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Document 62009CJ0160

Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 20 maggio 2010.
Ioannis Katsivardas - Nikolaos Tsitsikas OE contro Ypourgos Oikonomikon.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Symvoulio tis Epikrateias - Grecia.
Regolamento (CEE) n. 1591/84 - Accordo di cooperazione tra la Comunità europea, da un lato, e l’accordo di Cartagena ed i suoi paesi membri, Bolivia, Colombia, Ecuador, Perù e Venezuela, dall’altro - Clausola della nazione più favorita - Effetto diretto - Accisa sull’importazione di banane in Grecia.
Causa C-160/09.

Raccolta della Giurisprudenza 2010 I-04591

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2010:293

Causa C–160/09

Ioannis Katsivardas – Nikolaos Tsitsikas OE

contro

Ypourgos Oikonomikon

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Symvoulio tis Epikrateias)

«Regolamento (CEE) n. 1591/84 — Accordo di cooperazione tra la Comunità economica europea, da un lato, e l’accordo di Cartagena ed i suoi paesi membri, Bolivia, Colombia, Ecuador, Perù e Venezuela, dall’altro — Clausola della nazione più favorita — Effetto diretto — Accisa sull’importazione di banane in Grecia»

Massime della sentenza

1.        Questioni pregiudiziali — Competenza della Corte — Limiti — Identificazione dell’oggetto della questione

(Art. 234 CE)

2.        Questioni pregiudiziali — Ricevibilità — Limiti — Questioni manifestamente irrilevanti e questioni ipotetiche poste in un contesto che esclude una soluzione utile

(Art. 234 CE)

3.        Accordi internazionali — Accordo di cooperazione CEE-Paesi membri dell’Accordo di Cartagena — Clausola della nazione più favorita — Effetto diretto — Insussistenza

(Accordo di cooperazione CEE-Paesi membri dell’Accordo di Cartagena, art. 4; Regolamento del Consiglio n. 1591/84)

1.        Sebbene la Corte non sia competente, ai sensi dell’art. 234 CE, ad applicare la norma comunitaria ad una determinata controversia, e quindi a qualificare una disposizione di diritto nazionale alla luce di tale norma, tuttavia, nell’ambito della collaborazione giudiziaria instaurata dal detto articolo e in base al contenuto del fascicolo, essa può fornire al giudice nazionale gli elementi d’interpretazione del diritto comunitario che possano essergli utili per la valutazione degli effetti di detta disposizione.

(v. punto 24)

2.        Le questioni relative all’interpretazione del diritto comunitario sollevate dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria responsabilità, del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il diniego di pronuncia, da parte della Corte, su un rinvio pregiudiziale proposto da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto comunitario richiesta non ha alcun rapporto con la realtà o l’oggetto della causa principale, qualora la questione sia di tipo ipotetico o, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte.

(v. punto 27)

3.        L’art. 4 dell’accordo di cooperazione tra la Comunità economica europea, da un lato, e l’accordo di Cartagena ed i suoi paesi membri, Bolivia, Colombia, Ecuador, Perù e Venezuela, dall’altro, approvato dal regolamento n. 1591/84, disposizione che proclama, tra le parti contraenti, il regime della nazione più favorita, non è idoneo a conferire ai singoli diritti di cui questi possano avvalersi dinanzi ai giudici di uno Stato membro.

Infatti, l’interpretazione fornita dalla Corte nella sentenza 1° marzo 2005, causa C‑377/02, Van Parys, in ordine all’assenza di effetto diretto della clausola della nazione più favorita di cui all’accordo quadro di cooperazione tra la Comunità economica europea e l’accordo di Cartagena e i suoi paesi membri, Bolivia, Colombia, Ecuador, Perù e Venezuela, approvato a nome della Comunità con decisione 98/278, che è succeduto al citato accordo di cooperazione, è valida altresì per quanto concerne l’art. 4 di quest’ultimo Accordo. È vero che la clausola della nazione più favorita, come figurante, per un verso, nell’accordo quadro di cooperazione e, per altro verso, nell’accordo di cooperazione, è redatta in termini divergenti, tuttavia la redazione divergente di quest’ultima potrebbe essere considerata come un elemento che impone una divergente interpretazione sotto il profilo del suo eventuale effetto diretto solo qualora dall’economia generale degli accordi e dalla loro finalità dovesse emergere che, mediante tale diversità di redazione, le parti contraenti hanno inteso privare l’art. 4 dell’accordo quadro di cooperazione dell’effetto diretto che sarebbe stato anteriormente riconosciuto all’art. 4 dell’accordo di cooperazione.

Orbene, l’accordo quadro di cooperazione e, in particolare, il suo art. 4, non presentano caratteristiche tali da attestare che le parti contraenti siano poste in una posizione meno favorevole rispetto alla posizione di cui beneficiavano in forza dell’accordo di cooperazione, segnatamente con riferimento alla clausola del trattamento della nazione più favorita. Al contrario, il confronto tra tali due accordi rivela un progressivo rafforzamento dell’intensità della cooperazione a cui le parti si sono impegnate.

(v. punti 38-39, 42, 44-45 e dispositivo)







SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

20 maggio 2010 (*)

«Regolamento (CEE) n. 1591/84 – Accordo di cooperazione tra la Comunità economica europea, da un lato, e l’accordo di Cartagena ed i suoi paesi membri, Bolivia, Colombia, Ecuador, Perù e Venezuela, dall’altro – Clausola della nazione più favorita – Effetto diretto – Accisa sull’importazione di banane in Grecia»

Nel procedimento C‑160/09,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Symvoulio tis Epikrateias (Grecia) con decisione 1° aprile 2009, pervenuta in cancelleria l’8 maggio 2009, nella causa

Ioannis Katsivardas – Nikolaos Tsitsikas OE

contro

Ypourgos Oikonomikon,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta dal sig. K. Lenaerts, presidente di sezione, dai sigg. E. Juhász, G. Arestis, T. von Danwitz (relatore) e D. Šváby, giudici,

avvocato generale: sig.ra E. Sharpston

cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 3 marzo 2010,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Ioannis Katsivardas – Nikolaos Tsitsikas OE, dagli avv.ti E. Stamouli e S. Gikas, dikigoroi;

–        per il governo ellenico, dalle sig.re E. Leftheriotou, A. Vasilopoulou e S. Papaïoannou, in qualità di agenti;

–        per il governo italiano, dalla sig.ra G. Palmieri, in qualità di agente, assistita dal sig. P. Gentili, avvocato dello Stato;

–        per la Commissione europea, dai sigg. G. Valero Jordana e I. Zervas, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della clausola della nazione più favorita di cui all’art. 4 dell’accordo di cooperazione tra la Comunità economica europea, da un lato, e l’accordo di Cartagena ed i suoi paesi membri, Bolivia, Colombia, Ecuador, Perù e Venezuela, dall’altro (in prosieguo: l’«accordo di cooperazione»), approvato dal regolamento (CEE) del Consiglio 4 giugno 1984, n. 1591 (GU L 153, pag. 1).

2        Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia sorta tra la Ioannis Katsivardas – Nikolaos Tsitsikas OE (in prosieguo: la «Katsivardas»), società di diritto greco, e l’Ypourgos Oikonomikon (Ministro ellenico delle Finanze), in merito al rimborso di una somma versata dalla Katsivardas a seguito dello sdoganamento di un lotto di banane importate dall’Ecuador nel 1993, a titolo di accisa sulle banane stabilita all’epoca dalla legislazione greca.

 Contesto normativo

 Le convenzioni internazionali

 L’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio

3        L’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio del 1994 (in prosieguo: il «GATT del 1994»), contenuto nell’allegato 1 A dell’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio, è stato approvato dalla decisione del Consiglio 22 dicembre 1994, 94/800/CE, relativa alla conclusione a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza, degli accordi dei negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986-1994) (GU L 336, pag. 1). L’art. 1, lett. a), del GATT del 1994 enuncia che esso comprende le disposizioni dell’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio del 1947 (in prosieguo: il «GATT del 1947»), come rettificato, emendato o modificato dalle disposizioni degli atti giuridici entrati in vigore prima della data di entrata in vigore dell’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio.

4        Tra dette disposizioni del GATT del 1947 riprese dal GATT del 1994 figura, all’art. 1, n. 1, la clausola della nazione più favorita, che così recita:

«Tutti i vantaggi, benefici, privilegi o immunità accordati da una parte contraente ad un prodotto originario di o destinato a qualsiasi altro paese saranno immediatamente e senza condizioni, estesi a tutti i prodotti similari originali del, o destinati al territorio di tutte le altre parti contraenti. Questa disposizione riguarda i dazi doganali e le imposizioni di qualsiasi genere che colpiscono le importazioni o le esportazioni, o che sono percepiti in occasione di importazioni o di esportazioni, così come quelli che colpiscono i trasferimenti internazionali di fondi effettuati in regolamento delle importazioni o delle esportazioni, nonché, per ciò che concerne il modo di percezione di tali dazi ed imposizioni, l’insieme della regolamentazione e delle formalità afferenti alle importazioni o alle esportazioni, come pure tutte le questioni oggetto dei paragrafi 2 e 4 dell’art. III».

5        L’art. III, n. 2, del GATT del 1947 verte sulle tasse e sulle altre imposizioni interne, mentre il n. 4 del citato articolo fa riferimento alle leggi, ai regolamenti o alle prescrizioni relative alla vendita, alla messa in vendita, all’acquisto, al trasporto, alla distribuzione e all’utilizzazione di prodotti.

 L’accordo di cooperazione

6        Ai sensi dell’art. 1 dell’accordo di cooperazione, il cui testo fa parte integrante del regolamento n. 1591/84 con cui tale accordo è stato approvato, «[n]ei limiti delle loro competenze, tenendo conto del reciproco interesse e in conformità con i rispettivi obiettivi economic[i] a lungo termine, le pari contraenti si impegnano ad instaurare una cooperazione economica della massima ampiezza possibile che non escluda, a priori, alcun settore e tenga conto dei loro diversi gradi di sviluppo». La stessa disposizione precisa che tale cooperazione ha l’obiettivo di «contribuire, in termini generali, allo sviluppo delle loro economie e al miglioramento dei loro tenori di vita».

7        L’art. 4 del detto accordo così recita:

«Regime della nazione più favorita

1.       Le parti contraenti si concedono, per le loro importazioni od esportazioni di merci, il regime della nazione più favorita in tutti i settori riguardanti:

–        l’applicazione dei dazi doganali e tasse diverse, comprese le modalità di riscossione di detti dazi e tasse,

–        le disposizioni riguardanti lo sdoganamento, il transito, il deposito o il trasbordo,

–        le imposte dirette e indirette e le altre imposizioni interne,

–        le modalità di pagamento ed in particolare l’assegnazione di valute ed il trasferimento di detti pagamenti,

–        i regolamenti relativi alla vendita, all’acquisto, al trasporto, alla distribuzione ed all’utilizzazione delle merci sul mercato interno.

2.       Le disposizioni del paragrafo 1 non si applicano:

a)       ai vantaggi accordati ai paesi limitrofi allo scopo di facilitare gli scambi fra zone frontaliere;

b)       ai vantaggi allo scopo di creare un’unione doganale o una zona di libero scambio o a seguito della creazione di tale unione o zona, compresi i vantaggi concessi nell’ambito di una integrazione economica regionale in America latina;

c)       ai vantaggi accordati a paesi particolari, conformemente al [GATT del 1947];

d)       ai vantaggi che i paesi membri dell’accordo di Cartagena accordano a taluni paesi, in conformità del protocollo sui negoziati commerciali tra i paesi in via di sviluppo, nel quadro del [GATT del 1947].

3.       Il presente articolo si applica fermi restando i diritti e gli obblighi esistenti sulla [base] delle disposizioni del [GATT del 1947].»

8        L’art. 5 dell’accordo di cooperazione, relativo alla commissione mista di cooperazione, prevede al suo n. 2 che ad essa spetti tra l’altro di raccomandare soluzioni qualora tra le parti sorgessero divergenze sull’interpretazione e sull’esecuzione dell’accordo stesso.

9        L’allegato II dell’accordo di cooperazione, dal titolo «Dichiarazione relativa alla cooperazione commerciale», così recita:

«Nell’ambito della cooperazione commerciale di cui al presente accordo, le parti si dichiarano disposte ad esaminare, in sede di commissione mista e nel quadro [delle loro] rispettive politiche economiche, gli eventuali problemi specifici che potrebbero sorgere nel settore commerciale».

 L’accordo quadro di cooperazione

10      L’accordo quadro di cooperazione tra la Comunità economica europea e l’accordo di Cartagena e i suoi paesi membri, la Repubblica di Bolivia, la Repubblica di Colombia, la Repubblica dell’Ecuador, la Repubblica del Perù e la Repubblica del Venezuela (in prosieguo: l’«accordo quadro di cooperazione») è stato approvato a nome della Comunità con decisione del Consiglio 7 aprile 1998, 98/278/CE (GU L 127, pag. 10).

11      Ai sensi dell’art. 2 dell’accordo quadro di cooperazione, le parti s’impegnano ad imprimere un nuovo impulso alle loro relazioni, favorendo, in particolare, lo sviluppo della cooperazione mediante la sua estensione a nuovi ambiti.

12      L’art. 4 di detto accordo quadro di cooperazione è così formulato:

«Nelle loro relazioni commerciali, le parti contraenti si concedono il trattamento della nazione più favorita, in conformità delle disposizioni [del GATT del 1994].

Le due parti ribadiscono inoltre la loro volontà di effettuare gli scambi commerciali conformemente a detto accordo».

13      L’art. 33, n. 2, del citato accordo quadro prevede che le disposizioni dello stesso sostituiscano, qualora esse siano incompatibili o identiche, le disposizioni degli accordi precedenti conclusi tra la Comunità e i paesi membri dell’accordo di Cartagena.

 La quarta convenzione ACP-CEE

14      La quarta convenzione ACP-CEE, firmata a Lomé il 15 dicembre 1989, è stata approvata con decisione del Consiglio e della Commissione 25 febbraio 1991, 91/400/CECA, CEE (GU L 229, pag. 1). L’art. 1 del protocollo n. 5 relativo alle banane, allegato a detta convenzione, così recita:

«Per le esportazioni di banane nei mercati della Comunità, nessuno Stato [tra gli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico che hanno concluso detta convenzione (in prosieguo: gli «Stati ACP»)] è posto in una situazione meno favorevole di quella passata o presente per quanto concerne l’accesso ai suoi mercati tradizionali ed i vantaggi di cui fruisce sui medesimi».

 Il diritto nazionale

15      L’art. 7 della legge n. 1798/1988, come modificata dalla legge n. 1914/1990, prevedeva, a far data dal 1° luglio 1988, l’applicazione di un’accisa di GRD 150 per chilogrammo alle banane importate dell’estero e, in taluni casi, alle banane prodotte in Grecia. Successivamente tale accisa è stata aumentata, quindi ridotta, prima di essere soppressa nel 1998.

 Causa principale e questione pregiudiziale

16      Nel corso del mese di luglio 1993, a seguito dello sdoganamento di un lotto di banane importate direttamente dall’Ecuador, alla Katsivardas sono stati applicati diritti doganali e altre imposte per un valore globale di GRD 6785 565 (EUR 19 913, 61), che essa ha versato effettuando tuttavia una riserva per quanto riguardava la somma di GRD 4 986 100 versata a titolo di accisa. La Katsivardas ha successivamente chiesto il rimborso di quest’ultima somma e della corrispondente quota dell’imposta sul valore aggiunto, che erano state a suo avviso indebitamente versate.

17      Tale rimborso le è stato negato dall’autorità doganale competente, cosicché la Katsivardas ha adito il Dioikitiko Protodikeio Athinon (Tribunale amministrativo di Atene), che ha accolto il suo ricorso per quanto riguarda l’annullamento degli avvisi di accertamento di cui trattasi e la domanda di rimborso. Poiché, tuttavia, tale decisione è stata riformata dal giudice d’appello, la Katsivardas ha interposto ricorso per cassazione dinanzi al Symvoulio tis Epikrateias (Consiglio di Stato).

18      Quest’ultimo ritiene, contrariamente alla ricorrente nella causa principale, che l’accisa controversa sia qualificabile come imposizione interna ai sensi dell’art. 95 del Trattato CEE (divenuto art. 95 del Trattato CE, a sua volta divenuto, in seguito a modifica, art. 90 CE), e non come tassa di effetto equivalente a un dazio doganale ai sensi degli artt. 9 e 12 del Trattato CEE (divenuti, rispettivamente, artt. 9 e 12 del Trattato CE, a loro volta divenuti, in seguito a modifica, artt. 23 CE e 25 CE). Orbene, una siffatta imposizione interna potrebbe essere legittimamente applicata alle banane direttamente importate da paesi terzi se un trattamento fiscale meno favorevole non fosse escluso da clausole specifiche derivanti da accordi commerciali tra la Comunità e tali paesi terzi, qual è l’art. 4 dell’accordo di cooperazione. 

19      Il giudice del rinvio si riferisce peraltro alla sentenza 12 dicembre 1995, causa C‑469/93, Chiquita Italia (Racc. pag. I‑4533), secondo cui il protocollo n. 5, relativo alle banane, allegato alla quarta convenzione ACP-CEE contiene una disposizione mirante a garantire alle banane provenienti dagli Stati ACP un accesso ai loro mercati tradizionali a condizioni che non siano meno favorevoli di quelle vigenti al momento dell’entrata in vigore, il 1° aprile 1966, della clausola analoga figurante al punto 1 del protocollo n. 6 relativo alle banane allegato alla convenzione ACP-CEE di Lomé, sottoscritta il 28 febbraio 1975 (in prosieguo: la «clausola di ‘standstill’»).

20      Ne conseguirebbe che la concessione del trattamento della nazione più favorita ai paesi membri dell’accordo di Cartagena implica l’equiparazione delle banane originarie di tali paesi alle banane provenienti dagli Stati ACP. Pertanto, la possibilità per il giudice del rinvio di valutare la legittimità di un’accisa quale quella di cui trattasi nella causa principale dipenderebbe dalla questione se l’accordo di cooperazione e, in particolare, il suo art. 4 conferisca diritti che possano essere direttamente invocati dai singoli dinanzi ai giudici nazionali degli Stati membri, di modo che la Katsivardas potrebbe avvalersi di quest’ultimo articolo, letto in combinato disposto con la clausola di «standstill», per opporsi all’accisa sulle banane di cui trattasi nella causa principale.

21      Il giudice del rinvio rileva che, nella sentenza 1° marzo 2005, causa C‑377/02, Van Parys (Racc. pag. I‑1465), la Corte ha dichiarato che siffatti diritti non possono essere dedotti dalla clausola della nazione più favorita contenuta nell’accordo quadro di cooperazione, stipulato successivamente con i paesi membri dell’accordo di Cartagena, e che i vantaggi derivanti dalle convenzioni ACP-CEE riguardano unicamente le banane ACP «tradizionali», vale a dire le banane originarie degli Stati ACP, nei limiti della quantità annua importata al 1° aprile 1976, cosicché tali vantaggi non sembrano poter essere estesi alle banane originarie di altri paesi.

22      Considerando invece che la Corte non si è mai pronunciata in merito all’accordo di cooperazione, il Symvoulio tis Epikrateias ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se un singolo (impresa di importazione di banane originarie dell’Ecuador) che chiede il rimborso di un’accisa interna, in quanto indebitamente versata, possa far valere dinanzi al giudice nazionale che la normativa fiscale nazionale (art. 7 della legge greca n. 1798/1988, come modificata dall’art. 10 della legge greca n. 1914/1990), è incompatibile con l’art. 4 dell’accordo [di cooperazione]?»

 Sulla questione pregiudiziale

 Sulla ricevibilità

23      Il governo ellenico mette in dubbio la ricevibilità della questione pregiudiziale in quanto quest’ultima, per un verso, avrebbe ad oggetto non l’interpretazione di una disposizione di diritto comunitario, bensì la questione riguardante i limiti in cui un singolo possa far valere la contraddizione tra disposizioni nazionali e un atto comunitario, e, per altro verso, non preciserebbe quale disposizione necessiti di un’interpretazione. 

24      Deve rammentarsi al riguardo che, sebbene la Corte non sia competente, ai sensi dell’art. 234 CE, ad applicare la norma comunitaria ad una determinata controversia, e quindi a qualificare una disposizione di diritto nazionale alla luce di tale norma, tuttavia, nell’ambito della collaborazione giudiziaria instaurata dal detto articolo e in base al contenuto del fascicolo, essa può fornire al giudice nazionale gli elementi d’interpretazione del diritto comunitario che possono essergli utili per la valutazione degli effetti di detta disposizione (sentenza 11 settembre 2003, causa C‑6/01, Anomar e a., Racc. pag. I‑8621, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).

25      Orbene, la questione pregiudiziale posta nell’ambito del presente procedimento, che verte sulla possibilità per un singolo di invocare dinanzi a un giudice nazionale la clausola della nazione più favorita di cui all’art. 4 dell’accordo di cooperazione per opporsi all’applicazione di una disposizione fiscale nazionale, riguarda l’idoneità di tale clausola a produrre un effetto diretto in capo a un singolo e, pertanto, l’interpretazione della stessa.

26      Detta clausola è contenuta nell’accordo di cooperazione, che è stato approvato a nome della Comunità con il regolamento n. 1591/84 e rappresenta quindi, per costante giurisprudenza, un atto adottato dalle istituzioni della Comunità che la Corte è competente ad interpretare nell’ambito di un procedimento pregiudiziale (v., in tal senso, sentenze 30 aprile 1974, causa 181/73, Haegeman, Racc. pag. 449, punti 4‑6; 16 giugno 1998, causa C‑162/96, Racke, Racc. pag. I‑3655, punto 41, e 22 ottobre 2009, causa C‑301/08, Bogiatzi, Racc. pag. I‑10185, punto 23).

27      Inoltre, sempre secondo giurisprudenza costante, le questioni relative all’interpretazione del diritto comunitario sollevate dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria responsabilità, del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il diniego di pronuncia, da parte della Corte, su un rinvio pregiudiziale proposto da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto comunitario richiesta non ha alcun rapporto con la realtà o l’oggetto della causa principale, qualora la questione sia di tipo ipotetico o, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte (sentenza 16 dicembre 2008, causa C‑210/06, Cartesio, Racc. pag. I‑9641, punto 67 e giurisprudenza ivi citata).

28      Nella fattispecie, la soluzione della questione posta dal giudice del rinvio ed intesa a chiarire se un singolo, quale la Katsivardas, possa avvalersi dinanzi ai giudici nazionali dell’art. 4 dell’accordo di cooperazione, consentirà di determinare se la ricorrente nella causa principale possa validamente invocare la clausola di «standstill» su cui si basa la tesi che essa sviluppa nella causa principale in ordine all’illegittimità dell’accisa sulle banane istituita dalla normativa nazionale.

29      Di conseguenza, non risulta in modo manifesto che l’interpretazione richiesta del diritto comunitario sia priva di utilità per il giudice del rinvio.

30      Da quanto precede consegue che la questione pregiudiziale è ricevibile.

 Nel merito

31      Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se l’art. 4 dell’accordo di cooperazione possa essere direttamente invocato da un singolo nell’ambito di una controversia dinanzi ai giudici nazionali di uno Stato membro.

32      Occorre anzitutto ricordare a tal proposito, in via preliminare, che, in conformità ai principi del diritto internazionale, le istituzioni dell’Unione europea, che sono competenti a negoziare e a concludere un accordo con paesi terzi, sono libere di accordarsi con questi sugli effetti che le disposizioni di tale accordo devono produrre nell’ordinamento interno delle parti contraenti. Solo se tale questione non è stata disciplinata dall’accordo stesso incombe ai giudici competenti e in particolare alla Corte, nell’ambito della competenza attribuitale dal Trattato FUE, risolverla al pari di qualunque altra questione d’interpretazione relativa all’applicazione dell’accordo nell’Unione (v. sentenze 26 ottobre 1982, causa 104/81, Kupferberg, Racc. pag. 3641, punto 17; 23 novembre 1999, causa C‑149/96, Portogallo/Consiglio, Racc. pag. I‑8395, punto 34, nonché 9 settembre 2008, cause riunite C‑120/06 P e C‑121/06 P, FIAMM e FIAMM Technologies/Consiglio e Commissione, Racc. pag. I‑6513, punto 108).

33      Si deve inoltre ricordare che, come risulta da una giurisprudenza costante della Corte, la verifica dell’effetto diretto di norme contenute in un accordo concluso dalla Comunità con i paesi terzi passa invariabilmente attraverso l’analisi dello spirito, della struttura e della lettera dell’accordo stesso (v. sentenza Chiquita Italia, cit., punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

34      Invece, come osservato dalla Commissione europea in udienza, la natura dell’atto giuridico recante approvazione dell’accordo internazionale di cui trattasi non è pertinente nell’ambito di un tale esame. Infatti, come risulta dalla sentenza 30 settembre 1987, causa 12/86, Demirel (Racc. pag. 3719, punto 25), il fatto che una disposizione di un accordo internazionale sia stata approvata mediante una decisione ovvero mediante un regolamento non può incidere sul riconoscimento dell’effetto diretto di una simile disposizione. Pertanto, deve essere respinto l’argomento in favore dell’effetto diretto della clausola della nazione più favorita dell’accordo di cooperazione che la Katsivardas ha tratto dall’approvazione dell’accordo di cooperazione mediante regolamento, contrariamente all’accordo quadro di cooperazione, che è stato approvato mediante decisione.

35      Per quanto riguarda l’art. 4 dell’accordo di cooperazione, contrariamente a quanto affermato dal governo italiano, il fatto che quest’ultimo sia contenuto in un accordo di cooperazione non esclude, per principio, che esso possa essere fatto valere da un singolo. Risulta infatti da giurisprudenza costante che la circostanza che un simile accordo miri essenzialmente a favorire lo sviluppo economico dei paesi terzi contraenti limitandosi a istituire una cooperazione tra le parti senza mirare ad una futura adesione di tali paesi all’Unione non è tale da impedire l’applicabilità diretta di talune delle sue disposizioni (v., per analogia, sentenze 5 febbraio 1976, causa 87/75, Conceria Bresciani, Racc. pag. 129, punto 23; Kupferberg, cit., punto 22, e 31 gennaio 1991, causa C‑18/90, Kziber, Racc. pag. I‑199, punto 21).

36      Tuttavia, al punto 58 della citata sentenza Van Parys, nel risolvere una questione vertente sull’interpretazione della clausola della nazione più favorita contenuta nell’accordo quadro di cooperazione, che è succeduto all’accordo di cooperazione, la Corte ha stabilito che tale clausola non poteva essere invocata da un singolo dinanzi a un giudice di uno Stato membro. Tale interpretazione non è stata messa in discussione da alcuno degli interessati che hanno sottoposto osservazioni alla Corte nell’ambito del presente procedimento.

37      Si deve quindi verificare se sussistano elementi che consentano di discostarsi da tale valutazione, riguardante la clausola della nazione più favorita contenuta nell’accordo quadro di cooperazione, allorché ci si riferisce invece all’interpretazione della clausola della nazione più favorita di cui all’accordo di cooperazione.

38      È vero che la clausola della nazione più favorita, come figurante, per un verso, nell’accordo quadro di cooperazione e, per altro verso, nell’accordo di cooperazione, è redatta in termini divergenti. Tuttavia, la redazione divergente di quest’ultima potrebbe essere considerata come un elemento che impone una divergente interpretazione sotto il profilo del suo eventuale effetto diretto solo qualora dall’economia generale degli accordi e dalla loro finalità dovesse emergere che, mediante tale diversità di redazione, le parti contraenti hanno inteso privare l’art. 4 dell’accordo quadro di cooperazione dell’effetto diretto che sarebbe stato anteriormente riconosciuto all’art. 4 dell’accordo di cooperazione.

39      Orbene, l’accordo quadro di cooperazione e, in particolare, il suo art. 4 non presentano caratteristiche tali da attestare che le parti contraenti siano poste in una posizione meno favorevole rispetto alla posizione di cui beneficiavano in forza dell’accordo di cooperazione, segnatamente con riferimento alla clausola del trattamento della nazione più favorita.

40      Al contrario, per quanto riguarda anzitutto la natura e l’oggetto dell’accordo quadro di cooperazione, va rilevato che esso ha ad oggetto il rinnovo e l’approfondimento degli impegni reciproci assunti dalle parti contraenti nell’ambito dell’accordo di cooperazione. Invero, sebbene tali due accordi siano stati stipulati tra le stesse parti e sebbene la loro attuazione si inscriva nello stesso quadro istituzionale, attraverso il mantenimento, ai sensi dell’art. 32, n. 1, dell’accordo quadro di cooperazione, della commissione mista e delle sottocommissioni istituite dall’accordo di cooperazione, l’accordo quadro di cooperazione prevede una cooperazione più ampia per quanto riguarda il numero di settori interessati, e più avanzata per quanto riguarda le azioni specifiche previste.

41      Peraltro, il cambiamento di denominazione da accordo di cooperazione ad accordo quadro di cooperazione deriva, come risulta dall’art. 39, n. 1, di quest’ultimo, dalla volontà delle parti contraenti di darsi la possibilità di completare l’accordo quadro mediante accordi settoriali o relativi ad attività specifiche, e non da una volontà di assumere impegni di minore portata.

42      Il confronto tra tali due accordi rivela quindi un progressivo rafforzamento dell’intensità della cooperazione a cui le parti si sono impegnate.

43      Oltretutto, come ricordato dalla Commissione, al momento dell’adozione dell’art. 4 dell’accordo di cooperazione, i paesi membri dell’accordo di Cartagena non erano ancora tutti parti contraenti del GATT del 1947. Orbene, come rilevato dalla Corte al punto 57 della citata sentenza Van Parys in merito all’accordo quadro di cooperazione, l’intenzione delle parti di detto accordo quadro era di estendere l’applicazione del sistema elaborato nell’ambito del GATT del 1994 ai paesi membri dell’accordo di Cartagena, allo scopo di concedere loro il beneficio della clausola della nazione più favorita di cui all’art. 1, n. 1, del GATT, senza tuttavia modificarne la portata. Lo stesso ragionamento vale altresì per quanto riguarda l’accordo di cooperazione, posto che la redazione dell’art. 4 di quest’ultimo non attesta, manifestamente, la volontà delle parti contraenti di riconoscere ai tre paesi membri dell’accordo di Cartagena non ancora membri del GATT del 1947 talune concessioni commerciali che andassero oltre quelle che dette parti contraenti avevano concesso ai loro partner del GATT.

44      Ne consegue che la pronuncia della Corte nella citata sentenza Van Parys in ordine all’assenza di effetto diretto della clausola della nazione più favorita di cui all’accordo quadro di cooperazione è valida altresì per quanto concerne l’art. 4 dell’accordo di cooperazione.

45      Alla luce di quanto precede, la questione proposta deve essere risolta dichiarando che l’art. 4 dell’accordo di cooperazione, approvato dal regolamento n. 1591/84, non è idoneo a conferire ai singoli diritti di cui questi possano avvalersi dinanzi ai giudici di uno Stato membro.

 Sulle spese

46      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

L’art. 4 dell’accordo di cooperazione tra la Comunità economica europea, da un lato, e l’accordo di Cartagena ed i suoi paesi membri, Bolivia, Colombia, Ecuador, Perù e Venezuela, dall’altro, approvato dal regolamento (CEE) del Consiglio 4 giugno 1984, n. 1591, non è idoneo a conferire ai singoli diritti di cui questi possano avvalersi dinanzi ai giudici di uno Stato membro.

Firme


* Lingua processuale: il greco.

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