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Document 51997AC0773

    Parere del Comitato economico e sociale sul tema «La politica tributaria nell'Unione europea - Relazione sullo sviluppo dei sistemi tributari»

    GU C 296 del 29.9.1997, p. 37–51 (ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT, FI, SV)

    51997AC0773

    Parere del Comitato economico e sociale sul tema «La politica tributaria nell'Unione europea - Relazione sullo sviluppo dei sistemi tributari»

    Gazzetta ufficiale n. C 296 del 29/09/1997 pag. 0037


    Parere del Comitato economico e sociale sul tema «La politica tributaria nell'Unione europea - Relazione sullo sviluppo dei sistemi tributari»

    (97/C 296/09)

    La Commissione, in data 18 febbraio 1997, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 198 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale sul tema di cui sopra.

    La Sezione «Affari economici, finanziari e monetari», incaricata di preparare i lavori in materia, ha formulato il parere sulla base del rapporto introduttivo del relatore Geuenich, in data 10 giugno 1997.

    Il Comitato economico e sociale ha adottato (all'unanimità) il 9 luglio 1997, nel corso della 347a sessione plenaria, con 93 voti favorevoli, 27 contrari e 19 astensioni, il seguente parere.

    1. Introduzione

    1.1. Nel documento «La politica tributaria nell'Unione europea» del 20 marzo 1996 (SEC(96) 487 def.) la Commissione ha esposto un indirizzo in materia di fiscalità che affronta in particolare le sfide essenziali con le quali l'Unione europea deve misurarsi: esigenza di rilanciare la crescita e di creare posti di lavoro, stabilizzazione dei sistemi di tassazione e completamento del mercato unico in tutti gli ambiti, compreso quello tributario.

    1.2. Alla riunione informale del Consiglio «Affari economici e finanziari» svoltasi a Verona il 13 aprile 1996 i ministri delle Finanze hanno espresso soddisfazione per il documento della Commissione e sono stati concordi nel ritenere che questi temi andrebbero esaminati da un gruppo ad alto livello che dovrà essere istituito e coordinato dalla Commissione.

    1.3. Nella «Relazione sullo sviluppo dei sistemi tributari» del 22 ottobre 1996 (COM(96) 546 def.) la Commissione sintetizza i punti di vista espressi dai membri di questo gruppo ad alto livello sui problemi affrontati dal documento della stessa Commissione in vista della riunione di Verona e illustra il proprio punto di vista in proposito al pari degli orientamenti che essa si propone di seguire in futuro.

    1.4. Nel testo che segue il Comitato si riferisce unicamente ai due documenti sopraccitati. Per le questioni specifiche in merito alle quali il Comitato si è già espresso si rimanda ai relativi pareri. Si tratta in particolare del parere riguardante la «Fiscalità diretta e indiretta» del 20 dicembre 1995 () e del parere, ancora in preparazione, sul tema «Sistema comune dell'IVA - Programma per il mercato unico».

    1.5. Beninteso, il parere che segue, al pari dei documenti summenzionati, tratta solo delle imposte che presentano una rilevanza per l'intera Comunità e le cui strutture e relative modifiche in uno Stato membro si ripercuotono sugli altri, cioè l'imposta sui redditi, l'imposta sul reddito da valori mobili, l'imposta sulle società, l'imposizione sul fattore lavoro, le imposte sui consumi, in particolare l'imposta sul valore aggiunto, ma anche un'imposta sull'energia e sui prodotti dannosi per l'ambiente.

    2. Crescente carico fiscale sul fattore lavoro

    2.1. Analisi contenuta nei documenti della Commissione

    2.1.1. Sinora non si può dire che l'erosione fiscale comprometta le entrate complessive da imposte e contributi sociali. In effetti, negli ultimi 15 anni la quota di questi ricavi rispetto al PIL della Comunità è rimasta invariata o ha registrato un aumento modesto. Però, ad una sempre maggiore pressione fiscale sul fattore lavoro ha fatto riscontro un calo del carico fiscale sul totale di tutti gli altri fattori di produzione.

    2.1.2. È possibile analizzare l'evoluzione della struttura impositiva nel lungo periodo calcolando le cosiddette aliquote implicite d'imposizione (ossia le entrate fiscali divise per la base imponibile) per funzione economica (fattori di produzione e consumo).

    Tra il 1980 e il 1994 l'aliquota media implicita sul lavoro dipendente è salita dal 34,7 % al 40,5 %, scivolando invece dal 44,1 % al 35,2 % per gli altri fattori di produzione (capitale, lavoro autonomo, energia, risorse naturali) (cfr. grafico che segue).

    Aliquote implicite 1980-1994

    >INIZIO DI UN GRAFICO>

    >FINE DI UN GRAFICO>

    2.1.3. Nell'insieme le aliquote implicite relative alle imposte sui consumi sono rimaste stabili, registrando una progressione di poco conto, dal 13,1 % al 13,8 %. Anche in questo caso si sono tuttavia registrate forti variazioni da uno Stato membro all'altro. Gli Stati membri che hanno rivelato il maggiore aumento dell'imposizione implicita sul fattore lavoro accusavano di norma anche un appesantimento del carico fiscale complessivo.

    2.2. Raccomandazioni del Comitato

    2.2.1. Il Comitato si compiace dell'approccio della Commissione, che prende in esame il sistema tributario nel suo complesso. Trattare separatamente ogni tipo di imposta importante implica automaticamente ampie variazioni nella struttura di finanziamento dei bilanci pubblici e privati. Le imposte vanno quindi discusse globalmente.

    2.2.2. La disoccupazione massiccia è, a giudizio del Comitato, il problema più grave da affrontare nell'UE. Ogni contributo per ridimensionare questo fenomeno, al pari dei provvedimenti a tal fine utili o possibili, assume pertanto una notevole, se non la massima, priorità. Questa è anche una delle principali prese di posizione del Libro bianco della Commissione europea «Crescita, competitività, occupazione - Le sfide e le vie da percorrere per entrare nel XXI secolo (1)

    (1) Crescita, competitività, occupazione. Libro bianco della Commissione, COM(93) 700 def.». Ciò implica la necessità di risolvere il problema del finanziamento degli eventuali sgravi fiscali sul fattore lavoro, e in particolare la riduzione degli oneri salariali complementari previsti dalla legge.

    2.2.3. Benché tali sgravi fiscali possano essere finanziati grazie a tagli della spesa pubblica, questi non sarebbero sufficienti: come fonti alternative di finanziamento possono essere contemplate le imposte indirette (imposte sui consumi), l'introduzione di aliquote minime per i prodotti energetici, l'esame dell'eventuale introduzione di tipi di imposta completamente nuovi, per esempio l'imposta «Tobin (2)

    (2) James Tobin. A proposal for international monetary reform, the eastern economic journal 4 (3-4), luglio/ottobre 1978, pagine 153-159.» legata ai mercati finanziari internazionali che è stata prospettata da noti economisti ed esperti di finanza.

    2.2.4. Per quanto spetti agli Stati membri valutare direttamente in quale misura ricorrere alla leva fiscale per conseguire gli obiettivi ambientali a livello nazionale, a giudizio del Comitato esiste manifestamente un ambito che rende necessario un intervento a livello comunitario. Si tratta dell'imposizione sull'energia, che di qui al 2000 è fra l'altro destinata ad assolvere un compito importante per stabilizzare le emissioni di CO2 al livello del 1990.

    Il Comitato si compiace delle proposte avanzate dalla Commissione per la tassazione dei prodotti energetici ().

    2.2.5. Esso ritiene che anche il ravvicinamento a livello europeo delle aliquote dell'imposta sul valore aggiunto possa contribuire a ridimensionare l'imposizione diretta sul fattore lavoro. Negli Stati membri in cui tale ravvicinamento comporta un aumento del carico delle imposte indirette occorre alleggerire contemporaneamente la pressione fiscale sul fattore lavoro. In tal modo il gettito fiscale rimane tendenzialmente invariato e si favorisce la creazione di posti di lavoro. Nel contempo vanno contemplate misure di accompagnamento per parare le conseguenze di un aggravio dell'imposizione indiretta per le fasce di reddito più basse.

    In proposito il Comitato rimanda al proprio parere (in preparazione) sul tema «Sistema comune dell'IVA - Programma per il mercato unico» e al parere riguardante «La fiscalità diretta e indiretta (1)

    (1) Parere del Comitato economico e sociale del 20 dicembre 1995; GU C 82 del 19. 3. 1996.».

    2.2.6. In sintesi il Comitato fa osservare che le possibilità di finanziamento citate, così come le misure di imposizione dei redditi da capitale menzionate di seguito, avranno effetti diversi sul gettito fiscale complessivo a seconda dello Stato membro e rappresentano perciò diverse possibilità di finanziare l'alleggerimento dei tributi che gravano sul fattore lavoro. Di conseguenza, ogni Stato membro deve adottare, nel quadro degli orientamenti formulati dalla Commissione, le misure di finanziamento che risultano più appropriate al suo caso.

    3. Erosione della base imponibile

    3.1. Analisi contenuta nei documenti della Commissione

    3.1.1. Rispetto a numerose altre politiche di integrazione europea la politica tributaria accusa un netto ritardo. In effetti, sotto il profilo tributario l'Europa presenta ancora normative estremamente disomogenee. A seguito dell'erosione degli imponibili, e in particolare di quelli più mobili, l'apparente difesa della sovranità nazionale in campo fiscale da parte degli Stati membri si è però tradotta, nella pratica, in una progressiva perdita reale di sovranità fiscale da parte dei singoli Stati membri. Sempre più questi si rubano l'un l'altro i contribuenti, o fanno in modo da sottrarli agli altri Stati membri, specie quando si tratta d'imprese.

    3.1.2. Riguardo alle imposte dirette, le possibilità di alleggerire la pressione fiscale effettiva globale sono essenzialmente due:

    In primo luogo, la delocalizzazione produttiva e delle basi imponibili in paesi con una bassa pressione fiscale allo scopo di approfittare del carico fiscale inferiore che grava sui proventi dei fattori. Per uno Stato ciò costituisce anzitutto un incentivo ad abbassare la pressione fiscale sulle imprese, perché già nel medio periodo il minor gettito fiscale che ne conseguirebbe potrebbe essere compensato dalle maggiori entrate tributarie e contributive ottenibili grazie ad una maggiore occupazione.

    In secondo luogo, la manipolazione dei costi di produzione intermedi per un prodotto finale praticata dalle società multinazionali applicando prezzi di compensazione interni onde trasferire i ricavi soggetti a tassazione in paesi a bassa pressione fiscale. Questa manipolazione è possibile perché tali prodotti intermedi non sono soggetti ad alcuna valutazione di mercato. Utilizzando prezzi di compensazione interni ci si sottrae in larga misura al controllo sugli abusi esercitato dalle autorità tributarie.

    3.1.3. Nemmeno le imposte indirette, molto più armonizzate di quelle dirette, sono esenti dal rischio dell'erosione fiscale. In proposito, il rischio per quanto concerne l'imposta sul valore aggiunto è soprattutto che, vigendo il principio del paese di destinazione, le imprese operanti in due o più Stati membri dispongano di un numero corrispondente di sedi fiscali. Diversamente dal caso della tassazione della cifra d'affari di un'impresa operante all'interno della Comunità in una sola località, per le imprese in tale situazione non esiste nell'UE un'autorità fiscale che abbia una visione d'insieme delle loro attività e che possa controllarle in una sede fiscale centrale. A ciò si aggiunge il fatto che, con il sempre maggior ricorso a servizi transfrontalieri, vengono utilizzate nuove tecnologie che permettono di trasferire la località in cui il giro d'affari è soggetto a tassazione verso aree al di fuori della sfera di applicazione geografica del sistema dell'imposta sul valore aggiunto. Per di più, le disparità delle aliquote fra i vari Stati membri inducono sempre di più all'elusione fiscale. I minori controlli sugli scambi transfrontalieri di merci provocano consistenti perdite del gettito dell'imposta sul valore aggiunto per i bilanci sia degli Stati membri sia dell'Unione europea.

    3.1.4. Il lavoro nero contribuisce all'erosione fiscale. In questo campo non va dimenticato che esistono sempre due controparti: quella che lavora da un lato e quella che gli fornisce il lavoro dall'altro.

    3.2. Raccomandazioni del Comitato

    3.2.1. Per l'Unione europea, il mercato unico e l'Unione monetaria europea è vitale eliminare e prevenire il dumping fiscale in Europa. Se da un lato una concorrenza equa fra i sistemi tributari volta a creare condizioni quadro vantaggiose nell'interesse dei lavoratori, delle imprese e dei consumatori costituisce un fattore positivo, una gara rovinosa fra i sistemi tributari, utile a pochi e dannosa per molti, rischia di avere un effetto dirompente per l'intera Unione europea:

    - quando, ad esempio, si pretendano apporti sempre maggiori alle casse dell'UE da parte dei contributori netti sottraendo loro al tempo stesso le fonti fiscali proprie di cui hanno urgentemente bisogno;

    - si stima che a causa del dumping fiscale i contributori netti perderanno dai 25 ai 30 miliardi di ecu all'anno ().

    3.2.2. Non ci si deve prefiggere come obiettivo della politica tributaria europea un'armonizzazione fine a se stessa dell'imposizione sulle imprese. Occorre piuttosto adottare provvedimenti per ovviare che il dumping fiscale fra gli Stati membri produca effetti dirompenti nell'UE.

    Il Comitato è favorevole alla fissazione di livelli minimi per l'aliquota delle imposte sulle società e ad un'armonizzazione minima dei criteri principali per la determinazione della base imponibile. Per osservazioni più circostanziate il Comitato rimanda al proprio parere dal titolo «Fiscalità diretta e indiretta (2)

    (2) Parere del Comitato economico e sociale del 20 dicembre 1995; GU C 82 del 19. 3. 1996.».

    3.2.3. Alla luce del principio di sussidiarietà il Comitato giudica auspicabile procedere come per le sovvenzioni dirette. Queste continuano a rientrare nella sfera di competenze degli Stati membri, mentre alla Commissione spetta controllare il rispetto delle regole di concorrenza. Una verifica del genere è necessaria anche a livello fiscale. Il controllo delle misure fiscali di sostegno sinora praticato non consegue l'obiettivo perseguito perché questo tipo di verifica si limita agli scostamenti dai sistemi generali degli Stati membri. In questo non si tiene conto del fatto che nella situazione attuale le disparità fra i singoli sistemi tributari provocano persino distorsioni di concorrenza che in taluni casi comportano conseguenze ancor più gravi delle distorsioni di concorrenza accentuate da talune agevolazioni fiscali.

    3.2.4. Ora come ora uno Stato membro non può, da solo, eliminare né tutti gli ostacoli fiscali, né le singole cause responsabili dell'erosione fiscale. Secondo il Comitato, in una situazione del genere l'inerzia non costituisce una soluzione adeguata. Nel totale rispetto del principio di sussidiarietà la Commissione deve vagliare questi problemi, che gli Stati membri non sono in grado di risolvere da soli, e proporre possibili soluzioni.

    3.2.5. L'unanimità richiesta in sede di Consiglio per le decisioni riguardanti l'ambito tributario costituisce manifestamente un ostacolo a progressi del necessario riorientamento in materia impositiva per tener conto delle esigenze del mercato interno. È un fatto evidenziato dal gran numero d'importanti proposte della Commissione su temi fiscali bloccate in sede di Consiglio.

    Il Comitato ritiene però che alla Commissione non manchino affatto gli strumenti. A norma dell'articolo 101 del Trattato CE essa è persino tenuta a rimuovere disparità delle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative degli Stati membri che falsano la concorrenza nel mercato interno. Tali casi devono essere esaminati dal Consiglio. In linea di principio questo deve decidere all'unanimità; tuttavia, se non riesce ad addivenire ad un accordo, esso può pronunciarsi anche a maggioranza qualificata su proposta della Commissione.

    Il Comitato giudica necessario che la Commissione intervenga con la massima sollecitudine a norma dell'articolo 101.

    4. Evasione fiscale

    4.1. Analisi contenuta nei documenti della Commissione

    Il problema dell'evasione fiscale si pone non da ultimo per l'imposizione che grava sui redditi da risparmio (interesse). Si tratta della base imponibile più mobile in assoluto, e l'esperienza dimostra che un'imposizione differenziata può causare serie distorsioni nelle allocazioni e nei flussi di capitali. Con la soppressione del rischio di cambio e la riduzione dei differenziali dei tassi d'interesse che accompagnano la terza fase dell'UEM tali differenze d'imposizione rischiano di essere sfruttate ancor più di quanto non lo siano ora.

    4.2. Raccomandazioni del Comitato

    4.2.1. Con l'avanzare dell'armonizzazione del mercato interno le differenze tra sistemi tributari diventano sempre più percettibili e influiscono sempre più sulle decisioni degli operatori economici. In linea di principio in tale contesto si considera che un'armonizzazione minima delle imposte e delle basi imponibili sia più necessaria nel settore in cui la base imponibile è più mobile, ossia quello dei redditi da capitale quali gli interessi e i dividendi.

    4.2.2. Al fine di frenare la concorrenza in campo tributario, reperire i mezzi necessari alla creazione di posti di lavoro ed evitare di ostacolare l'Unione europea sui mercati finanziari internazionali, il Comitato raccomanda di adottare le seguenti misure, nella cui attuazione si deve tener conto dei vincoli imposti dalla situazione internazionale:

    4.2.2.1. Introdurre il concetto di «residente europeo». È ormai inconcepibile che da un lato vengano eliminate le frontiere interne europee e che dall'altro all'interno degli Stati membri si operino distinzioni, come quella tra «residenti» e «non residenti», che presuppongono l'esistenza di frontiere.

    4.2.2.2. Adottare un approccio europeo e internazionale nell'ambito della tassazione dei redditi da risparmio. Nell'adottare le relative misure si devono rispettare le differenze esistenti in materia tra gli Stati membri (ritenuta d'acconto oppure obbligo di notifica) e si deve fare attenzione a non favorire un sistema rispetto ad un altro. Agli Stati membri in cui l'imposta viene riscossa tramite l'obbligo di notifica deve essere garantito che i redditi da risparmio conseguiti dai propri residenti in un altro Stato membro vengano dichiarati.

    Viceversa, agli Stati membri che applicano la ritenuta d'acconto deve essere garantito che gli altri Stati membri riscuotano una ritenuta d'acconto sui redditi da risparmio dei loro residenti oppure che gli interessi percepiti dai loro residenti in altri Stati membri vengano sistematicamente dichiarati.

    4.2.2.3. Una normativa del genere permetterebbe agli Stati membri di scegliere tra l'introduzione di una ritenuta d'acconto e la dichiarazione sistematica alle autorità dello Stato membro di residenza del risparmiatore degli interessi e dei dividendi che gli sono stati versati.

    4.2.2.4. All'interno dell'UE vengono soppresse le oasi fiscali situate sul territorio nazionale degli Stati membri. Allo stesso modo va negoziata la regolarizzazione delle «exclave» dell'Unione europea e dei centri off-shore esotici.

    4.2.2.5. Poiché il risparmio defluisce verso paesi terzi, anche a livello dell'OCSE va cercata una soluzione che, sulla base di quella raggiunta nell'UE, preveda una ritenuta d'acconto oppure lo scambio di informazioni.

    4.2.3. Il Comitato concorda con i rappresentanti personali dei ministri delle finanze sulla necessità di dare priorità ad una più stretta collaborazione fra le autorità tributarie nei casi di evasione ed elusione fiscale. Tale collaborazione non deve tuttavia limitarsi a scambi di esperienze sul modo migliore per ovviare all'evasione fiscale, bensì deve puntare anche al rafforzamento delle misure di controllo e di assistenza reciproca fra le autorità tributarie degli Stati membri. In proposito deve essere anche possibile mettere a punto controlli fiscali in comune per le attività economiche transfrontaliere.

    4.2.4. Contenere l'evasione fiscale significa nel contempo contribuire al finanziamento degli sgravi fiscali sul lavoro negli Stati che accusano emorragie del risparmio e quindi un assottigliamento della base imponibile per la tassazione degli interessi.

    4.2.5. Per ulteriori precisazioni il Comitato rimanda al proprio parere sul tema «La fiscalità diretta e indiretta (1)

    (1) Parere del Comitato economico e sociale del 20 dicembre 1995; GU C 82 del 19. 3. 1996.».

    5. Strategia della Commissione per l'avvenire

    5.1. Prese di posizione della Commissione

    5.1.1. Sulla base delle conclusioni dei rappresentanti dei ministri delle Finanze dell'UE la Commissione ha messo a punto «una strategia per l'avvenire».

    5.1.2. I rappresentanti personali hanno sottolineato la necessità di un maggiore coordinamento. Ricollegandosi a ciò, la Commissione ha proposto di creare un nuovo Forum permanente per lo studio delle questioni strategiche di politica fiscale, in modo da permettere agli Stati membri e alla Commissione di scambiare informazioni e di studiare i problemi fiscali. La proposta è stata accolta con favore dal Consiglio europeo di Dublino del dicembre 1996. Il Forum, presieduto dal Commissario Monti, riunisce alti rappresentanti dei ministri delle Finanze degli Stati membri. In relazione alla concorrenza fiscale la Commissione spera che i lavori del Forum le forniranno lo spunto per iniziative nei seguenti settori:

    - promuovere un consenso sul tipo di provvedimenti fiscali da considerare controproducenti nel contesto comunitario;

    - definire norme comuni («codice di comportamento») per determinati ambiti;

    - coordinare i provvedimenti delle autorità tributarie nazionali diretti a prevenire una concorrenza fiscale contraria all'interesse generale; e infine

    - intensificare la cooperazione fra le autorità tributarie nella lotta contro l'evasione e l'elusione fiscale.

    5.1.3. Nel contesto del «Forum» saranno analizzate le problematiche seguenti:

    - il ruolo delle convenzioni in materia di doppia imposizione e la possibilità di un loro coordinamento;

    - la semplificazione del regime fiscale delle imprese, in particolare delle PMI;

    - l'interazione imposte/contributi sociali, in particolare nel caso dei lavoratori transfrontalieri; e

    - la tassazione dei servizi internazionali e le incidenze fiscali delle nuove tecnologie.

    5.1.4. La Commissione propone d'integrare i lavori del Forum con l'esame di possibili iniziative dirette a sviluppare sistemi tributari che rispondano alle esigenze della Comunità e soprattutto a quella di un corretto funzionamento del mercato interno.

    5.2. Raccomandazioni del Comitato

    5.2.1. Il Comitato appoggia la strategia della Commissione per l'avvenire e raccomanda alla Commissione di avvalersi al tempo stesso dell'articolo 101 del Trattato CE (cfr. Allegato 1) onde smussare strategie dirette a bloccare i progressi nel ravvicinamento delle politiche tributarie al livello dell'Unione europea.

    5.2.2. Il Comitato si compiace delle iniziative annunciate dalla futura presidenza lussemburghese riguardo alla politica tributaria europea nella speranza di attivare una soluzione dei problemi menzionati nel presente parere.

    5.2.3. Il Comitato trasmette alla Commissione, nell'allegato al presente parere, possibili esempi di modifiche del Trattato CE dirette a concedere una maggiore libertà di manovra in tema di politica tributaria. Il Comitato sottolinea il valore puramente esemplificativo dell'allegato, che contiene spunti di riflessione piuttosto che raccomandazioni vincolanti (cfr. Allegato 2).

    Bruxelles, 9 luglio 1997.

    Il Presidente del Comitato economico e sociale

    Tom JENKINS

    () «Proposta di direttiva del Consiglio che ristruttura il quadro comunitario per l'imposizione dei prodotti energetici», COM(97) 30 def. - 97/0111 CNS.

    () Fonte: Ministero delle finanze della Repubblica federale di Germania, Bonn (dati citati sulla stampa).

    ALLEGATO I

    Articolo 101

    (Riguardo alle disposizioni che falsano la concorrenza)

    Qualora la Commissione constati che una disparità esistente nelle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative degli Stati membri falsa le condizioni di concorrenza sul mercato comune e provoca, per tal motivo, una distorsione che deve essere eliminata, essa provvede a consultarsi con gli Stati membri interessati.

    Se attraverso tale consultazione non si raggiunge un accordo che elimini la distorsione in questione, il Consiglio stabilisce, su proposta della Commissione, le direttive all'uopo necessarie, deliberando all'unanimità durante la prima tappa e a maggioranza qualificata in seguito. La Commissione e il Consiglio possono adottare ogni altra opportuna misura prevista dal presente trattato.

    ALLEGATO II

    1. Articolo 7A

    >S>La Comunità adotta le misure destinate all'instaurazione progressiva del mercato interno nel corso di un periodo che scade il 31 dicembre 1992, conformemente alle disposizioni del presente articolo e degli articoli 7 B, 7 C e 28, dell'articolo 57, paragrafo 2, dell'articolo 59, dell'articolo 70, paragrafo 1, e degli articoli 84, 99, 100 A e 100 B e senza pregiudizio delle altre disposizioni del presente trattato.>/S>

    Il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali secondo le disposizioni del presente trattato. Sono incompatibili con il mercato interno sia le doppie imposizioni, sia l'assenza d'imposizione; qualora nessun altro Stato abbia diritto a prelievi fiscali, per l'imposizione il potere tributario incombe allo Stato di residenza.

    2. Articolo 73D

    1. Le disposizioni dell'articolo 73 B non pregiudicano il diritto degli Stati membri:

    a) di applicare le pertinenti disposizioni della loro legislazione tributaria in cui si opera una distinzione tra che prevedono diverse procedure tributarie per i contribuenti che non si trovano nella medesima situazione per quanto riguarda il loro luogo di residenza o il luogo di collocamento del loro capitale; ciò non deve tuttavia comportare alcuna disparità in termini di carico fiscale;

    b) di prendere tutte le misure necessarie per impedire le violazioni della legislazione e delle regolamentazioni nazionali, in particolare nel settore fiscale e in quello della vigilanza prudenziale sulle istituzioni finanziarie, o di stabilire procedure per la dichiarazione dei movimenti di capitali a scopo di informazione amministrativa o statistica, o di adottare misure giustificate da motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.

    2. Le disposizioni del presente capo non pregiudicano l'applicabilità di restrizioni in materia di diritto di stabilimento compatibili con il presente trattato.

    3. Le misure e le procedure di cui ai paragrafi 1 e 2 non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al libero movimento dei capitali e dei pagamenti di cui all'articolo 73B.

    3. Articolo 99

    Il Consiglio, deliberando in base alla procedura prevista dall'articolo 189B, >S>all'unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo e>/S> del Comitato economico e sociale, adotta le disposizioni che riguardano >S>l'armonizzazione delle legislazioni relative alle imposte sulla cifra d'affari, alle imposte di consumo ed altre imposte indirette, nella misura in cui detta armonizzazione sia necessaria per assicurare l'instaurazione ed il funzionamento del mercato interno entro il termine previsto dall'articolo 7A.>/S> l'imposta sul valore aggiunto.

    4. Articolo 100

    >S>Il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale, stabilisce direttive volte al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che abbiano un'incidenza diretta sull'instaurazione o sul funzionamento del mercato comune.>/S>

    5. Articolo 100 A

    >S>1. In deroga all'articolo 100 e salvo che il presente trattato non disponga diversamente, si applicano le disposizioni seguenti per la realizzazione degli obiettivi dell'articolo 7A.>/S> Il Consiglio, deliberando in conformità della procedura di cui all'articolo 189 B e previa consultazione del Comitato economico e sociale, adotta le misure relative al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che hanno per oggetto l'instaurazione ed il funzionamento del mercato interno.

    2. Oltre al caso previsto nell'articolo 189 B, paragrafo 3, ultima parte della prima frase il Consiglio delibera pure all'unanimità sulle disposizioni relative ad imposte che non affluiscono né interamente, né parzialmente, nel bilancio comunitario, sulle disposizioni. >S>Il paragrafo 1 non si applica alle disposizioni fiscali, a quelle>/S> relative alla libera circolazione delle persone a su quelle relative ai diritti ed interessi dei lavoratori dipendenti quando ciò sia richiesto da almeno due Stati membri; ove venga presentata una richiesta in tal senso il Consiglio prende all'unanimità anche le eventuali decisioni successive (articolo 189 B, paragrafi 5 e 6).

    6. Articolo 130 S

    1. Il Consiglio, deliberando in conformità della procedura di cui all'articolo 189 C e previa consultazione del Comitato economico e sociale, decide in merito alle azioni che devono essere intraprese dalla Comunità per realizzare gli obiettivi dell'articolo 130 R.

    2. In deroga alla procedura decisionale di cui al paragrafo 1 e fatto salvo l'articolo 100 A, il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale, adotta:

    - disposizioni aventi principalmente natura fiscale, qualora ne facciano richiesta almeno due Stati membri, e ciò nel caso d'imposte che non affluiscono né interamente né parzialmente nel bilancio comunitario;

    - le misure concernenti l'assetto territoriale, la destinazione dei suoli, ad eccezione della gestione dei residui e delle misure di carattere generale, nonché la gestione delle risorse idriche;

    - le misure aventi una sensibile incidenza sulla scelta di uno Stato membro tra diverse fonti di energia e sulla struttura generale dell'approvvigionamento energetico del medesimo.

    Il Consiglio, deliberando alle condizioni stabilite nel primo comma, può definire le materie cui è fatto riferimento nel presente paragrafo sulle quali le decisioni devono essere prese a maggioranza qualificata.

    3. In altri settori il Consiglio, deliberando in conformità della procedura di cui all'articolo 189 B e previa consultazione del Comitato economico e sociale, adotta programmi d'azione generali che fissano gli obiettivi prioritari da raggiungere.

    Il Consiglio, deliberando alle condizioni previste dal paragrafo 1 o, secondo i casi, dal paragrafo 2, adotta le misure necessarie all'attuazione di tali programmi.

    7. Articolo 220

    Gli Stati membri avvieranno fra loro, per quanto occorra, negoziati intesi a garantire, a favore dei loro cittadini:

    - la tutela delle persone, come pure il godimento e la tutela dei diritti alle condizioni accordate da ciascuno Stato ai propri cittadini,

    - >S>l'eliminazione della doppia imposizione fiscale all'interno della Comunità;>/S>

    - >S>il reciproco riconoscimento delle società a mente dell'articolo 58, comma secondo, il mantenimento della personalità giuridica in caso di trasferimento della sede da un paese a un altro e la possibilità di fusione di società soggette a legislazioni nazionali diverse;>/S>

    - la semplificazione delle formalità cui sono sottoposti il reciproco riconoscimento e la reciproca esecuzione delle decisioni giudiziarie e delle sentenze arbitrali.

    Senza pregiudizio dei provvedimenti a norma dell'articolo 100 A, gli Stati membri possono stipulare fra di loro accordi sull'attuazione pratica del divieto della doppia imposizione (articolo 7A); informano la Commissione di tali provvedimenti e a sua volta essa li porta a conoscenza degli altri Stati membri.

    ALLEGATO III al parere del Comitato economico e sociale

    (conformemente all'articolo 47 del Regolamento interno)

    Gli emendamenti che seguono, che hanno ottenuto oltre il 25 % dei voti, sono stati respinti dal Comitato nel corso del dibattito:

    Testo dell'intero parere

    Sostituire l'intero testo con quanto segue:

    «1. Introduzione

    1.1. La politica tributaria è un tema molto complesso e intricato. Nel presente parere il Comitato si limita ad esaminare i documenti SEC (96) 487 def. e COM(96) 546 def. Sceglie quindi di affrontare solo le principali questioni fiscali di natura macroeconomica e di trattare le questioni settoriali solo laddove sollevino questioni di importanza più generale.

    1.2. Il documento parte da un dato di fatto: il numero di disoccupati nell'UE si aggira attorno ai 20 milioni e il problema ha rivelato un notevole grado di resistenza a tutti i tentativi di risolverlo o anche di alleviarne gli effetti. Di conseguenza il tema della politica tributaria europea viene impostato da un unico punto di vista: come sia possibile strutturarla in modo ottimale per contribuire alla soluzione di quello che oggi va considerato il problema più grave e più urgente dell'UE.

    1.3. La natura strutturale del problema e il fatto che l'evoluzione attuale presenti pochi segni di miglioramento sottolineano la necessità di una riflessione approfondita e di una nuova impostazione invece della riproposta delle solite "soluzioni" che finora hanno fallito miseramente.

    1.4. A tale proposito il Comitato sottoscrive quanto afferma la Commissione a proposito del Patto di fiducia per l'occupazione del Presidente Santer, "sottolineando in particolare la necessità di invertire la tendenza dei sistemi tributari ad influire negativamente sull'occupazione, nell'ambito di una strategia globale volta a creare nuovi posti di lavoro nell'Unione."

    1.5. Come fa osservare il documento della Commissione, il Consiglio europeo di Firenze ha anche chiesto al Consiglio "di presentare, prima del Consiglio europeo di Dublino, una relazione sull'evoluzione dei sistemi fiscali all'interno dell'Unione, tenendo conto della necessità di creare un ambiente fiscale che stimoli l'impresa e la creazione di posti di lavoro..."

    1.6. In ultima analisi la creazione di posti di lavoro dipende dalla durata della crescita economica, che può essere conseguita nel modo più efficace riducendo il duplice onere dell'eccesso di imposizione e di regolamentazione che grava sul settore privato creatore di ricchezza. Se non sarà riconosciuta questa verità fondamentale, le altre misure volte a ridurre la disoccupazione risulteranno inefficaci e l'Europa sarà condannata ad essere afflitta dalla disoccupazione a tempo indeterminato.

    2. I documenti della Commissione

    2.1. La Commissione ha proposto una nuova visione globale della politica tributaria nel documento di riflessione "La politica tributaria nell'Unione europea" del 20 marzo 1996. In tale occasione, la Commissione ha rammentato, in particolare, le principali sfide che l'Unione europea deve affrontare: promuovere la crescita e l'occupazione, stabilizzare i sistemi tributari e completare il mercato unico.

    2.1.1. Alla riunione informale del Consiglio ECOFIN svoltasi a Verona il 13 aprile, i ministri delle Finanze hanno accolto favorevolmente il documento della Commissione e hanno concordato sulla necessità di proseguire la riflessione su queste questioni nell'ambito di un Gruppo ad alto livello che doveva essere costituito e coordinato dalla Commissione.

    2.1.2. Il Gruppo ad alto livello si è riunito quattro volte, alla presenza, tra l'altro, di rappresentanti del Segretariato del Consiglio.

    2.2. Nella "Relazione sullo sviluppo dei sistemi tributari" del 22 ottobre 1996, la Commissione espone le conclusioni raggiunte dal Gruppo nelle quattro riunioni in merito alle questioni sollevate nel documento destinato al Consiglio di Verona, una sua valutazione di tali questioni e quello che ritiene essere il percorso da seguire in futuro.

    2.2.1. La Commissione evidenzia che qualsiasi proposta di azione comunitaria nel settore tributario deve tener conto pienamente dei principi della sussidiarietà e della proporzionalità. Il suo obiettivo non è un'armonizzazione fine a sé stessa dei sistemi tributari.

    2.2.1.1. Il Gruppo ad alto livello in generale si è mostrato poco propenso ad introdurre in questa fase aliquote o basi imponibili minime per l'imposta sulle società, anche nel contesto dell'obiettivo globale di garantire un livello minimo di imposizione effettiva nell'Unione.

    2.2.2. La Commissione ritiene che per una migliore collaborazione a livello comunitario occorra costituire un gruppo permanente nel quale gli Stati membri e la Commissione stessa possano scambiare informazioni sulle politiche tributarie e passarle in rassegna. Ad un gruppo del genere, presieduto dalla Commissione, potrebbe essere affidato il compito di presentare una visione strategica d'insieme delle politiche tributarie e dei lavori svolti dai comitati specializzati esistenti. Dovrebbe aiutare ad individuare le iniziative chiave, legislative o di altro tipo, che potrebbero contribuire alla realizzazione di obiettivi essenziali dell'UE salvaguardando nel contempo la capacità di riscossione degli Stati membri.

    2.2.3. Uno scambio di informazioni più ampio in merito alle politiche ed alle misure vigenti in altri Stati membri dovrebbe permettere al gruppo di trattare il tema della concorrenza fiscale. In tal senso, la Commissione promuoverà una serie di iniziative con i seguenti obiettivi:

    - raggiungere un accordo di massima sui tipi di misure da considerare dannose in un contesto comunitario;

    - definire norme comuni in tutta una serie di settori (un "codice di comportamento");

    - introdurre un maggiore coordinamento tra le misure prese dalle autorità tributarie degli Stati membri allo scopo di impedire che la concorrenza fiscale danneggi l'interesse comune; e

    - rafforzare la collaborazione tra le autorità tributarie nella lotta congiunta contro l'evasione e le frodi fiscali.

    2.2.4. Il gruppo potrebbe anche esaminare le principali implicazioni per le politiche tributarie di alcune questioni specifiche, per esempio:

    - il ruolo, il funzionamento e l'eventuale coordinamento degli accordi sulla doppia imposizione;

    - la semplificazione del contesto fiscale delle PMI e delle altre aziende;

    - l'interazione tra le imposte e i contributi sociali, in particolare per i lavoratori transfrontalieri; e

    - l'imposizione dei servizi internazionali e l'impatto delle nuove tecnologie.

    2.2.5. È inoltre necessario studiare ulteriormente l'interazione tra l'imposizione fiscale e gli obiettivi comuni promossi dalla Comunità, quali l'impresa, l'occupazione e l'ambiente.

    2.2.5.1. Il documento della Commissione riconosce che l'impresa rappresenta un fattore essenziale di crescita, di prosperità e di occupazione nell'Unione europea. È indispensabile offrire alle imprese un ambiente atto a favorirne la crescita per mantenere e rafforzare la competitività dell'Unione a livello mondiale. Il mercato unico svolge un ruolo di fondamentale importanza in questo contesto; l'imposizione è considerata uno degli ambiti più importanti nei quali esso non è stato ancora pienamente realizzato. I sistemi tributari, pur dovendo consentire lo sviluppo di attività economiche transfrontaliere all'interno dell'Unione, devono nel contempo garantire che queste non diano luogo a doppia imposizione né ad evasione fiscale.

    2.2.5.2. Nell'ambito della promozione dell'occupazione, si rileva un'ampia intesa sulla necessità di invertire la tendenza delle strutture impositive a gravare sempre più sul lavoro rispetto alle altre basi imponibili. La Commissione sottolinea che, conformemente al principio della sussidiarietà, gli Stati membri dovrebbero godere di una certa flessibilità nella scelta del metodo per ridurre l'imposizione sul lavoro e dei mezzi per finanziare tale riduzione. La Commissione ritiene che, sul lungo periodo, coordinare le misure tributarie e presentarle come parte di un tentativo di ridurre la disoccupazione in tutta l'Unione possa risultare molto vantaggioso. Ritiene inoltre cruciale convincere gli operatori economici che le strutture impositive d'ora in poi saranno orientate verso la promozione dei posti di lavoro. È necessario creare un clima idoneo alla creazione di posti di lavoro riducendo il carico fiscale in generale, e quindi anche per le imprese.

    2.2.5.3. Per quanto riguarda l'ambiente, la Commissione riconosce che occorre studiare la possibilità di ricorrere maggiormente alle imposte energetiche e ambientali, ma le esperienze in atto dimostrano che il miglior modo per raggiungere obiettivi ambientali spesso consiste nel combinare questi strumenti fiscali con altri provvedimenti, utilizzati in modo coerente, per modificare i comportamenti. Nella scelta degli strumenti, gli effetti sulla competitività, sull'occupazione e sull'ambiente dovrebbero essere valutati con attenzione.

    2.2.6. Poiché le PMI sono la fonte principale di nuovi posti di lavoro nell'Unione, le politiche tributarie dovrebbero anche promuovere e sostenere la loro capacità di creare occupazione.

    2.2.7. La Commissione caldeggia l'introduzione di una ritenuta alla fonte minima sulla falsariga di quella che aveva proposto nel 1989 come primo passo per ravvicinare i regimi d'imposizione sui redditi da risparmio.

    2.2.8. Anche in mancanza di nuove leggi, il numero di cause in materia di imposizione sottoposte ai tribunali, a livello nazionale e della Corte europea di Giustizia, continua a crescere. La Commissione esprime preoccupazione per il fatto che, se le sentenze della Corte non saranno integrate da altri strumenti, i sistemi tributari della Comunità rischiano di svilupparsi in modo frammentario.

    2.2.9. Alla luce dell'analisi e delle linee di intervento esposte finora, la Commissione giudica urgentemente necessari progressi rispetto sia alle singole questioni sia all'orientamento di massima delle politiche tributarie.

    3. Osservazioni generali

    3.1. Il Comitato concorda con il contenuto di massima delle proposte della Commissione.

    3.2. In molti paesi dell'UE le imposte che gravano sul lavoro sono elevate e ciò porta la media dell'UE al 23,5 % circa del PIL, una percentuale più alta di quella, per esempio, degli Stati Uniti (19,4 %) e del Giappone (16,6 %). All'interno dell'UE sussistono ampie differenze; la percentuale varia dal 14 % della Grecia al 32 % della Svezia.

    3.2.1. È da ipocriti fingere che un aumento dell'imposizione sul lavoro, a carico del datore di lavoro o del dipendente, non sia dannosa per le prospettive occupazionali.

    3.2.1.1. Nella misura in cui le imposte sono a carico del datore di lavoro, aumentano il costo dell'assunzione di manodopera e riducono la domanda. Analogamente, i tentativi di "proteggere" l'occupazione incrementando il costo dei licenziamenti a carico del datore di lavoro (il che equivale in pratica ad un altra forma di imposizione sul lavoro, poiché le erogazioni dei datori di lavoro sostituiscono in parte i versamenti che altrimenti toccherebbero allo Stato) fanno sì che i datori di lavoro siano in partenza meno propensi ad assumere manodopera.

    3.2.1.2. Laddove le imposte sul lavoro siano a carico dei dipendenti, queste ne determinano una riduzione del reddito netto disponibile e, di conseguenza, del potere d'acquisto. Hanno inoltre un effetto inflazionistico, in quanto incentivano la richiesta di aumenti salariali che compensino l'abbassamento del tenore di vita dei lavoratori; se l'aumento salariale non è accompagnato da un incremento parallelo della produttività, fa lievitare i costi per il datore di lavoro, riduce la competitività dell'impresa e compromette ulteriormente la crescita economica e le prospettive occupazionali.

    3.2.2. Il Comitato conclude pertanto che il calo delle imposte gravanti sul lavoro, siano esse applicate al lavoratore dipendente o al datore di lavoro, contribuirebbe in maniera rilevante e positiva a ridurre gli attuali livelli di disoccupazione nell'UE.

    3.2.3. Tale effetto positivo verrebbe tuttavia fortemente attenuato qualora il calo delle imposte gravanti sul lavoro si traducesse in uno spostamento della pressione fiscale su altre forme di tassazione delle società. È necessario ridurre il carico complessivo dell'imposizione diretta sulle persone e dell'imposizione sulle imprese al fine di stimolare la crescita economica e creare una maggiore domanda di manodopera.

    3.2.3.1. In particolare, il Comitato si oppone all'introduzione di nuove imposte sulle tecnologie dell'informazione, ad esempio su Internet o sui bit, o sui servizi finanziari (imposta Tobin).

    3.2.3.2. Le imposte sulla tecnologia dell'informazione equivarrebbero a una tassazione sull'apprendimento e ostacolerebbero in misura notevole i tentativi dell'Unione europea di raggiungere il livello di sviluppo tecnologico già conseguito da altri importanti paesi. In un momento in cui i governi di altri paesi spendono miliardi di dollari per promuovere la competenza informatica dei propri cittadini, non è logico che l'UE pensi di agire a detrimento della collettività, tassando gli strumenti atti ad acquisire conoscenze.

    3.2.3.3. Un'imposta Tobin rischierebbe di pregiudicare la competitività degli Stati membri dell'UE sui mercati finanziari mondiali, poiché ciò indurrebbe a delocalizzare molte attività in territori off-shore, con una conseguente perdita di posti di lavoro e di competenza in materia di finanza internazionale.

    3.3. Diverse ragioni rendono auspicabile un'armonizzazione delle imposte, alcune buone e altre meno. L'obiettivo dell'uniformità non è una buona ragione quando è fine a se stesso. Il Comitato nota quindi con soddisfazione che la Commissione non intende armonizzare in maniera indiscriminata, e che essa sottoscrive i principi di sussidiarietà e di proporzionalità.

    3.3.1. Pur riconoscendo che l'armonizzazione delle imposte è, a termine, un obiettivo legittimo e un corollario inevitabile dell'Unione economica e monetaria, il Comitato invita alla cautela. Fino a quando i singoli Stati membri continueranno a distinguersi per modelli e risultati economici diversi, i governi nazionali dovranno essere liberi di adattare le proprie politiche fiscali per ottemperare alle necessità finanziarie delle economie nazionali. Ad esempio, una strategia che in un determinato momento sia valida per la Germania può non esserlo per il Portogallo nello stesso periodo, né per la stessa Germania in un periodo diverso. Prima che gli Stati membri riescano ad armonizzare le proprie aliquote fiscali, il grado di convergenza necessario tra le economie nazionali sarà di gran lunga superiore a quello fissato dal Trattato di Maastricht, che, benché limitato, è a sua volta ancora lungi dall'essere raggiunto.

    3.3.2. Ad ogni modo, l'armonizzazione delle aliquote fiscali è inutile se non si armonizzano altresì le basi imponibili, le strutture, i sistemi, le norme fiscali e la loro interpretazione. Infatti, in mancanza di un'applicazione uniforme, la presenza di aliquote uniformi può accentuare le distorsioni, anziché ridurle.

    3.3.3. Nel quadro del mercato unico, le differenze d'interpretazione e d'applicazione tra i vari sistemi fiscali ostacolano il commercio transfrontaliero e il completamento del mercato unico molto più di quanto non facciano le disparità fra le aliquote.

    3.3.3.1. Queste sono perfettamente compatibili con i mercati liberi e aperti. Negli USA, in Canada e in Svizzera, le società e le persone sono tassate sia dai governi federali che dai singoli Stati, province e cantoni, in base ad aliquote effettive globali molto diversificate.

    3.3.3.2. Nell'ambito dell'obiettivo generale di ridurre il carico fiscale, il Comitato ritiene che una misura di armonizzazione avrebbe effetto positivo. Reputa inoltre che gli sforzi tesi all'armonizzazione dovrebbero concentrarsi sull'eliminazione dei fattori che, a quanto è dato constatare, ostacolano la creazione di un effettivo mercato unico, specie in materia di IVA e d'imposte sulle società, riducendo i costi che gli adempimenti ai vari tipi d'imposta comportano per i contribuenti, proteggendo le transazioni transfrontaliere dagli effetti delle battaglie giurisdizionali tra le autorità tributarie e abolendo la discriminazione contro le società che conseguono utili all'estero e che subiscono una doppia imposizione a causa della mancata imputazione delle imposte pagate altrove. Una volta introdotte tali misure, si potrà ottenere una visione molto più chiara dell'esigenza e della portata dei successivi livelli di armonizzazione.

    3.3.3.3. Il Comitato sottoscrive quindi le proposte della Commissione di istituire un gruppo permanente che si occupi delle questioni esposte nel documento. Ritiene che gli ambiti che offrono le maggiori possibilità di progressi sostanziali a breve termine siano la definizione di norme comuni, un maggiore coordinamento dei sistemi fiscali, una migliore cooperazione nella lotta alla frode fiscale, la semplificazione del contesto tributario e il funzionamento delle convenzioni in materia di doppia imposizione. Reputa inoltre che, considerate nel complesso, tali questioni costituiscano un'agenda tale da contribuire in maniera effettiva ad accelerare la realizzazione del mercato unico.

    3.4. Il Comitato condivide il rifiuto da parte del gruppo ad alto livello di proporre in questa fase l'imposizione di aliquote fiscali o basi imponibili minime per le società. Nessuna politica tributaria europea va concepita isolatamente: occorre invece tener conto delle politiche e delle tendenze in atto a livello mondiale. Chi cerca di imporre aliquote fiscali minime nell'UE ignora questa realtà.

    3.5. Il Comitato non concorda con la proposta della Commissione di applicare una ritenuta d'acconto minima sugli interessi dei risparmi. Nel parere sulla "Fiscalità diretta e indiretta (1), il Comitato ha sostenuto che un approccio europeo a tale problematica

    (1) Parere del Comitato economico e sociale del 20. 12. 1995; GU C 82 del 19. 3. 1996." deve tener conto delle disparità esistenti tra gli Stati membri in materia di prelievi fiscali sui redditi da risparmio (ritenuta d'acconto oppure obbligo di notifica); non devono inoltre risultarne vantaggi per un sistema a scapito di un altro. Tale posizione viene ribadita.

    3.5.1. L'introduzione di una ritenuta d'acconto uniforme su scala europea farebbe defluire i capitali verso paesi con aliquote d'imposizione inferiori, e tale deflusso potrebbe essere arginato solo ripristinando controlli efficienti sugli scambi. Tali controlli tuttavia emarginerebbero l'Europa sui mercati finanziari mondiali e si ripercuoterebbero in maniera quanto mai dannosa sulla crescita economica dell'Unione europea.

    4. Conclusioni

    4.1. I governi, per adempiere al proprio ruolo nell'ambito di un'economia moderna con servizi pubblici ben sviluppati, devono considerare prioritaria la spesa pubblica e incrementare il gettito fiscale. Inevitabilmente, tali attività impongono all'economia un onere ridistributivo e hanno effetti che ostacolano gli incentivi ad un'accelerazione della crescita economica. Il Comitato ritiene che bisognerebbe sforzarsi di individuare i mutamenti sostanziali e tempestivi in taluni settori, specialmente nell'ambito delle politiche tributarie, in cui le azioni statali possono incidere negativamente sulla crescita economica, senza pregiudicare quel livello di protezione sociale che contraddistingue il modello sociale europeo.

    4.1.1. Secondo il Comitato, qualora non si riuscisse a conseguire tale obiettivo, l'Unione europea continuerebbe a registrare risultati economici inferiori rispetto ai suoi maggiori concorrenti mondiali, quali gli USA, il Giappone e i paesi emergenti dell'area pacifica. Tale calo non solo frustrerebbe l'aspirazione ad ampliare e a perfezionare il modello sociale europeo, ma pregiudicherebbe altresì il mantenimento degli attuali livelli di protezione sociale. Inoltre, esso potrebbe aggravare ulteriormente il tasso di disoccupazione in Europa, anziché ridurlo, e ingenerare tensioni sociali superiori alla capacità di resistenza del tessuto dell'unità europea.

    4.1.2. Il Comitato ritiene pertanto che, in sé, ridurre le aliquote non sia pericoloso, a condizione che si adottino misure per evitare le distorsioni create da una concorrenza sleale. Infatti, confrontando le esperienze dei vari regimi tributari applicati nel mondo si evidenzia che, paradossalmente, il gettito fiscale complessivo aumenta col diminuire delle aliquote d'imposta, specie nel caso delle imposte sulle società e sui redditi delle persone, e che il gettito massimo di tali imposte si ottiene con un'aliquota di circa il 18 %.

    4.1.3. Le argomentazioni a sostegno dell'imposizione nell'Unione europea di aliquote minime d'imposta e di ritenute d'acconto minime non tengono conto del fatto che in tal modo si incoraggerebbe la delocalizzazione di imprese nei molti paesi ricchi e in espansione nei quali non vigono tali restrizioni. Di conseguenza, tali paesi continuerebbero ad espandersi e ad arricchirsi, mentre l'Unione europea perderebbe terreno, diventando sempre più povera al loro confronto.

    4.2. Il Comitato ritiene che una manovra graduale, e determinata dal mercato, verso l'armonizzazione delle aliquote d'imposta e delle basi imponibili, tale da tener conto delle diverse esigenze dei singoli Stati membri in termini di gettito fiscale, sarà probabilmente più efficace di un'azione imposta. Una certa armonizzazione delle strutture e dei sistemi tributari è auspicabile.

    4.3. Le riforme dei sistemi tributari dovrebbero anzitutto essere intese ad evitare distorsioni involontarie dovute alle decisioni delle società in merito all'ubicazione delle sedi, ad agevolare le fusioni transfrontaliere all'interno dell'Unione europea, a ridurre i fardelli amministrativi che i prezzi di compensazione comportano per le imprese, nonché a limitare le dispute giurisdizionali tra le autorità tributarie.

    4.4. Le piccole e medie imprese andrebbero sostenute riducendo le aliquote delle imposte sui profitti delle società, entro determinati livelli di utile.

    4.5. Il sistema più efficace per creare posti di lavoro consiste nell'alleggerire il carico fiscale complessivo e nel contenere o ridurre la spesa pubblica.

    4.6. Il Comitato condivide l'idea della Commissione secondo cui il miglior modo per conseguire gli obiettivi ambientali è quello di associare gli strumenti fiscali ad altre misure utilizzate in maniera coerente per determinare cambiamenti di condotta, e concorda con la Commissione sul fatto che la scelta dei suddetti strumenti va effettuata valutandone attentamente gli effetti sulla competitività, sull'occupazione e sull'ambiente.

    4.7. Il Comitato riconosce la necessità di ridurre il carico fiscale sul fattore lavoro, ma concorda con la Commissione sul fatto che, nel determinare la portata e le modalità di tali riduzioni, come anche le risorse con le quali esse andrebbero finanziate, gli Stati membri dovrebbero agire in maniera flessibile.

    4.8. L'introduzione di nuove imposte sulle tecnologie dell'informazione o sui mercati finanziari internazionali avrebbe effetti assai controproducenti, e non andrebbe prevista a livello europeo.

    4.9. Il Comitato raccomanda che gli accordi bilaterali vigenti in materia di doppia imposizione vengano sostituiti da un unico accordo europeo. Perché detto accordo funzioni effettivamente e offra vantaggi notevoli ai contribuenti dei paesi partecipanti, non è fondamentale che venga sottoscritto da tutti gli Stati membri, benché, ovviamente, sarebbe preferibile renderlo applicabile nell'intera Unione europea.

    4.10. Al pari della Commissione, il Comitato è preoccupato che lo sviluppo dei sistemi tributari della Comunità abbia luogo in maniera frammentaria.

    4.11. Il Comitato sottoscrive la proposta di istituire un gruppo per migliorare la cooperazione tra i regimi tributari, divulgare le informazioni in materia di politica fiscale e riesaminare tali politiche, coordinare le misure contro l'evasione fiscale, individuare le iniziative fondamentali al riguardo e studiare in che modo si possa giungere a una maggiore integrazione del sistema fiscale.

    4.12. Il Comitato concorda sul fatto che la politica fiscale europea deve tenere conto dell'impatto sulle imprese, sull'occupazione e sull'ambiente.»

    Esito della votazione

    Voti contrari: 84, voti favorevoli: 37, astensioni: 17.

    Punto 2.2.3

    Sopprimere le ultime tre righe a partire da «...per esempio l'imposta...».

    Motivazione

    I tre tipi di imposta citati (l'imposta su Internet, quella sui bit e la «Tobin» legata ai mercati finanziari internazionali) produrrebbero distorsioni indesiderabili e non vanno quindi presi in considerazione. L'imposta su Internet inibirebbe la capacità dell'Europa di tenere il passo con gli sviluppi tecnologici nel campo delle telecomunicazioni; l'imposta sui bit si tradurrebbe in un'imposta sulle nuove tecniche di apprendimento ed ostacolerebbe l'evoluzione di una cultura informatica in Europa rispetto al resto del mondo, e l'imposta «Tobin» indurrebbe a spostare alcune operazioni finanziarie internazionali al di fuori dell'Unione.

    Esito della votazione

    Voti contrari: 90, voti favorevoli: 44, astensioni: 9.

    Punto 2.2.5

    Aggiungere una nuova frase alla fine del primo paragrafo.

    «Tuttavia, gli Stati membri che devono ridurre le proprie aliquote IVA in seguito all'armonizzazione non disporrebbero di questa possibilità, e dovrebbero imporre altri tributi per compensare il mancato gettito.»

    Motivazione

    Il testo, così come formulato attualmente, presenta uno squilibrio in quanto non tiene conto dei problemi di quegli Stati membri che dovrebbero ridurre alcune aliquote IVA.

    Esito della votazione

    Voti contrari: 87, voti favorevoli: 40, astensioni: 16.

    Punto 5.2.3

    Sopprimere l'intero punto e l'allegato 2.

    Motivazione

    Poiché la Conferenza intergovernativa si è conclusa, è troppo tardi per presentare proposte di modifica del Trattato e quindi non ha senso farlo.

    Questo punto e l'allegato vanno oltre il campo di applicazione dei documenti esaminati. L'allegato solleva questioni che andrebbero considerate più attentamente in un contesto più ampio.

    Esito della votazione

    Voti contrari: 59, voti favorevoli: 50, astensioni: 22.

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