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Document 52009IE0036

    Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema La dimensione sociale e ambientale del mercato interno

    GU C 182 del 4.8.2009, p. 1–7 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

    4.8.2009   

    IT

    Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

    C 182/1


    450 A SESSIONE PLENARIA DEL 14 E 15  GENNAIO 2009

    Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «La dimensione sociale e ambientale del mercato interno»

    (2009/C 182/01)

    Relatore: Andrzej ADAMCZYK

    Il Comitato economico e sociale europeo, in data 17 gennaio 2008, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere di iniziativa sul tema:

    La dimensione sociale e ambientale del mercato interno.

    La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 6 gennaio 2009, sulla base del progetto predisposto dal relatore Andrzej ADAMCZYK.

    Il Comitato economico e sociale europeo, in data 14 gennaio 2009, nel corso della 450a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 94 voti favorevoli, 29 voti contrari e 15 astensioni.

    1.   Conclusioni

    1.1   Pur non essendo un fine in sé, il mercato interno è uno strumento che contribuisce ad aumentare il benessere dei cittadini dell'Unione europea, migliorando la loro prosperità, il loro accesso a beni e servizi, la qualità e la sicurezza dei loro posti di lavoro e offrendo loro l'opportunità di viaggiare, vivere, lavorare e studiare in qualsiasi luogo entro i confini dell'Unione europea.

    1.2   Tali progressi sono collegati alle maggiori opportunità che il mercato interno offre sia alle imprese, grazie all'espansione del mercato di beni e servizi e alla libertà d'investimento, sia ai lavoratori, cui viene data per la prima volta la possibilità di cercare lavoro in qualsiasi paese dell'UE.

    1.3   Se l'Europa vuole restare competitiva nel tempo, il mercato interno deve garantire una crescita sostenibile e a lungo termine, il che significa anche tener conto della dimensione ambientale. Nel creare nuove norme, regole, prodotti e idee si deve pertanto raccogliere questa importante sfida, anche se ciò può condurre a inevitabili tensioni in alcuni settori, considerato soprattutto che tutto ciò ha senso solo se si dà all'economia europea la possibilità di sopravvivere, evitando cioè di comprometterne la competitività a breve termine.

    1.4   L'obiettivo finale è migliorare sensibilmente il funzionamento del mercato interno nell'ambito di un'economia sociale di mercato, ossia garantire condizioni di concorrenza uniformi a tutti gli interessati, assicurandosi che operino nello stesso contesto giuridico. Ciò è fondamentale per creare condizioni di concorrenza leale, e creare posti di lavoro più numerosi e di migliore qualità, integrando le dimensioni sociale e ambientale nel mercato interno per rafforzare la competitività europea.

    1.5   Nel loro approccio all'approfondimento del mercato interno, le istituzioni europee devono tenere conto dei legittimi interessi delle imprese e dell'esigenza di rispettare i diritti sociali fondamentali riconosciuti dal diritto comunitario, le norme internazionali sul lavoro e le legislazioni dei singoli Stati membri, incluso il diritto di contrattazione collettiva.

    1.6   Per assicurare il corretto funzionamento del mercato interno è indispensabile risolvere determinate ambiguità relative all'applicazione del diritto comunitario. Un quadro giuridico chiaro e prevedibile è imprescindibile per l'ulteriore sviluppo e approfondimento del mercato interno.

    1.7   In particolare, le controversie sorte intorno alle recenti sentenze della Corte di giustizia europea sull'interpretazione giuridica della direttiva riguardante il distacco dei lavoratori sembrano legittimare la richiesta di rivedere tale direttiva o di concludere un accordo supplementare fra le parti sociali.

    1.8   In tale contesto la rete Solvit — punto di mediazione fra le istituzioni e i cittadini — potrebbe assumere un ruolo di notevole rilievo. Si rileva tuttavia che essa presenta una forte insufficienza di risorse sia finanziarie che umane e che anche il suo ruolo e le sue modalità di funzionamento dovrebbero essere riconsiderate.

    2.   Introduzione

    2.1   Sebbene ancora in fase di sviluppo, il mercato interno ha già offerto ai cittadini comunitari una serie di vantaggi concreti e rappresenta di per sé la principale conquista del processo di integrazione europea (1). La graduale apertura dei mercati e la rimozione delle barriere hanno, tuttavia, determinato una serie di difficoltà e problemi, che occorre affrontare per raccogliere consensi su un ulteriore approfondimento del mercato interno.

    2.2   Va ricordato che lo sviluppo del mercato interno non è un obiettivo in sé, quanto piuttosto uno strumento per elevare il tenore di vita dei cittadini dell'Unione europea, accrescere il loro benessere, il loro accesso a beni e servizi, migliorare la qualità e la sicurezza dei loro posti di lavoro, offrendo loro l'opportunità di viaggiare, vivere e lavorare liberamente in qualsiasi luogo entro i confini dell'Unione europea (2). Tali vantaggi sono inestricabilmente connessi alla maggiore libertà di cui le imprese godono nello svolgimento delle loro attività, grazie, ad esempio, all'espansione del mercato di beni e servizi e alla libertà d'investimento.

    2.3   La graduale rimozione delle barriere nei settori direttamente collegati alle quattro libertà può creare problemi e tensioni nei campi in cui permangono differenze significative fra i vari paesi; ciò riguarda in particolare aspetti quali le retribuzioni, la sicurezza sociale, il diritto del lavoro e i diritti delle parti sociali. Tensioni di tale natura possono essere eliminate, e in certa misura lo sono, attraverso ulteriori regolamentazioni tese a:

    chiarire la confusione giuridica determinata dall'applicazione delle regolamentazioni dei diversi paesi,

    combattere il dumping sociale e la concorrenza sleale;

    proteggere i diritti dei consumatori (3),

    assicurare che i produttori e i fornitori di beni e di servizi abbiano effettivamente accesso al mercato interno europeo,

    garantire l'accessibilità di tutti i beni e servizi, con particolare riferimento ai servizi di interesse generale, attraverso politiche di progettazione per un accesso universale (4),

    promuovere politiche attive per assicurare la parità di genere e combattere qualsiasi tipo di discriminazione.

    2.4   Per garantire il corretto funzionamento del mercato interno è necessario risolvere le varie ambiguità relative all'applicazione del diritto comunitario. È assolutamente inaccettabile che, per aspetti di importanza cruciale, le parti sociali debbano essere costrette ad adire la Corte di giustizia delle Comunità europee, le cui decisioni sono a volte fonte di incomprensioni o controversie.

    2.5   A tale proposito è positivo che la Commissione abbia a suo tempo deciso d'invitare le parti sociali e gli Stati membri ad esaminare i problemi sollevati dalle recenti sentenze della Corte di giustizia e di organizzare un Forum per promuovere il dibattito sul rispetto dei diritti sociali in una situazione di mobilità crescente dei lavoratori (5).

    3.   Mercato interno: vantaggi e sfide

    3.1   L'elenco dei vantaggi prodotti dal mercato interno è lungo. Si tratta di vantaggi sia per le imprese, che per i lavoratori e per i cittadini in generale, i quali possono beneficiare del suo buon funzionamento in numerosi ambiti. Fra le indiscutibili conquiste del mercato interno figurano l'aumento della prosperità legato all'incremento del PIL, la libertà di viaggiare, risiedere, lavorare e studiare in qualsiasi paese dell'Unione europea, un accesso notevolmente più ampio a beni e servizi di alta qualità, spesso a prezzi più convenienti, derivante da un maggiore accesso al mercato interno per produttori, operatori commerciali e fornitori di servizi, e, non da ultimo, l'estensione dei diritti dei consumatori all'intero territorio dell'UE, a prescindere dal paese in cui è stato effettuato l'acquisto.

    3.2   I limiti imposti da diversi Stati membri alla libera circolazione delle persone, sotto forma di «periodi transitori», continuano a suscitare controversie, nonostante la loro durata limitata. Occorre peraltro sottolineare che nei paesi che li hanno introdotti la protezione del mercato del lavoro si è rivelata più difficile del previsto; inoltre, l'esodo di lavoratori qualificati in cerca d'occupazione rappresenta un problema reale per i paesi d'origine di tali lavoratori.

    3.3   Il CESE è però del parere (6) che l'inserimento nel mercato del lavoro sia la migliore salvaguardia contro l'esclusione sociale. La Commissione dovrebbe collaborare con le parti sociali per sfruttare meglio il potenziale della manodopera europea all'interno delle nostre società in rapido mutamento. Rimane poi da risolvere il problema del riconoscimento reciproco delle qualifiche (7).

    3.4   Fra i vantaggi per le imprese figurano l'accesso a un vasto mercato di quasi 500 milioni di persone, scambi transfrontalieri più agevoli e procedure più semplici per la creazione di imprese, una maggiore diffusione delle norme e dell'etichettatura europee, nonché il miglioramento della cooperazione transfrontaliera e del trasferimento di tecnologie. Un altro vantaggio consiste nel facile accesso ai mercati dei capitali, anche se il funzionamento dei servizi finanziari deve essere ulteriormente migliorato. Tutte queste conquiste del mercato interno, indipendentemente dal fatto che riguardino le imprese o direttamente i cittadini, hanno implicazioni sociali e comportano delle sfide.

    3.5   Se, da un lato, l'introduzione del mercato interno ha manifestamente determinato una crescita economica senza precedenti, che ha anche avuto effetti positivi per il benessere sociale dei cittadini, dall'altro permane vivo il dibattito sulla misura in cui è socialmente auspicabile o accettabile aprire e regolamentare il mercato nei singoli settori. Sia le controversie suscitate dalle recenti sentenze della Corte di giustizia europea (casi Viking (8), Laval (9), Rüffert (10), Commissione/Lussemburgo (11)), sia il dibattito che le ha precedute in merito alla direttiva sui servizi e ai problemi concernenti l'apertura dei mercati del lavoro, il dumping sociale, la concorrenza sleale e l'impatto del mercato interno sul funzionamento del modello sociale europeo esigono senz'altro un'analisi, se non addirittura delle decisioni nel senso di nuove iniziative legislative o di una coregolamentazione.

    3.6   Il mercato interno ha portato alla riduzione dei prezzi di molti prodotti, il che è positivo sia per i consumatori che per la competitività dell'economia europea. Tuttavia, il calo dei prezzi avviene spesso a spese dei lavoratori dipendenti, che perdono il lavoro a causa delle ristrutturazioni aziendali o della delocalizzazione dei posti di lavoro. Dal punto di vista sociale è dunque fondamentale conciliare gli interessi dei consumatori (prezzi bassi) con quelli dei lavoratori dipendenti, vale a dire la sicurezza del posto di lavoro, gli standard occupazionali, le condizioni retributive e di lavoro.

    3.7   La crescita economica determinata dal mercato interno ha anche contribuito a creare nuovi posti di lavoro. Questo fenomeno sarebbe molto positivo se non si trattasse i posti di lavoro spesso sottopagati, data l'esigenza di restare competitivi.

    3.8   In proposito va sottolineato che l'Europa ha conseguito il suo livello elevato di competitività anzitutto grazie ad investimenti nelle nuove tecnologie, nell'istruzione e formazione dei lavoratori, nei miglioramenti nell'organizzazione del lavoro, nel miglioramento delle condizioni di sicurezza e salute sul posto di lavoro e nella promozione del dialogo sociale. Tuttavia, poiché i lavoratori sono anche consumatori, aumentare la competitività di un'economia limitando il costo del lavoro può, di fatto, condurre a una diminuzione del potere d'acquisto o, in altri termini, alla riduzione dei consumi e ad un rallentamento della crescita economica.

    3.9   La parziale apertura del mercato del lavoro agli immigrati economici crea una serie di problemi specifici. Alcuni Stati membri non sono riusciti a integrare efficacemente gli immigrati economici nei loro contratti collettivi di lavoro e/o in altre norme, disposizioni giuridiche o pratiche, indebolendo di conseguenza le norme sul lavoro a livello locale e favorendo l'espansione dell'economia informale. Ciò determina un degrado delle condizioni di lavoro e l'indebolimento del dialogo sociale, che a loro volta provocano il dumping sociale e la concorrenza sleale: sviluppi del genere dovrebbero essere energicamente contrastati sia dai sindacati che dalle associazioni dei datori di lavoro.

    3.10   Da un lato, stando a talune parti interessate, le pratiche di talune imprese che impiegano lavoratori distaccati si configurano come forme di dumping sociale e di concorrenza sleale, dall'altro, nelle sue sentenze sulle cause Viking, Laval, Rüffert e Commissione/Lussemburgo la Corte di giustizia ha stabilito che tali pratiche sono legittime e conformi alla direttiva sul distacco dei lavoratori. Ciò ha innescato notevoli controversie, tanto più che le sentenze contrastavano manifestamente con le finalità dichiarate della direttiva. Per promuovere la fornitura transfrontaliera di servizi sono necessarie una concorrenza leale e garanzie sui diritti dei lavoratori. Sembrerebbe dunque che, per garantire pari opportunità, concorrenza leale e rispetto dei diritti dei lavoratori, occorreranno nuove iniziative legislative e ulteriori accordi fra le parti sociali soprattutto sul problema dei lavoratori distaccati.

    3.11   Il Comitato (12) ritiene tuttavia che, prima di formulare nuove regolamentazioni, occorra urgentemente adottare misure che garantiscano la corretta applicazione della direttiva 96/71/CE, visto che gli obiettivi di quest'ultima non sono stati pienamente raggiunti neanche a dieci anni dall'adozione.

    3.12   Il problema dell'apertura del mercato dei servizi e le difficoltà relative ai servizi di interesse generale, che, tra l'altro, rientrano nell'ambito della direttiva sui servizi di recente adozione, rimangono una questione a parte. La suddetta direttiva è al momento in fase di attuazione e pertanto non è ancora possibile valutarne l'impatto. È tuttavia evidente che la dimensione sociale dei servizi di base va ben al di là delle sole questioni relative ai lavoratori dipendenti e al dialogo sociale, e riguarda invece anche la necessità di garantire l'accessibilità di tali servizi per tutti i cittadini (13).

    3.13   Nel contesto dei recenti aumenti dei prezzi in Europa, il problema dell'accessibilità dei servizi d'interesse generale è strettamente legato all'abbordabilità dei prezzi, soprattutto per quanto riguarda l'energia. Il problema degli approvvigionamenti energetici va però considerato tenendo conto non solo dei rincari recenti, e molto probabilmente anche futuri, ma anche degli aspetti ambientali dei consumi energetici.

    4.   L'impatto delle recenti sentenze sul mercato interno

    4.1   Per funzionare correttamente il mercato interno ha bisogno di una serie di norme chiare. La sua ulteriore integrazione dipenderà molto dalla capacità di trovare un equilibrio accettabile fra le sue dimensioni economica, sociale e ambientale in un quadro giuridico chiaro e prevedibile.

    Le recenti sentenze della Corte di giustizia europea hanno suscitato polemiche negli ambienti industriali di tutta Europa. È dunque fondamentale trovare soluzioni chiare a questioni ancora controverse per ritrovare quella base comune che tanto è necessaria per assicurarsi la fiducia dei cittadini.

    4.2.1   Nella causa Viking la International Transport workers' Federation (Federazione dei lavoratori dei trasporti internazionali — ITF) e la Finnish Seamen's Union (Sindacato dei marinai finlandesi) avevano minacciato la società finlandese Viking Line di procedere ad un'azione collettiva se essa avesse immatricolato una delle sue navi in Estonia e sostituito l'equipaggio con lavoratori estoni, pagati meno. La Corte ha sentenziato che in questo caso la minaccia di sciopero utilizzata per indurre un'impresa a sottoscrivere un contratto collettivo di lavoro con un sindacato poteva costituire una restrizione alla libertà di stabilimento.

    4.2.2   La causa Laval riguardava un'impresa lettone che aveva distaccato lavoratori in Svezia applicando loro condizioni di lavoro lettoni, ben al di sotto di quelle previste dai contratti collettivi di lavoro svedesi. I sindacati svedesi avevano risposto avviando delle azioni industriali e decidendo un boicottaggio delle forniture al sito di Vaxholm. La Corte ha statuito che, laddove sia applicabile la direttiva sul distacco dei lavoratori, è illegale per i sindacati organizzare azioni industriali per ottenere condizioni al di sopra delle norme obbligatorie sulla protezione minima previste dalla direttiva.

    4.2.3   Nella causa Rüffert una società tedesca aveva vinto una gara d'appalto lanciata dal Land Bassa Sassonia per lavori di costruzione in una prigione. L'impresa tedesca aveva subappaltato il lavoro ad una società polacca che pagava i lavoratori un salario pari solo al 47 % delle tariffe minime stabilite nei contratti collettivi regionali del settore. Di conseguenza il Land Bassa Sassonia aveva annullato il contratto. Secondo la Corte, tuttavia, una norma locale che obblighi le imprese aggiudicatarie degli appalti pubblici a rispettare i contratti collettivi è incompatibile con la direttiva sul distacco dei lavoratori, a meno che il contratto collettivo non sia dichiarato universalmente vincolante.

    4.2.4   Nella causa Lussemburgo la Corte di giustizia ha dato ragione alla Commissione decidendo che il Lussemburgo si era spinto troppo in là nell'attuare la direttiva sul distacco dei lavoratori stabilendo per le imprese nazionali obblighi concernenti, fra l'altro, i periodi massimi e minimi di lavoro e di riposo, l'indicizzazione automatica dei salari e il rispetto dei contratti collettivi.

    4.3   Le sentenze summenzionate hanno suscitato anche preoccupazioni riguardo all'interpretazione data dalla Corte di giustizia alla direttiva UE sul distacco dei lavoratori. Le cause citate hanno creato forti spaccature e sono state viste da molti attori come un incentivo al dumping salariale. Le aziende straniere oggetto di tali cause hanno eluso i contratti collettivi, le disposizioni giuridiche o le pratiche e i regolamenti in vigore nel paese in cui operavano, a scapito delle aziende locali e a spese dei lavoratori dipendenti.

    4.4   Il mercato interno deve essere fonte di certezza giuridica e non di ambiguità. È dunque assolutamente indispensabile trovare un accordo sui principi che devono essere rivisti in conformità sia della lettera che dell'interpretazione della legge e trovare un terreno comune chiaramente definito.

    5.   Meccanismi e strumenti che migliorano il funzionamento del mercato interno

    5.1   Sono stati progressivamente introdotti una serie di meccanismi che hanno migliorato il funzionamento del mercato interno. Tali meccanismi possono rivelarsi utili per esaminare i canali attraverso cui migliorare l'integrazione della dimensione sociale e ambientale nel mercato interno.

    5.2   Le discussioni sull'armonizzazione e sul riconoscimento reciproco si sono riaccese negli anni scorsi nel contesto degli ultimi processi di allargamento. Esiste un ampio consenso sul fatto che l'armonizzazione dovrebbe concentrarsi su ciò che è realmente necessario e che non è realistico mirare a obiettivi troppo ambiziosi in materia di armonizzazione in un'Unione europea a 27 Stati. D'altro canto, il riconoscimento reciproco, pur essendo uno dei pilastri del mercato interno, è ampiamente ignorato. L'armonizzazione potrebbe rivelarsi utile per la costruzione del modello sociale europeo, ma la dimensione sociale rimane in larga misura competenza esclusiva dei 27 Stati membri, nella maggior parte dei casi con il pieno sostegno delle parti sociali e in conformità del principio di sussidiarietà. Essa potrebbe ad ogni modo risultare utile sul fronte ambientale, per stabilire norme per prodotti e processi, sulla base degli obiettivi ambiziosi fissati dalla stessa Unione.

    5.3   Come punto di mediazione fra le istituzioni e i cittadini, la rete Solvit potrebbe assumere un ruolo di notevole rilievo al riguardo. Essa ha il compito di fornire informazioni e consulenza e di sottoporre a revisione le questioni relative al mercato interno che riguardano aziende, consumatori, lavoratori, ecc. degli Stati membri. La rete raccoglie un'enorme quantità di dati e know-how, ma in generale va riconosciuto che essa non dispone di risorse finanziarie e umane sufficienti e che sarebbe opportuno rivederne sia il ruolo che il funzionamento.

    5.4   Il «nuovo approccio» ha portato i legislatori comunitari a mantenere un basso profilo nello stabilire i requisiti di base e nel delegare gli aspetti tecnici agli organismi di normalizzazione. Anche se tale approccio può difficilmente essere riprodotto nell'ambito della dimensione sociale, potrebbe avere, e di fatto ha già, un'importanza fondamentale nel settore ambientale (norme di qualità, ecc.; sarebbe utile se la Commissione procedesse ad aggiornamenti in una serie di ambiti connessi).

    5.5   Il principio del paese d'origine continua a essere un tema controverso: basti pensare che le organizzazioni dei consumatori non ne sono soddisfatte. Esso stabilisce che se l'esercizio di un'attività o la prestazione di un servizio avvengono in un paese, ma il beneficiario si trova in un altro, il diritto applicabile è quello vigente nel paese del prestatore d'opera. Scopo di tale principio è incentivare la libera circolazione di beni e servizi e incoraggiare la concorrenza transfrontaliera. Tuttavia, nel corso del dibattito riguardante la direttiva sui servizi, tale principio è stato respinto, poiché imporrebbe di fatto agli Stati di applicare normative diverse a seconda del paese d'origine delle imprese e dei singoli.

    5.6   Il processo Lamfalussy ha fornito un buon esempio di come migliorare le questioni di regolamentazione a livello paneuropeo offrendo un'interpretazione più coerente e una più agevole convergenza delle pratiche e delle tradizioni nazionali su questioni normative specifiche. Al di là dell'esempio riguardante i servizi finanziari, il processo Lamfalussy è un punto di riferimento per la creazione di un sistema che offra qualità e semplicità. Resta da vedere se esso sia in grado di fornire un meccanismo più efficace per legiferare in altri settori, in particolare quello ambientale.

    5.7   Nel contesto della libera circolazione dei beni, la clausola Monti significa che la direttiva non va interpretata come atta a pregiudicare in qualunque modo l'esercizio dei diritti fondamentali dell'UE, compreso quello di intraprendere un'azione sindacale. Alcune recenti sentenze della Corte di giustizia europea hanno peraltro contestato la validità di tale clausola, ed è fondamentale chiarire quali limiti la caratterizzano e con quali motivazioni.

    6.   Un quadro migliore per integrare la dimensione ambientale nel mercato interno

    6.1   Sia la questione energetica che quella ambientale sono divenute (e sono destinate a rimanere in un prossimo futuro) priorità fondamentali per i governi e per i cittadini europei. Sfortunatamente, la protezione dell'ambiente è spesso considerata come un onere per il mercato, un nuovo insieme di requisiti negativi che inevitabilmente finiscono per compromettere la competitività delle imprese.

    6.2   Tuttavia, al momento esiste un ampio consenso sul fatto che uno dei modi più efficaci per garantire la competitività futura dell'Europa sta nel compiere nuovi e significativi progressi sul fronte dello sviluppo di idee, prodotti e standard atti a rispondere a una delle principali sfide che al giorno d'oggi interessano l'umanità, progredendo pertanto verso un mercato interno che tenga realmente conto della dimensione ambientale, in quanto componente centrale di tale obiettivo. Ciò non toglie, tuttavia, che le nuove regolamentazioni in questo ambito possano inevitabilmente causare tensioni in alcuni settori, specie se si considera che anche la competitività a breve termine resta di importanza cruciale.

    6.3   Il Trattato di Amsterdam ha rafforzato l'idea che integrare la dimensione ambientale nelle altre politiche è determinante per promuovere lo sviluppo sostenibile. La Commissione europea ha esplorato possibili modi di migliorare le sinergie fra il mercato unico e le questioni ambientali considerando interventi su appalti pubblici, valutazioni d'impatto efficaci, normalizzazione, informazione finanziaria, o strumenti economici quali tasse ambientali, ecc. La Commissione ha anche preso in esame nuovi settori e problematiche che possono richiedere provvedimenti di armonizzazione.

    6.4   Data la vastità dei settori e delle pratiche interessati dalla sostenibilità ambientale, finora l'integrazione delle considerazioni ambientali nell'ambito del mercato interno è stata lasciata abbastanza nel vago. Essa riguarda importanti settori strategici, quali energia e trasporti, mentre questioni che originariamente erano circoscritte alla libera circolazione delle merci si sono ora estese ad altri settori. Quindi, data la grande importanza dell'ambiente nel contesto dell'attuale agenda politica, sarebbe necessario conseguire maggiori progressi sulle questioni specifiche suscettibili di miglioramento e individuare gli strumenti del mercato interno più idonei a raggiungere tali obiettivi.

    7.   Osservazioni finali

    7.1   Il mercato interno è un'opera in corso di realizzazione: l'obiettivo ultimo è costruire un mercato interno privo di barriere, che sarà completo quando tutte le parti interessate potranno accedere a tutti i mercati nazionali a parità di condizioni. E, infine, questa parità di accesso ai mercati di tutti gli Stati membri significa anche far sì che le imprese, i lavoratori e i fornitori di servizi operino nel medesimo contesto giuridico, garantendo in tal modo condizioni uniformi di concorrenza ed evitando la concorrenza sleale all'interno dei confini dell'Unione europea o qualsiasi indebolimento della competitività del mercato interno nel suo insieme.

    7.2   Il Comitato ha già affermato (14) che il successo del mercato interno è una responsabilità condivisa fra l'Unione europea e gli Stati membri, i quali devono sviluppare un maggior senso di appropriazione nei suoi confronti. Occorre però sottolineare anche il ruolo svolto dalle parti sociali nella sua costruzione e attuazione.

    7.3   Il dibattito in corso sui limiti dell'integrazione europea, come anche le recenti discussioni riguardo alla direttiva sui servizi, mostrano per l'appunto quanto sia difficile conciliare i principi del mercato interno con la necessità di disporre di norme sociali elevate, protezione sociale, servizi pubblici funzionanti e accessibili e concorrenza leale. Le discussioni sul mercato interno dovrebbero anzitutto concentrarsi sulla risposta da dare a tali quesiti legittimi. A tale scopo le istituzioni europee devono tener conto sia dei legittimi interessi delle imprese, sia del fatto che le libertà economiche devono essere soggette a regolamentazione, in modo da garantire che il loro esercizio non comprometta i diritti sociali fondamentali sanciti dal diritto comunitario, dalle norme internazionali sul lavoro e dalle legislazioni dei singoli Stati membri, incluso il diritto di negoziare, stipulare e applicare contratti collettivi.

    7.4   La recente Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Agenda sociale rinnovata: Opportunità, accesso e solidarietà nell'Europa del XXI secolo» (15) ribadisce il risoluto impegno dell'Europa a promuovere società armoniose, coese e inclusive, rispettose dei diritti fondamentali in economie sociali di mercato sane. La Commissione dichiara inoltre il suo impegno ad assicurare che non vi siano contraddizioni fra le libertà fondamentali sancite dal Trattato e la protezione dei diritti fondamentali.

    7.5   Per quanto l'impatto delle disposizioni del Trattato di Lisbona sul funzionamento del mercato interno non sia stato ancora valutato, un primo giudizio del CESE sul testo del Trattato indica che il mercato interno, pur non subendo modifiche strutturali, sembrerebbe assumere connotazioni più sociali.

    Bruxelles, 14 gennaio 2009.

    Il Presidente del Comitato economico e sociale europeo

    Mari SEPI


    (1)  Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Un mercato unico per l’Europa del XXI secolo», COM(2007) 724 def.

    (2)  GU C 93 del 27.4.2007, pag. 25.

    (3)  GU C 175 del 27.7.2007, pag. 14.

    (4)  GU C 175 del 27.7.2007, pag. 14.

    (5)  COM(2008) 412 def.

    (6)  GU C 77 del 31.3.2009, pag. 15.

    (7)  GU C 224 del 30.8.2008, pag. 100.

    (8)  GU C 51 del 23.2.2008, causa C-438/05.

    (9)  GU C 51 del 23.2.2008, causa C-341/05.

    (10)  GU C 128 del 24.5.2008, causa C-346/06.

    (11)  GU C 209 del 15.8.2008, causa C-319/06.

    (12)  GU C 151 del 17.6.2008, pag. 45.

    (13)  GU C 161 del 13.7.2007, pag. 80.

    (14)  GU C 77 del 31.3.2009, pag. 15.

    (15)  COM(2008) 412 def.


    ALLEGATO

    al parere del Comitato economico e sociale europeo

    Benché oltre un quarto dei votanti si sia espresso a favore del suo mantenimento, il seguente punto del parere della sezione è stato soppresso a favore di un emendamento adottato dall'assemblea:

    1.4   L'obiettivo finale è eliminare tutte le barriere che ostacolano il funzionamento del mercato interno, ossia garantire condizioni di concorrenza uniformi a tutti gli interessati, assicurandosi che operino nello stesso contesto giuridico. Ciò è fondamentale per creare condizioni di concorrenza leale per tutti e per aumentare la competitività dell'economia dell'Unione europea.

    Esito della votazione:

    Voti favorevoli: 79

    Voti contrari: 46

    Astensioni: 11

    Pur avendo ottenuto oltre un quarto dei voti espressi, è stato respinto a seguito della votazione:

    Punto 4.3 — sopprimere

    Motivazione

    Il CESE non ha competenze per mettere in discussione le sentenze della CGCE. Si tratterebbe di un pericoloso precedente che indebolirebbe il prestigio del Comitato.

    Esito della votazione:

    Voti favorevoli: 44

    Voti contrari: 78

    Astensioni: 14


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