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Document 62009CJ0505

    Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 29 marzo 2012.
    Commissione europea contro Repubblica di Estonia.
    Impugnazione — Ambiente — Direttiva 2003/87/CE — Sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra — Piano nazionale di assegnazione di quote di emissione per la Repubblica di Estonia relativamente al periodo 2008‑2012 — Rispettive competenze della Commissione e degli Stati membri — Articoli 9, paragrafi 1 e 3, e 11, paragrafo 2, della direttiva 2003/87 — Parità di trattamento — Principio di buona amministrazione.
    Causa C‑505/09 P.

    Court reports – general

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2012:179

    SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

    29 marzo 2012 ( *1 )

    «Impugnazione — Ambiente — Direttiva 2003/87/CE — Sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra — Piano nazionale di assegnazione di quote di emissione per la Repubblica di Estonia relativamente al periodo 2008-2012 — Rispettive competenze della Commissione e degli Stati membri — Articoli 9, paragrafi 1 e 3, e 11, paragrafo 2, della direttiva 2003/87 — Parità di trattamento — Principio di buona amministrazione»

    Nella causa C-505/09 P,

    avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 3 dicembre 2009,

    Commissione europea, rappresentata da E. Kružíková e E. Randvere nonché da E. White, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

    ricorrente,

    sostenuta da:

    Regno di Danimarca, rappresentato da C. Vang, in qualità di agente,

    interveniente in sede d’impugnazione,

    procedimento in cui le altre parti sono:

    Repubblica di Estonia, rappresentata da L. Uibo e da M. Linntam, in qualità di agenti,

    ricorrente in primo grado,

    sostenuta da:

    Repubblica ceca, rappresentata da M. Smolek, in qualità di agente,

    Repubblica di Lettonia, rappresentata da K. Drēviņa e I. Kalniņš, in qualità di agenti,

    intervenienti in sede d’impugnazione,

    Repubblica di Lituania,

    Repubblica slovacca,

    Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord,

    intervenienti in primo grado,

    LA CORTE (Seconda Sezione),

    composta dal sig. J.N. Cunha Rodrigues, presidente di sezione, dai sigg. U. Lõhmus, A. Rosas (relatore), A. Ó Caoimh e A. Arabadjiev, giudici,

    avvocato generale: sig.ra V. Trstenjak

    cancelliere: sig. C. Strömholm, amministratore

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 29 settembre 2011,

    sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 17 novembre 2011,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1

    Con la sua impugnazione la Commissione europea chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee del 23 settembre 2009, Estonia/Commissione (T-263/07, Racc. pag. II-3463; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con cui quest’ultimo ha annullato la decisione della Commissione, del 4 maggio 2007, concernente il piano nazionale di assegnazione di quote di emissione dei gas a effetto serra notificato dalla Repubblica di Estonia per il periodo dal 2008 al 2012, conformemente alla direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio (in prosieguo: la «decisione controversa»).

    Contesto normativo

    2

    L’articolo 1 della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio (GU L 275, pag. 32), come modificata dalla direttiva 2004/101/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 ottobre 2004 (GU L 338, pag. 18; in prosieguo: la «direttiva 2003/87»), dispone quanto segue:

    «La presente direttiva istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni di gas a effetto serra nella Comunità (...) al fine di promuovere la riduzione di dette emissioni secondo criteri di validità in termini di costi e di efficienza economica».

    3

    L’articolo 9 di detta direttiva così recita:

    «1.   Per ciascun periodo di cui all’articolo 11, paragrafi 1 e 2, ciascuno Stato membro elabora un piano nazionale che determina le quote totali di emissioni che intende assegnare per tale periodo e le modalità di tale assegnazione. Il piano si fonda su criteri obiettivi e trasparenti, compresi i criteri elencati nell’allegato III, e tiene nella dovuta considerazione le osservazioni del pubblico. Fatto salvo il Trattato [CE], la Commissione elabora entro il 31 dicembre 2003 gli orientamenti per l’attuazione dei criteri elencati nell’allegato III.

    Per il periodo di cui all’articolo 11, paragrafo 1, il piano è pubblicato e notificato alla Commissione e agli altri Stati membri entro il 31 marzo 2004. Per i periodi successivi, il piano è pubblicato e notificato alla Commissione e agli altri Stati membri almeno diciotto mesi prima dell’inizio del periodo in questione.

    2.   I piani nazionali di assegnazione sono esaminati in seno al comitato di cui all’articolo 23, paragrafo 1.

    3.   Nei tre mesi successivi alla notificazione da parte di uno Stato membro di un piano nazionale di cui al paragrafo 1, la Commissione può respingerlo, in tutto o in parte, qualora lo ritenga incompatibile con l’articolo 10 o con i criteri elencati nell’allegato III. Lo Stato membro prende una decisione a norma dell’articolo 11, paragrafo 1 o paragrafo 2, solo previa accettazione da parte della Commissione delle modifiche che esso propone. La Commissione giustifica ogni decisione di rigetto».

    4

    L’articolo 10 della medesima direttiva dispone che, «per il triennio che ha inizio il 1o gennaio 2005, gli Stati membri assegnano almeno il 95% delle quote di emissioni a titolo gratuito. Per il quinquennio che inizia il 1o gennaio 2008, gli Stati membri assegnano almeno il 90% delle quote di emissioni a titolo gratuito».

    5

    A termini dell’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2003/87:

    «Per il quinquennio che ha inizio il 1o gennaio 2008 e per ciascun periodo successivo di 5 anni, ciascuno Stato membro decide in merito alle quote totali di emissioni che assegnerà in tale periodo, nonché inizia il processo di assegnazione di tali quote al gestore di ciascun impianto. Tale decisione è presa almeno dodici mesi prima dell’inizio del periodo in oggetto, sulla base del piano nazionale di assegnazione di cui all’articolo 9 e nel rispetto dell’articolo 10, tenendo nella dovuta considerazione le osservazioni del pubblico».

    6

    L’allegato III della stessa direttiva elenca dodici criteri applicabili ai piani nazionali di assegnazione. I criteri nn. 1-3, 5 e 6 di detto allegato dispongono rispettivamente quanto segue:

    «1.

    La quantità totale delle quote da assegnare per il periodo interessato è coerente con l’obbligo degli Stati membri di limitare le proprie emissioni ai sensi della decisione 2002/358/CE [del Consiglio, del 25 aprile 2002, riguardante l’approvazione, a nome della Comunità europea, del Protocollo di Kyoto allegato alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e l’adempimento congiunto dei relativi impegni (GU L 130, pag. 1),] e del Protocollo di Kyoto, tenendo conto, da un lato, della percentuale delle emissioni complessive che tali quote rappresentano rispetto alle emissioni prodotte da fonti che non rientrano nel campo di applicazione della presente direttiva e, dall’altro, delle politiche energetiche nazionali, e dovrebbe essere coerente con il programma nazionale sui cambiamenti climatici. La quantità totale delle quote da assegnare non deve superare le minime esigenze per la rigorosa applicazione dei criteri del presente allegato. Fino al 2008, la quantità deve essere conforme ad un orientamento mirato al raggiungimento o al superamento dell’obiettivo di ciascuno Stato membro, come previsto dalla decisione 2002/358/CE e dal Protocollo di Kyoto.

    2.

    La quantità totale delle quote da assegnare è coerente con le valutazioni dei progressi già realizzati o da realizzare per rispettare i contributi degli Stati membri agli impegni assunti dalla Comunità ai sensi della decisione 93/389/CEE [del Consiglio, del 24 giugno 1993, su un meccanismo di controllo delle emissioni di CO2 e di altri gas ad effetto serra nella Comunità (GU L 167, pag. 31)].

    3.

    La quantità delle quote da assegnare è coerente con il potenziale, compreso il potenziale tecnologico, di riduzione delle emissioni delle attività contemplate dal presente sistema. Gli Stati membri possono basare la ripartizione delle quote sulla media delle emissioni dei gas ad effetto serra relative ai prodotti di ciascuna attività e sui progressi realizzabili in ciascuna attività.

    (…)

    5.

    Il piano non opera discriminazioni tra imprese o settori per favorire indebitamente talune imprese o attività, conformemente alle prescrizioni del Trattato, in particolare agli articoli 87 [CE] e 88 [CE].

    6.

    Il piano contiene informazioni sulle modalità alle quali i nuovi entranti potranno cominciare ad aderire al sistema comunitario in ciascuno Stato membro».

    7

    L’articolo 3 della decisione 2006/780/CE della Commissione, del 13 novembre 2006, finalizzata ad evitare la doppia contabilizzazione delle riduzioni delle emissioni di gas serra nell’ambito del sistema comunitario di scambio delle quote di emissioni per le attività di progetto del Protocollo di Kyoto in applicazione della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 316, pag. 12), ai suoi paragrafi 1 e 2 dispone quanto segue:

    «1.   Nell’ambito dei rispettivi piani nazionali di assegnazione per il periodo 2008-2012 gli Stati membri prevedono, nella quantità totale di quote assegnate, un accantonamento di quote per ciascuna attività di progetto, presentato secondo il modello definito nella tabella dell’allegato I della presente decisione, se, prima della scadenza fissata per la notifica dei piani nazionali di assegnazione all’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2003/87/CE, gli Stati membri hanno emesso lettere di approvazione in qualità di paesi ospitanti, nelle quali si impegnano a rilasciare [unità di riduzione delle emissioni] o [riduzioni certificate delle emissioni] imputabili alle attività di progetto che riducono o limitano le emissioni in impianti rientranti nel campo di applicazione della direttiva 2003/87/CE.

    2.   Nell’ambito dei rispettivi piani nazionali di assegnazione per il periodo 2008-2012 gli Stati membri possono anche prevedere, nell’ambito della quantità totale di quote assegnate, un ulteriore accantonamento di quote presentato secondo il modello definito nell’allegato II della presente decisione se, dopo la decisione di cui all’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2003/87/CE, intendono sottoscrivere lettere di approvazione in qualità di paesi ospitanti, nelle quali si impegnano a rilasciare [unità di riduzione delle emissioni] o [riduzioni certificate delle emissioni] entro il 31 dicembre 2012 per le attività di progetto che riducono o limitano le emissioni in impianti rientranti nel campo di applicazione della direttiva 2003/87/CE. Le attività di progetto previste che utilizzano lo stesso metodo di riduzione delle emissioni per cui non è stata ancora emessa una lettera di sostegno possono essere raggruppate nella stessa colonna all’interno della tabella predisposta secondo il modello dell’allegato II».

    I fatti e la decisione controversa

    8

    I fatti all’origine della lite e la decisione controversa sono esposti ai punti 6-12 della sentenza impugnata nei seguenti termini:

    «6

    La Repubblica di Estonia ha notificato alla Commissione (...) il suo piano nazionale di assegnazione di quote di emissione di gas a effetto serra, conformemente alla direttiva [2003/87]. Secondo la Repubblica di Estonia tale notifica ha avuto luogo il 30 giugno 2006, mentre, secondo la Commissione, essa è avvenuta il 7 luglio 2006.

    7

    In seguito ad uno scambio di corrispondenza con la Commissione, la Repubblica di Estonia le ha presentato, nel febbraio 2007, una nuova versione del suo piano nazionale di assegnazione di quote di emissione di gas a effetto serra.

    8

    Il 4 maggio 2007 la Commissione ha adottato [la decisione controversa]. Tale decisione prevede una riduzione del 47,8% in rapporto alle quote di emissione che la Repubblica di Estonia proponeva di emettere.

    9

    Il dispositivo della decisione [controversa] enuncia quanto segue:

    “Articolo 1

    I seguenti aspetti del piano nazionale di assegnazione di quote dell[a Repubblica di] Estonia per il primo quinquennio di cui all’art. 11, n. 2, della direttiva [2003/87] sono incompatibili, rispettivamente, con:

    1.

    i criteri [nn.] 1[-]3 dell’allegato III della direttiva [2003/87]: la frazione della quantità totale delle quote da assegnare, cioè 11,657987 milioni di tonnellate equivalente CO2 annue che è incompatibile con le valutazioni effettuate conformemente alla decisione (...) 280/2004/CE [del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 febbraio 2004, relativa ad un meccanismo per monitorare le emissioni di gas a effetto serra nella Comunità e per attuare il Protocollo di Kyoto (GU L 49, pag. 1)] e con il potenziale, compreso quello tecnologico, di riduzione delle emissioni delle attività, essendo tale frazione ridotta per tener conto delle attività di progetti, già operative nel 2005, che riducono o limitano le emissioni in impianti rientranti nel campo di applicazione della direttiva [2003/87], nella misura in cui tali riduzioni o limitazioni siano state comprovate e verificate; inoltre, la parte della quantità totale di quote corrispondente alle emissioni supplementari di un impianto di combustione non incluso nel piano nazionale di assegnazione redatto per la prima fase, stimata a 0,313883 milioni di tonnellate annue, che non è comprovata secondo i metodi generali prescritti nel piano nazionale di assegnazione, sulla base di dati verificati e comprovati;

    2.

    il criterio [n.] 3 dell’allegato III della direttiva [2003/87]: la non inclusione nella quantità totale di quote da assegnare prevista in base al piano nazionale di assegnazione, di un accantonamento di quote costituito dal[la] Repubblica di Estonia conformemente all’art. 3, nn. 1 e 2, della decisione 2006/780/CE e il fatto che la quantità di quote assegnate agli impianti che svolgono le attività in questione non sia proporzionalmente ridotta;

    3.

    il criterio [n.] 5 dell’allegato III della direttiva [2003/87]: l’assegnazione a taluni impianti di quote superiori alle necessità stimate, tenuto conto del riconoscimento delle misure adottate in uno stadio precoce, dell’utilizzo della biomassa o della cogenerazione;

    4.

    il criterio [n.] 6 dell’allegato III della direttiva [2003/87]: le informazioni sulle modalità alle quali i nuovi entranti potranno cominciare ad aderire al sistema comunitario.

    Articolo 2

    Il piano nazionale di assegnazione non sarà oggetto di obiezioni purché le modifiche seguenti vi siano apportate in modo non discriminatorio e siano notificate alla Commissione il più rapidamente possibile, tenuto conto dei termini necessari all’attuazione dei procedimenti nazionali:

    1.

    la quantità totale di quote da assegnare nell’ambito del sistema comunitario sarà diminuita di 11,657987 milioni di tonnellate equivalente CO2 annue, ed i quantitativi assegnati ad un impianto di combustione supplementare non incluso nel piano stabilito per la prima fase saranno determinati secondo i metodi generali descritti nel piano nazionale di assegnazione, sulla base di dati verificati e comprovati sulle emissioni, mentre la quantità totale verrà ulteriormente ridotta dell’equivalente della differenza eventuale tra le quote assegnate a tale impianto ed i 0,313883 milioni di tonnellate corrispondenti alla riserva annuale per il medesimo; peraltro la quantità totale è maggiorata delle quote assegnate relativamente ai progetti già operativi nel 2005 e che, nel corso del medesimo anno, hanno consentito di ridurre o limitare le emissioni negli impianti rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva [2003/87], nella misura in cui le riduzioni o limitazioni in parola siano state verificate e comprovate;

    2.

    l’accantonamento di quote che [la Repubblica di] Estonia intende costituire conformemente all’articolo 3, nn. 1 e 2, della decisione 2006/780/CE sarà incluso nella quantità totale di quote di 12,717058 milioni di tonnellate calcolata secondo i criteri [nn.] 1[-]3 dell’allegato III della direttiva [2003/87] prima dell’adozione della decisione finale in materia di assegnazione ai sensi dell’art. 11, n. 2, della direttiva [2003/87] e la quantità di quote assegnate agli impianti che effettuano le attività in questione sarà proporzionalmente ridotta;

    3.

    le quote assegnate agli impianti non saranno superiori alle necessità stimate, tenuto conto del riconoscimento delle misure adottate in uno stadio precoce;

    4.

    saranno fornite informazioni sulle modalità alle quali i nuovi entranti potranno cominciare ad aderire al sistema comunitario, in modo conforme ai criteri dell’allegato III della direttiva [2003/87] e al disposto dell’articolo 10 di quest’ultima.

    Articolo 3

    1.   Il totale annuo medio di quote di 12,717058 milioni di tonnellate – diminuito dell’accantonamento che [la Repubblica di] Estonia intende costituire conformemente all’art. 3, nn. 1 e 2, della decisione 2006/780/CE, ed ulteriormente ridotto dell’equivalente della differenza eventuale tra le quote assegnate ad un impianto di combustione supplementare non incluso nel piano di assegnazione stabilito per la prima fase, e degli 0,313883 milioni di tonnellate accantonati annualmente per tale impianto, che non sono comprovati secondo i metodi generali descritti nel piano nazionale di assegnazione sulla base di dati verificati e comprovati sulle emissioni, e maggiorato per tener conto delle emissioni delle attività di progetti già operative nel 2005 e che, nel corso del medesimo anno, hanno consentito di ridurre o limitare le emissioni in impianti rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva [2003/87], nella misura in cui tali riduzioni o limitazioni siano state comprovate e verificate – da assegnare da parte della [Repubblica di] Estonia, conformemente al suo piano nazionale di assegnazione, agli impianti menzionati in tale piano ed ai nuovi entranti, non dovrà essere oltrepassata.

    2.   Il piano nazionale di assegnazione di quote può essere modificato senza previa autorizzazione della Commissione se la modifica concerne le quote assegnate a taluni impianti, nei limiti della quantità totale di quote da assegnare agli impianti menzionati nel piano, in seguito a miglioramenti della qualità dei dati, o se consiste nel ridurre la percentuale delle quote da assegnare gratuitamente nei limiti fissati all’articolo 10 della direttiva [2003/87].

    3.   Qualsivoglia modifica del piano nazionale di assegnazione richiesta al fine di correggere le incompatibilità indicate all’art. 1 della decisione in parola, ma che si discosti da quelle menzionate all’art. 2, deve essere notificata il più rapidamente possibile, tenuto conto dei termini necessari all’attuazione dei procedimenti [nazionali] e necessita il previo consenso della Commissione conformemente all’articolo 9, n. 3, della direttiva [2003/87]. Ogni altra modifica del piano nazionale di assegnazione, eccetto quelle richieste all’art. 2 della presente decisione, è irricevibile.

    Articolo 4

    La Repubblica di Estonia è destinataria della presente decisione”».

    Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

    9

    Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 16 luglio 2007, la Repubblica di Estonia ha proposto un ricorso diretto all’annullamento della decisione controversa.

    10

    Con ordinanza del 29 gennaio 2008 il presidente della Settima Sezione del Tribunale ha ammesso il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord ad intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione nonché la Repubblica di Lituania e la Repubblica slovacca a intervenire a sostegno delle conclusioni della Repubblica di Estonia.

    11

    A sostegno del proprio ricorso, tale Stato membro deduceva cinque motivi. Questi vertevano, in primo luogo, su un eccesso di potere risultante da violazioni dell’articolo 9, paragrafi 1 e 3, e dell’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2003/87; in secondo luogo, su errori manifesti di valutazione; in terzo luogo, sulla violazione dell’articolo 175 CE; in quarto luogo, sulla violazione del principio di buona amministrazione e, in quinto luogo, su un difetto di motivazione.

    12

    La Commissione ha chiesto al Tribunale di dichiarare il ricorso irricevibile per la parte che riguarda l’articolo 1, paragrafi 3 e 4, l’articolo 2, paragrafi 3 e 4, nonché l’articolo 3, paragrafi 2 e 3, della decisione controversa, in quanto la Repubblica di Estonia non avrebbe presentato alcun motivo di fatto o di diritto relativamente a tali disposizioni, e di dichiararlo infondato per quanto concerne le altre disposizioni della stessa.

    13

    Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha annullato la decisione controversa nella sua totalità.

    14

    Anzitutto, ai punti 28-34 di detta sentenza il Tribunale ha respinto l’eccezione di irricevibilità parziale sollevata dalla Commissione. Esso ha ritenuto che l’articolo 1, paragrafi 1 e 2, l’articolo 2, paragrafi 1 e 2, nonché l’articolo 3, paragrafo 1, della decisione controversa non fossero separabili dalle altre disposizioni di tale decisione e che, nell’ipotesi in cui i motivi sollevati dalla Repubblica di Estonia si fossero rivelati fondati, sarebbe stato necessario annullare la decisione controversa nel suo complesso.

    15

    Poi, ai punti 49-93 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato il primo motivo del ricorso, relativo ad un eccesso di potere risultante da violazioni dell’articolo 9, paragrafi 1 e 3, nonché dell’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2003/87. In primo luogo, esso ha constatato che la Commissione aveva oltrepassato i limiti del potere di controllo che le spetta in forza dell’articolo 9, paragrafo 3, di tale direttiva, da un lato, precisando nella decisione controversa una specifica quantità di quote da assegnare il cui superamento fosse considerato incompatibile con i criteri stabiliti dalla stessa direttiva e, dall’altro, respingendo il piano nazionale di assegnazione di quote di emissioni dei gas ad effetto serra notificato dalla Repubblica di Estonia per il periodo 2008-2012, conformemente alla direttiva 2003/87 (in prosieguo: il «PNA estone»), dato che la quantità totale di quote ivi proposta oltrepassava tale soglia. In secondo luogo, essa ha ritenuto che la Commissione avesse violato l’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2003/87 sostituendo la propria analisi a quella operata dalla Repubblica di Estonia in detto piano. In tale ambito, il Tribunale ha altresì rilevato che i dati e i metodi di valutazione utilizzati dalla Commissione non erano «necessariamente» i più rappresentativi.

    16

    Al punto 94 della sentenza impugnata il Tribunale ne ha concluso che l’articolo 1, paragrafo 1, l’articolo 2, paragrafo 1, e l’articolo 3, paragrafo 1, della decisione controversa, relativi alla fissazione della quantità totale di quote di emissioni dei gas a effetto serra da assegnare, dovevano essere annullati. Quanto al secondo, al terzo e al quinto motivo sollevati dalla Repubblica di Estonia, il Tribunale ha ritenuto non necessario esaminarli, in quanto diretti contro queste stesse disposizioni.

    17

    Infine, ai punti 99-112 della sentenza impugnata il Tribunale ha esaminato il quarto motivo del ricorso, relativo alla violazione del principio di buona amministrazione. Tale motivo verteva sulla valutazione operata dalla Commissione della questione se il PNA estone fosse conforme al criterio n. 3 dell’allegato III della direttiva 2003/87, relativo all’inclusione degli accantonamenti nella quantità totale di quote di emissioni dei gas a effetto serra da assegnare. Secondo il Tribunale, la Commissione non aveva dimostrato che i calcoli contenuti in tale piano fossero viziati da errore.

    18

    In tali circostanze, al punto 113 della suddetta sentenza il Tribunale ha ritenuto che fosse necessario annullare l’articolo 1, paragrafo 2, e l’articolo 2, paragrafo 2, della decisione controversa, relativi all’asserita non inclusione degli accantonamenti di quote in detta quantità totale.

    19

    Dal momento, quindi, che aveva concluso per l’annullamento dell’articolo 1, paragrafi 1 e 2, dell’articolo 2, paragrafi 1 e 2, nonché dell’articolo 3, paragrafo 1, della decisione controversa e dato che aveva dichiarato che tali disposizioni non erano separabili dal resto della decisione stessa, il Tribunale ha dichiarato, al punto 114 della sentenza impugnata, che la decisione controversa doveva essere annullata nella sua totalità.

    Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

    20

    Mediante ordinanza del presidente della Corte del 1o giugno 2010, il Regno di Danimarca è stato ammesso ad intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione e la Repubblica ceca nonché la Repubblica di Lettonia sono state ammesse ad intervenire a sostegno delle conclusioni della Repubblica di Estonia.

    21

    Con la sua impugnazione, la Commissione chiede che la Corte voglia:

    annullare la sentenza impugnata, e

    condannare la Repubblica di Estonia alle spese.

    22

    Il Regno di Danimarca chiede che la Corte voglia annullare la sentenza impugnata.

    23

    La Repubblica di Estonia chiede che la Corte voglia:

    in via principale, respingere l’impugnazione;

    in subordine, rinviare la causa dinanzi al Tribunale affinché questo statuisca sui motivi presentati da tale Stato membro in primo grado che non sono stati valutati nella sentenza impugnata, e

    condannare la Commissione alle spese.

    24

    La Repubblica ceca chiede che la Corte voglia:

    respingere l’impugnazione, e

    condannare la Commissione alle spese.

    25

    La Repubblica di Lettonia chiede che la Corte voglia respingere l’impugnazione.

    Sull’impugnazione

    26

    A sostegno dell’impugnazione, la Commissione solleva quattro motivi. Questi vertono, in primo luogo, su un errore di diritto nell’esame della ricevibilità del ricorso di annullamento e, in secondo luogo, su un errore di diritto nell’interpretazione dell’articolo 9, paragrafi 1 e 3, nonché dell’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2003/87. In terzo luogo, il Tribunale avrebbe effettuato un’interpretazione erronea del principio di buona amministrazione e, in quarto luogo, avrebbe commesso un errore nella qualificazione giuridica dell’articolo 1, paragrafi 1 e 2, dell’articolo 2, paragrafi 1 e 2, nonché dell’articolo 3, paragrafo 1, della decisione controversa, ritenendo che tali disposizioni non fossero separabili dalle altre disposizioni della stessa.

    Sul primo motivo, vertente su un errore di diritto nell’esame della ricevibilità del ricorso di annullamento

    Argomenti delle parti

    27

    La Commissione adduce che, ammettendo la ricevibilità del ricorso di annullamento per quanto riguarda l’articolo 1, paragrafi 3 e 4, l’articolo 2, paragrafi 3 e 4, nonché l’articolo 3, paragrafi 2 e 3, della decisione controversa, il Tribunale ha violato l’articolo 21 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e l’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di procedura del Tribunale.

    28

    La Commissione ricorda che i motivi dedotti dalla Repubblica di Estonia dinanzi al Tribunale riguardavano essenzialmente la legittimità del tetto massimo fissato per la quantità totale di quote di emissioni dei gas ad effetto serra di cui all’articolo 1, paragrafo 1, all’articolo 2, paragrafo 1, ed all’articolo 3, paragrafo 1, della decisione controversa nonché, parzialmente, la non inclusione degli accantonamenti di quote di cui all’articolo 1, paragrafo 2, ed all’articolo 2, paragrafo 2, di quest’ultima. Il suddetto Stato membro non avrebbe formulato alcuna censura rispetto alle altre incompatibilità rilevate relativamente al PNA estone, ossia il favoritismo nell’assegnazione di quote di emissioni dei gas a effetto serra e il difetto di trasparenza nel trattamento dei nuovi entranti. Orbene, per presentare un ricorso contro la decisione controversa nella sua totalità, la Repubblica di Estonia avrebbe dovuto dedurre motivi contro ciascuna delle sue disposizioni.

    29

    Inoltre, il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto dichiarando l’articolo 1, paragrafi 3 e 4, l’articolo 2, paragrafi 3 e 4, nonché l’articolo 3, paragrafi 2 e 3, della decisione controversa non separabili dalle altre disposizioni della stessa.

    30

    La Repubblica di Estonia conclude per il rigetto di tale motivo. Essa ricorda che aveva chiesto l’annullamento della decisione controversa nella sua totalità. L’atto introduttivo di ricorso avrebbe contenuto un’esposizione sommaria dei motivi invocati, conformemente ai requisiti di forma stabiliti dall’articolo 21 dello Statuto della Corte e dall’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di procedura del Tribunale. Per quanto concerne la sentenza impugnata, questa si fonderebbe su una lettura corretta del requisito del carattere separabile delle disposizioni di tale decisione.

    Giudizio della Corte

    31

    Il primo motivo d’impugnazione concerne i punti 28-34 della sentenza impugnata, relativi all’eccezione di irricevibilità parziale del ricorso di annullamento.

    32

    Ai punti 28-33 di tale sentenza, il Tribunale ha esaminato la questione se l’articolo 1, paragrafi 1 e 2, l’articolo 2, paragrafi 1 e 2, nonché l’articolo 3, paragrafo 1, della decisione controversa fossero separabili dalle altre disposizioni di tale decisione ed ha ritenuto che non fosse così. Ciò premesso, al punto 34 della predetta sentenza, esso ha respinto gli argomenti della Commissione relativi all’asserita irricevibilità parziale di detto ricorso, precisando al contempo che, nell’ipotesi in cui i motivi sollevati dalla Repubblica di Estonia si fossero rivelati fondati, sarebbe stato necessario annullare la decisione impugnata nel suo complesso.

    33

    Nel caso in esame è pacifico che la Repubblica di Estonia aveva chiesto, nell’atto introduttivo del giudizio, l’annullamento della decisione controversa nella sua totalità. L’eccezione di irricevibilità invocata dalla Commissione verteva su una presunta insufficienza della motivazione del ricorso in parola rispetto alla portata dell’annullamento richiesto, dal momento che i motivi dedotti da tale Stato membro riguardavano soltanto l’articolo 1, paragrafi 1 e 2, l’articolo 2, paragrafi 1 e 2, nonché l’articolo 3, paragrafo 1, della decisione di cui trattasi. Ad avviso della Commissione, siffatto atto di ricorso non era conforme ai requisiti posti dall’articolo 21, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia e dall’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di procedura del Tribunale. Ritenendo che le disposizioni cui si riferiscono i motivi sollevati dalla Repubblica di Estonia fossero separabili dalle altre disposizioni della predetta decisione, la Commissione ha chiesto al Tribunale di respingere il ricorso in quanto irricevibile nella parte che concerne queste ultime disposizioni.

    34

    In proposito occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 21, primo comma, dello Statuto della Corte – applicabile al procedimento dinanzi al Tribunale in forza dell’articolo 53, primo comma, dello Statuto medesimo – e dell’articolo 44, paragrafo 1, lettere c) e d), del regolamento di procedura del Tribunale, il ricorso deve indicare, inter alia, l’oggetto della controversia, le conclusioni ed un’esposizione sommaria dei motivi invocati. Tale indicazione dev’essere sufficientemente chiara e precisa per consentire alla parte convenuta di preparare la sua difesa e al Tribunale di pronunciarsi sul ricorso, eventualmente senza altre informazioni a supporto. Al fine di garantire la certezza del diritto e una corretta amministrazione della giustizia è necessario, affinché un ricorso sia ricevibile, che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso è fondato emergano, quanto meno sommariamente, purché in modo coerente e comprensibile, dal testo dell’atto introduttivo stesso (v. sentenza del 14 gennaio 2010, Commissione/Repubblica ceca, C-343/08, Racc. pag. I-275, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

    35

    Del resto, va osservato che l’atto introduttivo del giudizio presentato dalla Repubblica di Estonia corrispondeva a tali requisiti di forma dal momento che è pacifico che esso conteneva l’oggetto della controversia nonché un’esposizione sommaria dei motivi invocati da detto Stato membro, relativi all’articolo 1, paragrafi 1 e 2, all’articolo 2, paragrafi 1 e 2, nonché all’articolo 3, paragrafo 1, della decisione controversa. È altresì pacifico che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali tali motivi si fondavano emergevano in modo chiaro e comprensibile dal testo dell’atto introduttivo in parola.

    36

    È vero che, nel proprio ricorso, la Repubblica di Estonia non aveva presentato motivi o censure relativamente all’articolo 1, paragrafi 3 e 4, all’articolo 2, paragrafi 3 e 4, nonché all’articolo 3, paragrafi 2 e 3, della decisione controversa. Tuttavia, per proporre un ricorso di annullamento contro un atto di diritto dell’Unione nel suo complesso non è necessario che un ricorrente sollevi motivi o censure contro ogni singola disposizione di esso.

    37

    Quanto alla questione se l’annullamento delle disposizioni cui i motivi dell’atto introduttivo fanno riferimento esplicito, vale a dire l’articolo 1, paragrafi 1 e 2, l’articolo 2, paragrafi 1 e 2, nonché l’articolo 3, paragrafo 1, della decisione controversa, fosse atto a comportare l’annullamento del resto di detta decisione, come richiesto dalla Repubblica di Estonia nel dispositivo del proprio atto introduttivo del giudizio, e più in particolare se il Tribunale avesse commesso un errore di diritto considerando tali disposizioni non separabili dalle altre disposizioni della decisione di cui trattasi, tale questione deve essere valutata nell’ambito dell’esame del quarto motivo della presente impugnazione.

    38

    Ne consegue che il Tribunale ha respinto a buon diritto l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione per quanto riguarda l’articolo 1, paragrafi 3 e 4, l’articolo 2, paragrafi 3 e 4, nonché l’articolo 3, paragrafi 2 e 3, della decisione controversa. Pertanto, il primo motivo deve essere respinto in quanto infondato.

    Sul secondo motivo, vertente su un errore di diritto nell’interpretazione dell’articolo 9, paragrafi 1 e 3, nonché dell’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2003/87

    39

    Con il suo secondo motivo la Commissione addebita al Tribunale di aver commesso un errore di diritto nell’interpretazione dell’articolo 9, paragrafi 1 e 3, nonché dell’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2003/87. Dopo aver formulato critiche sulle osservazioni generali presentate dal Tribunale in merito alla ripartizione delle competenze tra gli Stati membri e la Commissione prevista da tale direttiva e sulla natura del controllo esercitato da detta istituzione ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 3, della predetta direttiva, la Commissione adduce argomenti classificabili in due parti. La prima parte è relativa ad un’asserita violazione del principio della parità di trattamento e la seconda concerne un’asserita violazione della finalità della stessa direttiva.

    40

    La Repubblica di Estonia conclude per il rigetto di tale motivo. La Commissione non avrebbe fatto valere alcun argomento idoneo a dimostrare che il Tribunale abbia commesso un simile errore allorché ha dichiarato che, in base agli articoli 9 e 11 della direttiva 2003/87, essa doveva agire nell’ambito di un controllo della legittimità delle scelte operate da tale Stato membro e rispettare il margine di manovra ad esso riservato.

    Sulla natura del controllo della Commissione ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2003/87

    — Argomenti delle parti

    41

    La Commissione lamenta che il Tribunale ha violato la ripartizione delle competenze tra essa e gli Stati membri prevista dagli articoli 9 e 11 della direttiva 2003/87 e che, qualificando il controllo che le compete ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 3, di detta direttiva quale controllo di legittimità, ha commesso un errore di diritto.

    42

    Al punto 51 della sentenza impugnata il Tribunale avrebbe ingiustamente ampliato le competenze degli Stati membri, fondandosi sulla definizione della natura giuridica di una direttiva di cui all’articolo 249 CE. Gli articoli 9 e 11 della direttiva 2003/87 troverebbero applicazione unicamente tra le istituzioni e gli Stati membri e non necessiterebbero di una previa trasposizione nel diritto nazionale. Essi avrebbero carattere regolamentare e si applicherebbero direttamente, alla stregua delle disposizioni di un regolamento. Per quanto riguarda la forma e il contenuto dei piani nazionali di assegnazione, questi sarebbero ampiamente determinati e controllati a livello dell’Unione europea, tenuto conto, segnatamente, degli orientamenti elaborati dalla Commissione in forza dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva in parola, per l’attuazione dei criteri enunciati all’allegato III di quest’ultima.

    43

    Contrariamente all’approccio proposto dal Tribunale, l’applicazione del principio di sussidiarietà, consacrato dall’articolo 5, secondo comma, CE, non può limitare il potere di controllo conferito alla Commissione dal legislatore dell’Unione. Infatti, una volta che quest’ultimo abbia concluso per la necessità di una regolamentazione a livello dell’Unione, tale principio cesserebbe di essere applicabile.

    44

    Inoltre, il Tribunale si sarebbe fondato ingiustamente sugli articoli 211 CE e 226 CE. I piani nazionali di assegnazione non costituirebbero misure classiche di trasposizione di una direttiva. Mentre un atto di trasposizione potrebbe essere esclusivamente oggetto di un controllo ex post da parte della Commissione, in forza dell’articolo 226 CE, i piani nazionali di assegnazione sarebbero valutati dalla stessa in sede di un controllo ex ante, conformemente all’articolo 9 della direttiva 2003/87. In tale contesto, il comitato sui cambiamenti climatici, menzionato al paragrafo 2 di detto articolo, avrebbe un ruolo rilevante. Pertanto, in tale materia, il controllo della Commissione andrebbe al di là di un mero controllo di legittimità.

    45

    Nella sua risposta alle memorie d’intervento della Repubblica ceca, del Regno di Danimarca e della Repubblica di Lettonia, la Commissione precisa che il motivo in esame non è diretto a far rilevare la sua competenza a fissare in modo obbligatorio la quantità totale di quote di emissione di gas ad effetto serra da assegnare, ma a stabilire che il ragionamento svolto dal Tribunale per circoscrivere il suo potere di controllo è errato. In ogni caso, quand’anche dovesse ritenersi, contrariamente alla tesi della Commissione, che quest’ultima non potesse indicare nella decisione controversa la quantità totale di quote di emissione che essa giudicava accettabile, tale rilievo non sarebbe sufficiente per annullare la decisione di cui trattasi, dal momento che la Commissione ha chiarito, in modo circostanziato, che la quantità totale di quote previste dalla Repubblica di Estonia era manifestamente troppo elevata.

    46

    Tale Stato membro sostiene che le affermazioni della Commissione non sono fondate. Il Tribunale non avrebbe ridotto la competenza della stessa fondandosi sull’articolo 249 CE. Esso si sarebbe limitato a constatare che, quando una direttiva non prescrive la forma e i mezzi che devono essere impiegati all’atto della sua trasposizione per conseguire il risultato perseguito, la libertà degli Stati membri nella scelta degli stessi è, in linea di principio, totale. La questione se gli articoli 9 e 11 della direttiva 2003/87 abbiano carattere regolamentare o meno non avrebbe alcuna incidenza sulla ripartizione delle competenze tra gli Stati membri e la Commissione. Non può neanche sostenersi che il Tribunale abbia ridotto, invocando il principio di sussidiarietà, le competenze riconosciute alla Commissione.

    — Giudizio della Corte

    47

    Le affermazioni della Commissione concernono i punti 49-56 della sentenza impugnata, che vertono sulla ripartizione delle competenze tra la Commissione e gli Stati membri prevista dagli articoli 9 e 11 della direttiva 2003/87.

    48

    Nell’ambito dei suddetti punti il Tribunale ha dichiarato che gli Stati membri sono i soli competenti, da un lato, ad elaborare il loro piano nazionale di assegnazione e, dall’altro, ad adottare le decisioni finali che stabiliscono, in particolare, la quantità totale di quote di emissioni dei gas ad effetto serra da assegnare. Nell’esercizio delle loro competenze, essi disporrebbero di un certo margine di manovra. In forza dell’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2003/87, la Commissione sarebbe autorizzata, da una parte, a verificare se i piani nazionali di assegnazione siano conformi ai criteri sanciti da quest’ultima e, dall’altro, a respingere i piani in caso di incompatibilità con tali criteri. Il potere di controllo della Commissione si limiterebbe ad un controllo di legittimità.

    49

    Nel caso specifico, come correttamente rilevato dal Tribunale ai punti 53 e 54 della sentenza impugnata, dall’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2003/87 discende univocamente «che lo Stato membro è l’unico competente, da una parte, ad elaborare il piano nazionale di assegnazione con cui si prefigge di raggiungere gli obiettivi definiti dalla [suddetta] direttiva circa le emissioni di gas a effetto serra, [e che esso] notifica alla Commissione, e, dall’altra, a prendere decisioni finali che fissino la quantità totale di quote da assegnare per ciascun periodo di cinque anni e la suddivisione di tale quantità tra gli operatori economici». Per contro, dall’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2003/87 discende inequivocabilmente che il ruolo della Commissione è limitato ad un controllo della conformità del piano nazionale di assegnazione dello Stato membro ai criteri elencati nell’allegato III di tale direttiva e all’articolo 10 della stessa. Essa è autorizzata a verificare tale conformità e a respingere il piano nazionale di assegnazione con decisione motivata, in caso di incompatibilità con tali criteri o disposizioni. Nell’ipotesi di rigetto del piano da parte della Commissione, lo Stato membro può adottare una decisione sul fondamento dell’articolo 11, paragrafo 2, solo se le modifiche che esso propone sono state accettate dalla Commissione.

    50

    Diversamente da quanto sostiene la Commissione, non può rimproverarsi al Tribunale di essersi fondato, al punto 51 della sentenza impugnata, sull’articolo 249, terzo comma, CE per valutare la questione della ripartizione delle competenze tra la Commissione e gli Stati membri di cui agli articoli 9 e 11 della direttiva 2003/87. Il principio in virtù del quale una direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi per il conseguimento di detto risultato, si applica, in linea di principio, relativamente a ogni direttiva.

    51

    È vero che possono sussistere grandi differenze in relazione al tipo di obblighi imposti dalle direttive agli Stati membri e in relazione ai risultati che debbono essere raggiunti da questi ultimi. È altresì pacifico che le disposizioni delle direttive riguardanti unicamente i rapporti tra uno Stato membro e la Commissione possono non necessitare di misure di trasposizione (v., in tal senso, sentenza del 30 novembre 2006, Commissione/Lussemburgo, C-32/05, Racc. pag. I-11323, punti 35 e 36). Tale circostanza è tuttavia ininfluente ai fini della soluzione della controversia in esame. Non può negarsi che gli articoli 9 e 11 della direttiva 2003/87 disciplinano i rispettivi ruoli della Commissione e degli Stati membri nell’ambito della procedura di adozione dei piani nazionali di assegnazione, vale a dire la questione della ripartizione delle competenze tra gli stessi. Dette disposizioni consentono di stabilire se gli Stati membri beneficino di un margine di manovra o meno nell’elaborare il loro piano e, eventualmente, quale sia la portata di tale margine.

    52

    Nel caso in esame è innegabile che la direttiva 2003/87 non prescrive un metodo specifico per l’elaborazione di un piano nazionale di assegnazione e per la determinazione della quantità totale di quote di emissioni dei gas ad effetto serra da assegnare. Anzi, al contrario, come il Tribunale ha sostanzialmente rilevato al punto 81 della sentenza impugnata, l’allegato III, punto 1, di detta direttiva prevede esplicitamente che gli Stati membri debbano fissare la quantità totale di quote da assegnare, tenendo conto, in particolare, della politica energetica nazionale e del programma nazionale sui cambiamenti climatici.

    53

    Pertanto, come rilevato dal Tribunale al punto 53 della sentenza impugnata, gli Stati membri dispongono di un certo margine di manovra per scegliere le misure che giudicano più adatte a conseguire, nel contesto specifico del mercato nazionale dell’energia, il risultato prescritto dalla suddetta direttiva.

    54

    Quanto al fatto che, conformemente all’articolo 9 della direttiva 2003/87, i piani nazionali di assegnazione sono esaminati dalla Commissione attraverso un controllo ex ante, un simile potere di controllo differisce, certamente, sotto molti punti di vista dal controllo ex post di cui all’articolo 226 CE. Tale circostanza non può tuttavia implicare che il controllo ex ante debba andare al di là di un controllo di legittimità.

    55

    Da quanto sopra illustrato discende che le censure mosse dalla Commissione contro le considerazioni generali svolte dal Tribunale in merito alla ripartizione delle competenze tra gli Stati membri e la Commissione di cui alla direttiva 2003/87 devono essere respinte.

    Sulla prima parte del secondo motivo, vertente sulla violazione del principio della parità di trattamento

    — Argomenti delle parti

    56

    La Commissione sostiene che, determinando la portata e l’estensione del potere di controllo che le compete ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2003/87, il Tribunale ha commesso un errore di diritto riconducibile, in sostanza, ad una violazione del principio della parità di trattamento.

    57

    La conclusione secondo cui la Commissione avrebbe violato l’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2003/87 sostituendo il proprio apprezzamento a quello effettuato dalla Repubblica di Estonia sarebbe errata. Il Tribunale avrebbe interpretato tale disposizione senza tener conto del predetto principio e, inoltre, avrebbe commesso un errore di diritto valutando la questione della scelta dei dati relativi alle emissioni che dovevano fungere da punto di partenza ai fini delle previsioni per il periodo 2008-2012.

    58

    Il Tribunale avrebbe ritenuto a torto che la Commissione fosse tenuta ad attenersi ai dati di emissioni di CO2, precedenti all’anno 2005, presentati dalla Repubblica di Estonia nel suo piano nazionale di assegnazione e alle previsioni del prodotto interno lordo (PIL) utilizzate da tale Stato membro in luogo di quelle pubblicate da tutti gli Stati membri nel corso del 2005. Orbene, il fatto di ammettere che ciascuno Stato membro utilizzi i propri dati, elaborati secondo i propri criteri, sarebbe atto a generare una disparità di trattamento tra tali Stati.

    59

    Oggetto e scopo della direttiva 2003/87, nonché dello svolgimento della procedura di controllo dei piani nazionali di assegnazione, sarebbe «garantire che i piani nazionali di assegnazione di tutti gli Stati membri operino in situazioni analoghe». Pertanto, la compatibilità dei piani nazionali di assegnazione con i criteri enunciati all’allegato III della direttiva di cui trattasi dovrebbe essere esaminata in base ad un metodo di valutazione elaborato dalla Commissione e a dati ottenuti grazie a tale metodo. Detto esame implicherebbe l’uso, da parte della Commissione, dei dati relativi alle emissioni di CO2 di uno stesso anno per tutti gli Stati membri e delle previsioni di crescita del PIL durante il periodo 2005-2010 disponibili contemporaneamente per tutti gli Stati in questione.

    60

    Lo svolgimento della procedura di controllo di cui all’articolo 9 della direttiva 2003/87 dimostrerebbe che si tratta dell’esercizio di un controllo simultaneo in un arco di tempo limitato, volto a consentire l’attuazione del sistema comune di scambio di quote in tutti gli Stati membri prima del 1o gennaio 2008. I piani nazionali di assegnazione sarebbero esaminati in seno al comitato sui cambiamenti climatici in modo parallelo al loro esame da parte della Commissione, circostanza che confermerebbe la necessità per quest’ultima di adottare un approccio omogeneo per tutti i piani.

    61

    Il ragionamento svolto dal Tribunale ai punti 84-86 della sentenza impugnata sarebbe in contrasto con quello applicato nella sua ordinanza del 20 ottobre 2008, BOT Elektrownia Bełchatów e a./Commissione (T-208/07). In essa il Tribunale avrebbe accettato la collocazione temporale delle modifiche che gli Stati membri apportano al loro piano nazionale di assegnazione dichiarando che dal tenore letterale della direttiva 2003/87, nonché dall’economia generale e dagli obiettivi del sistema che essa ha creato, emerge che uno Stato membro conserva sempre il diritto di proporre modifiche del suo piano dopo la notifica dello stesso alla Commissione, e ciò fino all’adozione della decisione che tale Stato deve adottare ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 2, di detta direttiva.

    62

    La Repubblica di Estonia conclude per il rigetto della suddetta prima parte del secondo motivo. La Commissione si fonderebbe sul principio della parità di trattamento come se si trattasse di un principio assoluto. Il possibile insorgere di una disparità di trattamento non potrebbe giustificare una modifica della ripartizione delle competenze tra gli Stati membri e la Commissione prevista dalla direttiva 2003/87. La parità di trattamento tra gli Stati membri potrebbe essere garantita in modo adeguato se la Commissione esaminasse ciascun piano con lo stesso grado di diligenza.

    — Giudizio della Corte

    63

    La prima parte del secondo motivo riguarda i punti 56-93 della sentenza impugnata. Nell’ambito di tali punti, il Tribunale ha rilevato che il potere di controllo di cui dispone la Commissione in forza dell’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2003/87 non le consente di sostituire i propri dati a quelli inseriti dallo Stato membro nel proprio piano. Esso ha precisato che il principio della parità di trattamento «non può modificare la ripartizione delle competenze prevista dalla [predetta] direttiva tra la Commissione e gli Stati membri, a norma della quale questi ultimi sono competenti ad elaborare un piano nazionale di assegnazione ed a prendere una decisione finale sulla quantità totale di quote da assegnare».

    64

    Occorre anzitutto ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, il principio della parità di trattamento impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato (v., in particolare, sentenza del 16 dicembre 2008, Arcelor Atlantique e Lorraine e a., C-127/07, Racc. pag. I-9895, punto 23).

    65

    La necessità di rispettare tale principio, tuttavia, non può modificare la ripartizione delle competenze tra gli Stati membri e la Commissione prevista da una disposizione dell’Unione. Orbene, come confermato al punto 49 della presente sentenza, l’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2003/87 conferisce alla Commissione soltanto un potere di controllo di legittimità dei piani nazionali di assegnazione, consentendole di respingere un piano non conforme ai criteri elencati nell’allegato III della direttiva 2003/87 o alle disposizioni dell’articolo 10 della stessa.

    66

    Quanto al grado del controllo in questione, il Tribunale ha giustamente rilevato, ai punti 68, 69, 75, 79 e 80 della sentenza impugnata, che gli Stati membri restano liberi di utilizzare i dati e i metodi di valutazione da loro scelti, sempre che questi non conducano a risultati non conformi a tali criteri o a tali disposizioni. Esercitando il proprio potere di controllo ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva di cui trattasi, la Commissione deve rispettare il margine di manovra di cui dispongono gli Stati membri. Pertanto, essa non può respingere un piano nazionale di assegnazione per il solo motivo che i dati inseriti in tale piano non sono conformi ai dati da essa privilegiati.

    67

    In tali condizioni, non può addebitarsi al Tribunale di aver ritenuto che la Commissione avesse l’obbligo di esaminare i dati inseriti dalla Repubblica di Estonia nel suo piano nazionale di assegnazione. Nell’ipotesi in cui la Commissione avesse avuto dubbi in ordine a tali dati, essa avrebbe dovuto sollecitare chiarimenti presso le autorità nazionali competenti, e persino dimostrare la difformità di tali dati rispetto ai criteri elencati all’allegato III della direttiva 2003/87.

    68

    Gli argomenti sollevati dalla Commissione sul carattere simultaneo del controllo dei piani nazionali di assegnazione non sono idonei a rimettere in discussione tale conclusione. Infatti, detti argomenti poggiano su una concezione errata del potere di controllo di cui essa dispone ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2003/87. Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 69 delle sue conclusioni, le eventuali differenze nei dati e nei metodi di valutazione adottati dagli Stati membri sono espressione del margine di manovra loro spettante, che la Commissione ha l’obbligo di rispettare nell’ambito del suo controllo di conformità.

    69

    In tale contesto, come dichiarato dal Tribunale al punto 89 della sentenza impugnata, va rilevato che la Commissione può adeguatamente assicurare la parità di trattamento degli Stati membri esaminando il piano presentato da ciascuno di essi col medesimo grado di diligenza. Si deve altresì rammentare che la Commissione ha il diritto di individuare un punto comune di raffronto tra i piani elaborati da ciascuno di detti Stati. Come rilevato dal Tribunale al punto 63 della sentenza impugnata, a questo fine essa può segnatamente elaborare «il suo proprio modello economico ed ecologico» fondato sui dati da essa scelti e servirsene come punto di raffronto per verificare se i piani nazionali di assegnazione siano compatibili con i criteri indicati nell’allegato III della direttiva 2003/87 o con l’articolo 10 della stessa.

    70

    In tali circostanze, la prima parte del secondo motivo deve essere respinta in quanto infondata.

    Sulla seconda parte del secondo motivo, vertente sulla violazione della finalità della direttiva 2003/87

    — Argomenti delle parti

    71

    La Commissione ritiene che, interpretando l’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2003/87, il Tribunale abbia disconosciuto lo scopo perseguito da quest’ultima. Essa nega di aver esorbitato dai limiti del suo potere di controllo ai sensi di detto articolo, avendo esaminato il PNA estone in base alla propria metodologia, avendo indicato una quantità specifica di quote di emissioni dei gas a effetto serra da assegnare, il cui superamento fosse considerato incompatibile con i criteri stabiliti dalla direttiva in esame, ed avendo di conseguenza respinto il PNA estone in quanto la quantità totale di quote ivi proposta eccedeva tale soglia.

    72

    I poteri di controllo di cui dispone la Commissione ai sensi di tale disposizione dovrebbero essere letti e interpretati alla luce degli obiettivi della direttiva 2003/87. Orbene, a norma del suo articolo 1, detta direttiva istituirebbe un sistema per lo scambio di quote di emissioni di gas a effetto serra nella Comunità al fine di promuovere la riduzione di dette emissioni secondo criteri di validità in termini di costi e di efficienza economica. Nella sua sentenza Arcelor Atlantique e Lorraine e a., citata, la Corte avrebbe riconosciuto che il fine ultimo di tale sistema è la protezione dell’ambiente e che questo sistema incoraggia e favorisce la realizzazione dei previsti abbattimenti delle emissioni al minor costo possibile. Da tale sentenza risulterebbe che detto obiettivo può essere conseguito solo allorché la domanda di quote supera l’offerta nel mercato di quote comunitarie. Inoltre, a termini del settimo considerando della direttiva 2003/87, l’istituzione dello stesso sistema dovrebbe contribuire a preservare l’integrità del mercato interno ed evitare distorsioni della concorrenza.

    73

    Diversamente da quanto dichiarato dal Tribunale nella sentenza impugnata, il controllo effettuato dalla Commissione in forza dell’articolo 9 della direttiva 2003/87 non potrebbe essere un controllo «fortemente circoscritto», limitato ad una mera verifica dei dati utilizzati dagli Stati membri nei loro piani nazionali di assegnazione. Tale controllo dovrebbe fondarsi su un approccio omogeneo, implicante l’uso da parte della Commissione dei dati relativi alle emissioni di CO2 dello stesso anno per tutti gli Stati membri e delle previsioni di crescita del PIL durante il periodo 2005-2010 disponibili nello stesso momento per tutti gli Stati in questione.

    74

    Ad avviso della Commissione, gli obiettivi della direttiva 2003/87 non possono essere conseguiti se la stessa non dispone del potere di fissare un tetto massimo di quote di emissione di gas ad effetto serra da assegnare. La sua posizione sarebbe altresì motivata da ragioni di economia procedurale.

    75

    Il Tribunale avrebbe a torto ritenuto che gli Stati membri dispongano di una competenza esclusiva nel fissare la quantità totale di quote di emissioni dei gas ad effetto serra da assegnare. Sarebbe possibile dimostrare ex post che il riconoscimento incondizionato dei dati di emissioni di CO2 indicati nel PNA estone, relativi agli anni precedenti al 2005, nonché la quantità totale di quote da assegnare proposta avrebbero condotto ad un risultato contrario non solo ai criteri nn. 1-3 dell’allegato III della direttiva 2003/87, ma anche all’obiettivo di tale direttiva, teso a ridurre le emissioni di CO2.

    76

    Inoltre, il Tribunale non avrebbe correttamente distinto la fissazione, da parte della Commissione, di un tetto massimo per la quantità totale di quote dalla fissazione della quantità di quote da assegnare da parte dello Stato membro.

    77

    La Repubblica di Estonia è dell’avviso che questa seconda parte del secondo motivo debba essere respinta. La Commissione non avrebbe in alcun modo dimostrato l’impossibilità di conformarsi all’obiettivo della direttiva 2003/87 rispetto alla ripartizione delle competenze tra gli Stati membri e la Commissione, come confermato dal Tribunale nella sentenza impugnata.

    — Giudizio della Corte

    78

    La seconda parte del secondo motivo riguarda i punti 59-66 della sentenza impugnata. Nell’ambito di tali punti il Tribunale ha ritenuto che la Commissione, fissando nella decisione controversa una specifica quantità di quote, il cui superamento fosse considerato incompatibile con i criteri stabiliti dalla direttiva 2003/87, e respingendo il PNA estone dal momento che la quantità totale di quote ivi proposta oltrepassava tale soglia, avesse ecceduto i limiti del proprio potere di controllo ai sensi degli articoli 9, paragrafi 1 e 3, nonché 11, paragrafo 2, della stessa direttiva. Tale parte verte altresì sulla conclusione cui è giunto il Tribunale, secondo cui la Commissione aveva oltrepassato tali limiti utilizzando, nella valutazione della PNA estone, dati propri e un proprio metodo. Così operando, il Tribunale avrebbe interpretato l’articolo 9, paragrafo 3, della suddetta direttiva in violazione degli obiettivi da questa perseguiti.

    79

    A questo proposito si deve ricordare che l’obiettivo principale dichiarato dalla direttiva 2003/87 consiste nel ridurre sostanzialmente le emissioni dei gas a effetto serra per poter rispettare gli impegni dell’Unione e degli Stati membri alla luce del Protocollo di Kyoto. Questo obiettivo deve essere perseguito nel rispetto di una serie di sotto-obiettivi e mediante il ricorso a determinati strumenti. Lo strumento principale a questo fine è costituito dal sistema comunitario per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra, come risulta dall’articolo 1 della direttiva 2003/87 e dal secondo considerando della stessa. Tale articolo 1 afferma, infatti, che detto sistema favorisce la riduzione di dette emissioni secondo criteri di validità in termini di costi e di efficienza economica. Gli altri sotto-obiettivi ai quali deve essere conforme tale sistema sono, in particolare, come indicato al quinto e al settimo considerando della stessa direttiva, la preservazione dello sviluppo economico e dell’occupazione nonché dell’integrità del mercato interno e delle condizioni di concorrenza.

    80

    Nel caso specifico, anche supponendo che l’approccio proposto dalla Commissione sia tale da migliorare il funzionamento del sistema di scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra dell’Unione e consenta così di conseguire più efficacemente l’obiettivo volto a ridurre, in modo sostanziale, le emissioni di gas ad effetto serra, tale circostanza non potrebbe modificare la ripartizione delle competenze tra gli Stati membri e la Commissione prevista dagli articoli 9 e 11 della direttiva 2003/87.

    81

    Difatti, in un settore di competenza ripartita, come quello della tutela dell’ambiente, spetta al legislatore dell’Unione stabilire le misure che esso reputa necessarie per il conseguimento degli obiettivi prefissi, nel rispetto, al tempo stesso, dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità sanciti dall’articolo 5 CE.

    82

    La volontà del legislatore dell’Unione di conferire alla Commissione esclusivamente un potere di controllo di conformità dei piani nazionali di assegnazione rispetto ai criteri stabiliti nell’allegato III della direttiva 2003/87 e dell’articolo 10 della stessa, e non già un potere di sostituzione o di uniformizzazione, che includa il potere di fissare una quantità massima di quote di emissioni dei gas ad effetto serra da assegnare, risulta sia dall’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2003/87 che dai lavori preparatori della direttiva stessa. Pertanto, ritenere che la Commissione possa fissare una siffatta quantità massima andrebbe al di là dei limiti di un’interpretazione teleologica di detta direttiva ed equivarrebbe a conferire a tale istituzione poteri privi di qualsivoglia fondamento giuridico.

    83

    Come già emerso dal punto 51 della presente sentenza, quindi, il Tribunale ha correttamente dichiarato, al punto 54 della sentenza impugnata, che dall’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2003/87 discende inequivocabilmente che il ruolo della Commissione è limitato ad un controllo della conformità del piano nazionale di assegnazione di uno Stato membro rispetto ai criteri enunciati all’allegato III di detta direttiva e alle disposizioni dell’articolo 10 della stessa. Esso ha giustamente ritenuto che la Commissione sia autorizzata a verificare tale conformità e a respingere il piano nazionale di assegnazione in caso di incompatibilità con detti criteri e dette disposizioni, dato che detto Stato membro, in tale ipotesi, può adottare una decisione sul fondamento dell’articolo 11, paragrafo 2, della predetta direttiva solo se le modifiche da esso proposte sono state accettate dall’istituzione in questione.

    84

    A questo proposito occorre rilevare che il legislatore dell’Unione, l’unico competente ad apportare modifiche alla direttiva 2003/87, ha ritenuto necessario emendare l’articolo 9 della stessa mediante la direttiva 2009/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, che modifica la direttiva 2003/87/CE al fine di perfezionare ed estendere il sistema comunitario per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra (GU L 140, pag. 63). Tale direttiva di modifica prevede l’istituzione di un sistema più armonizzato al fine di meglio sfruttare gli scambi di quote, evitare distorsioni del mercato interno e agevolare la creazione di connessioni fra i diversi sistemi di scambio.

    85

    Per quanto attiene all’affermazione della Commissione secondo cui sarebbe possibile dimostrare ex post che il riconoscimento incondizionato dei dati di emissioni di CO2 e della quantità totale di quote di emissione di gas ad effetto serra, indicati nel PNA estone, avrebbe condotto ad un risultato contrario ai criteri nn. 1-3 dell’allegato III della direttiva 2003/87, tale affermazione è fondata su un’interpretazione errata della sentenza impugnata. Infatti, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 80 delle sue conclusioni, il Tribunale ha ammesso che la Commissione può respingere un piano nazionale di assegnazione che non sia conforme ai criteri elencati in tale allegato o all’articolo 10 della stessa e, quindi, non ha affermato che la Commissione dovesse riconoscere incondizionatamente i dati inseriti nel PNA estone.

    86

    Quanto all’argomento della Commissione secondo il quale, nell’interesse dell’economia procedurale, occorrerebbe riconoscerle il potere di fissare il livello massimo di quantità di quote di emissioni dei gas a effetto serra da assegnare, è senz’altro vero che un simile approccio ridurrebbe il rischio dell’adozione delle successive decisioni di rigetto di piani nazionali di assegnazione per incompatibilità con i criteri elencati nell’allegato III della direttiva 2003/87 o con l’articolo 10 di questa. In tale contesto, tuttavia, va sottolineato che la Commissione non esorbita dalle proprie competenze se dichiara, nel dispositivo di una decisione di rigetto di un piano e senza determinare in modo vincolante la quantità massima di tali quote, che essa non respingerà le modifiche apportate a tale piano ove esse siano conformi alle proposte e alle raccomandazioni fatte nell’ambito di tale decisione di rigetto. Un simile modus procedendi è conforme al principio di leale cooperazione tra gli Stati membri e la Commissione e risponde altresì ad obiettivi di economia procedurale.

    87

    Ne consegue che la Commissione non può fondatamente sostenere che il Tribunale, con la propria interpretazione dell’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2003/87, abbia violato gli obiettivi perseguiti da quest’ultima. Pertanto, la seconda parte del secondo motivo deve essere respinta in quanto infondata.

    88

    Dato che le censure sollevate dalla Commissione contro le considerazioni generali del Tribunale in merito alla ripartizione delle competenze tra gli Stati membri e la Commissione di cui alla direttiva 2003/87 sono state respinte e le due parti del secondo motivo non sono state accolte, detto motivo deve essere respinto in quanto infondato.

    Sul terzo motivo, vertente su un errore di diritto nell’interpretazione del principio di buona amministrazione

    Argomenti delle parti

    89

    La Commissione addebita al Tribunale di aver commesso un errore di diritto nell’interpretazione del principio di buona amministrazione nel valutare il quarto motivo di ricorso, vertente sulla violazione di tale principio.

    90

    Per analizzare la questione se il PNA estone fosse compatibile con il criterio n. 3 dell’allegato III della direttiva 2003/87, ossia se un accantonamento di quote stabilito in conformità all’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della decisione 2006/780 fosse incluso o meno nella quantità totale di quote da assegnare, la Commissione avrebbe potuto legittimamente fondarsi sui dati utilizzati per tutti i piani nazionali di assegnazione degli Stati membri. La motivazione dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione controversa sarebbe, a questo riguardo, sufficiente, pertinente e adeguata. Il Tribunale, a torto, avrebbe ritenuto che la Commissione avesse fondato la motivazione di tale decisione su propri dati a detrimento di quelli della Repubblica di Estonia.

    91

    A causa dell’ambiguità del PNA estone in merito all’inclusione di talune parti degli accantonamenti nella quantità totale di quote di emissioni dei gas ad effetto serra da assegnare, la Commissione avrebbe potuto legittimamente considerare la quantità totale proposta in tale piano come incompatibile con i tre criteri dell’allegato III della direttiva 2003/87. Il Tribunale stesso avrebbe riconosciuto, al punto 107 della sentenza impugnata, tale ambiguità.

    92

    La Repubblica di Estonia conclude per il rigetto di tale motivo. Gli argomenti della Commissione discenderebbero da una lettura erronea della sentenza impugnata. Esaminando il quarto motivo di ricorso, il Tribunale non si sarebbe pronunciato sulla questione se la Commissione potesse legittimamente usare i propri dati per valutare la presa in considerazione degli accantonamenti di quote, ma si sarebbe limitato a verificare se la stessa avesse esaminato, con cura ed imparzialità, tutti gli elementi del caso di specie.

    Giudizio della Corte

    93

    Tale motivo dell’impugnazione, che concerne i punti 99-112 della sentenza impugnata, verte sulla fondatezza della conclusione del Tribunale secondo cui la Commissione, non avendo adeguatamente esaminato il PNA estone e, in particolare, i suoi allegati 1 e 3, al fine di valutare se un accantonamento di quote stabilito conformemente all’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della decisione 2006/780 fosse stato preso in considerazione nel calcolo della quantità totale di quote da assegnare, avrebbe violato il principio di buona amministrazione.

    94

    Contrariamente a quanto sostiene la Commissione, nell’ambito dei suddetti punti della sentenza impugnata il Tribunale non ha affrontato la questione se essa potesse fondarsi sui propri dati per valutare se un tale accantonamento fosse stato preso in considerazione o meno. Come giustamente rilevato dalla Repubblica di Estonia, detto giudice si è limitato a verificare se la Commissione avesse analizzato i dati presentati da tale Stato membro nel suo piano nazionale di assegnazione nel rispetto del principio di buona amministrazione.

    95

    Anzitutto, al punto 99 di detta sentenza il Tribunale ha ricordato che, tra le garanzie offerte dall’ordinamento giuridico dell’Unione nei procedimenti amministrativi, figura in particolare il principio di buona amministrazione, al quale si ricollega l’obbligo per l’istituzione competente di esaminare con cura e imparzialità tutti gli elementi pertinenti della fattispecie (v., in particolare, sentenza del 21 novembre 1991, Technische Universität München, C-269/90, Racc. pag. I-5469, punto 14).

    96

    Per quanto riguarda i valori presentati dalla Repubblica di Estonia nel suo piano nazionale di assegnazione, il Tribunale ha quindi ammesso, ai punti 103-108 della sentenza impugnata, che essi sembrassero coerenti e comprensibili. Da ultimo, ai punti 109-111 della suddetta sentenza, esso ha valutato se, tenuto conto di tali valori, la Commissione avesse esaminato, con cura e imparzialità, tutti gli elementi pertinenti del caso di specie. In primo luogo, detto giudice ha rilevato che la conclusione della Commissione, secondo cui le quote contenute negli accantonamenti in questione non fossero state incluse nella quantità totale delle quote di emissione di gas a effetto serra da assegnare, non sembrava poter essere conciliata con gli elementi del fascicolo. In secondo luogo, il Tribunale ha ritenuto che la Commissione fosse tenuta a chiarire su quale base essa fosse giunta alla conclusione che il PNA estone non fosse conforme al criterio n. 3 dell’allegato III della direttiva 2003/87. Esso ne ha dedotto che la Commissione non avesse dimostrato sotto quale profilo i calcoli contenuti in tale piano fossero affetti da errori.

    97

    Quanto all’asserzione della Commissione secondo cui il Tribunale stesso avrebbe ammesso che il PNA estone fosse ambiguo, è vero che, al punto 107 della sentenza impugnata, il Tribunale ha constatato che tale piano risultava ambiguo relativamente alla mancata inclusione di una parte degli accantonamenti nella quantità totale di quote, dal momento che le ragioni per cui la Repubblica di Estonia aveva ritenuto necessario defalcare tale parte degli accantonamenti dalla quantità totale di quote non sarebbero emerse dagli allegati del piano in discussione.

    98

    Tale unico elemento, tuttavia, non può implicare che il PNA estone potesse essere considerato incompatibile con i criteri elencati nell’allegato III della direttiva 2003/87. Infatti, la presenza di un elemento ambiguo in un piano nazionale di assegnazione non può, di per sé sola, condurre al rigetto di tale piano.

    99

    In forza tanto dell’articolo 9, paragrafo 3, di tale direttiva quanto del principio di cooperazione leale tra la Commissione e gli Stati membri e del principio di buona amministrazione, detta istituzione deve adottare le misure necessarie per determinare se tale ambiguità sia contraria o risponda ai criteri elencati nella direttiva in questione. In tale contesto, la Commissione deve valutare tutte le informazioni contenute nel piano nazionale di assegnazione da essa esaminato e, se del caso, chiedere chiarimenti presso le autorità nazionali competenti.

    100

    Pertanto, il motivo in esame si fonda su una lettura errata della sentenza impugnata e, quindi, deve essere respinto.

    Sul quarto motivo, vertente su un errore di diritto nell’analisi del carattere non separabile dell’articolo 1, paragrafi 1 e 2, dell’articolo 2, paragrafi 1 e 2, nonché dell’articolo 3, paragrafo 1, della decisione controversa

    Argomenti delle parti

    101

    La Commissione lamenta che il Tribunale ha ritenuto che l’articolo 1, paragrafi 1 e 2, l’articolo 2, paragrafi 1 e 2, nonché l’articolo 3, paragrafo 1, della decisione controversa non fossero separabili dalle altre disposizioni della decisione controversa e ha conseguentemente annullato tale decisione nella sua totalità.

    102

    La sentenza impugnata sarebbe fondata su un’erronea comprensione del carattere separabile delle disposizioni degli atti dell’Unione nonché su un’interpretazione errata della giurisprudenza, citata dal Tribunale al punto 28 della sentenza impugnata, e della decisione controversa. Secondo la Commissione, in ossequio a giurisprudenza costante il requisito della separabilità non è soddisfatto quando l’annullamento parziale di un atto produrrebbe l’effetto di modificare la sostanza dell’atto medesimo. Tuttavia, ciò non varrebbe per qualsivoglia modifica del contenuto dell’atto. Difatti, modificare la sostanza di un atto significherebbe trasformare lo stesso in un atto che il suo autore non avrebbe avuto l’intenzione di adottare o non avrebbe adottato.

    103

    L’articolo 1, paragrafi 1 e 2, l’articolo 2, paragrafi 1 e 2, nonché l’articolo 3, paragrafo 1, della decisione controversa riguarderebbero la quantità totale di quote di emissioni dei gas a effetto serra da assegnare (criteri nn. 1-3 dell’allegato III della direttiva 2003). Tali articoli sarebbero certamente connessi tra loro, ma separabili dalle altre disposizioni di detta decisione. Gli articoli 1, paragrafo 3, e 2, paragrafo 3, della medesima decisione si riferirebbero ad un’assegnazione eccessiva di siffatte quote a determinate imprese (criterio n. 5 del suddetto allegato), mentre gli articoli 1, paragrafo 4, e 2, paragrafo 4, della stessa avrebbero ad oggetto la mancanza di informazioni sufficienti sui nuovi entranti (criterio n. 6 dello stesso allegato).

    104

    Il ragionamento del Tribunale poggerebbe, da un lato, sulla constatazione dell’esistenza di un parallelismo tra i paragrafi degli articoli 1 e 2 della decisione controversa, rilievo condiviso dalla Commissione, e, dall’altro, su un’errata interpretazione della portata dell’articolo 2 della stessa. La portata di quest’ultima disposizione dovrebbe essere valutata alla luce dell’articolo 1, e non viceversa.

    105

    All’articolo 1 della decisione controversa figurerebbe l’elenco degli elementi della PNA estone che la Commissione giudica contrari ai criteri elencati nell’allegato III della direttiva 2003/87. L’articolo 2 di essa conterrebbe una serie di suggerimenti al fine di porre rimedio a ciascuna delle incompatibilità rilevate all’articolo 1. Le incompatibilità descritte ai paragrafi 1 e 2 di questi due articoli sarebbero diverse e indipendenti da quelle rilevate ai paragrafi 3 e 4 degli stessi. Tali paragrafi, o quanto meno questi due gruppi di paragrafi, sarebbero pertanto scindibili.

    106

    Dalla struttura e dalla motivazione della decisione controversa risulterebbe chiaramente che ciascun paragrafo dell’articolo 2 della stessa ha un nesso indissolubile con il paragrafo corrispondente dell’articolo 1 di essa, e non già con le altre disposizioni dello stesse articolo 2. Lo stesso potrebbe affermarsi per quanto riguarda le disposizioni dell’articolo 1.

    107

    Se la Commissione si è impegnata a non sollevare obiezioni nell’esame di un altro piano nazionale di assegnazione contenente tutti i suggerimenti indicati all’articolo 2 della decisione controversa, non per questo tali suggerimenti costituirebbero un tutt’uno indissolubile. Se venisse ritenuto che una o più delle incompatibilità illustrate all’articolo 1 di tale decisione non fossero da considerare tali, i suggerimenti corrispondenti all’articolo 2 non avrebbero più ragion d’essere. Tuttavia, le altre disposizioni di quest’ultimo articolo rimarrebbero applicabili.

    108

    In simili condizioni, l’annullamento dell’articolo 1, paragrafi 1 e 2, dell’articolo 2, paragrafi 1 e 2, nonché dell’articolo 3, paragrafo 1, della decisione controversa non poteva, a giudizio della Commissione, modificare la sostanza di detta decisione. Tali diverse disposizioni potrebbero del resto essere anche considerate come più decisioni raggruppate in un unico atto normativo.

    109

    La Repubblica di Estonia chiede alla Corte di respingere tale motivo. Sussisterebbe un nesso indissolubile tra, da un lato, i criteri nn. 1-3 dell’allegato III della direttiva 2003/87, che si riferiscono alla quantità che può essere stabilita a titolo di quantità totale di quote di emissione di gas a effetto serra, e, dall’altro, i criteri nn. 5 e 6 di detto allegato. Tale quantità totale e il modo in cui il PNA estone sarebbe modificato in funzione di detti ultimi criteri sarebbero collegati l’uno con l’altro. La sostanziale diminuzione della predetta quantità ad opera della Commissione, in forza dell’articolo 1 e dell’articolo 2, paragrafo 1, della decisione controversa, influirebbe tanto sul trattamento favorevole concesso a talune imprese dalle misure adottate in uno stadio precoce (criterio n. 5 dell’allegato III di tale direttiva) quanto sulle suddette quote per i nuovi entranti (criterio n. 6 dello stesso allegato).

    Giudizio della Corte

    110

    Il quarto motivo dell’impugnazione concerne i punti 31-34 e 114 della sentenza impugnata, che vertono sulla questione se l’articolo 1, paragrafi 1 e 2, l’articolo 2, paragrafi 1 e 2, nonché l’articolo 3, paragrafo 1, della decisione controversa siano separabili o meno dal resto di tale decisione e se, quindi, il Tribunale abbia giustamente annullato tale decisione nella sua totalità.

    111

    Come il Tribunale ha rammentato al punto 28 della sentenza impugnata, l’annullamento parziale di un atto dell’Unione è possibile solo se gli elementi di cui è chiesto l’annullamento sono separabili dal resto dell’atto (v., in particolare, sentenze del 10 dicembre 2002, Commissione/Consiglio, C-29/99, Racc. pag. I-11221, punto 45, e del 24 maggio 2005, Francia/Parlamento e Consiglio, C-244/03, Racc. pag. I-4021, punto 12; v., in questo senso, sentenza del 21 gennaio 2003, Commissione/Parlamento e Consiglio, C-378/00, Racc. pag. I-937, punto 30). La Corte ha del pari dichiarato a più riprese che tale requisito della separabilità non è soddisfatto quando l’annullamento parziale di un atto produrrebbe l’effetto di modificare la sostanza dell’atto medesimo (sentenze del 31 marzo 1998, Francia e a./Commissione, C-68/94 e C-30/95, Racc. pag. I-1375, punto 257; Commissione/Consiglio, cit., punto 46, e Francia/Parlamento e Consiglio, cit., punto 13).

    112

    Nella specie, la verifica della separabilità dell’articolo 1, paragrafi 1 e 2, dell’articolo 2, paragrafi 1 e 2, nonché dell’articolo 3, paragrafo 1, della decisione controversa dal resto di tale decisione presuppone l’esame della portata di tali disposizioni, al fine di poter valutare se il loro annullamento modificherebbe lo spirito e la sostanza della decisione (v., in tal senso, sentenza del 27 giugno 2006, Parlamento/Consiglio, C-540/03, Racc. pag. I-5769, punto 29).

    113

    Va ricordato che le disposizioni della decisione impugnata sono il risultato di una valutazione negativa effettuata dalla Commissione in merito al PNA estone notificato dalla Repubblica di Estonia. L’articolo 1 di detta decisione elenca diverse incompatibilità di detto piano con uno o più criteri di cui all’allegato III della direttiva 2003/87. L’articolo 2 di essa contiene l’impegno della Commissione a non sollevare obiezioni al piano che sarà adottato in esito a tale decisione di rigetto, purché lo Stato membro interessato apporti le modifiche elencate ai paragrafi 1-4 di detto articolo. Quanto all’articolo 3 della decisione controversa, il suo paragrafo 1 disciplina la fissazione di un accantonamento di quote e i suoi paragrafi 2 e 3 contengono precisazioni relative all’attuazione delle altre disposizioni della decisione di cui trattasi.

    114

    Per quanto concerne più in particolare il rapporto tra, da un lato, l’articolo 1, paragrafo 1, l’articolo 2, paragrafo 1, nonché l’articolo 3, paragrafo 1, della decisione controversa e, dall’altro, le altre disposizioni di quest’ultima, si deve necessariamente rilevare che, pur riferendosi a differenti aspetti del PNA estone e a differenti criteri elencati nell’allegato III della direttiva 2003/87, dette disposizioni formano un’unità indissolubile.

    115

    Da una parte, non può negarsi che la fissazione della quantità totale di quote di emissione di gas a effetto serra da assegnare (criteri nn. 1-3 dell’allegato III della direttiva 2003/87), prevista dall’articolo 1, paragrafo 1, dall’articolo 2, paragrafo 1, e dall’articolo 3, paragrafo 1, della decisione controversa, costituisca l’elemento principale dei piani nazionali di assegnazione e sia strettamente correlata agli altri elementi di tali piani.

    116

    Dall’altra parte, come ha giustamente rilevato il Tribunale rispettivamente ai punti 29 e 30 della sentenza impugnata, l’eventuale annullamento di una parte soltanto dei paragrafi dell’articolo 1 della decisione controversa «avrebbe la conseguenza di ridurre il numero delle incompatibilità con la direttiva [2003/87] constatate nella decisione [controversa]». Quanto ad un eventuale annullamento di taluni paragrafi dell’articolo 2 della decisione in questione, esso «avrebbe la conseguenza di mantenere in vigore l’impegno della Commissione di non sollevare obiezioni al piano nazionale di assegnazione, riducendo al tempo stesso il numero di modifiche sotto riserva delle quali tale impegno è stato inizialmente preso».

    117

    Orbene, nella suddetta decisione non vi sono elementi che consentano di ritenere che il PNA estone potesse essere considerato compatibile con la direttiva 2003/87 senza che vi venissero apportate tutte le modifiche elencate in quest’ultima disposizione.

    118

    Invero, come giustamente rilevato dal Tribunale al punto 32 della sentenza impugnata, un annullamento di una parte soltanto dei paragrafi dell’articolo 2 «comporterebbe la sostituzione alla decisione [controversa], secondo cui il [PNA estone] poteva essere adottato con riserva di quattro modifiche specifiche dirette a porre rimedio a quattro incompatibilità con i criteri di cui all’allegato III [della direttiva 2003/87], di una decisione diversa ai sensi della quale tale piano potrebbe essere adottato con riserva di un numero meno considerevole di modifiche».

    119

    Alla luce di tali elementi, si deve constatare che il Tribunale ha dichiarato giustamente, al punto 31 della sentenza impugnata, che un annullamento di uno dei paragrafi dell’articolo 1 della decisione controversa così come quello del corrispondente paragrafo dell’articolo 2 di tale decisione avrebbero l’effetto di modificare la sostanza stessa di questa.

    120

    Quanto all’articolo 3, paragrafi 2 e 3, della decisione impugnata, è sufficiente rilevare che le disposizioni in parola racchiudono precisazioni riguardanti l’attuazione di altre disposizioni della decisione controversa. Pertanto, dal momento che l’articolo 1, paragrafi 1 e 2, l’articolo 2, paragrafi 1 e 2, nonché l’articolo 3, paragrafo 1, della decisione controversa sono annullati, l’articolo 3, paragrafi 2 e 3, è privo d’oggetto.

    121

    Tali conclusioni non possono essere inficiate dall’affermazione della Commissione secondo cui modificare la sostanza di un atto dell’Unione significherebbe esclusivamente trasformare lo stesso in un atto che il suo autore non avrebbe avuto l’intenzione di adottare o non avrebbe adottato. A questo proposito è sufficiente rilevare che la questione se un annullamento parziale modifichi o meno la sostanza dell’atto dell’Unione costituisce un criterio oggettivo e non un criterio soggettivo, legato alla volontà politica dell’autorità che ha adottato l’atto controverso (v. sentenze del 30 settembre 2003/87, Germania/Commissione, C-239/01, Racc. pag. I-10333, punto 37, nonché Francia/Parlamento e Consiglio, cit., punto 14).

    122

    Da quanto precede risulta che la sentenza del Tribunale non è viziata da un errore di diritto nella parte in cui il Tribunale dichiara che l’articolo 1, paragrafi 1 e 2, l’articolo 2, paragrafi 1 e 2, nonché l’articolo 3, paragrafo 1, della decisione controversa non sono separabili dalle altre disposizioni di tale decisione e annulla, conseguentemente, detta decisione nella sua totalità. Pertanto, il quarto motivo è infondato.

    123

    Dal momento che nessuno dei motivi fatti valere dalla Commissione è stato accolto, l’impugnazione deve essere respinta.

    Sulle spese

    124

    Ai sensi dell’articolo 69, paragrafo 2, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 118 del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Repubblica di Estonia ne ha fatto domanda, la Commissione, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese.

    125

    Ai sensi del paragrafo 4, primo comma, del suddetto articolo 69, la Repubblica ceca, il Regno di Danimarca e la Repubblica di Lettonia, intervenuti nella controversia, sopporteranno le proprie spese.

     

    Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:

     

    1)

    L’impugnazione è respinta.

     

    2)

    La Commissione europea è condannata alle spese.

     

    3)

    La Repubblica ceca, il Regno di Danimarca e la Repubblica di Lettonia sopporteranno le proprie spese.

     

    Firme


    ( *1 ) Lingua processuale: l’estone.

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