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Document 62015TJ0011

Sentenza del Tribunale (Quarta Sezione) del 20 luglio 2016.
Internet Consulting GmbH contro Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale.
Marchio dell’Unione europea – Procedimento per la dichiarazione di nullità – Marchio dell’Unione europea denominativo SUEDTIROL – Articolo 7, paragrafo 1, lettera c), e articolo 52, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (CE) n. 207/2009 – Impedimento assoluto alla registrazione – Indicazione geografica di provenienza – Carattere descrittivo.
Causa T-11/15.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:T:2016:422

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

20 luglio 2016 ( *1 )

«Marchio dell’Unione europea — Procedimento per la dichiarazione di nullità — Marchio dell’Unione europea denominativo SUEDTIROL — Articolo 7, paragrafo 1, lettera c), e articolo 52, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (CE) n. 207/2009 — Impedimento assoluto alla registrazione — Indicazione geografica di provenienza — Carattere descrittivo»

Nella causa T‑11/15,

Internet Consulting GmbH, con sede a Brunico (Italia), rappresentata da L. Miori e A. Bertella, avvocati,

ricorrente,

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da A. Schifko, in qualità di agente,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso allargata dell’EUIPO e interveniente dinanzi al Tribunale:

Provincia Autonoma di BolzanoAlto Adige (Italia), rappresentata da C. Volkmann, avvocato,

interveniente,

avente ad oggetto la domanda di annullamento della decisione della commissione di ricorso allargata dell’EUIPO del 10 ottobre 2014 (procedimento R 574/2013‑G), relativa ad un procedimento per la dichiarazione di nullità tra la Provincia Autonoma di Bolzano‑Alto Adige e l’Internet Consulting,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione),

composto da M. Prek (relatore), presidente, I. Labucka e V. Kreuschitz, giudici,

cancelliere: E. Coulon

visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 9 gennaio 2015,

visto il controricorso dell’EUIPO depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 giugno 2015,

visto il controricorso dell’interveniente depositato presso la cancelleria del Tribunale l’8 giugno 2015,

visto che le parti non hanno presentato domanda di fissazione dell’udienza nel termine di tre settimane dalla notifica della chiusura della fase scritta del procedimento e avendo deciso, ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, di statuire senza aprire la fase orale del procedimento,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti

1

Il 19 agosto 2002 l’Internet Consulting GmbH, ricorrente, ha presentato domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), ai sensi del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1)].

2

Il marchio di cui veniva chiesta la registrazione è il segno denominativo SUEDTIROL.

3

I servizi per i quali veniva chiesta la registrazione rientrano nelle classi 35, 39 e 42 ai sensi dell’Accordo di Nizza sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come riveduto e modificato, e corrispondono, per ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione:

classe 35: «Gestione di affari commerciali, amministrazione commerciale, lavori di ufficio»;

classe 39: «Imballaggio e deposito di merci»;

classe 42: «Servizi scientifici e tecnologici e servizi di ricerca e progettazione ad essi relativi; servizi di analisi e di ricerche industriali; progettazione e sviluppo di hardware e software; servizi giuridici».

4

La domanda di marchio dell’Unione europea è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 83/2003, del 24 novembre 2003. Il marchio è stato registrato il 16 dicembre 2011, con il numero 2826931.

5

Il 3 gennaio 2012 la Provincia Autonoma di Bolzano‑Alto Adige (Italia), interveniente, ha chiesto che fosse dichiarata la nullità del marchio contestato, per l’insieme dei servizi da esso contrassegnati. L’interveniente ha basato la propria domanda sull’articolo 52, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009, in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del medesimo regolamento, in quanto il marchio contestato costituiva un’indicazione geografica di provenienza, indicante la Regione Autonoma Trentino‑Alto Adige/Südtirol (in prosieguo: il «territorio dell’Alto Adige»), che si trova nell’Italia settentrionale.

6

Con decisione del 15 febbraio 2013, la divisione di annullamento ha respinto la domanda di nullità del marchio contestato.

7

L’interveniente ha proposto un ricorso avverso tale decisione ai sensi degli articoli 58 e seguenti del regolamento n. 207/2009.

8

Con decisione del 3 aprile 2014, la prima commissione di ricorso ha rinviato il procedimento dinanzi alla commissione di ricorso allargata.

9

Con decisione del 10 ottobre 2014 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la commissione di ricorso allargata ha accolto il ricorso dell’interveniente dichiarando la nullità del marchio contestato, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009, con la motivazione che quest’ultimo era stato registrato in violazione delle disposizioni dell’articolo 7, paragrafi 1, lettera c), e 2, del medesimo regolamento.

10

In particolare, riguardo alla ricevibilità della domanda di nullità, la commissione di ricorso allargata ha ritenuto detta domanda ricevibile, poiché l’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009 prevedeva che qualsiasi persona fisica e giuridica fosse legittimata ad agire e il concetto di persona giuridica includeva le persone giuridiche di diritto pubblico, come l’interveniente.

11

Per quanto concerne l’esame nel merito della domanda di nullità, la commissione di ricorso allargata ha segnatamente rilevato che:

il termine «südtirol» era la denominazione abituale in tedesco della provincia più settentrionale, e una delle più ricche, d’Italia, la cui autonomia era riconosciuta dalla Costituzione italiana;

poiché l’esistenza di tale provincia era nota al pubblico di riferimento, costituito perlomeno dal consumatore italiano e dal consumatore germanofono dell’Unione europea a conoscenza dell’esistenza del territorio dell’Alto Adige, si poteva ritenere che il marchio contestato indicasse a detto pubblico l’origine geografica dei servizi che ne erano oggetto;

atteso che l’origine geografica dei servizi è una caratteristica di questi ultimi ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009, il termine «suedtirol» costituiva un’indicazione geografica di provenienza, che doveva essere tutelata nell’interesse generale;

i servizi contrassegnati non presentavano altre caratteristiche particolari che avrebbero potuto indurre il consumatore di riferimento a non associare l’indicazione «südtirol» alla loro provenienza geografica;

i servizi di gestione e di amministrazione commerciale, i lavori di ufficio, i servizi di imballaggio e deposito di merci, i servizi scientifici e tecnologici, i servizi di analisi e di ricerche industriali, i servizi di sviluppo di hardware e software, nonché i servizi giuridici, se offerti con il marchio contestato, sarebbero stati percepiti dal consumatore di riferimento come provenienti dal territorio dell’Alto Adige, come forniti in tale territorio o come offerti alle imprese in esso operanti;

la circostanza che le denominazioni commerciali di un numero considerevole di imprese attive nel territorio dell’Alto Adige contenessero il termine «südtirol» o «suedtirol» confermava che tale termine costituiva un’indicazione geografica di provenienza.

Conclusioni delle parti

12

La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare o perlomeno riformare la decisione impugnata respingendo, in ogni caso, la domanda di nullità del marchio contestato;

condannare l’EUIPO alle spese.

13

L’EUIPO chiede che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

condannare la ricorrente alle spese.

14

L’interveniente chiede che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

condannare la ricorrente alle spese.

In diritto

15

A sostegno del proprio ricorso, la ricorrente deduce due motivi, che attengono, da un lato, alla violazione e all’erronea applicazione degli articoli 5 e 56 del regolamento n. 207/2009 e, dall’altro, alla violazione e all’erronea applicazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), e degli articoli 12 e 52 del regolamento n. 207/2009.

Sul primo motivo, vertente sulla violazione e sull’erronea applicazione degli articoli 5 e 56 del regolamento n. 207/2009

16

La ricorrente ritiene che dalla lettura in combinato disposto degli articoli 5 e 56 del regolamento n. 207/2009 si evinca che l’interveniente, ente di diritto pubblico, non fosse legittimata a presentare una domanda di nullità. Nei limiti in cui l’articolo 5 del regolamento n. 207/2009, concernente il diritto di essere titolare di un marchio dell’Unione europea, menziona esplicitamente dopo le «persone fisiche o giuridiche» gli «enti di diritto pubblico», la mera menzione delle persone fisiche o giuridiche all’articolo 56 del medesimo regolamento escluderebbe la possibilità per gli enti di diritto pubblico di presentare una domanda di nullità.

17

L’EUIPO e l’interveniente contestano tali argomenti.

18

L’articolo 5 del regolamento n. 207/2009 contiene una definizione generale dei soggetti che possono essere titolari di un marchio dell’Unione europea. Esso precisa che «[p]ossono essere titolari di marchi [dell’Unione europea] le persone fisiche o giuridiche, compresi gli enti di diritto pubblico».

19

Ne deriva che gli enti di diritto pubblico sono ivi presentati a titolo illustrativo come un esempio di persone giuridiche che possono essere titolari di un siffatto marchio e che queste ultime sono autorizzate ad esercitare i propri diritti conformemente all’articolo 56, paragrafo 1, lettere b) e c), del regolamento n. 207/2009. Non esiste, invece, alcuna indicazione secondo la quale l’articolo 56, paragrafo 1, lettera a) del medesimo regolamento che, a differenza dell’articolo 5 del regolamento n. 207/2009, si limita a menzionare, in particolare, «qualsiasi persona fisica o giuridica», dovrebbe essere interpretato nel senso che non include gli enti di diritto pubblico. Infatti, i motivi di decadenza e di nullità e, in particolare, i motivi di nullità assoluta ai sensi dell’articolo 52 del regolamento n. 207/2009 possono essere invocati da ogni soggetto, a prescindere dal suo status privato o pubblico, ragion per cui l’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), in fine, del medesimo regolamento si limita ad esigere che detto soggetto «[abbia] la capacità di stare in giudizio in nome proprio». Pertanto, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, la mancata menzione esplicita all’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009 degli enti di diritto pubblico non può essere interpretata come volta ad escluderli dall’ambito di applicazione di tale disposizione.

20

Di conseguenza, la commissione di ricorso allargata non ha violato gli articoli 5 e 56 del regolamento n. 207/2009, dichiarando che l’interveniente era legittimata a presentare una domanda di nullità avverso il marchio contestato.

21

Il primo motivo dev’essere pertanto respinto.

Sul secondo motivo, vertente sulla violazione e sull’erronea applicazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), e degli articoli 12 e 52 del regolamento n. 207/2009

22

La ricorrente afferma che la commissione di ricorso allargata, considerando il marchio contestato come un’indicazione geografica di provenienza da un luogo conosciuto dal pubblico di riferimento che informerebbe sulla provenienza geografica dei servizi di cui trattasi e non sulla loro origine commerciale, ha violato l’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), nonché gli articoli 12 e 52 del regolamento n. 207/2009.

23

In particolare, l’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), di detto regolamento vieterebbe la registrazione di un’indicazione geografica di provenienza unicamente qualora il segno indichi un luogo che presenta attualmente, ovvero che potrebbe presentare in futuro, un legame con la categoria di prodotti o servizi considerati e non il luogo in cui i servizi sono forniti, dal momento che è fatto riferimento alla «provenienza geografica». Inoltre, a differenza dei prodotti, i servizi generalmente non recherebbero in sé le caratteristiche del territorio in cui sono forniti o nel quale si trova la sede dell’impresa che li fornisce. Pertanto, i soli elementi che possono caratterizzare i servizi sarebbero il modo in cui sono forniti o la qualità del loro prestatore, anziché la loro origine geografica, fatta eccezione per i servizi «tipici» di una determinata regione. Poiché la sede dell’impresa prestatrice o il luogo di erogazione della prestazione può variare, essi non potrebbero rappresentare un legame indissolubile tra il servizio e il territorio. Infine, la ragionevole probabilità di un’associazione tra il servizio e un luogo dovrebbe sussistere al momento della registrazione di un marchio, il che non sarebbe stato dimostrato dall’interveniente.

24

La commissione di ricorso allargata, inoltre, avrebbe omesso di prendere in considerazione gli effetti dell’articolo 12, lettera b), del regolamento n. 207/2009, il quale consentirebbe ad un terzo di inserire il termine «suedtirol» nella propria denominazione o ragione sociale nonostante la registrazione del marchio contestato. Tale disposizione permetterebbe di assicurare una sufficiente tutela della disponibilità delle indicazioni geografiche di provenienza nella prassi commerciale.

25

L’EUIPO e l’interveniente considerano tali censure infondate.

26

In via preliminare, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009, sono esclusi dalla registrazione «i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire per designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica, ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio».

27

Inoltre, l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento in esame stabilisce che «[i]l paragrafo 1 si applica anche se le cause d’impedimento esistono soltanto per una parte dell[’Unione]».

28

Ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009, «[s]u domanda presentata all’[EUIPO] o su domanda riconvenzionale in un’azione per contraffazione, il marchio [dell’Unione europea] è dichiarato nullo allorché: (...) è stato registrato in contrasto con le disposizioni dell’articolo 7; (...)».

29

Dalla giurisprudenza risulta che l’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009 persegue una finalità d’interesse generale, la quale impone che i segni o le indicazioni descrittivi delle categorie di prodotti o di servizi per i quali si chiede la registrazione possano essere liberamente utilizzati da tutti. Tale disposizione osta quindi a che siffatti segni o indicazioni siano riservati a una sola impresa in forza della loro registrazione come marchio [v. sentenza del 15 ottobre 2003, Nordmilch/UAMI (OLDENBURGER), T‑295/01, EU:T:2003:267, punto 29 e giurisprudenza ivi citata].

30

Per quanto riguarda, più particolarmente, i segni o le indicazioni atti a designare la provenienza geografica delle categorie di prodotti per le quali si chiede la registrazione del marchio, in particolare i nomi geografici, sussiste un interesse generale a preservarne la disponibilità, segnatamente per la loro capacità non soltanto di rivelare eventualmente la qualità e altre proprietà delle categorie di prodotti interessate bensì anche di influenzare diversamente le preferenze dei consumatori, ad esempio associando i prodotti a un luogo che può suscitare sentimenti positivi [v., in tal senso, sentenze del 4 maggio 1999, Windsurfing Chiemsee, C‑108/97 e C‑109/97, EU:C:1999:230, punto 26, e del 13 settembre 2013, Fürstlich Castell’sches Domänenamt/UAMI – Castel Frères (CASTEL), T‑320/10, non pubblicata, EU:T:2013:424, punto 43].

31

La citata giurisprudenza, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, è applicabile anche ai servizi [v., in tal senso, sentenza del 7 giugno 2005, Münchener Rückversicherungs‑Gesellschaft/UAMI (MunichFinancialServices), T‑316/03, EU:T:2005:201, punto 32].

32

Va rilevato inoltre che sono escluse, da una parte, la registrazione dei nomi geografici in quanto marchi allorché indicano luoghi geografici determinati che siano già rinomati o noti per la categoria di prodotti o di servizi di cui trattasi e che, pertanto, presentano un nesso con quest’ultima agli occhi degli ambienti interessati e, dall’altra, la registrazione dei nomi geografici utilizzabili dalle imprese, che devono anch’essi essere lasciati disponibili per queste ultime in quanto indicazioni geografiche di provenienza della categoria di prodotti o di servizi di cui trattasi [v., in tal senso, sentenze del 15 ottobre 2003, OLDENBURGER, T‑295/01, EU:T:2003:267, punto 31 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 15 gennaio 2015, MEM/UAMI (MONACO), T‑197/13, EU:T:2015:16, punto 48].

33

Occorre sottolineare in proposito che il legislatore dell’Unione, in deroga all’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009, ha fatto salva la possibilità di registrare segni che possono servire a designare la provenienza geografica quando si tratti di marchi collettivi conformemente all’articolo 66, paragrafo 2, di detto regolamento nonché, per determinati prodotti, allorché ricorrono le condizioni necessarie, in quanto indicazioni geografiche di provenienza o denominazioni di origine protette nell’ambito delle disposizioni del regolamento (CEE) n. 2081/92 del Consiglio, del 14 luglio 1992, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli ed alimentari (GU 1992, L 208, pag. 1) (sentenza del 15 ottobre 2003, OLDENBURGER, T‑295/01, EU:T:2003:267, punto 32).

34

Si deve tuttavia rilevare che, in via di principio, l’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009 non osta alla registrazione di nomi geografici ignoti negli ambienti interessati o, quantomeno, sconosciuti in quanto designazione di un luogo geografico, né dei nomi per i quali, date le caratteristiche del luogo designato, non appare verosimile che gli ambienti interessati possano ritenere che la categoria di prodotti o di servizi di cui trattasi provenga da tale luogo (v., in tal senso, sentenze del 15 ottobre 2003, OLDENBURGER, T‑295/01, EU:T:2003:267, punto 33 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 15 gennaio 2015, MONACO, T‑197/13, EU:T:2015:16, punto 49).

35

La valutazione del carattere descrittivo di un segno può unicamente essere condotta, da un lato, con riferimento ai prodotti o ai servizi di cui trattasi e, dall’altro, con riferimento alla comprensione che ne ha il pubblico di riferimento (sentenza del 15 ottobre 2003, OLDENBURGER, T‑295/01, EU:T:2003:267, punto 34).

36

In primo luogo, per quanto riguarda il pubblico di riferimento, dev’essere accolta la definizione fornita dalla commissione di ricorso allargata, esplicitata ai punti da 36 a 42 della decisione impugnata. Da un lato, infatti, il marchio contestato è il segno denominativo SUEDTIROL, che può essere compreso dal pubblico italiano nonché dal pubblico germanofono dell’Unione. Il termine «suedtirol» e il termine tedesco «südtirol», utilizzata per identificare il territorio dell’Alto Adige, sono equivalenti, poiché il primo include un dittongo che normalmente sostituisce la lettera dell’alfabeto tedesco «ü». D’altro lato, taluni dei servizi designati dal marchio contestato, ossia i servizi di gestione di affari commerciali, di amministrazione commerciale, i lavori di ufficio, i servizi scientifici e tecnologici, i servizi di analisi e di ricerche industriali, la progettazione e lo sviluppo di hardware e software, sono rivolti alle imprese attive in qualsivoglia settore economico e che rappresentano un consumatore specializzato. In proposito, va evidenziato che, sebbene sia possibile ritenere che tali servizi si rivolgano anche a imprenditori individuali, questi ultimi devono altresì essere considerati professionisti e dunque come facenti parte di un pubblico specializzato. Per quanto riguarda i servizi giuridici (classe 42) nonché di imballaggio e di deposito di merci (classe 39), essi si rivolgono al consumatore medio così come al consumatore specializzato. La maggioranza del pubblico di riferimento è dunque costituita da un pubblico più attento.

37

In proposito, il Tribunale ha già dichiarato che, affinché un segno ricada nell’ambito di applicazione del divieto di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettere b) o c), del regolamento n. 207/2009, è sufficiente che sussista un impedimento alla registrazione rispetto a una parte del pubblico destinatario e che non è necessario valutare, a tale scopo, se anche gli altri consumatori appartenenti al pubblico di riferimento conoscano detto segno [v. sentenza del 25 novembre 2015, bd breyton‑design/UAMI (RACE GTP), T‑520/14, non pubblicata, EU:T:2015:884, punto 29 e giurisprudenza ivi citata].

38

La commissione di ricorso allargata, dunque, ha ritenuto correttamente che il pubblico di riferimento da prendere in considerazione fosse costituito dal pubblico germanofono italiano e dell’Unione nonché dal pubblico italofono d’Italia con un livello di attenzione piuttosto elevato.

39

In secondo luogo, alla luce delle considerazioni formulate ai precedenti punti da 26 a 35, allo scopo di valutare il carattere descrittivo del marchio contestato ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009, occorre stabilire, da un lato, se il termine geografico che costituisce il marchio richiesto è compreso come tale e conosciuto dal pubblico di riferimento e, dall’altro, se detto termine geografico attualmente, agli occhi del pubblico di riferimento, presenta una connessione con i servizi rivendicati o se una siffatta connessione potrebbe ragionevolmente essere stabilita in futuro.

40

Orbene, in primo luogo, come correttamente rilevato dalla commissione di ricorso allargata ai punti da 15 a 19 nonché 43 e 44 della decisione impugnata, il termine «Suedtirol», equivalente al termine tedesco «Südtirol», è percepito dal pubblico di riferimento come un’indicazione geografica che si riferisce al territorio dell’Alto Adige, conosciuto da parecchio tempo prima della presentazione della domanda di registrazione del marchio contestato, per la sua storia, la sua ubicazione geografica, la sua autonomia, il suo particolare regime linguistico e la sua importanza economica. Al pari della commissione di ricorso allargata, il Tribunale ritiene che tali elementi costituiscano un fatto notorio, ossia un fatto conoscibile da qualsiasi persona o che può essere conosciuto tramite fonti generalmente accessibili [sentenza del 22 giugno 2004, Ruiz‑Picasso e a./UAMI – DaimlerChrysler (PICARO), T‑185/02, EU:T:2004:189, punto 29], che sussisteva ben prima della presentazione della citata domanda.

41

In secondo luogo, per quanto attiene alla condizione che riguarda l’esistenza di una connessione tra il nome geografico e i servizi designati, occorre rilevare che in modo altrettanto corretto la commissione di ricorso allargata ha evidenziato, in particolare al punto 19 della decisione impugnata, in sostanza, che il territorio dell’Alto Adige da tempo è generalmente percepito come un territorio prospero, con un’economia dinamica, come rilevato al precedente punto 40. Il Tribunale ritiene che la circostanza che il territorio dell’Alto Adige sia un territorio economicamente prospero, con un’economia dinamica, abbia parimenti carattere notorio. Inoltre, è altresì appurato, come correttamente rilevato dalla commissione di ricorso allargata al punto 50 della decisione impugnata, che servizi quali i servizi designati dal marchio contestato, in linea di principio, sono proposti in ogni regione avente una certa importanza economica. Peraltro, tale valutazione non è stata rimessa in discussione, nell’ambito del ricorso in esame, dalle generiche critiche della ricorrente, del resto non corroborate.

42

Vero è, inoltre, che il pubblico di riferimento può percepire il marchio contestato come un rimando a una specifica qualità di detti servizi, per esempio, alla circostanza che essi saranno adeguati alle particolari esigenze delle imprese operanti nel territorio di cui trattasi, segnato da un contesto politico, amministrativo e linguistico particolare (punto 51 della decisione impugnata). Pertanto, l’utilizzo di una siffatta indicazione geografica di provenienza può veicolare negli ambienti interessati un’idea o un’immagine positiva di una particolare qualità di tali servizi, conformemente alla giurisprudenza [v., in tal senso, sentenza del 15 dicembre 2011, Mövenpick/UAMI (PASSIONATELY SWISS), T‑377/09, non pubblicata, EU:T:2011:753, punti 4445] e può suscitare sentimenti positivi secondo la giurisprudenza citata al precedente punto 30, quando detta indicazione è utilizzata in connessione con la commercializzazione dei servizi designati dal marchio contestato.

43

Ne consegue che il marchio contestato sarà inteso dal pubblico di riferimento non soltanto come un rimando a una regione geografica, la quale suscita sentimenti positivi, ma altresì, in considerazione della prosperità e dell’evoluzione dinamica dell’economia di detta regione, come un’indicazione della circostanza che i servizi da esso designati provengono da tale regione. Peraltro, occorre aggiungere che l’interveniente ha provato dinanzi alla commissione di ricorso allargata che numerose imprese, con sede nel territorio di cui trattasi, offrono effettivamente servizi aventi la stessa natura dei servizi designati dal marchio contestato (punto 55 della decisione impugnata) e che la ricorrente non è riuscita a rimettere in discussione una siffatta valutazione. Di conseguenza, qualora tali servizi siano commercializzati con il marchio contestato, il pubblico di riferimento percepirà quest’ultimo come un’indicazione della loro provenienza.

44

Inoltre, nei limiti in cui la ricorrente afferma, in sostanza, che il nome geografico non può descrivere le caratteristiche dei servizi di cui trattasi, è sufficiente ricordare che l’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009 ha lo scopo di evitare che un operatore economico monopolizzi un’indicazione geografica di provenienza a scapito dei propri concorrenti. Se è vero che la commissione di ricorso allargata, in linea di principio, è tenuta a valutare la rilevanza dell’indicazione geografica di provenienza per tali rapporti di concorrenza, esaminando la connessione tra detta provenienza e i prodotti e servizi per i quali il marchio è richiesto prima di poter escluderne la registrazione ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009, resta nondimeno il fatto che l’intensità di siffatto obbligo può variare in funzione di molteplici fattori, quali la portata, la notorietà o la natura dell’indicazione geografica di provenienza in esame. Infatti, la probabilità che un’indicazione geografica di provenienza possa influire sui rapporti di concorrenza è elevata quando si tratta di un ampio territorio rinomato per la qualità di un’ampia gamma di prodotti e servizi ed è scarsa quando si tratta di un luogo ben determinato, la cui rinomanza è limitata in relazione ad un ristretto numero di prodotti o servizi (v., in tal senso, sentenza del 15 dicembre 2011, PASSIONATELY SWISS, T‑377/09, non pubblicata, EU:T:2011:753, punto 41).

45

Nel caso di specie, è pacifico che tale probabilità dev’essere considerata elevata, alla luce dei sentimenti positivi che può suscitare il riferimento all’Alto Adige in occasione della commercializzazione dei servizi di cui trattasi. L’obbligo per l’EUIPO di esaminare la connessione tra la provenienza e i servizi designati dal marchio contestato, pertanto, dev’essere considerato meno intenso.

46

Occorre evidenziare, in proposito, che dalla giurisprudenza risulta che, in circostanze come quelle del caso di specie, in cui l’indicazione geografica di provenienza è già conosciuta o rinomata, l’EUIPO può limitarsi a dichiarare l’esistenza di una siffatta connessione, anziché condurre un esame in concreto sulla sua sussistenza (v., in tal senso, sentenza del 15 dicembre 2011, PASSIONATELY SWISS, T‑377/09, non pubblicata, EU:T:2011:753, punto 43).

47

In ogni caso, si deve rilevare che la commissione di ricorso allargata, ai punti da 51 a 56 della decisione impugnata, ha proceduto a un esame in concreto della connessione che può sussistere tra l’indicazione geografica di provenienza e ciascuna delle categorie di servizi designate dal marchio contestato e che tale esame è esente da errori.

48

Come correttamente rilevato dalla commissione di ricorso allargata al punto 49 della decisione impugnata, peraltro, i servizi oggetto del marchio contestato non presentano alcuna qualità particolare che potrebbe indurre il pubblico di riferimento a non associare l’indicazione geografica alla provenienza geografica di detti servizi. Di conseguenza, si deve ritenere, conformemente alla giurisprudenza richiamata al precedente punto 34, che l’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009 ostasse alla registrazione dell’indicazione geografica di cui trattasi, conosciuta negli ambienti interessati quale designazione di una regione geografica, nei limiti in cui appare verosimile che gli ambienti interessati possano pensare che i servizi in esame provengono da tale regione (v. il punto 57 della decisione impugnata).

49

Alla luce di tutte le precedenti considerazioni, si deve ritenere che il marchio contestato sia stato registrato in violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009.

50

Tale conclusione non è inficiata dai vari argomenti addotti dalla ricorrente.

51

In primo luogo, la ricorrente contesta la rilevanza della presa in considerazione del luogo in cui i servizi sono forniti o della sede dell’impresa quale criterio di provenienza. In proposito, è sufficiente osservare che, per le categorie di servizi designate dal marchio contestato, l’indicazione di un luogo viene, di regola, utilizzata ed intesa quale riferimento alla sede dell’impresa prestatrice dei servizi di cui trattasi e, conseguentemente, al luogo dal quale i servizi medesimi vengono, in linea di principio, forniti. Altri eventuali significati di tale indicazione geografica restano irrilevanti, atteso che, secondo la giurisprudenza, è sufficiente che il segno in questione designi, quantomeno in uno dei suoi significati potenziali, una caratteristica dei prodotti o servizi di cui trattasi (v., per analogia, sentenza del 7 giugno 2005, MunichFinancialServices, T‑316/03, EU:T:2005:201, punto 33).

52

In secondo luogo, la ricorrente sostiene che l’articolo 12, lettera b), del regolamento n. 207/2009 è sufficiente per preservare la disponibilità, in particolare, delle indicazioni geografiche di provenienza nella prassi commerciale, poiché impedisce al detentore del marchio di vietare a terzi l’uso di dette indicazioni nella loro denominazione o nella loro ragione sociale ovvero a fini di informazione commerciale.

53

L’articolo 12, lettera b), del regolamento n. 207/2009, prevede che «il diritto conferito al titolare [del marchio dell’Unione europea] non gli consente di impedire ai terzi l’uso nel commercio (...) di indicazioni relative alla specie, alla qualità, alla quantità, alla destinazione, al valore, alla provenienza geografica, all’epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio o ad altre caratteristiche del prodotto o servizio».

54

Certamente, la citata disposizione è volta, in ciò articolandosi con l’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009 – in particolare per i marchi che non rientrano nell’ambito di tale disposizione in quanto non esclusivamente descrittivi – a impedire, segnatamente, che l’utilizzo di un’indicazione relativa alla provenienza geografica, che costituisce peraltro un elemento di un marchio complesso, ricada nel divieto che il titolare di tale marchio potrebbe domandare in forza dell’articolo 9 di detto regolamento, qualora l’uso di un’indicazione siffatta avvenga conformemente agli usi consueti di lealtà in campo industriale o commerciale (v. sentenza del 15 ottobre 2003, OLDENBURGER, T‑295/01, EU:T:2003:267, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).

55

Si deve tuttavia rilevare che, in circostanze analoghe a quelle del caso in esame, la Corte ha espressamente dichiarato che il principio giurisprudenziale, evocato al precedente punto 30, concernente l’interesse generale sotteso all’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009, dimostrato altresì dalla possibilità, prevista all’articolo 66, paragrafo 2, di detto regolamento, che, in deroga al menzionato articolo 7, paragrafo 1, lettera c), i segni o le indicazioni idonei a designare la provenienza geografica dei prodotti possano costituire marchi collettivi, non è contraddetto dall’articolo 12, lettera b), del regolamento in esame, il quale non influenza neppure in modo determinante l’interpretazione della prima disposizione. Infatti, l’articolo 12, lettera b), del regolamento n. 207/2009, volto a disciplinare in particolare i problemi che sorgono allorché un marchio composto in tutto o in parte da un nome geografico è stato registrato, non conferisce ai terzi l’uso di tale nome in quanto marchio, bensì si limita ad assicurare loro la possibilità di utilizzarlo in modo descrittivo, vale a dire quale indicazione relativa alla provenienza geografica, purché l’utilizzo sia conforme agli usi consueti di lealtà in campo industriale o commerciale (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 4 maggio 1999, Windsurfing Chiemsee, C‑108/97 e C‑109/97, EU:C:1999:230, punti da 26 a 28).

56

Occorre trarne la conclusione che l’interesse a preservare la disponibilità delle indicazioni geografiche di provenienza, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, non è sufficientemente tutelato dal contenuto dell’articolo 12, lettera b), del regolamento n. 207/2009. Pertanto, l’argomento della ricorrente dev’essere respinto.

57

Tenuto conto di tutto quanto precede, il secondo motivo dev’essere respinto.

58

Ne consegue che il ricorso dev’essere respinto in toto.

Sulle spese

59

Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

60

Poiché la ricorrente è rimasta soccombente, occorre condannarla alle spese, conformemente alle domande dell’EUIPO e dell’interveniente.

 

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

 

1)

Il ricorso è respinto.

 

2)

L’Internet Consulting GmbH è condannata alle spese.

 

Prek

Labucka

Kreuschitz

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 20 luglio 2016.

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.

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