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Document 52018IE4753

Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Questioni della parità di genere»(parere d’iniziativa)

EESC 2018/04753

GU C 240 del 16.7.2019, p. 3–9 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

16.7.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 240/3


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Questioni della parità di genere»

(parere d’iniziativa)

(2019/C 240/02)

Relatrice: Indrė VAREIKYTĖ

Decisione dell’Assemblea plenaria

20.9.2018

Base giuridica

Articolo 32, paragrafo 2, del Regolamento interno

Parere d’iniziativa

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

24.4.2019

Adozione in sessione plenaria

15.5.2019

Sessione plenaria n.

543

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

200/4/7

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato ritiene che l’uguaglianza di genere sia una questione che riguarda la società nel suo insieme, e che solo una società in cui vige la parità genere possa essere forte sul piano economico e sociale. Pertanto, che le donne e gli uomini siano trattati allo stesso modo e abbiano pari opportunità è un imperativo economico e sociale.

1.2.

Sebbene la parità di genere sia uno degli obiettivi fondamentali dell’UE, il CESE si rammarica del fatto che al ritmo attuale occorreranno oltre 100 anni per conseguirla, in particolare se i progressi sono ulteriormente ostacolati da un regresso nei settori più importanti dello sviluppo e da un rallentamento generale della crescita economica.

1.3.

Il Comitato ritiene che l’UE e gli Stati membri debbano compiere ogni sforzo per conseguire l’obiettivo di sviluppo sostenibile 5 sull’uguaglianza di genere entro il 2030. Chiede quindi una strategia quinquennale dell’UE integrata e ambiziosa in materia di parità di genere (1), che abbracci il prossimo mandato della Commissione e del Parlamento europeo, e un forte impegno a favore della parità di genere da parte delle istituzioni dell’UE, dei governi, della società civile e del settore privato, per affrontare in modo olistico ed efficace tutti gli aspetti dell’uguaglianza nello stesso momento e con misure di pari impatto.

1.4.

Il CESE chiede che la parità di genere rimanga un obiettivo a sé stante nei futuri quadri finanziari, con un chiaro impegno a favore della parità di genere e dell’integrazione della dimensione di genere nonché con l’inclusione di indicatori di genere, di una valutazione d’impatto di genere e di un bilancio di genere in tutti i programmi e settori di intervento. La dimensione di genere dovrebbe altresì essere integrata nelle raccomandazioni specifiche per paese.

1.5.

Il CESE invita la Commissione europea a lanciare un pacchetto sui servizi di assistenza per promuovere l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali e a rivedere gli obiettivi di Barcellona in materia di assistenza all’infanzia.

1.6.

Il CESE condanna tutte le forme di violenza nei confronti delle donne e incoraggia gli Stati membri che non hanno ancora ratificato la Convenzione di Istanbul a riconsiderare la loro posizione. Il CESE invita inoltre la Commissione ad aggiungere le molestie online e il mobbing nei confronti delle donne alla definizione di illecito incitamento all’odio. Si dovrebbero definire degli indicatori a livello UE per raccogliere dati comparabili sulla violenza contro le donne, poiché ciò favorirebbe la messa a punto di politiche efficaci.

1.7.

Il Comitato osserva che la discussione sulla direttiva relativa alla presenza delle donne nei consigli di amministrazione rimane nel programma della presidenza rumena del Consiglio dell’UE con l’obiettivo di aumentare la partecipazione delle donne agli organi decisionali. Invita il Consiglio a proseguire gli sforzi e a portare avanti la discussione sulla suddetta direttiva, ed esorta altresì l’industria ad assumere un ruolo guida e ad aumentare la presenza delle donne nei posti decisionali di alto livello.

1.8.

Il CESE chiede che siano adottati provvedimenti efficaci per garantire pari opportunità per le donne e gli uomini nel mercato del lavoro, in particolare misure volte a colmare il divario retributivo di genere, nonché per combattere la segregazione orizzontale e verticale di genere nelle varie professioni.

1.9.

Propone inoltre di istituire un fondo legale d’emergenza a livello dell’Unione, che offra sostegno alle organizzazioni della società civile che contestano nei tribunali la legislazione nazionale o locale che viola i diritti delle donne.

1.10.

Il Comitato riconosce il ruolo svolto dai media, dalla pubblicità e dai modelli di riferimento pubblici nella promozione della parità di genere e chiede l’adozione di misure volte a garantire che la pubblicità abbia un impatto positivo, piuttosto che negativo, in termini di rappresentazione e promozione della parità di genere nella società.

1.11.

Il CESE invita le istituzioni pubbliche e le organizzazioni della società civile di tutta l’UE a promuovere la parità di genere con le loro politiche e azioni esterne e a introdurre misure interne esemplari, come la promozione delle donne nei processi decisionali e l’integrazione della parità di genere in tutte le loro politiche e procedure.

1.12.

Con riferimento all’articolo 300, paragrafo 5, del TFUE, il CESE invita il Consiglio a rivedere gli orientamenti per la nomina dei membri del Comitato stesso e raccomanda che gli Stati membri scelgano i candidati da proporre per tale carica sulla base della parità di genere. Il Comitato si adopererà per garantire la parità di genere nel proprio funzionamento, integrare la parità di genere nel proprio processo lavorativo e istituire un gruppo di monitoraggio («follow-up group») al fine di elaborare orientamenti adeguati.

2.   Osservazioni generali

2.1.

La parità tra donne e uomini è un valore e un obiettivo fondamentale dell’Unione europea, sancito dai Trattati europei e dalla Carta dei diritti fondamentali e riaffermato più di recente nel pilastro europeo dei diritti sociali. Oltre al proprio quadro legislativo e politico teso a conseguire la parità di genere, l’Unione europea sostiene l’attuazione della piattaforma d’azione di Pechino e della Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, nonché del programma d’azione della Conferenza internazionale sulla popolazione e lo sviluppo e dei risultati delle loro conferenze di revisione.

2.2.

Sebbene in Europa esistano numerose iniziative positive per affrontare i diversi aspetti delle disuguaglianze di genere, i fattori di promozione di una reale parità, soprattutto all’interno degli Stati membri e delle regioni, sono complessi e multiformi. Nonostante i progressi generali compiuti, il CESE si rammarica del fatto che, al ritmo attuale, occorreranno più di 100 anni per realizzare la parità di genere nell’UE. Il CESE ha chiesto una strategia globale per la sostenibilità nell’attuazione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. In tale contesto, il Comitato ritiene che l’UE e gli Stati membri debbano compiere ogni sforzo per conseguire l’obiettivo di sviluppo sostenibile 5 sull’uguaglianza di genere entro il 2030.

2.3.

Il CESE esprime inoltre preoccupazione per il rischio che i progressi futuri in materia di parità di genere siano ostacolati dai passi indietro riscontrati in alcuni Stati membri nelle aree di emancipazione economica delle donne (occupazione, equilibrio tra vita professionale e vita privata, diritti sociali, assistenza), nel campo dell’istruzione, della salute e dei diritti in ambito sessuale e riproduttivo, della violenza contro le donne e delle ONG per la difesa delle donne, nonché nei settori chiave del quadro istituzionale e politico dell’UE e dei suoi Stati membri.

2.4.

Si prevede inoltre un rallentamento della crescita economica di numerosi paesi europei, con il conseguente rischio che l’uguaglianza di genere perda ulteriormente di importanza nell’agenda degli Stati membri e delle imprese. È importante che gli effetti di genere delle politiche macroeconomiche siano pienamente valutati e presi in considerazione nell’elaborazione, tra le altre cose, delle politiche di bilancio e delle politiche in materia di protezione sociale e di equilibrio tra attività professionale e vita privata, in modo da non aggravare ulteriormente le disparità di genere esistenti.

2.5.

Il Comitato ritiene che la promozione e la garanzia di un’attuazione efficace delle politiche dell’UE in materia di parità di genere richiedano una nuova strategia quinquennale per la parità di genere nell’arco del prossimo mandato della Commissione e del Parlamento europeo e un rinnovato impegno a favore della parità di genere da parte dei governi, della società civile, del settore privato e delle istituzioni europee. Ciò non solo è necessario per garantire una società giusta ed equa, ma costituisce anche la migliore risposta collettiva per combattere i movimenti populisti discriminatori e misogini che attualmente sfidano le società democratiche.

2.6.

L’opinione pubblica condivide a tale riguardo il punto di vista del CESE, in quanto la maggioranza degli europei ritiene che la parità di genere sia fondamentale per una società equa e democratica (91 %), per l’economia (87 %) e a livello personale (84 %). Inoltre, in soli due anni (2016-2018), la percentuale di cittadini europei che auspica un intervento più incisivo dell’UE in tale settore politico è aumentata del 10 % (passando dal 55 % al 65 %).

2.7.

In tale ottica, il Comitato si rammarica del fatto che per il periodo 2014-2020 l’importo complessivo dei finanziamenti dell’Unione destinati alle misure per la parità di genere ammonti soltanto a 6,17 miliardi di EUR, pari a circa lo 0,6 % della dotazione globale. Il CESE chiede che la parità di genere rimanga un obiettivo a sé stante nei futuri quadri finanziari, i quali devono altresì evidenziare un chiaro impegno a favore della parità di genere e dell’integrazione della dimensione di genere e includere indicatori di genere, una valutazione d’impatto di genere e un bilancio di genere a livello nazionale e dell’UE. L’attenzione all’integrazione della dimensione di genere e la messa a disposizione di fondi specifici a favore delle misure per la parità di genere dovrebbero figurare non soltanto nei programmi che affrontano le questioni relative all’occupazione e all’inclusione sociale o ai diritti umani fondamentali (quali, ad esempio, il Fondo sociale europeo, il programma «Diritti, uguaglianza e cittadinanza», il Fondo Asilo, migrazione e integrazione e il programma dell’Unione europea per l’occupazione e l’innovazione sociale), ma anche in settori politici che non sono percepiti come direttamente connessi alla parità di genere, ma che potrebbero avere un impatto rilevante sotto questo profilo, quali, ad esempio, le TIC, i trasporti, lo sviluppo urbano e rurale, le imprese, il sostegno agli investimenti, lo sviluppo sostenibile e le politiche ambientali. La dimensione della parità di genere, valutata sulla base dell’indice sull’uguaglianza di genere, dovrebbe diventare parte integrante del processo del semestre europeo, ivi comprese le relazioni per paese e le raccomandazioni specifiche per paese.

2.8.

Alla luce del recente aumento delle rivelazioni nell’ambito della campagna #MeToo, il Comitato si congratula con il Mediatore europeo per aver raccomandato l’adozione di un codice di condotta più severo in tutte le istituzioni dell’UE, e ritiene che esso debba essere rapidamente adattato e adottato dalle istituzioni pubbliche degli Stati membri.

2.9.

Il CESE invita le istituzioni pubbliche e le organizzazioni della società civile di tutta l’Unione europea non soltanto a promuovere la parità di genere nelle loro politiche e azioni esterne, ma anche a introdurre misure interne esemplari, ad esempio promuovendo le donne nell’ambito dei processi decisionali e integrando la parità di genere in tutte le loro politiche e in tutti i loro processi, misure che attualmente sono limitate, ma che potrebbero rappresentare un forte esempio positivo per le istituzioni pubbliche e le imprese circostanti e promuovere il dialogo sull’attuazione delle misure in materia di parità di genere a tutti i livelli della società europea.

3.   Economia

3.1.

La parità di accesso alle risorse economiche non è soltanto una questione di indipendenza economica delle donne, ma anche un presupposto indispensabile per il conseguimento degli obiettivi dell’UE in materia di crescita economica sostenibile, occupazione di qualità, coesione sociale, prosperità e competitività. Incoraggiare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro è fondamentale per una crescita intelligente, sostenibile, inclusiva e per il PIL, nonché, più in generale, per garantire che l’UE utilizzi appieno i talenti disponibili.

3.2.

Nel mercato del lavoro le donne europee continuano a far fronte a persistenti disuguaglianze di genere, alla segregazione e a un divario retributivo di genere che da solo, secondo le stime, costerà all’UE 240 miliardi di EUR di PIL entro il 2030 e che ha un effetto immediato sulla retribuzione netta delle donne e un impatto a lungo termine sui loro diritti previdenziali e pensionistici. Pertanto il CESE accoglie con favore la consultazione della Commissione intesa a valutare le disposizioni della direttiva 2006/54/CE che attuano il principio della parità retributiva, al fine di garantire una migliore applicazione pratica del principio della pari retribuzione per un lavoro di pari valore.

3.3.

Se l’orario di lavoro ridotto può costituire una scelta, oltre un quarto della popolazione europea è impiegato a tempo parziale involontariamente. Le donne sono sovrarappresentate nel lavoro a tempo parziale, e la loro scelta è spesso influenzata da responsabilità di assistenza. La percentuale di lavoro a tempo parziale involontario ha registrato appena una lieve diminuzione (0,1 %) negli ultimi anni. Una ragione del lavoro a tempo parziale involontario è costituita dalla mancanza di adeguate infrastrutture di assistenza e di modalità di lavoro flessibili, che potrebbero offrire migliori opportunità per conciliare vita professionale e vita privata. In generale, le donne sono anche più esposte alla povertà e a possibilità di carriera limitate. Inoltre, le donne che nell’UE avviano un’attività imprenditoriale sono quasi la metà rispetto ai loro omologhi uomini.

3.4.

Il CESE chiede pertanto che siano adottate misure efficaci per garantire una partecipazione paritaria di donne e uomini al mercato del lavoro nonché per combattere la segregazione orizzontale e verticale di genere nelle varie professioni. La creazione di maggiori opportunità per le donne affinché possano avere accesso a occupazioni a tempo pieno di qualità con modalità di lavoro flessibili dovrebbe costituire una priorità fondamentale.

3.5.

Il CESE ritiene essenziale promuovere politiche del lavoro favorevoli alle famiglie e alla parità di genere e attuare misure di cambiamento mirate che possano riequilibrare l’iniqua ripartizione dei compiti domestici e di assistenza tra donne e uomini (2), in particolare poiché le condizioni economiche esercitano una pressione crescente sui lavoratori. Il monitoraggio del recepimento della direttiva dell’UE sull’equilibrio tra attività professionale e vita familiare sarà essenziale per garantire riforme progressive tese a introdurre modalità di congedo retribuito adeguate e orari di lavoro flessibili e per valutare l’impatto delle nuove misure sul ricorso al congedo parentale e di paternità da parte dei padri.

3.6.

Misure adeguate, come l’offerta di servizi di assistenza all’infanzia e di assistenza a lungo termine accessibili e a prezzi abbordabili, nonché misure che promuovono il ricorso al congedo per gli uomini, sono fondamentali per consentire ai genitori e ai prestatori di assistenza di entrare, rimanere o rientrare nel mercato del lavoro. Il CESE invita la Commissione europea a lanciare un pacchetto sui servizi di assistenza per promuovere l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali e completare la direttiva sull’equilibrio tra attività professionale e vita familiare, contenente una combinazione di raccomandazioni in materia di politiche, finanziamenti e obiettivi, nonché a rivedere gli obiettivi di Barcellona in materia di assistenza all’infanzia.

3.7.

La contrattazione collettiva può svolgere un ruolo importante nell’affrontare le disuguaglianze di genere nel mercato del lavoro. Nelle loro azioni, le parti sociali, gli Stati membri e le istituzioni dell’UE dovrebbero ispirarsi alla raccomandazione della commissione mondiale dell’OIL sul futuro del lavoro in merito a un’agenda trasformativa per l’uguaglianza di genere.

4.   Istruzione e formazione

4.1.

Nonostante i numerosi cambiamenti incoraggianti rilevati nei risultati conseguiti da uomini e donne nell’istruzione, le dinamiche di segregazione basate sugli stereotipi sono ancora profondamente radicate all’interno degli Stati membri. Gli uomini sono tuttora fortemente sottorappresentati nei settori associati a ruoli tradizionalmente femminili, quali sanità e servizi sociali, discipline umanistiche e artistiche, formazione degli insegnanti e scienze dell’educazione, mentre in tutti gli Stati membri rappresentano la maggioranza nell’ambito delle discipline STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) e delle TIC (tecnologie dell’informazione e della comunicazione). Ciò comporta una serie di sfide aggiuntive per le donne, dal momento che le competenze nel campo delle discipline STEM, delle TIC e dell’IA già oggi sono fondamentali e in futuro diverranno indispensabili (3).

4.2.

Le donne con bassi livelli di competenze e di qualifiche necessitano di un sostegno aggiuntivo per migliorare la propria posizione sul mercato del lavoro, dato che il divario di genere nel mondo del lavoro è più ampio per le persone prive di qualifiche o scarsamente qualificate e per quelle costrette ad affrontare la discriminazione intersettoriale. L’adozione di misure strategiche specificamente rivolte alle donne appartenenti a gruppi vulnerabili, in particolare alle donne disabili (4) e alle donne vittime di molteplici svantaggi, potrebbe contribuire a innalzare il livello delle loro competenze.

4.3.

La partecipazione delle donne all’istruzione superiore è in continuo aumento, e il loro numero è superiore a quello degli uomini in molti settori dell’istruzione terziaria. Tuttavia, il fenomeno della segregazione persiste, nell’istruzione sia terziaria che professionale, e limita le possibilità di scegliere una professione in settori tradizionalmente non associati al proprio genere e di accedere alle stesse opportunità di carriera.

4.4.

È pertanto fondamentale continuare a contrastare gli stereotipi e la segregazione di genere nel campo dell’istruzione e della formazione promuovendo programmi di studio sensibili alle specificità di genere nel campo dell’istruzione, orientamento professionale e campagne mediatiche intese a incoraggiare ragazzi e ragazze, uomini e donne a seguire percorsi professionali in linea con le proprie competenze e abilità; promuovere opportunità di carriera e sviluppi professionali per gli uomini e le donne che scelgono settori tradizionalmente associati all’altro sesso; creare opportunità affinché le donne possano mettere a frutto quanto gli uomini i risultati conseguiti a livello di istruzione superiore, contrastando l’attuale realtà del «soffitto di cristallo»imposto alle donne nel mondo accademico (5); e, infine, aumentare le opportunità di sostegno alle imprenditrici (6), soprattutto nei settori non tradizionali. Si raccomanda inoltre di aumentare la consapevolezza generale delle questioni relative all’uguaglianza di genere e le competenze in materia di parità presso i funzionari pubblici e i professionisti.

5.   Donne e povertà

5.1.

Le donne sono più esposte al rischio di povertà, in parte a causa di una retribuzione oraria più bassa, della sovrarappresentazione tra i lavoratori che percepiscono un salario minimo e in settori che hanno livelli di retribuzione inferiori, e hanno maggiori probabilità di essere impiegate a tempo parziale, sulla base di modalità di lavoro non flessibili, o di doversi assentare più frequentemente dal lavoro per svolgere attività di assistenza. La femminilizzazione della povertà è la conseguenza di una serie di fattori, tra cui la sottovalutazione del lavoro delle donne e il divario retributivo di genere. Il divario di genere nei livelli di occupazione aumenta considerevolmente per le persone con figli, il che riflette le difficoltà che le donne devono affrontare per conciliare la cura dei figli e le responsabilità di assistenza con l’attività professionale, nonché il trattamento discriminatorio e ingiusto cui devono far fronte le donne in stato di gravidanza o che rientrano dal congedo di maternità.

5.2.

È fondamentale riconoscere che le donne non rappresentano una categoria omogenea e che sono necessarie misure specifiche per le donne che subiscono discriminazioni o svantaggi oltre a quelli di genere, ossia le donne con disabilità, le vittime di discriminazione razziale, le persone LGBTIQ+, le donne che vivono nelle zone rurali, le immigrate, le rifugiate o le richiedenti asilo, e le donne giovani e anziane.

5.3.

Il Comitato raccomanda pertanto di rafforzare le misure a sostegno della parità di genere nelle attività economiche:

integrando la dimensione di genere nelle iniziative di sviluppo economico;

promuovendo l’uguaglianza sul lavoro per ottenere la parità in termini di indipendenza economica e sicurezza finanziaria;

sostenendo iniziative di sensibilizzazione sull’importanza dell’indipendenza economica delle donne ai fini della riduzione della povertà;

facendo fronte agli effetti prodotti dalle interruzioni di carriera e dalle diverse modalità di lavoro sul rischio, per le donne, di trovarsi in una situazione di indigenza nel corso della loro vita;

elaborando misure strategiche destinate a specifici gruppi vulnerabili di donne maggiormente a rischio di povertà;

continuando le riforme dei sistemi pensionistici nazionali tenendo in considerazione la dimensione di genere per il calcolo dei diritti pensionistici (ad esempio, includendo nel calcolo della pensione il periodo di congedo di maternità/paternità e altri congedi per motivi di assistenza);

affrontando il problema della povertà infantile introducendo una prospettiva di genere e un approccio olistico in grado di sviluppare sinergie tra inclusione sociale, parità di genere e altri settori politici, nonché con altri strumenti politici e finanziari;

rivedendo, adottando e mantenendo politiche macroeconomiche e strategie di sviluppo che rispondano ai bisogni e agli sforzi delle donne in situazioni di povertà.

6.   Diritti umani

6.1.

La parità di genere è un principio fondamentale che costituisce parte integrante dei diritti umani ed è un presupposto indispensabile perché tali diritti possano essere applicati universalmente ed esercitati da tutti gli esseri umani.

6.2.

Il CESE condanna tutte le forme di violenza nei confronti delle donne e incoraggia gli Stati membri che non hanno ancora ratificato la Convenzione di Istanbul a riconsiderare la loro posizione senza ulteriori indugi. Si dovrebbero definire degli indicatori a livello UE per raccogliere dati comparabili sulla violenza contro le donne, poiché ciò favorirebbe la messa a punto di politiche efficaci. A tal fine, l’esperienza acquisita in alcuni paesi dell’UE potrebbe fornire un’indicazione riguardo all’approccio da adottare. Il CESE invita inoltre la Commissione ad aggiornare la raccomandazione sulle misure per contrastare efficacemente i contenuti illegali online e il codice di condotta per contrastare l’illecito incitamento all’odio online, concordato dalla Commissione e dalle società informatiche globali, aggiungendo le molestie online e il mobbing nei confronti delle donne alla definizione di illecito incitamento all’odio.

6.3.

Il Comitato si rammarica profondamente dei passi indietro recentemente compiuti in Europa in materia di salute e diritti sessuali e riproduttivi delle donne, che comportano gravi ripercussioni sui diritti umani delle donne e che rappresentano una minaccia generale all’universalità dei diritti umani. Inoltre, sebbene in taluni contesti europei i regressi legislativi abbiano specificamente interessato l’accesso delle donne ai servizi abortivi legali (quantunque sia dimostrato che un’approfondita educazione sessuale può ridurre del 50 % le gravidanze indesiderate), a risentirne sono stati anche altri aspetti della salute e dei diritti sessuali e riproduttivi delle donne, come ad esempio gli obblighi di legge per ottenere le prescrizioni mediche in caso di contraccezione d’emergenza. Inoltre, sono entrate in vigore una serie di leggi e politiche regressive con una vasta gamma di ripercussioni negative sui diritti delle donne, tra cui figurano leggi che hanno l’effetto di ostacolare l’educazione sessuale, impedire la diffusione di informazioni sull’orientamento sessuale e l’identità di genere, anche a fini educativi, o depenalizzare talune forme di violenza domestica.

6.4.

Il CESE invita le istituzioni dell’UE e la società civile a collaborare al fine di adottare provvedimenti immediati e severi contro tali leggi. Propone inoltre di istituire un fondo legale d’emergenza a livello dell’Unione, che offra sostegno alle organizzazioni della società civile che contestano nei tribunali la legislazione che viola i diritti delle donne.

6.5.

Il CESE sottolinea inoltre l’importanza di rimuovere gli ostacoli che le donne, e in particolare le vittime di violenza, incontrano quando intendono avviare azioni risarcitorie in caso di violazione dei loro diritti, nonché l’importanza di garantire parità di accesso alla giustizia per tutte le donne, eliminando le barriere economiche, culturali e istituzionali (di genere) come presupposto indispensabile per garantire i diritti umani delle donne. Si rammarica inoltre per la persistente mancanza di indicatori intesi a valutare i progressi compiuti dagli Stati membri in materia di diritti umani delle donne, e deplora il fatto che gli uomini sono in genere più esposti a subire giudizi non oggettivi e a essere privati dei diritti genitoriali e dei diritti di visita.

7.   Donne, potere e processi decisionali

7.1.

Nonostante i progressi compiuti negli ultimi anni, la sottorappresentanza delle donne nei processi decisionali politici ed economici costituisce ancora una sfida importante per l’UE e per gli Stati membri. A tutti i livelli di governo, le donne occupano solo un terzo delle posizioni di responsabilità a livello politico e appena un quarto delle posizioni ministeriali di livello elevato o inferiore. Le istituzioni economiche e finanziarie pubbliche/private sono ancora quasi esclusivamente dominate dagli uomini.

7.2.

Il CESE si rammarica del fatto che, nonostante i continui appelli provenienti dall’intera Unione europea e dal Comitato stesso (7), l’obiettivo del 40 % di donne nei consigli di amministrazione delle imprese entro il 2020 non sarà conseguito. Osserva che la discussione sulla direttiva relativa alla presenza delle donne nei consigli di amministrazione rimane nel programma della presidenza rumena del Consiglio dell’UE con l’obiettivo di aumentare la partecipazione delle donne agli organi decisionali. Invita il Consiglio a proseguire gli sforzi e a portare avanti il dibattito sulla suddetta direttiva, ed esorta altresì l’industria ad assumere un ruolo guida e ad aumentare in misura significativa la presenza delle donne nei posti decisionali di alto livello.

7.3.

Il Comitato ha ripetutamente (8) raccomandato di prendere in considerazione strategie e strumenti efficaci (ad esempio, misure giuridiche, di bilancio e volontarie, quote di genere) per infrangere il «soffitto di cristallo»e raggiungere l’equilibrio di genere nelle cariche elettive o acquisite tramite nomina all’interno delle principali strutture politiche. È più importante che mai agire e lottare contro norme, atteggiamenti e stereotipi di genere che ostacolano la pari rappresentanza delle donne nelle posizioni decisionali in ambito politico, economico e sociale.

7.4.

Il CESE raccomanda che la Commissione si ponga all’avanguardia di un’iniziativa volta ad attirare un maggior numero di donne a partecipare alla vita politica e a votare per candidate qualificate creando misure per investire nelle loro competenze, nelle fondazioni di sostegno e nelle reti di tutoraggio.

7.5.

Il CESE accoglie con favore l’obiettivo fissato dal presidente della Commissione Jean-Claude Juncker di garantire che, entro la fine dell’attuale legislatura, le donne rappresentino almeno il 40 % dei dirigenti di livello intermedio e superiore all’interno della Commissione stessa e, in tale ottica, riconosce che, nella propria veste di organo dell’Unione che rappresenta la società civile europea e funge da collegamento tra la società e le istituzioni dell’UE, è deplorevole che soltanto il 30 % dei suoi membri siano donne. Il Comitato invita pertanto il Consiglio a rivedere gli orientamenti per la nomina dei membri del CESE al fine di tener conto dell’evoluzione economica, sociale e demografica nell’Unione, come stabilito dall’articolo 300, paragrafo 5, del TFUE. Il Comitato si adopererà per garantire la parità di genere nel proprio funzionamento.

7.6.

Nel suo Regolamento interno di recente adozione, il CESE si è impegnato a garantire il rispetto dei principi di parità di genere e di non discriminazione in tutte le sue politiche. A tal fine, esso adotterà una politica anti-molestie e istituirà un gruppo di monitoraggio («follow-up group») per elaborare degli orientamenti volti ad integrare le questioni relative alla parità di genere in tutte le sue attività, in particolare nell’elaborazione dei pareri.

8.   Media

8.1.

I mezzi di comunicazione svolgono un ruolo fondamentale nel dare forma alle opinioni, agli atteggiamenti e ai pregiudizi di una società. Le donne sono produttrici e consumatrici, e sono anche oggetto dei contenuti mediatici. Tali contenuti, tuttavia, non sempre sono sensibili alla specificità di genere, possono presentare immagini femminili degradanti e perpetuare i ruoli, gli stereotipi e le norme di genere. L’avvento delle tecnologie digitali e di nuove forme di comunicazione ha complicato ulteriormente i rapporti tra i ruoli delle donne nei mezzi di comunicazione e il modo in cui produttori, consumatori e contenuti si relazionano con tali ruoli.

8.2.

Se è vero che nell’UE l’occupazione femminile nel settore dei mezzi di comunicazione è aumentata fino a raggiungere quasi la metà (44 %) della forza lavoro impiegata nel settore e che le donne rappresentano la percentuale maggiore (68 %) dei laureati nelle facoltà di giornalismo e informazione, è altrettanto vero che, nella maggior parte dei casi, negli organi di informazione le donne occupano posizioni che consentono loro di esercitare soltanto un’influenza limitata sui contenuti e sulla strategia.

8.3.

Per migliorare la parità di genere nell’industria mediatica è fondamentale risolvere il problema del «soffitto di cristallo», aumentare la presenza di donne nei posti decisionali di alto livello e integrare le misure volontarie adottate dalle organizzazioni del settore con misure strategiche a sostegno della trasformazione del settore mediatico e dei suoi contenuti. È di primaria importanza iniziare a riconoscere le conseguenze degli stereotipi di genere creati dai contenuti mediatici, nonché valutare le modalità di rappresentazione degli uomini e delle donne a livello mediatico.

8.4.

L’industria pubblicitaria ha ancora difficoltà a rappresentare le donne e gli uomini in modo proporzionale e realistico. La società continua a vedere le donne e gli uomini raffigurati in modi obsoleti e inaccettabili, anche se oggi gli stereotipi di genere sono spesso presentati in modo più sottile. Il CESE ritiene che sia giunto il momento di liberarsi di tutte le percezioni anacronistiche e che il settore debba assumere un ruolo guida per garantire che la pubblicità abbia un impatto positivo, piuttosto che negativo, in termini di rappresentazione e promozione della parità di genere nella società, in particolare per quanto riguarda il marketing rivolto ai bambini che veicola stereotipi di genere.

Bruxelles, 15 maggio 2019

Il presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  GU C 110 del 22.03.2019, pag. 26.

(2)  GU C 129 dell'11.04.2018, pag. 44.

(3)  GU C 173 del 31.05.2017, pag. 45.

(4)  GU C 367 del 10.10.2018, pag. 20.

(5)  GU C 12 del 15.01.2015, pag. 10.

(6)  GU C 299 del 04.10.2012, pag. 24.

(7)  GU C 133 del 09.05.2013, pag. 68.

(8)  GU C 262 del 25.07.2018, pag. 101.


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