre, la Commissione ha versato interessi su tale somma pari a EUR 988620.

55

Pertanto, allorché la Commissione ha rimborsato, nel dicembre del 2014, la parte dell’importo dell’ammenda dichiarata non dovuta dalla sentenza del 12 novembre 2014, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (C‑580/12 P, EU:C:2014:2363), maggiorata degli interessi, tale istituzione ha dato esecuzione a detta sentenza in conformità all’articolo 90, paragrafo 4, del regolamento delegato n. 1268/2012, il quale prevede segnatamente che, quando sono state esaurite tutte le vie di ricorso e l’ammenda o la penale è stata annullata o ridotta, gli importi indebitamente riscossi, maggiorati degli interessi eventualmente prodotti, sono rimborsati al terzo interessato.

56

Tuttavia, l’articolo 266, secondo comma, TFUE dispone, in sostanza, che l’obbligo per un’istituzione da cui emana l’atto annullato di prendere i provvedimenti che l’esecuzione di una sentenza di annullamento comporta non pregiudica quello eventualmente risultante dall’applicazione dell’articolo 340, secondo comma, TFUE.

57

Inoltre, il Tribunale ha già considerato che l’articolo 266 TFUE impone l’obbligo per l’amministrazione di risarcire il danno addizionale che eventualmente risulta dall’atto illegittimo annullato solo se le condizioni previste all’articolo 340, secondo comma, TFUE sono soddisfatte (ordinanza del 12 dicembre 2007, Atlantic Container Line e a./Commissione, T‑113/04, non pubblicata, EU:T:2007:377, punto 62).

58

Orbene, nella presente causa, la ricorrente, la quale invoca, inter alia, una violazione sufficientemente qualificata del principio della parità di trattamento commessa nella decisione C(2007) 5791, fa appunto valere che le condizioni di cui all’articolo 340, secondo comma, TFUE sono soddisfatte, e che il presente ricorso è inteso a verificare se ciò avvenga.

59

A tal riguardo, occorre rilevare che, in primo luogo, la ricorrente non fa valere l’illegittimità della misura adottata dalla Commissione nel dicembre del 2014, con la quale quest’ultima le ha versato degli interessi.

60

In secondo luogo, il ricorso per risarcimento danni proposto nella presente causa non mira a ripristinare la ricorrente, sul piano finanziario, nella situazione in cui si sarebbe trovata in assenza della misura adottata dalla Commissione nel dicembre del 2014. In altri termini, il presente ricorso non mira allo stesso risultato di un ricorso di annullamento che sarebbe stato proposto avverso la misura del dicembre del 2014.

61

Infatti, da un lato, la ricorrente chiede il risarcimento del lucro cessante menzionato al punto 24 supra. Essa non chiede pertanto né il rimborso della parte dell’importo dell’ammenda dichiarata non dovuta nella sentenza del 12 novembre 2014, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (C‑580/12 P, EU:C:2014:2363), né il versamento degli interessi prodotti da tale somma allorché quest’ultima era in possesso della Commissione.

62

Dall’altro, l’eventuale annullamento della misura del dicembre del 2014 non potrebbe dare luogo al versamento, a favore della ricorrente, di una somma identica al lucro cessante lamentato e dunque di una somma superiore all’importo degli interessi rimborsati dalla Commissione.

63

Pertanto, occorre rilevare che, nella specie, la ricorrente chiede il risarcimento di un danno che, da un lato, è diverso da quello che risulterebbe da una cattiva esecuzione della sentenza del 12 novembre 2014, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (C‑580/12 P, EU:C:2014:2363), e che, dall’altro, è addizionale alle somme rimborsate dalla Commissione nel dicembre del 2014.

64

La domanda di risarcimento formulata dalla ricorrente in relazione ad un asserito lucro cessante non ha dunque né lo stesso oggetto né lo stesso effetto di un eventuale ricorso di annullamento proposto avverso la misura adottata dalla Commissione nel dicembre del 2014, e non può pertanto essere dichiarata irricevibile per uno sviamento di procedura.

65

Le eccezioni di irricevibilità basate sul fatto che il risarcimento del lucro cessante addotto azzererebbe gli effetti di una decisione divenuta definitiva devono essere pertanto respinte.

4.   Sull’eccezione di irricevibilità basata sulla mancanza di chiarezza e di precisione dell’atto di ricorso per quanto riguarda la domanda di risarcimento del danno immateriale lamentato

66

La Commissione ritiene che la domanda di risarcimento del danno immateriale lamentato sia manifestamente irricevibile, in quanto l’atto di ricorso si limita a contenere affermazioni vaghe e non comprovate, secondo le quali l’ammenda inflitta alla ricorrente ha stigmatizzato ingiustamente quest’ultima, creando un’impressione del tutto fuorviante quanto al suo ruolo nella violazione delle regole di concorrenza.

67

Tuttavia, il ricorso precisa che la stigmatizzazione addotta risulterebbe dalla circostanza che l’ammenda inflitta alla ricorrente nella decisione C(2007) 5791 sarebbe stata la più elevata, benché quest’ultima sia stata la più piccola fra i produttori di vetro piano e la sua partecipazione all’intesa sia stata la più breve. La ricorrente ne desume che, fra la data di adozione della decisione C(2007) 5791 e la sentenza del 12 novembre 2014, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (C‑580/12 P, EU:C:2014:2363), la quale ha diminuito l’importo dell’ammenda che le era stata inflitta, i terzi avrebbero concluso che essa aveva una responsabilità particolare nell’intesa sul mercato del vetro piano.

68

Pertanto, il ricorso fornisce indicazioni sufficientemente chiare e precise per quanto attiene al danno immateriale asseritamente subito dalla ricorrente. Tali indicazioni hanno consentito alla Commissione, da un lato, di comprendere la linea argomentativa della ricorrente e, dall’altro, di preparare la sua difesa. Inoltre, tali indicazioni consentono parimenti al Tribunale di statuire sul ricorso.

69

L’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione e basata sulla mancanza di chiarezza e precisione dell’atto di ricorso, per quanto attiene alla domanda di risarcimento del danno immateriale lamentato, deve pertanto essere respinta.

5.   Conclusione sulla ricevibilità

70

In primo luogo, l’azione di risarcimento dei danni che sarebbero stati causati da un’asserita violazione del termine ragionevole di giudizio nella causa T‑82/08 è irricevibile nella parte in cui è diretta nei confronti dell’Unione, rappresentata dalla Commissione.

71

In secondo luogo, l’azione di risarcimento dei danni che sarebbero stati causati da una presunta violazione sufficientemente qualificata del principio della parità di trattamento commessa dalla Commissione nella decisione C(2007) 5791 è prescritta per quanto attiene ai danni materiali e al danno immateriale asseritamente subiti prima del 19 novembre 2010.

72

Per contro, le azioni di risarcimento dei danni che sarebbero stati causati da un’asserita violazione sufficientemente qualificata del principio della parità di trattamento commessa nella sentenza del 27 settembre 2012, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (T‑82/08, EU:T:2012:494), e da un’asserita violazione del termine ragionevole di giudizio nella causa T‑82/08 non sono cadute in prescrizione.

73

In terzo luogo, le eccezioni di irricevibilità relative al fatto che il risarcimento del lucro cessante addotto azzererebbe gli effetti giuridici di una decisione divenuta definitiva, nonché l’eccezione di irricevibilità basata sulla mancanza di chiarezza e precisione per quanto riguarda la domanda di risarcimento del danno immateriale lamentato, devono essere respinte.

B. Nel merito

74

L’articolo 340, secondo comma, TFUE, prevede che, in materia di responsabilità extracontrattuale, l’Unione debba risarcire, conformemente ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri, i danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni.

75

Secondo una giurisprudenza costante, dall’articolo 340, secondo comma, TFUE, emerge che il sorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione e l’attuazione del diritto al risarcimento del danno subito dipendono della compresenza di un insieme di condizioni, ossia l’illegittimità del comportamento contestato alle istituzioni, la sussistenza del danno e l’esistenza di un nesso di causalità fra tale comportamento e il danno lamentato (sentenze del 29 settembre 1982, Oleifici Mediterranei/CEE, 26/81, EU:C:1982:318, punto 16, e del 9 settembre 2008, FIAMM e a./Consiglio e Commissione, C‑120/06 P e C‑121/06 P, EU:C:2008:476, punto 106).

76

Se una di tali condizioni non è soddisfatta, il ricorso dev’essere respinto interamente, senza che sia necessario esaminare le altre condizioni da cui dipende la responsabilità extracontrattuale dell’Unione (sentenza del 14 ottobre 1999, Atlanta/Comunità europea, C‑104/97 P, EU:C:1999:498, punto 65; v. parimenti, in tal senso, sentenza del 15 settembre 1994, KYDEP/Consiglio e Commissione, C‑146/91, EU:C:1994:329, punto 81). Inoltre, il giudice dell’Unione non è tenuto ad esaminare tali condizioni in un determinato ordine (sentenza del 18 marzo 2010, Trubowest Handel e Makarov/ Consiglio e Commissione, C‑419/08 P, EU:C:2010:147, punto 42; v. parimenti, in tal senso, sentenza del 9 settembre 1999, Lucaccioni/Commissione,C‑257/98 P, EU:C:1999:402, punto 13).

77

Nella specie, la ricorrente chiede il risarcimento dei danni che la stessa avrebbe subito, in primo luogo, a causa di asserite violazioni sufficientemente qualificate del principio della parità di trattamento commesse nella decisione C(2007) 5791 e nella sentenza del 27 settembre 2012, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (T‑82/08, EU:T:2012:494), e, in secondo luogo, in ragione di un’asserita violazione del termine ragionevole di giudizio nella causa T‑82/08.

1.   Sulle domande di risarcimento dei danni che sarebbero stati subiti dalla ricorrente a causa di asserite violazioni sufficientemente qualificate del principio della parità di trattamento commesse nella decisione C(2007) 5791 e nella sentenza del 27 settembre 2012, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (T‑82/08)

78

In primo luogo, la ricorrente ricorda che, nella decisione C(2007) 5791, la Commissione ha escluso le vendite interne dei produttori di vetro piano verticalmente integrati allorché ha calcolato l’importo delle ammende inflitte a tali produttori. Inoltre, la ricorrente sottolinea che, nella sentenza del 12 novembre 2014, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (C‑580/12 P, EU:C:2014:2363), la Corte ha annullato la decisione C(2007) 5791 per violazione del principio della parità di trattamento. In tale contesto, essa chiede il risarcimento dei danni che avrebbe subito a causa di un’asserita violazione sufficientemente qualificata del principio della parità di trattamento commessa nella decisione C(2007) 5791.

79

In secondo luogo, la ricorrente ricorda che la sentenza del 27 settembre 2012, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (T‑82/08, EU:T:2012:494), ha respinto il suo ricorso proposto avverso la decisione C(2007) 5791 sebbene essa avesse chiesto, in tale ricorso, la riduzione dell’importo dell’ammenda che le era stata inflitta in ragione della discriminazione provocata dall’esclusione delle vendite interne in occasione del calcolo dell’ammenda applicata ai produttori di vetro piano verticalmente integrati. Inoltre, la ricorrente sottolinea che, nella sentenza del 12 novembre 2014, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (C‑580/12 P, EU:C:2014:2363), la Corte ha annullato la sentenza del 27 settembre 2012, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (T‑82/08, EU:T:2012:494), per violazione del principio della parità di trattamento. In tali circostanze, essa chiede il risarcimento dei danni che avrebbe subito a causa di un’asserita violazione sufficientemente qualificata del principio della parità di trattamento commessa nella sentenza del 27 settembre 2012, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (T‑82/08, EU:T:2012:494).

a)   Sulla domanda di risarcimento dei danni che sarebbero stati subiti a causa di un’asserita violazione sufficientemente qualificata del principio della parità di trattamento commessa nella decisione C(2007) 5791

80

La ricorrente sostiene che l’asserita violazione sufficientemente qualificata del principio della parità di trattamento commessa dalla Commissione nella decisione C(2007) 5791 le ha causato danni materiali e un danno immateriale che devono essere risarciti.

81

A tal riguardo, occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, il danno di cui si chiede il risarcimento nell’ambito di un’azione di responsabilità extracontrattuale dell’Unione deve essere reale e certo, circostanza che spetta alla parte ricorrente dimostrare (v. sentenza del 9 novembre 2006, Agraz e a./Commissione, C‑243/05 P, EU:C:2006:708, punto 27 e la giurisprudenza ivi citata). Spetta a quest’ultima fornire prove concludenti in ordine all’esistenza e alla portata del danno lamentato (v. sentenza del 16 settembre 1997, Blackspur DIY e a./Consiglio e Commissione, C‑362/95 P, EU:C:1997:401, punto 31 e la giurisprudenza ivi citata).

82

Sempre secondo una giurisprudenza costante, la condizione relativa al nesso causale richiesta dall’articolo 340, secondo comma, TFUE, concerne l’esistenza di un rapporto di causa-effetto sufficientemente diretto tra il comportamento delle istituzioni e il danno (sentenze del 18 marzo 2010, Trubowest Handel e Makarov/Consiglio e Commissione, C‑419/08 P, EU:C:2010:147, punto 53, e del14 dicembre 2005, Beamglow/Parlamento e a., T‑383/00, EU:T:2005:453, punto 193; v. parimenti, in tal senso, sentenza del 4 ottobre 1979, Dumortier e a./Consiglio, 64/76, 113/76, 167/78, 239/78, 27/79, 28/79 e 45/79, EU:C:1979:223, punto 21). Incombe alla ricorrente fornire la prova dell’esistenza di un nesso di causalità tra il comportamento contestato e il danno lamentato (v. sentenza del 30 settembre 1998, Coldiretti e a./Consiglio e Commissione, T‑149/96, EU:T:1998:228, punto 101 e la giurisprudenza ivi citata).

83

È alla luce di tali principi che occorre valutare la fondatezza della domanda della ricorrente.

1) Sugli asseriti danni materiali e il presunto nesso di causalità

84

La ricorrente sostiene che l’asserita violazione sufficientemente qualificata del principio della parità di trattamento commessa nella decisione C(2007) 5791 le ha causato due tipi di danni materiali, ossia, in primo luogo, un danno corrispondente al pagamento di spese di garanzia bancaria e, in secondo luogo, un danno corrispondente al lucro cessante menzionato al punto 24 supra.

i) Osservazioni preliminari

85

Allorché la Commissione ha notificato la sua decisione C(2007) 5791 alla ricorrente, tale istituzione le ha segnalato che, qualora essa avesse avviato un procedimento dinanzi al Tribunale o dinanzi alla Corte, non sarebbe stato adottato alcun provvedimento di recupero dell’importo dell’ammenda inflitta in detta decisione fino a che la causa fosse rimasta pendente, purché fossero rispettate due condizioni prima della data di scadenza del termine di pagamento. In osservanza dell’articolo 86, paragrafo 5, del regolamento (CE, Euratom) n. 2342/2002 della Commissione, del 23 dicembre 2002, recante modalità d’esecuzione del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (GU 2002, L 357, pag. 1), tali due condizioni erano le seguenti: anzitutto, il credito della Commissione doveva generare interessi al tasso del 5,64% a decorrere dalla data di scadenza del termine di pagamento; dopodiché, doveva essere fornita una garanzia bancaria accettabile per la Commissione, a copertura sia del debito sia degli interessi o maggiorazioni del debito, prima del termine ultimo di pagamento.

86

Nell’atto di ricorso depositato nella presente causa, la ricorrente spiega che la decisione C(2007) 5791 l’ha condannata a pagare un’ammenda per un importo pari a EUR 148000000. Essa sostiene di aver pagato immediatamente, in un primo tempo, la somma di EUR 111000000 e di avere costituito una garanzia bancaria per coprire il saldo di EUR 37000000. La stessa fa valere di aver annullato, in un secondo tempo, la garanzia bancaria con effetto a partire dal 2 agosto 2013 e di aver versato alla Commissione la somma di EUR 37000000 maggiorata degli interessi di mora al tasso del 5,64%, ossia EUR 48263003. Essa sottolinea che, in un terzo tempo, a seguito della sentenza del 12 novembre 2014, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (C‑580/12 P, EU:C:2014:2363), la quale ha ridotto l’importo dell’ammenda di EUR 44400000, è emerso che l’ammenda adeguata di EUR 103600000 era coperta ab initio dal pagamento della somma di EUR 111000000. Di conseguenza, la Commissione ha rimborsato alla ricorrente la somma di EUR 55663003 maggiorata di interessi per un importo pari a EUR 988620. La somma di EUR 55663003 è stata ottenuta addizionando, da un lato, l’importo versato alla Commissione a seguito dell’annullamento della garanzia bancaria, ossia EUR 48263003 e, dall’altro, la somma di EUR 7400000. Quest’ultima somma corrisponde all’importo di EUR 111000000, pagato immediatamente, dal quale occorre detrarre l’importo dell’ammenda alla fine dovuta, ossia EUR 103600000.

ii) Sull’asserito pagamento di spese di garanzia bancaria e il presunto nesso di causalità

87

La ricorrente sottolinea che, fra il 4 marzo 2008, data in cui la garanzia bancaria ha iniziato a produrre effetti, e il 2 agosto 2013, data in cui ha iniziato a produrre effetti l’annullamento di detta garanzia, essa ha pagato spese di garanzia bancaria per un importo totale di EUR 1547000. Tali spese sarebbero state causate dalla violazione del principio della parità di trattamento. Infatti, se la Commissione avesse fissato a priori l’importo dell’ammenda a EUR 103600000 nella decisione C(2007) 5791, la garanzia bancaria non sarebbe mai stata necessaria. Inoltre, se tale ragionamento non dovesse essere seguito, sarebbe in ogni caso opportuno accordare alla ricorrente un risarcimento di EUR 1268935, il quale corrisponderebbe alle spese di garanzia bancaria pagate nel corso del periodo compreso fra il 12 febbraio 2010, data in cui avrebbe dovuto essere pronunciata la sentenza del Tribunale nella causa T‑82/08, e il 2 agosto 2013, data in cui ha iniziato a produrre effetti l’annullamento della garanzia.

88

La Commissione contesta tali affermazioni.

89

Nella specie, occorre sottolineare che la ricorrente, la quale aveva proposto un ricorso avverso la decisione C(2007) 5791, aveva la seguente scelta: (i) pagare l’ammenda al momento della sua esigibilità, versando eventualmente interessi di mora al tasso fissato dalla Commissione nella decisione C(2007) 5791, (ii) chiedere la sospensione dell’esecuzione della decisione a norma dell’articolo 242 CE, e degli articoli 104 e seguenti del regolamento di procedura del Tribunale del 2 maggio 1991, oppure (iii) costituire una garanzia bancaria destinata a garantire il pagamento dell’ammenda e degli interessi di mora, alle condizioni stabilite dalla Commissione [v., in tal senso, sentenze del 14 luglio 1995, CB/Commissione, T‑275/94, EU:T:1995:141, punto 54, e del 21 aprile 2005, Holcim (Deutschland)/Commissione, T‑28/03, EU:T:2005:139, punto 122].

90

La scelta di costituire una garanzia bancaria per una parte dell’importo dell’ammenda inflitta dalla decisione C(2007) 5791 e di pagare l’altra parte dell’importo di tale ammenda è stata lasciata al libero apprezzamento della ricorrente e non rivestiva carattere obbligatorio. In altri termini, nulla impediva alla ricorrente di pagare la totalità dell’importo dell’ammenda alla scadenza del termine fissato dalla decisione C(2007) 5791 malgrado l’introduzione di un ricorso avverso tale decisione dinanzi al Tribunale (v., in tal senso, sentenza dell’8 luglio 2008, Knauf Gips/Commissione, T‑52/03, non pubblicata, EU:T:2008:253, punto 498).

91

Orbene, come si evince dal ricorso, la ricorrente ha deciso, successivamente all’adozione della decisione C(2007) 5791, di non dare integralmente esecuzione al suo obbligo di pagare immediatamente l’ammenda, ma di costituire una garanzia bancaria per una parte del suo importo, in conformità alla facoltà offerta dalla Commissione.

92

La ricorrente non può dunque validamente affermare che le spese di garanzia bancaria da essa sostenute derivino direttamente dall’illegittimità della decisione C(2007) 5791. Infatti, il danno da essa lamentato deriva direttamente e in maniera determinante dalla sua stessa scelta, successiva all’adozione della decisione C(2007) 5791, di non dare esecuzione al suo obbligo di pagare la totalità dell’ammenda. Se la ricorrente avesse optato per il pagamento immediato della totalità dell’importo dell’ammenda, essa avrebbe evitato di pagare spese di garanzia bancaria sull’importo dell’ammenda non pagata [v., in tal senso, sentenza del 21 aprile 2005, Holcim (Deutschland)/Commissione, T‑28/03, EU:T:2005:139, punti 123124; ordinanze del 12 dicembre 2007, Atlantic Container Line e a./Commissione, T‑113/04, non pubblicata, EU:T:2007:377, punto 38, e del 4 settembre 2009, Inalca e Cremonini/Commissione, T‑174/06, non pubblicata, EU:T:2009:306, punti 9192].

93

Pertanto, senza che sia necessario pronunciarsi sull’argomento della Commissione relativo ad un eventuale contributo della ricorrente alla produzione del danno patito, l’esistenza di un nesso di causalità sufficientemente diretto fra l’asserita violazione sufficientemente qualificata del principio della parità di trattamento commessa nella decisione C(2007) 5791 e il pagamento di spese di garanzia bancaria deve essere esclusa.

94

Di conseguenza, la domanda di risarcimento del danno materiale lamentato consistente nel pagamento di spese di garanzia bancaria a causa di una presunta violazione sufficientemente qualificata del principio della parità di trattamento commessa nella decisione C(2007) 5791 deve essere respinta.

iii) Sull’asserito lucro cessante e il presunto nesso di causalità

95

Anzitutto, la ricorrente spiega che gli interessi rimborsati dalla Commissione sulla parte dell’importo dell’ammenda dichiarata alla fine non dovuta dalla sentenza del 12 novembre 2014, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (C‑580/12 P, EU:C:2014:2363), sono ammontati a EUR 988620 per la totalità del periodo che va dal marzo del 2008 al novembre del 2014.

96

La ricorrente fa poi valere che l’importo di tali interessi è molto inferiore ai redditi che essa avrebbe potuto ricavare se, invece di pagare alla Commissione la somma dichiarata alla fine non dovuta dalla Corte, essa li avesse investiti nelle sue attività. A sostegno di tale affermazione, la ricorrente produce la relazione di una società di revisione e di consulenza, la quale ha proceduto al calcolo del costo medio ponderato del suo capitale. L’utilizzazione del costo medio ponderato del capitale sarebbe fondato sul fatto che una società deve guadagnare almeno il costo del suo capitale, il quale coincide con il rendimento minimo richiesto dagli investitori per investire in tale società piuttosto che in un’altra. Orbene, applicando la media dei valori estremi del costo medio ponderato del capitale della ricorrente così definito alla somma di EUR 7400000 fra il 4 marzo 2008 e il 27 luglio 2013, e poi alla somma di EUR 48263003 fra il 27 luglio 2013 e il 12 novembre 2014, la ricorrente avrebbe guadagnato almeno EUR 10281000. Pertanto, poiché gli interessi versati dalla Commissione nel dicembre del 2014 sarebbero ammontati a circa EUR 989000, ne risulterebbe che la ricorrente avrebbe subito un lucro cessante pari a EUR 9292000.

97

Infine, sarebbe pacifico che, se nella decisione C(2007) 5791 non fosse stata commessa una violazione del principio della parità di trattamento, tale lucro cessante sarebbe stato evitato.

98

La Commissione contesta tali affermazioni.

99

A tal riguardo, occorre sottolineare che, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 89 del regolamento di procedura, il Tribunale ha chiesto alla ricorrente di produrre prove documentali al fine di dimostrare che la stessa aveva pagato alla Commissione la somma di EUR 111000000 nel marzo del 2008 e la somma di EUR 48263003 nel luglio del 2013, come sosteneva nel ricorso.

100

Orbene, in primo luogo, si evince dai documenti forniti dalla ricorrente in risposta a tale domanda che la Guardian Industries, e non la ricorrente, ha pagato EUR 20000000 alla Commissione nel marzo del 2008.

101

In secondo luogo, i documenti prodotti dalla ricorrente mostrano che effettivamente, nel marzo del 2008, essa ha pagato la somma di EUR 91000000 alla Commissione. Tuttavia, prima di tale pagamento, ossia dal gennaio del 2008, la ricorrente aveva concluso un accordo con ciascuna delle sue sette controllate operative al fine di prevedere che ciascuna di esse avrebbe sopportato, a partire dal 31 dicembre 2007 e da un punto di vista contabile e finanziario, una parte dell’importo dell’ammenda inflitta dalla decisione C(2007) 5791. Inoltre, tramite accordi conclusi nel dicembre del 2008 fra la ricorrente e le sue controllate, si è proceduto alla ripartizione definitiva, fra ciascuna di dette controllate, della somma di EUR 91000000 pagata dalla ricorrente.

102

In terzo luogo, i documenti prodotti dalla ricorrente attestano che, nel luglio del 2013, sono le sette controllate operative della ricorrente ad avere pagato ciascuna direttamente alla Commissione una parte della somma di EUR 48263003.

103

Ne consegue che la ricorrente non ha sopportato personalmente l’onere collegato al pagamento dell’ammenda inflitta dalla decisione C(2007) 5791. La ricorrente non può dunque evidentemente sostenere di aver subito un danno reale e certo consistente nella differenza fra gli interessi rimborsati dalla Commissione sulla parte dell’importo dell’ammenda dichiarata alla fine non dovuta dalla Corte nella sentenza del 12 novembre 2014, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (C‑580/12 P, EU:C:2014:2363), da un lato, e i redditi che essa avrebbe potuto ricavare se, invece di pagare la somma in questione alla Commissione, l’avesse investita nelle sue attività, dall’altro.

104

Tale conclusione non viene rimessa in discussione dall’argomento fatto valere dalla ricorrente e basato, da un lato, sul fatto che la Guardian è stata considerata un’impresa unica dalla decisione C(2007) 5791 e, dall’altro, sul fatto che tutte le somme sono state pagate da entità facenti parte dell’impresa Guardian.

105

Infatti, in primo luogo, la ricorrente non produce alcun documento che l’autorizzerebbe a rappresentare, nell’ambito del presente ricorso, le sue sette controllate operative, le quali hanno sopportato ciascuna il pagamento di una parte dell’importo dell’ammenda inflitta dalla decisione C(2007) 5791.

106

In secondo luogo, la ricorrente non produce neanche un documento che l’autorizzerebbe a rappresentare, nell’ambito del presente ricorso, la Guardian Industries. A tal riguardo, la ricorrente non può far valere un memorandum interno che sarebbe datato 15 novembre 2015 e che le sarebbe stato indirizzato dalla Guardian Industries. Infatti, tale memorandum non è sottoscritto dai rappresentanti legali della Guardian Industries. Inoltre, tale memorandum non prevede alcuna autorizzazione espressa a favore della ricorrente a rappresentare la Guardian Industries nell’ambito del presente procedimento. Infatti, tale memorandum si limita a prevedere che, qualora la ricorrente avesse ottenuto un risarcimento per le spese di garanzia bancaria, essa avrebbe pagato alla Guardian Industries il 18% di tale risarcimento. Occorre infine aggiungere che l’accordo sulla ripartizione di responsabilità concluso fra la Guardian Industries e la ricorrente nel marzo del 2008 è irrilevante nella specie, nella misura in cui esso verteva sul pagamento dell’ammenda inflitta dalla Commissione e non sul presente ricorso per risarcimento danni.

107

Di conseguenza, la domanda di risarcimento del lucro cessante che sarebbe stato subito dalla ricorrente a causa di un’asserita violazione sufficientemente qualificata del principio della parità di trattamento commessa nella decisione C(2007) 5791 deve essere respinta.

2) Sull’asserito danno immateriale e il presunto nesso di causalità

108

La ricorrente sostiene che, dal 28 novembre 2007, data della decisione C(2007) 5791, al 12 novembre 2014, data della sentenza Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (C‑580/12 P, EU:C:2014:2363), la violazione del principio della parità di trattamento commessa in detta decisione avrebbe creato un’impressione fuorviante quanto al suo ruolo nell’infrazione. Tale lesione della reputazione dovrebbe essere risarcita tramite la concessione di un risarcimento corrispondente al 10% dell’importo dell’ammenda che era stata inflitta inizialmente alla ricorrente.

109

La Commissione contesta tali affermazioni.

110

A tal riguardo, occorre rilevare che l’asserita lesione della reputazione non è connessa all’impressione fuorviante che la ricorrente avrebbe partecipato ad una violazione delle regole di concorrenza. Peraltro, il ricorso proposto dinanzi al Tribunale nella causa T‑82/08 era unicamente inteso all’annullamento parziale della decisione C(2007) 5791. Inoltre, nell’ambito dell’impugnazione formata nella causa sfociata nella sentenza del 12 novembre 2014, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (C‑580/12 P, EU:C:2014:2363), la ricorrente non ha contestato le valutazioni del Tribunale con le quali quest’ultimo ha respinto detta domanda di annullamento parziale.

111

Pertanto, l’asserita lesione della reputazione consisterebbe unicamente nel fatto che la decisione C(2007) 5791 avrebbe generato un’impressione fuorviante quanto al ruolo della ricorrente nell’infrazione alla quale quest’ultima ha effettivamente partecipato. Tale impressione fuorviante risulterebbe dal fatto che l’ammenda inflitta alla ricorrente era più significativa di quella inflitta agli altri partecipanti all’infrazione (v. punto 67 supra).

112

Orbene, in primo luogo, l’argomento della ricorrente non è supportato da elementi di prova che dimostrerebbero che, per la sua gravità, l’asserita violazione sufficientemente qualificata del principio della parità di trattamento commessa nella decisione C(2007) 5791 poteva avere un’incidenza sulla sua reputazione al di là dell’incidenza collegata alla sua partecipazione all’intesa.

113

In tali circostanze, la ricorrente non dimostra che l’asserita violazione sufficientemente qualificata del principio della parità di trattamento commessa nella decisione C(2007) 5791 era idonea ad arrecare pregiudizio alla sua reputazione.

114

In secondo luogo, ammesso che l’asserita violazione sufficientemente qualificata del principio della parità di trattamento commessa nella decisione C(2007) 5791 per quanto attiene al calcolo dell’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente abbia leso la reputazione di quest’ultima, sarebbe necessario rilevare che, alla luce della natura e della gravità di tale violazione, il danno immateriale subito dalla ricorrente sarebbe stato sufficientemente risarcito dall’annullamento di detta decisione e dalla riduzione dell’importo dell’ammenda pronunciata dalla Corte nella sentenza del 12 novembre 2014, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (C‑580/12 P, EU:C:2014:2363). Ciò vale a maggior ragione in quanto, da un lato, la ricorrente ha avuto la possibilità di proporre un ricorso avverso la decisione C(2007) 5791 e, dall’altro, la sentenza del 12 novembre 2014, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (C‑580/12 P, EU:C:2014:2363), è stata oggetto di un comunicato stampa il giorno della sua pronuncia, il quale indicava che il giudice dell’Unione aveva alla fine ridotto l’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente per il suo ruolo nel cartello del vetro piano da EUR 148000000 a EUR 103600000.

115

Pertanto, la domanda di risarcimento del danno immateriale che sarebbe stato causato alla ricorrente da un’asserita violazione sufficientemente qualificata del principio della parità di trattamento commessa nella decisione C(2007) 5791 deve essere respinta.

116

Di conseguenza, in applicazione della giurisprudenza menzionata al punto 76 supra, la domanda di risarcimento degli asseriti danni che sarebbero stati causati da una presunta violazione sufficientemente qualificata del principio della parità di trattamento commessa nella decisione C(2007) 5791 deve essere respinta in toto.

b)   Sulla domanda di risarcimento dei danni che sarebbero stati subiti a causa di un’asserita violazione sufficientemente qualificata del principio della parità di trattamento commessa nella sentenza del 27 settembre 2012, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (T‑82/08)

117

La ricorrente sostiene che l’errore commesso nella sentenza del 27 settembre 2012, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (T‑82/08, EU:T:2012:494), integra una violazione qualificata del principio della parità di trattamento e che detta violazione le ha causato dei danni.

118

Infatti, anzitutto, sarebbe pacifico che una sentenza del Tribunale può comportare la responsabilità extracontrattuale dell’Unione. Da un lato, la Corte avrebbe riconosciuto il diritto di un ricorrente ad ottenere un risarcimento in caso di violazione del termine ragionevole di giudizio. Dall’altro, tale responsabilità sarebbe il corollario della giurisprudenza della Corte secondo la quale i giudici di uno Stato membro possono far sorgere la responsabilità di tale Stato allorché essi privino un ricorrente del beneficio di un diritto che esso trae dal diritto dell’Unione (sentenza del 30 settembre 2003, Köbler, C‑224/01, EU:C:2003:513).

119

Inoltre, il Tribunale non avrebbe disposto di alcun potere discrezionale né avrebbe avuto la possibilità di confermare, come ha fatto, l’esclusione delle vendite interne figuranti nella decisione C(2007) 5791, se ciò avesse penalizzato l’unico destinatario di tale decisione che non era verticalmente integrato, ossia la ricorrente.

120

Infine, sarebbe pacifico, alla luce di una consolidata giurisprudenza, relativa all’obbligo di prendere in considerazione le vendite interne, che la sentenza del 27 settembre 2012, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (T‑82/08, EU:T:2012:494), avrebbe violato in maniera manifesta il principio della parità di trattamento.

121

La Corte di giustizia dell’Unione europea contesta tali affermazioni.

122

A tal riguardo, occorre sottolineare che la responsabilità dell’Unione non sorge a causa del contenuto di una decisione giurisdizionale che non è stata emessa da un organo giurisdizionale dell’Unione di ultima istanza e che poteva pertanto costituire oggetto d’ impugnazione.

123

Peraltro, nella specie, l’errore commesso nella sentenza del 27 settembre 2012, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (T‑82/08, EU:T:2012:494), è stato rettificato dalla Corte nella sentenza del 12 novembre 2014, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (C‑580/12 P, EU:C:2014:2363), a seguito dell’esercizio dei mezzi di ricorso da parte della ricorrente.

124

Occorre tuttavia precisare che la valutazione formulata al punto 122 supra, non pregiudica la possibilità, per una ricorrente, di far dichiarare, in casi eccezionali, la responsabilità dell’Unione a causa di disfunzioni giurisdizionali gravi, segnatamente di natura procedurale o amministrativa, che arrecano pregiudizio all’attività di un organo giurisdizionale dell’Unione. Orbene, siffatte disfunzioni non sono dedotte dalla ricorrente nell’ambito della presente domanda, la quale attiene al contenuto di una decisione giurisdizionale.

125

Di conseguenza, la domanda di risarcimento degli asseriti danni che sarebbero stati causati da una presunta violazione qualificata del principio della parità di trattamento commessa nella sentenza del 27 settembre 2012, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (T‑82/08, EU:T:2012:494), deve essere respinta.

126

Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, le domande di risarcimento dei danni che sarebbero stati subiti dalla ricorrente a causa, da un lato, di un’asserita violazione sufficientemente qualificata del principio della parità di trattamento commessa nella decisione C(2007) 5791 e, dall’altro, di un’asserita violazione sufficientemente qualificata del principio della parità di trattamento commessa nella sentenza del 27 settembre 2012, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (T‑82/08, EU:T:2012:494), devono essere respinte.

2.   Sulla domanda di risarcimento dei danni che sarebbero stati subiti a causa di un’asserita violazione del termine ragionevole di giudizio nella causa T‑82/08

127

In primo luogo, la ricorrente sostiene che la durata del procedimento nella causa T‑82/08 ha violato il termine ragionevole di giudizio. In secondo luogo, essa fa valere che tale violazione le ha arrecato dei danni che devono essere risarciti.

a)   Sull’asserita violazione del termine ragionevole di giudizio nella causa T‑82/08

128

La ricorrente fa valere che la durata del procedimento nella causa T‑82/08 ha violato il termine ragionevole di giudizio, il che integrerebbe una violazione sufficientemente qualificata di una norma di diritto dell’Unione intesa a conferire diritti ai singoli.

129

La Corte di giustizia dell’Unione europea contesta tali affermazioni. Infatti, in primo luogo, non si potrebbe ritenere che la sentenza del 12 novembre 2014, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (C‑580/12 P, EU:C:2014:2363), abbia risolto in via definitiva la questione dell’esistenza di una violazione di un termine ragionevole di giudizio. In secondo luogo, l’affermazione della ricorrente secondo la quale il termine ragionevole di giudizio era di due anni nella causa T‑82/08 sarebbe del tutto irrealistica alla luce della durata media dei procedimenti dinanzi al Tribunale constatata fra il 2006 e il 2010 nelle cause che avevano ad oggetto l’applicazione del diritto della concorrenza. In terzo luogo, il carattere ragionevole di un termine di giudizio non potrebbe essere valutato sulla base di una durata forfettaria e dovrebbe essere valutato in funzione delle circostanze proprie di ciascuna causa e, in particolare, con riferimento all’eventuale presenza di un periodo di inerzia anormalmente lungo. In quarto luogo, per quanto attiene al periodo compreso fra la fine della fase scritta del procedimento e l’avvio della sua fase orale, l’eventuale periodo di inerzia incomprensibile nell’esame della causa T‑82/08 sarebbe molto più limitato di quanto sostenuto dalla ricorrente. Infatti, il periodo di 3 anni e 5 mesi decorso fra la fine della fase scritta del procedimento e l’avvio della fase orale nella causa T‑82/08, avrebbe ecceduto di 11 mesi soltanto la durata media di tale fase del procedimento registrata fra il 2008 e il 2011 nelle cause concernenti l’applicazione del diritto della concorrenza. Inoltre, occorrerebbe tenere conto della complessità delle cause in materia di concorrenza, dell’ambiente multilingue in cui opera la Corte di giustizia dell’Unione europea e della durata limitata del mandato dei giudici.

130

Occorre sottolineare che l’articolo 47, secondo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, dispone segnatamente che «[o]gni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge».

131

Nella specie, emerge da un esame dettagliato del fascicolo della causa T‑82/08 che, come sottolineato giustamente dalla Corte nella sentenza del 12 novembre 2014, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (C‑580/12 P, EU:C:2014:2363), la durata del procedimento nella causa T‑82/08, che ha raggiunto quasi 4 anni e 7 mesi, non può essere giustificata da nessuna delle circostanze proprie di tale causa.

132

In primo luogo, occorre ricordare che la causa T‑82/08 aveva ad oggetto una controversia vertente sull’esistenza di una violazione delle regole di concorrenza e che, secondo la giurisprudenza, il precetto fondamentale della certezza del diritto, sulla quale gli operatori economici debbono poter contare, nonché l’obiettivo di garantire che la concorrenza non sia falsata sul mercato interno, presentano un rilevante interesse non solo per il ricorrente stesso e per i suoi concorrenti, bensì anche per i terzi, in ragione del vasto numero di persone interessate e degli interessi economici in gioco (sentenza del 16 luglio 2009, Der Grüne Punkt – Duales System Deutschland/Commissione, C‑385/07 P, EU:C:2009:456, punto 186).

133

In secondo luogo, occorre rilevare che, nella causa T‑82/08, un lasso di tempo di circa 3 anni e 5 mesi, ossia di 41 mesi, è trascorso fra la fase scritta del procedimento, caratterizzata dal deposito, il 3 luglio 2008, di una lettera in cui la ricorrente ha informato il Tribunale di rinunciare al deposito di una replica, da un lato, e l’avvio della fase orale del procedimento, il 13 dicembre 2011, dall’altro.

134

Il carattere ragionevole di tale lasso di tempo dipende, in particolare, dalla complessità della controversia, nonché dal comportamento delle parti e dalla sopravvenienza di incidenti procedurali.

135

Per quanto attiene alla complessità della controversia, anzitutto, un periodo di 15 mesi tra la fine della fase scritta del procedimento e l’apertura della fase orale del medesimo costituisce, in linea di principio, un lasso di tempo adeguato per esaminare le cause che riguardano l’applicazione del diritto della concorrenza, come la causa T‑82/08. Inoltre, l’esame parallelo di cause connesse non può giustificare, nella specie, un prolungamento del periodo che separa la fine della fase scritta del procedimento dall’apertura della sua fase orale. Infine, il grado di complessità fattuale, giuridica e procedimentale della causa T‑82/08 non giustifica l’accoglimento di una durata superiore nel caso di specie. Sotto tale profilo, si deve segnatamente rilevare che, tra la fine della fase scritta del procedimento e l’apertura della sua fase orale, il procedimento non ha subito interruzioni né ritardi a causa dell’adozione, da parte del Tribunale, di una qualsivoglia misura di organizzazione del medesimo (v., in tal senso, sentenza del 10 gennaio 2017, Gascogne Sack Deutschland e Gascogne/Unione europea, T‑577/14, EU:T:2017:1, punti da 65 a 74).

136

Per quanto riguarda il comportamento delle parti e la sopravvenienza di incidenti procedurali, il periodo trascorso fra la fine della fase scritta del procedimento e l’apertura della sua fase orale nella causa T‑82/08 non è stato affatto influenzato da un siffatto comportamento o da siffatti incidenti.

137

Di conseguenza, alla luce delle circostanze della causa T‑82/08, occorre rilevare che il lasso di tempo di 41 mesi che separa la fine della fase scritta del procedimento e l’apertura della fase orale del medesimo fa emergere un periodo di inerzia ingiustificato di 26 mesi.

138

In terzo luogo, l’esame del fascicolo della causa T‑82/08 non ha rivelato alcuna circostanza che consenta di concludere nel senso dell’esistenza di un periodo di inerzia ingiustificato fra la data del deposito dell’atto di ricorso e la fine della fase scritta del procedimento, da un lato, e fra l’apertura della fase orale del procedimento e la pronuncia della sentenza del 27 settembre 2012, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (T‑82/08, EU:T:2012:494), dall’altro.

139

Ne consegue che il procedimento seguito nella causa T‑82/08 e conclusosi con la pronuncia della sentenza del 27 settembre 2012, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (T‑82/08, EU:T:2012:494), ha violato l’articolo 47, secondo comma, della Carta dei diritti fondamentali nella misura in cui ha superato di 26 mesi il termine ragionevole di giudizio; ciò costituisce una violazione sufficientemente qualificata di una norma di diritto dell’Unione intesa a conferire diritti ai singoli.

b)   Sui danni asseriti e il presunto nesso di causalità

140

La ricorrente sostiene che la violazione del termine ragionevole di giudizio nella causa T‑82/08 le ha causato danni materiali e un danno immateriale fra il 12 febbraio 2010, data in cui avrebbe dovuto essere pronunciata la sentenza del Tribunale, e il 27 settembre 2012, data in cui tale sentenza è stata effettivamente pronunciata.

141

Occorre valutare la fondatezza di tali affermazioni alla luce della giurisprudenza menzionata ai punti 81 e 82 supra.

1) Sull’asserito danno immateriale e il presunto nesso di causalità

142

In primo luogo, la ricorrente sostiene di aver subito un pregiudizio alla sua reputazione per un importo pari a EUR 14800000 in quanto, fra il 12 febbraio 2010 e il 27 settembre 2012, essa è stata erroneamente percepita come avente una responsabilità aggravata per l’infrazione sanzionata nella decisione C(2007) 5791 (v. punto 67 supra). In secondo luogo, la violazione del principio della parità di trattamento posta in essere dalla Commissione nella decisione C(2007) 5791 sarebbe stata aggravata dal 12 febbraio 2010 al 27 settembre 2012, periodo nel corso del quale il procedimento nella causa T‑82/08 non avrebbe rispettato il termine ragionevole di giudizio. In terzo luogo, secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, esisterebbe una solida presunzione, seppur semplice, secondo la quale la durata eccessiva di un procedimento genera un danno morale. In quarto luogo, il danno subito dalla ricorrente dovrebbe essere valutato al 10% dell’importo dell’ammenda che le era stata inizialmente inflitta dalla decisione C(2007) 5791. Infatti, da un lato, il risarcimento al quale essa potrebbe aspirare dovrebbe essere connesso all’importo dell’ammenda impostale durante la violazione del termine ragionevole di giudizio. Dall’altro, l’importo del 5% applicato dal Tribunale in talune cause che avrebbero ad oggetto una violazione del termine ragionevole di giudizio da parte della Commissione sarebbe eccessivamente basso.

143

La Corte di giustizia dell’Unione europea contesta tali affermazioni. In subordine, essa fa valere che il danno immateriale risarcibile dovrebbe essere valutato ad un massimo di EUR 5000.

144

Nella specie, in primo luogo, anche ammettendo che, con il suo argomento, la ricorrente sostenesse di essere stata percepita a lungo, a causa della violazione del termine ragionevole di giudizio nella causa T‑82/08, come avente una responsabilità particolare nell’infrazione, tale argomento non sarebbe corroborato da elementi di prova atti a dimostrare che, per la sua gravità, la violazione del termine ragionevole di giudizio era idonea ad avere un’incidenza sulla sua reputazione, al di là dell’incidenza causata dalla decisione C(2007) 5791.

145

Ciò premesso, la ricorrente non dimostra che la violazione del termine ragionevole di giudizio nella causa T‑82/08 era idonea ad arrecarle l’asserito pregiudizio alla reputazione.

146

In secondo luogo, e in ogni caso, l’accertamento della violazione del termine ragionevole di giudizio, effettuato al punto 139 supra, sarebbe sufficiente, avuto riguardo all’oggetto e alla gravità di tale violazione, a risarcire la lesione della reputazione lamentata dalla ricorrente.

147

Alla luce delle considerazioni che precedono, la ricorrente non dimostra che la violazione del termine ragionevole di giudizio nella causa T‑82/08 era idonea ad arrecare pregiudizio alla sua reputazione e, in ogni caso, l’accertamento della violazione del termine ragionevole di giudizio effettuato al punto 139 supra, sarebbe sufficiente, avuto riguardo all’oggetto e alla gravità di tale violazione, a risarcire la lesione della reputazione lamentata dalla ricorrente.

148

La domanda di risarcimento di un’asserita lesione della reputazione della ricorrente deve pertanto essere respinta.

2) Sugli asseriti danni materiali e il presunto nesso di causalità

149

La ricorrente sostiene che la violazione del termine ragionevole di giudizio le ha causato due tipi di danni materiali fra il 12 febbraio 2010 e il 27 settembre 2012, ossia, in primo luogo, un danno corrispondente al pagamento di spese di garanzia bancaria aggiuntive e, in secondo luogo, un danno corrispondente al lucro cessante menzionato al punto 24 supra.

150

Occorre esaminare i danni materiali lamentati dalla ricorrente e il presunto nesso di causalità fra tali danni e la violazione del termine ragionevole di giudizio nella causa T‑82/08, alla luce delle osservazioni preliminari formulate ai punti 85 e 86 supra.

i) Sull’asserito lucro cessante e il presunto nesso di causalità

151

Anzitutto, la ricorrente spiega che gli interessi rimborsati dalla Commissione a seguito della sentenza del 12 novembre 2014, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (C‑580/12 P, EU:C:2014:2363), sarebbero ammontati a EUR 224000 per il periodo compreso fra il 12 febbraio 2010 e il 27 settembre 2012. Inoltre, applicando la media dei valori estremi del costo medio ponderato del suo capitale, definito al punto 96 supra, alla somma di EUR 7400000, la ricorrente sostiene che avrebbe guadagnato almeno EUR 1895000 fra il 12 febbraio 2010 e il 27 settembre 2012. Pertanto, poiché gli interessi versati dalla Commissione ammonterebbero a EUR 224000, la ricorrente avrebbe subito un lucro cessante pari a EUR 1671000. Infine, la violazione del termine ragionevole di giudizio sarebbe la causa sufficientemente diretta e determinante del lucro cessante lamentato dalla ricorrente. Infatti, se il termine ragionevole di giudizio non fosse stato violato nella causa T‑82/08, la ricorrente avrebbe avuto a disposizione prima le somme che la Corte ha dichiarato alla fine non dovute nella sentenza del 12 novembre 2014, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (C‑580/12 P, EU:C:2014:2363).

152

La Corte di giustizia dell’Unione europea contesta tali affermazioni.

153

A tal riguardo, risulta dai punti da 99 a 103 supra, che la ricorrente non ha sopportato personalmente l’onere connesso al pagamento dell’ammenda inflitta dalla decisione C(2007) 5791. La ricorrente non può dunque manifestamente sostenere che, fra il 12 febbraio 2010 e il 27 settembre 2012, essa avrebbe subito un danno reale e certo consistente nella differenza fra gli interessi rimborsati dalla Commissione sulla parte dell’importo dell’ammenda dichiarata alla fine non dovuta dalla Corte nella sentenza del 12 novembre 2014, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (C‑580/12 P, EU:C:2014:2363), da un lato, e i redditi che essa avrebbe potuto ricavare se, invece di pagare la somma in questione alla Commissione, l’avesse investita nelle sue attività.

154

Di conseguenza, ai sensi della giurisprudenza menzionata al punto 76 supra, la domanda di risarcimento del lucro cessante lamentato dalla ricorrente deve essere respinta senza che sia necessario valutare l’esistenza di un presunto nesso di causalità.

ii) Sull’asserito pagamento di spese di garanzia bancaria e il presunto nesso di causalità

155

La ricorrente chiede il risarcimento del danno che avrebbe subito a causa del pagamento di spese di garanzia bancaria aggiuntive nel corso del periodo compreso fra il 12 febbraio 2010 e il 27 settembre 2012.

156

La Corte di giustizia dell’Unione europea afferma che la ricorrente non dimostra l’esistenza di un nesso di causalità sufficientemente diretto fra le spese di garanzia bancaria pagate fra il 12 febbraio 2010 e il 27 settembre 2012, da un lato, e l’asserita violazione del termine ragionevole di giudizio, dall’altro. Infatti, anzitutto, tale danno materiale discenderebbe dalla scelta personale della ricorrente di non dare immediatamente esecuzione all’obbligo ad essa incombente di pagare la totalità dell’importo dell’ammenda. Avuto poi riguardo alla definizione del nesso di causalità prevalente nel diritto dell’Unione, l’esistenza di un siffatto nesso non potrebbe essere stabilita sulla base della mera constatazione che, in assenza di superamento del termine ragionevole di giudizio, la ricorrente non avrebbe dovuto accollarsi spese di garanzia bancaria per il periodo corrispondente a tale superamento. Infine, anche ammesso che occorra applicare la definizione del nesso di causalità proposta dalla ricorrente, la circostanza che quest’ultima abbia annullato la garanzia il 2 agosto 2013, ossia 10 mesi dopo la pronuncia della sentenza del 27 settembre 2012, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (T‑82/08, EU:T:2012:494), e 16 mesi prima della pronuncia della sentenza del 12 novembre 2014, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (C‑580/12 P, EU:C:2014:2363), confermerebbe l’assenza di un nesso diretto fra il lasso di tempo nel quale la ricorrente ha fornito una garanzia bancaria e un qualsiasi ritardo nell’esame della causa T‑82/08.

157

A tal riguardo, in primo luogo, occorre rilevare che, nell’atto di ricorso, la ricorrente sostiene che, fra il 12 febbraio 2010 e il 27 settembre 2012, essa ha sostenuto spese di garanzia bancaria per un importo pari a EUR 936000. A sostegno della sua domanda, essa produce un documento bancario contenente i dettagli delle commissioni trimestrali versate ad una banca per tutta la durata del procedimento nella causa T‑82/08.

158

Tuttavia, in risposta ad una domanda formulata dal Tribunale nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 89 del regolamento di procedura, la ricorrente ha precisato che l’82% delle spese di garanzia bancaria menzionate nell’atto di ricorso erano state fatturate a lei stessa e il 18% di dette spese erano state fatturate alla Guardian Industries.

159

Ne consegue che la ricorrente dimostra unicamente di aver patito un danno reale e certo consistente nel pagamento dell’82% delle spese di garanzia bancaria pagate nel corso del periodo corrispondente al superamento del termine ragionevole di giudizio nella causa T‑82/08. Inoltre, e come si evince dal punto 106 supra, la ricorrente non dimostra di essere legittimata a rappresentare la Guardian Industries nell’ambito del presente procedimento.

160

In secondo luogo, sussiste un rapporto di causa-effetto fra la violazione del termine ragionevole di giudizio nella causa T‑82/08 e la sopravvenienza del danno patito dalla ricorrente per aver sostenuto spese di garanzia bancaria nel periodo corrispondente al superamento di tale termine ragionevole di giudizio. Inoltre, nella specie, occorre rilevare che, in primo luogo, nel momento in cui la ricorrente ha proposto il suo ricorso nella causa T‑82/08, il 12 febbraio 2008, e nel momento in cui essa ha costituito una garanzia bancaria, nel febbraio del 2008, con effetto a decorrere dal 4 marzo 2008, la violazione del termine ragionevole di giudizio non era prevedibile. Ancora, la ricorrente poteva legittimamente attendersi che il suo ricorso fosse esaminato entro un termine ragionevole. In secondo luogo, il superamento del termine ragionevole di giudizio nella causa T‑82/08 si è verificato dopo la scelta iniziale della ricorrente di costituire una garanzia bancaria. Pertanto, il nesso tra il superamento del termine ragionevole di giudizio e il pagamento di spese di garanzia bancaria nel corso del periodo corrispondente a tale superamento non può essere stato interrotto dalla scelta iniziale della ricorrente di non pagare immediatamente una parte dell’ammenda inflitta dalla decisione C(2007) 5791 e di costituire una garanzia bancaria (v., in tal senso, sentenza del 10 gennaio 2017, Gascogne Sack Deutschland e Gascogne/Unione europea, T‑577/14, EU:T:2017:1, punti da 115 a 121).

161

Ne consegue che sussiste un nesso di causalità sufficientemente diretto tra la violazione del termine ragionevole di giudizio nella causa T‑82/08 e il danno subito dalla ricorrente in conseguenza del pagamento di spese di garanzia bancaria aggiuntive nel corso del periodo corrispondente al superamento di tale termine ragionevole.

iii) Sulla valutazione del danno subito

162

In primo luogo, occorre ricordare che la durata del procedimento ha superato di 26 mesi il termine ragionevole di giudizio nella causa T‑82/08 (v. punti da 134 a 139 supra).

163

In secondo luogo, emerge dai documenti prodotti dalla ricorrente che, nel corso dei 26 mesi che hanno preceduto la pronuncia della sentenza del 27 settembre 2012, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (T‑82/08, EU:T:2012:494), essa ha pagato personalmente le seguenti spese trimestrali di garanzia bancaria:

Trimestri

Spese di garanzia pagate (EUR)

Lasso di tempo risarcibile

(in mesi)

Danno risarcibile (EUR)

3/2010

72 523,66

2

48 349,11

4/2010

72 523,66

3

72 523,66

1/2011

48 874,64 + 23 137,15

3

72 011,79

2/2011

75 195,73

3

75 195,73

3/2011

76 022,06

3

76 022,06

4/2011

76 022,06

3

76 022,06

1/2012

52 884,91 + 23 337,53

3

76 222,44

2/2012

78 656,11

3

78 656,11

3/2012

79 520,47

3

79 520,47

 

 

 

 

 

 

Totale

654 523,43

164

Ne consegue che, nel corso dei 26 mesi che hanno preceduto la pronuncia della sentenza del 27 settembre 2012, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (T‑82/08, EU:T:2012:494), le spese di garanzia bancaria pagate dalla ricorrente sono ammontate a EUR 654523,43.

165

Tenuto conto di quanto precede, alla ricorrente deve essere accordato un’indennizzo di un importo di EUR 654523,43 a titolo di risarcimento del danno materiale che le è derivato dalla violazione del termine ragionevole di giudizio nella causa T‑82/08 e che consiste nel pagamento di spese di garanzia bancaria aggiuntive.

3) Sugli interessi

166

La ricorrente chiede al Tribunale di corredare l’importo del risarcimento che potrà esserle concesso con interessi a partire dal 12 febbraio 2010, al tasso medio applicato dalla BCE nel periodo rilevante alle sue principali operazioni di rifinanziamento, maggiorato di due punti percentuali.

167

A tal proposito, occorre distinguere tra interessi compensativi e interessi moratori (sentenza del 27 gennaio 2000, Mulder e a./Consiglio e Commissione, C‑104/89 e C‑37/90, EU:C:2000:38, punto 55).

168

In primo luogo, quanto agli interessi compensativi, l’indennità riconosciuta alla ricorrente a titolo di risarcimento del suo danno materiale può essere corredata di tali interessi per il periodo compreso fra il 27 luglio 2010, ossia 26 mesi prima della pronuncia della sentenza del 27 settembre 2012, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (T‑82/08, EU:T:2012:494), e la data della pronuncia della presente sentenza. Inoltre, nella misura in cui la ricorrente non ha fornito nessuna prova nel senso che le spese di garanzia bancaria da essa pagate fra il 27 luglio 2010 e il 27 settembre 2012 avrebbero potuto generare interessi di tasso pari a quello applicato dalla BCE alle sue principali operazioni di rifinanziamento, maggiorato di due punti percentuali, occorre considerare che la svalutazione monetaria correlata al decorso del tempo trova espressione nel tasso di inflazione annuo rilevato, per il periodo considerato, da Eurostat (Ufficio statistico dell’Unione europea) nello Stato membro in cui è stabilita la ricorrente, entro i limiti della domanda da essa formulata (v., in tal senso, sentenza del 10 gennaio 2017, Gascogne Sack Deutschland e Gascogne/Unione europea, T‑577/14, EU:T:2017:1, punti da 168 a 177 e la giurisprudenza ivi citata).

169

In secondo luogo, quanto agli interessi di mora, il risarcimento menzionato al punto 165 supra, compresi gli interessi compensativi che lo corredano, deve essere maggiorato di interessi di mora, a decorrere dalla pronuncia della presente sentenza e fino a pagamento integrale. Tuttavia, il tasso degli interessi di mora sarà quello fissato dalla BCE per le sue principali operazioni di rifinanziamento, aumentato di due punti percentuali, come chiede la ricorrente (v., in tal senso, sentenza del 10 gennaio 2017, Gascogne Sack Deutschland e Gascogne/Unione europea, T‑577/14, EU:T:2017:1, punti da 178 a 182 e la giurisprudenza ivi citata).

4) Conclusione sull’importo del risarcimento e sugli interessi

170

Tenuto conto di tutto quanto precede, il presente ricorso deve essere parzialmente accolto nei limiti in cui è diretto al risarcimento del danno subito dalla ricorrente in conseguenza della violazione del termine ragionevole di giudizio nella causa T‑82/08.

171

Il risarcimento dovuto alla ricorrente a titolo di riparazione del danno da essa subito in conseguenza del pagamento di spese di garanzia bancaria aggiuntive ammonta a EUR 654523,43, oltre agli interessi compensativi, a decorrere dal 27 luglio 2010, e fino alla pronuncia della presente sentenza, al tasso d’inflazione annuo constatato da Eurostat nello Stato membro in cui tale società ha sede.

172

L’importo del risarcimento menzionato al punto 171 supra, compresi gli interessi compensativi che lo corredano, sarà maggiorato di interessi di mora alle condizioni indicate al punto 169 supra.

173

Il ricorso è respinto quanto al resto.

IV. Sulle spese

174

Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

175

Nella specie, la ricorrente è rimasta soccombente nelle sue domande di risarcimento proposte nei confronti dell’Unione, rappresentata dalla Commissione. Occorre pertanto condannare la ricorrente a sopportare le spese sostenute dall’Unione, rappresentata dalla Commissione.

176

Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 3, del regolamento di procedura, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, le spese sono compensate. Tuttavia, se ciò appare giustificato alla luce delle circostanze del caso di specie, il Tribunale può decidere che una parte sostenga, oltre alle proprie spese, una quota delle spese dell’altra parte.

177

Nella fattispecie, la ricorrente è stata parzialmente soddisfatta per quanto riguarda i suoi capi di conclusioni diretti avverso l’Unione, rappresentata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea. Tuttavia, essa è risultata in ampia misura soccombente nella sua domanda di risarcimento. In tali circostanze, e alla luce dell’insieme delle circostanze della causa, si deve decidere che la ricorrente, da un lato, e l’Unione, rappresentata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, dall’altro, sopportino le proprie spese.

 

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

 

1)

L’Unione europea, rappresentata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, è condannata a pagare un risarcimento di EUR 654523,43 alla Guardian Europe Sàrl a titolo del danno materiale subito da tale società per la violazione della durata ragionevole del processo nella causa sfociata nella sentenza del 27 settembre 2012, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (T‑82/08, EU:T:2012:494). Tale risarcimento sarà rivalutato mediante interessi compensativi, a decorrere dal 27 luglio 2010 e fino alla pronuncia della presente sentenza, al tasso d’inflazione annuo constatato, per il periodo di cui trattasi, dall’Eurostat (Ufficio statistico dell’Unione europea) nello Stato membro in cui tale società ha sede.

 

2)

Il risarcimento di cui al punto 1) sarà maggiorato degli interessi moratori, a decorrere dalla pronuncia della presente sentenza fino al completo pagamento, al tasso fissato dalla Banca centrale europea (BCE) per le sue operazioni principali di rifinanziamento, maggiorato di due punti percentuali.

 

3)

Il ricorso è respinto quanto al resto.

 

4)

La Guardian Europe sopporterà le spese sostenute dall’Unione, rappresentata dalla Commissione europea.

 

5)

La Guardian Europe, da una parte, e l’Unione, rappresentata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, dall’altra, sopporteranno le proprie spese.

 

Papasavvas

Labucka

Bieliūnas

Kreuschitz

Forrester

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 7 giugno 2017.

Firme

Indice

 

I. Fatti

 

II. Procedimento e conclusioni delle parti

 

III. In diritto

 

A. Sulla ricevibilità

 

1. Sulla ricevibilità della domanda di risarcimento fondata su un’asserita violazione del termine ragionevole di giudizio nella parte in cui tale domanda è diretta contro l’Unione, rappresentata dalla Commissione

 

2. Sulle eccezioni di irricevibilità basate sulla prescrizione

 

a) Sulla prescrizione dell’azione risarcitoria fondata su un’asserita violazione del termine ragionevole di giudizio

 

b) Sulla prescrizione delle azioni risarcitorie fondate su asserite violazioni sufficientemente qualificate del principio della parità di trattamento

 

1) Sulla prescrizione dell’azione fondata su un’asserita violazione sufficientemente qualificata commessa nella decisione C(2007) 5791

 

2) Sulla prescrizione dell’azione fondata su un’asserita violazione sufficientemente qualificata commessa nella sentenza del 27 settembre 2012, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (T‑82/08)

 

3. Sulle eccezioni di irricevibilità basate sul fatto che il risarcimento del lucro cessante addotto azzererebbe gli effetti giuridici di una decisione divenuta definitiva

 

4. Sull’eccezione di irricevibilità basata sulla mancanza di chiarezza e di precisione dell’atto di ricorso per quanto riguarda la domanda di risarcimento del danno immateriale lamentato

 

5. Conclusione sulla ricevibilità

 

B. Nel merito

 

1. Sulle domande di risarcimento dei danni che sarebbero stati subiti dalla ricorrente a causa di asserite violazioni sufficientemente qualificate del principio della parità di trattamento commesse nella decisione C(2007) 5791 e nella sentenza del 27 settembre 2012, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (T‑82/08)

 

a) Sulla domanda di risarcimento dei danni che sarebbero stati subiti a causa di un’asserita violazione sufficientemente qualificata del principio della parità di trattamento commessa nella decisione C(2007) 5791

 

1) Sugli asseriti danni materiali e il presunto nesso di causalità

 

i) Osservazioni preliminari

 

ii) Sull’asserito pagamento di spese di garanzia bancaria e il presunto nesso di causalità

 

iii) Sull’asserito lucro cessante e il presunto nesso di causalità

 

2) Sull’asserito danno immateriale e il presunto nesso di causalità

 

b) Sulla domanda di risarcimento dei danni che sarebbero stati subiti a causa di un’asserita violazione sufficientemente qualificata del principio della parità di trattamento commessa nella sentenza del 27 settembre 2012, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (T‑82/08)

 

2. Sulla domanda di risarcimento dei danni che sarebbero stati subiti a causa di un’asserita violazione del termine ragionevole di giudizio nella causa T‑82/08

 

a) Sull’asserita violazione del termine ragionevole di giudizio nella causa T‑82/08

 

b) Sui danni asseriti e il presunto nesso di causalità

 

1) Sull’asserito danno immateriale e il presunto nesso di causalità

 

2) Sugli asseriti danni materiali e il presunto nesso di causalità

 

i) Sull’asserito lucro cessante e il presunto nesso di causalità

 

ii) Sull’asserito pagamento di spese di garanzia bancaria e il presunto nesso di causalità

 

iii) Sulla valutazione del danno subito

 

3) Sugli interessi

 

4) Conclusione sull’importo del risarcimento e sugli interessi

 

IV. Sulle spese


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.

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