Choose the experimental features you want to try

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 62012CO0343

    Ordinanza della Corte (Sesta Sezione) del 7 marzo 2013.
    Euronics Belgium CVBA contro Kamera Express BV e Kamera Express Belgium BVBA.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal rechtbank van koophandel te Gent.
    Articolo 99 del regolamento di procedura — Direttiva 2005/29/CE — Normativa interna che vieta in termini generali di mettere in commercio o vendere prodotti sottocosto.
    Causa C‑343/12.

    Court reports – general

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2013:154

    ORDINANZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)

    7 marzo 2013 ( *1 )

    «Articolo 99 del regolamento di procedura — Direttiva 2005/29/CE — Normativa interna che vieta in termini generali di mettere in commercio o vendere prodotti sottocosto»

    Nella causa C-343/12,

    avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal rechtbank van koophandel te Gent (Belgio), con decisione del 27 giugno 2012, pervenuta in cancelleria il 19 luglio 2012, nel procedimento

    Euronics Belgium CVBA

    contro

    Kamera Express BV,

    Kamera Express Belgium BVBA,

    LA CORTE (Sesta Sezione),

    composta dalla sig.ra M. Berger, presidente di sezione, dai sigg. A. Borg Barthet e J.-J. Kasel (relatore), giudici,

    avvocato generale: sig. N. Wahl

    cancelliere: sig. A. Calot Escobar

    vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di statuire con ordinanza motivata in conformità dell’articolo 99 del regolamento di procedura della Corte,

    ha emesso la seguente

    Ordinanza

    1

    La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali») (GU L 149, pag. 22).

    2

    Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Euronics Belgium CVBA (in prosieguo: la «Euronics»), da una parte, e la Kamera Express BV (in prosieguo: la «KE») e la Kamera Express Belgium BVBA (in prosieguo: la «KEB»), dall’altra, relativa ai prezzi di vendita di diversi apparecchi fotografici.

    Contesto normativo

    Il diritto dell’Unione

    3

    I considerando 6, 8 e 17 della direttiva sulle pratiche commerciali sleali così recitano:

    «(6)

    La presente direttiva ravvicina (…) le legislazioni degli Stati membri sulle pratiche commerciali sleali, tra cui la pubblicità sleale, che ledono direttamente gli interessi economici dei consumatori e, quindi, indirettamente gli interessi economici dei concorrenti legittimi. (…)Essa non riguarda e lascia impregiudicate le legislazioni nazionali sulle pratiche commerciali sleali che ledono unicamente gli interessi economici dei concorrenti o che sono connesse ad un’operazione tra professionisti. Tenuto pienamente conto del principio di sussidiarietà, gli Stati membri, ove lo desiderino, continueranno a poter disciplinare tali pratiche, conformemente alla normativa comunitaria. (...)

    (...)

    (8)

    La presente direttiva tutela direttamente gli interessi economici dei consumatori dalle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori. (...)

    (...)

    (17)

    È auspicabile che le pratiche commerciali che sono in ogni caso sleali siano individuate per garantire una maggiore certezza del diritto. L’allegato I riporta pertanto l’elenco completo di tali pratiche. Si tratta delle uniche pratiche commerciali che si possono considerare sleali senza una valutazione caso per caso in deroga alle disposizioni degli articoli da 5 a 9. L’elenco può essere modificato solo mediante revisione della presente direttiva».

    4

    L’articolo 1 della direttiva prevede quanto segue:

    «La presente direttiva intende contribuire al corretto funzionamento del mercato interno e al conseguimento di un livello elevato di tutela dei consumatori mediante l’armonizzazione delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di pratiche commerciali sleali lesive degli interessi economici dei consumatori».

    5

    L’articolo 2 di detta direttiva così recita:

    «Ai fini della presente direttiva, si intende per:

    (...)

    d)

    “pratiche commerciali tra imprese e consumatori”; (in seguito denominate “pratiche commerciali”: qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresi la pubblicità e il marketing, posta in essere da un professionista, direttamente connessa alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori;

    (...)».

    6

    L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva medesima, è così redatto:

    «La presente direttiva si applica alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori, come stabilite all’articolo 5, poste in essere prima, durante e dopo un’operazione commerciale relativa a un prodotto».

    7

    A termini dell’articolo 4 della direttiva sulle pratiche commerciali sleali:

    «Gli Stati membri non limitano la libertà di prestazione dei servizi né la libera circolazione delle merci per ragioni afferenti al settore armonizzato dalla presente direttiva».

    8

    L’articolo 5 della direttiva, rubricato «Divieto delle pratiche commerciali sleali», è così redatto:

    «1.   Le pratiche commerciali sleali sono vietate.

    2.   Una pratica commerciale è sleale se:

    a)

    è contraria alle norme di diligenza professionale,

    e

    b)

    falsa o è idonea a falsare in misura rilevante il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che raggiunge o al quale è diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori.

    (...)

    4.   In particolare, sono sleali le pratiche commerciali:

    a)

    ingannevoli di cui agli articoli 6 e 7

    o

    b)

    aggressive di cui agli articoli 8 e 9.

    5.   L’allegato I riporta l’elenco di quelle pratiche commerciali che sono considerate in ogni caso sleali. Detto elenco si applica in tutti gli Stati membri e può essere modificato solo mediante revisione della presente direttiva».

    Il diritto belga

    9

    Ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, primo comma, della legge del 6 aprile 2010, relativa alle pratiche del mercato e alla tutela del consumatore (Belgisch Staatsblad, 12 aprile 2010, pag. 20803, in prosieguo: la «LPPC»), entrata in vigore il 12 maggio 2010, «è fatto divieto a tutte le imprese di mettere in commercio o vendere prodotti sottocosto».

    10

    A termini del secondo comma della stessa disposizione, «è considerata vendita sottocosto qualsiasi vendita ad un prezzo che non sia almeno pari al prezzo al quale l’impresa ha acquistato il prodotto o che essa dovrebbe pagare per rifornirsi nuovamente, previa detrazione di eventuali sconti riconosciuti ed ottenuti definitivamente. Per stabilire se si configuri una vendita sottocosto, non si tiene conto degli sconti che vengono concessi, in via esclusiva o meno, in cambio di obblighi dell’impresa diversi dall’acquisto di beni».

    Procedimento principale e questione pregiudiziale

    11

    Come risulta dalla decisione di rinvio, la KE e la KEB hanno messo in commercio un apparecchio fotografico Panasonic Lumix DMC-TZ20 a un prezzo di EUR 229, unitamente a una garanzia di cinque anni, nonché un apparecchio fotografico Canon EOS5D Mark II Body a un prezzo di EUR 1 695, del pari unitamente a una garanzia di cinque anni.

    12

    La Euronics ha considerato che la KE e la KEB vendevano tali apparecchi fotografici sottocosto, dal momento che il prezzo di acquisto ufficiale al netto dell’imposta sul valore aggiunto di tali apparecchi era, rispettivamente, di EUR 277,84 e di EUR 1 634,78. Infatti, anche tenendo conto delle riduzioni definitive eventualmente concesse, non sarebbe possibile praticare un prezzo così basso, salvo vendere detti apparecchi fotografici sottocosto. Orbene, siffatta vendita sottocosto sarebbe vietata dall’articolo 101 della LPPC. La Euronics ha quindi adito il rechtbank van koophandel te Gent (Tribunale del commercio di Gand), per far accertare la violazione dell’articolo 101 della LPPC e far ingiungere la cessazione immediata delle pratiche in causa, ivi compresa la cessazione della relativa pubblicità.

    13

    Ciò premesso, il rechtbank van koophandel te Gent ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

    «Se l’articolo 101 della [LPPC], che mira, tra l’altro, a tutelare gli interessi del consumatore (…) sia contrario alla direttiva [sulle pratiche commerciali sleali], in quanto vieta la vendita sottocosto, mentre la direttiva europea apparentemente non vieta siffatta pratica commerciale, e la normativa belga potrebbe dunque essere più severa rispetto a quanto previsto dalla direttiva europea e a quanto vietato dall’articolo 4 della direttiva [medesima]».

    Sulla questione pregiudiziale

    14

    Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva sulle pratiche commerciali sleali debba essere interpretata nel senso che essa osta ad una disposizione nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che preveda un divieto generale di mettere in commercio o di vendere prodotti sottocosto.

    15

    Ai sensi dell’articolo 99 del suo regolamento di procedura, laddove la soluzione di una questione pregiudiziale può essere chiaramente desunta dalla giurisprudenza, la Corte, dopo aver sentito l’avvocato generale, può statuire in qualsiasi momento con ordinanza motivata contenente riferimento alla giurisprudenza di cui trattasi.

    16

    La Corte ritiene che ciò si verifichi nella presente causa nei limiti in cui la soluzione di una questione sottoposta può essere chiaramente desunta, in particolare, dalle sentenze del 14 gennaio 2010, Plus Warenhandelsgesellschaft (C-304/08, Racc. pag. I-217, punti 35-51), e del 9 novembre 2010, Mediaprint Zeitungs- und Zeitschriftenverlag (C-540/08, Racc. pag. I-10909, punti 15-38), nonché dalle ordinanze del 30 giugno 2011, Wamo (C-288/10, Racc. pag. I-5835, punti 20-40), e del 15 dicembre 2011, INNO (C-126/11, punti 22-32).

    17

    Per risolvere la questione sottoposta, occorre determinare, in via preliminare, se l’articolo 101 della LPPC persegua finalità attinenti alla tutela dei consumatori, in modo da poter ricadere nell’ambito di applicazione della direttiva sulle pratiche commerciali sleali.

    18

    Al riguardo, nella decisione di rinvio il rechtbank van koophandel te Gent rileva che, se è pur vero che può ritenersi che il divieto previsto dall’articolo 101 della LPPC incida sulle relazioni tra operatori economici, tuttavia tale articolo mira a tutelare i consumatori.

    19

    È proprio in considerazione delle finalità di detto articolo, in tal modo identificate, che il giudice del rinvio chiede alla Corte se la direttiva sulle pratiche commerciali sleali osti a tale norma.

    20

    Ciò premesso, occorre poi determinare se l’immissione in commercio sottocosto di beni o la stessa vendita sottocosto, oggetto del divieto in questione nel procedimento principale, costituiscano pratiche commerciali ai sensi dell’articolo 2, lettera d), della direttiva sulle pratiche commerciali sleali e siano, pertanto, soggette alle prescrizioni sancite da quest’ultima (v., in tal senso, sentenze cit. Plus Warenhandelsgesellschaft, punto 35, e Mediaprint Zeitungs- und Zeitschriftenverlag, punto 16, nonché ordinanza Wamo, cit., punto 29).

    21

    Al riguardo, occorre rilevare che l’articolo 2, lettera d), della direttiva sulle pratiche commerciali sleali definisce, impiegando una formulazione particolarmente estesa, la nozione di «pratica commerciale» come «qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresi la pubblicità e il marketing, posta in essere da un professionista, direttamente connessa alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori» (sentenze cit. Plus Warenhandelsgesellschaft, punto 36, e Mediaprint Zeitungs- und Zeitschriftenverlag, punto 17, nonché ordinanza Wamo, cit., punto 30).

    22

    Orbene, azioni di vendita sottocosto, come quelle oggetto del procedimento principale, che operano, come rileva il giudice del rinvio, come una tecnica di richiamo, hanno l’obiettivo di attirare consumatori nei locali commerciali di un commerciante e di indurli a procedere agli acquisti. Esse si collocano pertanto nel contesto della strategia commerciale di un operatore e sono rivolte direttamente alla promozione e all’incremento delle sue vendite. Ne discende che esse configurano pratiche commerciali ai sensi dell’articolo 2, lettera d), della direttiva sulle pratiche commerciali sleali e ricadono, conseguentemente, nel suo ambito di applicazione ratione materiae (v., in tal senso, sentenza cit. Mediaprint Zeitungs- und Zeitschriftenverlag, punto 18 e la giurisprudenza ivi citata, nonché ordinanza Wamo, cit., punto 31).

    23

    Ciò premesso, si deve verificare se la direttiva sulle pratiche commerciali sleali osti a un divieto di mettere in commercio o di vendere beni sottocosto, come quello previsto dall’articolo 101 della LPPC.

    24

    In proposito, occorre rammentare anzitutto che, dato che la direttiva sulle pratiche commerciali sleali realizza un’armonizzazione completa delle norme relative alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori, gli Stati membri non possono adottare, come previsto espressamente dall’articolo 4 di quest’ultima, misure più restrittive di quelle definite da detta direttiva, neppure al fine di assicurare un livello superiore di tutela dei consumatori (sentenza cit. Plus Warenhandelsgesellschaft, punto 41 e la giurisprudenza ivi citata, nonché ordinanza Wamo, cit., punto 33).

    25

    Inoltre, occorre altresì rilevare che l’articolo 5 di detta direttiva enuncia i criteri che consentono di determinare le circostanze in cui una pratica commerciale deve essere considerata sleale e, pertanto, vietata.

    26

    In tal senso, conformemente al paragrafo 2 di tale articolo 5, una pratica commerciale è sleale se è contraria alle norme di diligenza professionale e falsa o è idonea a falsare in misura rilevante il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio.

    27

    Inoltre, l’articolo 5, paragrafo 4, della direttiva sulle pratiche commerciali sleali definisce due categorie precise di pratiche commerciali sleali, vale a dire le «pratiche ingannevoli» e le «pratiche aggressive» che soddisfano i criteri specificati, rispettivamente, agli articoli 6 e 7 nonché 8 e 9 di tale direttiva.

    28

    Infine, la stessa direttiva stabilisce, al suo allegato I, un elenco tassativo di 31 pratiche commerciali che, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 5, di tale direttiva, sono considerate sleali «in ogni caso». Di conseguenza, come precisa espressamente il considerando 17 della direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali, tali pratiche commerciali sono le uniche che possono essere considerate sleali senza costituire oggetto di una valutazione caso per caso ai sensi delle disposizioni degli articoli 5-9 della direttiva stessa (sentenze cit. Plus Warenhandelsgesellschaft, punto 45, e Mediaprint Zeitungs- und Zeitschriftenverlag, punto 34, nonché ordinanza Wamo, cit., punto 37).

    29

    Quanto alla disposizione nazionale oggetto del procedimento principale, è pacifico che pratiche consistenti nel mettere in commercio o vendere beni sottocosto non figurano all’allegato I della direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali. Pertanto, non possono essere vietate «in ogni caso», ma solo in esito ad un’analisi specifica che ne consenta di stabilire il carattere sleale (v., in tal senso, sentenza cit. Mediaprint Zeitungs- und Zeitschriftenverlag, punto 35, nonché ordinanza Wamo, cit., punto 38).

    30

    Orbene, è giocoforza constatare che, come risulta dalla decisione di rinvio, l’articolo 101 della LPPC vieta in generale di mettere in commercio o vendere beni sottocosto, senza che sia necessario determinare, con riguardo al contesto di fatto di ciascun caso di specie, se l’operazione commerciale in questione presenti carattere «sleale» alla luce dei criteri sanciti dagli articoli 5-9 della direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali e senza riconoscere ai giudici competenti un margine discrezionale al riguardo (v., in tal senso, sentenze cit. Plus Warenhandelsgesellschaft, punto 48, e Mediaprint Zeitungs- und Zeitschriftenverlag, punto 36, nonché ordinanza Wamo, cit., punto 39).

    31

    Ciò premesso, la questione sottoposta va risolta affermando che la direttiva sulle pratiche commerciali sleali va interpretata nel senso che essa osta ad una disposizione nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che preveda un divieto generale di mettere in commercio o di vendere prodotti sottocosto, nei limiti in cui tale disposizione persegue finalità attinenti alla tutela dei consumatori.

    Sulle spese

    32

    Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

     

    Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) dichiara:

     

    La direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali»), va interpretata nel senso che essa osta ad una disposizione nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che preveda un divieto generale di mettere in commercio o di vendere prodotti sottocosto, nei limiti in cui tale disposizione persegue finalità attinenti alla tutela dei consumatori.

     

    Firme


    ( *1 ) Lingua processuale: l’olandese.

    Top