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Document 62001CC0078

Conclusioni dell'avvocato generale Léger del 14 gennaio 2003.
Bundesverband Güterkraftverkehr und Logistik eV (BGL) contro Bundesrepublik Deutschland.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Bundesgerichtshof - Germania.
Libera circolazione delle merci - Operazione di transito esterno - Circolazione con carnet TIR - Infrazioni o irregolarità - Possibilità, per un'associazione garante, di fornire la prova del luogo in cui l'infrazione o l'irregolarità è stata commessa - Termine per fornire la prova - Esistenza, per lo Stato membro che ha constatato l'infrazione o l'irregolarità, dell'obbligo di ricercare tale luogo.
Causa C-78/01.

Raccolta della Giurisprudenza 2003 I-09543

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2003:14

62001C0078

Conclusioni dell'avvocato generale Léger del 14gennaio2003. - Bundesverband Güterkraftverkehr und Logistik eV (BGL) contro Bundesrepublik Deutschland. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Bundesgerichtshof - Germania. - Libera circolazione delle merci - Operazione di transito esterno - Circolazione con carnet TIR - Infrazioni o irregolarità - Possibilità, per un'associazione garante, di fornire la prova del luogo in cui l'infrazione o l'irregolarità è stata commessa - Termine per fornire la prova - Esistenza, per lo Stato membro che ha constatato l'infrazione o l'irregolarità, dell'obbligo di ricercare tale luogo. - Causa C-78/01.

raccolta della giurisprudenza 2003 pagina I-09543


Conclusioni dell avvocato generale


I - Introduzione

1. Il Bundesgerichtshof (Germania) ha sottoposto alla Corte diverse questioni pregiudiziali aventi ad oggetto l'interpretazione degli artt. 454 e 455 del regolamento (CEE) della Commissione 2 luglio 1993, n. 2454, che fissa talune disposizioni d'applicazione del regolamento (CEE) del Consiglio n. 2913/92, che istituisce il codice doganale comunitario .

2. Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di una controversia tra lo Hauptzollamt Friedrichshafen (amministrazione doganale tedesca; in prosieguo: lo «HZA») ed un'associazione di diritto tedesco autorizzata come associazione garante, la Bundesverband Güterkraftverkehr und Logistik eV (BGL) (in prosieguo: il «BGL»). La controversia verte sulla riscossione dei dazi e delle imposte all'importazione che gravano sulle merci poste in regime di transito esterno e che circolano con un carnet di trasporto internazionale su strada (in prosieguo: il «carnet TIR»), conformemente al sistema istituito dalla convenzione doganale relativa al trasporto internazionale di merci accompagnate da carnet TIR (in prosieguo: la «convenzione TIR»), e ripreso in sostanza dal regolamento n. 2454/93.

II - Contesto normativo

A - Convenzione TIR

3. Elaborata sotto l'egida della Commissione economica per l'Europa delle Nazioni unite, la convenzione TIR è stata firmata a Ginevra il 14 novembre 1975 ed è entrata in vigore nel 1978. Essa è stata modificata più volte . Ad oggi, essa vincola circa 60 parti contraenti, tra cui la Comunità europea .

4. La convenzione TIR mira a facilitare i trasporti internazionali di merci con veicoli stradali semplificando e armonizzando le formalità amministrative da compiere in materia doganale all'attraversamento delle frontiere. In tal senso, essa prevede che i carichi di merci trasportate sono soggetti ad una sola ispezione, da parte dell'ufficio doganale di partenza, escludendo qualsiasi altra ispezione da parte degli uffici doganali di passaggio o di destinazione, a meno che questi ultimi sospettino l'esistenza di un'irregolarità (art. 5). Inoltre, è previsto che tali merci non soggiacciono all'obbligo di pagare o di depositare i dazi e le tasse all'importazione o all'esportazione (art. 4).

5. In contropartita, la convenzione TIR stabilisce tre requisiti. Da un lato, le merci devono essere trasportate in veicoli o contenitori che offrono determinate garanzie di sicurezza onde evitare la loro sottrazione o la loro sostituzione durante il tragitto (artt. 12-14). Dall'altro, tali merci devono essere accompagnate, durante tutto il loro trasporto, da un documento di spedizione uniforme, il carnet TIR, rilasciato dall'ufficio doganale di partenza e che servirà come elemento di riferimento per controllare la regolarità dell'operazione (art. 3) . Infine, il pagamento di dazi e imposte, che può essere richiesto da parte dei servizi doganali nei confronti di un trasportatore, deve essere in parte garantito da un'associazione nazionale abilitata a tal fine dalle autorità delle parti contraenti (art. 3). Tale garanzia è a sua volta coperta dall'Unione internazionale dei trasporti su strada (IRU) e da un gruppo di assicurazioni con sede in Svizzera.

6. Esposta così l'economia del sistema TIR, occorre ora precisare le sue modalità concrete di applicazione.

7. I carnet TIR sono stampati dall'IRU e distribuiti dalle associazioni garanti ai trasportatori che vi menzionano una serie di informazioni, in particolare sulle merci trasportate. Ogni carnet TIR si compone di un blocco di foglietti in due copie (nn. 1 e 2). All'inizio dell'operazione di trasporto, l'ufficio doganale di partenza verifica il carico - in particolare la sua conformità rispetto alle merci dichiarate nel carnet TIR - poi procede alla sigillatura. Esso registra poi il primo foglietto del carnet TIR, che gli è stato consegnato dall'utilizzatore, ne stacca la copia n. 1, vidima la matrice corrispondente e gli restituisce il carnet. All'uscita del territorio attraversato, l'ufficio doganale di passaggio verifica lo stato dei sigilli, stacca la copia n. 2, vidima la matrice corrispondente e restituisce il carnet TIR all'utilizzatore. Esso trasmette poi la copia n. 2 all'ufficio doganale di partenza, che verifica allora la sua conformità con la copia n. 1. Se la copia n. 2 non comporta nessuna riserva sulla regolarità dell'operazione TIR, quest'ultima è regolarmente convalidata sul territorio attraversato. Per contro, se la copia n. 2 comporta delle riserve o non è stata ricevuta dall'ufficio doganale di partenza, l'operazione TIR è considerata irregolare sul territorio di cui trattasi. Di conseguenza, le autorità doganali di tale territorio hanno il diritto di esigere il pagamento dei dazi e delle imposte che sono così divenuti esigibili.

8. Tale procedimento si ripete sul territorio di ogni paese attraversato, salvo che tra gli Stati membri della Comunità, in quanto essi costituiscono un solo ed unico territorio doganale. In tal caso, l'operazione TIR è regolarmente convalidata quando le merci di cui trattasi sono presentate all'ufficio doganale di destinazione, vale a dire l'ufficio di uscita dal territorio doganale della Comunità, e quando quest'ultimo ne informa senza riserve l'ufficio doganale di partenza, vale a dire l'ufficio di entrata in tale stesso territorio.

9. Le associazioni garanti possono essere sollecitate a garantire il pagamento di una parte dei dazi e delle imposte all'importazione o all'esportazione divenuti esigibili in ragione dell'irregolarità dell'operazione TIR . Tale somma può essere aumentata degli eventuali interessi di mora. L'associazione garante risponde solidalmente insieme con le persone che ne sono direttamente debitrici delle somme di cui trattasi. Tuttavia, le competenti autorità doganali devono, nella misura del possibile, chiederne il pagamento alla(e) persona(e) direttamente tenuta(e) a pagarle, prima di ricorrere all'associazione garante (art. 8, nn. 1, 3 e 7, della convenzione TIR).

10. La garanzia di un'associazione garante può essere richiesta solo dalle autorità doganali che le hanno rilasciato l'autorizzazione. Tuttavia, tale regola non si applica nelle relazioni tra gli Stati membri della Comunità. Infatti, in tal caso, l'associazione garante che ha rilasciato il carnet TIR, all'inizio dell'operazione, è la sola responsabile. La sua responsabilità vale nei confronti dello Stato membro di partenza che le ha rilasciato l'autorizzazione o di un altro Stato membro qualora risultasse che l'irregolarità sia stata commessa sul territorio di quest'ultimo .

11. Il procedimento di attuazione della responsabilità di un'associazione garante è definito dagli artt. 10, n. 2, e 11 della convenzione TIR. Tale procedimento si compone dei tre elementi seguenti.

12. In primo luogo, la responsabilità di un'associazione garante non può più essere fatta valere dalle autorità doganali qualora abbiano scaricato un carnet TIR senza riserve, tranne nel caso in cui l'attestazione di scarico sia stata ottenuta abusivamente o fraudolentemente (art. 10, n. 2, della convenzione TIR).

13. In secondo luogo, nell'ipotesi contraria in cui la responsabilità di un'associazione garante può essere fatta valere, le autorità doganali hanno l'obbligo di conformarsi a talune formalità e a taluni termini procedurali. Infatti, l'art. 11, nn. 1 e 2, della convenzione TIR prevede quanto segue:

«1. Se un carnet TIR non è stato scaricato o è stato scaricato con riserve, le autorità competenti possono esigere dall'associazione garante il pagamento delle somme di cui all'articolo 8 (...), soltanto se entro un termine di un anno, a decorrere dall'accettazione del carnet TIR da parte delle autorità doganali, esse hanno notificato per iscritto all'associazione garante che il carnet non è stato scaricato o che è stato scaricato con riserve. Detta disposizione è applicabile anche allorché lo scarico è stato ottenuto abusivamente o fraudolentemente, ma in tal caso il termine per la notificazione è di due anni.

2. La richiesta di pagare le somme (...), dev'essere inviata all'associazione garante al più presto tre mesi e al più tardi due anni dopo, a contare dal giorno in cui l'associazione è stata informata che il carnet non è stato scaricato o che è stato scaricato con riserve, oppure che l'attestazione di scarico è stata ottenuta abusivamente o fraudolentemente. Tuttavia, trattandosi di casi deferiti ad un tribunale durante il succitato termine di due anni, la richiesta di pagamento dovrà essere notificata entro il termine di un anno, a decorrere dal giorno in cui la sentenza è passata in giudicato».

14. In terzo luogo, il seguito del procedimento in precedenza descritto riguardo all'associazione garante interessata è anch'esso circoscritto entro determinati termini. Infatti, l'art. 11, n. 3, della convenzione TIR prevede che «[l]'associazione garante deve pagare gli importi richiesti entro un termine di tre mesi, a contare dalla data della richiesta di pagamento. Gli importi pagati saranno restituiti all'associazione garante allorché entro un termine di due anni, a decorrere dalla data della richiesta di pagamento, si comprovi a soddisfazione delle autorità doganali che durante la rispettiva operazione di trasporto non è stata commessa nessuna irregolarità».

B - Regolamento n. 2454/93

15. Conformemente a quanto è previsto all'art. 48 della convenzione TIR, sono state adottate nell'ambito comunitario norme particolari per le operazioni di trasporto che attraversano il territorio doganale della Comunità. Tali norme sono contenute nel regolamento n. 2454/93.

16. Gli artt. 454, 455 e 457 del regolamento n. 2454/93 definiscono il procedimento applicabile alla riscossione dei dazi e delle imposte divenuti esigibili . Essi riprendono, a grandi linee, il procedimento stabilito dalla convenzione TIR. Tali disposizioni riguardano in particolare la determinazione delle autorità nazionali competenti a procedere alla riscossione degli importi corrispondenti ai dazi e alle imposte divenuti esigibili.

17. L'art. 454 del regolamento n. 2454 è redatto nel modo seguente:

«1. Il presente articolo si applica fatte salve le disposizioni specifiche della convenzione TIR (...) concernenti la responsabilità delle associazioni garanti nell'utilizzazione del carnet TIR (...).

2. Quando si accerti che durante o in occasione di un trasporto effettuato con un carnet TIR (...) è stata commessa un'infrazione o un'irregolarità in un dato Stato membro, la riscossione dei dazi e delle altre imposizioni eventualmente esigibili è operata da tale Stato membro secondo le disposizioni comunitarie o nazionali, fatto salvo l'esercizio di azioni penali.

3. Qualora non sia possibile determinare il territorio in cui l'infrazione o l'irregolarità è stata commessa, si considera che essa sia stata commessa nello Stato membro in cui è stata accertata, a meno che, nel termine di cui all'articolo 455, paragrafo 1, non venga fornita la prova, ritenuta sufficiente dall'autorità doganale, della regolarità dell'operazione ovvero del luogo in cui l'infrazione o l'irregolarità è stata effettivamente commessa. Se, in mancanza di tale prova, detta infrazione o irregolarità è da considerarsi commessa nello Stato membro in cui è stata accertata, i dazi e le altre imposizioni inerenti alle merci in causa vengono riscossi da tale Stato membro conformemente alle disposizioni comunitarie o nazionali.

Se, successivamente, è possibile determinare lo Stato membro in cui la suddetta infrazione o irregolarità è stata commessa, i dazi e le altre imposizioni - salvo quelli già riscossi, conformemente al secondo comma, a titolo di risorse proprie della Comunità - a cui le merci sono soggette in tale Stato membro gli sono rimborsati dallo Stato membro che aveva inizialmente proceduto alla loro riscossione. In tal caso, l'eventuale eccedenza è rimborsata alla persona che aveva inizialmente pagato le imposizioni.

Se l'importo dei dazi e delle altre imposizioni inizialmente riscossi e restituiti dallo Stato membro che aveva proceduto alla loro riscossione è inferiore all'importo dei dazi e delle altre imposizioni esigibili nello Stato membro in cui l'infrazione o l'irregolarità è stata effettivamente commessa, questo Stato membro procede alla riscossione della differenza, conformemente alle disposizioni comunitarie o nazionali.

Le amministrazioni doganali degli Stati membri adottano le disposizioni necessarie per combattere e sanzionare efficacemente qualsiasi infrazione o irregolarità».

18. L'art. 455, nn. 1 e 2, del regolamento n. 2454/93 dispone quanto segue:

«1. Quando si accerti un'infrazione o un'irregolarità commessa nel corso o in occasione di un trasporto effettuato con un carnet TIR (...), l'autorità doganale provvede ad informare di ciò il titolare del carnet TIR (...) e l'associazione garante nei termini previsti (...) all'articolo 11, paragrafo 1 della convenzione TIR (...)».

19. Gli artt. 454 e 455 del regolamento n. 2454/93 sono stati modificati dal regolamento (CE) n. 2787/2000 , in quanto «occorre procedere alla rettifica di alcuni errori materiali relativi ai rinvii alla convenzione TIR» . Le disposizioni di modifica di cui trattasi sono applicabili a partire dal 1° luglio 2001, vale a dire successivamente ai fatti della presente causa.

III - Fatti e procedimento nella causa principale

20. Il 23 marzo 1994, l'impresa di trasporto Freight Forwarding Services poneva in regime di transito esterno, presso lo HZA, ufficio doganale di entrata sul territorio della Comunità, un carico proveniente dalla Svizzera di 12,5 milioni di sigarette che doveva essere inviato in Marocco attraverso l'ufficio doganale di Algésiras (Spagna), ufficio doganale d'uscita dal territorio della Comunità.

21. La data limite di presentazione delle merci all'ufficio doganale spagnolo era fissata al 28 marzo 1994, ossia cinque giorni dopo la data di inizio dell'operazione di trasporto. Non avendo lo HZA ricevuto nessuna conferma di esecuzione dell'operazione TIR da parte dell'ufficio doganale spagnolo, gli chiedeva informazioni a tal proposito. Il 13 luglio 1994, l'ufficio spagnolo segnalava allo HZA che le merci non gli erano state presentate. Il carnet TIR originale veniva infine ritrovato dopo il 28 marzo 1994. Veniva messo in evidenza che su di esso compariva un timbro falsificato dell'ufficio di Algésiras in data 28 marzo 1994 (data limite per la presentazione delle merci).

22. Il 16 agosto 1994, lo HZA inviava al trasportatore un avviso di accertamento fiscale, pari a DM 3 197 500, per dazi e imposte esigibili per le merci di cui trattavasi. Il trasportatore non effettuava alcun pagamento.

23. Lo stesso giorno, lo HZA informava il BGL del mancato scarico del carnet TIR. Quest'ultima si sarebbe portata garante del titolare del carnet TIR fino a concorrenza di un importo massimo pari a ecu 175 000 (ossia DM 334 132,75). Si sarebbe trattato di una garanzia senza il beneficio d'escussione ai sensi del diritto tedesco. Ne sarebbe risultato che l'associazione garante non avrebbe potuto affermare che le autorità doganali dovevano rivolgersi anzi tutto al titolare del carnet TIR, prima di rivolgersi ad essa. Da parte sua, il BGL stipulava un contratto di garanzia con l'IRU, che a sua volta era vincolata da un contratto di assicurazione con un gruppo assicurativo al quale apparteneva la società Préservatrice Foncière Tiard SA (in prosieguo: la «PFA»), parte interveniente nella causa principale.

24. Nel febbraio 1996, lo HZA reclamava al BGL, dinanzi al Landgericht Frankfurt am Main (Germania), una somma pari a DM 334 132,75 (importo massimo della garanzia), oltre agli interessi. Nel controricorso presentato l'8 maggio 1996, il BGL faceva valere che le sigarette controverse erano state scaricate in Spagna e che quindi solo lo Stato spagnolo, e non lo Stato tedesco, avrebbe avuto il diritto di agire nei suoi confronti per il pagamento. Il BGL proponeva di fornire la prova testimoniale di tale affermazione riguardante il luogo dell'irregolarità di cui trattavasi. Tale proposta non veniva accolta. Infatti, tanto il Landgericht Frankfurt am Main che, in appello, l'Oberlandesgericht (Germania) accoglievano la richiesta di pagamento controversa. Il BGL faceva allora ricorso in cassazione dinanzi al Bundesgerichtshof.

25. Nell'ordinanza di rinvio, il Bundesgerichtshof si interroga sulla ricevibilità del mezzo di prova dedotto dal BGL riguardante il luogo in cui è stata commessa l'irregolarità di cui trattasi, tenuto conto dei termini di prova previsti dal regolamento n. 2454/93 e dalla convenzione TIR. A tal proposito, esso sottolinea che tale mezzo di prova è stato dedotto soltanto l'8 maggio 1996, vale a dire quasi due anni dopo la comunicazione all'associazione garante del mancato scarico del carnet TIR, avvenuta il 16 agosto 1994. Inoltre, il giudice del rinvio constata che la presenza di un timbro falsificato sul carnet TIR non implica che ci si trovi in una situazione in cui il certificato di scarico è stato ottenuto abusivamente o fraudolentemente, vale a dire in una situazione in cui il termine di prova è di due anni, in forza delle disposizioni dell'art. 11, n. 1, seconda frase, della convenzione TIR, al quale fa rinvio l'art. 455, n. 1, del regolamento n. 2454/93. Fatte tali osservazioni, il Bundesgerichtshof si chiede se sia necessario applicare ad un'associazione garante il termine di prova di un anno che viene imposto al titolare del carnet TIR, conformemente alla sentenza 23 marzo 2000, Met-Trans e Sagpol . Peraltro, il giudice del rinvio si interroga sul rispettivo ruolo delle associazioni garanti e delle autorità doganali nell'accertamento del luogo in cui è stata commessa l'irregolarità.

IV - Questioni pregiudiziali

26. Di conseguenza, il Bundesgerichtshof ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) a) Se il termine per fornire la prova del luogo in cui l'infrazione o l'irregolarità è stata effettivamente commessa, ai sensi dell'art. 454, n. 3, primo comma, del regolamento (...) n. 2453/93 (...), valga anche per il caso in cui uno Stato membro, sulla base dell'art. 454, nn. 2 e 3, primo e secondo comma del regolamento n. 2454/93, faccia valere giudizialmente un credito fiscale nei confronti dell'associazione garante e questa intenda provare in giudizio che il luogo in cui l'infrazione o l'irregolarità è stata effettivamente commessa si trova in un altro Stato membro.

b) Ove la Corte di giustizia risolva in modo affermativo la questione sub 1, lett. a):

i) Se in un caso del genere valga il termine di un anno di cui all'art. 454, n. 3, primo comma, e di cui all'art. 455, n. 1, del regolamento n. 2454/93 in combinato disposto con l'art. 11, n. 1, prima frase della convenzione TIR, oppure il termine di due anni di cui all'art. 455, n. 2 del detto regolamento in combinato disposto con l'art. 11, n. 2, prima frase, della convenzione TIR.

ii) Se il termine di prova di cui al caso illustrato alla questione sub 1, lett. a) sia da interpretare nel senso che l'associazione garante debba far valere in giudizio, entro il termine, la sua affermazione, soggetta all'onere della prova, secondo cui l'infrazione o l'irregolarità si è effettivamente verificata in un altro Stato membro, e qualora ciò non accada decada dal diritto di prova.

2) a) Se ai sensi dell'art. 454 e 455 del regolamento n. 2454/93 lo Stato membro che accerta un'infrazione o un'irregolarità in relazione ad un trasporto effettuato con carnet TIR sia obbligato nei confronti dell'associazione garante ad accertare, a parte le comunicazioni di cui all'art. 455, n. 1 del detto regolamento e un avviso di ricerca all'ufficio doganale di destinazione, dove si sia verificata effettivamente l'infrazione o l'irregolarità e chi siano i debitori dell'obbligazione doganale ai sensi dell'art. 203, n. 3, del regolamento n. 2913/92, chiedendo ad un altro Stato membro assistenza amministrativa per il chiarimento dei fatti [v. regolamento (CEE) del Consiglio 19 maggio 1981, n. 1468, relativo alla mutua assistenza tra le autorità amministrative degli Stati membri e alla collaborazione tra queste e la Commissione per assicurare la corretta applicazione della regolamentazione doganale o agricola]

b) In caso di soluzione affermativa da parte della Corte alla questione sub 2, lett. a):

i) Se in caso di violazione di tale obbligo di accertamento ai sensi dell'art. 454, n. 3, primo comma, del regolamento n. 2454/93, l'infrazione o l'irregolarità debba considerarsi o meno commessa nello Stato membro in cui è stata accertata.

ii) Se lo Stato membro che accertato l'infrazione o l'irregolarità debba, allorché chiama in causa l'associazione garante, allegare e provare l'adempimento di un tale obbligo di accertamento».

V - Esame delle questioni pregiudiziali

27. Il giudice del rinvio solleva due serie di questioni vertenti, da un lato, sul termine di prova del luogo in cui è stata commessa l'irregolarità e, dall'altro, sull'esistenza di un obbligo di accertamento su tale punto a carico dello Stato membro che ha constatato tale irregolarità.

A - Sul termine di prova del luogo in cui è stata commessa l'irregolarità

1. Argomenti delle parti

28. Tanto il BGL che la PFA sostengono che un'associazione garante ha il diritto di fornire la prova del luogo in cui è stata commessa l'irregolarità.

29. Secondo il BGL, nessun termine di prova è opponibile all'associazione garante. Tuttavia, in subordine, essa sostiene che il solo termine ammissibile è di due anni a decorrere dalla data della richiesta di pagamento. Essa esclude quindi l'applicazione del termine di un anno previsto dall'art. 11, n. 1, prima frase, della convenzione TIR, al quale fa rinvio il regolamento n. 2454/93, nella versione in vigore al momento dei fatti. Dopo aver sottolineato le incoerenze del regolamento di cui trattasi, essa fa valere che il termine di due anni a decorrere dalla data della richiesta di pagamento è stato infine introdotto dal regolamento di modifica n. 2787/2000, onde correggere l'errore commesso su tale punto dal legislatore comunitario.

30. Alla stregua del BGL, la PFA sostiene che il solo termine di prova opponibile all'associazione garante è di due anni a decorrere dalla data della richiesta di pagamento o, almeno, a decorrere dalla data di notifica dell'irregolarità a quest'ultima. La PFA fa valere a tal proposito l'applicazione retroattiva del regolamento n. 2787/2000. Tuttavia, essa ritiene, in sostanza, che l'introduzione di un ricorso giurisdizionale osti alla formulazione di una richiesta di pagamento, il che ha come effetto di ritardare, per tutta la durata del procedimento, la data a partire dalla quale si calcola il termine di prova. Infine, tanto il BGL quanto la PFA affermano che il termine di prova applicabile non è perentorio, ma indicativo.

31. Contrariamente al BGL e alla PFA, lo HZA ed il governo tedesco ritengono che l'associazione garante non abbia il diritto di fornire la prova del luogo effettivo in cui è stata commessa l'irregolarità di cui trattasi. Infatti, nessuna disposizione a favore di tale diritto risulterebbe dal regolamento n. 2454/93 o dalla convenzione TIR. Inoltre, secondo il governo tedesco, nell'ipotesi in cui un tale diritto fosse riconosciuto all'associazione garante, ciò introdurrebbe, nell'ordinamento giuridico tedesco, un rischio di conflitto di decisioni nella materia, tenuto conto della duplicità delle giurisdizioni che diventerebbero competenti (il giudice finanziario per valutare la prova fornita dal debitore principale e il giudice civile per quanto riguarda quella fornita dal garante).

32. In subordine, lo HZA ed il governo tedesco sostengono che il testo del regolamento n. 2454/93 fa rinvio chiaramente ed esclusivamente ad un termine di un anno che viene imposto all'associazione garante, a pena di decadenza. Tuttavia, in forza dell'art. 454, n. 3, terzo comma, del regolamento n. 2454/93, l'associazione garante ha la possibilità, alla scadenza di tale termine, di ottenere il rimborso delle somme che è tenuta a versare.

33. Da parte sua, la Commissione delle Comunità europee ritiene, alla stregua del BGL e della PFA, che l'associazione, nella sua qualità di garante, abbia il diritto di fornire la prova del luogo effettivo in cui è stata commessa l'irregolarità, così come ha il diritto di farlo il titolare del carnet TIR, nella sua qualità di debitore principale. Tuttavia, contrariamente al BGL e alla PFA, la Commissione sostiene che il solo termine di prova applicabile all'associazione garante è di un anno a decorrere dalla data di notifica della mancata convalida dell'operazione TIR. Essa fa rinvio su tale punto alla giurisprudenza della Corte a proposito del termine di prova applicabile al debitore principale .

34. All'udienza, la Commissione ha precisato che il regolamento n. 2787/2000 dev'essere interpretato nel senso che fa rinvio ad un termine di tre mesi, e non di due anni, a decorrere dalla data della richiesta di pagamento. Poiché la durata di tale nuovo termine è più corta rispetto a quella prevista inizialmente, il principio del legittimo affidamento osta all'applicazione retroattiva del suddetto regolamento. Inoltre, contrariamente a quanto sostiene la PFA, l'introduzione di un ricorso giurisdizionale non avrebbe nessuna incidenza sul calcolo del termine di prova applicabile. Infine, alla stregua dello HZA e del governo tedesco, la Commissione precisa che tale termine è perentorio e non esclude la possibilità di un rimborso successivo dell'associazione garante.

2. Valutazione

35. Con la prima serie di questioni, il giudice del rinvio vuol sapere, in sostanza:

- quale sia la durata del termine prevista dal regolamento n. 2454/93 per fornire la prova del luogo in cui è stata commessa l'irregolarità, e

- se tale termine sia opponibile all'associazione garante, nell'ambito del procedimento giurisdizionale, pena l'irricevibilità del mezzo di prova.

a) Sulla durata del termine di prova

36. Con la prima questione pregiudiziale, lett. b), i), il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli artt. 454 e 455 del regolamento n. 2454/93 e 11 della convenzione TIR, al quale fa rinvio, debbano essere interpretati nel senso che la durata del termine di prova del luogo in cui è stata commessa un'irregolarità - in caso di mancato scarico del carnet TIR o di scarico con riserve - si limiti ad un anno o si estenda a due anni.

37. Come è stato sottolineato da tutte le parti nel presente procedimento, la Corte ha già avuto modo di risolvere tale questione per quanto riguarda il termine di prova applicabile al titolare di un carnet TIR . Infatti, essa ha fatto le constatazioni seguenti: «l'art. 454, n. 3, primo comma, del regolamento n. 2454/93 rinvia inequivocabilmente, per quanto attiene alla durata del termine controverso, all'art. 455, n. 1, dello stesso regolamento. Tale ultima disposizione rinvia a sua volta, per quanto attiene alla durata del termine da essa previsto, all'art. 11, n. 1, della convenzione TIR. Un solo termine è menzionato all'art. 11, n. 1, della convenzione TIR; si tratta di un termine di un anno» . Dato che tali disposizioni si applicano alle associazioni garanti - cosa che spiegherò successivamente - tale giurisprudenza non potrebbe che essere trasposta nei loro confronti. Quindi, occorre far presente al giudice del rinvio che in caso di mancato scarico o di scarico con riserve del carnet TIR, il termine di prova previsto dal regolamento n. 2454/93, nella versione vigente alla data dei fatti, è di un anno e non di due anni.

38. Contrariamente a quanto sostiene la PFA, una soluzione diversa non può essere data su tale punto, a favore di un'asserita applicazione retroattiva del regolamento di modifica n. 2787/2000. Infatti, l'art. 4, n. 2, primo comma, di detto regolamento indica che «[l]'articolo 1, punti da 2 a 80 si applica a decorrere dal 1° luglio 2001». Ora, le disposizioni riguardanti il termine di prova controverso rientrano nell'ambito di applicazione di tale norma . Ne consegue che il legislatore comunitario ha voluto escludere espressamente l'eventualità di un'applicazione retroattiva del regolamento n. 2787/2000 per quanto riguarda le disposizioni di modifica di cui trattasi. In altri termini, consentire l'applicazione retroattiva del regolamento n. 2787/2000 equivarrebbe a violare le disposizioni chiare e precise di detto regolamento sulla sua efficacia nel tempo. Ne deriva che il regolamento n. 2787/2000 è inapplicabile alla data dei fatti per quanto riguarda la determinazione della durata del termine di prova. Del resto, come ha sottolineato giustamente il giudice del rinvio, permane un dubbio sulla durata del termine di prova prevista dal regolamento di modifica, in quanto il testo rinvia in realtà a due termini molti diversi (tre mesi e due anni).

39. Risulta da tali osservazioni che il regolamento n. 2454/93, il solo applicabile alla data dei fatti, - restando escluso il regolamento n. 2787/2000 - dev'essere interpretato nel senso che prevede un termine di un anno per fornire la prova del luogo in cui è stata commessa l'irregolarità, nel caso di mancato scarico del carnet TIR o di scarico con riserve.

b) Sull'opponibilità del termine di prova all'associazione garante nell'ambito di un procedimento giurisdizionale

40. La questione dell'opponibilità del termine di prova all'associazione garante, nell'ambito di un procedimento giurisdizionale, implica che sia previamente accertato se l'associazione garante abbia il diritto di fornire tale prova. La questione si pone effettivamente, in quanto l'art. 454, n. 3, primo comma, del regolamento n. 2454/93 non precisa chi ha il diritto di farlo. Come il BGL, la PFA e la Commissione, ritengo che tale questione preliminare richieda una soluzione affermativa.

41. Infatti, il sistema di transito esterno con carnet TIR dà alle autorità doganali competenti la garanzia che il pagamento dei dazi e delle imposte divenuti esigibili sarà coperto da un'associazione garante, in caso non vi provveda il titolare del carnet TIR. Le autorità doganali competenti sono, in linea di principio, quelle del luogo in cui l'irregolarità è stata commessa, a meno che sia impossibile determinare tale luogo, il che giustifica la competenza delle autorità che hanno accertato l'esistenza dell'irregolarità. Di conseguenza, quando è dimostrato che l'irregolarità è stata commessa in un altro Stato membro diverso da quello che ha avviato il procedimento di riscossione, tale procedimento non può più andare a buon fine a causa dell'incompetenza delle autorità che lo hanno promosso. In altri termini, la prova del luogo in cui è stata commessa l'irregolarità può essere fatta valere come mezzo di difesa. L'art. 454, n. 3, primo comma, del regolamento n. 2454/93, che prevede tale tipo di mezzo di difesa può avere pieno effetto utile solo se tale mezzo può essere dedotto dall'associazione garante tanto quanto dal titolare del carnet TIR. Infatti, l'associazione garante è tenuta al pagamento delle somme reclamate «solidalmente» con il debitore principale . Inoltre, quest'ultima deve beneficiare degli stessi mezzi di difesa concessi al titolare del carnet TIR. Il principio della parità delle armi tra le parti in un procedimento depone in tal senso . Ne deriva che l'associazione garante ha il diritto, come il titolare del carnet TIR, di fornire la prova del luogo in cui è stata commessa l'irregolarità.

42. Tale conclusione s'impone a maggior ragione per la natura della presunzione di competenza delle autorità doganali che hanno accertato l'irregolarità di cui trattasi. Infatti, si tratta di una presunzione semplice, vale a dire che essa può venire confutata mediante prova contraria. Ora, riservare tale possibilità al solo titolare del carnet TIR, escludendo l'associazione garante, equivarrebbe ad escludere, in numerosi casi, la possibilità di confutare la presunzione di cui trattasi. Infatti, risulta dalla relazione del Parlamento europeo sul regime di transito comunitario, del 20 febbraio 1997 (in prosieguo: la «relazione d'inchiesta»), che le associazioni garanti sono coinvolte molto spesso . Tale constatazione s'impone anche per quanto riguarda il transito esterno con carnet TIR. Tale presunzione semplice diventerebbe così pressocchè assoluta, contrariamente a quanto previsto dal regolamento n. 2454/93.

43. Di conseguenza, occorre partire dal principio che l'associazione garante ha il diritto di fornire la prova del luogo in cui è stata commessa l'irregolarità. Inoltre, a mio parere, essa è necessariamente soggetta in tale ambito ad un vincolo di tempo.

44. Infatti, dato che la deduzione di tale prova da parte del titolare del carnet TIR è soggetta ad un vincolo di tempo, lo stesso deve valere per l'associazione garante, conformemente al carattere accessorio del suo credito e al principio della parità delle armi tra le parti. Inoltre, se il proposito del legislatore comunitario fosse stato di sottrarre l'associazione garante ad un vincolo di tempo per fornire la prova di cui trattasi, egli si sarebbe verosimilmente preoccupato di precisarlo. Ora, si deve constatare che così non è, in quanto l'art. 454, n. 3, primo comma, del regolamento n. 2454/93, circoscrive tale diritto di fornire la prova di cui trattasi entro un determinato termine, senza fare distinzioni fra i suoi beneficiari non designati.

45. Tale vincolo di tempo ha una sua collocazione nell'ambito di un procedimento giurisdizionale? Tale questione è formulata in maniera generale dal giudice del rinvio come riguardante il caso in cui uno Stato membro faccia valere in giudizio un credito per dazi doganali nei confronti dell'associazione garante e in cui quest'ultima voglia fornire la prova che il luogo reale in cui l'infrazione o l'irregolarità è stata commessa si situa in un altro Stato membro. Il giudice del rinvio ritiene che il termine previsto dal regolamento n. 2454/93 si applichi esclusivamente alla prova «extragiudiziale» . Condivido tale parere.

46. A mio parere, tale questione del termine di prova dev'essere esaminata alla luce del principio di autonomia procedurale. Infatti, secondo una consolidata giurisprudenza , in mancanza di una specifica disciplina comunitaria, spetta all'ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro designare i giudici competenti e stabilire le modalità procedurali dei ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto comunitario, a condizione, tuttavia, che le dette modalità non siano meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna e che non siano strutturati in modo tale da rendere in pratica impossibile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico comunitario.

47. Ora, si deve constatare che il regolamento n. 2454/93 non contiene nessuna disposizione sulla durata del termine di prova applicabile nell'ambito di un procedimento giurisdizionale. Infatti, come sottolinea giustamente la PFA , l'art. 454, n. 3, primo comma, del regolamento n. 2454/93 precisa che la prova del luogo in cui è stata commessa l'irregolarità deve essere «ritenuta sufficiente dall'autorità doganale». L'uso di tale espressione fa pensare che tali disposizioni si applichino alla situazione di una prova extragiudiziale, in quanto essa è soggetta alla valutazione delle autorità doganali, e non a quella del giudice. Inoltre, le disposizioni figuranti all'art. 11, n. 2, ultima frase, della convenzione TIR non forniscono alcuna indicazione su tale punto, in quanto esse riguardano il termine di presentazione della richiesta di pagamento in seguito ad un'azione giudiziaria, e non il termine di prova del luogo in cui l'irregolarità è stata commessa. Risulta da tali osservazioni che gli Stati membri restano liberi di regolare la questione del termine di prova applicabile nell'ambito di un procedimento giurisdizionale, salvo rispettare i principi di equivalenza e di effettività. Quali conseguenze concrete si possono trarre da tali analisi? A mio parere, devono essere distinti diverse ipotesi.

48. Una prima ipotesi è quella in cui le autorità doganali abbiano avviato ab initio contro l'associazione garante un procedimento di riscossione di tipo giurisdizionale, vale a dire senza aver avviato previamente un procedimento amministrativo nei suoi confronti. Tenuto conto dell'ambito fattuale esposto dal giudice del rinvio, ritengo che la controversia nella causa principale sia riconducibile a tale fattispecie. In una tale situazione, l'associazione garante non ha potuto ancora fornire la prova del luogo in cui è stata commessa l'infrazione. Infatti, per ipotesi, essa può avvalersene solo a partire dal momento in cui è stata citata in giudizio. Questa è peraltro la ragione per la quale, nella presente causa, l'associazione garante ha dedotto tale prova soltanto l'8 maggio 1986, vale a dire alcuni mesi dopo la sua citazione, nel febbraio dello stesso anno. In tali circostanze, ritengo che il termine di prova di cui all'art. 454, n. 3, primo comma, del regolamento n. 2454/93, non sia applicabile. Infatti, tanto è indispensabile, in forza del principio generale della certezza del diritto, circoscrivere la presentazione del ricorso giurisdizionale entro determinati termini onde impedire la messa in discussione illimitata di situazioni consolidate , quanto non è indispensabile fare lo stesso per la deduzione dei mezzi di prova - a titolo di difesa - nell'ambito di un procedimento giurisdizionale, che obbedisce ad un proprio ritmo, sotto il controllo del giudice. Del resto, i principi attinenti al rispetto dei diritti della difesa e alla tutela giurisdizionale effettiva depongono in tal senso.

49. Una seconda ipotesi è quella in cui le autorità doganali abbiano avviato contro l'associazione garante un procedimento di riscossione di tipo giurisdizionale prima della scadenza del termine di prova di un anno, applicabile nell'ambito del procedimento amministrativo di cui trattasi. In tal caso, l'associazione garante conserva il diritto di fornire la prova controversa. Per le ragioni esposte in precedenza, essa può farlo senza dover rispettare il termine previsto dal regolamento n. 2454/93, non perché tale termine, in precedenza applicabile, sia sospeso o prorogato, ma perché, semplicemente, non le è più applicabile. In altri termini, non è possibile opporre all'associazione garante la scadenza del termine di prova di un anno, applicabile nell'ambito del procedimento amministrativo, e ciò qualunque sia lo stato di avanzamento del procedimento giurisdizionale.

50. Una terza ipotesi è quella in cui le autorità doganali abbiano avviato contro l'associazione garante un procedimento giurisdizionale di riscossione dopo la scadenza del termine di prova di un anno, applicabile nell'ambito del procedimento amministrativo. In tal caso, devono essere distinte due situazioni. In primo luogo, se l'associazione garante si è avvalsa, nel corso del procedimento amministrativo - entro il termine impartito - il mezzo di prova di cui trattasi, ma tale mezzo di prova non è stato ritenuto sufficiente dalle autorità doganali, l'associazione garante ha il diritto di dedurlo nuovamente dinanzi al giudice e non è soggetta al rispetto di un nuovo termine. In altri termini, non è possibile opporre all'associazione garante la scadenza del termine di prova applicabile nell'ambito del procedimento amministrativo. Così, il giudice avrà cognizione completa su tutti gli elementi della lite tra le autorità doganali e l'associazione garante nell'ambito del procedimento amministrativo. Per contro, se l'associazione garante ha omesso di dedurre tale mezzo di prova nel corso del procedimento amministrativo - entro il termine impartito -, essa non ha più il diritto di farlo valere nell'ambito del procedimento giurisdizionale. Ammettere il contrario rischierebbe infatti di incoraggiare manovre dilatorie in malafede. In altri termini, è possibile - in questo caso soltanto - opporre in giudizio all'associazione garante la scadenza del termine di prova di un anno, applicabile nell'ambito del procedimento amministrativo precedente. Il mezzo di prova di cui trattasi deve quindi essere dichiarato irricevibile.

51. Di conseguenza, propongo alla Corte di risolvere la prima questione pregiudiziale, lett. a), dichiarando che l'art. 454, n. 3, primo comma, del regolamento n. 2454/93 dev'essere interpretato nel senso che il termine previsto per fornire la prova del luogo in cui l'irregolarità è stata commessa si applica solo nel caso in cui tale prova sia fornita nel corso di un procedimento amministrativo di riscossione, e non nel corso di un procedimento giurisdizionale. Propongo anche alla Corte di affermare che, tuttavia, la scadenza di tale termine è opponibile all'associazione garante che si avvale di tale prova nel corso di un procedimento giurisdizionale qualora quest'ultima abbia omesso di dedurla, entro il termine impartito, nel corso di un procedimento amministrativo precedente e che, in tal caso, il mezzo di prova di cui trattasi è irricevibile.

c) Sul dies a quo del termine di prova

52. Alla luce delle osservazioni precedenti, ritengo utile precisare quale sia il dies a quo da prendere in considerazione per calcolare il termine di prova di un anno previsto dal regolamento n. 2454/93 (in caso di mancato scarico o di scarico con riserve).

53. Infatti, la lettura dell'art. 454, n. 3, primo comma, del regolamento n. 2454/93 potrebbe lasciar credere che esso faccia rinvio all'art. 11, n. 1, della convenzione TIR sulla durata del termine di prova nonché al relativo dies a quo. La lettura in combinato disposto dell'art. 11, nn. 1 e 2, della detta convenzione indurrebbe anche a credere che il dies a quo di tale termine sia fissato alla data della notifica del mancato scarico o dello scarico con riserve . Ora, ritengo che tale interpretazione debba essere esclusa, in quanto essa è in contrasto con il principio fondamentale del rispetto dei diritti della difesa.

54. Infatti, in forza di una giurisprudenza costante, la Corte afferma che tale principio fondamentale richiede, anche se non vi sono norme procedurali specifiche, che una persona, nei confronti della quale può essere adottato un atto che le arrechi pregiudizio, sia posta in grado di far conoscere utilmente il suo punto di vista .

55. Qual è la portata di tale principio fondamentale nell'ambito del procedimento istituito dal regolamento n. 2454/93? L'art. 454, n. 3, primo comma, del detto regolamento prevede espressamente la possibilità di fornire la prova del luogo in cui è stata commessa l'irregolarità di cui trattasi. Come già indicato, l'uso di tale mezzo di prova equivale a quello di un mezzo di difesa. Ora, evidentemente, la persona contro la quale è promossa un'azione di riscossione è in grado di far valere tale mezzo di difesa solo a partire dal momento in cui essa ha preso effettivamente conoscenza della richiesta di pagamento presentata nei suoi confronti sempreché, a tale momento, il termine di prova a tal fine non sia già scaduto.

56. Che succederebbe nell'ipotesi in cui il termine di prova - applicabile nell'ambito di un procedimento amministrativo - fosse calcolato a partire dalla data di notifica del mancato scarico del carnet TIR o dello scarico con riserve? E' molto probabile che l'associazione garante non sarebbe più in grado di far valere il mezzo di prova sopraindicato. Infatti, l'art. 11, n. 2, prima frase, della convenzione TIR, prevede che la richiesta di pagamento deve essere inviata all'associazione garante entro un termine minimo di tre mesi e massimo di due anni, a partire dalla data di notifica sopraindicata. Ne consegue che, nell'ipotesi in cui il termine previsto per far valere tale mezzo di prova fosse calcolato a partire dalla data di notifica, tale termine potrebbe essere scaduto ancor prima che l'associazione abbia preso conoscenza della richiesta di pagamento presentata nei suoi confronti. Si potrebbe persino immaginare che le autorità doganali aspettino l'ultimo momento per inviare la richiesta di pagamento all'associazione garante, vale a dire quasi due anni dopo aver notificato l'irregolarità. In tale caso, il termine di prova dell'associazione garante sarebbe scaduto da quasi un anno. Essa non potrebbe quindi dedurre tale prova nel corso del procedimento amministrativo. Vero è che l'associazione garante potrebbe eventualmente dedurla in seguito nell'ambito di un procedimento giurisdizionale senza che le venga opposta, conformemente al principio dei diritti della difesa, la scadenza di un termine di prova che non è stata in grado di utilizzare. Ciò detto, questo non toglie che tale situazione sarebbe contraria al principio fondamentale del rispetto dei diritti della difesa, che s'impone nell'ambito di un procedimento amministrativo.

57. Inoltre, tale modo di calcolo del termine di prova - applicabile nell'ambito di un procedimento amministrativo - fornirebbe la possibilità alle autorità doganali di premunirsi contro il rischio di una dichiarazione di incompetenza derivante dalla prova che l'irregolarità controversa è stata commessa in un altro Stato membro, almeno nell'ipotesi in cui tale questione non fosse portata a conoscenza di un giudice. In definitiva, ciò equivarrebbe a snaturare la presunzione di competenza sulla quale si basa il sistema di riscossione adottato dal regolamento n. 2454/93, in quanto tale presunzione semplice tenderebbe a farsi assoluta.

58. A mio parere, occorre quindi far decorrere il termine di prova di un anno a partire del momento in cui la persona che ha il diritto di fornire tale prova abbia preso conoscenza della richiesta di pagamento presentata nei suoi confronti. Questo è peraltro quanto previsto dal regolamento n. 2787/2000 , applicabile successivamente alla data dei fatti nella fattispecie.

59. Questa analisi non è incompatibile con il testo dell'art. 454, n. 3, primo comma, del regolamento n. 2454/93, in quanto, se il rinvio che esso effettua riguarda evidentemente la durata del termine, un dubbio permane per quanto riguarda il relativo dies a quo. Ciò detto, nell'ipotesi che tale rinvio riguardi anche il dies a quo del termine, il che sarebbe legalmente contestabile alla luce del principio fondamentale del rispetto dei diritti della difesa, ritengo che non sia necessario, tenuto conto dell'ambito fattuale della causa principale , dichiarare tale disposizioni non valide. Inoltre, il regolamento n. 2787/2000 ha chiarito le disposizioni di cui trattasi in un senso conforme a tale principio.

B - Sulla questione relativa all'esistenza di un obbligo di accertamento a carico dello Stato membro all'origine di un procedimento di riscossione

60. Con la seconda questione, lett. a), il giudice del rinvio vuole sapere, in sostanza, se lo Stato membro che constata l'esistenza di un'irregolarità sia obbligato, nei confronti dell'associazione garante, ad accertare il luogo in cui tale irregolarità è stata commessa nonché l'identità del debitore principale dei dazi doganali, chiedendo ad un altro Stato membro assistenza amministrativa per il chiarimento dei fatti. In caso di soluzione affermativa a tale questione, il giudice del rinvio vuol conoscere l'efficacia giuridica di un tale obbligo di accertamento. Esaminerò tutte queste questioni nello stesso tempo.

1. Argomenti delle parti

61. Il BGL e la PFA sostengono l'esistenza di un obbligo di accertamento a carico dello Stato membro che ha constatato un'irregolarità. A sostegno di tale tesi, esse fanno valere che l'art. 454, n. 3, primo comma, del regolamento n. 2454/93 istituisce una presunzione di competenza a favore dello Stato membro di accertamento dell'irregolarità che deroga alla competenza di principio dello Stato membro in cui l'irregolarità è stata commessa, sancita tanto dall'art. 454, n. 2, del regolamento n. 2454/93 quanto dall'art. 215 del regolamento n. 2913/92. Esse aggiungono che il regolamento n. 1468/81 , nella versione vigente al momento dei fatti, offre agli Stati membri i mezzi di cooperazione necessari ad adempiere tale obbligo di accertamento. Ne concludono che lo Stato membro deve fornire la prova dell'adempimento di tale obbligo e che, in mancanza, dev'essere esclusa la presunzione di competenza a suo favore.

62. Contrariamente al BGL e alla PFA, lo HZA e il governo tedesco escludono l'esistenza di un tale obbligo di accertamento. In particolare, essi sottolineano che l'istituzione di un obbligo di accertamento equivarrebbe a invertire l'onere, che grava sull'associazione garante o sul debitore principale, di provare il luogo in cui è stata commessa l'irregolarità.

63. La Commissione esclude anch'essa l'esistenza di un obbligo di accertamento. Essa sottolinea che l'onere della prova del luogo in cui è stata commessa l'irregolarità grava essenzialmente sugli operatori economici, e non sugli Stati membri. Inoltre, essa ritiene che il regolamento n. 1468/81 si limiti a facilitare il coordinamento dell'azione delle autorità doganali per preservare le risorse proprie della Comunità e a non consentire agli operatori economici di sottrarsi ai loro obblighi.

2. Valutazione

64. Ritengo che l'art. 454 del regolamento n. 2454/93 debba essere interpretato nel senso che lo Stato membro che constata l'esistenza di un'irregolarità non è obbligato ad accertare né il luogo in cui è stata commessa tale irregolarità né l'identità dei debitori dei dazi doganali. Tale interpretazione è fondata sia sul tenore letterale delle disposizioni di cui trattasi sia sulla voluntas legis.

65. Quanto al tenore letterale dell'art. 454 del regolamento n. 2454/93, si deve constatare che esso non prevede alcuna disposizione in tal senso.

66. Infatti, contrariamente a quanto sostengono il BGL e la PFA, l'esistenza di un obbligo di accertamento non può essere desunta dalle disposizioni dell'art. 454, n. 3, primo comma, del regolamento n. 2454/93 che riguardano il caso in cui «non sia possibile determinare il territorio in cui l'infrazione o l'irregolarità è stata commessa». Tale formula si limita a fare riferimento alle circostanze di fatto nelle quali può intervenire la presunzione di competenza dello Stato membro che ha accertato l'irregolarità. Essa non presuppone che tali circostanze debbano rivelarsi a seguito di un'inchiesta infruttuosa destinata a determinare il luogo in cui è stata commessa l'irregolarità, mediante l'identificazione dei debitori dei dazi doganali, e che tale inchiesta debba essere effettuata dalle autorità doganali di cui trattasi. Ammettere il contrario equivarrebbe in pratica ad aggiungere un nuovo motivo di irregolarità del procedimento di riscossione avviato contro l'associazione garante a quelli previsti dall'art. 11, nn. 1 e 2, della convenzione TIR, al quale fa rinvio l'art. 454, n. 1, del regolamento 2454/93. Tale analisi può essere ricollegata a quella effettuata dalla Corte nella sentenza 14 novembre 2002, SPKR , a proposito delle disposizioni dello stesso regolamento riguardanti il regime di transito comunitario (art. 378, n. 1).

67. Contrariamente a quanto sostengono ancora il BGL e la PFA, un obbligo di accertamento a carico dello Stato membro di cui trattasi non può essere desunto nemmeno dalle disposizioni dell'art. 454, n. 3, ultimo comma, del regolamento n. 2454/93 secondo cui «le amministrazioni doganali degli Stati membri adottano le disposizioni necessarie per combattere e sanzionare efficacemente qualsiasi infrazione o irregolarità». Infatti, tali disposizioni si limitano ad imporre agli Stati membri un obbligo di diligenza nell'accertare l'esistenza di un'irregolarità o di un'infrazione ed avviare di conseguenza un procedimento di riscossione. Esse non implicano che gli Stati membri i quali accertano un'irregolarità abbiano il diritto di avviare un procedimento di riscossione soltanto dopo essersi assicurati, in seguito a un'inchiesta, dell'impossibilità di determinare il luogo in cui tale irregolarità è stata commessa.

68. Ammettere il contrario priverebbe peraltro tali disposizioni del loro effetto utile, in spregio alla voluntas legis. Infatti, l'attesa dei risultati di un'inchiesta - spesso infruttuosa - sulla determinazione del luogo in cui è stata commessa l'irregolarità non fa che ritardare la lotta e la sanzione di tale irregolarità, contrariamente all'obbligo di diligenza degli Stati membri sancito dalle disposizioni citate. Inoltre, tale situazione rischia di pervenire alla prescrizione dell'azione di riscossione e quindi alla mancata sanzione dell'irregolarità. E' precisamente la ragione per la quale è stata istituita una presunzione di competenza a favore dello Stato membro che accerti l'esistenza di un'irregolarità. Tale presunzione non può essere esclusa solo perché lo Stato membro che ha accertato l'esistenza di un'irregolarità non ha assolto un asserito obbligo di accertamento del luogo in cui essa è stata commessa, salvo impedire qualsiasi procedimento di riscossione, a danno degli interessi della Comunità.

69. A tal proposito, occorre far presente ciò che la Corte ha precisato nella sentenza Met-Trans e Sagpol, citata. Infatti, al punto 37, essa ha dichiarato che «il sistema di compensazione previsto dall'art. 454, n. 3, commi terzo e quarto, del regolamento n. 2454/93, instaura un meccanismo di semplificazione amministrativa e di riscossione dei dazi e delle altre imposizioni nel caso in cui un'incertezza circa il luogo in cui sono state commesse irregolarità o infrazioni alle disposizioni doganali rischi di provocare una perdita totale delle somme dovute». Essa ha aggiunto che «[a] tal fine, è previsto che, ove lo Stato membro sul cui territorio è stata commessa l'infrazione non possa essere determinato con certezza, una presunzione di competenza valga provvisoriamente a favore dello Stato membro sul cui territorio l'infrazione o l'irregolarità è stata accertata». Infine, essa ha precisato che, «[q]ualora, successivamente, venga stabilita la competenza del primo Stato, la presunzione sancita a favore del secondo Stato decade ed interviene un meccanismo di compensazione tra i due Stati membri, il che permette di evitare che il primo Stato, per ragioni di prescrizione, non possa più riscuotere i dazi e le altre imposizioni».

70. Tale sistema di presunzione consente così di conciliare i diversi interessi in gioco nell'ambito di un'operazione TIR. Ciò vale per gli interessi della Comunità dato che i dazi e le imposte che le spettano, come risorse proprie, possono essere debitamente riscossi a causa di un'irregolarità che è stata commessa e che mette fine al regime di favore costituito dal regime di transito esterno. Ciò vale anche per gli Stati membri che accertano l'esistenza di un'irregolarità, dato che questi ultimi hanno il diritto di riscuotere i dazi e le imposte nazionali in occasione del procedimento di riscossione destinato a preservare gli interessi della Comunità. Vale poi per gli Stati membri sul cui territorio risulta che l'irregolarità è stata commessa, in quanto essi hanno allora il diritto di riscuotere le imposizioni nazionali di cui trattasi. Vale infine per gli operatori economici, siano essi utilizzatori, vale a dire beneficiari di tale regime di favore che facilita gli scambi, o associazioni garanti, dato che essi possono, da un lato, opporsi al procedimento di riscossione avviato dallo Stato membro che ha accertato l'irregolarità fornendo la prova - entro un determinato termine - che tale irregolarità è stata commessa in un altro Stato membro il cui livello di imposizione è meno elevato e quindi essere perseguiti esclusivamente da tale altro Stato membro e, dall'altro, ottenere il rimborso dell'eccedenza dei dazi e delle imposte nazionali applicabili fornendo tale prova successivamente. Infatti, contrariamente a quanto sostenuto all'udienza dal BGL, risulta dall'art. 457 del regolamento n. 2454/93 che le associazioni garanti sono responsabili nei confronti delle autorità doganali di ciascuno degli Stati membri attraversati nel corso dell'operazione TIR, e non solamente nei confronti delle autorità doganali dello Stato membro che le hanno autorizzate. Tale normativa non può essere esclusa da un semplice contratto di garanzia che non ha valore di legge . Ne consegue che le associazioni garanti hanno tutto l'interesse ad essere chiamate in garanzia dalle autorità doganali di uno Stato membro in cui il livello di imposizione è meno elevato rispetto a quello dello Stato membro che ha accertato l'esistenza dell'irregolarità e a beneficiare del rimborso dell'eccedenza di imposizione.

71. Ritengo che l'introduzione di un obbligo di accertamento a carico dello Stato membro che ha constatato l'esistenza di un'irregolarità rimetterebbe in discussione l'economia generale del sistema che si basa su un compromesso equilibrato destinato a conciliare i diversi interessi in gioco.

72. Tali considerazioni valgono tanto per l'obbligo di accertamento riguardante il luogo in cui è stata commessa l'irregolarità quanto per quello riguardante l'identità dei debitori dell'obbligazione doganale, tenuto conto della stretta relazione tra tali due dati. Infatti, l'esperienza dimostra che la conoscenza dell'identità del titolare e dell'utilizzatore del carnet TIR (vale a dire il trasportatore e, eventualmente, il camionista) consente di ottenere informazioni utili per determinare il luogo in cui è stata commessa l'irregolarità. Di conseguenza, poiché gli Stati membri non sono obbligati ad accertare il luogo in cui è stata commessa l'irregolarità, non è imperativo che essi accertino l'identità dei debitori dell'obbligazione doganale. Per contro, è logico che tale compito sia affidato alle associazioni garanti, in quanto esse possono accertarsi dell'identità del titolare e dell'utilizzatore del carnet TIR al momento del rilascio dello stesso . Tale responsabilità costituisce il prolungamento necessario della garanzia di pagamento che risulta dal rilascio del carnet TIR. Peraltro, le associazioni garanti hanno tutto l'interesse a conoscere l'identità delle persone di cui trattasi, in quanto ciò consentirà loro, in particolare, di fornire più facilmente la prova del luogo in cui è stata commessa l'irregolarità coperta dalla loro garanzia.

73. Di conseguenza, propongo alla Corte di risolvere la seconda questione pregiudiziale, lett. a), dichiarando che l'art. 454, n. 3, primo comma, del regolamento n. 2454/93 dev'essere interpretato nel senso che lo Stato membro che constati un'infrazione o un'irregolarità non è tenuto ad accertare il luogo effettivo in cui l'infrazione o l'irregolarità è stata commessa nonché l'identità dei debitori dei dazi doganali.

74. Tenuto conto della soluzione negativa data a tale questione, la seconda questione pregiudiziale, lett. b), diviene priva di oggetto.

VI - Conclusione

75. Alla luce dell'insieme delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali sollevate dal Bundesgerichtshof nella maniera seguente:

«1) L'art. 454, n. 3, primo comma, del regolamento (CEE) della Commissione 2 luglio 1993, n. 2454, che fissa talune disposizioni d'applicazione del regolamento (CEE) del Consiglio 12 ottobre 1992, n. 2913, che istituisce il codice doganale comunitario, dev'essere interpretato nel senso che, in caso di mancato scarico del carnet di trasporto internazionale su strada o di scarico con riserve, il termine impartito all'associazione garante per fornire la prova del luogo in cui l'infrazione o l'irregolarità è stata commessa è di un anno.

2) Le disposizioni citate devono essere interpretate nel senso che il detto termine si applica soltanto qualora tale prova sia fornita nel corso di un procedimento amministrativo di riscossione, e non nel corso di un procedimento giurisdizionale. Tuttavia, la scadenza di tale termine è opponibile all'associazione garante che deduca tale prova nel corso di un procedimento giurisdizionale se quest'ultima ha omesso di farla valere, entro il termine impartito, nel corso di un procedimento amministrativo precedente. In tal caso, la prova di cui trattasi è irricevibile.

3) Il dies a quo del termine di prova di un anno, applicabile nell'ambito di un procedimento amministrativo e opponibile - nel caso citato - nell'ambito di un procedimento giurisdizionale, è quello della ricezione della richiesta di pagamento da parte del destinatario.

4) L'art. 454, n. 3, primo comma, del regolamento n. 2454/93 dev'essere interpretato nel senso che lo Stato membro che constati un'infrazione o un'irregolarità non è tenuto ad accertare il luogo effettivo in cui l'infrazione o l'irregolarità è stata commessa nonché l'identità dei debitori dei dazi doganali».

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