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Document 62024CJ0015

Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 14 maggio 2024.
Procedimento penale a carico di CH.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Sofiyski rayonen sad.
Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Direttiva 2013/48/UE – Diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale – Articolo 3, paragrafo 6, lettera b) – Deroga temporanea al diritto di avvalersi di un difensore in circostanze eccezionali – Articolo 9 – Rinuncia alla presenza o all’assistenza di un difensore – Presupposti – Articolo 12, paragrafo 2 – Rispetto dei diritti della difesa e dell’equità del procedimento – Ammissibilità delle prove – Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Rinuncia scritta di un indagato analfabeta al proprio diritto di avvalersi di un difensore – Assenza di spiegazione sulle possibili conseguenze della rinuncia a tale diritto – Implicazioni su atti di indagine successivi – Decisione in merito ad una misura di sicurezza adeguata – Valutazione delle prove ottenute in violazione del diritto di avvalersi di un difensore.
Causa C-15/24 PPU.

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2024:399

Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

14 maggio 2024 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Direttiva 2013/48/UE – Diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale – Articolo 3, paragrafo 6, lettera b) – Deroga temporanea al diritto di avvalersi di un difensore in circostanze eccezionali – Articolo 9 – Rinuncia alla presenza o all’assistenza di un difensore – Presupposti – Articolo 12, paragrafo 2 – Rispetto dei diritti della difesa e dell’equità del procedimento – Ammissibilità delle prove – Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Rinuncia scritta di un indagato analfabeta al proprio diritto di avvalersi di un difensore – Assenza di spiegazione sulle possibili conseguenze della rinuncia a tale diritto – Implicazioni su atti di indagine successivi – Decisione in merito ad una misura di sicurezza adeguata – Valutazione delle prove ottenute in violazione del diritto di avvalersi di un difensore»

Nella causa C‑15/24 PPU [Stachev] (i),

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Sofiyski rayonen sad (Tribunale distrettuale di Sofia, Bulgaria), con decisione dell’11 gennaio 2024, pervenuta in cancelleria l’11 gennaio 2024, nel procedimento penale a carico di

CH

con l’intervento di:

Sofiyska rayonna prokuratura,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da A. Arabadjiev, presidente di sezione, T. von Danwitz, P.G. Xuereb, A. Kumin (relatore) e I. Ziemele, giudici,

avvocato generale: A.M. Collins

cancelliere: R. Stefanova-Kamisheva, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’11 marzo 2024,

considerate le osservazioni presentate:

–        per CH, da I.R. Stoyanov, advokat;

–        per la Commissione europea, da J. Vondung e I. Zaloguin, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’11 aprile 2024,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 6, lettera b), dell’articolo 9, paragrafo 1, lettere a) e b), e dell’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2013/48/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2013, relativa al diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale e nel procedimento di esecuzione del mandato d’arresto europeo, al diritto di informare un terzo al momento della privazione della libertà personale e al diritto delle persone private della libertà personale di comunicare con terzi e con le autorità consolari (GU 2013, L 294, pag. 1), nonché dell’articolo 47, paragrafi 1 e 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento penale a carico di CH, cittadino bulgaro accusato di aver commesso due rapine.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

3        I considerando 39, 40 e da 50 a 53 della direttiva 2013/48 prevedono quanto segue:

«(39)      Gli indagati e imputati dovrebbero poter rinunciare a un diritto conferito dalla presente direttiva a condizione che abbiano ricevuto informazioni sul contenuto del diritto in questione e sulle possibili conseguenze della rinuncia allo stesso. Nel fornire tali informazioni, si dovrebbe tenere conto delle condizioni specifiche degli indagati o imputati interessati, tra cui la loro età e il loro stato mentale e fisico.

(40)      La rinuncia e le circostanze in cui avviene dovrebbero essere verbalizzate utilizzando la procedura di verbalizzazione prevista dal diritto dello Stato membro interessato. (...)

(...)

(50)      Gli Stati membri dovrebbero garantire che nella valutazione delle dichiarazioni rese da indagati o imputati o delle prove raccolte in violazione del loro diritto ad avvalersi di un difensore o in casi in cui è stata autorizzata una deroga a tale diritto conformemente alla presente direttiva siano rispettati i diritti della difesa e l’equità del procedimento. In tale contesto è opportuno tener conto della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha stabilito che i diritti della difesa saranno irrimediabilmente pregiudicati quando dichiarazioni incriminanti rese durante un interrogatorio di polizia senza la possibilità di avvalersi di un difensore sono usate ai fini di una condanna. Ciò dovrebbe far salvo l’uso di dichiarazioni per altri scopi consentiti dal diritto nazionale, quali la necessità di eseguire atti investigativi urgenti per evitare la perpetrazione di ulteriori reati o gravi conseguenze negative per chiunque, o legate all’urgente necessità di evitare di compromettere in modo sostanziale un procedimento penale, qualora la possibilità di avvalersi di un difensore o un ritardo nello svolgimento delle indagini possa pregiudicare irrimediabilmente indagini in corso su un reato grave. Inoltre, ciò dovrebbe far salvi i sistemi o le norme nazionali in materia di ammissibilità delle prove e non dovrebbe impedire agli Stati membri di mantenere un sistema in base al quale possono essere prodotte davanti a un giudice tutte le prove esistenti, senza che vi sia una valutazione distinta o preliminare dell’ammissibilità di tali prove.


(51)      L’obbligo di dedicare un’attenzione particolare a indagati e imputati in posizione di potenziale debolezza costituisce il fondamento di una buona amministrazione della giustizia. Le autorità preposte all’esercizio dell’azione penale e le autorità di contrasto e giudiziarie dovrebbero pertanto agevolare tali soggetti nell’esercizio effettivo dei diritti previsti dalla presente direttiva, ad esempio tenendo conto di qualsiasi potenziale vulnerabilità che comprometta la loro capacità di esercitare il diritto di avvalersi di un difensore e di informare un terzo al momento della privazione della libertà personale e adottando le misure necessarie per garantire i diritti in questione.

(52)      La presente direttiva difende i diritti fondamentali e i principi riconosciuti dalla Carta, compresi la proibizione della tortura e di trattamenti inumani e degradanti, il diritto alla libertà e alla sicurezza, il rispetto della vita privata e familiare, il diritto all’integrità della persona, i diritti dei minori, l’integrazione delle persone con disabilità, il diritto a un ricorso effettivo e il diritto a un giudice imparziale, la presunzione d’innocenza e i diritti della difesa. La presente direttiva dovrebbe essere applicata in conformità di tali diritti e principi.

(53)      Gli Stati membri dovrebbero assicurare che le disposizioni della presente direttiva, quando corrispondono a diritti garantiti dalla [Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950], siano applicate in modo coerente con le disposizioni [di tale Convenzione] come sviluppate dalla pertinente giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo».

4        L’articolo 1 di tale direttiva, intitolato «Oggetto», così dispone:

«La presente direttiva stabilisce norme minime relative al diritto di indagati e imputati in procedimenti penali (...) ad avvalersi di un difensore (...)».

5        L’articolo 2 della direttiva stessa, dal titolo «Ambito di applicazione», così recita:

«1.      La presente direttiva si applica agli indagati e imputati in procedimenti penali dal momento in cui sono informati dalle autorità competenti di uno Stato membro, mediante notifica ufficiale o in altro modo, di essere indagati o imputati per un reato, indipendentemente dal fatto che siano privati della libertà personale. Si applica fino alla conclusione del procedimento, vale a dire fino alla decisione definitiva che stabilisce se l’indagato o imputato abbia commesso il reato, inclusi, se del caso, l’irrogazione della pena e l’esaurimento delle procedure d’impugnazione.

(...)

4.      (...)

In ogni caso, la presente direttiva si applica integralmente se l’indagato o imputato è privato della libertà personale, indipendentemente dalla fase del procedimento penale».

6        L’articolo 3 della direttiva 2013/48, intitolato «Diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale», è così formulato:

«1.      Gli Stati membri assicurano che gli indagati e imputati abbiano diritto di avvalersi di un difensore in tempi e secondo modalità tali da permettere agli interessati di esercitare i propri diritti di difesa in modo concreto ed effettivo.

2.      Gli indagati e gli imputati si avvalgono di un difensore senza indebito ritardo. In ogni caso, gli indagati e gli imputati si avvalgono di un difensore a partire dal primo tra i momenti seguenti:

a)      prima che essi siano interrogati dalla polizia o da un’altra autorità di contrasto o giudiziaria;

(...)

c)      senza indebito ritardo dopo la privazione della libertà personale;

(...)

3.      Il diritto di avvalersi di un difensore comporta quanto segue:

a)      gli Stati membri garantiscono che gli indagati e imputati abbiano diritto di incontrare in privato e di comunicare con il difensore che li assiste, anche prima dell’interrogatorio da parte della polizia o di un’altra autorità di contrasto o giudiziaria;

b)      gli Stati membri garantiscono che gli indagati e imputati abbiano diritto alla presenza e alla partecipazione effettiva del loro difensore quando sono interrogati. (...)

c)      gli Stati membri garantiscono che gli indagati e imputati abbiano almeno diritto alla presenza del proprio difensore ai seguenti atti di indagine o di raccolta delle prove, ove tali atti siano previsti dal diritto nazionale e all’indagato o all’imputato sia richiesto o permesso di essere presente all’atto in questione:

i)       ricognizioni di persone;

ii)       confronti;

iii)       ricostruzioni della scena di un crimine.

(...)

6.      In circostanze eccezionali e solo nella fase che precede il processo, gli Stati membri possono derogare temporaneamente all’applicazione dei diritti di cui al paragrafo 3 nella misura in cui ciò sia giustificato alla luce delle circostanze particolari del caso, sulla base di uno dei seguenti motivi imperativi:

a)      ove vi sia la necessità impellente di evitare gravi conseguenze negative per la vita, la libertà o l’integrità fisica di una persona; o

b)      ove vi sia la necessità indispensabile di un intervento immediato delle autorità inquirenti per evitare di compromettere in modo sostanziale un procedimento penale».

7        Ai sensi dell’articolo 9 di tale direttiva, intitolato «Rinuncia»:

«1.      Fatt[o] salvo il diritto nazionale che impone la presenza o l’assistenza obbligatoria di un difensore, gli Stati membri garantiscono che, in relazione a qualunque rinuncia a un diritto di cui agli articoli 3 e 10:

a)      l’indagato o imputato abbia ricevuto, oralmente o per iscritto, informazioni chiare e sufficienti in un linguaggio semplice e comprensibile sul contenuto del diritto in questione e sulle possibili conseguenze della rinuncia allo stesso; e

b)      la rinuncia avvenga in maniera volontaria ed inequivocabile.

2.      La rinuncia, che può essere effettuata oralmente o per iscritto, nonché le circostanze in cui è avvenuta sono verbalizzate utilizzando la procedura di verbalizzazione conformemente al diritto dello Stato membro interessato.

3.      Gli Stati membri garantiscono che indagati e imputati possano successivamente revocare una rinuncia in qualunque momento nel corso del procedimento penale e che siano informati di tale possibilità. Tale revoca produce effetto dal momento in cui è effettuata».

8        L’articolo 12 della citata direttiva, intitolato «Mezzi di ricorso», così dispone al suo paragrafo 2:

«Fatti salvi i sistemi o le norme nazionali in materia di ammissibilità delle prove, gli Stati membri garantiscono che, nel quadro dei procedimenti penali, nella valutazione delle dichiarazioni rese da indagati o imputati o delle prove raccolte in violazione del loro diritto di accesso a un difensore o in casi in cui è stata autorizzata una deroga a tale diritto conformemente all’articolo 3, paragrafo 6, siano rispettati i diritti della difesa e l’equità del procedimento».

9        L’articolo 13 della direttiva 2013/48, dal titolo «Persone vulnerabili», prevede quanto segue:

«Gli Stati membri garantiscono che, nell’applicazione della presente direttiva, si tenga conto delle particolar[i] esigenze di indagati e imputati vulnerabili».

 Diritto bulgaro

 Costituzione bulgara

10      Ai sensi dell’articolo 30, paragrafo 4, della Konstitutsia na Republika Bulgaria (Costituzione della Repubblica di Bulgaria), (in prosieguo: la «Costituzione bulgara»:

«Ciascuno ha il diritto di avvalersi di un difensore fin dal momento dell’arresto o dell’imputazione».

 Legge relativa al Ministero dell’Interno

11      L’articolo 72 dello Zakon za ministerstvoto na vatreshnite raboti (legge relativa al Ministero dell’Interno, DV n. 53, del 27 giugno 2014), nella versione applicabile ai fatti del procedimento principale, è così formulato:

«(1)      Le autorità di polizia possono sottoporre a custodia una persona:

1.      se vi siano prove che la medesima ha commesso un reato;

(...)

(5)      A partire dal momento del suo arresto, la persona ha diritto a un difensore, fermo restando che essa deve anche essere informata della possibilità di rinunciarvi e delle conseguenze che ne derivano, nonché del diritto di rifiutarsi di rendere dichiarazioni ove l’arresto sia disposto ai sensi del paragrafo 1, punto 1».

12      L’articolo 74 di detta legge così dispone:

«(1)      Per le persone di cui all’articolo 72, paragrafo 1, è emesso un mandato d’arresto scritto che ne dispone l’arresto.

(2)      Nel mandato d’arresto di cui al paragrafo 1 sono indicati:

1.      il nome, la funzione e il luogo di servizio dell’autorità di polizia che ha emesso il mandato di arresto;

2.      i motivi in fatto e in diritto dell’arresto;

3.      i dati identificativi della persona arrestata;

4.      la data e l’ora dell’arresto;

5.      la limitazione dei diritti della persona di cui all’articolo 73;

6.      il diritto di quest’ultima:

a)      a contestare la legittimità della sottoposizione a custodia dinanzi ad un giudice;

b)      all’assistenza di un difensore dal momento dell’arresto;

(...)

(3)      L’arrestato compila una dichiarazione in cui indica di essere stato informato dei propri diritti e di voler o non voler esercitare i diritti conferitigli dal paragrafo 2, punto 6, lettere da b) a f). Il mandato d’arresto viene sottoscritto dall’autorità di polizia e dalla persona arrestata.

(4)      Il rifiuto dell’arrestato o l’impossibilità per il medesimo di firmare il mandato d’arresto sono attestati dalla firma di un testimone».

 NPK

13      L’articolo 94 del Nakazatelno-protsesualen kodeks (codice di procedura penale, DV n. 86, del 28 ottobre 2005), nella versione applicabile ai fatti di cui al procedimento principale (in prosieguo: il «NPK»), prevede quanto segue:

«(1)      La partecipazione di un difensore al procedimento penale è obbligatoria quando:

(...)

6.      (...) l’imputato è detenuto».

14      Ai sensi dell’articolo 96, paragrafo 1, del NPK:

«L’imputato può rinunciare a un difensore in qualsiasi fase del procedimento, ad eccezione dei casi di cui all’articolo 94, paragrafo 1, punti da 1 a 3 e 6. Le conseguenze della rinuncia a un difensore devono essere spiegate all’imputato».

15      L’articolo 97 del NPK è così formulato:

«(1)      Il difensore può partecipare al procedimento penale a partire dal momento dell’arresto della persona o dalla sua incriminazione.

(2)      L’autorità dinanzi alla quale si svolge il procedimento istruttorio è tenuta ad informare l’imputato del suo diritto ad avvalersi di un difensore e a consentirgli di mettersi in contatto tempestivamente con quest’ultimo. Prima dell’adempimento di tale obbligo detta autorità non può compiere alcun atto di indagine o di procedimento con la partecipazione dell’imputato».

16      L’articolo 248 del NPK prevede quanto segue:

«(1)      Durante l’udienza preliminare sono esaminate le seguenti questioni:

(...)

3.      se il procedimento precontenzioso sia inficiato da un vizio procedurale sostanziale che sia sanabile e che abbia l’effetto di limitare i diritti processuali dell’imputato, della vittima o dei suoi eredi;

(...)

5.      l’esame della causa a porte chiuse, la nomina di un giudice o di un giurato di riserva, la nomina di un difensore, di un perito, di un interprete, di un interprete nella lingua dei segni e il compimento di atti giudiziari istruttori mediante delega;

6.      le misure procedurali coercitive adottate;

7.      le richieste di acquisizione di nuove prove;

8.      la fissazione dell’udienza e la determinazione delle persone da convocarvi».

17      L’articolo 270, paragrafo 1, del NPK così dispone:

«La questione della commutazione della misura di sicurezza può essere sollevata in qualsiasi momento nel corso del procedimento giudiziario. Una nuova domanda relativa alla misura di sicurezza può essere proposta dinanzi allo stesso giudice qualora le circostanze siano mutate».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

18      Il 16 dicembre 2022 CH è stato arrestato dalla polizia bulgara al fine di indagare sul suo coinvolgimento in una rapina. Lo stesso giorno egli ha firmato una dichiarazione scritta nella quale si precisava che non desiderava essere assistito da un difensore di sua scelta e a proprie spese, né da un difensore nominato d’ufficio.

19      Secondo le indicazioni fornite dal giudice del rinvio, le conseguenze della rinuncia ad avvalersi di un difensore non sono state tuttavia illustrate a CH, il quale non ha ricevuto un’istruzione di base e non padroneggia la lingua bulgara in forma scritta. Inoltre, la dichiarazione comporterebbe la necessità che, qualora una persona detenuta sia analfabeta o non in grado di compilare essa stessa tale dichiarazione, quest’ultima sia compilata da un agente di polizia, in quanto le dichiarazioni di volontà devono essere rese dalla persona stessa in presenza di un testimone che ne attesti la veridicità apponendo la propria firma. Orbene, nel caso di specie, tale dichiarazione non recherebbe né la firma di un’autorità di polizia, né quella di un testimone.

20      Immediatamente dopo il suo arresto, quando è stato sentito in veste di testimone da un’autorità di polizia, CH ha ammesso di aver partecipato alla commissione di una rapina. Secondo la decisione di rinvio, CH è stato certamente informato dei suoi diritti, del fatto che non era tenuto a rendere dichiarazioni autoincriminanti in ordine alla commissione di un reato e che poteva rifiutarsi di testimoniare. Tuttavia, tale audizione avrebbe avuto luogo in assenza di un difensore. Del pari, l’assenza di un difensore risulterebbe altresì dai verbali in cui sono stati registrati altri atti investigativi, compiuti tra il 16 e il 17 dicembre 2022, quali una ricostruzione, una perquisizione effettuata nell’abitazione di CH, due ricognizioni di persone e una perquisizione personale a carico di CH. Nel corso di tali atti investigativi sono stati raccolti elementi di prova.

21      Il 17 dicembre 2022 il pubblico ministero ha disposto l’imputazione per rapina a carico di CH. Di conseguenza, in pari data un membro del foro di Sofia (Bulgaria) è stato nominato d’ufficio quale difensore di CH. L’accusa è stata inoltre comunicata a CH e al suo difensore.

22      Successivamente, con ordinanza del 19 dicembre 2022 il Sofiyski rayonen sad (Tribunale distrettuale di Sofia, Bulgaria), giudice del rinvio nel caso di specie, ha accolto la domanda del pubblico ministero di disporre la custodia cautelare a carico di CH.

23      Con ordinanza del 13 giugno 2023 tale giudice ha respinto la domanda di CH diretta alla modifica di tale misura di sicurezza.

24      Il 26 luglio 2023 il pubblico ministero ha disposto l’imputazione di CH anche per un’altra rapina.

25      A seguito di una successiva domanda di CH diretta all’esame della questione dell’adeguatezza della misura di sicurezza, il Sofiyski rayonen sad (Tribunale distrettuale di Sofia) ha disposto, con ordinanza del 18 agosto 2023, l’applicazione di una misura più lieve, vale a dire l’obbligo per CH di firmare periodicamente un registro tenuto dalle autorità di polizia del suo luogo di soggiorno.

26      Detto giudice ha considerato, al riguardo, che il diritto di CH ad avvalersi di un difensore, sancito all’articolo 30, paragrafo 4, della Costituzione bulgara, è sorto al momento della sua detenzione. Orbene, l’esercizio di tale diritto non sarebbe stato garantito dalle autorità di contrasto. Nonostante la dichiarazione compilata da CH a seguito del suo arresto, sarebbe impossibile concludere in modo incontestabile che CH abbia effettuato una scelta volontaria e consapevole. In tali circostanze, nessuno degli atti di indagine compiuti dopo l’arresto di CH e prima della sua imputazione sarebbe utilizzabile nell’ambito della valutazione della responsabilità penale di CH.

27      Con ordinanza del 7 settembre 2023, il Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia, Bulgaria) ha annullato l’ordinanza del Sofiyski rayonen sad (Tribunale distrettuale di Sofia) del 18 agosto 2023 e ha confermato la misura di sicurezza della custodia cautelare inflitta a CH.

28      Il 2 ottobre 2023 il giudice del rinvio si è nuovamente pronunciato sulla questione della misura di sicurezza e l’ha modificata in un obbligo per CH di firmare periodicamente un registro tenuto dalle autorità di polizia del suo luogo di soggiorno. Tuttavia, con ordinanza del 7 novembre 2023, a seguito di un ricorso proposto dal pubblico ministero, il Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia) ha annullato il provvedimento adottato il 2 ottobre 2023 e ha confermato la misura di sicurezza della custodia cautelare adottata nei confronti di CH.

29      Il giudice del rinvio precisa che l’oggetto del procedimento pendente dinanzi ad esso è l’esame del coinvolgimento di CH nel reato per il quale è stata prospettata la sua responsabilità penale e che esso è tenuto, nella sua decisione finale, a pronunciarsi sulla colpevolezza o meno di CH.

30      A tal riguardo si dovrebbe verificare se, nel caso di specie, le autorità incaricate del procedimento istruttorio abbiano garantito a CH il diritto di avvalersi di un difensore al momento del suo arresto e prima della sua imputazione. Poiché tale diritto deriva dalla direttiva 2013/48, il giudice del rinvio fa riferimento, in primo luogo, all’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva stessa, da cui risulta che, nel quadro dei procedimenti penali, i diritti della difesa e l’equità del procedimento devono essere rispettati nella valutazione delle dichiarazioni rese da indagati o imputati o delle prove raccolte in violazione del loro diritto di accesso a un difensore.

31      Secondo il giudice del rinvio, tale disposizione si applica non solo al momento dell’adozione di una decisione definitiva sulla colpevolezza dell’imputato, ma altresì al momento della determinazione della misura di sicurezza che deve essere inflitta a tale persona. Tuttavia, nella sua ordinanza del 7 settembre 2023, il Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia) avrebbe escluso la possibilità per il giudice del rinvio di valutare se, nel caso di specie, fossero state raccolte prove in violazione del diritto di CH di avvalersi di un difensore.

32      In tali circostanze, il giudice del rinvio si interroga, anzitutto, sulla conformità all’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2013/48 di una normativa e di una giurisprudenza nazionali in forza delle quali il giudice che esamina in quale misura l’imputato sia coinvolto nel reato contestatogli, al fine di adottare o eseguire la misura di sicurezza adeguata, viene privato della possibilità di valutare se le prove raccolte lo siano state in violazione del diritto di tale imputato di avvalersi di un difensore.

33      Inoltre, al fine di verificare la fondatezza della posizione sostenuta dal Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia), il giudice del rinvio si chiede se il requisito del rispetto dei diritti della difesa e dell’equità del procedimento, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2013/48, sia rispettato qualora il giudice che esamina la questione dell’adeguatezza della misura di sicurezza utilizzi, per formare il proprio intimo convincimento, elementi di prova ottenuti in violazione dei requisiti previsti da tale direttiva.

34      Infine, sempre con riferimento all’ordinanza del Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia), del 7 settembre 2023, il giudice del rinvio aggiunge che, poiché in tale ordinanza gli viene contestata una mancanza di obiettività, si pone la questione se l’esclusione di elementi di prova raccolti in violazione della direttiva 2013/48 da parte del giudice che esamina la questione dell’adeguatezza della misura di sicurezza, nonostante le istruzioni contrarie impartite dall’organo giurisdizionale superiore, abbia un’incidenza negativa sulle esigenze di equità del procedimento e susciti dubbi quanto all’imparzialità di detto giudice.

35      In secondo luogo, il giudice del rinvio spiega che, nella sua ordinanza del 7 novembre 2023, il Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia) ha considerato applicabile, tenuto conto delle circostanze particolari del caso di specie, la disposizione di cui all’articolo 3, paragrafo 6, lettera b), della direttiva 2013/48, che prevede la possibilità di derogare temporaneamente al diritto di avvalersi di un difensore in circostanze eccezionali. Ebbene, il giudice del rinvio precisa che, a suo avviso, tale disposizione non è stata espressamente attuata nella legislazione bulgara a causa della sua manifesta incompatibilità con l’articolo 30, paragrafo 4, della Costituzione bulgara, il quale prevede che il diritto ad avvalersi di un difensore sorga sin dal momento della detenzione o dell’imputazione di una persona. Pertanto, si porrebbe la questione se il citato articolo 3, paragrafo 6, lettera b), sia dotato di effetto diretto.

36      In terzo luogo, il giudice del rinvio rileva che, nella sua ordinanza del 7 settembre 2023, il Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia) ha precisato che, anche qualora CH non avesse beneficiato dell’assistenza di un difensore al momento del suo arresto, gli atti compiuti con o senza la sua partecipazione fino al momento della sua imputazione non apparirebbero illegittimi e non perderebbero la loro valenza probatoria. In tale contesto, il giudice del rinvio chiede se le garanzie sancite all’articolo 9, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva 2013/48, in combinato disposto con il considerando 39 della stessa, siano rispettate in caso di rinuncia scritta di un indagato analfabeta al proprio diritto di avvalersi di un difensore, qualora le conseguenze di una siffatta rinuncia non gli siano state illustrate ed egli sostenga poi di non essere stato informato del contenuto del documento che ha firmato al momento del suo arresto.

37      In quarto e ultimo luogo il giudice del rinvio precisa che, secondo la normativa nazionale, come interpretata dal Varhoven kasatsionen sad (Corte suprema di cassazione, Bulgaria), la rinuncia iniziale al diritto ad avvalersi di un difensore, effettuata da una persona arrestata, si estende anche a tutti gli altri atti di indagine che coinvolgono tale persona prima della sua imputazione. Pertanto, nel caso di specie, le autorità incaricate della fase istruttoria avrebbero effettuato diversi atti di indagine con la partecipazione di CH dopo il suo arresto, ma in assenza di un difensore. In tale contesto, occorrerebbe verificare se la rinuncia di un indagato, al momento del suo arresto, al suo diritto di essere assistito da un difensore escluda l’obbligo di tali autorità di spiegare all’indagato il diritto di avvalersi di un difensore e le conseguenze di un’eventuale rinuncia immediatamente prima di procedere a qualsiasi ulteriore atto di indagine implicante la partecipazione di detto indagato.

38      In tali circostanze, il Sofiyski rayonen sad (Tribunale distrettuale di Sofia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se sia compatibile con l’articolo 12, paragrafo 2, della [direttiva 2013/48], in combinato disposto con l’articolo 47, paragrafo 1, della Carta, se il giudice che esamina la questione dell’esistenza di un fondato sospetto della partecipazione dell’imputato al reato contestatogli al fine di decidere sull’adozione o sull’esecuzione di una misura cautelare adeguata, venga privato, sulla base di una normativa e della giurisprudenza nazionali, della possibilità di valutare se le prove siano state acquisite in violazione del diritto dell’imputato di avvalersi di un difensore ai sensi di tale direttiva, allorché questi è stato indagato e il suo diritto di libera circolazione è stato limitato dalle autorità di polizia.

2)      Se sia osservato il requisito del rispetto dei diritti della difesa e dell’equità del procedimento ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2013/48 qualora il giudice che esamina la questione dell’adeguatezza della misura cautelare tenga conto, nella formazione del proprio intimo convincimento, di prove acquisite in violazione delle prescrizioni della direttiva, allorché la persona è stata indagata e il suo diritto di libera circolazione è stato limitato dalle autorità di polizia.

3)      Se l’esclusione di prove acquisite in violazione della direttiva 2013/48 da parte del giudice, il quale, nonostante le istruzioni di senso contrario di un giudice di grado superiore, esamina la questione dell’adeguatezza della misura cautelare, si ripercuota negativamente sui requisiti di un processo equo sanciti dall’articolo 12, paragrafo 2, di tale direttiva, in combinato disposto con l’articolo 47, paragrafi 1 e 2 della Carta, e faccia sorgere dubbi sull’imparzialità del giudice.

4)      Se la possibilità, prevista all’articolo 3, paragrafo 6, lettera b), della direttiva 2013/48, di derogare temporaneamente, in circostanze eccezionali, nella fase che precede il processo, al diritto di avvalersi di un difensore, ove vi sia la necessità imperativa di un intervento immediato delle autorità inquirenti per evitare di compromettere in modo sostanziale un procedimento penale, esplichi effetti diretti nello Stato membro dell’Unione [europea] interessato, qualora tale disposizione non sia stata recepita nel suo ordinamento giuridico nazionale.

5)      Se siano salvaguardate le garanzie di cui all’articolo 9, paragrafo 1, lettere a) e b), in combinato disposto con il considerando 39 [di tale direttiva], qualora esista effettivamente una rinuncia scritta di un indagato al diritto di avvalersi di un difensore, ma l’indagato sia analfabeta e non sia stato informato in merito alle possibili conseguenze della rinuncia, e affermi successivamente dinanzi al giudice di non essere stato a conoscenza del contenuto del documento da lui firmato al momento della limitazione del suo diritto di libera circolazione da parte delle autorità di polizia.

6)      Se la rinuncia [al diritto] ad essere assistito da un difensore, ai sensi delle disposizioni della direttiva 2013/48, espressa da un indagato al momento del suo arresto liberi le autorità dall’obbligo di informarlo immediatamente prima dell’esecuzione di ogni ulteriore atto d’indagine che abbia luogo con la sua partecipazione in merito al diritto di avvalersi di un difensore e alle possibili conseguenze di un’eventuale rinuncia».

 Sulla domanda di applicazione del procedimento pregiudiziale d’urgenza

39      Il giudice del rinvio ha chiesto di sottoporre il presente rinvio pregiudiziale al procedimento pregiudiziale d’urgenza previsto all’articolo 23 bis, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e all’articolo 107 del regolamento di procedura della Corte.

40      A sostegno di tale domanda, detto giudice rileva che CH è sottoposto a custodia cautelare dal 16 dicembre 2022.

41      A questo proposito, occorre ricordare, in primo luogo, che la presente domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva 2013/48, che rientra nel titolo V della parte terza del Trattato FUE, relativa allo spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia. Di conseguenza, il rinvio stesso è idoneo a essere sottoposto al procedimento pregiudiziale d’urgenza.

42      Per quanto riguarda, in secondo luogo, il requisito dell’urgenza, tale requisito è soddisfatto in particolare quando la persona interessata nel procedimento principale è attualmente privata della libertà e il suo mantenimento in custodia dipende dalla soluzione della controversia principale, fermo restando che la situazione di tale persona deve essere valutata quale si presenta alla data dell’esame della domanda diretta ad ottenere che il rinvio pregiudiziale sia sottoposto al procedimento d’urgenza (sentenza dell’8 dicembre 2022, (Decisione di consegna differita a causa di azione penale), C‑492/22 PPU, EU:C:2022:964, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).

43      Nel caso di specie, dalla descrizione dei fatti fornita dal giudice del rinvio risulta che CH è effettivamente privato della libertà dal 19 dicembre 2022 e che si trovava in tale condizione alla data dell’esame della domanda diretta ad ottenere la sottoposizione del rinvio pregiudiziale al procedimento d’urgenza.

44      Inoltre, le questioni sollevate dal giudice del rinvio mirano a stabilire, in particolare, se i requisiti previsti dalla direttiva 2013/48 siano stati rispettati quando CH ha rinunciato, dopo il suo arresto, al suo diritto di avvalersi di un difensore, il che, in funzione dell’interpretazione di tale direttiva, può incidere tanto sulla misura di sicurezza inflitta a CH quanto sulla decisione relativa alla responsabilità penale di quest’ultimo e, di conseguenza, sul suo mantenimento in custodia.

45      Date tali circostanze, la Prima Sezione della Corte ha deciso, il 25 gennaio 2024, su proposta del giudice relatore, sentito l’avvocato generale, di accogliere la richiesta del giudice del rinvio di sottoporre il presente rinvio pregiudiziale al procedimento pregiudiziale d’urgenza.

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla quarta questione

46      Con la sua quarta questione, che occorre esaminare per prima, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 6, lettera b), della direttiva 2013/48 debba essere interpretato nel senso che, in assenza di trasposizione di tale norma nell’ordinamento giuridico nazionale, le autorità di polizia dello Stato membro interessato possono invocare la norma stessa nei confronti di un indagato o di un imputato al fine di derogare all’applicazione del diritto di avvalersi di un difensore, previsto da tale direttiva.

47      Per rispondere a tale questione, occorre ricordare che l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2013/48 stabilisce il principio fondamentale secondo cui gli indagati e gli imputati hanno il diritto di avvalersi di un difensore in tempi e secondo modalità tali da permettere loro di esercitare i propri diritti di difesa in modo concreto ed effettivo (sentenza del 15 settembre 2022, DD (Nuova audizione di un teste), C‑347/21, EU:C:2022:692, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

48      Tale principio è concretizzato all’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva stessa, in forza del quale gli indagati e gli imputati devono potersi avvalere di un difensore senza indebito ritardo e, in ogni caso, a partire dal primo dei quattro momenti specifici enumerati da tale disposizione, alle lettere da a) a d). Inoltre, l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva stessa precisa, alle lettere da a) a c), gli elementi che il diritto di avvalersi di un difensore comporta.

49      Le deroghe temporanee che gli Stati membri possono prevedere al diritto di avvalersi di un difensore sono elencate in modo esaustivo all’articolo 3, paragrafi 5 e 6, della direttiva 2013/48 [sentenza del 12 marzo 2020, VW (Diritto di avvalersi di un difensore in caso di mancata comparizione), C‑659/18, EU:C:2020:201, punto 42].

50      Pertanto, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 6, lettera b), di tale direttiva, disposizione richiamata dal giudice del rinvio, gli Stati membri possono derogare temporaneamente all’applicazione dei diritti previsti al paragrafo 3 di tale articolo, nella misura in cui ciò sia giustificato, alla luce delle circostanze particolari del caso, «ove vi sia la necessità indispensabile di un intervento immediato delle autorità inquirenti per evitare di compromettere in modo sostanziale un procedimento penale».

51      Per quanto riguarda la questione se, in assenza di trasposizione dell’articolo 3, paragrafo 6, lettera b), della direttiva 2013/48 nell’ordinamento giuridico nazionale, le autorità di polizia dello Stato membro interessato possano invocare tale disposizione nei confronti di un indagato o di un imputato, secondo costante giurisprudenza, in tutti i casi in cui le disposizioni di una direttiva appaiono, dal punto di vista del loro contenuto, incondizionate e sufficientemente precise, i privati possono farle valere dinanzi ai giudici nazionali nei confronti di uno Stato membro, sia qualora esso abbia omesso di trasporre la direttiva in diritto nazionale entro i termini, che qualora l’abbia recepita in modo scorretto [sentenza del 20 aprile 2023, Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Comune di Ginosa), C‑348/22, EU:C:2023:301, punto 62 e giurisprudenza ivi citata]. Per contro, una direttiva non può di per sé creare obblighi a carico di un soggetto e non può quindi essere fatta valere in quanto tale nei suoi confronti (sentenza del 3 maggio 2005, Berlusconi e a., C‑387/02, C‑391/02 e C‑403/02, EU:C:2005:270, punto 73 e giurisprudenza ivi citata).

52      Nel caso di specie, è sufficiente rilevare che l’articolo 3, paragrafo 6, lettera b), della direttiva 2013/48 non stabilisce alcun diritto che possa essere invocato da un soggetto nei confronti di uno Stato membro, ma consente, per contro, agli Stati membri di prevedere una deroga all’applicazione del diritto di avvalersi di un difensore in circostanze eccezionali. Di conseguenza, in forza della giurisprudenza ricordata al punto 51 della presente sentenza, un’autorità pubblica non può, in assenza di trasposizione della disposizione in parola, avvalersi di quest’ultima nei confronti di un indagato o di un imputato.

53      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla quarta questione dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 6, lettera b), della direttiva 2013/48 deve essere interpretato nel senso che, in assenza di trasposizione di tale disposizione nell’ordinamento giuridico nazionale, le autorità di polizia dello Stato membro interessato non possono invocare detta disposizione nei confronti di un indagato o di un imputato al fine di derogare all’applicazione del diritto di avvalersi di un difensore, previsto in modo chiaro, preciso e incondizionato dalla direttiva stessa.

 Sulla quinta questione

54      Con la sua quinta questione, che occorre esaminare in secondo luogo, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2013/48, letto alla luce del considerando 39 di tale direttiva, debba essere interpretato nel senso che i requisiti posti da tale disposizione per la rinuncia al diritto di avvalersi di un difensore sono rispettati in caso di rinuncia scritta a tale diritto da parte di un indagato analfabeta, al quale non sono state spiegate le possibili conseguenze di tale rinuncia, e che sostiene di non essere stato informato del contenuto del documento che ha firmato al momento del suo arresto.

55      L’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2013/48 prevede due condizioni per la rinuncia al diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale.

56      In tal senso, in forza di detto articolo 9, paragrafo 1, lettera a), l’indagato o imputato deve aver ricevuto informazioni sul contenuto del diritto di avvalersi di un difensore e sulle possibili conseguenze di una rinuncia a tale diritto, con la precisazione che tali informazioni, che possono essere fornite oralmente o per iscritto, devono essere chiare e sufficienti nonché comunicate in un linguaggio semplice e comprensibile. Inoltre, conformemente a detto articolo 9, paragrafo 1, lettera b), la rinuncia deve avvenire in maniera volontaria ed inequivocabile.

57      Il considerando 39 della direttiva 2013/48 precisa, a tal riguardo, che, nel fornire tali informazioni, si deve tenere conto delle condizioni specifiche degli indagati o imputati interessati, tra cui la loro età e il loro stato mentale e fisico. Pertanto, nell’esigere che si tenga conto di tali condizioni specifiche, tale direttiva mira a garantire che la decisione di rinunciare al diritto di avvalersi di un difensore sia assunta con piena cognizione di causa.

58      In tale contesto, l’articolo 13 della direttiva 2013/48 prevede che si tenga conto delle particolari esigenze di indagati e imputati vulnerabili nell’applicazione di tale direttiva, laddove il considerando 51 della stessa fa riferimento, a tale titolo, a «indagati e imputati in posizione di potenziale debolezza» e a «qualsiasi potenziale vulnerabilità che comprometta la loro capacità di esercitare il diritto di avvalersi di un difensore».

59      Nel caso di specie, in primo luogo, il giudice del rinvio precisa che l’imputato nel procedimento penale di cui trattasi in via principale è analfabeta.

60      Come sottolineato dalla Commissione europea nelle sue osservazioni scritte, un indagato o un imputato, quale l’imputato nel procedimento principale, deve essere considerato, in ragione del suo analfabetismo, una persona vulnerabile ai sensi dell’articolo 13 della direttiva 2013/48.

61      Ciò premesso, né l’articolo 9, paragrafo 1, di tale direttiva, né l’articolo 13 della stessa consentono di concludere che la circostanza che l’indagato o imputato sia analfabeta escluda, di per sé, la capacità di tale persona di dichiarare validamente la propria rinuncia al diritto di avvalersi di un difensore. Per contro, tale circostanza deve essere debitamente presa in considerazione nel contesto di una siffatta rinuncia.

62      In secondo luogo, il giudice del rinvio si interroga sulla rilevanza del fatto che, al momento della rinuncia al diritto di avvalersi di un difensore da parte dell’imputato, non sono state comunicate a quest’ultimo le possibili conseguenze di una siffatta rinuncia.

63      A tal riguardo, è sufficiente rilevare che, come ricordato al punto 56 della presente sentenza, l’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2013/48 richiede espressamente che l’indagato o imputato abbia ricevuto informazioni sulle possibili conseguenze della rinuncia al diritto di avvalersi di un difensore.

64      Pertanto, qualora dovesse emergere che un imputato come quello nel procedimento penale di cui trattasi in via principale non ha ricevuto, al momento della dichiarazione di rinuncia al suo diritto di avvalersi di un difensore, informazioni chiare e sufficienti, in un linguaggio semplice e comprensibile, tenuto conto della sua condizione di persona vulnerabile, sul contenuto del diritto in questione e sulle possibili conseguenze della rinuncia allo stesso, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare, tale rinuncia non può essere considerata conforme ai requisiti posti dall’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2013/48.

65      In terzo luogo, il giudice del rinvio sottolinea che, nel caso di specie, l’imputato nel procedimento penale di cui trattasi in via principale afferma di non essere stato informato del contenuto del documento che ha firmato al momento del suo arresto.

66      Poiché tale aspetto riguarda la verbalizzazione della rinuncia, occorre rilevare che l’articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2013/48, letto alla luce del considerando 40 della stessa, prevede che la dichiarazione di rinuncia, che può essere effettuata oralmente o per iscritto, nonché le circostanze in cui è avvenuta siano verbalizzate utilizzando la procedura di verbalizzazione conformemente al diritto dello Stato membro interessato.

67      Sebbene il citato articolo 9, paragrafo 2, rinvii al diritto processuale nazionale per quanto riguarda la modalità di verbalizzazione della rinuncia al diritto di avvalersi di un difensore, la documentazione prevista da tale disposizione deve, tuttavia, necessariamente consentire di verificare l’osservanza dei requisiti di cui al paragrafo 1 del citato articolo 9.

68      Il giudice del rinvio precisa che, conformemente al diritto nazionale, la dichiarazione di rinuncia richiede che, qualora le persone detenute siano analfabete o non siano in grado di compilare esse stesse tale dichiarazione, quest’ultima sia compilata da un agente, e le dichiarazioni di volontà devono essere rese dalla persona stessa in presenza di un testimone che ne attesti la veridicità apponendo la sua firma. Orbene, nel caso di specie, non sarebbero state apposte le firme di un’autorità di polizia e di un testimone.

69      A tal riguardo, se dovesse risultare confermato, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare, che la rinuncia al diritto di avvalersi di un difensore da parte dell’imputato nel procedimento penale di cui trattasi in via principale è stata verbalizzata in violazione del diritto processuale nazionale, la circostanza che un imputato abbia firmato un documento attestante la sua asserita rinuncia al diritto di avvalersi di un difensore non può, di per sé, dimostrare che egli abbia rinunciato a tale diritto nel pieno rispetto dei requisiti previsti all’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2013/48.

70      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla quinta questione dichiarando che l’articolo 9, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2013/48 deve essere interpretato nel senso che la dichiarazione di rinuncia al diritto di avvalersi di un difensore da parte di un indagato analfabeta non può essere considerata conforme ai requisiti posti dal citato articolo 9, paragrafo 1, qualora l’indagato stesso non sia stato informato, con una modalità che tenga debitamente conto della sua situazione specifica, delle possibili conseguenze di una siffatta rinuncia e qualora tale rinuncia non sia stata verbalizzata conformemente al diritto processuale nazionale, in modo da consentire la verifica dell’osservanza dei citati requisiti.

 Sulla sesta questione

71      Con la sua sesta questione, che occorre esaminare in terzo luogo, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2013/48 debba essere interpretato nel senso che, a seguito della rinuncia di un indagato al suo diritto di avvalersi di un difensore, le autorità di polizia restano tenute ad informare tale indagato, immediatamente prima di procedere a ogni ulteriore atto di indagine implicante la sua partecipazione, del suo diritto di avvalersi di un difensore e delle possibili conseguenze della rinuncia a tale diritto.

72      In via preliminare, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza della Corte, ai fini dell’interpretazione di una norma di diritto dell’Unione si deve tener conto non soltanto del tenore letterale della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (v., in tal senso, sentenza del 2 dicembre 2021, Vodafone Kabel Deutschland, C‑484/20, EU:C:2021:975, punto 19 e giurisprudenza ivi citata).

73      A tal riguardo, in primo luogo, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2013/48, gli Stati membri garantiscono che indagati e imputati possano successivamente revocare una rinuncia in qualunque momento nel corso del procedimento penale e che siano informati di tale possibilità.

74      Dal tenore letterale del citato articolo 9, paragrafo 3, si può desumere che una rinuncia al diritto di avvalersi di un difensore conforme ai requisiti stabiliti dalla direttiva 2013/48 produce i suoi effetti fino alla sua revoca, senza che sia necessario reiterarla per ogni atto di indagine successivo.

75      Tanto premesso, laddove l’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2013/48 esige che gli indagati e imputati siano informati della possibilità di revocare successivamente una rinuncia in qualunque momento nel corso del procedimento penale, tale disposizione non precisa se tale requisito sia soddisfatto qualora l’interessato sia stato informato una sola volta di tale possibilità, o se tale informazione debba invece essere fornita in ciascuna fase successiva di tale procedimento, o addirittura prima di qualsiasi successivo atto di indagine.

76      In secondo luogo, per quanto riguarda il contesto, occorre prendere in considerazione l’articolo 13 della direttiva 2013/48, il quale esige, come ricordato al punto 58 della presente sentenza, che nell’applicazione della direttiva stessa si tenga conto delle particolari esigenze di indagati e imputati vulnerabili. Come rilevato dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, la complessità delle norme di procedura penale e in particolare delle modalità di acquisizione e di utilizzo delle prove limita la capacità dell’indagato o dell’imputato vulnerabile di comprenderle pienamente e/o di reagire in modo tempestivo e adeguato.

77      In terzo luogo, occorre tener conto della finalità della direttiva 2013/48, che è quella di favorire, segnatamente, il diritto di farsi consigliare, difendere e rappresentare enunciato dall’articolo 47, secondo comma, della Carta, nonché i diritti della difesa garantiti dall’articolo 48, paragrafo 2, di quest’ultima [sentenza del 12 marzo 2020, VW (Diritto di avvalersi di un difensore in caso di mancata comparizione), C‑659/18, EU:C:2020:201, punto 44 e giurisprudenza ivi citata].

78      Alla luce di tali considerazioni, l’obbligo di informazione previsto all’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2013/48 implica che, in ogni caso, qualora la persona sentita dalle autorità di polizia o da un’altra autorità di contrasto o giudiziaria si trovi in situazione di vulnerabilità, dette autorità sono tenute a ricordare a tale persona la possibilità di revocare la propria dichiarazione di rinuncia al diritto di avvalersi di un difensore prima che si proceda a qualsiasi atto di indagine nel corso del quale, in ragione dell’intensità e dell’importanza dell’atto di indagine stesso, l’assenza di un difensore possa risultare particolarmente pregiudizievole per gli interessi e i diritti dell’interessato, come un interrogatorio, una ricognizione di persone, un confronto o una ricostruzione della scena di un crimine, previsti rispettivamente all’articolo 3, paragrafo 3, lettere b) e c), di tale direttiva.

79      Detta interpretazione è corroborata dal considerando 20 della direttiva n. 2012/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, sul diritto all’informazione nei procedimenti penali (GU 2012, L 142, pag. 1), il quale precisa che, «[d]opo che le informazioni su un particolare diritto sono state fornite, le autorità competenti non dovrebbero essere tenute a fornirle di nuovo, a meno che circostanze specifiche del caso (...) non lo richiedano».

80      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla sesta questione dichiarando che l’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2013/48 deve essere interpretato nel senso che, in caso di rinuncia al diritto di avvalersi di un difensore da parte di una persona vulnerabile, ai sensi dell’articolo 13 di tale direttiva, detta persona deve essere informata della possibilità di revocare la rinuncia medesima prima che si proceda a qualsiasi atto di indagine successivo nel corso del quale, tenuto conto dell’intensità e dell’importanza dell’atto di indagine stesso, l’assenza di un difensore possa risultare particolarmente pregiudizievole per gli interessi e i diritti di detta persona.

 Sulle prime tre questioni

81      Con le sue questioni dalla prima alla terza, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2013/48, in combinato disposto con l’articolo 47, paragrafi 1 e 2, della Carta, debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa e a una giurisprudenza nazionali in forza delle quali un giudice, che esamina il coinvolgimento di un imputato in un reato al fine di determinare l’adeguatezza della misura di sicurezza da infliggere a tale imputato, è privato della possibilità, al momento di adottare una decisione sul mantenimento in custodia dell’imputato stesso, di valutare se taluni elementi di prova siano stati raccolti in violazione delle prescrizioni di tale direttiva e, eventualmente, di escludere siffatti elementi di prova.

 Sulla ricevibilità

82      Per quanto riguarda la ricevibilità di tali questioni, occorre ricordare che spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia principale, valutare la necessità di una pronuncia pregiudiziale e la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte, le quali godono di una presunzione di rilevanza. Pertanto, la Corte è, in linea di principio, tenuta a pronunciarsi, qualora la questione sollevata riguardi l’interpretazione o la validità di una norma di diritto dell’Unione, a meno che non sia evidente che l’interpretazione richiesta non ha alcun legame con la reale esistenza o con l’oggetto di tale controversia, che il problema è ipotetico o, ancora, che la Corte non dispone degli elementi di fatto e di diritto necessari per dare una risposta utile a tale questione (sentenza del 22 febbraio 2024, Unedic, C‑125/23, EU:C:2024:163, punto 35 e giurisprudenza citata).

83      Nel caso di specie, dinanzi al giudice del rinvio è pendente un procedimento penale a carico di CH, che si trova attualmente in custodia cautelare. È pacifico che tale giudice è competente a pronunciarsi sulla misura di sicurezza applicata a CH e che esso ritiene di essere tenuto ad esaminare tale misura sia in sede di udienza preliminare sia allo stadio attuale di detto procedimento penale.

84      In tali circostanze, l’interpretazione richiesta della direttiva 2013/48 mediante le questioni dalla prima alla terza presenta un nesso con il procedimento principale e non può essere considerata ipotetica.

85      Ne consegue che le questioni dalla prima alla terza sono ricevibili.

 Nel merito

86      Allo stato attuale del diritto dell’Unione, spetta, in linea di principio, unicamente al diritto nazionale determinare le norme relative all’ammissibilità e alla valutazione, nell’ambito di un procedimento penale, di informazioni e di elementi di prova che sono stati ottenuti con modalità contrarie al diritto dell’Unione [sentenza del 30 aprile 2024, M.N. (EncroChat), C‑670/22, EU:C:2024:372, punto 128 e giurisprudenza ivi citata].

87      Inoltre, in assenza di una normativa dell’Unione in materia, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro, ai sensi del principio dell’autonomia procedurale, stabilire le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione, a condizione, tuttavia, che esse non siano meno favorevoli rispetto a quelle relative a situazioni analoghe assoggettate al diritto interno (principio di equivalenza) e che non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione (principio di effettività) [sentenza del 30 aprile 2024, M.N. (EncroChat), C‑670/22, EU:C:2024:372, punto 129 e giurisprudenza ivi citata].

88      Ciò premesso, per quanto riguarda i requisiti derivanti dal principio di effettività, la Corte ha già dichiarato che la necessità di escludere informazioni ed elementi di prova ottenuti in violazione delle prescrizioni del diritto dell’Unione deve essere valutata alla luce, in particolare, del rischio che l’ammissibilità di informazioni ed elementi di prova siffatti comporta per il rispetto del principio del contraddittorio e, pertanto, del diritto ad un processo equo [sentenza del 2 marzo 2021, Prokuratuur (Condizioni di accesso ai dati relativi alle comunicazioni elettroniche) C‑746/18, EU:C:2021:152, punto 44].

89      Inoltre, l’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2013/48, letto alla luce del considerando 50 della stessa, impone espressamente agli Stati membri di garantire, fatti salvi i sistemi o le norme nazionali in materia di ammissibilità delle prove, che, nel quadro dei procedimenti penali, nella valutazione delle dichiarazioni rese da indagati o imputati o delle prove raccolte in violazione del loro diritto di accesso a un difensore siano rispettati i diritti della difesa e l’equità del procedimento.

90      Al riguardo occorre rilevare che, da un lato, conformemente all’articolo 2, paragrafo 4, ultimo comma, della direttiva 2013/48, quest’ultima si applica integralmente se l’indagato o imputato è privato della libertà personale, indipendentemente dalla fase del procedimento penale. L’articolo 12, paragrafo 2, di tale direttiva è quindi applicabile nel momento in cui un giudice è chiamato a pronunciarsi sulla misura di sicurezza riguardante un imputato.

91      D’altro lato, come enunciato ai considerando 52 e 53 della direttiva 2013/48, l’articolo 12, paragrafo 2, di tale direttiva deve essere interpretato alla luce della Carta, in particolare alla luce del diritto alla libertà e alla sicurezza, del diritto di farsi consigliare, difendere e rappresentare, nonché dei diritti della difesa e ad un equo processo, garantiti rispettivamente dall’articolo 6, dall’articolo 47, secondo comma, e dall’articolo 48, paragrafo 2, della Carta, nonché alla luce dei corrispondenti diritti garantiti, in particolare, dall’articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 [v., per analogia, sentenza del 1° agosto 2022, TL (Assenza di un’interprete e di una traduzione), C‑242/22 PPU, EU:C:2022:611, punto 40].

92      Ne consegue, in primo luogo, che l’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2013/48 implica che il giudice che esamina la questione dell’adeguatezza della misura di sicurezza di un imputato debba poter valutare, al momento della decisione sul mantenimento in custodia di tale imputato, se taluni elementi di prova siano stati ottenuti in violazione delle prescrizioni della citata direttiva.

93      Nel caso di specie, il giudice del rinvio precisa che il giudice che si pronuncia sulla misura di sicurezza dispone, in linea di principio, della possibilità di esaminare il rispetto dei diritti derivanti dalla direttiva 2013/48, ma che, in forza di una giurisprudenza nazionale, è negata la possibilità di valutare se taluni elementi di prova siano stati acquisiti in violazione delle prescrizioni di tale direttiva.

94      Orbene, tenuto conto di quanto rilevato al punto 92 della presente sentenza, l’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2013/48 osta a una siffatta giurisprudenza nazionale.

95      In secondo luogo, per quanto riguarda le conseguenze che il giudice adito deve trarre, in sede di esame di una misura di sicurezza a carico di un imputato, dalla circostanza che taluni elementi di prova sono stati raccolti in violazione delle prescrizioni della direttiva 2013/48, occorre rilevare che, da un lato, nulla in tale direttiva obbliga il giudice a escludere automaticamente tutti gli elementi di prova in questione.

96      D’altro lato, in forza della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, di cui occorre tener conto, come sottolineato ai considerando 50 e 53 della direttiva 2013/48, quando viene accertato un vizio procedurale, spetta ai giudici interni procedere alla valutazione della questione se tale vizio sia stato sanato nel corso del procedimento che ne è seguito (Corte EDU, 28 gennaio 2020, Mehmet Zeki Çelebi c. Turchia, CE:ECHR:2020:0128JUD002758207, § 51).

97      Pertanto, nell’ipotesi in cui taluni elementi di prova siano stati raccolti in violazione delle prescrizioni di tale direttiva, si deve stabilire se, nonostante tale lacuna, al momento della decisione che dev’essere adottata dal giudice adito il procedimento penale nel suo complesso possa essere considerato equo, tenendo conto di una serie di fattori tra i quali figurano la questione se le dichiarazioni raccolte in assenza di un difensore siano parte integrante o rilevante delle prove a carico, nonché la forza degli altri elementi del fascicolo (v., per analogia, Corte EDU, 13 settembre 2016, Ibrahim e a. c. Regno Unito, CE:ECHR:2016:0913JUD005054108, §§ 273 e 274).

98      In ogni caso, l’obbligo di cui all’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2013/48 di garantire il rispetto dei diritti della difesa e l’equità del procedimento nella valutazione delle prove raccolte in violazione del diritto a un difensore implica che un elemento di prova sul quale una parte non sia in grado di svolgere efficacemente le proprie osservazioni debba essere escluso dal procedimento penale [v., per analogia, con riferimento all’articolo 14, paragrafo 7, della direttiva 2014/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa all’ordine europeo di indagine penale (GU 2014, L 130, pag. 1), sentenza del 30 aprile 2024, M.N. (EncroChat), C‑670/22, EU:C:2024:372, punto 130].

99      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni dalla prima alla terza dichiarando che l’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2013/48, in combinato disposto con l’articolo 47, paragrafi 1 e 2, della Carta, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una giurisprudenza nazionale in forza della quale un giudice, che esamina il coinvolgimento di un imputato in un reato al fine di determinare l’adeguatezza della misura di sicurezza da infliggere a tale imputato, è privato della possibilità, al momento di adottare una decisione sul mantenimento in custodia dell’imputato stesso, di valutare se taluni elementi di prova siano stati ottenuti in violazione delle prescrizioni di tale direttiva e, se del caso, di escludere siffatti elementi di prova.

 Sulle spese

100    Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 3, paragrafo 6, lettera b), della direttiva 2013/48/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2013, relativa al diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale e nel procedimento di esecuzione del mandato d’arresto europeo, al diritto di informare un terzo al momento della privazione della libertà personale e al diritto delle persone private della libertà personale di comunicare con terzi e con le autorità consolari,

deve essere interpretato nel senso che:

in assenza di trasposizione di tale disposizione nell’ordinamento giuridico nazionale, le autorità di polizia dello Stato membro interessato non possono invocare detta disposizione nei confronti di un indagato o di un imputato al fine di derogare all’applicazione del diritto di avvalersi di un difensore, previsto in modo chiaro, preciso e incondizionato dalla direttiva stessa.

2)      L’articolo 9, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2013/48

deve essere interpretato nel senso che:

la dichiarazione di rinuncia al diritto di avvalersi di un difensore da parte di un indagato analfabeta non può essere considerata conforme ai requisiti posti dal citato articolo 9, paragrafo 1, qualora l’indagato stesso non sia stato informato, con una modalità che tenga debitamente conto della sua situazione specifica, delle possibili conseguenze di una siffatta rinuncia e qualora tale rinuncia non sia stata verbalizzata conformemente al diritto processuale nazionale, in modo da consentire la verifica dell’osservanza dei citati requisiti.

3)      L’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2013/48

deve essere interpretato nel senso che:

in caso di rinuncia al diritto di avvalersi di un difensore da parte di una persona vulnerabile, ai sensi dell’articolo 13 di tale direttiva, detta persona deve essere informata della possibilità di revocare la rinuncia medesima prima che si proceda a qualsiasi atto di indagine successivo nel corso del quale, tenuto conto dell’intensità e dell’importanza dell’atto di indagine stesso, l’assenza di un difensore possa risultare particolarmente pregiudizievole per gli interessi e i diritti di detta persona.

4)      L’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2013/48, in combinato disposto con l’articolo 47, paragrafi 1 e 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,

deve essere interpretato nel senso che:

esso osta a una giurisprudenza nazionale in forza della quale un giudice, che esamina il coinvolgimento di un imputato in un reato al fine di determinare l’adeguatezza della misura di sicurezza da infliggere a tale imputato, è privato della possibilità, al momento di adottare una decisione sul mantenimento in custodia dell’imputato stesso, di valutare se taluni elementi di prova siano stati raccolti in violazione delle prescrizioni di tale direttiva e, se del caso, di escludere siffatti elementi di prova.

Firme


*      Lingua processuale: il bulgaro.


i Il nome della presente causa è un nome fittizio. Non corrisponde al nome reale di nessuna delle parti del procedimento.

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