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Документ 62002CJ0460

Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 9 dicembre 2004.
Commissione delle Comunità europee contro Repubblica italiana.
Trasporti aerei - Assistenza a terra - Direttiva 96/67/CE.
Causa C-460/02.

Raccolta della Giurisprudenza 2004 I-11547

Идентификатор ECLI: ECLI:EU:C:2004:780

Arrêt de la Cour

Causa C-460/02

Commissione delle Comunità europee

contro

Repubblica italiana

«Trasporti aerei — Assistenza a terra — Direttiva 96/67/CE»

Massime della sentenza

1.        Trasporti — Trasporti aerei — Accesso al mercato dell’assistenza a terra negli aeroporti della Comunità — Potere degli Stati membri di garantire un adeguato livello di protezione sociale al personale delle imprese che forniscono servizi di assistenza a terra — Limiti

(Direttiva del Consiglio 96/67/CE)

2.        Politica sociale — Ravvicinamento delle legislazioni — Trasferimento di imprese — Mantenimento dei diritti dei lavoratori — Direttiva 2001/23 — Trasferimento — Nozione — Norma nazionale che prescrive il mantenimento dei livelli di occupazione e la continuità dei rapporti di lavoro del personale dipendente dal precedente gestore in caso di trasferimento di attività, indipendentemente dalle caratteristiche dell’operazione di cui trattasi — Esclusione

(Direttiva del Consiglio 2001/23)

1.        Il potere di garantire un adeguato livello di protezione sociale al personale delle imprese che forniscono servizi di assistenza a terra – che gli Stati membri conservano in base alla direttiva 96/67, relativa all’accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti della Comunità – non comporta una competenza normativa illimitata e dev’essere esercitato in modo tale da non pregiudicare l’effetto utile di detta direttiva e gli obiettivi da questa perseguiti. Infatti, tale direttiva mira ad assicurare l’apertura del mercato dell’assistenza a terra, apertura che deve tra l’altro contribuire a ridurre i costi di gestione delle compagnie aeree.

(v. punti 31-32)

2.        Una norma nazionale che prescrive il mantenimento dei livelli di occupazione e la continuità del rapporto di lavoro del personale dipendente dal precedente gestore e che si applica, indipendentemente dalle caratteristiche dell’operazione di cui trattasi, ad «ogni trasferimento di attività» nel settore considerato eccede manifestamente il concetto di trasferimento stabilito dalla direttiva 2001/23, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti, come interpretata dalla Corte. Infatti, solo alla luce delle caratteristiche di ogni trasferimento di attività si può stabilire se la transazione interessata costituisce un trasferimento ai sensi di detta direttiva.

(v. punti 41-42)




SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
9 dicembre 2004(1)

«Trasporti aerei – Assistenza a terra – Direttiva 96/67/CE»

Nella causa C-460/02,avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell'art. 226 CE, proposto il 19 dicembre 2002,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. A. Aresu e M. Huttunen, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Repubblica italiana, rappresentata dal sig. I. M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig. O. Fiumara, vice-avvocato generale dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,



LA CORTE (Prima Sezione),,



composta dal sig. P. Jann, presidente di sezione, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta (relatore), dai sigg. K. Lenaerts, S. von Bahr e K. Schiemann, giudici,

avvocato generale: sig. P. Léger
cancelliere: sig.ra M. Múgica Arzamendi, amministratore principale

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 9 settembre 2004,

ha pronunciato la seguente



Sentenza



1
Con il suo ricorso, la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di dichiarare che, in quanto il decreto legislativo 13 gennaio 1999, n. 18, recante attuazione della direttiva 96/67/CE relativa all’accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti della Comunità (Supplemento ordinario alla GURI n. 28 del 4 febbraio 1999; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 18/99»),

non ha stabilito il periodo di durata massima di sette anni per la selezione di prestatori di servizi di assistenza a terra, di cui all’art. 11, n. 1, lett. d), della direttiva del Consiglio 15 ottobre 1996, 96/67/CE (GU L 272, pag. 36),

ha introdotto, al suo art. 14, una misura sociale incompatibile con l’art. 18 di tale direttiva e

ha previsto, al suo art. 20, disposizioni di carattere transitorio non consentite dalla medesima direttiva,

la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza della detta direttiva.


Contesto normativo

La disciplina comunitaria

2
La direttiva 96/67 prevede un sistema di graduale apertura del mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti comunitari.

3
Le disposizioni dell’art. 2, lett. e) ed f), di tale direttiva definiscono le nozioni di «assistenza a terra» e di «autoassistenza a terra» nel modo seguente:

«e)
assistenza a terra, i servizi resi in un aeroporto a un utente, quali descritti nell’allegato;

f)
autoassistenza a terra, situazione nella quale un utente fornisce direttamente a sé stesso una o più categorie di servizi di assistenza e non stipula alcun contratto con terzi, sotto qualsiasi denominazione, avente per oggetto la prestazione di siffatti servizi. In base alla presente definizione non sono considerati terzi fra loro gli utenti:

di cui uno detiene una partecipazione maggioritaria nell’altro, ovvero

la cui partecipazione in ciascuno degli altri è detenuta a titolo maggioritario da uno stesso ente».

4
Ai sensi degli artt. 6, n. 1, e 7, n. 1, della direttiva 96/67, gli Stati membri devono adottare le misure necessarie per garantire, in maniera generale, il libero accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra a terzi e la libera effettuazione dell’autoassistenza a terra negli aeroporti comunitari.

5
L’art. 6, n. 2, della medesima direttiva prevede le seguenti deroghe al libero accesso al mercato della prestazione di servizi di assistenza a terra a terzi:

«Gli Stati membri possono limitare il numero dei prestatori autorizzati a fornire le seguenti categorie di servizi di assistenza a terra:

assistenza bagagli,

assistenza operazioni in pista,

assistenza carburante e olio,

assistenza merci e posta per quanto riguarda, sia in arrivo che in partenza o in transito, il trattamento fisico delle merci e della posta tra l’aerostazione e l’aereo.

In ogni caso, gli Stati membri non possono limitare il loro numero a meno di due, per ciascuna categoria di servizio».

6
L’art. 9, n. 1, della direttiva 96/67 stabilisce:

«Laddove in un aeroporto, per vincoli specifici di spazio o di capacità disponibile, specialmente in funzione della congestione e del coefficiente di utilizzazione delle superfici, risulti impossibile un’apertura del mercato e/o l’effettuazione dell’autoassistenza ai livelli previsti dalla presente direttiva, lo Stato membro di cui trattasi può decidere:

(…)

b)
di riservare a un solo prestatore una o più categorie di servizi di assistenza di cui all’articolo 6, paragrafo 2;

(…)».

7
L’art. 14, n. 1, della medesima direttiva prevede la possibilità di subordinare l’accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra all’ottenimento di un «riconoscimento di idoneità» rilasciato da un organismo indipendente. Tale disposizione recita:

«Gli Stati membri possono subordinare l’attività di un prestatore di servizi di assistenza o di un utente che effettua l’autoassistenza in un aeroporto all’ottenimento di un riconoscimento di idoneità rilasciato da un’autorità pubblica indipendente dall’ente di gestione di tale aeroporto.

I criteri per il rilascio del riconoscimento di idoneità devono riferirsi ad una situazione finanziaria sana e ad una copertura assicurativa sufficiente, alla sicurezza degli impianti, degli aeromobili, delle attrezzature e delle persone nonché alla tutela dell’ambiente e all’osservanza della legislazione sociale pertinente.

I criteri devono rispettare i seguenti principi:

a)
devono essere applicati in modo non discriminatorio ai diversi prestatori e utenti;

b)
devono essere in rapporto con l’obiettivo perseguito;

c)
non possono portare ad una riduzione di fatto dell’accesso al mercato o dell’effettuazione dell’autoassistenza sino ad un livello inferiore a quello previsto dalla presente direttiva.

Tali criteri devono essere resi pubblici e il prestatore o l’utente che effettua l’autoassistenza deve essere previamente informato circa la procedura di rilascio».

8
L’art. 18 della direttiva 96/67 prevede:

«Fatta salva l’applicazione delle disposizioni della presente direttiva e nel rispetto delle altre disposizioni del diritto comunitario, gli Stati membri possono adottare le misure necessarie per garantire la tutela dei diritti dei lavoratori e il rispetto dell’ambiente».

La disciplina nazionale

9
La direttiva 96/67 è stata recepita nell’ordinamento giuridico italiano con il decreto legislativo n. 18/99.

10
L’art. 14 del detto decreto legislativo, che riguarda il regime di protezione sociale, così stabilisce:

«1.      Nel garantire il libero accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra, nei trenta mesi successivi alla data di entrata in vigore del presente decreto si deve salvaguardare il mantenimento dei livelli di occupazione e la continuità del rapporto di lavoro del personale dipendente dal precedente gestore.

2.        Salva restando l’ipotesi di trasferimento di ramo d’azienda, ogni trasferimento di attività concernente una o più categorie di servizi di assistenza a terra di cui agli allegati A e B comporta il passaggio del personale, individuato dai soggetti interessati d’intesa con le organizzazioni sindacali dei lavoratori, dal precedente gestore del servizio stesso al soggetto subentrante, in misura proporzionale alla quota di traffico o di attività acquisita da quest’ultimo».

11
L’art. 20 dello stesso decreto legislativo contiene la seguente norma transitoria:

«Restano salve le situazioni contrattuali del personale dei servizi di assistenza a terra, in atto al 19 novembre 1998, che prevedono diversi assetti organizzativi o contrattuali, sino alla scadenza dei relativi contratti, senza possibilità di proroga, ed in ogni caso per un periodo non superiore a sei anni».


Fase precontenziosa del procedimento

12
In seguito a una denuncia, la Commissione ha concluso che la normativa italiana non era compatibile con il diritto comunitario in diversi punti. Essa ha allora inviato alla Repubblica italiana una lettera di diffida in data 3 maggio 2000. Il governo italiano ha risposto con una nota del 18 luglio 2000.

13
Considerando tale risposta insufficiente, la Commissione ha inviato alla Repubblica italiana un parere motivato in data 24 luglio 2001. La risposta del governo italiano è stata fornita con una nota del 31 ottobre 2001. A tale nota ha fatto seguito un’altra comunicazione del 5 dicembre 2001.

14
Vari incontri si sono svolti tra i rappresentanti dei servizi competenti della Commissione e gli esperti del Ministero italiano delle Infrastrutture e dei Trasporti, nel corso dei quali il governo italiano ha presentato alcune proposte di emendamento delle disposizioni del decreto legislativo n. 18/99. Poiché nessun’altra informazione è stata comunicata alla Commissione, quest’ultima ha deciso di proporre il presente ricorso.


Sul ricorso

Sulla prima censura

15
Con lettera del 19 gennaio 2004, il governo italiano ha informato la Corte che l’art. 11, n. 1, del decreto legislativo n. 18/99 è stato modificato dalla legge 31 ottobre 2003, n. 306 (GURI del 15 novembre 2003). Date tali circostanze, la Commissione, con lettera del 23 marzo 2004, ha rinunciato alla prima censura, pur mantenendo la sua domanda di condanna della convenuta alle spese.

Sulla seconda censura

Argomenti delle parti

16
La Commissione ritiene che l’art. 14 del decreto legislativo n. 18/99 sia incompatibile con l’art. 18 della direttiva 96/67, poiché impone ai prestatori di servizi di assistenza a terra l’obbligo di garantire il passaggio del personale dal precedente prestatore del servizio al soggetto subentrante, in misura proporzionale alla quota di traffico o di attività acquisita da quest’ultimo, ogniqualvolta vi sia un «trasferimento di attività» concernente una o più categorie di servizi di assistenza a terra di cui agli allegati del detto decreto.

17
La Commissione sottolinea che la protezione dei diritti dei lavoratori è ammessa in forza dell’art. 18 della direttiva 96/67, sempreché non sia contraria all’applicazione effettiva di quest’ultima per quanto riguarda i servizi di assistenza a terra. Ora, l’art. 14, n. 1, del decreto legislativo n. 18/99 oltrepasserebbe manifestamente la protezione già garantita dalla direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti (GU L 61, pag. 26), come modificata dalla direttiva del Consiglio 29 giugno 1998, 98/50/CE (GU L 201, pag. 88), e codificata dalla direttiva del Consiglio 12 marzo 2001, 2001/23/CE (GU L 82, pag. 16).

18
La Commissione ritiene che una disposizione nazionale quale quella contestata nella fattispecie potrebbe essere giustificata sulla base dell’art. 18 della direttiva 96/67 solo se fosse applicata in caso di trasferimento d’impresa ai sensi della direttiva 2001/23. Ora, per poter applicare quest’ultima direttiva, il trasferimento dovrebbe riferirsi a un’entità economica, ossia a un complesso organizzato di persone e di elementi che consentono l’esercizio di un’attività economica finalizzata al perseguimento di un determinato obiettivo. Tuttavia, per poter determinare se sussistano le caratteristiche di un trasferimento di entità dovrebbe essere preso in considerazione il complesso delle circostanze di fatto che caratterizzano l’operazione di cui trattasi.

19
Secondo la Commissione, la mera circostanza che i servizi forniti dal prestatore precedente e quelli forniti dal nuovo sono analoghi non consente di concludere che sussista il trasferimento di un’entità economica tra le due imprese. In effetti, un’entità non può essere ridotta all’attività che le era affidata e la sua identità emerge anche da altri elementi quali il personale che la compone, i suoi quadri, l’organizzazione del suo lavoro, nonché i suoi metodi e mezzi di gestione.

20
La Commissione fa presente che, perché vi sia trasferimento d’impresa, manca nel caso di specie l’elemento chiave della cessione dell’impresa, cioè un accordo negoziato implicito o esplicito, ovvero un atto d’imperio della potestà pubblica. Il prestatore subentrante infatti accederebbe alle strutture aeroportuali in base a un titolo autonomo, indipendentemente da ogni sorta di rapporto o contatto con il prestatore uscente. Tale titolo sarebbe costituito dalla stipulazione di un contratto con il gestore dell’aeroporto interessato.

21
La Commissione fa valere che la misura adottata dal governo italiano implica una vera e propria traslazione dell’onere sociale dallo Stato italiano alle imprese prestatrici subentranti, le quali vengono così penalizzate. Se le autorità nazionali vogliono adottare misure sociali nell’ambito dell’applicazione del processo di liberalizzazione dei servizi di assistenza a terra, l’art. 18 della direttiva 96/67 potrebbe costituire un fondamento normativo appropriato, ma a condizione che le misure in questione rispettino lo spirito di tale direttiva, nonché i principi generali del diritto comunitario.

22
Secondo la Commissione, l’art. 14, n. 1, del decreto legislativo n. 18/99 impedisce ai prestatori di servizi aspiranti ad accedere al mercato di cui trattasi di scegliere il proprio personale e conseguentemente il tipo di organizzazione dei servizi che intendono fornire per poter operare su tale mercato. Ora, l’obiettivo della direttiva 96/67 sarebbe proprio quello di incoraggiare la concorrenza in mercati precedentemente chiusi e di tipo monopolistico, riducendo i costi di esercizio delle compagnie aeree e migliorando la qualità dei servizi forniti agli utenti degli aeroporti.

23
Il governo italiano rileva che la direttiva 96/67 lascia un margine di discrezionalità agli Stati membri sulle modalità ed i tempi di adozione delle misure richieste per la realizzazione del nuovo sistema, in quanto ogni Stato ha sue peculiarità specifiche. In tale ottica, il legislatore nazionale avrebbe adottato la normativa di cui trattasi nella consapevolezza del fatto che il libero accesso al mercato può essere compatibile con il buon funzionamento degli aeroporti comunitari e attuato in maniera progressiva e adeguata alle esigenze del settore. Le misure di protezione sociale previste dall’art. 14 del decreto legislativo n. 18/99 non ostacolerebbero la liberalizzazione del settore dell’assistenza a terra e rappresenterebbero l’espressione di un potere attribuito allo Stato dall’art. 18 della direttiva 96/67.

24
Il governo italiano ritiene che il rispetto delle disposizioni di tale direttiva e quello di altre norme di diritto comunitario, in particolare di quelle sul mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di azienda, non significano che il grado di tutela accordabile dagli Stati membri debba essere espresso solo nei limiti consentiti dall’armonizzazione del diritto comunitario. Se così fosse, l’art. 18 della direttiva 96/67 sarebbe una norma del tutto inutile, perché non lascerebbe allo Stato membro alcun margine per offrire ai lavoratori una garanzia che non discende da una norma comunitaria.

25
Secondo il governo italiano, quest’ultima disposizione dev’essere interpretata nel senso che una tale garanzia, per sua stessa natura «aggiuntiva», non deve tradursi in una violazione delle norme comunitarie specificamente dettate dalla direttiva 96/67 o più in generale da altri atti comunitari. Poiché un’effettiva garanzia per i lavoratori deve tradursi in un vincolo economico e in un impegno per il datore di lavoro, la sua ammissibilità andrebbe valutata attraverso un’accorta analisi comparata degli interessi in gioco.

26
Il governo italiano fa altresì valere che, ferma restando l’identità o almeno l’analogia del servizio fornito dal precedente prestatore, il criterio determinante per la definizione di un trasferimento di azienda non consiste necessariamente in un trasferimento di elementi materiali e patrimoniali. Anche l’organizzazione di un’attività idonea ad assumere uno specifico rilievo economico rientrerebbe nel campo di applicazione della nozione di «trasferimento».

27
In considerazione delle particolarità del settore di cui trattasi e dell’organizzazione delle imprese in questione, il governo italiano sottolinea che il trasferimento di «attività» aeroportuali potrebbe rientrare nella nozione più ampia di «trasferimento di azienda». In realtà, sarebbe proprio la continuità dell’attività, che passa da un prestatore all’altro, a rendere la situazione del tutto assimilabile a un vero e proprio trasferimento di azienda.

28
Il governo italiano precisa che è certamente vero che l’art. 14 del decreto legislativo n. 18/99 menziona specificamente al «trasferimento di attività concernente una o più categorie di servizi di assistenza a terra», ma è evidente che nella prassi tale trasferimento si accompagna al passaggio di un certo numero di beni e strutture necessarie allo svolgimento dell’attività da parte del nuovo prestatore. In tale contesto, si sarebbe in presenza di un trasferimento di ramo aziendale o quanto meno di una successione tra aziende sostanzialmente assimilabile a un trasferimento. A giusto titolo quindi la normativa nazionale si sarebbe data carico di garantire la tutela di lavoratori in un ragionevole contemperamento degli opposti interessi.

29
Per quanto riguarda l’argomento secondo cui la trasposizione nella legislazione nazionale della direttiva 96/67 potrebbe distorcere la concorrenza sul mercato dei servizi aeroportuali a favore delle imprese già insediate e a danno dei concorrenti potenziali, il governo italiano osserva che il principio della libertà di concorrenza implica che le imprese interessate godano di un’effettiva parità di opportunità, nell’ambito delle condizioni, anche restrittive, previste dalla normativa sociale applicabile.

Giudizio della Corte

30
Con la sua argomentazione, il governo italiano fa valere in sostanza che l’art. 14 del decreto legislativo n. 18/99 ha come suo fondamento normativo l’art. 18 della direttiva 96/67 e che la disposizione controversa rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 2001/23.

31
Per quanto riguarda la compatibilità dell’art. 14 con la direttiva 96/67 e alla luce della formulazione dell’art. 18 di quest’ultima, si evince dal ventiquattresimo ‘considerando’ della detta direttiva che gli Stati membri conservano il potere di garantire un adeguato livello di protezione sociale al personale delle imprese che forniscono servizi di assistenza a terra.

32
Per quanto concerne la definizione di un siffatto «livello adeguato», occorre sottolineare che, come giustamente rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 33 delle sue conclusioni, tale potere non comporta una competenza normativa illimitata e deve essere esercitato in modo tale da non pregiudicare l’effetto utile della direttiva 96/67 e gli obiettivi da questa perseguiti. Come sottolineato, infatti, dalla Corte nella sentenza 16 ottobre 2003, causa C‑363/01, Flughafen Hannover-Langenhagen (Racc. pag. I‑11893, punto 43), tale direttiva mira ad assicurare l’apertura del mercato dell’assistenza a terra, apertura che, secondo il quinto ‘considerando’ della medesima direttiva, deve tra l’altro contribuire a ridurre i costi di gestione delle compagnie aeree.

33
L’interpretazione dell’art. 18 della direttiva 96/67 fornita invece dal governo italiano, in particolare per quanto riguarda la presa in considerazione di preoccupazioni di ordine sociale, renderebbe oltremodo difficile l’accesso ai mercati di assistenza a terra di nuovi prestatori di servizi, essendo questi ultimi tenuti a riassumere il personale impiegato dal precedente prestatore. Di conseguenza, si metterebbero in discussione l’uso razionale delle infrastrutture aeroportuali e la riduzione dei costi dei servizi implicati per gli utenti.

34
Infatti, l’obbligo imposto alle imprese interessate a norma dell’art. 14 del decreto legislativo n. 18/99 di riassumere il personale del precedente prestatore di servizi svantaggia i nuovi concorrenti potenziali rispetto alle imprese già operanti e compromette l’apertura dei mercati dell’assistenza a terra, con la conseguenza di nuocere all’effetto utile della direttiva 96/67.

35
Ne risulta che la normativa controversa pregiudica la finalità perseguita da tale direttiva, cioè l’apertura dei mercati interessati e la creazione delle condizioni adeguate in vista di una concorrenza intracomunitaria in questo settore.

36
Poiché la normativa controversa è incompatibile con la direttiva 96/67, non è pertinente affermare, come fa il governo italiano, che l’art. 14 del decreto legislativo n. 18/99 non contrasta con la direttiva 2001/23.

37
Il governo italiano, comunque, non può sostenere che l’art. 14 del detto decreto legislativo si basa sulla nozione di «trasferimento di attività» che rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 2001/23.

38
Occorre, infatti, ricordare che, ai sensi del suo art. 1, n. 1, tale direttiva si applica ai trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti ad un nuovo imprenditore in seguito a cessione contrattuale o a fusione. Risulta dalla giurisprudenza della Corte a tale riguardo che il criterio decisivo per stabilire se si configuri un trasferimento ai sensi di tale direttiva consiste nella circostanza che l’entità in questione conservi la propria identità, che risulta in particolare dal fatto che la sua gestione sia stata effettivamente proseguita o ripresa (v., in particolare, sentenze 18 marzo 1986, causa 24/85, Spijkers, Racc. pag. 1119, punti 11 e 12, nonché 11 marzo 1997, causa C‑13/95, Süzen, Racc. pag. I‑1259, punto 10).

39
Per determinare se sussistano le caratteristiche di un trasferimento di un’entità del genere, la Corte ha dichiarato che dev’essere preso in considerazione il complesso delle circostanze di fatto che caratterizzano l’operazione di cui trattasi, fra le quali rientrano in particolare il tipo di impresa o di stabilimento in questione, la cessione o meno di elementi materiali, quali gli edifici e i beni mobili, il valore degli elementi immateriali al momento della cessione, la riassunzione o meno della maggior parte del personale da parte del nuovo imprenditore, il trasferimento o meno della clientela, nonché il grado di analogia delle attività esercitate prima e dopo la cessione e la durata di un’eventuale sospensione di dette attività. Tali elementi costituiscono tuttavia soltanto aspetti parziali della valutazione complessiva cui si deve procedere e non possono, perciò, essere considerati isolatamente (v., in particolare, le menzionate sentenze Spijkers, punto 13, e Süzen, punto 14).

40
Si evince da tale giurisprudenza che la rispettiva importanza da attribuire ai vari criteri in grado di dimostrare l’esistenza di un trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti ai sensi della direttiva 2001/23 varia alla luce di moltissimi parametri.

41
Di conseguenza, occorre considerare che solo alla luce delle caratteristiche di ogni trasferimento di attività concernenti una o più categorie di servizi di assistenza a terra si può stabilire se la transazione interessata costituisce un trasferimento ai sensi della direttiva 2001/23.

42
Orbene, è importante constatare che l’art. 14 del decreto legislativo n. 18/99 si applica, indipendentemente dalle caratteristiche dell’operazione di cui trattasi, a «ogni trasferimento di attività» nel settore in questione e che, alla luce della giurisprudenza sopra menzionata, un siffatto concetto di trasferimento eccede manifestamente quello stabilito dalla direttiva 2001/23, come è stato interpretato dalla Corte.

43
Pertanto occorre dichiarare che la seconda censura è fondata, in quanto il regime di protezione sociale previsto all’art. 14 del decreto legislativo n. 18/99 è incompatibile con la direttiva 96/67.

Sulla terza censura

44
La Commissione ritiene che l’art. 20 del decreto legislativo n. 18/99 sia incompatibile con la direttiva 96/67 in quanto consentirebbe a imprese aventi assetti organizzativi particolari di operare nel comparto dell’autoassistenza in parallelo ad altri prestatori selezionati e/o autorizzati conformemente alle disposizioni di tale direttiva.

45
La Commissione precisa che l’art. 20 del detto decreto legislativo fa riferimento a contratti di lavoro in atto al 19 novembre 1998, che prevedono diversi assetti organizzativi e contrattuali. Questi contratti di lavoro riguardano il personale di utenti che praticano l’autoassistenza diversi da quelli definiti nella direttiva 96/67. Essi dovrebbero rimanere in vigore nella loro attuale configurazione fino alla loro scadenza e in ogni caso per un periodo non superiore a sei anni. In pratica, queste imprese sarebbero autorizzate ad operare nella prestazione di servizi di autoassistenza in parallelo ad altre imprese del comparto dell’autoassistenza e a prestatori di servizi di assistenza a terra a terzi.

46
Ora, secondo la Commissione, la direttiva 96/67 enuncia chiaramente le categorie di imprese prestatrici di servizi di assistenza a terra che possono qualificarsi come soggetti prestatori di servizi di assistenza a terzi e come utenti che praticano l’autoassistenza. Le entità che non soddisfano i criteri per l’autoassistenza di cui all’art. 2, lett. f), della direttiva 96/67 potrebbero operare soltanto in qualità di prestatori di servizi a terzi. Inoltre, gli artt. 6 e 7 della medesima direttiva prevederebbero l’obbligo di seguire procedure specifiche per la selezione degli utenti che praticano l’autoassistenza e dei prestatori di assistenza a terzi.

47
La Commissione aggiunge che la direttiva 96/67 non prevede misure transitorie per le imprese aventi diversi assetti organizzativi. La validità delle relazioni contrattuali andrebbe valutata alla luce della normativa applicabile e in particolare delle disposizioni di tale direttiva. Infatti, il legislatore nazionale non potrebbe intervenire sulla durata massima di vigenza delle relazioni contrattuali come se queste ultime fossero esonerate dagli obblighi previsti dalle dette disposizioni.

48
Il governo italiano ritiene che la norma controversa abbia una portata non solo transitoria, ma anche assai limitata. Essa andrebbe letta nello spirito di salvaguardia dei diritti acquisiti e ciò per un tempo relativamente breve, ossia fino alla scadenza dei contratti in questione e comunque per non oltre sei anni. Peraltro, si intenderebbe proporre la soppressione della norma nell’ambito della prossima legge annuale comunitaria.

Giudizio della Corte

49
Occorre rilevare che le disposizioni della direttiva 96/67 definiscono in modo preciso le categorie di imprese che possono essere qualificate come prestatori di servizi di assistenza a terra a terzi e come utenti che praticano l’autoassistenza. Ne deriva che le entità che non soddisfano i criteri di autoassistenza previsti da tale direttiva possono operare soltanto come prestatori di servizi a terzi. Inoltre, come giustamente sottolineato dall’avvocato generale al paragrafo 49 delle sue conclusioni, la detta direttiva non prevede la possibilità per gli Stati membri di adottare misure transitorie a tale riguardo.

50
Orbene, istituendo siffatte misure transitorie, l’art. 20 del decreto legislativo n. 18/99 comporta un regime normativo incompatibile con la direttiva 96/67.

51
La censura della Commissione è pertanto fondata.

52
Da tutto quanto precede, occorre dichiarare che, in quanto il decreto legislativo n. 18/99 ha introdotto, al suo art. 14, una misura sociale incompatibile con l’art. 18 della direttiva 96/67 e ha previsto, al suo art. 20, un regime a carattere transitorio non consentito da tale direttiva, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza della detta direttiva.


Sulle spese

53
Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica italiana, rimasta soccombente, va condannata alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

1)
In quanto il decreto legislativo 13 gennaio 1999, n. 18, recante attuazione della direttiva 96/67/CE relativa all’accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti della Comunità, ha introdotto, al suo art. 14, una misura sociale incompatibile con l’art. 18 della direttiva del Consiglio 15 ottobre 1996, 96/67/CE, e ha previsto, al suo art. 20, un regime a carattere transitorio non consentito da tale direttiva, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza della detta direttiva.

2)
La Repubblica italiana è condannata alle spese.

Firme


1
Lingua processuale: l'italiano.

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