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Document 62017TJ0628

Sentenza del Tribunale (Terza Sezione ampliata) del 1° giugno 2022.
Aeris Invest Sàrl contro Commissione europea e Comitato di risoluzione unico.
Unione economica e monetaria – Unione bancaria – Meccanismo di risoluzione unico degli enti creditizi e di talune imprese di investimento (MRU) – Procedura di risoluzione applicabile in caso di dissesto o rischio di dissesto di un’entità – Adozione da parte del CRU di un programma di risoluzione per il Banco Popular Español – Delega di poteri – Diritto di essere ascoltato – Diritto di proprietà – Obbligo di motivazione – Articoli 14, 18 e 20 del regolamento (UE) n. 806/2014.
Causa T-628/17.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:T:2022:315

 SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)

1o giugno 2022 ( *1 )

«Unione economica e monetaria – Unione bancaria – Meccanismo di risoluzione unico degli enti creditizi e di talune imprese di investimento (MRU) – Procedura di risoluzione applicabile in caso di dissesto o rischio di dissesto di un’entità – Adozione da parte del CRU di un programma di risoluzione per il Banco Popular Español – Delega di poteri – Diritto di essere ascoltato – Diritto di proprietà – Obbligo di motivazione – Articoli 14, 18 e 20 del regolamento (UE) n. 806/2014»

Nella causa T‑628/17,

Aeris Invest Sàrl, con sede in Lussemburgo (Lussemburgo), rappresentata da M. Roca Junyent, R. Vallina Hoset, G. Serrano Fenollosa, E. Galán Burgos e M. Varela Suárez, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da L. Flynn e A. Steiblytė, in qualità di agenti,

e

Comitato di risoluzione unico (CRU), rappresentato da J. King e M. Fernández Rupérez, in qualità di agenti, assistite da B. Meyring, S. Schelo, F. Fernández de Trocóniz Robles, T. Klupsch e S. Ianc, avvocati,

convenuti

sostenuti da

Regno di Spagna, rappresentato da L. Aguilera Ruiz e J. Rodríguez de la Rúa Puig, in qualità di agenti,

dal

Parlamento europeo, rappresentato da P. López-Carceller, M. Martínez Iglesias, L. Visaggio, J. Etienne, M. Menegatti e M. Sammut, in qualità di agenti,

dal

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da A. de Gregorio Merino, J. Bauerschmidt, H. Marcos Fraile e A. Westerhof Löfflerová, in qualità di agenti,

e da

Banco Santander, SA, con sede in Santander (Spagna), rappresentato da J. Rodríguez Cárcamo, A. Rodríguez Conde, D. Sarmiento Ramírez-Escudero e J. Remón Peñalver, avvocati,

intervenienti,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento, da un lato, della decisione SRB/EES/2017/08 adottata nella sessione esecutiva del CRU, del 7 giugno 2017, concernente l’adozione di un programma di risoluzione per il Banco Popular Español, SA, e, dall’altro, della decisione (UE) 2017/1246 della Commissione, del 7 giugno 2017, che approva il programma di risoluzione per il Banco Popular Español S.A. (GU 2017, L 178, pag. 15),

IL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata),

composto da M. van der Woude, presidente, M. Jaeger, V. Kreuschitz, G. De Baere (relatore) e G. Steinfatt, giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 17 giugno 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

I. Contesto normativo

1

A seguito della crisi finanziaria del 2008, si è deciso di creare, nell’Unione europea, un’unione bancaria basata su un corpus di norme unico, completo e dettagliato sui servizi finanziari per il mercato interno nel suo complesso e comprendente un meccanismo di vigilanza unico e nuovi quadri di garanzia dei depositi e di risoluzione delle crisi bancarie.

2

Il primo passo verso la creazione dell’unione bancaria è consistito nell’istituzione di un meccanismo di vigilanza unico (MVU) da parte del regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi (GU 2013, L 287, pag. 63). Secondo il considerando 12 di tale regolamento, si dovrebbe assicurare, tramite un MVU, che la politica dell’Unione in materia di vigilanza prudenziale sugli enti creditizi sia attuata in maniera coerente ed efficace, che il corpus unico di norme sui servizi finanziari sia applicato nella stessa maniera agli enti creditizi in tutti gli Stati membri interessati e che tali enti creditizi siano sottoposti a una vigilanza ottimale sotto il profilo qualitativo e libera da considerazioni estranee all’ottica prudenziale. A tale scopo, il regolamento n. 1024/2013 attribuisce alla Banca centrale europea (BCE) compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi, al fine di contribuire alla sicurezza e alla solidità degli enti creditizi e alla stabilità del sistema finanziario all’interno dell’Unione e di ciascuno Stato membro.

3

Successivamente, è stata adottata la direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2014, L 173, pag. 190). Al considerando 1, essa enuncia quanto segue:

«La crisi finanziaria ha evidenziato una mancanza significativa di strumenti adeguati a livello di Unione per gestire con efficacia gli enti creditizi e le imprese di investimento (...) in crisi o in dissesto. Tali strumenti sono necessari, in particolare, per prevenire stati di insolvenza o, in caso di insolvenza, per ridurre al minimo le ripercussioni negative preservando le funzioni dell’ente interessato aventi rilevanza sistemica. Durante la crisi, queste sfide sono state un fattore determinante che ha costretto gli Stati membri a procedere al salvataggio degli enti utilizzando il denaro dei contribuenti. L’obiettivo di un quadro credibile di risanamento e di risoluzione è quello di ovviare quanto più possibile alla necessità di un’azione di questo tipo».

4

Lo scopo della direttiva 2014/59 è quello di stabilire disposizioni comuni di armonizzazione minima delle norme nazionali che disciplinano la risoluzione delle banche nell’Unione e prevede la cooperazione tra le autorità di risoluzione in caso di dissesto di banche transfrontaliere. A tal proposito, la direttiva 2014/59 prevede, segnatamente, all’articolo 3, paragrafo 1, che ciascuno Stato membro designi una o, in via eccezionale, più autorità di risoluzione, abilitate ad applicare gli strumenti e a esercitare i poteri di risoluzione.

5

Tuttavia, considerando, da un lato, che la direttiva 2014/59 non stabiliva la centralizzazione del processo decisionale in materia di risoluzione, che essa metteva essenzialmente strumenti di risoluzione e poteri di risoluzione comuni a disposizione delle autorità nazionali di ciascuno Stato membro e che lasciava a queste ultime un margine di discrezionalità per il ricorso a tali strumenti e l’uso dei meccanismi nazionali di finanziamento per la risoluzione, e considerando, dall’altro lato, che tale direttiva non impediva completamente l’adozione di decisioni distinte e potenzialmente divergenti sulla risoluzione dei gruppi transfrontalieri da parte degli Stati membri, si è deciso di istituire un meccanismo di risoluzione unico (MRU).

6

Così, il secondo passo verso la creazione dell’unione bancaria è consistito nell’adozione del regolamento (UE) n. 806/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 luglio 2014, che fissa norme e una procedura uniformi per la risoluzione degli enti creditizi e di talune imprese di investimento nel quadro del[l’MRU] e del Fondo di risoluzione unico e che modifica il regolamento (UE) n. 1093/2010 (GU 2014, L 225, pag. 1).

7

Il considerando 12 del regolamento n. 806/2014 così recita:

«Il completamento del mercato interno dei servizi finanziari presuppone necessariamente l’efficacia nell’Unione delle decisioni di risoluzione adottate per le banche in dissesto, anche relativamente all’impiego dei finanziamenti reperiti a livello di Unione. Nel mercato interno il dissesto di banche in uno Stato membro può compromettere la stabilità dei mercati finanziari nell’Unione nel suo complesso. Assicurare l’efficacia e l’uniformità delle norme in materia di risoluzione e la parità di condizioni nel finanziamento della risoluzione nei diversi Stati membri è nell’interesse superiore non soltanto dello Stato membro in cui le banche operano, ma anche, in generale, in quello di tutti gli Stati membri, perché costituiscono un mezzo per assicurare condizioni eque di concorrenza e migliorare il funzionamento del mercato interno. I sistemi bancari sono estremamente interconnessi nel mercato interno, i gruppi bancari hanno dimensione internazionale e le banche detengono attività estere in percentuali elevate. Senza l’[MRU], le crisi bancarie che si verificassero negli Stati membri partecipanti all’[MVU] avrebbero un più forte impatto sistemico negativo anche negli Stati membri che non vi partecipano. L’istituzione dell’[MRU] garantirà un approccio neutro per il trattamento delle banche in dissesto e pertanto rafforzerà la stabilità delle banche degli Stati membri partecipanti e impedirà alle crisi di produrre ricadute negli Stati membri non partecipanti, agevolando così il funzionamento del mercato interno nel suo complesso. È opportuno che i meccanismi di cooperazione tra gli enti stabiliti negli Stati membri partecipanti e non partecipanti siano chiari e che nessuno Stato membro o gruppo di Stati membri sia direttamente o indirettamente discriminato come luogo di prestazione di servizi finanziari».

8

Il regolamento n. 806/2014, ai sensi del suo articolo 1, primo comma, ha lo scopo di stabilire regole e una procedura uniformi per la risoluzione delle entità definite all’articolo 2 stabilite negli Stati membri partecipanti, vale a dire le banche la cui autorità di vigilanza centrale è la BCE o l’autorità nazionale competente negli Stati membri la cui moneta è l’euro e negli Stati membri la cui moneta non è l’euro che abbiano instaurato una cooperazione stretta a norma dell’articolo 7 del regolamento n. 1024/2013 (v. considerando 15 del regolamento n. 806/2014).

9

L’articolo 1, secondo comma, del regolamento n. 806/2014 prevede che tali regole e procedura uniformi siano applicate dal Comitato di risoluzione unico (CRU), istituito ai sensi dell’articolo 42 del medesimo regolamento, insieme al Consiglio dell’Unione europea e alla Commissione europea e alle autorità nazionali di risoluzione nell’ambito dell’MRU creato dal medesimo regolamento. È anche previsto che l’MRU sia sostenuto da un Fondo di risoluzione unico (FRU).

10

Ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, il CRU decide in merito a un’azione di risoluzione in relazione ad un ente finanziario stabilito in uno Stato membro partecipante, quando sono soddisfatte le tre condizioni previste all’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento stesso.

11

La prima condizione richiede che l’entità sia in dissesto o a rischio di dissesto. La valutazione di questa condizione è effettuata dalla BCE, previa consultazione del CRU, o dal CRU, e si considera soddisfatta se l’entità si trova in una o più delle situazioni elencate all’articolo 18, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014.

12

La seconda condizione presuppone che non si possa ragionevolmente prospettare che qualsiasi misura alternativa sotto forma di intervento del settore privato o di azione di vigilanza permetta di evitare il dissesto dell’entità in tempi ragionevoli.

13

La terza condizione implica che l’azione di risoluzione sia necessaria nell’interesse pubblico, vale a dire che essa sia necessaria al conseguimento di uno o più obiettivi della risoluzione e che la liquidazione dell’ente con procedura ordinaria di insolvenza non consenta di realizzare tali obiettivi nella stessa misura.

14

L’articolo 14 del regolamento n. 806/2014 definisce gli obiettivi della risoluzione così individuati: garantire la continuità delle funzioni essenziali; evitare effetti negativi significativi sulla stabilità finanziaria, in particolare attraverso la prevenzione del contagio; salvaguardare i fondi pubblici riducendo al minimo il ricorso al sostegno finanziario pubblico straordinario; tutelare i depositanti e gli investitori, e tutelare i fondi e le attività dei clienti.

15

L’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 prevede che, prima di decidere in merito a un’azione di risoluzione o all’esercizio del potere di svalutare o convertire gli strumenti di capitale pertinenti, il CRU provveda affinché una valutazione equa, prudente e realistica delle attività e passività dell’entità interessata venga effettuata da una persona indipendente da qualsiasi autorità pubblica, compresi il CRU e l’autorità nazionale di risoluzione, e dall’entità interessata.

16

Ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 15, del regolamento n. 806/2014, la valutazione è parte integrante della decisione di applicare uno strumento di risoluzione o di esercitare un potere di risoluzione o della decisione di esercitare il potere di svalutazione o conversione degli strumenti di capitale.

17

Se sono soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, il CRU adotta un programma di risoluzione.

18

Quando agiscono nell’ambito della procedura di risoluzione, il CRU, il Consiglio e la Commissione devono garantire che l’azione di risoluzione sia avviata conformemente a taluni principi elencati all’articolo 15 del regolamento n. 806/2014, tra i quali figurano il principio secondo cui gli azionisti dell’ente soggetto a risoluzione sostengono per primi le perdite nonché il principio secondo cui nessun creditore sostiene perdite più ingenti di quelle che avrebbe sostenuto se l’entità interessata fosse stata liquidata con procedura ordinaria di insolvenza.

19

Nel programma di risoluzione, il CRU determina l’applicazione degli strumenti di risoluzione. L’articolo 22, paragrafo 2, del regolamento n. 806/2014 elenca i diversi strumenti di risoluzione disponibili, vale a dire lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa, lo strumento dell’ente-ponte, lo strumento di separazione delle attività e lo strumento del bail-in.

20

Nel programma di risoluzione, il CRU può altresì esercitare il potere di svalutazione o conversione degli strumenti di capitale dell’entità interessata alle condizioni previste all’articolo 21 del regolamento n. 806/2014. Secondo l’articolo 19 del regolamento n. 806/2014, l’azione di risoluzione può anche prevedere la concessione di aiuti di Stato o il ricorso al FRU.

21

Ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 7, del regolamento n. 806/2014, immediatamente dopo l’adozione del programma di risoluzione, il CRU lo trasmette alla Commissione. Entro 24 ore dalla trasmissione del programma di risoluzione da parte del CRU, la Commissione lo approva o obietta ad esso per quanto riguarda gli aspetti discrezionali di quest’ultimo nei casi non contemplati dal terzo comma, ossia il rispetto del criterio dell’interesse pubblico o una modifica significativa dell’importo del FRU. Per quanto riguarda questi ultimi aspetti discrezionali, entro 12 ore dalla trasmissione del programma di risoluzione da parte del CRU, la Commissione può proporre al Consiglio di obiettare al programma di risoluzione adottato dal CRU a motivo del fatto che esso non soddisfa il criterio dell’interesse pubblico o di approvare o di obiettare a una modifica significativa dell’importo del FRU previsto nel programma di risoluzione adottato dal CRU. Il programma di risoluzione può entrare in vigore soltanto se il Consiglio o la Commissione non hanno espresso obiezioni entro un periodo di 24 ore dopo la trasmissione da parte del CRU.

22

L’articolo 18, paragrafo 9, del regolamento n. 806/2014 stabilisce che il CRU garantisce che l’azione di risoluzione necessaria per attuare il programma di risoluzione sia avviata dalle autorità nazionali di risoluzione pertinenti. Il programma di risoluzione è indirizzato a queste ultime e dà istruzioni a tali autorità, le quali prendono tutte le misure necessarie per dare esecuzione alla decisione del CRU a norma dell’articolo 29 del medesimo regolamento, esercitando i poteri di risoluzione.

23

Successivamente all’adozione di un’azione di risoluzione, ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 16, del regolamento n. 806/2014, il CRU provvede a che una persona indipendente effettui una valutazione, al fine di valutare se gli azionisti e i creditori avrebbero ricevuto un trattamento migliore se l’ente soggetto a risoluzione fosse stato sottoposto a procedura ordinaria di insolvenza. Ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 1, lettera e), del regolamento n. 806/2014, detta valutazione può portare a pagare gli indennizzi agli azionisti o creditori se essi hanno sostenuto perdite maggiori nell’ambito della risoluzione rispetto a quelle che avrebbero sostenuto in una liquidazione con procedura ordinaria di insolvenza.

II. Fatti all’origine della controversia e fatti successivi alla presentazione del ricorso

24

La ricorrente, Aeris Invest Sàrl, persona giuridica di diritto lussemburghese, era azionista del Banco Popular Español, SA (in prosieguo: il «Banco Popular») prima dell’adozione di un programma di risoluzione in relazione a quest’ultimo.

A. Sulla situazione del Banco Popular prima dell’adozione del programma di risoluzione

25

Alla data della risoluzione, il gruppo Banco Popular, di cui il Banco Popular era la società madre, era il sesto gruppo bancario spagnolo.

26

Nel 2016, il Banco Popular ha proceduto a un aumento di capitale di 2,5 miliardi di EUR.

27

Il 5 dicembre 2016, la sessione esecutiva del CRU ha adottato un piano di risoluzione per il gruppo Banco Popular (in prosieguo: il «piano di risoluzione del 2016»). Lo strumento di risoluzione scelto nel piano di risoluzione del 2016 era lo strumento del bail-in previsto all’articolo 27 del regolamento n. 806/2014.

28

Il 3 febbraio 2017, il Banco Popular ha pubblicato la propria relazione annuale per il 2016, nella quale ha annunciato la necessità di accantonamenti straordinari per un importo di 5,7 miliardi di EUR, con una perdita consolidata di 3,485 miliardi di EUR, nonché la nomina di un nuovo presidente.

29

Il 10 febbraio 2017, la DBRS Ratings Limited (DBRS) (ora DBRS Morningstar) ha declassato il rating del Banco Popular, con outlook negativo, in considerazione dell’indebolimento della posizione patrimoniale del Banco Popular a seguito di una perdita netta superiore a quella prevista nella sua relazione annuale, di cui al precedente punto 28, nonché degli sforzi del Banco Popular per ridurre il suo stock ancora elevato di attività in sofferenza.

30

Il 3 aprile 2017, il Banco Popular ha annunciato il risultato di revisioni interne che indicavano che avrebbero potuto rendersi necessarie rettifiche alla relazione annuale per il 2016. Tali rettifiche sono state effettuate nella relazione finanziaria del Banco Popular per il primo trimestre del 2017.

31

Il 10 aprile 2017, all’assemblea generale degli azionisti del Banco Popular, il presidente del consiglio di amministrazione ha annunciato che la banca stava considerando un aumento di capitale o un’operazione societaria a causa della posizione patrimoniale del gruppo e del suo livello di attività in sofferenza. L’amministratore delegato del Banco Popular è stato sostituito meno di un anno dopo l’assunzione dell’incarico.

32

A seguito dell’annuncio del 3 aprile 2017, relativo alla necessità di rettifica dei risultati finanziari del 2016, il 6 aprile la DBRS ha declassato il rating del Banco Popular mantenendo il suo outlook negativo. Anche Standard & Poor’s, il 7 aprile, e Moody’s Investors service (in prosieguo: «Moody’s»), il 21 aprile 2017, hanno declassato il rating del Banco Popular con outlook negativo.

33

In aprile 2017, il Banco Popular ha avviato una procedura di vendita privata allo scopo di realizzare la sua vendita a un concorrente forte, il che avrebbe dovuto ripristinare la sua situazione finanziaria. La scadenza affinché gli eventuali acquirenti interessati all’acquisizione del Banco Popular presentassero la loro offerta era stata fissata per il 10 giugno 2017 ed è stata poi prorogata alla fine del mese di giugno 2017.

34

Il 5 maggio 2017, il Banco Popular ha presentato la sua relazione finanziaria per il primo trimestre del 2017, annunciando perdite per un importo di 137 milioni di EUR.

35

Il 12 maggio 2017, il requisito in materia di copertura della liquidità (Liquidity Coverage Requirement) del Banco Popular è sceso al di sotto della soglia minima dell’80% fissata dall’articolo 460, paragrafo 2, lettera c), del regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (GU 2013, L 176, pag. 1).

36

Con lettera del 16 maggio 2017, il Banco Santander, SA ha informato il Banco Popular di non essere in grado di presentare un’offerta vincolante nella procedura di vendita privata.

37

Il 16 maggio 2017, il Banco Popular, in una comunicazione di un fatto rilevante alla Comisión nacional del mercado de valores (CNMV, Commissione nazionale del mercato degli strumenti finanziari, Spagna), ha indicato che potenziali acquirenti avevano manifestato il loro interesse nella procedura di vendita privata, ma che non era stata ricevuta alcuna offerta vincolante.

38

Il 19 maggio 2017, l’agenzia FITCH ha declassato il rating a lungo termine del Banco Popular.

39

Il 23 maggio 2017, la presidente del CRU, Elke König, ha rilasciato un’intervista al canale televisivo Bloomberg, in cui le è stato chiesto, segnatamente, della situazione del Banco Popular.

40

Nel corso del mese di maggio 2017, numerosi articoli di stampa hanno riferito delle difficoltà del Banco Popular. A titolo di esempio, va menzionato un articolo dell’11 maggio 2017, pubblicato sul sito Internet elconfidencial.com, intitolato «Saracho encarga la venta urgente del Popular a JP Morgan y Lazard por riesgo de quiebra» (Saracho incarica JP Morgan e Lazard della vendita urgente del Popular a causa di un rischio di fallimento). In tale articolo si afferma che il presidente della banca aveva incaricato JP Morgan e Lazard di organizzare la vendita urgente della banca a causa di un rischio di fallimento, dovuto a ingenti deflussi di depositi dei clienti privati e istituzionali e che esso considerava che l’unico modo per garantire la sostenibilità economica della banca fosse la vendita completa ed imminente dell’intero gruppo. L’articolo riporta che, «data la persistenza dei deflussi di depositi e la chiusura di fonti di finanziamento esterne, la banca correva un serio rischio di fallimento e che [il suo presidente] era stato quindi costretto ad attivare la misura più drastica e a non vendere gradualmente le sue attività per migliorare i coefficienti di capitale e soddisfare le condizioni imposte dalla BCE».

41

Il 15 maggio 2017, un articolo pubblicato sul sito Internet elconfidencial.com, intitolato «El BCE inspecciona a Banco Popular durante dos meses en pleno proceso de venta» (La BCE ispeziona il Banco Popular per due mesi nel mezzo della procedura di vendita), riporta che il piano di vendita del Banco Popular, attuato dal suo presidente, è stato avviato dopo l’ispezione della BCE, che aveva confermato la carenza di accantonamenti. Secondo tale articolo, gli ispettori della BCE avevano concluso che le difficoltà del Banco Popular sarebbero state legate alla sua carenza di accantonamenti per coprire la sua esposizione immobiliare e che sarebbe stato necessario evitare i deflussi occasionali di depositi. Detti ispettori avrebbero altresì espresso la loro insoddisfazione riguardo alla presentazione dei conti del 2016.

42

Il 31 maggio 2017, l’agenzia Reuters ha pubblicato un articolo intitolato «La UE, advertida de riesgo de una resolución ordenada en Banco Popular» (UE, avvertimento del rischio di risoluzione del Banco Popular). Tale articolo menziona in particolare che, secondo un alto funzionario dell’Unione rimasto anonimo, una delle principali autorità di vigilanza bancaria in Europa aveva avvertito i funzionari dell’Unione che per il Banco Popular avrebbe potuto rendersi necessaria una risoluzione qualora non fosse riuscito a trovare un acquirente. Secondo detto articolo, tale funzionario ha altresì indicato che la presidente del CRU aveva recentemente emesso un’«allerta rapida» e aveva dichiarato che il CRU seguiva la procedura (del Banco Popular) con particolare attenzione in vista di un possibile intervento.

43

Lo stesso giorno, il CRU ha pubblicato un comunicato stampa diretto a contestare il contenuto di tale articolo.

44

Nei primi giorni di giugno 2017, il Banco Popular ha dovuto far fronte a un assalto agli sportelli.

45

Il 5 giugno 2017, il Banco Popular ha presentato, il mattino, una prima domanda di assistenza di liquidità di emergenza al Banco de España (Banca di Spagna), poi una seconda domanda, nel pomeriggio, contenente un’estensione dell’importo richiesto, a causa di movimenti di liquidità significativi. Sulla base di una domanda della Banca di Spagna e a seguito della valutazione dello stesso giorno della BCE relativa alla domanda di assistenza di liquidità di emergenza del Banco Popular, il consiglio direttivo della BCE non ha sollevato obiezioni a un’assistenza di liquidità di emergenza al Banco Popular per il periodo fino all’8 giugno 2017. Il Banco Popular ha ricevuto una parte di tale assistenza di liquidità di emergenza, dopodiché la Banca di Spagna ha affermato di non essere in grado di fornire un’assistenza di liquidità di emergenza supplementare al Banco Popular.

46

Il 6 giugno 2017, la DBRS e Moody’s hanno declassato il rating del Banco Popular.

B. Su altri fatti precedenti all’adozione del programma di risoluzione

47

Il 23 maggio 2017, il CRU ha incaricato la Deloitte, in qualità di esperto indipendente, di procedere alla valutazione del Banco Popular ai sensi dell’articolo 20 del regolamento n. 806/2014.

48

Il 24 maggio 2017, il CRU ha chiesto al Banco Popular, sulla base dell’articolo 34 del regolamento n. 806/2014, le informazioni necessarie per la realizzazione della sua valutazione. Il 2 giugno 2017, esso ha altresì chiesto al Banco Popular di fornire informazioni sulla procedura di vendita privata nonché di prevedere un accesso alla sala dati virtuale protetta che quest’ultimo aveva istituito nell’ambito di tale procedura.

49

Il 3 giugno 2017, la sessione esecutiva del CRU ha adottato la decisione SRB/EES/2017/06, indirizzata al Fondo de Reestructuración Ordenada Bancaria (FROB, Fondo di ristrutturazione bancaria ordinata, Spagna), riguardante la commercializzazione del Banco Popular (in prosieguo: la «decisione sulla commercializzazione»). Il CRU ha approvato l’avvio immediato della procedura di vendita del Banco Popular da parte del FROB e ha indicato a quest’ultimo i requisiti riguardanti la vendita conformemente all’articolo 39 della direttiva 2014/59. Il CRU indicava, in particolare, che il FROB doveva contattare i cinque potenziali acquirenti che erano stati invitati a presentare un’offerta nell’ambito della procedura di vendita privata.

50

Dei cinque potenziali acquirenti, due hanno deciso di non partecipare alla procedura di vendita e uno è stato escluso dalla BCE per motivi prudenziali.

51

Il 4 giugno 2017, i due potenziali acquirenti che avevano deciso di partecipare alla procedura di vendita, il Banco Santander e il Banco Bilbao Vizcaya Argentaria, SA (BBVA), hanno firmato un accordo di non divulgazione e, il 5 giugno 2017, hanno avuto accesso alla sala dati virtuale.

52

Il 5 giugno 2017, il CRU ha adottato una prima valutazione (in prosieguo: la «valutazione 1»), ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 5, lettera a), del regolamento n. 806/2014, che era intesa ad orientare l’accertamento del soddisfacimento delle condizioni per la risoluzione, quali definite all’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014.

53

Il 6 giugno 2017, la BCE ha effettuato una valutazione sul dissesto o sul rischio di dissesto del Banco Popular, previa consultazione del CRU, conformemente all’articolo 18, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 806/2014.

54

In tale valutazione, la BCE ha indicato che, nei mesi precedenti, il Banco Popular aveva subito un grave deterioramento della sua posizione di liquidità, dovuto principalmente a un significativo impoverimento della sua base di depositi. Il Banco Popular ha dovuto far fronte a deflussi sostanziali di liquidità in tutti i segmenti di clientela. La BCE ha elencato gli eventi che avevano portato ai problemi di liquidità cui doveva far fronte il Banco Popular.

55

A tale riguardo, essa ha rilevato che, nel febbraio 2017, al momento della presentazione dei suoi conti annuali, il Banco Popular aveva reso nota la necessità di accantonamenti straordinari per un importo di 5,7 miliardi di EUR, con perdite di 3,485 miliardi di EUR nel 2016, nonché la sostituzione del suo presidente di lunga data, il quale aveva intrapreso una revisione della strategia della banca. L’annuncio di accantonamenti aggiuntivi e di perdite di fine esercizio aveva comportato un declassamento del rating del Banco Popular da parte della DBRS, il 10 febbraio 2017, e aveva suscitato vive preoccupazioni da parte della clientela del Banco Popular, che si erano tradotte in prelievi importanti e inattesi di depositi e in una frequenza elevata di visite di clienti presso le succursali della banca.

56

La BCE ha altresì indicato che la pubblicazione da parte del Banco Popular, il 3 aprile 2017, di una dichiarazione pubblica ad hoc che informava del risultato di varie revisioni interne che potevano avere un’incidenza significativa sui bilanci dell’ente nonché la conferma che l’amministratore delegato dell’ente sarebbe stato sostituito meno di un anno dopo l’assunzione dell’incarico avevano provocato un’altra ondata di ritiri di depositi. La BCE ha rilevato che tale ondata di ritiri di depositi era stata alimentata anche da:

un declassamento del rating del Banco Popular da parte di Standard & Poor’s il 7 aprile 2017;

l’annuncio da parte del Banco Popular, il 10 aprile 2017, che non avrebbe versato dividendi e che un aumento di capitale o un’operazione imprenditoriale avrebbero potuto rendersi necessari a causa della posizione patrimoniale difficile e del necessario allineamento ai suoi omologhi riguardo alla copertura delle attività in sofferenza;

un declassamento del rating del Banco Popular da parte di Moody’s il 21 aprile 2017;

la divulgazione dei risultati del primo trimestre del 2017 che erano peggiori del previsto;

la copertura mediatica negativa e continua, tra cui gli articoli dell’11 e del 15 maggio 2017 menzionati ai precedenti punti 40 e 41, stando ai quali il presidente del Banco Popular avrebbe ordinato una vendita urgente della banca a causa di un rischio imminente di fallimento o di carenza di liquidità e la banca avrebbe dovuto procedere a un aumento significativo degli accantonamenti all’esito di un’ispezione in loco da parte del supervisore.

57

La BCE ha parimenti sottolineato che i depositi persi dopo il 31 maggio 2017 erano particolarmente significativi, dopo la divulgazione nei media del fatto che la banca avrebbe potuto essere messa in liquidazione se la procedura di vendita in corso non fosse stata fruttuosa entro brevissimo termine.

58

Inoltre, la BCE ha rilevato che, sebbene il Banco Popular avesse elaborato varie misure per generare liquidità supplementari nelle settimane precedenti ed avesse iniziato ad attuarle, l’entità degli afflussi realizzati e ancora attesi era insufficiente a porre rimedio al deterioramento della posizione di liquidità del Banco Popular alla data della valutazione. Essa ha altresì indicato che, anche con il ricorso all’assistenza di liquidità di emergenza su cui il consiglio direttivo della BCE non aveva sollevato obiezioni il 5 giugno 2017, la liquidità a tale data non era sufficiente a garantire la capacità del Banco Popular di pagare le proprie passività al più tardi entro il 7 giugno 2017.

59

La BCE ha ritenuto che le misure già adottate dal Banco Popular non fossero state sufficientemente efficaci per contrastare il deterioramento della sua posizione di liquidità. Essa ha rilevato che, come misura alternativa per garantire la sua capacità di pagare le proprie passività in scadenza, il Banco Popular tentava di attuare un’operazione imprenditoriale, vale a dire la sua vendita a un concorrente più forte. Tuttavia, la BCE ha considerato che, tenuto conto del deterioramento della posizione di liquidità del Banco Popular, dell’assenza di prove della capacità di quest’ultimo di risanare la situazione della propria liquidità in un prossimo futuro e del fatto che le trattative fino ad allora non avevano condotto a un risultato positivo, la conferma di una siffatta operazione privata non era prevedibile in un lasso di tempo che consentisse al Banco Popular di poter pagare i propri debiti o altre passività in scadenza.

60

La BCE ha constatato che, allo stesso tempo, non esistevano misure di vigilanza o di intervento precoce disponibili che consentissero di ripristinare la liquidità del Banco Popular in modo immediato e che gli garantissero un tempo sufficiente per attuare un’operazione imprenditoriale o un’altra soluzione. Le misure a disposizione della BCE in qualità di autorità competente, in forza della trasposizione nazionale dell’articolo 104 della direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE (GU 2013, L 176, pag. 338), e degli articoli da 27 a 29 della direttiva 2014/59 o dell’articolo 16 del regolamento n. 1024/2013, non potevano garantire che il Banco Popular sarebbe stato in grado di pagare i propri debiti o altre passività in scadenza, tenuto conto dell’entità e della rapidità del deterioramento osservato.

61

In conclusione, la BCE, prendendo in considerazione, in particolare, i deflussi eccessivi di liquidità, la rapidità con la quale la liquidità era stata perduta dalla banca e l’incapacità di quest’ultima di generare altre liquidità, ha ritenuto che esistessero elementi oggettivi indicativi del fatto che il Banco Popular non sarebbe stato probabilmente in grado, in un prossimo futuro, di pagare i propri debiti o altre passività in scadenza. La BCE ha concluso che il dissesto del Banco Popular era considerato accertato o, in ogni caso, che ve ne sussisteva il rischio in un prossimo futuro, conformemente all’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), e paragrafo 4, lettera c), del regolamento n. 806/2014.

62

Il 6 giugno 2017, il consiglio di amministrazione del Banco Popular ha informato la BCE di essere giunto alla conclusione che la banca era a rischio di dissesto.

63

Lo stesso giorno, il FROB ha adottato una lettera contenente le informazioni sulla procedura di vendita (in prosieguo: la «lettera di procedura») e che stabiliva il termine per la presentazione delle offerte al 6 giugno 2017 a mezzanotte.

64

Sempre lo stesso giorno, la BBVA, uno dei due potenziali acquirenti del Banco Popular, ha informato il FROB che essa non avrebbe presentato offerte.

65

Alla medesima data del 6 giugno 2017, la Deloitte ha consegnato al CRU una seconda valutazione (in prosieguo: la «valutazione 2»), redatta ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014. La valutazione 2 aveva lo scopo di determinare il valore delle attività e delle passività del Banco Popular, di fornire una stima sul trattamento che gli azionisti e i creditori avrebbero ricevuto se il Banco Popular fosse stato sottoposto a procedura ordinaria di insolvenza, nonché di orientare la decisione sulle azioni e i titoli di proprietà da cedere e l’accertamento, da parte del CRU, delle condizioni commerciali ai fini dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa. Tale valutazione ha segnatamente stimato il valore economico del Banco Popular in 1,3 miliardi di EUR nello scenario migliore, a meno 8,2 miliardi di EUR nello scenario più sfavorevole e a meno 2 miliardi di EUR per la migliore stima.

66

Il 7 giugno 2017, il Banco Santander ha presentato un’offerta vincolante.

67

Con lettera del 7 giugno 2017, il FROB ha informato il CRU che il Banco Santander aveva presentato un’offerta il 7 giugno alle ore 3:12 e che il prezzo offerto dal Banco Santander per la vendita delle azioni del Banco Popular era di EUR 1. Il FROB ha dichiarato che il suo comitato direttivo aveva considerato il Banco Santander aggiudicatario nella procedura di vendita concorrenziale del Banco Popular e aveva deciso di proporre al CRU di designare il Banco Santander come acquirente nella decisione del CRU relativa all’adozione di un programma di risoluzione per il Banco Popular.

C. Sul programma di risoluzione del Banco Popular del 7 giugno 2017

68

Il 7 giugno 2017, la sessione esecutiva del CRU ha adottato la decisione SRB/EES/2017/08 concernente un programma di risoluzione per il Banco Popular (in prosieguo: il «programma di risoluzione»), sulla base del regolamento n. 806/2014.

69

Ai sensi dell’articolo 1 del programma di risoluzione, il CRU, ritenendo soddisfatte le condizioni previste dall’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, ha deciso di sottoporre il Banco Popular a una procedura di risoluzione a decorrere dalla data della risoluzione.

70

Pertanto, il CRU ha ritenuto, in primo luogo, che il Banco Popular fosse in dissesto o a rischio di dissesto, in secondo luogo, che non esistessero altre misure che avrebbero potuto evitare il dissesto del Banco Popular in tempi ragionevoli e, in terzo luogo, che un’azione di risoluzione sotto forma di strumento per la vendita dell’attività d’impresa del Banco Popular fosse necessaria nell’interesse pubblico. A tale riguardo, il CRU ha indicato che la risoluzione era necessaria e proporzionata alla realizzazione di due obiettivi di cui all’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento n. 806/2014, ossia garantire la continuità delle funzioni essenziali della banca ed evitare effetti negativi significativi sulla stabilità finanziaria.

71

All’articolo 5.1 del programma di risoluzione, il CRU ha così deciso:

«Lo strumento di risoluzione applicato al Banco Popular consisterà in una vendita dell’attività d’impresa in forza dell’articolo 24 del regolamento n. 806/2014 mediante la cessione delle azioni a un acquirente. La svalutazione e la conversione degli strumenti di capitale saranno effettuate immediatamente prima dell’applicazione dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa».

72

L’articolo 6 del programma di risoluzione riguarda la svalutazione degli strumenti di capitale e lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa. All’articolo 6.1, il CRU ha indicato le misure che aveva adottato in applicazione del suo potere di svalutazione previsto all’articolo 21 del regolamento n. 806/2014.

73

Così, all’articolo 6.1 del programma di risoluzione, il CRU ha deciso:

anzitutto, di svalutare il valore nominale del capitale sociale del Banco Popular di un importo pari a EUR 2098429046, portando così all’annullamento del 100% delle azioni del Banco Popular;

successivamente, di convertire l’intero valore nominale degli strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1 emessi dal Banco Popular e in circolazione alla data della decisione di risoluzione in nuove azioni emesse dal Banco Popular, le «nuove azioni I»;

poi, di azzerare il valore nominale delle «nuove azioni I», portando così all’annullamento del 100% di tali «nuove azioni I»;

infine, di convertire l’intero valore nominale degli strumenti di capitale di classe 2 emessi dal Banco Popular e in circolazione alla data della decisione di risoluzione in nuove azioni emesse dal Banco Popular, le «nuove azioni II».

74

L’articolo 6.3 del programma di risoluzione indica che tali misure di svalutazione e di conversione sono basate sulla valutazione 2, corroborata dai risultati di una procedura di vendita trasparente ed aperta realizzata dall’autorità di risoluzione spagnola, il FROB.

75

All’articolo 6.5 del programma di risoluzione, il CRU ha precisato che agiva nell’esercizio dei poteri conferitigli dall’articolo 24, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 806/2014, relativo allo strumento per la vendita dell’attività d’impresa e che ordinava che le «nuove azioni II» fossero cedute al Banco Santander, libere ed esenti da qualsiasi diritto o privilegio di terzi, contro pagamento di un prezzo di acquisto di EUR 1. Veniva precisato che l’acquirente aveva già acconsentito alla cessione.

76

Il CRU ha altresì indicato che la cessione delle «nuove azioni II» avrebbe dovuto essere effettuata sulla base dell’offerta vincolante dell’acquirente del 7 giugno 2017 e avrebbe dovuto essere attuata dal FROB in applicazione della Ley 11/2015 de recuperación y resolución de entidades de crédito y empresas de servicios de inversión (legge 11/2015, sul salvataggio e sulla risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di servizi di investimento), del 18 giugno 2015 (BOE n. 146, del 19 giugno 2015, pag. 50797; in prosieguo: la «legge 11/2015»).

77

Il programma di risoluzione è stato presentato alla Commissione per approvazione il 7 giugno 2017 alle ore 5:13.

78

Il 7 giugno 2017, alle ore 6:30, la Commissione ha adottato la decisione (UE) 2017/1246, che approva il programma di risoluzione per il Banco Popular (GU 2017, L 178, pag. 15), e l’ha notificata al CRU. Di conseguenza, il programma di risoluzione è entrato in vigore lo stesso giorno.

79

Dal considerando 4 della decisione 2017/1246 risulta quanto segue:

«La Commissione è d’accordo con il programma di risoluzione. In particolare, concorda con [il CRU] sulle ragioni per le quali la risoluzione è necessaria nell’interesse pubblico a norma dell’articolo 5 del regolamento (UE) n. 806/2014».

80

Lo stesso giorno, il FROB ha adottato le azioni necessarie per attuare la decisione di risoluzione, conformemente all’articolo 29 del regolamento n. 806/2014. In tale contesto, il FROB ha acconsentito alla cessione delle nuove azioni del Banco Popular derivanti dalla conversione degli strumenti di capitale di classe 2 (le «nuove azioni II») al Banco Santander.

D. Sui fatti successivi all’adozione della decisione di risoluzione

81

Il 14 giugno 2018, la Deloitte ha trasmesso al CRU la valutazione della differenza di trattamento, prevista all’articolo 20, paragrafi da 16 a 18, del regolamento n. 806/2014, realizzata al fine di valutare se gli azionisti e i creditori avrebbero ricevuto un trattamento migliore se il Banco Popular fosse stato sottoposto a procedura ordinaria di insolvenza (in prosieguo: la «valutazione 3»). Il 31 luglio 2018, la Deloitte ha inviato al CRU un addendum a tale valutazione, correggendo alcuni errori formali.

82

Il 28 settembre 2018, a seguito di una fusione per incorporazione, il Banco Santander è succeduto a titolo universale al Banco Popular.

83

Il 17 marzo 2020, il CRU ha adottato la decisione SRB/EES/2020/52 volta a stabilire se agli azionisti e ai creditori interessati dovesse essere concesso un indennizzo ai sensi delle misure di risoluzione adottate nei confronti del Banco Popular. Un comunicato relativo a tale decisione è stato pubblicato il 20 marzo 2020 nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (GU 2020, C 91, pag. 2). In tale decisione, il CRU ha ritenuto che gli azionisti e i creditori che erano stati interessati dalla risoluzione del Banco Popular non avessero diritto a un indennizzo da parte del FRU ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 1, lettera e), del regolamento n. 806/2014.

III. Procedimento e conclusioni delle parti

84

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 18 settembre 2017, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

85

Con atto depositato presso la cancelleria il 15 novembre 2017, il CRU ha chiesto al Tribunale, ai sensi dell’articolo 92, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, di disporre mezzi istruttori riguardanti la produzione di taluni documenti menzionati in allegato. Con decisione del 30 novembre 2017, il Tribunale ha deciso di non accogliere detta domanda di mezzi istruttori in tale fase del procedimento.

86

Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale, rispettivamente, il 6 e il 30 novembre 2017 e il 5 e il 13 dicembre 2017, il Banco Santander, il Consiglio, il Regno di Spagna e il Parlamento europeo hanno chiesto di intervenire nel presente procedimento a sostegno delle conclusioni del CRU e della Commissione. Con decisioni del 6 agosto 2018, il presidente dell’Ottava Sezione del Tribunale ha autorizzato gli interventi del Regno di Spagna, del Parlamento e del Consiglio, e, con ordinanza del 12 aprile 2019, ha autorizzato l’intervento del Banco Santander. Il Regno di Spagna, il Parlamento, il Consiglio e il Banco Santander hanno depositato le loro memorie e la ricorrente e il CRU hanno depositato le loro osservazioni in merito ad esse nei termini impartiti.

87

Il 16 febbraio 2018, il Tribunale, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 89 del regolamento di procedura, ha invitato il CRU a depositare l’ultima versione non riservata del programma di risoluzione nonché una versione non riservata della valutazione 2, pubblicate sul suo sito Internet. Il CRU ha depositato i documenti nel termine impartito.

88

Il 6 luglio 2018, il Tribunale, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 89 del regolamento di procedura, ha posto alcuni quesiti scritti alle parti principali. Le parti principali hanno ottemperato a detta richiesta nel termine impartito.

89

Poiché è stata modificata la composizione delle sezioni del Tribunale, ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 5, del regolamento di procedura, il giudice relatore è stato assegnato alla Terza Sezione, alla quale, di conseguenza, è stata attribuita la presente causa.

90

Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 21 gennaio 2020, la ricorrente ha presentato un motivo nuovo ai sensi dell’articolo 84 del regolamento di procedura. La Commissione, il CRU, il Regno di Spagna, il Parlamento, il Consiglio e il Banco Santander hanno depositato le loro osservazioni nei termini impartiti.

91

Su proposta della Terza Sezione, il Tribunale ha deciso, in forza dell’articolo 28 del regolamento di procedura, di rimettere la causa dinanzi a un collegio giudicante ampliato.

92

Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 2 ottobre 2020, la ricorrente ha presentato una nuova offerta di prova ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 3, del regolamento di procedura. La Commissione, il CRU, il Regno di Spagna, il Parlamento, il Consiglio e il Banco Santander hanno depositato osservazioni nel termine impartito.

93

Il 16 marzo 2021, il Tribunale, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 89 del regolamento di procedura, ha invitato il CRU a produrre diversi documenti. Con lettera del 30 marzo 2021, il CRU ha risposto che i documenti richiesti erano in parte riservati e che avrebbero potuto essere prodotti se il Tribunale avesse adottato un mezzo istruttorio.

94

Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 19 aprile 2021, la ricorrente ha presentato una nuova offerta di prova e una domanda di misure di organizzazione del procedimento. La Commissione, il CRU, il Parlamento, il Consiglio e il Banco Santander hanno depositato le loro osservazioni nel termine impartito.

95

Con ordinanza del 12 maggio 2021, il Tribunale ha ordinato al CRU, sulla base, da un lato, dell’articolo 24, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e, dall’altro, dell’articolo 91, lettera b), dell’articolo 92, paragrafo 3, nonché dell’articolo 103 del regolamento di procedura, di produrre le versioni integrali del programma di risoluzione, della valutazione 2, della valutazione della BCE del 6 giugno 2017 sul dissesto o sul rischio di dissesto del Banco Popular, della lettera del Banco Popular alla BCE del 6 giugno 2017, compreso il suo allegato, e della lettera della BCE al Banco Popular del 18 maggio 2017. Il Tribunale ha altresì ordinato al CRU di produrre le versioni non riservate della lettera del Banco Popular alla BCE del 6 giugno 2017, compreso il suo allegato, e della lettera della BCE al Banco Popular del 18 maggio 2017.

96

Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 17 maggio 2021, la ricorrente ha presentato una domanda di misure di organizzazione del procedimento. La Commissione, il CRU, il Regno di Spagna, il Parlamento, il Consiglio e il Banco Santander hanno depositato osservazioni nel termine impartito.

97

Con ordinanza del 9 giugno 2021, il Tribunale ha ritirato dal fascicolo le versioni riservate dei documenti prodotti dal CRU in esecuzione dell’ordinanza del 12 maggio 2021 e ha trasmesso alla ricorrente nonché al Regno di Spagna, al Parlamento, al Consiglio e al Banco Santander la lettera del 6 giugno 2017 del Banco Popular alla BCE senza il suo allegato.

98

A causa di un impedimento di due membri della Terza Sezione ampliata, il presidente del Tribunale ha designato altri due giudici al fine di integrare la Sezione.

99

Le parti hanno svolto le proprie difese ed hanno risposto ai quesiti orali posti dal Tribunale all’udienza del 17 giugno 2021.

100

Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 30 luglio 2021, la ricorrente ha presentato una domanda di riapertura della fase orale del procedimento ai sensi dell’articolo 113, paragrafo 2, lettera c), del regolamento di procedura del Tribunale. Con decisione del 27 agosto 2021, il presidente della Terza Sezione ampliata ha respinto detta domanda, osservando che, nella specie, nessuna delle condizioni previste all’articolo 113, paragrafo 2, del regolamento di procedura era soddisfatta poiché gli elementi alla base della domanda di riapertura della fase orale del procedimento presentata dalla ricorrente non erano tali da influire in modo decisivo sulla decisione del Tribunale.

101

La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare il programma di risoluzione e la decisione 2017/1246 (in prosieguo, congiuntamente: le «decisioni impugnate»);

condannare il CRU alle spese.

102

La Commissione e il CRU chiedono che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

condannare la ricorrente alle spese.

103

Il Regno di Spagna, il Consiglio e il Banco Santander chiedono che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

condannare la ricorrente alle spese.

104

Il Parlamento chiede che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso nella misura in cui si fonda sull’illegittimità del regolamento n. 806/2014;

condannare la ricorrente alle spese.

IV. In diritto

A. Sulla nuova offerta di prove del 19 aprile 2021

105

Con atto depositato presso il Tribunale il 19 aprile 2021, la ricorrente ha presentato una nuova offerta di prova ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 3, del regolamento di procedura. Detta prova riguarda una domanda di accesso ai documenti presentata dalla ricorrente al CRU il 4 maggio 2018 e volta a ottenere la valutazione definitiva ex post del Banco Popular, oltre alla risposta del CRU del 19 giugno 2018.

106

La Commissione, il CRU e il Banco Santander deducono che detti documenti non sono rilevanti ai fini della presente controversia.

107

Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 3, del regolamento di procedura, in via eccezionale, le parti principali possono ancora produrre prove od offerte di prova prima della chiusura della fase orale del procedimento, a condizione che il ritardo nella presentazione delle stesse sia giustificato.

108

Secondo costante giurisprudenza, la legittimità di un atto dell’Unione deve essere valutata in base alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento in cui l’atto è stato adottato (v. sentenza del 3 settembre 2015, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Commissione, C‑398/13 P, EU:C:2015:535, punto 22 e giurisprudenza ivi citata). Ne consegue che, nel valutare la legittimità di tale atto, è esclusa la considerazione di elementi posteriori alla data di adozione dell’atto dell’Unione (v. sentenza del 17 dicembre 2014, Si.mobil/Commissione, T‑201/11, EU:T:2014:1096, punto 64 e giurisprudenza ivi citata).

109

Basti osservare che la nuova offerta di prova presentata dalla ricorrente riguarda uno scambio di corrispondenza intercorso tra essa e il CRU in merito a una domanda di accesso a taluni documenti e risalente ai mesi di maggio e giugno 2018. Tali documenti non possono pertanto rimettere in discussione la legittimità delle decisioni impugnate essendo ampiamente successivi alla loro adozione.

110

Inoltre, la ricorrente non spiega quale informazione contenuta nel suddetto scambio di corrispondenza sarebbe rilevante ai fini della definizione della controversia e non individua quale tra gli argomenti sollevati nel ricorso o nella replica dovrebbe trovare ivi conferma.

111

Si deve quindi considerare che la nuova offerta di prova presentata dalla ricorrente il 19 aprile 2021 non è rilevante al fine di valutare la legittimità delle decisioni impugnate, senza che occorra esaminare se la ricorrente abbia giustificato la produzione tardiva di detti documenti che, tenuto conto della loro data, erano già a sua disposizione prima del deposito della replica.

B. Nel merito

112

A sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce, nell’atto introduttivo, dieci motivi. Il primo motivo di ricorso verte sulla violazione dell’obbligo di motivazione e dei diritti della difesa sanciti dagli articoli 15 e 296 TFUE e dagli articoli 42 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»). Il secondo motivo di ricorso verte sulla violazione del principio nemo auditur propriam turpitudinem allegans e dell’articolo 88 del regolamento n. 806/2014. Il terzo motivo di ricorso verte su un’eccezione di illegittimità in virtù del fatto che gli articoli 21 e 24 del regolamento n. 806/2014 violerebbero i principi relativi alla delega di poteri. Il quarto motivo di ricorso verte su un’eccezione di illegittimità fondata sul fatto che gli articoli 15 e 22 del regolamento n. 806/2014 violerebbero il diritto di proprietà, sancito dall’articolo 17 della Carta, e il principio di proporzionalità di cui all’articolo 5, paragrafo 4, TUE. Il quinto motivo di ricorso verte su un’eccezione di illegittimità secondo cui gli articoli 18 e 20 del regolamento n. 806/2014 violerebbero il diritto di essere ascoltato sancito dagli articoli 17 e 41 della Carta. Il sesto motivo di ricorso verte sulla violazione del diritto di proprietà, sancito dall’articolo 17 della Carta, e sulla violazione dell’articolo 5, paragrafo 4, TUE. Il settimo motivo di ricorso verte sulla violazione del diritto di essere ascoltato, sancito dagli articoli 17 e 41 della Carta. L’ottavo motivo di ricorso verte sulla violazione dell’articolo 18 del regolamento n. 806/2014, del dovere di diligenza e dell’articolo 296 TFUE. Il nono motivo di ricorso verte sulla violazione degli articoli 14 e 20 del regolamento n. 806/2014, del dovere di diligenza e dell’articolo 296 TFUE. Il decimo motivo di ricorso verte sulla violazione dell’articolo 14 del regolamento n. 806/2014, del dovere di diligenza e dell’articolo 296 TFUE.

113

In sede di replica, la ricorrente deduce due nuovi motivi di ricorso. L’undicesimo motivo di ricorso verte sulla violazione dell’articolo 20, paragrafo 14, del regolamento n. 806/2014, in combinato disposto con l’articolo 20, paragrafi 11 e 15, del medesimo regolamento e sulla violazione delle forme sostanziali. Il dodicesimo motivo di ricorso verte sulla violazione dell’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, in combinato disposto con l’articolo 20, paragrafi 3 e 5, del medesimo regolamento.

114

In via preliminare, va osservato che la giurisprudenza ha circoscritto la portata del controllo esercitato dal Tribunale tanto in situazioni in cui l’atto impugnato è fondato su una valutazione degli elementi di fatto di ordine scientifico e tecnico altamente complessi quanto nel caso di valutazioni economiche complesse.

115

Da un lato, per quanto riguarda situazioni nelle quali le autorità dell’Unione dispongono di un ampio potere discrezionale, segnatamente quanto alla valutazione degli elementi di fatto di ordine scientifico e tecnico altamente complessi per determinare la natura e l’ampiezza delle misure che esse adottano, il sindacato del giudice dell’Unione deve limitarsi ad esaminare se l’esercizio di un tale potere non sia viziato da un errore manifesto o da uno sviamento di potere o ancora se tali autorità non abbiano manifestamente oltrepassato i limiti del loro potere discrezionale. In tale contesto, il giudice dell’Unione non può, infatti, sostituire la sua valutazione degli elementi di fatto di ordine scientifico e tecnico a quella delle autorità dell’Unione cui il Trattato FUE ha assegnato in via esclusiva tale compito (sentenze del 21 luglio 2011, Etimine, C‑15/10, EU:C:2011:504, punto 60, e del 7 marzo 2013, Bilbaína de Alquitranes e a./ECHA, T‑93/10, EU:T:2013:106, punto 76; v., altresì, sentenza dell’11 maggio 2017, Deza/ECHA, T‑115/15, EU:T:2017:329, punto 163 e giurisprudenza ivi citata).

116

D’altro lato, per quanto riguarda il controllo che i giudici dell’Unione esercitano sulle valutazioni economiche complesse effettuate dalle autorità dell’Unione, si tratta di un controllo ristretto che si limita necessariamente alla verifica dell’osservanza delle regole procedurali e di motivazione, dell’esattezza materiale dei fatti nonché dell’assenza di errore manifesto di valutazione e di sviamento di potere. Nell’ambito di tale controllo, non spetta dunque al giudice dell’Unione sostituire la propria valutazione economica a quella dell’autorità dell’Unione competente (v., in tal senso, sentenze dell’11 luglio 1985, Remia e a./Commissione, 42/84, EU:C:1985:327, punto 34; del 10 dicembre 2020, Comune di Milano/Commissione, C‑160/19 P, EU:C:2020:1012, punto 100 e giurisprudenza ivi citata, e del 16 gennaio 2020, Iberpotash/Commissione, T‑257/18, EU:T:2020:1, punto 96 e giurisprudenza ivi citata).

117

Poiché le decisioni che il CRU deve adottare nell’ambito della procedura di risoluzione sono fondate su valutazioni economiche e tecniche altamente complesse, occorre considerare che i principi risultanti dalla giurisprudenza menzionata ai precedenti punti 115 e 116 si applicano al sindacato che il giudice è chiamato ad esercitare.

118

Tuttavia, sebbene sia riconosciuto al CRU un potere discrezionale in materia economica e tecnica, ciò non implica che il giudice dell’Unione debba astenersi dal controllare l’interpretazione, fornita dal CRU, dei dati di natura economica su cui si basa la sua decisione. Infatti, come la Corte ha statuito, anche nel caso delle valutazioni complesse, il giudice dell’Unione deve verificare non soltanto l’esattezza materiale degli elementi di prova invocati, la loro affidabilità e la loro coerenza, ma anche controllare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per la valutazione di una situazione complessa e se essi siano idonei a corroborare le conclusioni che ne sono tratte (v. sentenze del 22 novembre 2007, Spagna/Lenzing, C‑525/04 P, EU:C:2007:698, punto 57 e giurisprudenza ivi citata; del 26 marzo 2019, Commissione/Italia, C‑621/16 P, EU:C:2019:251, punto 104 e giurisprudenza ivi citata, e del 10 dicembre 2020, Comune di Milano/Commissione, C‑160/19 P, EU:C:2020:1012, punto 115 e giurisprudenza ivi citata).

119

A tale riguardo, per dimostrare che il CRU sia incorso in un errore manifesto di valutazione nell’esame dei fatti, tale da giustificare l’annullamento del programma di risoluzione, gli elementi di prova forniti dalla parte ricorrente devono essere sufficienti per privare di plausibilità le valutazioni dei fatti considerate in detto programma (v., per analogia, sentenze del 14 giugno 2018, Lubrizol France/Consiglio, C‑223/17 P, non pubblicata, EU:C:2018:442, punto 39; del 12 dicembre 1996, AIUFFASS e AKT/Commissione, T‑380/94, EU:T:1996:195, punto 59, e del 13 dicembre 2018, Comune di Milano/Commissione, T‑167/13, EU:T:2018:940, punto 108 e giurisprudenza ivi citata).

120

Il Tribunale ritiene opportuno esaminare anzitutto le eccezioni di illegittimità sollevate nel terzo, quarto e quinto motivo di ricorso, poi l’ottavo motivo di ricorso e, infine, i restanti motivi di ricorso.

1.   Sul terzo motivo di ricorso, vertente su un’eccezione di illegittimità in virtù del fatto che gli articoli 21 e 24 del regolamento n. 806/2014 violerebbero i principi relativi alla delega di poteri

121

La ricorrente sostiene che gli articoli 21 e 24 del regolamento n. 806/2014 violano i principi sanciti dalle sentenze del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità (9/56, EU:C:1958:7), e del 22 gennaio 2014, Regno Unito/Parlamento e Consiglio (C‑270/12, EU:C:2014:18), in materia di delega di poteri da parte delle istituzioni. La delega al CRU del potere di svalutare e convertire gli strumenti di capitale, previsto all’articolo 21 del regolamento n. 806/2014, e del potere di vendere l’attività di impresa, contemplato all’articolo 24 del medesimo regolamento, non rispetterebbe le tre condizioni previste in dette sentenze, vale a dire che gli obiettivi non sarebbero individuati con precisione, le circostanze e le modalità secondo le quali detti poteri potrebbero essere esercitati non sarebbero delimitate e il rispetto del principio di proporzionalità non sarebbe garantito.

122

La Commissione, il Parlamento e il Consiglio sostengono, in sostanza, che il legislatore dell’Unione non ha delegato alcun potere discrezionale al CRU, poiché il programma di risoluzione del CRU spiegherebbe effetti giuridici vincolanti soltanto se approvato dalla Commissione o dal Consiglio. I poteri previsti agli articoli 21 e 24 del regolamento n. 806/2014 necessiterebbero di un’approvazione da parte della Commissione conformemente alla sentenza del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità (9/56, EU:C:1958:7). Poiché il potere di decidere su questioni che implicano valutazioni discrezionali resta riservato alla Commissione o al Consiglio, queste ultime si assumerebbero pertanto la responsabilità giuridica e politica di determinare la politica di risoluzione dell’Unione.

123

Va osservato che i Trattati non contengono alcuna disposizione che preveda l’attribuzione di competenze a un organo o a un’agenzia dell’Unione. Così, le agenzie non vengono menzionate né nell’articolo 290 TFUE, che permette di delegare alla Commissione il potere decisionale con atto legislativo, né nell’articolo 291 TFUE, che conferisce poteri di attuazione agli Stati membri, alla Commissione ed in alcune circostanze limitate, al Consiglio (conclusioni dell’avvocato generale Jääskinen nella causa Regno Unito/Parlamento e Consiglio, C‑270/12, EU:C:2013:562, paragrafo 75).

124

È quindi la giurisprudenza, e segnatamente la sentenza del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità (9/56, EU:C:1958:7), a porre i principi in materia di delega di poteri. La sentenza del 22 gennaio 2014, Regno Unito/Parlamento e Consiglio (C‑270/12, EU:C:2014:18), ha poi applicato detti principi al caso in cui il legislatore dell’Unione ha conferito poteri autonomi a un’agenzia.

125

Al punto 41 della sentenza del 22 gennaio 2014, Regno Unito/Parlamento e Consiglio (C‑270/12, EU:C:2014:18), la Corte ha osservato che, nella sentenza del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità (9/56, EU:C:1958:7), essa aveva essenzialmente sottolineato che le conseguenze scaturenti da una delega di poteri erano molto diverse a seconda che essa avesse riguardato, da un lato, poteri di esecuzione nettamente circoscritti e il cui esercizio, per tale ragione, era soggetto a un controllo rigoroso in base a criteri oggettivi stabiliti dall’autorità delegante, oppure, dall’altro, un «potere discrezionale che comporti una ampia libertà di valutazione ed atto ad esprimere, con l’uso che ne [veniva] fatto, una politica economica vera e propria».

126

La Corte ha aggiunto di aver anche osservato, nella sentenza del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità (9/56, EU:C:1958:7), che una delega del primo tipo non poteva modificare in modo notevole le conseguenze derivanti dall’esercizio dei poteri che essa attribuiva, mentre una delega del secondo tipo, con il sostituire gli apprezzamenti dell’autorità delegata a quelli dell’autorità delegante, determinava un «vero e proprio spostamento di responsabilità» (sentenza del 22 gennaio 2014, Regno Unito/Parlamento e Consiglio, C‑270/12, EU:C:2014:18, punto 42).

127

In via preliminare, va osservato che la procedura di adozione delle azioni di risoluzione prevista dal legislatore nel regolamento n. 806/2014 faceva seguito alle osservazioni formulate dal servizio giuridico del Consiglio in un parere del 7 ottobre 2013, sulla proposta di regolamento della Commissione, volto a valutare la compatibilità della procedura prevista inizialmente nella proposta di regolamento con i principi in materia di delega di poteri, come interpretati nella sentenza del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità (9/56, EU:C:1958:7).

128

Inizialmente, nella proposta di regolamento esaminata nel suddetto parere, la ripartizione delle competenze tra la Commissione e il CRU era diversa da quella accolta, alla fine, nel regolamento n. 806/2014. La Commissione poteva, in particolare, sottoporre un’entità a risoluzione, stabilire un quadro di utilizzo degli strumenti di risoluzione e decidere se e come dovessero essere impiegati i poteri di svalutazione e di conversione del capitale, mentre il CRU, conformemente al quadro fissato dalla Commissione, era competente ad adottare le decisioni dirette alle autorità nazionali di risoluzione.

129

Nel suo parere, il servizio giuridico del Consiglio ha osservato che determinate misure che il CRU poteva prevedere in una decisione di risoluzione non erano definite in maniera sufficientemente precisa. Il servizio giuridico del Consiglio ha considerato che l’economia generale e la struttura della proposta di regolamento, nell’ambito delle quali la Commissione adotta la decisione di risoluzione di base e il CRU è tenuto ad agire nel quadro dei criteri da quest’ultima stabiliti, erano conformi al diritto dell’Unione come interpretato nella sentenza del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità (9/56, EU:C:1958:7). Tuttavia, esso ha ritenuto che i poteri accordati al CRU di attuare gli strumenti di risoluzione e le sue decisioni sembrassero, in una certa misura, avere carattere discrezionale e oltrepassare l’esercizio di poteri puramente tecnici. Esso ne ha quindi concluso che avrebbe potuto rendersi necessario o includere nel regolamento ulteriori disposizioni al fine di disciplinare correttamente l’applicazione da parte del CRU degli strumenti di risoluzione, o coinvolgere nell’esercizio di detti poteri un’istituzione dell’Unione investita di competenze esecutive.

130

Il legislatore dell’Unione, tenendo conto di detto parere del servizio giuridico del Consiglio, ha modificato il meccanismo di adozione delle azioni di risoluzione. Nella misura in cui l’adozione di un’azione di risoluzione implica una valutazione discrezionale, il legislatore ha riservato detta competenza a un’istituzione e non al CRU.

131

Ciò emerge, in particolare, dai considerando 24 e 26 del regolamento n. 806/2014, i quali prevedono quanto segue:

«(24)

Dato che solo le istituzioni dell’Unione possono stabilire la politica di risoluzione dell’Unione e che l’adozione di ogni specifico programma di risoluzione lascia un margine di discrezionalità, è necessario prevedere un’adeguata partecipazione del Consiglio e della Commissione in quanto istituzioni che possono esercitare competenze di esecuzione a norma dell’articolo 291 TFUE. La valutazione degli aspetti discrezionali delle decisioni di risoluzione assunte dal [CRU] dovrebbe essere operata dalla Commissione. Stante il notevole impatto delle decisioni di risoluzione sulla stabilità finanziaria degli Stati membri e sull’intera Unione nonché sulla sovranità di bilancio degli Stati membri, è importante che al Consiglio siano conferiti i poteri di esecuzione necessari all’adozione di determinate decisioni in materia di risoluzione. Dovrebbe pertanto essere il Consiglio, su proposta della Commissione, ad esercitare un controllo efficace sulla valutazione fatta dal [CRU] della sussistenza di un interesse pubblico e a valutare eventuali modifiche non irrilevanti dell’ammontare delle risorse del Fondo da utilizzare per un dato intervento di risoluzione. (…)

(26)

(…) Se ritiene che siano soddisfatti tutti i criteri per far scattare l’intervento di risoluzione, il [CRU] dovrebbe adottare il programma di risoluzione. L’iter di adozione del programma di risoluzione, che coinvolge la Commissione e il Consiglio, rafforza la necessaria autonomia operativa del [CRU], nel rispetto del principio della delega di poteri alle agenzie così come interpretato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (...). Pertanto il presente regolamento prevede che il programma di risoluzione adottato dal [CRU] entri in vigore solo se, nelle 24 ore successive alla sua adozione da parte del [CRU], non vi siano obiezioni da parte del Consiglio o della Commissione, o se il programma di risoluzione sia approvato dalla Commissione. I motivi per i quali al Consiglio è consentito di muovere obiezioni, su proposta della Commissione, al programma di risoluzione del [CRU] dovrebbero essere strettamente limitati alla sussistenza di un pubblico interesse e a modifiche non irrilevanti apportate dalla Commissione all’ammontare delle risorse del Fondo che il [CRU] propone di utilizzare. (…) In quanto osservatore alle riunioni del [CRU], la Commissione dovrebbe costantemente verificare che il programma di risoluzione adottato dal [CRU] rispetti pienamente il presente regolamento, assicuri un opportuno equilibrio delle varie finalità e interessi in gioco, rispetti il pubblico interesse e che l’integrità del mercato interno sia preservata. Considerando che l’azione di risoluzione richiede un processo decisionale estremamente rapido, il Consiglio e la Commissione dovrebbero instaurare una stretta cooperazione reciproca; il Consiglio dal canto suo non dovrebbe duplicare lavori preparatori già intrapresi dalla Commissione. (…)».

132

Così, per quanto attiene alla procedura di risoluzione, l’articolo 18, paragrafo 7, del regolamento n. 806/2014 prevede che la Commissione approva il programma di risoluzione o obietta ad esso per quanto riguarda i suoi aspetti discrezionali, e che un programma di risoluzione può entrare in vigore soltanto se il Consiglio o la Commissione non hanno espresso obiezioni entro un periodo di 24 ore dopo la trasmissione da parte del CRU.

133

Pertanto, in applicazione dell’articolo 18, paragrafo 7, del regolamento n. 806/2014, è necessario che un’istituzione dell’Unione, vale a dire la Commissione o il Consiglio, approvi il programma di risoluzione per quanto riguarda i suoi aspetti discrezionali affinché esso produca effetti giuridici. Il legislatore dell’Unione ha così affidato a un’istituzione la responsabilità giuridica e politica di determinare la politica dell’Unione in materia di risoluzione, evitando in tal modo un «vero spostamento di responsabilità» ai sensi della sentenza del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità (9/56, EU:C:1958:7).

134

Come sottolineato dalla Commissione, dal Parlamento e dal Consiglio, il legislatore europeo, prevedendo la procedura di adozione di un’azione di risoluzione di cui al regolamento n. 806/2014 e riservando espressamente la decisione sugli aspetti discrezionali di una siffatta misura alle istituzioni dell’Unione, non ha delegato al CRU alcun potere autonomo.

135

Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre esaminare le competenze conferite al CRU dall’articolo 21 del regolamento n. 806/2014 relativo al potere di svalutazione e conversione degli strumenti di capitale e dall’articolo 24 del medesimo regolamento relativo allo strumento per la vendita dell’attività d’impresa, considerati nell’eccezione di illegittimità sollevata dalla ricorrente.

136

Anzitutto, va osservato che la scelta dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa e l’esercizio del potere di svalutazione e conversione degli strumenti di capitale nell’ambito di un’azione di risoluzione presuppongono che siano soddisfatte le condizioni per l’adozione di un programma di risoluzione indicate all’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014. In particolare, essi implicano che l’azione di risoluzione sia necessaria nell’interesse pubblico, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 806/2014.

137

Orbene, in applicazione dell’articolo 18, paragrafo 7, terzo comma, lettera a), del regolamento n. 806/2014, la Commissione, dopo la trasmissione del programma di risoluzione da parte del CRU, può proporre al Consiglio di obiettare al programma di risoluzione a motivo del fatto che il programma di risoluzione adottato dal CRU non soddisfa il criterio dell’interesse pubblico di cui al paragrafo 1, lettera c), di detto articolo.

138

La decisione di sottoporre un ente a una procedura di risoluzione è subordinata al rispetto della condizione prevista dall’articolo 18, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 806/2014 e il controllo della necessità della misura alla luce dell’interesse pubblico comporta l’esercizio di un potere discrezionale implicante un ampio potere discrezionale. Per questo motivo, il legislatore dell’Unione ha espressamente affidato alla Commissione e, se del caso, al Consiglio, e non al CRU, il controllo del rispetto di detta condizione.

139

L’articolo 18, paragrafo 5, del regolamento n. 806/2014 prevede che, «[a]i fini del paragrafo 1, lettera c), del presente articolo, l’azione di risoluzione è considerata nell’interesse pubblico se è necessaria al conseguimento di uno o più obiettivi della risoluzione di cui all’articolo 14 ed è ad essi proporzionata e se la liquidazione dell’ente con procedura ordinaria di insolvenza non consentirebbe di realizzare tali obiettivi nella stessa misura».

140

L’articolo 14, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 prevede quanto segue:

«Quando agiscono nell’ambito della procedura di risoluzione di cui all’articolo 18, il [CRU], il Consiglio, la Commissione e, se del caso, le autorità nazionali di risoluzione, con riferimento alle rispettive responsabilità, tengono conto degli obiettivi della risoluzione e scelgono gli strumenti e i poteri di risoluzione che, a loro parere, sono più adatti a conseguire i pertinenti obiettivi della risoluzione nelle circostanze del caso».

141

Ne consegue che spetta alla Commissione, nell’ambito della sua valutazione del rispetto del criterio dell’interesse pubblico, stabilire se la scelta dello strumento di risoluzione e se l’esercizio del potere di svalutazione e di conversione di strumenti di capitale siano idonei e proporzionati agli obiettivi della risoluzione. Ne consegue altresì che la Commissione deve verificare se il programma di risoluzione considerato dal CRU sia adatto alle circostanze specifiche dell’entità interessata, tenuto conto segnatamente dei motivi per cui quest’ultima è considerata in dissesto o a rischio di dissesto.

142

Pertanto, da un lato, occorre considerare che la scelta dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa previsto all’articolo 24 del regolamento n. 806/2014 quale strumento di risoluzione contribuisce alla proporzionalità dell’azione in relazione al criterio dell’interesse pubblico e che il regolamento n. 806/2014 prevede espressamente che compete alla Commissione approvarlo o obiettarvi. Si deve quindi ritenere che l’articolo di cui trattasi non conferisca al CRU alcun potere discrezionale.

143

Dall’altro lato, per quanto attiene all’esercizio del potere di svalutazione e conversione degli strumenti di capitale previsto all’articolo 21 del regolamento n. 806/2014, va osservato che detto articolo opera numerosi rinvii alla procedura dell’articolo 18 del medesimo regolamento, in particolare all’articolo 21, paragrafo 9, a norma del quale «[s]e sono soddisfatte una o più delle condizioni di cui al paragrafo 1, e anche le condizioni di cui all’articolo 18, paragrafo 1, sono soddisfatte, si applica la procedura stabilita all’articolo 18, paragrafi 6, 7 e 8». La decisione di svalutare e di convertire gli strumenti di capitale dell’entità interessata è quindi soggetta alla procedura di adozione del programma di risoluzione di cui all’articolo 18 del regolamento n. 806/2014 e, segnatamente, all’approvazione della Commissione.

144

Inoltre, il potere di svalutazione e conversione degli strumenti di capitale rientra tra i poteri di risoluzione di cui all’articolo 14, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, il cui utilizzo deve essere proporzionato alla luce degli obiettivi della risoluzione e che ricadono nella valutazione della Commissione quanto al rispetto del criterio dell’interesse pubblico. Si deve quindi ritenere che l’articolo 21 del regolamento n. 806/2014 non conferisca al CRU alcun potere discrezionale.

145

Va peraltro ricordato che la scelta dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa e l’esercizio del potere di svalutazione e conversione degli strumenti di capitale, quali elementi essenziali del programma di risoluzione, producono effetti giuridici solo se approvati da un’istituzione dell’Unione, vale a dire dalla Commissione o dal Consiglio.

146

Occorre quindi considerare che gli articoli 21 e 24 del regolamento n. 806/2014 non contengono alcuna delega di poteri autonomi al CRU ai sensi della sentenza del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità (9/56, EU:C:1958:7).

147

Con gli argomenti dedotti, la ricorrente eccepisce, essenzialmente, che la delega di poteri conferiti al CRU dagli articoli 21 e 24 del regolamento n. 806/2014 non rispetta le condizioni poste dalla sentenza del 22 gennaio 2014, Regno Unito/Parlamento e Consiglio (C‑270/12, EU:C:2014:18), citate al precedente punto 121.

148

Orbene, essendo stato affermato che gli articoli 21 e 24 del regolamento n. 806/2014 non comportano una delega di poteri a favore del CRU, nel caso di specie non trovano applicazione le condizioni poste dalla Corte nella sentenza del 22 gennaio 2014, Regno Unito/Parlamento e Consiglio (C‑270/12, EU:C:2014:18), dirette a valutare se una delega di poteri autonomi conferiti a un’agenzia fosse conforme ai principi sanciti nella sentenza del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità (9/56, EU:C:1958:7). Gli argomenti della ricorrente, diretti a far dichiarare il mancato soddisfacimento delle condizioni poste da detta sentenza, non sono dunque pertinenti.

149

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, l’eccezione di illegittimità degli articoli 21 e 24 del regolamento n. 806/2014 deve essere respinta.

2.   Sul quarto motivo di ricorso, vertente su un’eccezione di illegittimità fondata sul fatto che gli articoli 15 e 22 del regolamento n. 806/2014 violerebbero il diritto di proprietà, sancito dall’articolo 17 della Carta, e il principio di proporzionalità di cui all’articolo 5, paragrafo 4, TUE

150

La ricorrente solleva, sulla base dell’articolo 277 TFUE, un’eccezione di illegittimità degli articoli 15 e 22 del regolamento n. 806/2014. Essa deduce, sostanzialmente, che dette disposizioni, obbligando gli azionisti a sostenere sempre per primi le perdite, ledono, da un lato, il diritto di proprietà garantito dall’articolo 17 della Carta, senza che tale restrizione possa essere considerata giustificata a norma dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, e, dall’altro, il principio di proporzionalità garantito dall’articolo 5, paragrafo 4, TUE.

151

A parere della ricorrente, gli articoli 15 e 22 del regolamento n. 806/2014 limitano il diritto di proprietà degli azionisti in quanto questi ultimi sono tenuti a sostenere le perdite derivanti dalla risoluzione. Gli articoli di cui trattasi impedirebbero di ricercare soluzioni meno restrittive e non soddisfarebbero pertanto le condizioni di cui all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta. A questo riguardo, essa sostiene che non è possibile prevedere una presunzione generale secondo cui esisterebbe un interesse pubblico a che le perdite siano sostenute in primo luogo dagli azionisti, senza che sia possibile esaminare misure alternative. La ricorrente ritiene che l’autorità pubblica dovrebbe poter valutare, in ciascun caso concreto, l’interesse pubblico a non utilizzare fondi pubblici o a non ricorrere al FRU in ragione dello stato delle finanze pubbliche, della situazione del mercato, del contesto economico e della solvibilità dell’ente.

152

La ricorrente sostiene altresì che gli articoli 15 e 22 del regolamento n. 806/2014 violano il principio di proporzionalità garantito dall’articolo 5, paragrafo 4, TUE, nella misura in cui il CRU dovrebbe poter verificare, caso per caso, se sussista un interesse pubblico a che le perdite siano sostenute dagli azionisti o se, in considerazione delle circostanze specifiche di ciascun caso, debba prevalere il diritto di proprietà. Detti articoli comporterebbero altresì una discriminazione tra le diverse categorie di creditori, segnatamente alla luce dell’articolo 27, paragrafo 3, del regolamento n. 806/2014.

153

In via preliminare, va ricordato che le disposizioni di cui la ricorrente contesta la legittimità contengono principi generali che disciplinano la risoluzione o gli strumenti di risoluzione.

154

L’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 prevede quanto segue:

«Quando agiscono nell’ambito della procedura di risoluzione di cui all’articolo 18, il [CRU], il Consiglio, la Commissione e, se del caso, le autorità nazionali di risoluzione prendono tutte le misure atte a garantire che l’azione di risoluzione sia avviata in conformità dei principi seguenti:

a)

gli azionisti dell’ente soggetto a risoluzione sostengono per primi le perdite;

(…)».

155

L’articolo 22, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 prevede quanto segue:

«Se il [CRU] decide di applicare uno strumento di risoluzione a un’entità o a un gruppo di cui all’articolo 7, paragrafo 2, o a un’entità o a un gruppo di cui all’articolo 7, paragrafo 4, lettera b), e paragrafo 5, ove siano soddisfatte le condizioni di applicazione di tali paragrafi, e ove tale azione di risoluzione comporti perdite a carico dei creditori o la conversione dei loro crediti, il [CRU] incarica le autorità nazionali di risoluzione di esercitare il potere di svalutare o convertire gli strumenti di capitale pertinenti conformemente all’articolo 21 immediatamente prima o al momento dell’applicazione dello strumento di risoluzione».

156

Va osservato che la svalutazione e la conversione degli strumenti di capitale previsti all’articolo 22 del regolamento n. 806/2014 rappresentano un’applicazione del principio secondo cui gli azionisti sostengono per primi le perdite, sancito all’articolo 15 del medesimo regolamento.

157

L’articolo 17, paragrafo 1, della Carta così dispone:

«Ogni persona ha il diritto di godere della proprietà dei beni che ha acquisito legalmente, di usarli, di disporne e di lasciarli in eredità. Nessuna persona può essere privata della proprietà se non per causa di pubblico interesse, nei casi e nei modi previsti dalla legge e contro il pagamento in tempo utile di una giusta indennità per la perdita della stessa. L’uso dei beni può essere regolato dalla legge nei limiti imposti dall’interesse generale».

158

L’articolo 52, paragrafo 1, della Carta prevede quanto segue:

«Eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui».

159

Va ricordato che, secondo una giurisprudenza costante, il diritto di proprietà garantito dall’articolo 17, paragrafo 1, della Carta non è una prerogativa assoluta e il suo esercizio può essere oggetto di restrizioni giustificate in nome di obiettivi di interesse generale perseguiti dall’Unione. Ne consegue, come risulta dall’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, che possono apportarsi restrizioni all’esercizio del diritto di proprietà, a condizione che tali restrizioni siano effettivamente consone a obiettivi di interesse generale perseguiti e non costituiscano, rispetto allo scopo prefissato, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa del diritto così garantito (v. sentenza del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE, da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701, punti 6970 e giurisprudenza ivi citata; sentenze del 16 luglio 2020, Adusbef e a., C‑686/18, EU:C:2020:567, punto 85, e del 23 maggio 2019, Steinhoff e a./BCE, T‑107/17, EU:T:2019:353, punto 100).

160

Di conseguenza, il diritto di proprietà non è un diritto assoluto ma può essere soggetto a limitazioni previste dalla legge, laddove siano necessarie a finalità di interesse generale e proporzionate a tale obiettivo.

161

In primo luogo, dalla giurisprudenza emerge che i servizi finanziari svolgono un ruolo centrale nell’economia dell’Unione. Le banche e gli enti creditizi sono una fonte essenziale di finanziamento per le imprese attive nei diversi mercati. Inoltre, le banche sono spesso interconnesse e molte di esse esercitano le proprie attività a livello internazionale. È per tale ragione che la grave difficoltà di una o più banche rischia di propagarsi rapidamente ad altre banche, vuoi nello Stato membro interessato, vuoi in altri Stati membri. Ciò rischia a sua volta di produrre ricadute negative in altri settori dell’economia (sentenze del 19 luglio 2016, Kotnik e a., C‑526/14, EU:C:2016:570, punto 50; del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE, da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701, punto 72, e del 25 marzo 2021, Balgarska Narodna Banka, C‑501/18, EU:C:2021:249, punto 108).

162

Secondo la Corte, l’obiettivo di garantire la stabilità del sistema finanziario, al contempo evitando una spesa pubblica eccessiva e minimizzando le distorsioni della concorrenza, costituisce un interesse pubblico superiore (sentenza del 19 luglio 2016, Kotnik e a., C‑526/14, EU:C:2016:570, punto 69).

163

La Corte ha già dichiarato che, considerato l’obiettivo di assicurare la stabilità del sistema bancario nella zona euro, e alla luce del rischio imminente di perdite finanziarie cui sarebbero stati esposti i depositanti presso le banche interessate in caso di fallimento di queste ultime, determinate restrizioni al diritto di proprietà potevano essere giustificate (v., in tal senso, sentenza del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE, da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701, punto 74).

164

La Corte ha altresì statuito che, sebbene vi sia un evidente interesse pubblico a garantire, in tutta l’Unione, una tutela forte e coerente degli investitori, tale interesse non può essere ritenuto prevalente, in ogni circostanza, rispetto all’interesse pubblico consistente nel garantire la stabilità del sistema finanziario (sentenze del 19 luglio 2016, Kotnik e a., C‑526/14, EU:C:2016:570, punto 91, e dell’8 novembre 2016, Dowling e a., C‑41/15, EU:C:2016:836, punto 54).

165

A questo riguardo, il considerando 61 del regolamento n. 806/2014 prevede che è opportuno che le limitazioni dei diritti di azionisti e creditori siano conformi ai principi sanciti dall’articolo 52 della Carta e che gli strumenti di risoluzione dovrebbero pertanto essere applicati esclusivamente alle entità in dissesto o a rischio di dissesto e solo quando ciò risulta necessario per perseguire l’obiettivo della stabilità finanziaria nell’interesse generale.

166

Va osservato che l’articolo 15, paragrafo 1, e l’articolo 22, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 prevedono espressamente che essi siano attuati nel quadro di un’azione di risoluzione, il che implica che essi rispondano agli obiettivi della risoluzione.

167

A tale riguardo, l’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento n. 806/2014, stabilisce che gli obiettivi della risoluzione sono i seguenti: garantire la continuità delle funzioni essenziali; evitare effetti negativi significativi sulla stabilità finanziaria, in particolare attraverso la prevenzione del contagio; salvaguardare i fondi pubblici riducendo al minimo il ricorso al sostegno finanziario pubblico straordinario; tutelare i depositanti, tutelare i fondi e le attività dei clienti.

168

Occorre pertanto considerare che l’obiettivo perseguito da un’azione di risoluzione diretta a garantire la stabilità del sistema finanziario rappresenta un obiettivo di interesse generale che, in applicazione della giurisprudenza citata ai precedenti punti da 162 a 164, può giustificare talune restrizioni al diritto di proprietà. Le limitazioni del diritto di proprietà degli azionisti che possono derivare dagli articoli 15 e 22 del regolamento n. 806/2014 rispondono a tale medesimo obiettivo di interesse generale riconosciuto dall’Unione e possono, pertanto, essere giustificate nel rispetto delle condizioni previste dall’articolo 52, paragrafo 1, della Carta.

169

In secondo luogo, occorre ricordare che l’applicazione degli articoli 15 e 22 del regolamento n. 806/2014 presuppone che siano soddisfatte le condizioni per l’adozione di un’azione di risoluzione.

170

Per quanto attiene alle condizioni di adozione di un’azione di risoluzione, l’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 richiede che l’entità oggetto dell’azione di risoluzione sia in dissesto o a rischio di dissesto, che non si possa altrimenti ragionevolmente prospettare che qualsiasi misura alternativa di intervento del settore privato o di vigilanza permetta di evitare il dissesto dell’entità in tempi ragionevoli e che l’azione sia necessaria nell’interesse pubblico.

171

Occorre altresì ricordare, come emerge segnatamente dall’articolo 18, paragrafo 8, del regolamento n. 806/2014, che un’azione di risoluzione rappresenta una soluzione alternativa a una procedura ordinaria di insolvenza.

172

Per quanto concerne gli azionisti delle banche, la Corte ha dichiarato che, secondo il regime generale applicabile allo status degli azionisti delle società per azioni, questi ultimi assumono in toto il rischio dei propri investimenti (sentenza del 19 luglio 2016, Kotnik e a., C‑526/14, EU:C:2016:570, punto 73).

173

Nel settore degli aiuti di Stato, la Corte ha affermato che, poiché gli azionisti sono responsabili per le passività della banca fino a concorrenza del capitale sociale della stessa, il fatto che i punti da 40 a 46 della comunicazione della Commissione relativa all’applicazione, dal 1o agosto 2013, delle norme in materia di aiuti di Stato alle misure di sostegno alle banche nel contesto della crisi finanziaria («La comunicazione sul settore bancario») (GU 2013, C 216, pag. 1) richiedano che, per rimediare alla sottocapitalizzazione di una banca, prima della concessione di un aiuto di Stato, detti azionisti contribuiscano a coprire le perdite subite dalla stessa nella medesima misura che si proporrebbe in assenza di un simile aiuto di Stato, non si può considerare come un elemento che incide sul loro diritto di proprietà (sentenza del 19 luglio 2016, Kotnik e a., C‑526/14, EU:C:2016:570, punto 74).

174

Va ricordato, per analogia, che, nel caso di un’entità oggetto di un’azione di risoluzione, l’applicazione del principio secondo cui gli azionisti sostengono per primi le perdite, previsto dall’articolo 15 del regolamento n. 806/2014, e l’esercizio del potere di svalutazione e conversione degli strumenti di capitale, previsto dall’articolo 22 del medesimo regolamento, derivano dal fatto che gli azionisti di un’entità devono sopportare i rischi connessi ai loro investimenti e dal fatto che, essendo tale entità oggetto di un’azione di risoluzione a causa del suo dissesto, essi devono sopportarne le conseguenze economiche.

175

La ricorrente adduce vari argomenti volti a sostenere che gli articoli 15 e 22 del regolamento n. 806/2014 ledono il principio di proporzionalità in quanto non consentono un’analisi caso per caso o l’esame di altre soluzioni.

176

Secondo costante giurisprudenza, il principio di proporzionalità, il quale fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione, esige che gli atti delle istituzioni dell’Unione non eccedano i limiti di quanto è appropriato e necessario alla realizzazione degli obiettivi legittimi perseguiti dalla normativa di cui trattasi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta fra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto alle finalità ricercate [v. sentenze del 30 aprile 2019, Italia/Consiglio (Contingente di pesca del pesce spada del Mediterraneo), C‑611/17, EU:C:2019:332, punto 55 e giurisprudenza ivi citata, e del 6 maggio 2021, Bayer CropScience e Bayer/Commissione, C‑499/18 P, EU:C:2021:367, punto 166 e giurisprudenza ivi citata]. Tale principio è richiamato all’articolo 5, paragrafo 4, TUE e all’articolo 1 del protocollo sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità, allegato al Trattato UE e al Trattato FUE.

177

In primo luogo, la ricorrente sostiene che gli articoli 15 e 22 del regolamento n. 806/2014 sono sempre applicabili, senza che si tenga conto delle circostanze di ciascun caso di specie.

178

L’articolo 15 del regolamento n. 806/2014 contiene in effetti un principio che deve guidare tutte le azioni di risoluzione, posto che gli azionisti devono assumersi i rischi legati ai loro investimenti. A tale riguardo, va ricordato che, in applicazione della giurisprudenza citata al precedente punto 173, il contributo degli azionisti alle perdite della banca non può costituire una lesione del loro diritto di proprietà.

179

Tuttavia, diversamente da quanto sembra sostenere la ricorrente, l’applicazione di detto principio non sfocia automaticamente nell’esercizio del potere di svalutazione e conversione degli strumenti di capitale, previsto all’articolo 22 del regolamento n. 806/2014, in tutti i casi in cui un’entità è oggetto di un’azione di risoluzione.

180

Così, per quanto attiene alla partecipazione degli azionisti e dei creditori, l’articolo 21 del regolamento n. 806/2014 indica le condizioni in cui il potere di svalutazione e di conversione degli strumenti di capitale è esercitato.

181

Inoltre, occorre rilevare che l’articolo 22 del regolamento n. 806/2014 non impone l’applicazione di uno strumento di risoluzione specifico. Compete al CRU e alla Commissione individuare, in ragione delle circostanze del caso di specie, lo strumento di risoluzione più appropriato.

182

In secondo luogo, la ricorrente sostiene che gli articoli 15 e 22 del regolamento n. 806/2014 impedirebbero di ricercare soluzioni meno restrittive, come il ricorso al FRU, a fondi pubblici o a prestiti, a seconda delle circostanze. Occorre osservare che questo argomento si fonda su un’errata comprensione del meccanismo di risoluzione.

183

Infatti, da un lato, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 806/2014, l’adozione di un’azione di risoluzione e, quindi, l’esercizio, in tale contesto, del potere di svalutazione e conversione degli strumenti di capitale presuppongono l’assenza di soluzioni alternative di natura privata o di vigilanza.

184

Le soluzioni meno restrittive rammentate dalla ricorrente non possono pertanto essere considerate come azioni alternative alla partecipazione degli azionisti e dei creditori nell’ambito di un’azione di risoluzione.

185

Inoltre, la ricorrente sembra non tener conto del fatto che l’azione di risoluzione rappresenta un’alternativa a una situazione di liquidazione dell’entità con procedura ordinaria di insolvenza. Se le difficoltà affrontate da una banca potessero essere risolte mediante un prestito, pubblico o privato, una procedura di risoluzione non potrebbe essere avviata, posto che la condizione di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 806/2014 non sarebbe soddisfatta.

186

Dall’altro lato, va osservato che la concessione di un aiuto di Stato o di aiuti del FRU non è esclusa nell’ambito di un’azione di risoluzione in applicazione dell’articolo 19 del regolamento n. 806/2014. Così, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il CRU e la Commissione possono, in funzione delle circostanze del caso, decidere di ricorrere a fondi pubblici o al FRU.

187

In terzo luogo, la ricorrente aggiunge, in sede di replica, che gli articoli 15 e 22 del regolamento n. 806/2014 non consentirebbero il ricorso a soluzioni più flessibili – come prestiti erogati da un’autorità pubblica o un apporto di liquidità da parte della BCE – in particolare nel caso di una crisi di liquidità, che non rappresenta il problema più grave che una banca può trovarsi a dover affrontare.

188

Con tale argomento, la ricorrente sembra addebitare al legislatore di non aver considerato, nell’articolo 22 del regolamento n. 806/2014, soluzioni diverse da un’azione di risoluzione per rispondere alle difficoltà cui una banca potrebbe dover far fronte. È sufficiente osservare che si tratta di un argomento inconferente, poiché una banca che non versi in uno stato tale da soddisfare le condizioni necessarie per essere sottoposta a un’azione di risoluzione non rientra nell’ambito di applicazione del regolamento n. 806/2014.

189

In ogni caso, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, una crisi di liquidità può trascinare una banca in una situazione in cui essa non è, o vi sono elementi oggettivi a sostegno della convinzione che nel prossimo futuro non sarà, in grado di pagare i propri debiti o altre passività in scadenza, il che rappresenta uno dei casi previsti dall’articolo 18, paragrafo 4, lettera c), del regolamento n. 806/2014, in cui un’entità sarà considerata in dissesto o a rischio di dissesto.

190

In quarto luogo, la ricorrente sostiene che gli articoli 15 e 22 del regolamento n. 806/2014 violano anche il principio di proporzionalità in quanto comportano una discriminazione tra le diverse categorie di creditori e accordano un trattamento privilegiato ingiustificato ai titolari di depositi.

191

Va ricordato che il principio di parità di trattamento costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, ora sancito agli articoli 20 e 21 della Carta, che impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che un simile trattamento non sia obiettivamente giustificato (sentenze del 9 marzo 2017, Milkova, C‑406/15, EU:C:2017:198, punto 55; del 16 dicembre 2020, Consiglio e a./K. Chrysostomides & Co. e a., C‑597/18 P, C‑598/18 P, C‑603/18 P e C‑604/18 P, EU:C:2020:1028, punto 191, e del 3 giugno 2021, Ungheria/Parlamento, C‑650/18, EU:C:2021:426, punto 98).

192

A questo proposito, basti osservare, da un lato, che l’articolo 15, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 806/2014 prevede che «i creditori dell’ente soggetto a risoluzione sostengono le perdite dopo gli azionisti, secondo l’ordine di priorità dei loro crediti a norma dell’articolo 17, salvo espresse disposizioni contrarie del presente regolamento». L’articolo 15, paragrafo 1, lettera f), del regolamento n. 806/2014 stabilisce che i creditori di una stessa classe ricevono pari trattamento.

193

In aggiunta, l’articolo 21, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014 indica altresì che «[i]l [CRU] assicura che le autorità nazionali di risoluzione esercitino senza indugio i poteri di svalutazione o di conversione conformemente all’ordine di priorità dei crediti previsto dall’articolo 17». Questa disposizione prevede un ordine di priorità dei crediti e distingue, a tale riguardo, diverse categorie di creditori, i titolari di strumenti del capitale primario di classe 1, i titolari di strumenti aggiuntivi di classe 1 e i titolari di strumenti di classe 2.

194

Gli azionisti e i creditori titolari di strumenti subordinati, a seconda della loro appartenenza a una delle succitate categorie, non si trovano in situazioni comparabili e possono ricevere un trattamento differente a seconda dell’ordine di priorità dei loro crediti. Inoltre, il rispetto del principio di non discriminazione tra i creditori è garantito dall’articolo 15 paragrafo 1, lettera f), del regolamento n. 806/2014.

195

Dall’altro lato, gli azionisti di una banca non si trovano in una situazione comparabile con quella dei depositanti. Diversamente dagli azionisti, i depositanti non possono essere considerati come investitori che devono assumersi i rischi economici di un investimento nel capitale sociale della banca.

196

La tutela dei depositanti rientra poi tra gli obiettivi della risoluzione in forza dell’articolo 14, paragrafo 2, lettera d), del regolamento n. 806/2014 ed è ricordata all’articolo 15, paragrafo 1, lettera h), del medesimo regolamento. Il regolamento n. 806/2014 garantisce così la conformità di un’azione di risoluzione ai principi posti dalla direttiva 2014/49/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi (GU 2014, L 173, pag. 149).

197

Da quanto precede risulta che la ricorrente non ha dimostrato che gli articoli 15 e 22 del regolamento n. 806/2014 determinavano una limitazione sproporzionata del diritto di proprietà.

198

Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, occorre tenere conto del fatto che il regolamento n. 806/2014 ha previsto un meccanismo volto a garantire che l’interferenza nel diritto di proprietà degli azionisti, che potrebbe derivare dall’azione di risoluzione, non sia eccessiva.

199

A tal proposito, il considerando 62 del regolamento n. 806/2014 prevede che l’interferenza nei diritti di proprietà non dovrebbe essere eccessiva e che, di conseguenza, gli azionisti e creditori interessati non dovrebbero subire perdite superiori a quelle che avrebbero sostenuto se l’entità fosse stata liquidata nel momento in cui è stata decisa la risoluzione.

200

Tra i principi generali che disciplinano la risoluzione, l’articolo 15, paragrafo 1, lettera g), del regolamento n. 806/2014 sancisce il principio secondo cui nessun creditore può essere svantaggiato, vale a dire che:

«nessun creditore sostiene perdite più ingenti di quelle che avrebbe sostenuto se l’entità di cui all’articolo 2 fosse stata liquidata con procedura ordinaria di insolvenza conformemente alle salvaguardie previste dall’articolo 29».

201

Al fine di valutare se gli azionisti e i creditori avrebbero ricevuto un trattamento migliore se l’entità interessata fosse stata sottoposta a procedura ordinaria di insolvenza, l’articolo 20, paragrafo 16, del regolamento n. 806/2014, prevede che venga effettuata una valutazione successivamente alla risoluzione. A norma dell’articolo 20, paragrafo 17, del regolamento n. 806/2014, detta valutazione accerta le eventuali differenze fra il trattamento di cui gli azionisti e i creditori avrebbero beneficiato se l’ente fosse stato sottoposto a procedura ordinaria di insolvenza al momento in cui è stata presa la decisione sull’azione di risoluzione e il trattamento effettivo che hanno ricevuto nella risoluzione.

202

Se, a seguito di detta valutazione, viene accertato che gli azionisti o i creditori hanno sostenuto nell’ambito della risoluzione perdite più ingenti di quelle che avrebbe sostenuto in una liquidazione con procedura ordinaria di insolvenza, l’articolo 76, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 prevede che il CRU possa ricorrere al FRU per pagare loro un indennizzo.

203

Così, il regolamento n. 806/2014 garantisce che gli azionisti e i creditori non ricevano, a causa della risoluzione, un trattamento peggiore di quello che avrebbero ricevuto nell’ambito di una procedura ordinaria di insolvenza, prevedendo, se del caso, un meccanismo di indennizzo. In linea con il rispetto del diritto di proprietà, sancito dall’articolo 17, paragrafo 1, della Carta, qualora un programma di risoluzione leda il diritto di proprietà degli azionisti e dei creditori, il regolamento n. 806/2014 prevede un meccanismo che garantisce una giusta indennità per le loro perdite.

204

Diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, la procedura di insolvenza rappresenta l’unica alternativa alla risoluzione. Basti ricordare che, ai sensi dell’articolo 18 paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, il fatto che l’entità sia in dissesto o a rischio di dissesto e che non si possa ragionevolmente prospettare che qualsiasi misura alternativa sotto forma di intervento del settore privato o di vigilanza permetta di evitare tale dissesto costituiscono presupposti dell’adozione di un’azione di risoluzione.

205

A questo riguardo, va rilevato che, nel settore degli aiuti di Stato, la Corte ha dichiarato che le perdite degli azionisti delle banche in difficoltà avrebbero, in ogni caso, la stessa ampiezza, senza che rilevi se queste dipendono da una sentenza dichiarativa di fallimento per mancata concessione di un aiuto di Stato o da un procedimento di concessione di un simile aiuto sottoposta alla condizione previa della condivisione degli oneri (sentenza del 19 luglio 2016, Kotnik e a., C‑526/14, EU:C:2016:570, punto 75).

206

La Corte ha osservato che il punto 46 della comunicazione sul settore bancario prevede che «dovrebbe essere rispettato il principio secondo cui nessun creditore può essere svantaggiato» e che «[i] creditori subordinati non dovrebbero pertanto ricevere, in termini economici, meno di quanto sarebbe valso il loro strumento in caso di mancata concessione di aiuti di Stato» (sentenza del 19 luglio 2016, Kotnik e a., C‑526/14, EU:C:2016:570, punto 77).

207

Secondo la Corte, da tale punto si evince che le misure di condivisione degli oneri alle quali sarebbe subordinata la concessione di un aiuto di Stato in favore di una banca sottocapitalizzata non possono arrecare al diritto di proprietà dei creditori subordinati un pregiudizio che questi ultimi, in caso di procedura di fallimento conseguente alla mancata concessione di un simile aiuto, non avrebbero subito. Ciò posto, non si può validamente sostenere che le misure di condivisione degli oneri, quali quelle previste dalla comunicazione sul settore bancario, costituiscano un’ingerenza rispetto al diritto di proprietà degli azionisti e dei creditori subordinati (sentenza del 19 luglio 2016, Kotnik e a., C‑526/14, EU:C:2016:570, punti 7879).

208

Si deve quindi considerare, per analogia, che l’applicazione del principio secondo cui nessun creditore può essere più svantaggiato, previsto all’articolo 15 del regolamento n. 806/2014, garantisce agli azionisti di un’entità oggetto di un’azione di risoluzione una giusta indennità conforme ai requisiti di cui all’articolo 17 della Carta.

209

Inoltre, con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 21 gennaio 2020, la ricorrente ha dedotto un motivo nuovo sulla base dell’articolo 84, paragrafo 2, del regolamento di procedura. Essa sostiene che l’ordinanza del 10 ottobre 2019, Aeris Invest/CRU (T‑599/18, non pubblicata, oggetto di impugnazione, EU:T:2019:740), rileva direttamente ai fini dell’eccezione di illegittimità degli articoli 15 e 22 del regolamento n. 806/2014 e che le deduzioni svolte nell’ambito del quarto motivo di ricorso devono essere integrate tenendo conto di detta ordinanza.

210

La Commissione, il CRU, il Regno di Spagna, il Consiglio e il Banco Santander eccepiscono che gli argomenti dedotti dalla ricorrente il 21 gennaio 2020 costituiscono un motivo nuovo, che è irricevibile.

211

Posto che, in udienza, la ricorrente ha confermato che non si trattava di un motivo nuovo, bensì di un ampliamento del quarto motivo di ricorso, il Tribunale si limiterà ad esaminare i nuovi argomenti addotti il 21 gennaio 2020, nella misura in cui sono diretti a suffragare l’eccezione di illegittimità sollevata nell’ambito del quarto motivo di ricorso.

212

La ricorrente afferma che dai punti 48 e 49 dell’ordinanza del 10 ottobre 2019, Aeris Invest/CRU (T‑599/18, non pubblicata, con oggetto di impugnazione, EU:T:2019:740), contro cui essa ha proposto impugnazione, emerge che il regolamento n. 806/2014 non prevede alcuna compensazione per gli azionisti che sono stati privati del loro diritto di proprietà in casi come quello del Banco Popular. In base a detta ordinanza, gli azionisti del Banco Popular non avrebbero diritto a una compensazione, benché il valore reale di detta banca fosse superiore a quello attribuitovi nella valutazione 2. La ricorrente ne deduce che il regolamento n. 806/2014 non prevede un sistema di indennizzo adeguato per gli azionisti che siano stati privati del loro diritto di proprietà e che l’eccezione di illegittimità deve pertanto essere accolta. Essa aggiunge che l’indennizzo previsto all’articolo 20, paragrafo 16, del regolamento n. 806/2014 non sarebbe adeguato e sufficiente.

213

Va ricordato che, nella sua ordinanza del 10 ottobre 2019, Aeris Invest/CRU (T‑599/18, non pubblicata, oggetto di impugnazione, EU:T:2019:740), il Tribunale ha respinto il ricorso di annullamento presentato dalla ricorrente avverso la decisione del CRU di non effettuare una valutazione definitiva ex post del Banco Popular. Al punto 47 di detta ordinanza, il Tribunale ha riconosciuto che lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa applicato al Banco Popular non rientrava nei casi previsti dall’articolo 20, paragrafo 12, del regolamento n. 806/2014 in cui una compensazione poteva essere versata a seguito di una valutazione definitiva ex post. Pertanto, ai punti 48 e 49 della sua ordinanza, citati dalla ricorrente, il Tribunale ha considerato quanto segue:

«48

Occorre inoltre osservare che l’articolo 20, paragrafo 12, del regolamento n. 806/2014 non prevede l’indennizzo degli ex azionisti e creditori di un’entità i cui strumenti di capitale siano stati interamente convertiti, svalutati e ceduti a un terzo.

49

A tale riguardo, la ricorrente sostiene a torto che la valutazione ex post lede direttamente la situazione giuridica degli ex azionisti del Banco Popular e che, se la stima del valore di mercato del Banco Popular fosse superiore a quella risultante dalla valutazione 2, questi ultimi avrebbero diritto a una compensazione ai sensi dell’articolo 20 del regolamento n. 806/2014».

214

Basti osservare che, nell’ordinanza del 10 ottobre 2019, Aeris Invest/CRU (T‑599/18, non pubblicata, oggetto di impugnazione, EU:T:2019:740), il Tribunale si è pronunciato soltanto sulla situazione della ricorrente nell’ambito della risoluzione del Banco Popular e ha ritenuto che la compensazione prevista dall’articolo 20, paragrafo 12, del regolamento n. 806/2014 non fosse applicabile nel caso di specie.

215

Ne consegue che le considerazioni, circoscritte al caso di specie, formulate dal Tribunale nell’ordinanza del 10 ottobre 2019, Aeris Invest/CRU (T‑599/18, non pubblicata, oggetto di impugnazione, EU:T:2019:740), non sono pertinenti ai fini della valutazione della legittimità del regolamento n. 806/2014. Inoltre, nell’atto depositato il 21 gennaio 2020, la ricorrente non ha dimostrato alcun legame tra detta ordinanza e gli articoli 15 e 22 del regolamento n. 806/2014, la cui illegittimità è eccepita nel quarto motivo di ricorso.

216

Occorre peraltro osservare che, avendo la ricorrente impugnato l’ordinanza del 10 ottobre 2019, Aeris Invest/CRU (T‑599/18, non pubblicata, oggetto di impugnazione, EU:T:2019:740), quest’ultima non è definitiva.

217

Ne consegue che i nuovi argomenti dedotti dalla ricorrente il 21 gennaio 2020 non sono pertinenti ai fini della valutazione dell’eccezione di illegittimità sollevata nel quarto motivo di ricorso.

218

Da tutto quanto precede risulta che gli articoli 15 e 22 del regolamento n. 806/2014 non costituiscono un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa del diritto di proprietà degli azionisti dell’entità interessata da un’azione di risoluzione; si deve invece considerare che essi comportano una limitazione del diritto di proprietà giustificata e proporzionata, conformemente alle disposizioni di cui all’articolo 17, paragrafo 1, e all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta nonché a quelle dell’articolo 5, paragrafo 4, TUE.

219

L’eccezione di illegittimità sollevata nel quarto motivo di ricorso deve pertanto essere respinta.

3.   Sul quinto motivo di ricorso, vertente su un’eccezione di illegittimità secondo cui gli articoli 18 e 20 del regolamento n. 806/2014 violerebbero il diritto di essere ascoltato sancito dagli articoli 17 e 41 della Carta

220

La ricorrente solleva, sulla base dell’articolo 277 TFUE, un’eccezione di illegittimità degli articoli 18 e 20 del regolamento n. 806/2014, sostenendo che dette disposizioni violano il diritto di essere ascoltato sancito dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta, poiché non prevedono che gli azionisti dell’entità oggetto di un’azione di risoluzione siano ascoltati. Tale assenza di audizione sarebbe altresì incompatibile con le garanzie procedurali previste all’articolo 17 della Carta, in combinato disposto con l’articolo 1 del protocollo n. 1 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, secondo cui, in caso di ingerenza nel diritto di proprietà di una persona, occorre fornirle un’occasione adeguata di esporre le proprie ragioni alle autorità competenti.

221

La Commissione, il CRU e il Parlamento sostengono che, qualora gli azionisti di un ente soggetto a una procedura di risoluzione godano di un diritto di essere ascoltati sancito dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta, detto diritto sarebbe loro riconosciuto anche in assenza di una disposizione esplicita in tal senso nel regolamento n. 806/2014. L’assenza, all’articolo 18 del regolamento n. 806/2014, di una disposizione esplicita che preveda l’audizione degli azionisti non comporterebbe l’illegittimità di detto regolamento, posto che nessuna disposizione osterebbe a una siffatta audizione.

222

In via preliminare, va osservato che la ricorrente contesta la mancata audizione degli azionisti dell’entità soggetta a un’azione di risoluzione nell’ambito della procedura che ha condotto all’adozione di tale azione, ma non solleva alcun argomento in merito all’articolo 20 del regolamento n. 806/2014, relativo alla valutazione. Pertanto, si deve considerare che, con la sua eccezione di illegittimità sollevata nell’ambito del quinto motivo di ricorso, la ricorrente contesti la validità dell’articolo 18 del regolamento n. 806/2014, relativo alla procedura di risoluzione, nella misura in cui detta disposizione, non prevedendo che gli azionisti siano ascoltati dal CRU prima dell’adozione di un’azione di risoluzione, viola il loro diritto di essere ascoltati, garantito dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta.

223

Occorre ricordare che l’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta prevede che il diritto ad una buona amministrazione comprende il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che le rechi pregiudizio.

224

Il diritto di essere ascoltato garantisce a chiunque la possibilità di manifestare, utilmente ed effettivamente, il proprio punto di vista durante il procedimento amministrativo e prima dell’adozione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi. Occorre poi specificare che il diritto di essere ascoltato persegue un duplice obiettivo. Da un lato, esso serve all’istruzione del fascicolo e all’accertamento dei fatti nel modo più preciso e corretto possibile e, dall’altro lato, consente di assicurare una tutela effettiva dell’interessato. Il diritto di essere ascoltato mira in particolare a garantire che qualsiasi decisione lesiva sia adottata con piena cognizione di causa e ha in particolare l’obiettivo di consentire all’autorità competente di correggere un errore o all’interessato di far valere gli elementi relativi alla sua situazione personale tali da far sì che la decisione sia, o meno, adottata o abbia un contenuto piuttosto che un altro (v. sentenza del 4 giugno 2020, SEAE/De Loecker, C‑187/19 P, EU:C:2020:444, punti 6869 e giurisprudenza ivi citata).

225

Si deve rilevare che la Corte ha affermato l’importanza del diritto di essere ascoltato e la sua portata assai ampia nell’ordinamento giuridico dell’Unione, considerando che tale diritto si applica a qualsiasi procedimento che possa sfociare in un atto lesivo. Secondo la giurisprudenza della Corte, il diritto di essere ascoltato deve essere rispettato quand’anche la normativa applicabile non preveda espressamente una simile formalità (v. sentenze del 22 novembre 2012, M., C‑277/11, EU:C:2012:744, punti 8586 e giurisprudenza ivi citata; del 18 giugno 2020, Commissione/RQ, C‑831/18 P, EU:C:2020:481, punto 67 e giurisprudenza ivi citata, e del 7 novembre 2019, ADDE/Parlamento, T‑48/17, EU:T:2019:780, punto 89 e giurisprudenza ivi citata).

226

Perciò, tenuto conto della sua natura di principio fondamentale e generale di diritto dell’Unione, l’applicazione del principio dei diritti della difesa, che comprendono il diritto di essere ascoltato, non può essere né esclusa né limitata da una disposizione regolamentare e il suo rispetto deve pertanto essere garantito sia in caso di assenza totale di una disciplina specifica sia in presenza di una regolamentazione che non tenga di per sé conto del suddetto principio (v. sentenza del 18 giugno 2014, Spagna/Commissione, T‑260/11, EU:T:2014:555, punto 62 e giurisprudenza ivi citata).

227

Infatti, il diritto di essere ascoltato, in quanto principio e diritto fondamentale dell’ordinamento giuridico dell’Unione, è applicabile allorché l’amministrazione prevede di adottare un atto lesivo, vale a dire, un atto che potrebbe incidere negativamente sugli interessi del singolo o dello Stato membro interessato e la cui applicazione non dipenda dall’esistenza di una regola espressa in tal senso prevista dal diritto secondario (sentenza del 18 giugno 2014, Spagna/Commissione, T‑260/11, EU:T:2014:555, punto 64).

228

A questo proposito, da un lato, va rilevato che, a norma del suo considerando 121, il regolamento n. 806/2014 rispetta i diritti fondamentali e osserva i diritti, le libertà e i principi riconosciuti in particolare dalla Carta, tra cui il diritto alla difesa, e dovrebbe essere attuato conformemente a detti diritti e principi. Dall’altro lato, nessuna disposizione del regolamento n. 806/2014 esclude o limita esplicitamente il diritto di essere ascoltati degli azionisti e dei creditori dell’entità interessata nel corso della procedura di risoluzione.

229

Va inoltre osservato, al pari della Commissione e del Consiglio, che un’azione di risoluzione adottata dal CRU al termine della procedura di cui all’articolo 18 del regolamento n. 806/2014 ha ad oggetto la risoluzione di un’entità. L’entità oggetto della risoluzione deve essere considerata la persona nei cui confronti viene adottato un provvedimento individuale e alla quale il diritto di essere ascoltato è garantito dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta.

230

Occorre quindi tener conto del fatto che gli azionisti e i creditori di detta entità non sono destinatari di un’azione di risoluzione, la quale non costituisce una decisione individuale adottata nei loro confronti.

231

Va tuttavia osservato che, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, il CRU può esercitare il potere di svalutare e convertire gli strumenti di capitale dell’entità interessata da un’azione di risoluzione deliberando a norma della procedura stabilita all’articolo 18 di detto regolamento.

232

Pertanto, la procedura di cui all’articolo 18 del regolamento n. 806/2014, pur non rappresentando una procedura individuale avviata nei confronti degli azionisti e dei creditori dell’entità interessata, può portare all’adozione di un’azione di risoluzione che può incidere negativamente sui loro interessi.

233

Orbene, la giurisprudenza della Corte, citata al precedente punto 225, ha accolto un’interpretazione estensiva del diritto di essere ascoltato, secondo cui quest’ultimo è garantito a chiunque nel corso del procedimento che possa sfociare in un atto lesivo nei suoi confronti. Non si può quindi escludere che gli azionisti di un ente oggetto di un’azione di risoluzione possano avvalersi del diritto di essere ascoltati nel quadro della procedura di risoluzione.

234

Tuttavia, l’esercizio del diritto di essere ascoltato può essere soggetto a limitazioni conformemente all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, citato al punto precedente punto 158.

235

Occorre quindi verificare se l’assenza, nel regolamento n. 806/2014, di una norma che preveda espressamente un’audizione degli azionisti e dei creditori dell’entità interessata nel quadro della procedura prevista all’articolo 18 di detto regolamento costituisca una limitazione all’esercizio del diritto di essere ascoltato conforme all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta.

236

La Corte ha affermato che i diritti fondamentali, quale il rispetto dei diritti della difesa, non si configurano come prerogative assolute, ma possono soggiacere a restrizioni, a condizione che queste rispondano effettivamente agli obiettivi di interesse generale perseguiti dalla misura di cui trattasi e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato ed inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti così garantiti (v. sentenze del 10 settembre 2013, G. e R., C‑383/13 PPU, EU:C:2013:533, punto 33 e giurisprudenza ivi citata, e del 20 dicembre 2017, Prequ’Italia, C‑276/16, EU:C:2017:1010, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

237

A tal proposito, il CRU e anche il Regno di Spagna, il Parlamento e il Consiglio sostengono che la limitazione del diritto di essere ascoltati degli azionisti sarebbe giustificata, da un lato, dall’obiettivo diretto a garantire la stabilità dei mercati finanziari e, dall’altro lato, dalla necessità di assicurare l’efficacia delle decisioni di risoluzione di cui va garantita una celere adozione.

238

In primo luogo, si è rilevato che diversi considerando del regolamento n. 806/2014, in particolare i suoi considerando 12, 58 e 61, indicano che la stabilità dei mercati finanziari è uno degli obiettivi perseguiti dai meccanismi di risoluzione istituiti da tale regolamento.

239

In aggiunta, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 5, del regolamento n. 806/2014, l’azione di risoluzione è considerata nell’interesse pubblico se è necessaria al conseguimento di uno o più obiettivi della risoluzione di cui all’articolo 14 del medesimo regolamento ed è ad essi proporzionata e se la liquidazione dell’ente con procedura ordinaria di insolvenza non consentirebbe di realizzare tali obiettivi nella stessa misura. Tra gli obiettivi della risoluzione di cui all’articolo 14 del regolamento n. 806/2014 figurano, segnatamente, quello di «evitare effetti negativi significativi sulla stabilità finanziaria, in particolare attraverso la prevenzione del contagio, anche delle infrastrutture di mercato, e con il mantenimento della disciplina di mercato», nonché quello di «salvaguardare i fondi pubblici riducendo al minimo il ricorso al sostegno finanziario pubblico straordinario».

240

A questo proposito, va ricordato che dalla giurisprudenza citata al precedente punto 161 risulta che i servizi finanziari svolgono un ruolo centrale nell’economia dell’Unione e che la grave difficoltà di una o più banche rischia di propagarsi rapidamente ad altre banche, vuoi nello Stato membro interessato, vuoi in altri Stati membri. In aggiunta, secondo la giurisprudenza citata al precedente punto 162, l’obiettivo di garantire la stabilità del sistema finanziario, al contempo evitando una spesa pubblica eccessiva e minimizzando le distorsioni della concorrenza, costituisce un interesse pubblico superiore.

241

Inoltre, la Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU») ha considerato, nella sua decisione del 1o aprile 2004, Camberrow MM5 AD c. Bulgaria (CE:ECHR:2004:0401DEC005035799, § 6), che, nei settori economicamente sensibili quali la stabilità del sistema bancario, gli Stati disponevano di un ampio potere discrezionale e che, pertanto, l’impossibilità per un azionista di partecipare alla procedura che aveva condotto alla vendita della banca non era sproporzionata rispetto ai legittimi obiettivi di tutelare i creditori e di preservare la corretta amministrazione dell’insolvenza della banca.

242

Occorre altresì menzionare la sentenza dell’8 novembre 2016, Dowling e a. (C‑41/15, EU:C:2016:836), pronunciata in occasione di una domanda di pronuncia pregiudiziale vertente sull’interpretazione degli articoli 8, 25 e 29 della seconda direttiva 77/91/CEE del Consiglio, del 13 dicembre 1976, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all’articolo [54, secondo comma, TFUE], per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa (GU 1977, L 26, pag. 1). Tale causa riguardava una misura eccezionale delle autorità nazionali preordinata ad evitare, mediante un aumento di capitale, l’insolvenza di una società che, ad avviso del giudice del rinvio, avrebbe minacciato la stabilità finanziaria dell’Unione. La Corte ha ritenuto che la protezione che la seconda direttiva 77/91 accordava agli azionisti e ai creditori di una società per azioni, per quanto riguarda il capitale sociale di quest’ultima, non si estendesse fino a comprendere una siffatta misura nazionale adottata in una situazione di grave perturbamento dell’economia e del sistema finanziario di uno Stato membro, la quale mirava a rimediare ad una minaccia sistemica per la stabilità finanziaria dell’Unione, scaturente dall’insufficienza del capitale della società in questione (sentenza dell’8 novembre 2016, Dowling e a., C‑41/15, EU:C:2016:836, punto 50). La Corte ha aggiunto che le disposizioni della seconda direttiva 77/91 non ostavano dunque ad una misura a carattere eccezionale riguardante il capitale sociale di una società per azioni, che le autorità nazionali avessero adottato, in una situazione di grave perturbamento dell’economia e del sistema finanziario di uno Stato membro, senza l’approvazione dell’assemblea generale di tale società nonché allo scopo di evitare un rischio sistemico e di garantire la stabilità finanziaria dell’Unione (v. sentenza dell’8 novembre 2016, Dowling e a., C‑41/15, EU:C:2016:836, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).

243

Tali considerazioni si applicano, per analogia, alla situazione di ex azionisti di una banca che sia stata sottoposta a risoluzione ai sensi del regolamento n. 806/2014.

244

Va inoltre osservato che un altro obiettivo della risoluzione, previsto dall’articolo 14, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 806/2014, vale a dire quello di garantire la continuità delle funzioni essenziali dell’entità interessata da un’azione di risoluzione, rientra anch’esso nell’obiettivo di interesse generale di tutela della stabilità dei mercati finanziari.

245

Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, punto 35, della direttiva 2014/59, le funzioni essenziali di un ente sono definite come «attività, servizi o operazioni la cui interruzione porterebbe verosimilmente, in uno o più Stati membri, all’interruzione di servizi essenziali per l’economia reale o potrebbe compromettere la stabilità finanziaria a motivo della dimensione, della quota di mercato, delle interconnessioni esterne ed interne, della complessità o delle attività transfrontaliere di un ente o gruppo, con particolare riguardo alla sostituibilità di tali attività, servizi o operazioni».

246

A tale riguardo, l’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento delegato (UE) 2016/778 della Commissione, del 2 febbraio 2016, che integra la direttiva 2014/59 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le circostanze e le modalità secondo le quali il pagamento dei contributi straordinari ex post può essere parzialmente o integralmente rinviato, e i criteri per l’individuazione delle attività, dei servizi e delle operazioni per quanto concerne le funzioni essenziali e per l’individuazione delle linee di business e dei servizi connessi per quanto attiene alle linee di business principali (GU 2016, L 131, pag. 41), prevede i criteri per l’individuazione delle funzioni essenziali. Si tratta di una funzione assicurata da un ente a terzi non collegati all’ente o gruppo e la cui improvvisa interruzione probabilmente avrebbe un significativo impatto negativo sui terzi, provocherebbe un contagio o minerebbe la fiducia generale dei partecipanti al mercato in ragione della rilevanza sistemica di tale funzione per i terzi e della rilevanza sistemica dell’ente o del gruppo nello svolgimento di tale funzione.

247

L’obiettivo consistente nel garantire la continuità delle funzioni essenziali dell’entità interessata da un’azione di risoluzione, previsto all’articolo 14, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 806/2014, mira ad evitare un’interruzione di tali funzioni che potrebbe provocare perturbazioni, non soltanto sul mercato interessato, ma anche per la stabilità finanziaria globale dell’Unione.

248

Ne consegue che un’azione di risoluzione, poiché mira a salvaguardare o a ripristinare la situazione finanziaria di un ente creditizio, segnatamente in quanto rappresenta un’alternativa alla sua liquidazione, deve essere considerata effettivamente rispondente a un obiettivo di interesse generale riconosciuto dall’Unione (v., per analogia, sentenza del 25 marzo 2021, Balgarska Narodna Banka, C‑501/18, EU:C:2021:249, punto 108).

249

Da quanto precede risulta che la procedura di risoluzione, istituita dal regolamento n. 806/2014 e descritta all’articolo 18, risponde a una finalità di interesse generale ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, ossia quella di garantire la stabilità dei mercati finanziari, idonea a giustificare una limitazione del diritto di essere ascoltato.

250

In secondo luogo, diversi considerando del regolamento n. 806/2014 implicano che, quando un’azione di risoluzione diviene necessaria, essa dev’essere adottata rapidamente. Si tratta segnatamente dei considerando 26, 31, 53 e, in particolare, del considerando 56 di tale regolamento, il quale prevede che la procedura di risoluzione dovrebbe concludersi in tempi brevi per perturbare il meno possibile i mercati finanziari e l’economia.

251

A questo proposito, la Corte ha affermato che il regolamento n. 806/2014 ha l’obiettivo di istituire, conformemente al suo considerando 8, meccanismi di risoluzione più efficaci, i quali devono costituire uno strumento essenziale per evitare le conseguenze dannose delle carenze delle banche verificatesi in passato e che un simile obiettivo presuppone l’adozione di una decisione rapida, come illustrano i brevi termini previsti all’articolo 18 di detto regolamento, affinché la stabilità finanziaria non sia messa in pericolo (sentenza del 6 maggio 2021, ABLV Bank e a./BCE, C‑551/19 P e C‑552/19 P, EU:C:2021:369, punto 55).

252

Così, l’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 stabilisce, in particolare, che, quando la BCE ritiene che un’entità sia in dissesto o a rischio di dissesto, essa comunichi senza indugio la sua valutazione alla Commissione e al CRU. Ai sensi del paragrafo 2 del medesimo articolo, quando il CRU effettua esso stesso una valutazione, questa viene comunicata senza indugio alla BCE. Se le condizioni stabilite al paragrafo 1 sono soddisfatte, il CRU adotta un programma di risoluzione, il quale, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 7, del regolamento n. 806/2014, è trasmesso alla Commissione immediatamente dopo la sua adozione. La Commissione dispone quindi di un termine di 24 ore per approvare un programma di risoluzione o obiettare ad esso.

253

Ne consegue che, una volta che l’entità soddisfa le condizioni per l’adozione di un’azione di risoluzione, vale a dire, in primo luogo, che essa sia in dissesto o a rischio di dissesto, in secondo luogo, che non si possa altrimenti ragionevolmente prospettare che qualsiasi misura alternativa sotto forma di intervento del settore privato o di azione di vigilanza permetta di evitare il suo dissesto in tempi ragionevoli e in terzo luogo, che la sua risoluzione sia necessaria al conseguimento di uno o più obiettivi di cui all’articolo 14 del regolamento n. 806/2014, l’articolo 18 del medesimo regolamento prevede che una decisione sia adottata entro un termine molto breve.

254

Questa celerità nell’adozione della decisione mira, segnatamente, a garantire la continuità delle funzioni essenziali dell’entità interessata e ad evitare gli effetti negativi di un dissesto dell’entità sulla stabilità finanziaria. La rapidità nell’adozione di una decisione costituisce quindi una condizione della sua efficacia.

255

Così, la Corte ha già dichiarato che l’urgenza che richiedeva un’azione immediata da parte dell’autorità competente giustificava una limitazione del diritto di essere ascoltati delle persone colpite da misure adottate nell’ambito della responsabilità ambientale (v., in tal senso, sentenza del 9 marzo 2010, ERG e a., C‑379/08 e C‑380/08, EU:C:2010:127, punto 67) e nel settore dell’agricoltura (v., in tal senso, sentenza del 15 giugno 2006, Dokter e a., C‑28/05, EU:C:2006:408, punto 76).

256

Inoltre, nell’ambito delle misure di congelamento di capitali, la Corte ha affermato che la comunicazione dei motivi su cui si fonda l’inserimento iniziale del nominativo di una persona o di un’entità nell’elenco delle persone sottoposte a misure restrittive, prima di tale inclusione, sarebbe tale da compromettere l’efficacia delle misure di congelamento di capitali e di risorse economiche imposte dal diritto dell’Unione. Per raggiungere l’obiettivo perseguito dal regolamento applicabile, misure siffatte devono, per loro stessa natura, poter beneficiare di un effetto sorpresa e applicarsi con effetto immediato (v., in tal senso, sentenze del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punti da 338 a 340; del 21 dicembre 2011, Francia/People’s Mojahedin Organization of Iran, C‑27/09 P, EU:C:2011:853, punto 61, e del 12 febbraio 2020, Amisi Kumba/Consiglio, T‑163/18, EU:T:2020:57, punto 51).

257

Per ragioni anch’esse relative all’obiettivo perseguito dal diritto dell’Unione e all’efficacia delle misure da esso previste, le autorità dell’Unione non sono neppure tenute a procedere a un’audizione dei ricorrenti prima dell’inserimento iniziale dei loro nomi nell’elenco delle persone sottoposte a misure restrittive (v., in tal senso, sentenze del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punto 341, e del 25 aprile 2013, Gbagbo/Consiglio, T‑119/11, non pubblicata, EU:T:2013:216, punto 103).

258

Ciò vale a maggior ragione nei casi in cui la limitazione del diritto di essere ascoltato riguarda non l’entità sottoposta a risoluzione, ma i suoi azionisti o creditori.

259

Occorre altresì rilevare che, nella sua decisione del 1o aprile 2004, Camberrow MM5 AD c. Bulgaria (CE:ECHR:2004:0401DEC005035799), la Corte EDU ha dichiarato che la vendita della banca fallita come impresa in attività era stata realizzata al fine di ottenere la soddisfazione rapida e più certa dei suoi creditori, che da anni si aspettavano di ricevere il loro dovuto, e la rapida conclusione della procedura fallimentare. Di conseguenza, la necessità di semplicità e di rapidità nella procedura che ha condotto alla vendita della banca era di fondamentale importanza. Se la legge avesse previsto che il tribunale fallimentare era tenuto a consultare tutti gli azionisti e i creditori della banca, ciò avrebbe comportato un notevole rallentamento della procedura e, di conseguenza, un ulteriore ritardo nel pagamento delle somme dovute ai creditori e nella conclusione della procedura fallimentare.

260

Nella sentenza del 24 novembre 2005, Capital Bank AD c. Bulgaria (CE:ECHR:2005:1124JUD004942999, § 136), la Corte EDU ha dichiarato che, in un ambito economicamente sensibile come quello della stabilità del sistema bancario e in talune situazioni, poteva esistere una necessità imperativa di agire con la massima diligenza e senza preavviso, allo scopo di evitare danni irreparabili per la banca, i suoi depositanti e i suoi altri creditori, o per il sistema bancario e finanziario nel suo complesso.

261

Inoltre, il fatto che l’azione di risoluzione possa condurre a un’ingerenza nel diritto di proprietà degli azionisti e dei creditori dell’entità interessata non può giustificare un obbligo di concedere loro un diritto di essere ascoltati prima della sua adozione.

262

A questo proposito, il Tribunale ha già sottolineato, al punto 282 della sentenza del 13 luglio 2018, K. Chrysostomides & Co. e a./Consiglio e a. (T‑680/13, EU:T:2018:486), che le procedure applicabili devono fornire alla persona interessata un’occasione adeguata di esporre le proprie ragioni alle autorità competenti. Per garantire il rispetto di tale condizione, che rappresenta un requisito intrinseco dell’articolo 1, del protocollo n. 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, è necessario considerare le procedure applicabili da un punto di vista generale (v., in tal senso, sentenze del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punto 368 e la giurisprudenza ivi citata; del 25 aprile 2013, Gbagbo/Consiglio, T‑119/11, non pubblicata, EU:T:2013:216, punto 119, e Corte EDU, 20 luglio 2004, Bäck c. Finlandia, CE:ECHR:2004:0720JUD003759897, § 56). Pertanto, detto requisito non può essere interpretato nel senso che la persona interessata deve poter far valere in qualsiasi circostanza la propria posizione presso le autorità competenti prima dell’adozione di misure che arrechino pregiudizio al suo diritto di proprietà (v., in tal senso, Corte EDU, 19 settembre 2006, Maupas e altri c. Francia, CE:ECHR:2006:0919JUD001384402, §§ 20 e 21).

263

Il Tribunale ha ritenuto che ciò avvenisse, segnatamente, qualora, come nel caso di un’azione di risoluzione, le misure in questione non costituivano una sanzione e si iscrivevano in un contesto di urgenza particolare. A quest’ultimo riguardo, il Tribunale ha rilevato che si trattava di prevenire un rischio imminente di collasso delle banche interessate al fine di preservare la stabilità del sistema finanziario di uno Stato membro ed evitare quindi di contagiare altri Stati membri della zona euro. Orbene, l’attuazione di una procedura di consultazione preliminare, nell’ambito della quale le migliaia di depositanti e di azionisti delle banche di cui trattasi avrebbero potuto far valere utilmente il loro punto di vista prima dell’adozione delle decisioni lesive, avrebbe inevitabilmente ritardato l’applicazione delle misure intese a prevenire un siffatto collasso. La realizzazione dell’obiettivo consistente nel preservare la stabilità del sistema finanziario di tale Stato membro ed evitare quindi il contagio di altri Stati membri della zona euro sarebbe stata esposta a seri rischi (v. sentenza del 13 luglio 2018, K. Chrysostomides & Co. e a./Consiglio e a., T‑680/13, EU:T:2018:486, punto 282 e giurisprudenza ivi citata).

264

Questa valutazione è stata confermata dalla Corte, che ha ritenuto che il Tribunale avesse giustamente fondato il proprio ragionamento sulla sentenza della Corte EDU, 21 luglio 2016, Mamatas e altri c. Grecia (CE:ECHR:2016:0721JUD006306614), da cui risulta che l’esigenza secondo cui qualsiasi restrizione al diritto di proprietà deve essere prevista dalla legge non può essere interpretata nel senso che le persone interessate avrebbero dovuto essere consultate prima dell’adozione di tale legge, segnatamente nel caso in cui una siffatta consultazione preliminare avrebbe inevitabilmente ritardato l’applicazione delle misure intese a prevenire il tracollo delle banche in questione (sentenza del 16 dicembre 2020, Consiglio e a./K. Chrysostomides & Co. e a., C‑597/18 P, C‑598/18 P, C‑603/18 P e C‑604/18 P, EU:C:2020:1028, punto 159).

265

Peraltro, si deve considerare che la necessità di agire rapidamente senza informare gli azionisti e i creditori di un’entità dell’imminenza di una procedura di risoluzione che la riguarda mira ad evitare l’aggravamento della situazione di tale entità che nuocerebbe all’efficacia dell’azione di risoluzione. Infatti, informare gli azionisti o i detentori di obbligazioni della banca che quest’ultima potrebbe essere assoggettata a risoluzione, e quindi che essa sia stata considerata in dissesto o a rischio di dissesto, potrebbe indurli a vendere i loro titoli sui mercati e condurre altresì a un assalto agli sportelli, il che avrebbe la conseguenza di aggravare la situazione finanziaria della banca e di rendere più difficile, se non impossibile, l’adozione di una soluzione idonea a impedirne la liquidazione.

266

A tale riguardo, come risulta dal considerando 116 del regolamento n. 806/2014, tutte le informazioni fornite rispetto a una decisione prima che questa sia presa, che si tratti di accertare se le condizioni per la risoluzione siano soddisfatte, dell’uso di uno specifico strumento o di qualsiasi azione in corso di procedura, devono essere considerate come suscettibili di avere ripercussioni sugli interessi, pubblici e privati, implicati dall’azione.

267

Si deve pertanto ritenere che la previsione, nel regolamento n. 806/2014, di una consultazione degli azionisti e dei creditori dell’entità interessata prima dell’adozione di un’azione di risoluzione comporterebbe un rallentamento rilevante della procedura e comprometterebbe tanto la realizzazione degli obiettivi dell’azione quanto la sua efficacia.

268

Inoltre, tenuto conto dell’urgenza di adottare un’azione di risoluzione, non sarebbe possibile consultare preliminarmente gli azionisti, a causa, in particolare, delle difficoltà legate alla loro identificazione. Infatti, come osservano il Regno di Spagna e il Consiglio, considerato che le azioni e le obbligazioni sono oggetto di continua negoziazione sui mercati, sarebbe in pratica impossibile sapere quali investitori privati e istituzionali contattare.

269

Per quanto attiene all’argomento della ricorrente, secondo cui il regolamento n. 806/2014 potrebbe prevedere un’audizione degli azionisti successivamente all’adozione dell’azione di risoluzione, basti osservare, al pari del Parlamento, che una siffatta audizione non potrebbe modificare il contenuto di detta misura e non potrebbe quindi comportarne l’annullamento.

270

Da tutto quanto precede risulta che un’audizione degli azionisti e dei creditori dell’entità soggetta a un’azione di risoluzione, prima della sua adozione, comprometterebbe gli obiettivi di stabilità dei mercati finanziari e di continuità delle funzioni essenziali dell’entità nonché le esigenze di rapidità e di efficacia della procedura di risoluzione.

271

L’assenza di una disposizione che preveda un’audizione degli azionisti e dei creditori dell’entità interessata nel quadro della procedura di cui all’articolo 18 del regolamento n. 806/2014 costituisce quindi una limitazione del diritto di essere ascoltati che è giustificata e necessaria per rispondere a una finalità di interesse generale e rispetta il principio di proporzionalità, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta e non viola alcuna delle garanzie procedurali del diritto di proprietà che sarebbero previste all’articolo 17 della Carta.

272

Occorre quindi respingere l’eccezione di illegittimità dell’articolo 18 del regolamento n. 806/2014.

4.   Sull’ottavo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’articolo 18 del regolamento n. 806/2014, del dovere di diligenza e dell’articolo 296 TFUE

273

La ricorrente afferma che il CRU, adottando il programma di risoluzione, ha violato l’articolo 18 del regolamento n. 806/2014, il suo dovere di diligenza e l’articolo 296 TFUE, nella misura in cui non ha dimostrato il soddisfacimento delle condizioni di risoluzione. Nelle sue osservazioni sulla memoria d’intervento del Regno di Spagna, la ricorrente precisa che, con detto motivo di ricorso, essa non eccepisce un errore di valutazione, bensì una violazione del dovere di diligenza e dell’obbligo di motivazione nel quadro dell’applicazione dell’articolo 18 del regolamento n. 806/2014.

274

La ricorrente sostiene che, all’atto dell’adozione del programma di risoluzione, il CRU non ha esaminato con cura e imparzialità tutti gli elementi della situazione pertinenti ai fini dell’applicazione dell’articolo 18 del regolamento n. 806/2014 in conformità al suo dovere di diligenza e non ha adeguatamente motivato la sua decisione. Con una prima censura essa deduce, in sostanza, che il CRU non ha dimostrato il soddisfacimento della condizione prevista dall’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 806/2014, secondo cui l’entità deve essere in dissesto o a rischio di dissesto. Essa sostiene, innanzitutto, che il CRU non ha tenuto conto del fatto che il Banco Popular era solvibile e che non era stato pertanto dimostrato il suo dissesto e, in secondo luogo, che il CRU non ha spiegato perché un problema contingente di liquidità implicasse un dissesto del Banco Popular. Con una seconda censura, la ricorrente addebita al CRU di non aver dimostrato il soddisfacimento della condizione prevista dall’articolo 18, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 806/2014, secondo cui, tenuto conto della tempistica e di altre circostanze pertinenti, non si può ragionevolmente prospettare che qualsiasi azione privata o di vigilanza adottata nei confronti dell’entità permetta di evitare il suo dissesto in tempi ragionevoli. Il CRU non avrebbe esaminato l’esistenza di altre misure di vigilanza che avrebbero consentito di risolvere i problemi di liquidità del Banco Popular.

a)   Sulla prima censura, relativa all’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 806/2014

275

La ricorrente sostiene, in primo luogo, che il CRU ha violato il suo dovere di diligenza o, quantomeno, il suo obbligo di motivazione, non tenendo conto di una serie di elementi che dimostravano la solvibilità del Banco Popular.

276

Va ricordato anzitutto che, il 6 giugno 2017, la BCE ha effettuato una valutazione sul dissesto o sul rischio di dissesto del Banco Popular, previa consultazione del CRU, conformemente all’articolo 18, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 806/2014. In tale valutazione, la BCE, considerando segnatamente i deflussi eccessivi di liquidità, la rapidità con la quale la liquidità era stata perduta dalla banca e l’incapacità di quest’ultima di generare altre liquidità, ha ritenuto che esistessero elementi oggettivi che indicavano che il Banco Popular non sarebbe stato probabilmente in grado, in un prossimo futuro, di pagare i propri debiti o altre passività in scadenza. La BCE ha concluso che il dissesto del Banco Popular era considerato accertato o, in ogni caso, che ve ne sussisteva il rischio in un prossimo futuro, conformemente all’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), e paragrafo 4, lettera c), del regolamento n. 806/2014.

277

Poi, con lettera del 6 giugno 2017, il consiglio di amministrazione del Banco Popular ha informato la BCE di essere giunto alla conclusione che la banca era a rischio di dissesto.

278

Nella sua lettera alla BCE del 6 giugno 2017, il Banco Popular fa riferimento alla notifica effettuata alla BCE ai sensi dell’articolo 414 del regolamento n. 575/2013 in merito alla violazione dei requisiti minimi in materia di copertura della liquidità e rinvia alla valutazione effettuata dal suo consiglio di amministrazione, riportata in allegato, secondo cui il Banco Popular era in dissesto e alle informazioni ed analisi su cui il consiglio di amministrazione si è basato per giungere a detta conclusione.

279

In tale lettera si afferma quanto segue:

«Conformemente all’articolo 21.4 della legge n. 11/2015 e agli articoli 45 e 46 del regolamento delegato (UE) 2016/1075 [della Commissione, del 23 marzo 2016, che integra la direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le norme tecniche di regolamentazione che precisano il contenuto dei piani di risanamento, dei piani di risoluzione e dei piani di risoluzione di gruppo, i criteri minimi che l’autorità competente deve valutare per quanto riguarda i piani di risanamento e i piani di risanamento di gruppo, le condizioni per il sostegno finanziario di gruppo, i requisiti per i periti indipendenti, il riconoscimento contrattuale dei poteri di svalutazione e di conversione, le procedure e il contenuto delle disposizioni in materia di notifica e dell’avviso di sospensione e il funzionamento operativo dei collegi di risoluzione (GU 2016, L 184, pag. 1)], il Banco Popular notifica con la presente che il suo consiglio di amministrazione ha valutato che la banca è a rischio di dissesto».

280

In detta lettera, il consiglio di amministrazione del Banco Popular ha riconosciuto che la banca si trovava ad affrontare gravi problemi di liquidità e che era a rischio di dissesto. Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, si deve ritenere che detta lettera non possa essere ignorata come irrilevante.

281

Infine, all’articolo 2 del programma di risoluzione, il CRU ha ricordato la conclusione della valutazione della BCE e ha concluso, all’articolo 2.2, che, secondo la valutazione della BCE, la condizione prevista dall’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 806/2014 era soddisfatta.

282

Pertanto, nel caso di specie, il dissesto o il rischio di dissesto del Banco Popular è stato accertato sulla base dell’articolo 18, paragrafo 4, lettera c), del regolamento n. 806/2014, secondo il quale, ai fini del paragrafo 1, lettera a), del medesimo articolo, l’entità è considerata in dissesto o a rischio di dissesto in una o più delle situazioni seguenti:

«l’entità non è, o vi sono elementi oggettivi a sostegno della convinzione che nel prossimo futuro non sarà, in grado di pagare i propri debiti o altre passività in scadenza».

283

Occorre rilevare che né la BCE né il CRU si sono basati sulla situazione descritta all’articolo 18, paragrafo 4, lettera b), del regolamento n. 806/2014, secondo la quale l’entità è considerata in dissesto o a rischio di dissesto, quando «le attività dell’entità sono, o [quando] vi sono elementi oggettivi a sostegno della convinzione che nel prossimo futuro saranno, inferiori alle passività».

284

Pertanto, l’insolvenza dell’entità non è una condizione per l’accertamento del dissesto o del rischio di dissesto ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 4, lettera c), del regolamento n. 806/2014 e non è quindi una condizione per l’adozione di un programma di risoluzione.

285

A tale riguardo, dal considerando 57 del regolamento n. 806/2014 risulta che:

«È opportuno che la decisione di assoggettare un’entità alla risoluzione sia adottata prima che un’entità finanziaria divenga insolvente a termini di bilancio (balance-sheet insolvent) e quando abbia ancora del capitale. La risoluzione dovrebbe essere avviata dopo aver determinato che l’ente è in dissesto o a rischio di dissesto e che nessuna misura alternativa del settore privato eviterebbe tale dissesto in tempi ragionevoli. (...)».

286

Ne consegue che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, l’insolvenza del Banco Popular non costituiva l’unica ipotesi in cui quest’ultimo poteva essere considerato in dissesto o a rischio di dissesto ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 806/2014. Infatti, la circostanza che un’entità sia solvibile a termini di bilancio non implica che essa sia dotata di liquidità sufficiente, vale a dire dei fondi disponibili per pagare i propri debiti o altre passività in scadenza.

287

A questo riguardo, in particolare dall’estratto dalla lettera della presidente del consiglio di vigilanza prudenziale della BCE del 25 luglio 2017, inviata a un membro del Parlamento, citato dalla ricorrente, emerge quanto segue:

«La decisione della BCE di riconoscere che la banca era in dissesto o a rischio di dissesto è stata adottata sulla base della liquidità insufficiente. A tale data, gli elementi oggettivi non erano sufficienti a consentire alla BCE di stabilire che la banca era in dissesto o a rischio di dissesto sulla base della sua situazione patrimoniale. Certamente, la BCE ha monitorato da vicino non soltanto la posizione di liquidità, ma anche la posizione patrimoniale della banca. I suoi problemi strutturali (elevato livello di attività in sofferenza, copertura debole e redditività ridotta) si riflettono sui corrispondenti requisiti patrimoniali propri fissati dalla BCE».

288

Poiché la situazione prevista all’articolo 18, paragrafo 4, lettera c), del regolamento n. 806/2014 non richiede che l’entità interessata sia insolvente, gli elementi invocati dalla ricorrente e volti a dimostrare che il Banco Popular era solvibile sono inconferenti ed essa addebita a torto al CRU di aver violato il suo dovere di diligenza o il suo obbligo di motivazione non tenendone conto.

289

In secondo luogo, la ricorrente osserva che il CRU ha riconosciuto, in applicazione dell’articolo 18 del regolamento n. 806/2014, il dissesto del Banco Popular a causa di problemi di liquidità, benché tali problemi non ricadano in alcuna delle situazioni considerate nel paragrafo 4 di detto articolo. In subordine, il CRU avrebbe violato il suo obbligo di motivazione non avendo spiegato le ragioni per cui un problema di liquidità sarebbe rientrato nei casi di cui all’articolo 18, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014.

290

A tale riguardo, occorre rilevare che, al considerando 23 del programma di risoluzione, il CRU, riferendosi alla valutazione effettuata dalla BCE, ha constatato che la posizione di liquidità del Banco Popular si era deteriorata in modo significativo a partire da ottobre 2016, a causa dei ritiri di depositi su tutti i segmenti di clientela. Esso ne ha dedotto che la banca non disponeva di opzioni sufficienti per ripristinare la sua liquidità al fine di assicurarsi che essa sarebbe stata in una posizione di stabilità che le consentisse di pagare le proprie passività in scadenza.

291

Nel programma di risoluzione, il CRU ha elencato i vari eventi che hanno portato, a partire da febbraio 2017, a un rapido deterioramento della posizione di liquidità del Banco Popular. Il CRU fa riferimento, in particolare, alla pubblicazione, nel febbraio 2017, della relazione annuale per il 2016 del Banco Popular che annunciava una perdita consolidata di 3,485 miliardi di EUR, la necessità di accantonamenti straordinari per 5,7 miliardi di EUR e la nomina di un nuovo presidente, nonché la pubblicazione, nel maggio 2017, della relazione finanziaria per il primo trimestre del 2017, che annunciava risultati meno buoni di quelli attesi dal mercato. Il CRU ha menzionato i declassamenti del rating del Banco Popular da parte di diverse agenzie di rating in febbraio, aprile e giugno 2017. Esso ha altresì rilevato che la copertura mediatica negativa e continua sui risultati finanziari e sul presunto rischio imminente di fallimento o di carenza di liquidità del Banco Popular aveva comportato un aumento dei ritiri di depositi.

292

Inoltre, il CRU ha indicato che, il 12 maggio 2017, il requisito in materia di copertura della liquidità del Banco Popular era sceso al di sotto della soglia minima dell’80% fissata dall’articolo 460, paragrafo 2, lettera c), del regolamento n. 575/2013 e che, alla data di adozione del programma di risoluzione, il Banco Popular non era riuscito a ripristinare il rispetto di tale limite.

293

L’articolo 412, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013 definisce il requisito in materia di copertura della liquidità come segue:

«Gli enti detengono attività liquide, la somma del cui valore copre i deflussi di liquidità meno gli afflussi di liquidità in condizioni di stress, al fine di assicurare che gli enti mantengano livelli di riserve di liquidità adeguati per far fronte a eventuali squilibri tra gli afflussi e i deflussi in condizioni di forte stress per un periodo di trenta giorni. Nei periodi di stress gli enti possono usare le attività liquide per coprire i deflussi netti di liquidità».

294

Inoltre, come osserva il CRU, questi diversi elementi figurano negli orientamenti dell’Autorità bancaria europea (ABE), del 6 agosto 2015, sull’interpretazione delle diverse situazioni nelle quali un ente è considerato in dissesto o a rischio di dissesto (articolo 32, paragrafo 6, della direttiva 2014/59) (EBA/GL/2015/07) (in prosieguo: gli «orientamenti dell’ABE»).

295

Detti orientamenti, applicabili a partire dal 1o gennaio 2016, forniscono un insieme di elementi oggettivi per determinare se un ente sia in dissesto o a rischio di dissesto, secondo le situazioni previste all’articolo 32, paragrafo 4, lettere da a) a c), della direttiva 2014/59. La formulazione dell’articolo 32, paragrafo 4, lettera c), della direttiva 2014/59 è identica a quella dell’articolo 18, paragrafo 4, lettera c), del regolamento n. 806/2014.

296

L’articolo 5, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 806/2014 prevede che il CRU, il Consiglio e la Commissione si adoperino per conformarsi agli orientamenti e alle raccomandazioni dell’ABE relativi al tipo di compiti che devono svolgere.

297

Secondo gli orientamenti dell’ABE, un ente è considerato in dissesto o a rischio di dissesto, ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 4, lettera c), della direttiva 2014/59, se viola i requisiti regolamentari in materia di liquidità, se non è in grado di pagare i propri debiti o altre passività in scadenza, o se sussistono elementi oggettivi che consentano di concludere che ciò si verificherà nel prossimo futuro.

298

Tra gli elementi da considerare, gli orientamenti dell’ABE menzionano segnatamente, in primo luogo, significativi sviluppi negativi che interessano l’evoluzione della posizione di liquidità dell’ente e la sostenibilità economica del suo profilo di finanziamento, nonché la sua conformità con i requisiti minimi in materia di liquidità come previsti dal regolamento n. 575/2013, e con i requisiti aggiuntivi prescritti stabiliti ai sensi dell’articolo 105 del medesimo regolamento o con i requisiti minimi in materia di liquidità previsti dalla normativa nazionale; in secondo luogo, una significativa evoluzione negativa degli obblighi correnti e futuri dell’ente, la cui valutazione deve considerare, se del caso, i deflussi di liquidità attesi ed eccezionali, compresi i segnali emergenti di potenziali assalti agli sportelli; in terzo luogo, gli sviluppi che rischiano di danneggiare gravemente la reputazione dell’ente, in particolare significativi declassamenti del rating da parte di una o più agenzie di rating se conducono a deflussi sostanziali o all’incapacità di rinnovare il finanziamento o all’attivazione di clausole contrattuali (contractual triggers) basate sui rating esterni.

299

I diversi elementi presi in considerazione dalla BCE e dal CRU, conformemente agli orientamenti dell’ABE, peraltro non contestati dalla ricorrente, hanno consentito di concludere che il Banco Popular era in dissesto o a rischio di dissesto, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 4, lettera c), del regolamento n. 806/2014, alla data di adozione del programma di risoluzione.

300

La ricorrente erra pertanto nel sostenere che il CRU si sarebbe basato su un’analisi incompleta della valutazione della BCE sullo stato di dissesto o sul rischio di dissesto del Banco Popular, fondandosi su circostanze che non dimostrerebbero un problema di liquidità.

301

È altresì a torto che la ricorrente sostiene che i problemi di liquidità non rientrano nelle situazioni di dissesto o di rischio di dissesto considerate dall’articolo 18 del regolamento n. 806/2014. Infine, nella misura in cui il programma di risoluzione rinvia espressamente alla valutazione della BCE che ha constatato il dissesto o il rischio di dissesto del Banco Popular sulla base dell’articolo 18, paragrafo 4, lettera c), del regolamento n. 806/2014, la ricorrente non può sostenere che il CRU avrebbe violato il suo obbligo di motivazione non spiegando per quale motivo un problema di liquidità rientrerebbe nei casi considerati all’articolo 18, paragrafo 4, di detto regolamento.

302

Dai suddetti elementi risulta inoltre che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, i problemi di liquidità del Banco Popular non potevano essere considerati solo temporanei. Tale circostanza trova peraltro conferma nel fatto che la banca stessa ha informato la BCE di essere in dissesto a causa di problemi di liquidità.

303

Infine, l’argomento della ricorrente secondo cui i problemi di liquidità del Banco Popular sarebbero stati il risultato di eventi originati dalle dichiarazioni della presidente del CRU e non sarebbero stati quindi imputabili al Banco Popular, è irrilevante nel valutare la legittimità delle decisioni impugnate. All’articolo 2 del programma di risoluzione, il CRU ha infatti constatato, a norma dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 806/2014, che il Banco Popular era in dissesto o a rischio di dissesto, sulla base della valutazione della BCE. Le circostanze e i motivi che hanno indotto la BCE a riconoscere il dissesto del Banco Popular non erano rilevanti.

304

La ricorrente non ha pertanto dimostrato la mancata prova, da parte del CRU, del soddisfacimento della condizione di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 806/2014 e la prima censura deve quindi essere respinta.

b)   Sulla seconda censura, relativa all’articolo 18, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 806/2014

305

La ricorrente addebita al CRU di aver violato il suo dovere di diligenza e di aver oltrepassato i limiti del suo potere discrezionale non avendo esaminato le altre misure di vigilanza disponibili che avrebbero consentito di risolvere i problemi di liquidità del Banco Popular; esso avrebbe, in subordine, violato il suo obbligo di motivazione.

306

Da un lato, secondo la ricorrente, un insieme di elementi dimostrano che il Banco Popular poteva ottenere un’assistenza di liquidità di emergenza e tali elementi, in base al programma di risoluzione, non sarebbero stati esaminati dal CRU. Dall’altro lato, il CRU non avrebbe tenuto conto del previsto annuncio di un aumento di capitale e del fatto che la Barclays Bank e la Deutsche Bank avrebbero garantito la sottoscrizione di detto aumento nella sua interezza.

307

In primo luogo, la ricorrente sostiene che l’assistenza di liquidità di emergenza era stata approvata a fronte dell’offerta, da parte del Banco Popular, di garanzie sufficienti e che, avendo quest’ultimo ricevuto solo una parte di tale assistenza, era ancora disponibile un’assistenza supplementare. Detto importo sarebbe stato considerato sufficiente per superare la crisi di liquidità del Banco Popular. Essa sostiene che il Banco Popular avrebbe fornito garanzie adeguate e che tali garanzie ammontavano, in base a quanto riportato dalla stampa, a 40 miliardi di EUR, importo questo sufficiente in considerazione dei criteri di legge.

308

A questo proposito, occorre rilevare che, nella sua valutazione sul dissesto o sul rischio di dissesto del Banco Popular, la BCE ha considerato che, sebbene il Banco Popular avesse elaborato varie misure per generare liquidità supplementari nelle settimane precedenti ed avesse iniziato ad attuarle, l’entità degli afflussi realizzati e ancora attesi era insufficiente a porre rimedio al deterioramento della posizione di liquidità del Banco Popular alla data di tale valutazione. Essa ha altresì indicato che, anche con il ricorso all’assistenza di liquidità di emergenza su cui il consiglio direttivo della BCE non aveva sollevato obiezioni il 5 giugno 2017, la liquidità a tale data non era sufficiente a garantire la capacità del Banco Popular di pagare le proprie passività al più tardi entro il 7 giugno 2017.

309

Al considerando 26, lettera c), del programma di risoluzione, il CRU ha constatato che, il 5 giugno 2017, il Banco Popular aveva ricevuto una prima assistenza di liquidità di emergenza, a seguito dell’assenza di obiezioni da parte della BCE, ma che la Banca di Spagna non era stata in grado di concedergli un’assistenza di liquidità di emergenza supplementare.

310

A tale riguardo, occorre notare che, in una lettera del 5 giugno 2017, la Banca di Spagna ha chiesto alla BCE il suo accordo per un’assistenza di liquidità di emergenza al Banco Popular con scadenza il 14 giugno 2017, per far fronte alla grave crisi di liquidità di cui quest’ultimo soffriva. Orbene, sin dallo stesso giorno, la Banca di Spagna ha inviato una nuova lettera alla BCE contenente una domanda di estensione dell’assistenza di liquidità di emergenza a favore del Banco Popular, con scadenza il 21 giugno, in quanto quest’ultimo l’aveva informata di movimenti di liquidità estremamente significativi. Queste due lettere trasmesse lo stesso giorno alla BCE rivelano la rapidità con cui la posizione di liquidità del Banco Popular si era deteriorata.

311

Il CRU ha altresì constatato, all’articolo 3.2, lettera d), del programma di risoluzione, che un’assistenza di liquidità di emergenza sarebbe stata insufficiente alla luce della rapidità del deterioramento della posizione di liquidità del Banco Popular.

312

Va osservato che, il giorno successivo a detta prima assistenza di liquidità di emergenza, vale a dire il 6 giugno 2017, a causa dell’entità e della rapidità dei prelievi di liquidità, la BCE e il consiglio di amministrazione del Banco Popular hanno concluso che la banca non sarebbe più stata in grado di pagare i propri debiti o altre passività in scadenza il 7 giugno. Pertanto, essendo stato accertato il dissesto del Banco Popular, non era più ipotizzabile un’assistenza di liquidità di emergenza supplementare.

313

Inoltre, va ricordato che il CRU non svolge alcun ruolo nell’erogazione dell’assistenza di liquidità di emergenza, che rientra nella competenza delle banche centrali nazionali. Come sostenuto dal CRU, quest’ultimo non è quindi tenuto a giustificare la mancata disponibilità di un’assistenza di liquidità di emergenza o il fatto che un’assistenza di liquidità di emergenza supplementare non fosse disponibile nei tempi richiesti.

314

Di conseguenza, nel programma di risoluzione, il CRU ha potuto solamente constatare, da un lato, che la BCE, nella sua valutazione sul dissesto o sul rischio di dissesto del Banco Popular, aveva ritenuto che l’assistenza di liquidità di emergenza da essa approvata non consentisse di risolvere la crisi di liquidità del Banco Popular e, dall’altro, che la Banca di Spagna non aveva concesso un’assistenza di liquidità di emergenza supplementare al Banco Popular.

315

La ricorrente non può quindi contestare il fatto che il CRU non abbia esaminato, nel programma di risoluzione, se per il Banco Popular fosse possibile ottenere un’assistenza di liquidità di emergenza supplementare.

316

In secondo luogo, la ricorrente addebita al CRU di non aver tenuto conto del previsto annuncio di un aumento di capitale e del fatto che la Barclays Bank e la Deutsche Bank avrebbero garantito la sottoscrizione di detto aumento nella sua interezza. Secondo la ricorrente, detta misura avrebbe consentito di sanare la perdita di fiducia e, accompagnata dalla concessione di un prestito o di un’assistenza di liquidità di emergenza, avrebbe permesso di superare la crisi contingente. Essa aggiunge che taluni azionisti del Banco Popular erano disponibili a ricorrere a un eventuale aumento di capitale.

317

Per quanto concerne le lettere della Barclays Bank e della Deutsche Bank, allegate in estratto alla replica, esse non contengono alcun impegno vincolante di dette banche a partecipare a un aumento di capitale del Banco Popular, ma riflettono semplici discussioni su un potenziale futuro aumento di capitale. Tali lettere rivelano che, alla data del loro invio, il progetto di aumento di capitale del Banco Popular era ancora in una fase di elaborazione molto precoce.

318

Nella sua lettera del 3 giugno 2017 al Banco Popular, la Barclays Bank fa riferimento unicamente a recenti discussioni riguardanti un aumento di capitale, il cui scopo sarebbe stato, per il Banco Popular, quello di soddisfare il suo fabbisogno di accantonamenti supplementari e di raggiungere livelli di capitale notevolmente più elevati, al fine di mitigare le sfide derivanti da una particolare esposizione in materia immobiliare e da altre attività in sofferenza, cui essa doveva far fronte. Pertanto, in detta lettera, da un lato, nulla indica che la Barclays Bank fosse disposta a partecipare a siffatto aumento di capitale e, dall’altro lato, quest’ultima non menziona la crisi di liquidità che il Banco Popular stava affrontando e non propone alcuna soluzione per porvi rimedio.

319

Nella sua lettera del 5 giugno 2017 al Banco Popular, la Deutsche Bank menziona unicamente il suo interesse a garantire il 50% di un possibile aumento di capitale di 4 miliardi di EUR. La Deutsche Bank indica soltanto che «vi sono evidentemente talune condizioni, ma [che] la lettera si basa sulla nostra convinzione che, in circostanze che riteniamo possano essere soddisfatte realisticamente, potrebbe essere realizzato un aumento [di capitale] che stabilizzerebbe la banca». Tale lettera, quindi, non può essere interpretata nel senso che essa contenga un impegno definitivo della Deutsche Bank e non riguarda una soluzione diretta a risolvere la crisi di liquidità del Banco Popular.

320

Inoltre, dalle dichiarazioni rese da alcuni azionisti del Banco Popular riportate in allegato alle osservazioni sulla memoria di intervento del Regno di Spagna emerge che, alla data della risoluzione, il progetto di aumento di capitale da parte degli azionisti del Banco Popular si trovava solo in una fase preparatoria. A questo proposito, è opportuno citare un estratto dalla dichiarazione del sig. Del Valle Ruiz in cui quest’ultimo indica di aver discusso, il 2 giugno 2017, con un altro investitore al fine di organizzare una riunione con una banca di investimenti vertente sul modo migliore di strutturare l’aumento di capitale e in cui egli osserva che detta riunione era stata fissata per il 5 giugno 2017.

321

Occorre rilevare che l’argomento sollevato dalla ricorrente si basa sull’ipotesi puramente teorica che detti aumenti di capitale avrebbero potuto concretizzarsi in un termine sufficientemente breve da consentire di evitare il dissesto o il rischio di dissesto del Banco Popular. Va inoltre osservato che la ricorrente non spiega in che misura un aumento di capitale avrebbe consentito di risolvere i problemi di liquidità cui il Banco Popular si trovava a dover far fronte; essa stessa riconosce che detta misura non poteva essere presa in considerazione senza essere integrata da un prestito o da un’assistenza di liquidità di emergenza. Occorre infine rilevare che, se la banca stessa ha dato atto, il 6 giugno 2017, di essere in dissesto, lo ha fatto perché riteneva che dette misure non fossero ipotizzabili.

322

Pertanto, come sostenuto dal CRU, nel programma di risoluzione non era necessario ipotizzare, per respingerle, misure che non consentivano di fornire al Banco Popular la liquidità necessaria per far fronte ai prelievi di depositi e che non potevano essere attuate entro un termine sufficientemente breve per evitarne il dissesto. A norma dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 806/2014, il CRU poteva legittimamente limitare la sua valutazione alle misure che potevano effettivamente essere attuate tenuto conto dei termini fissati e delle circostanze.

323

In terzo luogo, la ricorrente addebita al CRU di non aver esaminato altre misure di vigilanza previste dall’articolo 86 della direttiva 2013/36.

324

Occorre constatare che l’articolo 86, paragrafo 1, della direttiva 2013/36 prevede che «[l]e autorità competenti assicurano che gli enti siano dotati di strategie, politiche, processi e sistemi solidi per identificare, misurare, gestire e monitorare il rischio di liquidità su una serie adeguata di orizzonti temporali, anche infragiornalieri, in modo da assicurare che gli enti mantengano riserve di liquidità di livello adeguato». Ai sensi del paragrafo 3 di detto articolo, citato dalla ricorrente, «[l]e autorità competenti assicurano che gli enti abbiano, tenendo conto della natura, dell’ampiezza e della complessità delle loro attività, profili di rischio di liquidità congrui e non superiori rispetto a quelli necessari per un sistema solido e ben funzionante».

325

Basti osservare, in linea con la Commissione, che la disposizione di cui trattasi non può essere considerata come una soluzione plausibile per i problemi di liquidità del Banco Popular. Infatti, il dissesto o il rischio di dissesto del Banco Popular traeva origine proprio dal fatto che esso non era in grado di rispettare tali requisiti in materia di liquidità.

326

La ricorrente non ha pertanto dimostrato che il CRU, omettendo di esaminare le altre misure di vigilanza da essa invocate, non avesse adempiuto il suo dovere di diligenza o avesse violato il suo obbligo di motivazione, né ha dimostrato che esso non avesse fornito prova del soddisfacimento della condizione di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 806/2014.

327

Occorre pertanto respingere la seconda censura e l’ottavo motivo di ricorso in quanto infondati.

5.   Sul primo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione e dei diritti della difesa sanciti dagli articoli 15 e 296 TFUE e dagli articoli 42 e 47 della Carta

328

La ricorrente addebita al CRU di aver violato l’obbligo di motivazione e i diritti della difesa, sanciti dagli articoli 15 e 296 TFUE e dagli articoli 42 e 47 della Carta, nella misura in cui la motivazione del programma di risoluzione è insufficiente e contraddittoria e nella misura in cui detta motivazione non è stata resa integralmente accessibile poiché dichiarata riservata.

329

Tale motivo di ricorso si articola, in sostanza, in due censure, vertenti, la prima, sulla violazione dell’obbligo di motivazione e, la seconda, sulla violazione dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva.

a)   Sulla prima censura, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione

330

Secondo una giurisprudenza costante della Corte, la motivazione richiesta dall’articolo 296 TFUE deve essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice competente di esercitare il suo controllo. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’accertamento dell’osservanza, da parte della motivazione di un atto, degli obblighi imposti dall’articolo 296 TFUE dev’essere effettuato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v. sentenze dell’8 maggio 2019, Landeskreditbank Baden-Württemberg/BCE, C‑450/17 P, EU:C:2019:372, punti 8587 e giurisprudenza ivi citata, e del 21 ottobre 2020, BCE/Estate of Espírito Santo Financial Group, C‑396/19 P, non pubblicata, EU:C:2020:845, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

331

Inoltre, il grado di precisione della motivazione di una decisione dev’essere proporzionato alle possibilità materiali ed alle condizioni tecniche o al tempo disponibile per la sua adozione (v. sentenze del 6 novembre 2012, Éditions Odile Jacob/Commissione, C‑551/10 P, EU:C:2012:681, punto 48 e giurisprudenza ivi citata, e del 23 maggio 2019, KPN/Commissione, T‑370/17, EU:T:2019:354, punto 139 e giurisprudenza ivi citata; sentenza del 27 gennaio 2021, KPN/Commissione, T‑691/18, non pubblicata, EU:T:2021:43, punto 162).

332

La ricorrente sostiene che la motivazione del programma di risoluzione è insufficiente e contraddittoria.

333

Essa deduce, in primo luogo, l’esistenza di una contraddizione tra il considerando 24 del programma di risoluzione, relativo ai problemi di liquidità del Banco Popular, e il considerando 26, riguardante azioni relative a un problema di solvibilità.

334

Questi due considerando riguardano la descrizione della situazione del Banco Popular prima dell’adozione del programma di risoluzione. Al considerando 24 del programma di risoluzione, il CRU elenca le circostanze che hanno condotto alla crisi di liquidità del Banco Popular. Il considerando 26 riguarda le misure che erano state prese in considerazione dal Banco Popular prima dell’adozione del programma di risoluzione, per cercare di risolvere i suoi problemi di liquidità. Non vi può pertanto essere contraddizione tra questi due considerando.

335

Inoltre, diversamente da quanto sembra sostenere la ricorrente, il considerando 26 non riguarda soluzioni che il CRU avrebbe proposto nel programma di risoluzione per far fronte ai problemi di liquidità del Banco Popular. Il fatto che la ricorrente consideri che le misure ipotizzate dal Banco Popular nelle settimane che hanno preceduto la risoluzione, citate al considerando 26 del programma di risoluzione, erano misure che sembravano riguardare un problema di solvibilità e non di liquidità, non è pertinente.

336

In secondo luogo, la ricorrente sostiene che il CRU non ha spiegato per quale motivo lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa avrebbe costituito una misura appropriata e proporzionata per risolvere un problema di liquidità.

337

A questo riguardo, come osserva il CRU, lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa, definito all’articolo 24 del regolamento n. 806/2014, si applica a tutte le situazioni in cui un’entità è considerata in dissesto o a rischio di dissesto. Nessun elemento consente di supporre che detto strumento non sarebbe adeguato per una crisi di liquidità.

338

Inoltre, negli articoli 4 e 5 del programma di risoluzione, il CRU ha spiegato la necessità e il carattere proporzionato dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa alla luce degli obiettivi della risoluzione e ha indicato che gli altri strumenti di risoluzione previsti dall’articolo 22 del regolamento n. 806/2014 non consentivano di conseguire tali obiettivi nella stessa misura.

339

Più in particolare, il CRU ha ritenuto, all’articolo 5.3 del programma di risoluzione, che gli altri strumenti di risoluzione previsti all’articolo 22, paragrafo 2, del regolamento n. 806/2014 non avrebbero soddisfatto gli obiettivi della risoluzione nella medesima misura. Per quanto concerne lo strumento del bail-in, il CRU ha ritenuto che, anche combinato con lo strumento della separazione delle attività, non era garantito che permettesse di ripristinare immediatamente ed efficacemente la posizione di liquidità del Banco Popular e, quindi, di ristabilire la sua solidità finanziaria e la sua sostenibilità economica a lungo termine. Per quanto riguarda lo strumento dell’ente-ponte, se del caso combinato con lo strumento della separazione delle attività, il CRU ha osservato che, trattandosi di uno strumento volto a consentire l’accesso alle funzioni essenziali e a vendere il Banco Popular entro un termine, in linea di principio, di due anni, si era ritenuto che lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa, che consentiva di ottenere il medesimo risultato entro un termine più breve, permettesse di conseguire gli obiettivi della risoluzione in maniera più efficace rispetto ad esso.

340

Il CRU ha così illustrato le ragioni per cui lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa era l’azione di risoluzione adeguata di fronte al dissesto in cui versava il Banco Popular, caratterizzato da una crisi di liquidità.

341

In terzo luogo, la ricorrente sostiene che dalla valutazione 2 emerge un’altra contraddizione, vale a dire che il CRU avrebbe ritenuto che il Banco Popular fosse solvibile, ma che avesse un valore negativo di meno 8,2 miliardi di EUR.

342

A questo proposito, va osservato che, nella valutazione 2, la Deloitte ha indicato che il risultato della sua valutazione si collocava nell’intervallo tra 1,3 miliardi di EUR e meno 8,2 miliardi di EUR, con la migliore stima situata entro tale intervallo a meno 2 miliardi di EUR.

343

Tale valutazione riguarda il valore di cessione del Banco Popular, che corrisponde a quanto un potenziale acquirente sarebbe stato disposto a pagare per il Banco Popular alle condizioni presenti alla data di adozione del programma di risoluzione. Si tratta quindi del valore economico del Banco Popular e non del suo valore contabile.

344

L’accertamento della solvibilità del Banco Popular dal punto di vista contabile non si pone quindi in contraddizione con la stima negativa del suo valore di cessione.

345

In quarto luogo, la ricorrente sostiene che i dati riservati erano essenziali per comprendere il ragionamento seguito e che essa ignora in cosa sia consistita la crisi di liquidità del Banco Popular. Essa osserva che il considerando 25 del programma di risoluzione si limita a citare il fatto che «le circostanze summenzionate hanno comportato consistenti prelievi di depositi (…)».

346

È sufficiente constatare che le circostanze che hanno comportato la crisi di liquidità del Banco Popular tra il febbraio 2017 e la data di risoluzione sono illustrate nel considerando 24 del programma di risoluzione.

347

Inoltre, al considerando 23 del programma di risoluzione, il CRU, riferendosi alla valutazione effettuata dalla BCE, ha constatato che la posizione di liquidità del Banco Popular si era deteriorata in modo significativo a partire da ottobre 2016, a causa dei ritiri di depositi su tutti i segmenti di clientela. Esso ne ha dedotto che la banca non disponeva di opzioni sufficienti per ripristinare la sua liquidità al fine di assicurarsi che essa sarebbe stata in una posizione di stabilità che le consentisse di pagare le proprie passività in scadenza.

348

Al considerando 26, lettera c), del programma di risoluzione, il CRU ha altresì constatato che, il 5 giugno 2017, il Banco Popular aveva ricevuto una prima assistenza di liquidità di emergenza, a seguito dell’assenso prestato dalla BCE, ma che la Banca di Spagna non era stata in grado di accordargli un’assistenza di liquidità di emergenza supplementare.

349

Occorre considerare che questi elementi sono sufficienti per comprendere la gravità della crisi di liquidità cui il Banco Popular doveva far fronte.

350

L’accertamento, da parte della BCE, del dissesto o del rischio di dissesto del Banco Popular, a causa del deterioramento della sua posizione di liquidità, è sufficiente per comprendere la giustificazione alla base delle misure adottate dal CRU, senza che sia necessario conoscere in dettaglio l’importo dei prelievi di depositi.

351

Come indica la prima frase del considerando 25 del programma di risoluzione, quest’ultimo contiene dati riservati relativi all’importo dei ritiri di depositi. La ricorrente non spiega in che modo tali informazioni sarebbero essenziali per comprendere il ragionamento seguito nel programma di risoluzione.

352

A tale riguardo, la ricorrente rinvia all’allegato C.7 della replica, che dovrebbe illustrare i dati mancanti. Orbene, detto allegato contiene una tabella comparativa delle tre versioni, pubblicate in successione, del programma di risoluzione, che indica unicamente che, per quanto riguarda il considerando 25, esso non è stato integrato.

353

Alla luce di tutto quanto precede risulta che la ricorrente non ha dimostrato una violazione dell’obbligo di motivazione e che la prima censura deve essere respinta.

b)   Sulla seconda censura, vertente sulla violazione dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva

354

La ricorrente lamenta di non aver avuto accesso al programma di risoluzione nella sua versione integrale poiché le parti essenziali di detto programma non sono state pubblicate e le sue domande di accesso sono state respinte. Essa non conoscerebbe pertanto le ragioni che hanno indotto il CRU a privarla del suo diritto di proprietà, il che integrerebbe una violazione dei suoi diritti della difesa e del suo diritto a una tutela giurisdizionale effettiva sancito dall’articolo 47 della Carta. In base a quanto da essa sostenuto, l’esercizio dei suoi diritti della difesa presupporrebbe l’accesso al testo integrale del programma di risoluzione e la riservatezza di detto programma non sarebbe giustificata.

355

Per quanto concerne il principio della tutela giurisdizionale effettiva, occorre ricordare che l’articolo 47, primo comma, della Carta enuncia che ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel suddetto articolo. Dalla giurisprudenza della Corte emerge che l’efficacia del controllo giurisdizionale garantito dalla disposizione di cui trattasi richiede, in particolare, che l’interessato possa difendere i suoi diritti nelle migliori condizioni possibili e decidere, con piena cognizione di causa, se gli sia utile adire il giudice competente con un’azione diretta contro una determinata entità (v. sentenza del 29 aprile 2021, Banco de Portugal e a., C‑504/19, EU:C:2021:335, punto 57 e giurisprudenza ivi citata).

356

A tale riguardo, da una giurisprudenza costante risulta che l’efficacia del controllo giurisdizionale garantito dall’articolo 47 della Carta presuppone che l’interessato possa conoscere la motivazione della decisione adottata nei suoi confronti, vuoi in base alla lettura della decisione stessa, vuoi a seguito di comunicazione della motivazione effettuata su sua richiesta, fermo restando il potere del giudice competente di richiedere all’autorità di cui trattasi la comunicazione della motivazione medesima, al fine di consentire all’interessato di difendere i suoi diritti nelle migliori condizioni possibili e di decidere, con piena cognizione di causa, se gli sia utile adire il giudice competente, e per permettere pienamente a quest’ultimo di esercitare il controllo sulla legittimità della decisione nazionale in questione (v. sentenze del 26 aprile 2018, Donnellan, C‑34/17, EU:C:2018:282, punto 55 e giurisprudenza ivi citata; del 24 novembre 2020, Minister van Buitenlandse Zaken, C‑225/19 e C‑226/19, EU:C:2020:951, punto 43 e giurisprudenza ivi citata, e del 3 febbraio 2021, Ramazani Shadary/Consiglio, T‑122/19, non pubblicata, EU:T:2021:61, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

357

Per quanto attiene alla comunicazione del programma di risoluzione, occorre ricordare che la ricorrente non ne è destinataria, posto che il programma è indirizzato al FROB. La ricorrente deve essere considerata come un soggetto terzo e non ha quindi diritto alla comunicazione del programma di risoluzione.

358

A questo proposito, va osservato che la ricorrente si fonda a torto sulla giurisprudenza in materia di misure restrittive secondo cui l’osservanza dell’obbligo di comunicare i motivi di una decisione è necessaria per consentire ai destinatari di tali misure di difendere i loro diritti nelle migliori condizioni possibili e per rispettare il loro diritto a una tutela giurisdizionale effettiva.

359

Infatti, a differenza delle misure restrittive con cui una persona si vede infliggere un provvedimento individuale di sanzione economica e finanziaria (congelamento dei capitali), il programma di risoluzione non rappresenta un provvedimento individuale adottato nei confronti degli azionisti del Banco Popular e, quindi, della ricorrente. Non è pertanto applicabile nel caso di specie la giurisprudenza citata dalla ricorrente secondo cui la persona oggetto di una misura restrittiva, quale destinataria di una siffatta decisione, deve ricevere comunicazione dei relativi motivi.

360

Per quanto attiene alla pubblicazione del programma di risoluzione, in forza dell’articolo 29, paragrafo 5, del regolamento n. 806/2014, il CRU pubblica sul suo sito Internet ufficiale una copia del programma di risoluzione oppure un avviso che riassuma gli effetti dell’azione di risoluzione, in particolare sui clienti al dettaglio.

361

Nel caso di specie, il 7 giugno 2017, il CRU ha pubblicato sul suo sito Internet una comunicazione che informava dell’adozione del programma di risoluzione accompagnata da un documento che riassumeva gli effetti della risoluzione conformemente all’articolo 29, paragrafo 5, del regolamento n. 806/2014. L’11 luglio 2017, il CRU ha pubblicato una versione non riservata del programma di risoluzione. Il CRU ha altresì pubblicato sul suo sito Internet, il 2 febbraio 2018 e poi il 31 ottobre 2018, versioni non riservate con meno parti occultate del programma di risoluzione e delle valutazioni 1 e 2.

362

L’articolo 88, paragrafo 5, del regolamento n. 806/2014 prevede inoltre quanto segue:

«Prima che le informazioni siano divulgate il [CRU] si assicura che non contengano alcuna informazione riservata valutando i possibili effetti di tale divulgazione sull’interesse pubblico per quanto concerne la politica finanziaria, monetaria o economica, sugli interessi commerciali delle persone fisiche e giuridiche, sulle finalità delle ispezioni, sulle indagini e sugli audit. La procedura di verifica degli effetti generati dal divulgare le informazioni comprende una specifica valutazione delle conseguenze di un’eventuale divulgazione del contenuto e dei dettagli relativi ai piani di risoluzione di cui agli articoli 8 e 9, all’esito di eventuali valutazioni effettuate a norma dell’articolo 10 o al programma di risoluzione di cui all’articolo 18».

363

Tale disposizione prevede espressamente l’obbligo per il CRU di assicurarsi, prima della pubblicazione o della comunicazione a un terzo del programma di risoluzione, che quest’ultimo non contenga alcuna informazione riservata. Quest’obbligo si applica anche alla valutazione 2, che costituisce un allegato del programma di risoluzione e che ne forma parte integrante ai sensi dell’articolo 12.2 di detto programma.

364

La ricorrente deduce che la riservatezza del programma di risoluzione non trova alcun fondamento nel regolamento n. 806/2014 e viola il regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 43), nonché il principio di trasparenza sancito dall’articolo 15 TFUE e dall’articolo 42 della Carta.

365

A questo proposito, occorre rilevare che, in forza dell’articolo 339 TFUE, dell’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della Carta e dell’articolo 88, paragrafo 5, del regolamento n. 806/2014, il CRU ha l’obbligo di tutelare i dati riservati di tutte le entità, compresi i segreti commerciali.

366

In primo luogo, la ricorrente sostiene che dal considerando 116 del regolamento n. 806/2014 emerge che gli obblighi di riservatezza si applicherebbero solo fino a che la decisione non sia stata resa pubblica.

367

Il considerando 116 del regolamento n. 806/2014 prevede quanto segue:

«Le azioni di risoluzione dovrebbero essere debitamente notificate e, salvo le limitate eccezioni stabilite nel presente regolamento, essere rese pubbliche. Tuttavia, poiché è probabile che siano sensibili, le informazioni ottenute dal [CRU], dalle autorità nazionali di risoluzione e dai loro consulenti professionali durante la procedura di risoluzione dovrebbero essere soggette a obblighi in materia di segreto professionale. Occorre tenere conto del fatto che le informazioni sui contenuti e i particolari dei piani di risoluzione, nonché i risultati di qualsiasi valutazione di tali piani, possono avere conseguenze di ampia portata soprattutto per le imprese interessate. Tutte le informazioni fornite rispetto a una decisione prima che questa sia presa, che si tratti di accertare se le condizioni per la risoluzione siano soddisfatte, dell’uso di uno specifico strumento o di qualsiasi azione in corso di procedura, devono essere considerate come suscettibili di avere ripercussioni sugli interessi, pubblici e privati, implicati dall’azione. Tuttavia, potrebbe bastare l’informazione che il [CRU] e le autorità nazionali di risoluzione stiano esaminando una data entità per avere effetti negativi su di essa, per cui è necessario assicurare che vi siano strumenti adeguati per mantenere riservate informazioni quali il contenuto e i particolari dei piani di risoluzione e il risultato di qualsiasi valutazione svolta in tale contesto».

368

Da un lato, dal suddetto considerando risulta che talune informazioni detenute dal CRU, contenute nel programma di risoluzione, nella valutazione 2 nonché nei documenti sui quali esso si è basato, sono coperte dal segreto professionale e sono riservate.

369

A tale riguardo, dall’articolo 34, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 risulta che, ai fini dell’assolvimento dei propri compiti ai sensi di tale regolamento, il CRU può esigere, direttamente o attraverso le autorità nazionali di risoluzione previa informazione delle stesse, nonché avvalendosi appieno di tutte le informazioni a disposizione della BCE o delle autorità nazionali competenti, la comunicazione di tutte le informazioni necessarie per l’assolvimento dei compiti attribuitigli dal regolamento in parola, da parte, segnatamente, delle entità oggetto di un’azione di risoluzione. Il paragrafo 2 di tale articolo precisa che gli obblighi di segreto professionale non esentano le predette entità dall’obbligo di fornire le citate informazioni. L’articolo 34, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014 prevede che il CRU sia in grado di ottenere, anche su base continuativa, tutte le informazioni necessarie per l’esercizio delle proprie funzioni ai sensi del regolamento medesimo, in particolare sul capitale, sulla liquidità, sulle attività e sulle passività relative a ogni ente soggetto ai suoi poteri di risoluzione.

370

Con riferimento alla direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa ai mercati degli strumenti finanziari, che modifica le direttive 85/611/CEE e 93/6/CEE del Consiglio e la direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 93/22/CEE del Consiglio (GU 2004, L 145, pag. 1), la Corte ha dichiarato che il funzionamento efficace del sistema di controllo sull’attività delle imprese di investimento, fondato sulla sorveglianza esercitata nell’ambito di uno Stato membro e sullo scambio di informazioni tra le competenti autorità di diversi Stati membri, richiede che tanto le imprese sorvegliate quanto le autorità competenti possano avere la certezza che le informazioni riservate conservino in linea di principio il loro carattere riservato (v. sentenza del 19 giugno 2018, Baumeister, C‑15/16, EU:C:2018:464, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

371

La Corte ha ritenuto che l’assenza di una siffatta fiducia potrebbe compromettere la trasmissione agevole delle informazioni riservate necessarie per l’attività di vigilanza. È dunque al fine di tutelare non solo gli specifici interessi delle imprese direttamente coinvolte, ma anche l’interesse generale collegato al normale funzionamento dei mercati degli strumenti finanziari dell’Unione, che l’articolo 54, paragrafo 1, della direttiva 2004/39 impone, come regola generale, l’obbligo di mantenere il segreto professionale (v. sentenza del 19 giugno 2018, Baumeister, C‑15/16, EU:C:2018:464, punti 3233 e giurisprudenza ivi citata).

372

Orbene, occorre rilevare che l’articolo 88, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, relativo all’obbligo del segreto professionale dei membri del CRU, contiene una disposizione equivalente all’articolo 54, paragrafo 1, della direttiva 2004/39.

373

Dall’altro lato, è vero che il considerando 116 del regolamento n. 806/2014 menziona obblighi in materia di segreto professionale del CRU prima dell’adozione di una decisione di risoluzione. Esso indica che, nei limiti in cui talune informazioni detenute dal CRU siano sensibili e siano soggette al segreto commerciale, esse non devono essere comunicate al pubblico prima dell’adozione di un’azione di risoluzione. Infatti, la comunicazione di informazioni sul fatto che un’entità sia in dissesto o a rischio di dissesto e che possa essere oggetto di un’azione di risoluzione potrebbe, in particolare, indurre gli azionisti a vendere i loro titoli sui mercati e condurre altresì a un assalto agli sportelli, il che avrebbe la conseguenza di aggravare la situazione finanziaria della banca e, pertanto, di nuocere all’efficacia di un’azione del CRU nonché al funzionamento del mercato.

374

Tuttavia, tale considerando prevede altresì espressamente che le azioni di risoluzione «dovrebbero essere debitamente notificate e, salvo le limitate eccezioni stabilite nel presente regolamento, essere rese pubbliche». Orbene, occorre ricordare che l’articolo 88, paragrafo 5, del regolamento n. 806/2014, citato al precedente punto 362, prevede espressamente l’obbligo per il CRU di assicurarsi, prima della divulgazione del programma di risoluzione, che esso non contenga alcuna informazione riservata.

375

Pertanto, il considerando 116 del regolamento n. 806/2014 non può essere interpretato nel senso che le norme sulla riservatezza e sul segreto professionale si applichino solo finché la decisione di risoluzione non sia stata resa pubblica.

376

In secondo luogo, la ricorrente fa riferimento all’articolo 88, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 806/2014, ai sensi del quale «[l]e informazioni soggette agli obblighi in materia di segreto professionale non sono comunicate ad altra entità pubblica o privata, tranne quando tale comunicazione è necessaria ai fini di un’azione giudiziaria».

377

Orbene, tale disposizione non può significare che il CRU abbia l’obbligo di divulgare integralmente una decisione di risoluzione a partire dal momento in cui un’azione giudiziaria viene avviata. Tale disposizione rinvia alla possibilità per un giudice di ordinare la produzione di documenti, compresi quelli contenenti informazioni riservate.

378

A tale riguardo, il Tribunale ha la facoltà di ordinare al CRU la produzione di qualsiasi documento che ritenga rilevante ai fini della decisione della controversia, avvalendosi di una misura di organizzazione del procedimento o di un mezzo istruttorio, in applicazione dell’articolo 91, lettera b), e dell’articolo 92, paragrafo 3, del regolamento di procedura. Tuttavia, conformemente all’articolo 103, paragrafo 1, del medesimo regolamento, il Tribunale può ritenere che determinate informazioni contenute in tali documenti abbiano carattere riservato e quindi decidere che esse non siano comunicate alle altre parti, e in particolare ai ricorrenti.

379

Ne consegue che una decisione del Tribunale di ordinare la produzione di documenti non garantisce ai ricorrenti l’accesso alla versione integrale di tali documenti qualora il Tribunale ritenga che essi contengano dati riservati.

380

Occorre rilevare che, nell’ambito del presente procedimento, il Tribunale, il 12 maggio 2021, mediante un’ordinanza di mezzi istruttori, ha ordinato al CRU di produrre taluni documenti, tra cui le versioni riservate del programma di risoluzione, della valutazione 2 e della valutazione della BCE sul dissesto o sul rischio di dissesto del Banco Popular. Ai sensi all’articolo 103 del regolamento di procedura, dopo aver esaminato il contenuto di tali documenti, il Tribunale ha ritenuto che gli elementi che rimanevano occultati nelle versioni di tali documenti pubblicate sui siti Internet del CRU e della BCE non fossero rilevanti ai fini della soluzione della presente controversia. Pertanto, con ordinanza del 9 giugno 2021, il Tribunale ha ritirato le versioni riservate di tali documenti dal fascicolo.

381

In terzo luogo, la ricorrente si limita a dedurre che la riservatezza del programma di risoluzione viola il principio di trasparenza e le disposizioni del regolamento n. 1049/2001, concernenti l’accesso pubblico ai documenti, senza sollevare argomenti specifici.

382

Orbene, basti considerare, da un lato, che il regolamento n. 1049/2001 non è pertinente per stabilire se il CRU fosse tenuto a divulgare il programma di risoluzione nella sua versione integrale e che, dall’altro lato, esso prevede una disciplina di accesso ai documenti che contempla anche eccezioni volte a garantire la riservatezza di determinati dati.

383

A questo proposito, con riferimento all’articolo 54 della direttiva 2004/39, che sancisce un principio generale di divieto di divulgazione delle informazioni riservate detenute dalle autorità competenti e indica in modo tassativo i casi specifici in cui detto divieto generale non ostacola, in via eccezionale, la loro trasmissione o utilizzo, la Corte ha dichiarato che esso non intendeva istituire, in favore del pubblico, un diritto d’accesso alle informazioni detenute dalle autorità competenti oppure disciplinare nel dettaglio l’esercizio di un siffatto diritto di accesso, riconosciuto, se del caso, dal diritto nazionale (sentenza del 19 giugno 2018, Baumeister, C‑15/16, EU:C:2018:464, punti 3839).

384

Va osservato che l’articolo 88 del regolamento n. 806/2014 prevede i requisiti in materia di segreto professionale e stabilisce, al pari dell’articolo 54 della direttiva 2004/39, un principio generale di divieto di divulgazione delle informazioni riservate detenute dal CRU, prevedendo i casi in cui detto divieto generale non osta, in via eccezionale, alla loro trasmissione.

385

Orbene, la Corte ha dichiarato che l’articolo 54 della direttiva 2004/39 risponde a un obiettivo diverso da quello perseguito dal regolamento n. 1049/2001. Quest’ultimo mira infatti a conferire al pubblico un diritto di accesso ai documenti delle istituzioni dell’Unione che sia il più ampio possibile (v. sentenza del 19 giugno 2018, Baumeister, C‑15/16, EU:C:2018:464, punti 4041 nonché giurisprudenza ivi citata).

386

Secondo la Corte, è alla luce di un siffatto obiettivo che il regolamento n. 1049/2001 impone, in linea di principio, all’istituzione dell’Unione che intende denegare l’accesso a un documento di spiegare come l’accesso a tale documento potrebbe concretamente arrecare pregiudizio all’interesse tutelato da una delle eccezioni previste al diritto di accesso di cui trattasi, fatta salva la possibilità per tale istituzione di fondarsi al riguardo su una presunzione generale di riservatezza per una categoria di documenti in quanto considerazioni di ordine generale analoghe possono applicarsi a domande di divulgazione riguardanti documenti della stessa natura (v. sentenza del 19 giugno 2018, Baumeister, C‑15/16, EU:C:2018:464, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

387

Essa ne ha concluso che, per contro, laddove le autorità competenti, chiamate da un privato a esaminare una domanda di accesso a informazioni relative a un’impresa soggetta a vigilanza, ritengano che le informazioni richieste siano riservate, ai sensi dell’articolo 54, paragrafo 1, della direttiva 2004/39, esse potranno adempiere a una richiesta del genere soltanto nei casi tassativamente enumerati da detto articolo 54 (v. sentenza del 19 giugno 2018, Baumeister, C‑15/16, EU:C:2018:464, punto 43).

388

Si deve ritenere che tale giurisprudenza si applichi, per analogia, alle informazioni riservate detenute dal CRU ai sensi dell’articolo 88 del regolamento n. 806/2014.

389

In quarto luogo, la ricorrente invoca, in sede di replica, le decisioni della commissione per i ricorsi del CRU del 28 novembre 2017 e del 19 giugno 2018, adottate in risposta alle sue domande di accesso ai documenti ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 e del regolamento (CE) n. 1049/2001, a seguito delle quali il CRU ha pubblicato, nel febbraio e nell’ottobre 2018, sul suo sito Internet, versioni non riservate del programma di risoluzione, delle valutazioni 1 e 2, con meno parti occultate. Essa sostiene che dette decisioni della commissione per i ricorsi del CRU hanno confermato che l’accesso a una parte sostanziale del programma di risoluzione era stato negato in maniera ingiustificata e che la versione di detto programma pubblicata nel febbraio 2018 conteneva troppe parti riservate.

390

Va osservato che la Corte ha dichiarato che, a meno di non compromettere gli obiettivi perseguiti dall’articolo 54, paragrafo 1, della direttiva 2004/39, le autorità competenti sono in linea di principio tenute a osservare l’obbligo di segreto professionale loro incombente in forza di detta disposizione nel corso di tutto il periodo durante il quale le informazioni da esse detenute a norma di tale direttiva devono essere considerate come riservate. Ciò premesso, il decorso del tempo costituisce una circostanza normalmente in grado di influenzare l’analisi della questione se le condizioni da cui dipende la riservatezza delle informazioni interessate siano soddisfatte in un determinato momento (v. sentenza del 19 giugno 2018, Baumeister, C‑15/16, EU:C:2018:464, punti 4849 nonché giurisprudenza ivi citata).

391

Poiché, come già indicato, l’articolo 88, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 contiene una disposizione equivalente a quella dell’articolo 54, paragrafo 1, della direttiva 2004/39, detta giurisprudenza è applicabile, nella fattispecie, per analogia.

392

Le due decisioni della commissione per i ricorsi sono state adottate, rispettivamente, oltre sei mesi e un anno dopo l’adozione del programma di risoluzione. Il decorso di parecchi mesi dalla data di adozione del programma di risoluzione può aver influenzato l’analisi del carattere riservato di taluni dati presenti nel programma di risoluzione e nelle valutazioni 1 e 2. Pertanto, la valutazione sul carattere eccessivo della riservatezza di taluni dati, compiuta dalla commissione per i ricorsi nelle decisioni del 28 novembre 2017 e del 19 giugno 2018, non rimette in discussione il fatto che, appena dopo l’adozione del programma di risoluzione, tale riservatezza fosse giustificata. Inoltre, la commissione per i ricorsi non ha imposto la pubblicazione integrale del programma di risoluzione o della valutazione 2, restando taluni dati riservati.

393

Ne consegue che la ricorrente sostiene a torto che la riservatezza di taluni dati del programma di risoluzione fosse infondata.

394

Va peraltro ricordato che, in data 11 luglio 2017, il CRU ha pubblicato sul proprio sito Internet una versione non riservata del programma di risoluzione. La ricorrente, avendo avuto accesso ad essa, ha potuto contestarla dinanzi al Tribunale con il presente ricorso, proposto sulla base dell’articolo 263 TFUE, il che comprova l’esistenza del loro diritto a un ricorso effettivo.

395

Inoltre, successivamente all’introduzione del presente ricorso e a seguito delle decisioni della commissione per i ricorsi del CRU citate al precedente punto 389, il CRU ha pubblicato sul proprio sito Internet il 2 febbraio e il 31 ottobre 2018 – ossia prima del deposito della replica – versioni non riservate del programma di risoluzione e delle valutazioni 1 e 2 contenenti meno parti occultate. La ricorrente ha così potuto prendere posizione su tali versioni.

396

La ricorrente sostiene che, pur avendo avuto accesso a un numero maggiore di informazioni a seguito della pubblicazione, il 2 febbraio e il 31 ottobre 2018, di versioni del programma di risoluzione e delle valutazioni 1 e 2 contenenti meno parti occultate, ciò non può sanare la mancanza di motivazione a seguito dell’apertura della procedura.

397

A tale riguardo, basti rilevare che le successive pubblicazioni sul sito Internet del CRU riguardavano il programma di risoluzione e le valutazioni 1 e 2 nelle loro versioni originali. Tali pubblicazioni erano dirette a consentire al pubblico di accedere a parti di detti documenti che erano state inizialmente considerate riservate. Non si trattava per il CRU di pubblicare informazioni che non erano originariamente presenti nel programma di risoluzione o nelle valutazioni 1 e 2 e dirette a completarne la motivazione.

398

Infine, si deve rilevare che la Corte ha già statuito che una decisione della Commissione che dichiari insussistente un presunto aiuto di Stato segnalato da un denunciante può, alla luce dell’obbligo di rispettare il segreto commerciale, essere sufficientemente motivata senza contenere l’insieme dei dati numerici sui quali si basa il ragionamento di tale istituzione (v., in tal senso, sentenza del 1o luglio 2008, Chronopost e La Poste/UFEX e a., C‑341/06 P e C‑342/06 P, EU:C:2008:375, punti da 108 a 111). Pertanto, una versione non riservata di una siffatta decisione, qualora faccia emergere in maniera chiara e non equivoca l’iter logico seguito da detta istituzione nonché il metodo da essa impiegato, onde consentire agli interessati di conoscere le ragioni e al Tribunale di esercitare il suo controllo nei loro confronti, è sufficiente a soddisfare l’obbligo di motivazione gravante sulla medesima istituzione (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2016, Club Hotel Loutraki e a./Commissione, C‑131/15 P, EU:C:2016:989, punto 55).

399

Inoltre, per quanto riguarda gli elementi economici utilizzati dalla Deloitte nella valutazione 2 e presi in considerazione dal CRU nel programma di risoluzione, è innegabile che essi richiedano valutazioni tecniche complesse. Poiché il programma di risoluzione faceva emergere il ragionamento seguito dal CRU con chiarezza sufficiente a consentire di contestarne successivamente la fondatezza dinanzi alla giurisdizione competente, sarebbe eccessivo esigere una motivazione specifica per ciascuna delle scelte tecniche o per ciascuno dei dati numerici sui quali si basa tale ragionamento (v., per analogia, sentenza del 1o luglio 2008, Chronopost e La Poste/UFEX e a., C‑341/06 P e C‑342/06 P, EU:C:2008:375, punto 108 e giurisprudenza ivi citata).

400

Orbene, da un lato, dall’analisi della prima censura emerge che la ricorrente non aveva dimostrato che le versioni del programma di risoluzione e della valutazione 2, pubblicate sul sito Internet del CRU e cui essa ha avuto accesso, non fossero sufficientemente motivate. Dall’altro lato, la ricorrente non ha precisato in quale misura i dati economici rimasti occultati nelle versioni non riservate del programma di risoluzione e della valutazione 2 fossero necessari ai fini della comprensione del programma di risoluzione e dell’esercizio del loro diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo.

401

Occorre pertanto ritenere che la ricorrente non può sostenere che un diritto di accesso al programma di risoluzione nella sua versione integrale fosse necessario ai fini dell’esercizio dei suoi diritti della difesa o del suo diritto a un ricorso effettivo.

402

Da tutto quanto precede risulta che la seconda censura e, pertanto, il primo motivo di ricorso nel suo complesso, devono essere respinti.

6.   Sul secondo motivo di ricorso, vertente sulla violazione del principio nemo auditur propriam turpitudinem allegans e dell’articolo 88 del regolamento n. 806/2014

403

La ricorrente afferma che il CRU ha violato il principio nemo auditur propriam turpitudinem allegans e l’obbligo di segreto professionale previsto dall’articolo 88 del regolamento n. 806/2014 e dall’articolo 339 TFUE, adottando un atto lesivo del Banco Popular e dei suoi azionisti in ragione di una crisi da esso stesso provocata.

404

Essa sostiene che le dichiarazioni rese dalla presidente del CRU, in occasione di un’intervista rilasciata al canale Bloomberg TV il 23 maggio 2017 e in un articolo pubblicato il 31 maggio 2017 da Reuters integrano una violazione dell’articolo 88 del regolamento n. 806/2014, che prevede un obbligo di segreto professionale gravante sul personale e sui membri del CRU. Secondo la ricorrente, dette dichiarazioni avrebbero generato il panico nel pubblico, che ha ritirato in maniera massiccia fondi del Banco Popular, con conseguente deflusso dei depositi. La ricorrente deduce vari elementi che comproverebbero la sussistenza di un nesso di causalità tra le dichiarazioni di cui trattasi e la crisi del Banco Popular. Le informazioni contenute in dette dichiarazioni della presidente del CRU del 23 e del 31 maggio 2017 sarebbero all’origine della crisi di liquidità del Banco Popular, la quale rappresenterebbe il motivo della risoluzione di quest’ultimo.

405

La ricorrente sostiene inoltre che, conformemente al principio nemo auditur propriam turpitudinem allegans, un’istituzione non può fondare sui propri errori l’adozione di un atto lesivo di un singolo.

406

A parere della Commissione, nell’ambito di un ricorso vertente sulla legittimità del programma di risoluzione, le circostanze che hanno potuto mettere in difficoltà l’entità non rilevano e la sola questione che rileva è quella riguardante il soddisfacimento delle condizioni giuridiche previste per l’adozione di detto programma. Anche il CRU sostiene che la validità del programma di risoluzione presuppone che l’entità sia in dissesto o a rischio di dissesto e che le condizioni previste dal regolamento n. 806/2014 siano soddisfatte all’atto dell’adozione di detto programma, a prescindere dalle ragioni che hanno generato tale situazione.

407

In via preliminare, per quanto attiene al principio nemo auditur propriam turpitudinem allegans, invocato dalla ricorrente, secondo cui nessuno può invocare il proprio comportamento illecito nei confronti di altri per ottenere un vantaggio, occorre osservare, al pari della Commissione e del CRU, che tale principio non è applicabile nel caso di specie.

408

Come rilevato dal CRU, tale principio si applica quando una parte cerca di trarre indebitamente profitto dal proprio comportamento illecito. Orbene, la ricorrente non indica quale vantaggio il CRU avrebbe tratto dall’adozione del programma di risoluzione.

409

Inoltre, nessuno degli esempi tratti dalla giurisprudenza e citati dalla ricorrente consente di dimostrare la pertinenza di detto principio a fondamento di una domanda di annullamento di un atto adottato da un’istituzione o da un organo dell’Unione. Così, al punto 55 della sentenza dell’11 dicembre 1996, Barraux e a./Commissione (T‑177/95, EU:T:1996:187), il Tribunale ha considerato che l’argomento secondo cui detto principio impedirebbe al Consiglio di adottare un regolamento con effetto retroattivo non era pertinente. Al punto 63 della sentenza del 10 luglio 2003, Commissione/Fresh Marine (C‑472/00 P, EU:C:2003:399), la Corte ha semplicemente ricordato una constatazione del Tribunale secondo cui la Fresh Marine avrebbe contribuito con la propria negligenza al danno. Al punto 13 della sentenza del 9 febbraio 1984, Kohler/Corte dei conti (316/82, EU:C:1984:49), la Corte ha osservato che l’eccezione sollevata dalla Corte dei conti europea relativa alla mancanza di forma scritta dell’atto impugnato, invocata a sostegno dell’irricevibilità del ricorso, era infondata, indipendentemente dal fatto che accogliere detta eccezione significasse consentirle di avvalersi di una trasgressione, che essa stessa aveva commesso, al fine di privare la ricorrente del diritto di impugnazione.

410

Occorre quindi esaminare il presente motivo di ricorso nella parte in cui la ricorrente eccepisce una violazione, da parte del CRU, del suo obbligo di segreto professionale previsto dall’articolo 339 TFUE e dall’articolo 88 del regolamento n. 806/2014.

411

Si deve osservare che, anche laddove la ricorrente avesse dimostrato che il CRU aveva divulgato informazioni riservate alla stampa, secondo una giurisprudenza costante, un’irregolarità come quella appena esaminata può comportare l’annullamento della decisione di cui trattasi soltanto se si dimostra che, in mancanza della stessa, la suddetta decisione avrebbe avuto un contenuto diverso (v. sentenza del 6 luglio 2000, Volkswagen/Commissione, T‑62/98, EU:T:2000:180, punto 283 e giurisprudenza ivi citata; sentenza del 5 aprile 2006, Degussa/Commissione, T‑279/02, EU:T:2006:103, punto 416, v. inoltre sentenza del 3 marzo 2011, Siemens/Commissione, T‑110/07, EU:T:2011:68, punto 402 e giurisprudenza ivi citata).

412

A questo proposito, come sostenuto dalla Commissione e dal CRU, un programma di risoluzione è validamente adottato quando sono soddisfatte le condizioni previste all’articolo 18 del regolamento n. 806/2014, indipendentemente dai motivi che hanno portato l’entità in questione al dissesto o al rischio di dissesto.

413

Orbene, va ricordato che gli argomenti della ricorrente relativi alla violazione dell’articolo 18 del regolamento n. 806/2014 sono stati respinti nel quadro dell’analisi dell’ottavo motivo di ricorso.

414

Pertanto, occorre rilevare che il CRU, avendo ritenuto che le condizioni previste all’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 fossero soddisfatte, ha adottato il programma di risoluzione per il Banco Popular e che la Commissione, considerando che il programma di risoluzione fosse conforme alle disposizioni del regolamento n. 806/2014, lo ha approvato. Le circostanze che hanno condotto a che il Banco Popular soddisfacesse le condizioni che giustificavano l’adozione del programma di risoluzione, in particolare la condizione che esso fosse in dissesto o a rischio di dissesto, non sono pertinenti.

415

Di conseguenza, l’asserito nesso di causalità tra le dichiarazioni del 23 e del 31 maggio 2017 e la crisi di liquidità del Banco Popular, invocato dalla ricorrente, è irrilevante e non può condurre all’annullamento delle decisioni impugnate.

416

L’argomento dedotto dalla ricorrente, secondo cui il CRU non poteva validamente adottare il programma di risoluzione poiché le dichiarazioni della sua presidente, rese in violazione del suo obbligo di riservatezza e del principio di buona amministrazione, sarebbero all’origine della crisi di liquidità del Banco Popular, deve pertanto essere respinto come inconferente ai fini della valutazione della legittimità del programma di risoluzione.

417

La ricorrente non può neppure validamente sostenere che le divulgazioni del 23 e del 31 maggio 2017 hanno provocato la grave crisi di liquidità del Banco Popular. Gli argomenti della ricorrente si fondano su una rappresentazione parziale ed erronea dei fatti all’origine della crisi di liquidità del Banco Popular e delle cause che hanno condotto al dissesto o al rischio di dissesto dello stesso.

418

Occorre così ricordare che, nella sua valutazione sul dissesto o sul rischio di dissesto del Banco Popular, citata ai precedenti punti da 53 a 61, la BCE ha menzionato i diversi avvenimenti all’origine del deterioramento della posizione di liquidità di detto istituto.

419

Al considerando 24 del programma di risoluzione, il CRU ha citato altre circostanze che avevano condotto al rapido deterioramento della posizione di liquidità del Banco Popular, ossia:

nel febbraio 2017, il Banco Popular ha annunciato la necessità di accantonamenti straordinari per 5,7 miliardi di EUR, con una perdita consolidata di 3,485 miliardi di EUR e ha nominato un nuovo presidente;

il 10 febbraio 2017, la DBRS ha declassato il rating del Banco Popular;

il 3 aprile 2017, il Banco Popular ha pubblicato una dichiarazione pubblica ad hoc che informava del risultato di revisioni interne che potevano avere un’incidenza significativa sui bilanci dell’ente e ha confermato la sostituzione del suo amministratore delegato meno di un anno dopo l’assunzione dell’incarico;

il 7 aprile 2017, Standard & Poor’s e, il 21 aprile, Moody’s hanno declassato il rating del Banco Popular;

il 12 maggio 2017, il Banco Popular ha violato il requisito in materia di copertura della liquidità dell’80% e, in seguito, non è più stato in grado di ripristinare il rispetto del limite normativo;

la copertura mediatica negativa e continua sui risultati finanziari del Banco Popular e sul presunto rischio imminente di fallimento o di carenza di liquidità ha causato un aumento dei ritiri di depositi;

il 6 giugno 2017, la DBRS e Moody’s hanno declassato il rating del Banco Popular.

420

Il CRU ha rilevato che l’insieme di tali circostanze aveva comportato significativi ritiri di depositi.

421

Da tali fatti, non contestati dalla ricorrente, risulta che la situazione del Banco Popular si era deteriorata già ben prima del 23 maggio 2017 e che la crisi di liquidità del Banco Popular era causata da molteplici fattori, che avevano origine negli scarsi risultati della banca annunciati nel febbraio e nell’aprile 2017. In particolare, il requisito in materia di copertura della liquidità del Banco Popular non rispettava i requisiti normativi sin dal 12 maggio 2017.

422

Si deve rilevare che la ricorrente non può ignorare tutte le circostanze oggettive che hanno causato i problemi di liquidità del Banco Popular, in particolare dal mese di aprile 2017. Essa non può validamente sostenere che la dichiarazione del 23 maggio 2017 e l’articolo del 31 maggio successivo, anche supponendo che abbiano origine in una violazione del principio di riservatezza da parte del CRU, siano stati la causa della crisi di liquidità del Banco Popular.

423

Tale conclusione non è rimessa in discussione dagli altri argomenti della ricorrente.

424

La ricorrente sostiene che la BCE, nella sua valutazione sul dissesto o sul rischio di dissesto del Banco Popular, ha rilevato che le perdite di depositi a partire dal 31 maggio 2017 erano particolarmente rilevanti, dopo che i media avevano rivelato che la banca avrebbe potuto dover affrontare una liquidazione se la procedura di vendita privata in corso non avesse avuto esito positivo entro un termine molto breve.

425

Dalla sua valutazione risulta che, secondo la BCE, l’annuncio del fallimento della procedura di vendita privata e del rischio di liquidazione dell’impresa ha rafforzato le perdite di depositi del Banco Popular. Tuttavia, si tratta soltanto di un elemento tra i numerosi altri citati dalla BCE che sono all’origine di tali deflussi di depositi. La ricorrente non può sostenere che la BCE ha riconosciuto che l’articolo della Reuters del 31 maggio 2017 era all’origine della crisi di liquidità del Banco Popular.

426

La BCE ha rilevato l’importante copertura mediatica negativa di cui è stato oggetto il Banco Popular durante tale periodo e cita anche esempi di articoli pubblicati l’11 e il 15 maggio 2017, menzionati ai precedenti punti 40 e 41. La ricorrente non può isolare dall’insieme di tali articoli di stampa soltanto l’articolo che menziona un funzionario dell’Unione, per sostenere che detto articolo sarebbe da solo all’origine dei deflussi di liquidità del Banco Popular.

427

Inoltre, sempre secondo la ricorrente, le dichiarazioni del 23 e del 31 maggio 2017 avrebbero avuto ripercussioni sul ribasso del prezzo delle azioni del Banco Popular e sulla quotazione di diversi strumenti finanziari.

428

Va osservato che l’evoluzione della quotazione delle azioni del Banco Popular mostrava un calo costante tra il giugno 2016 e il giugno 2017. Contrariamente a quanto afferma la ricorrente, tale evoluzione non rivela alcun nesso tra la dichiarazione del 23 maggio e l’articolo del 31 maggio 2017 e la quotazione delle azioni del Banco Popular. Il crollo della quotazione delle azioni del Banco Popular si spiega con la cattiva situazione finanziaria della banca e deve essere messo in relazione con i declassamenti del rating del Banco Popular da parte delle agenzie di rating, menzionati ai precedenti punti 32, 38 e 46.

429

In udienza la ricorrente ha inoltre riconosciuto che, il 15 maggio 2017, il Banco Popular era uscito dall’indice MSCI (Morgan Stanley Capital International). Orbene, detta uscita ha indotto importanti fondi di investimento a vendere le proprie azioni del Banco Popular e ha contribuito al crollo del valore di queste ultime.

430

Inoltre, per quanto riguarda l’evoluzione delle obbligazioni contingenti convertibili (CoCos) del Banco Popular, basti osservare che il giornalista che ha intervistato la presidente del CRU il 23 maggio 2017 ha menzionato il loro crollo a causa di un rischio di mancato rimborso. La ricorrente non può quindi sostenere che il ribasso delle CoCos fosse una conseguenza di detta intervista.

431

In ogni caso, va osservato che la ricorrente non solleva alcun argomento volto a dimostrare quali elementi contenuti nelle dichiarazioni del 23 e del 31 maggio 2017 integrerebbero una violazione dell’obbligo di segreto professionale da parte della presidente del CRU; essa non ha inoltre dimostrato l’esistenza di una violazione dell’obbligo di riservatezza o di segreto professionale imputabile a quest’ultimo.

432

In primo luogo, per quanto riguarda l’intervista della presidente del CRU al canale televisivo Bloomberg il 23 maggio 2017, il giornalista ha chiesto:

«Can I take you to Spain? I want to show our audience something that is very much on our radar screen here at Bloomberg and that is Banco Popular and the CoCos [(Contingent Convertibles)] which are under a little bit of pressure right now. This is an institution with a CET 1 just north of 7 per cent. Is it on your radar screen as well?». (Posso portarla in Spagna? Vorrei mostrare al nostro pubblico qualcosa che è molto presente sul nostro schermo radar qui a Bloomberg, si tratta del Banco Popular e delle obbligazioni contingenti convertibili che sono un po’ sotto pressione in questo momento. Tale istituto ha un CET 1 appena superiore al 7%. È anche sul vostro schermo radar?).

433

La presidente del CRU ha risposto:

«Well, I am never talking about individual banks. There are more banks than just one on our radar screen and of course, Banco Popular is also a case we are watching but it is not the only one we are watching». (Non parlo mai delle banche individualmente. Ci sono varie banche sul nostro schermo radar e certamente anche quello del Banco Popular è uno dei casi che stiamo sorvegliando, ma non è l’unico).

434

Da un lato, si deve constatare, come rilevato dal CRU, che tali affermazioni hanno portata generale, in quanto la sorveglianza degli enti fa parte del suo compito in collaborazione con la BCE. L’informazione secondo cui il Banco Popular, in quanto ente creditizio coperto dal meccanismo di vigilanza unico, è «sorvegliato» non è riservata.

435

Inoltre, dall’articolo del 15 maggio 2017 pubblicato da elconfidencial.com, menzionato al precedente punto 41, risulta che l’informazione secondo cui il Banco Popular era stato oggetto di un’ispezione della BCE era già pubblica.

436

Dall’altro lato, durante tale intervista, la presidente del CRU non menziona l’ipotesi di una risoluzione del Banco Popular. Da tali affermazioni non si può trarre alcuna conclusione circa l’imminente attuazione di una risoluzione del Banco Popular e ancor meno riguardo allo strumento di risoluzione che avrebbe potuto essere attuato dal CRU.

437

Inoltre, poiché le suddette affermazioni non possono essere interpretate nel senso che esse significassero che il Banco Popular sarebbe stato sottoposto a risoluzione, esse non rientrano nelle ipotesi previste dal considerando 116 del regolamento n. 806/2014, relativo alla comunicazione di tutte le informazioni fornite rispetto a una decisione prima che questa sia presa.

438

Pertanto, si deve ritenere che le dichiarazioni rilasciate dalla presidente del CRU in occasione dell’intervista del 23 maggio 2017 non contengano informazioni riservate e non costituiscano una violazione del principio di riservatezza, né dell’obbligo del segreto professionale previsto all’articolo 88 del regolamento n. 806/2014 e all’articolo 339 TFUE.

439

In secondo luogo, per quanto riguarda l’articolo pubblicato da Reuters il 31 maggio 2017, intitolato «La UE, advertida de riesgo de una resolución ordenada en Banco Popular» (UE, avvertimento del rischio di una risoluzione del Banco Popular), tale articolo indica che, secondo un alto funzionario dell’Unione rimasto anonimo, una delle principali autorità di vigilanza bancaria in Europa aveva avvertito i funzionari dell’Unione che per il Banco Popular avrebbe potuto rendersi necessaria una risoluzione qualora non fosse riuscito a trovare un acquirente e che la presidente del CRU aveva recentemente emesso un’«allerta rapida». Secondo tale articolo, detto alto funzionario ha altresì riferito che la presidente del CRU aveva dichiarato che il CRU seguiva la procedura (Banco Popular) con particolare attenzione in vista di un possibile intervento e ha aggiunto che l’offerta di fusione della banca avrebbe potuto essere infruttuosa.

440

Il medesimo articolo di Reuters indica altresì che, secondo un’altra fonte, anch’essa anonima, erano in corso preparativi generali sebbene non fosse stata ancora adottata alcuna misura concreta. Secondo lo stesso articolo, un portavoce del Banco Popular aveva dichiarato che la banca lavorava su diversi piani comprendenti una fusione, un aumento di capitale e vendite di attività.

441

Occorre anche rilevare che tale articolo menziona il comunicato stampa del CRU dello stesso giorno, nel quale il CRU ha indicato che non commentava le difficoltà specifiche di una banca, che non poteva confermare le interpretazioni relative alle asserite citazioni della sua presidente e che non emetteva mai allerta a proposito delle banche.

442

Si deve osservare che la ricorrente non precisa quali informazioni contenute in tale articolo sarebbero riservate, né in quale misura la loro divulgazione costituirebbe una violazione degli obblighi di segreto professionale del CRU. La ricorrente sostiene che la presidente del CRU sarebbe l’autrice delle dichiarazioni riportate in detto articolo e che né il CRU, né la Commissione hanno fornito elementi di prova idonei a dimostrare il contrario. Orbene, occorre osservare che le dichiarazioni di un funzionario dell’Unione, riportate nell’articolo di cui trattasi, non vertevano su informazioni riservate che solo i membri del CRU – e ancor meno solo la sua presidente – potevano conoscere.

443

Infatti, in primo luogo, il funzionario avrebbe menzionato un’«allerta rapida» che sarebbe stata emessa dalla presidente del CRU. Orbene, occorre rilevare che tale affermazione non corrisponde a una competenza del CRU, circostanza che quest’ultimo ha peraltro ricordato nel suo comunicato stampa del 31 maggio 2017.

444

In secondo luogo, per quanto riguarda l’affermazione di tale funzionario secondo la quale «la presidente del CRU aveva dichiarato che il CRU seguiva la procedura (Banco Popular) con particolare attenzione in vista di un possibile intervento», è sufficiente constatare che tali dichiarazioni riprendono la sostanza di quanto la presidente del CRU aveva affermato pubblicamente durante la sua intervista concessa al canale televisivo Bloomberg il 23 maggio 2017, ossia che il Banco Popular era «sorvegliato». Per di più, l’interpretazione estensiva data a tali dichiarazioni è stata smentita dal CRU nel suo comunicato stampa.

445

In terzo luogo, per quanto riguarda l’affermazione di detto funzionario secondo cui l’offerta di fusione della banca avrebbe potuto essere infruttuosa, dal medesimo articolo risulta che lo stesso Banco Popular aveva indicato che avrebbe dovuto differire la scadenza fissata inizialmente al 10 giugno 2017 per presentare offerte nell’ambito della procedura di vendita privata.

446

In quarto luogo, per quanto riguarda l’affermazione in base alla quale, secondo un alto funzionario dell’Unione rimasto anonimo, una delle principali autorità di vigilanza bancaria in Europa aveva avvertito i funzionari dell’Unione che per il Banco Popular avrebbe potuto rendersi necessaria una risoluzione qualora non fosse riuscito a trovare un acquirente, occorre rilevare che diversi articoli di stampa menzionavano già, nel corso del mese di maggio, il fatto che il Banco Popular era in difficoltà e che aveva avviato una procedura di vendita privata.

447

Infatti, risulta da un articolo dell’11 maggio 2017, pubblicato sul sito Internet elconfidencial.com, citato al precedente punto 40, che il presidente del Banco Popular aveva ordinato la vendita urgente della banca a causa di un rischio di fallimento. Il riferimento, nell’articolo del 31 maggio, al fatto che i funzionari dell’Unione sarebbero stati informati da «una delle principali autorità di vigilanza bancaria in Europa», sembra corrispondere all’informazione fornita in tale articolo, secondo la quale, a causa di un serio rischio di fallimento dovuto, in particolare, ai continui deflussi di depositi, il presidente del Banco Popular era stato costretto ad attuare la procedura di vendita al fine di soddisfare le condizioni imposte dalla BCE. Inoltre, un articolo del 15 maggio 2017, pubblicato sul sito Internet elconfidencial.com, menzionato al precedente punto 41, indicava che il piano di vendita del Banco Popular era stato attuato dal suo presidente dopo l’ispezione della BCE.

448

Dunque, il fatto che il Banco Popular dovesse far fronte a un rischio di fallimento se non avesse trovato un acquirente al termine della procedura di vendita da esso avviata era un’informazione pubblica sin dalla metà del mese di maggio 2017.

449

Ne consegue che, contrariamente a quanto asserisce la ricorrente, le parole del funzionario dell’Unione rimasto anonimo riportate in tale articolo non contengono informazioni riservate concernenti l’attuazione di una procedura di risoluzione relativa al Banco Popular, come quelle di cui al considerando 116 del regolamento n. 806/2014.

450

La ricorrente sostiene inoltre a torto che compete al CRU o alla Commissione dimostrare che la presidente del CRU non era l’autrice delle dichiarazioni riportate in detto articolo.

451

Come sostenuto dal CRU, numerose persone diverse dai membri del CRU o dai funzionari della Commissione potevano rendere simili dichiarazioni, alla luce, in particolare, delle possibilità di scambio di informazioni previste segnatamente dall’articolo 88, paragrafo 6, del regolamento n. 806/2014.

452

Orbene, anche supponendo che le dichiarazioni riportate in tale articolo abbiano origine in una fuga di notizie da parte di un funzionario dell’Unione, poiché non è stato dimostrato che la presidente del CRU sia responsabile della fuga di informazioni di cui testimoniano gli articoli di stampa ai quali la ricorrente fa riferimento, dalla giurisprudenza risulta che l’origine della fuga di notizie non può essere presunta (v., in tal senso, sentenza del 15 marzo 2006, BASF/Commissione, T‑15/02, EU:T:2006:74, punto 605).

453

Inoltre, occorre rilevare che, anche nel caso in cui fosse verosimile che il CRU possa essere all’origine di tale fuga di notizie, questa sola eventualità non è sufficiente, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, a far gravare su di esso l’onere della prova contraria (v., in tal senso, sentenza del 5 aprile 2006, Degussa/Commissione, T‑279/02, EU:T:2006:103, punto 412).

454

Pertanto, il fatto che tale articolo riporti parole asseritamente pronunciate dalla presidente del CRU non può essere sufficiente a dimostrarne l’autenticità, tanto più che la persona che si presume aver riferito tali parole è essa stessa non identificata. Inoltre, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, il comunicato stampa del CRU del 31 maggio 2017, il cui contenuto è ricordato al precedente punto 441, costituisce una smentita delle informazioni contenute in detto articolo.

455

La ricorrente non può neppure fondarsi sul fatto che le asserite dichiarazioni della presidente del CRU sarebbero state riprese negli articoli di stampa del 1o giugno 2017, prodotti in allegato all’atto introduttivo. Detti articoli non dimostrano infatti che la presidente del CRU abbia reso le dichiarazioni del 31 maggio 2017. Basti considerare che l’estratto dell’articolo di bolsamania.com del 1o giugno 2017, citato dalla ricorrente, si limita a riprendere il contenuto dell’intervista concessa dalla presidente del CRU al canale televisivo Bloomberg il 23 maggio e che l’estratto dall’articolo del Financial Times del 1o giugno 2017 riproduce il contenuto dell’articolo di Reuters del 31 maggio 2017.

456

Non potendosi presumere che la presidente del CRU sia stata all’origine della dichiarazione del 31 maggio 2017, non incombe alla Commissione o al CRU dimostrare che non ne era l’autrice.

457

Peraltro, con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 2 ottobre 2020, la ricorrente ha presentato una nuova offerta di prova, ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 3, del regolamento di procedura. Tale offerta di prova verte su due messaggi di posta elettronica interni del CRU, del 10 e del 18 agosto 2017, concernenti le azioni adottate dal CRU al fine di indagare sulla divulgazione alla stampa di informazioni relative alla risoluzione del Banco Popular. La ricorrente giustifica il ritardo nella produzione di detti documenti indicando di aver avuto accesso agli stessi a seguito della decisione del CRU, del 24 agosto 2020, di divulgarli, adottata conformemente alla decisione della commissione per i ricorsi del CRU del 15 aprile 2020, concernente una domanda di accesso ai documenti proposta da un terzo. Essa precisa di aver avuto accesso a detti documenti nel settembre 2020. La ricorrente osserva che queste nuove prove mirano a suffragare l’argomento da essa sollevato nell’ambito del secondo motivo di ricorso e che detti documenti dimostrano il mancato compimento di un’indagine sulle fughe di informazioni verso la stampa verificatesi il 23 maggio 2017.

458

La Commissione, il CRU, il Regno di Spagna e il Consiglio sostengono che detti documenti non sono rilevanti per valutare la legittimità delle decisioni impugnate.

459

Basti osservare che dall’assenza di un’indagine interna al CRU sulla dichiarazione resa dalla sua presidente il 23 maggio 2017 o sulla dichiarazione alla base dell’articolo del 31 maggio 2017 non può in alcun caso dedurre la prova della violazione, da parte del CRU, dei suoi obblighi di riservatezza. Pertanto, il fatto che il CRU non abbia svolto un’indagine interna in merito a dette dichiarazioni, dopo l’adozione della decisione di risoluzione, deve essere considerato irrilevante ai fini della valutazione della legittimità delle decisioni impugnate.

460

I documenti presentati nell’ambito di detta nuova offerta di prova devono quindi essere respinti come non pertinenti ai fini della soluzione della controversia.

461

Da tutte le suesposte considerazioni discende che il secondo motivo di ricorso deve essere respinto in quanto infondato.

7.   Sul sesto motivo di ricorso, vertente sulla violazione del diritto di proprietà, sancito dall’articolo 17 della Carta, e sulla violazione dell’articolo 5, paragrafo 4, TUE

462

La ricorrente sostiene, quale ex azionista del Banco Popular, che la decisione adottata dal CRU, nel programma di risoluzione, di svalutare e convertire le azioni del Banco Popular e di cedere quest’ultimo al Banco Santander integra una restrizione del suo diritto di proprietà, sancito dall’articolo 17 della Carta, che non soddisfa la condizione di proporzionalità prevista all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta e all’articolo 5, paragrafo 4, TUE.

463

Va ricordato che, a norma dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, citato al precedente punto 158, e della giurisprudenza citata al precedente punto 159, l’esercizio del diritto di proprietà può essere soggetto a restrizioni a condizione che esse siano previste dalla legge, laddove siano necessarie a finalità di interesse generale e proporzionate a tale obiettivo.

464

Con il suo sesto motivo di ricorso, la ricorrente non contesta il fatto che la limitazione del suo diritto di proprietà derivante dalla svalutazione e dalla conversione degli strumenti di capitale del Banco Popular e dalla cessione di quest’ultimo al Banco Santander, decise nel programma di risoluzione, fosse prevista dalla legge e necessaria a finalità di interesse generale. Essa si limita a rimettere in discussione la proporzionalità di dette misure in considerazione del fatto che il Banco Popular si trovava ad affrontare un problema di liquidità e addebita al CRU di non aver cercato altre soluzioni meno restrittive per il diritto di proprietà degli azionisti.

465

Secondo costante giurisprudenza, già citata al precedente punto 176, il principio di proporzionalità, il quale fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione, esige che gli atti delle istituzioni dell’Unione non eccedano i limiti di quanto è appropriato e necessario alla realizzazione degli obiettivi legittimi perseguiti dalla normativa di cui trattasi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta fra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto alle finalità ricercate [v. sentenze del 30 aprile 2019, Italia/Consiglio (Contingente di pesca del pesce spada del Mediterraneo), C‑611/17, EU:C:2019:332, punto 55 e giurisprudenza ivi citata, e del 6 maggio 2021, Bayer CropScience e Bayer/Commissione, C‑499/18 P, EU:C:2021:367, punto 166 e giurisprudenza ivi citata].

466

Va osservato che il potere di svalutare e convertire gli strumenti di capitale del Banco Popular, previsto all’articolo 21 del regolamento n. 806/2014, deriva dall’applicazione del principio, previsto all’articolo 15, paragrafo 1, lettera a), del medesimo regolamento, secondo cui gli azionisti dell’ente soggetto a risoluzione sostengono per primi le perdite. La vendita del Banco Popular al Banco Santander è il risultato dell’applicazione dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa previsto all’articolo 22 del regolamento n. 806/2014.

467

A tale riguardo, si deve ricordare che, dall’analisi del quarto motivo di ricorso emerge che quanto previsto dagli articoli 15 e 22 del regolamento n. 806/2014 non rappresenta un intervento sproporzionato e inammissibile che pregiudica la sostanza stessa del diritto di proprietà degli azionisti dell’entità interessata da un’azione di risoluzione, ma deve essere considerato come una restrizione al loro diritto di proprietà giustificata e proporzionata in conformità alle disposizioni di cui all’articolo 17, paragrafo 1, e all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta.

468

Peraltro, il Tribunale ha già dichiarato che una misura consistente nella riduzione del valore nominale delle azioni di una banca cipriota era proporzionata all’obiettivo perseguito da detta misura. Esso ha rilevato, anzitutto, che detta misura era intesa a contribuire alla ricapitalizzazione della banca ed era idonea a contribuire all’obiettivo consistente nell’assicurare la stabilità del sistema finanziario cipriota e della zona euro nel suo complesso. Esso ha poi constatato che detta misura non superava i limiti di ciò che era idoneo e necessario al conseguimento di tale obiettivo, posto che eventuali alternative meno restrittive o non erano realizzabili o non avrebbero consentito di conseguire i risultati attesi. Infine, esso ha ritenuto che, alla luce dell’importanza dell’obiettivo perseguito, la misura in questione non generasse inconvenienti sproporzionati. Esso ha ricordato, a tale riguardo, che gli azionisti delle banche si assumono pienamente il rischio dei loro investimenti (sentenza del 13 luglio 2018, K. Chrysostomides & Co. e a./Consiglio e a., T‑680/13, EU:T:2018:486, punto 330).

469

Date le circostanze, il Tribunale ha concluso che non si può ritenere che la riduzione del valore nominale delle azioni di detta banca costituisse un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa del diritto di proprietà degli azionisti (sentenza del 13 luglio 2018, K. Chrysostomides & Co. e a./Consiglio e a., T‑680/13, EU:T:2018:486, punto 331).

470

Orbene, nel caso di specie, va ricordato che nel programma di risoluzione il CRU ha riconosciuto che erano soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 18 del regolamento n. 806/2014, vale a dire, in primo luogo, che il Banco Popular era in dissesto o a rischio di dissesto, in secondo luogo, che non si poteva altrimenti ragionevolmente prospettare che qualsiasi misura alternativa sotto forma di intervento del settore privato o di azione di vigilanza avrebbe permesso di evitare il suo dissesto in tempi ragionevoli e, in terzo luogo, che un’azione di risoluzione sotto forma di strumento per la vendita dell’attività d’impresa del Banco Popular era necessaria nell’interesse pubblico. A tale riguardo, il CRU ha indicato che la risoluzione era necessaria e proporzionata alla realizzazione di due obiettivi di cui all’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento n. 806/2014, ossia garantire la continuità delle funzioni essenziali della banca ed evitare effetti negativi significativi sulla stabilità finanziaria. Nella decisione 2017/1246, la Commissione ha indicato che essa era d’accordo con il programma di risoluzione, in particolare che concordava con il CRU sulle ragioni per le quali la risoluzione era necessaria nell’interesse pubblico.

471

Nella misura in cui la ricorrente non ha dimostrato che le condizioni di cui all’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 non erano, nella specie, soddisfatte, e considerato che, nella sua veste di azionista del Banco Popular, essa doveva assumersi pienamente il rischio dei suoi investimenti, occorre concludere che la decisione di svalutare e di convertire gli strumenti di capitale del Banco Popular nel programma di risoluzione non rappresenta un intervento sproporzionato e inammissibile che pregiudica la sostanza stessa del suo diritto di proprietà, ma deve essere considerata una restrizione al suo diritto di proprietà giustificata e proporzionata in conformità alle disposizioni di cui all’articolo 17, paragrafo 1, e all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta.

472

Gli argomenti della ricorrente non sono idonei a rimettere in discussione tale conclusione.

473

In primo luogo, la ricorrente sostiene che, vista la solvibilità del Banco Popular, la svalutazione delle azioni e la vendita dello stesso erano sproporzionate e non costituivano neppure soluzioni adeguate per risolvere un problema di liquidità. Poiché il Banco Popular era solvibile, essa contesta che la soluzione alternativa alla risoluzione sarebbe stata una procedura di insolvenza.

474

Anzitutto, occorre ricordare che dall’analisi della prima censura dell’ottavo motivo di ricorso emerge che l’insolvenza del Banco Popular non era una condizione per l’adozione del programma di risoluzione. Infatti, il caso in cui un’entità non è in grado di pagare i propri debiti o altre passività in scadenza, che corrisponde segnatamente a una crisi di liquidità, rappresenta una delle ipotesi in cui detta entità sarà considerata in dissesto o a rischio di dissesto, come previsto dall’articolo 18, paragrafo 4, lettera c), del regolamento n. 806/2014.

475

Gli argomenti relativi alla solvibilità del Banco Popular sono quindi inconferenti nella misura in cui la BCE ha riconosciuto che esso era in dissesto o a rischio di dissesto, conformemente all’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), e paragrafo 4, lettera c), del regolamento n. 806/2014, a causa del deterioramento della sua posizione di liquidità.

476

Va poi ricordato che il fatto che il Banco Popular fosse in dissesto o a rischio di dissesto e che non esistesse alcuna altra misura idonea a evitare tale dissesto in tempi ragionevoli, costituivano condizioni per la sua risoluzione ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014. Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la procedura d’insolvenza rappresentava l’unica alternativa alla risoluzione.

477

Inoltre, dall’articolo 5 del programma di risoluzione emerge che il CRU ha giustificato la scelta dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa come strumento di risoluzione. Il CRU ha indicato che detto strumento era necessario e proporzionato agli obiettivi previsti all’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento n. 806/2014 e mirava principalmente a tutelare le funzioni essenziali per il funzionamento dell’economia reale e a preservare la stabilità finanziaria.

478

In particolare, dall’articolo 5, paragrafo 3, del programma di risoluzione, citato al precedente punto 339, emerge che, diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, il CRU ha indicato le ragioni per cui lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa era il più adeguato per risolvere i problemi di liquidità del Banco Popular.

479

Orbene, la ricorrente non solleva alcun argomento idoneo a rimettere in discussione queste valutazioni del CRU e si limita a sostenere che, a suo avviso, la separazione delle attività e lo strumento dell’ente-ponte rappresentavano misure adeguate per risolvere i problemi di liquidità e ripristinare la fiducia del mercato.

480

In secondo luogo, la ricorrente sostiene che la soluzione per fronteggiare un problema di liquidità era fornire ulteriori risorse. Essa rinvia alle perizie allegate all’atto introduttivo e alla replica, secondo cui, per risolvere il problema di liquidità del Banco Popular, era possibile adottare misure di vigilanza, fornire un’assistenza di liquidità di emergenza, concedere un prestito oppure erogare liquidità di altra natura. Essa sostiene che, in base a dette perizie, esistevano altre misure meno restrittive per gli azionisti, che avrebbero consentito loro di conservare in tutto o in parte il loro investimento e rinvia agli argomenti sollevati a fondamento dell’ottavo motivo di ricorso.

481

Da un lato, va ricordato che dall’esame dell’ottavo motivo di ricorso risulta che un’assistenza di liquidità di emergenza non era ipotizzabile all’atto dell’adozione del programma di risoluzione e che il CRU, non svolgendo alcun ruolo nell’erogazione di tale assistenza che rientra nella competenza delle banche centrali nazionali, non era tenuto a prendere in considerazione una siffatta ipotesi. Inoltre, la ricorrente non spiega a quali misure di vigilanza e altre forme di prestito o assistenza di liquidità essa intenda far riferimento. Dall’analisi dell’ottavo motivo di ricorso emerge altresì che la ricorrente non ha dimostrato che le soluzioni alternative da essa proposte fossero ipotizzabili.

482

Dall’altro lato, per quanto attiene alle pagine della perizia del 16 settembre 2017, dal titolo «Évaluation réglementaire et économique» [Valutazione normativa ed economica], prodotte in allegato all’atto introduttivo alle quali la ricorrente rinvia, basti osservare che esse contengono soltanto un’analisi puramente teorica delle misure cui, secondo l’esperto, il CRU avrebbe potuto far ricorso per evitare la crisi del Banco Popular, come cooperare con altre autorità competenti o avvertire le autorità di vigilanza. Tale esperto si basa, segnatamente, sulla considerazione errata secondo cui il CRU poteva obbligare la Banca di Spagna a fornire assistenza di liquidità di emergenza.

483

Infine, per quanto attiene al rinvio globale operato dalla ricorrente alla perizia del 2 dicembre 2018, dal titolo «Évaluation réglementaire et économique relative aux rapports de valorisations et à la défense du CRU» [Valutazione normativa ed economica relativa alle relazioni di valutazione e al controricorso del CRU] e prodotta in allegato alla replica, basti osservare che, in base alla giurisprudenza, non spetta al Tribunale ricercare ed individuare, negli allegati, i motivi e gli argomenti sui quali, a suo parere, il ricorso potrebbe essere basato, atteso che gli allegati assolvono ad una funzione meramente probatoria e strumentale (v. sentenze dell’11 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione, C‑382/12 P, EU:C:2014:2201, punto 41 e giurisprudenza ivi citata; del 17 settembre 2007, Microsoft/Commissione, T‑201/04, EU:T:2007:289, punto 94 e giurisprudenza ivi citata, e del 24 settembre 2019, Paesi Bassi e a./Commissione, T‑760/15 e T‑636/16, EU:T:2019:669, punto 114 e giurisprudenza ivi citata).

484

In terzo luogo, la ricorrente sostiene che il programma di risoluzione non avrebbe ricercato un equilibrio tra l’interesse pubblico e il suo diritto di proprietà e non avrebbe stabilito se vi fosse un interesse pubblico a privarla della sua proprietà o se esistessero misure meno restrittive per il diritto di proprietà.

485

Si deve ricordare che, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 5, del regolamento n. 806/2014:

«Ai fini del paragrafo 1, lettera c), del presente articolo, l’azione di risoluzione è considerata nell’interesse pubblico se è necessaria al conseguimento di uno o più obiettivi della risoluzione di cui all’articolo 14 ed è ad essi proporzionata e se la liquidazione dell’ente con procedura ordinaria di insolvenza non consentirebbe di realizzare tali obiettivi nella stessa misura».

486

Ne consegue che gli argomenti della ricorrente si fondano su un’interpretazione errata della condizione dell’interesse pubblico prevista dall’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014. Infatti, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il CRU non doveva verificare se esistesse un «interesse pubblico a privarla della sua proprietà». Inoltre, non si trattava per il CRU di bilanciare l’interesse pubblico e l’interesse privato degli azionisti.

487

A questo proposito, va ricordato che, secondo la giurisprudenza citata al precedente punto 164, sebbene vi sia un evidente interesse pubblico a garantire, in tutta l’Unione, una tutela degli investitori forte e coerente, tale interesse non può essere ritenuto prevalente, in ogni circostanza, rispetto all’interesse pubblico a garantire la stabilità del sistema finanziario.

488

Nella replica, la ricorrente aggiunge che il CRU non si era preparato in conformità del principio di buona amministrazione e del dovere di diligenza, il che gli ha impedito di analizzare le altre soluzioni esistenti e di scegliere la più adatta e meno onerosa. Secondo la ricorrente, il piano di risoluzione del 2016, elaborato dal CRU, non verificava se la strategia di risoluzione considerata fosse sostenibile, era privo delle informazioni e della preparazione necessarie all’esame di altre soluzioni e ha dovuto essere respinto.

489

Basti osservare che, con detti argomenti, la ricorrente addebita al CRU di non aver preparato l’azione di risoluzione in violazione del principio di buona amministrazione e del suo dovere di diligenza.

490

Come osserva la Commissione, tali argomenti, dedotti per la prima volta in sede di replica, devono essere ritenuti irricevibili ai sensi dell’articolo 84, paragrafo 1, del regolamento di procedura.

491

In ogni caso, essi sono inconferenti al fine di stabilire se l’azione di risoluzione adottata dal CRU, una volta soddisfatte le condizioni dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, comportasse un’interferenza eccessiva nel diritto di proprietà della ricorrente.

492

Occorre pertanto respingere il sesto motivo di ricorso.

8.   Sul settimo motivo di ricorso, vertente sulla violazione del diritto di essere ascoltato, sancito dagli articoli 17 e 41 della Carta

493

La ricorrente sostiene che il CRU ha violato gli articoli 17 e 41 della Carta per aver adottato il programma di risoluzione, il quale ha determinato una violazione del suo diritto di proprietà sulle azioni del Banco Popular, senza che essa fosse ascoltata, né prima né dopo detta adozione. Un’audizione avrebbe consentito di verificare se esistessero o meno misure alternative sotto forma di intervento del settore privato, come un aumento di capitale. Essa aggiunge che detta restrizione non sarebbe prevista dalla legge e non sarebbe nemmeno proporzionata posto che la mancata audizione non sarebbe stata giustificata da una situazione di urgenza.

494

In via preliminare, dall’analisi del quinto motivo di ricorso emerge che il fatto che l’articolo 18 del regolamento n. 806/2014 non preveda l’audizione degli azionisti dell’entità soggetta a un’azione di risoluzione costituisce una limitazione del diritto di essere ascoltato che, da un lato, è giustificata da una finalità di interesse generale – vale a dire, l’obiettivo di garantire la stabilità dei mercati finanziari di cui all’articolo 14 del regolamento n. 806/2014, in cui rientra anche l’obiettivo di assicurare la continuità delle funzioni essenziali dell’entità e la necessità di adottare con celerità una decisione una volta che siano soddisfatte le condizioni della risoluzione – e, dall’altro, rispetta il principio di proporzionalità, conformemente all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta.

495

Tuttavia, dalla giurisprudenza citata ai precedenti punti 225 e 226, risulta che il rispetto del diritto di essere ascoltato deve essere applicato in qualsiasi procedimento che possa sfociare in un atto lesivo, quand’anche la normativa applicabile non preveda espressamente una simile formalità.

496

Occorre anzitutto ricordare che il programma di risoluzione adottato dal CRU al termine della procedura prevista all’articolo 18 del regolamento n. 806/2014 ha ad oggetto la risoluzione del Banco Popular. Il programma di risoluzione ha quale unico destinatario il FROB e il Banco Popular deve essere considerato la persona nei cui confronti è stata adottato un provvedimento individuale e alla quale il diritto di essere ascoltato è garantito dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta.

497

Si deve quindi tener conto del fatto che la ricorrente, nella sua qualità di azionista del Banco Popular, non è destinataria del programma di risoluzione, che non è una decisione individuale adottata nei suoi confronti, né della decisione 2017/1246 che approva tale programma di risoluzione.

498

Tuttavia, è opportuno rilevare che, conformemente all’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, il CRU ha esercitato il potere di svalutare e convertire gli strumenti di capitale del Banco Popular.

499

Pertanto, la procedura seguita dal CRU per adottare il programma di risoluzione, anche se non costituisce una procedura individuale avviata nei confronti della ricorrente, può portare all’adozione di una misura che può incidere in modo negativo sui suoi interessi nella sua qualità di azionista del Banco Popular.

500

Orbene, la giurisprudenza della Corte, citata al precedente punto 225, ha accolto un’interpretazione estensiva del diritto di essere ascoltato, secondo cui quest’ultimo è garantito a chiunque nel corso del procedimento che possa sfociare in un atto lesivo nei suoi confronti.

501

Tuttavia, occorre ricordare anche che, a norma dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, citato al precedente punto 158 e della giurisprudenza menzionata al precedente punto 235, nell’ipotesi in cui la ricorrente possa avvalersi del diritto di essere ascoltato sancito dalla Carta nell’ambito della procedura di risoluzione del Banco Popular, tale diritto può essere soggetto a limitazioni. In particolare, la mancata audizione della ricorrente, nella sua qualità di azionista del Banco Popular, nell’ambito della procedura di risoluzione, tanto da parte del CRU quanto da parte della Commissione, poteva essere giustificata.

502

Nel caso di specie, all’articolo 4.2 del programma di risoluzione, il CRU ha indicato che la risoluzione del Banco Popular era necessaria e proporzionata alla realizzazione di due obiettivi di cui all’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento n. 806/2014, ossia evitare effetti negativi significativi sulla stabilità finanziaria e garantire la continuità delle funzioni essenziali del Banco Popular.

503

A questo riguardo, all’articolo 4.4.2 del programma di risoluzione, il CRU ha spiegato di aver concluso che la situazione del Banco Popular comportava un rischio crescente di effetti negativi significativi sulla stabilità finanziaria in Spagna, basandosi su diversi elementi. Tra tali elementi figurano, in primo luogo, le dimensioni e l’importanza del Banco Popular, che costituisce la società madre del sesto gruppo bancario spagnolo, con un importo totale delle attività di 147 miliardi di EUR, e che è stato designato nel 2017 dalla Banca di Spagna come un ente di importanza sistemica. Il CRU ha rilevato, in particolare, che il Banco Popular era uno dei principali operatori del mercato in Spagna, con una quota di mercato significativa nel segmento delle piccole e medie imprese (PMI) e che deteneva una quota di mercato relativamente elevata dei depositi (quasi il 6%) e un gran numero di clienti al dettaglio (circa 1,4 milioni) in tutta la Spagna. In secondo luogo, il CRU ha preso in considerazione la natura dell’attività del Banco Popular, che si articolava intorno alle attività di banca commerciale e si concentrava principalmente sull’offerta di finanziamento, sulla gestione del risparmio e sui servizi ai privati, alle famiglie e alle imprese (in particolare le PMI). Secondo il CRU, la somiglianza tra il modello di impresa del Banco Popular e quello di altre banche commerciali spagnole poteva contribuire alla possibilità di contagio indiretto nei confronti di tali banche, le quali avrebbero potuto essere percepite come confrontate con le medesime difficoltà.

504

All’articolo 4.4 del programma di risoluzione, il CRU ha individuato tre funzioni essenziali del Banco Popular, ai sensi dell’articolo 6 del regolamento delegato 2016/778, ossia la raccolta di depositi presso famiglie e società non finanziarie, i prestiti alle PMI e i servizi di pagamento in contanti.

505

Va osservato che la ricorrente non contesta che il programma di risoluzione fosse necessario nell’interesse pubblico ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 806/2014, vale a dire che la risoluzione del Banco Popular fosse necessaria al conseguimento di uno o più obiettivi della risoluzione di cui all’articolo 14 e fosse ad essi proporzionata, mentre la liquidazione dell’ente con procedura ordinaria di insolvenza non avrebbe consentito di realizzare tali obiettivi nella stessa misura. Ne consegue che la ricorrente non contesta che il programma di risoluzione fosse necessario e proporzionato al fine di evitare gli effetti negativi significativi del dissesto del Banco Popular sulla stabilità finanziaria dell’Unione e al fine di garantire la continuità delle sue funzioni essenziali.

506

Pertanto, il programma di risoluzione, nella misura in cui mirava a preservare la situazione finanziaria del Banco Popular e rappresentava un’alternativa alla sua liquidazione, perseguiva effettivamente un obiettivo di interesse generale, vale a dire quello di garantire la stabilità dei mercati finanziari che, in linea con l’analisi compiuta con riferimento al quinto motivo, può giustificare una limitazione del diritto di essere ascoltato della ricorrente.

507

Inoltre, dall’analisi del quinto motivo di ricorso emerge altresì che quando un’entità soddisfa le condizioni che richiedono l’adozione di un’azione di risoluzione, l’articolo 18 del regolamento n. 806/2014 prevede che una decisione debba essere adottata entro un termine molto breve.

508

Pertanto, nel caso di specie, a partire dal momento in cui la BCE ha constatato che il Banco Popular era in dissesto o a rischio di dissesto e in cui il CRU ha ritenuto che le condizioni previste dall’articolo 18 del regolamento n. 806/2014 fossero soddisfatte, il programma di risoluzione doveva essere adottato il più rapidamente possibile.

509

Tale celerità nell’adozione della decisione era giustificata dalla necessità di garantire la continuità delle funzioni essenziali del Banco Popular e da quella di evitare effetti negativi significativi della situazione di quest’ultimo sui mercati finanziari, in particolare attraverso la prevenzione del contagio. Nel caso di specie, poiché il dissesto del Banco Popular era intervenuto in un giorno infrasettimanale, era necessario completare la procedura e adottare la decisione prima dell’apertura dei mercati la mattina del 7 giugno 2017.

510

Come evidenziato dall’avvocato generale Campos Sánchez-Bordona, al paragrafo 80 delle sue conclusioni nelle cause riunite ABLV Bank e a./BCE (C‑551/19 P e C‑552/19 P, EU:C:2021:16), la celerità con la quale tali istituzioni e agenzie dell’Unione devono assumere le loro decisioni è necessaria onde evitare l’impatto negativo sui mercati finanziari della risoluzione dell’istituto bancario e tale celerità le obbliga di fatto ad avere «pronta» la decisione prima di avviare la procedura, approfittando della chiusura dei mercati mobiliari.

511

Va osservato che la ricorrente non contesta il fatto che il programma di risoluzione dovesse essere adottato con urgenza.

512

Occorre inoltre osservare che una previa audizione della ricorrente e degli altri azionisti del Banco Popular, che li informasse dell’esistenza di un’imminente azione di risoluzione, avrebbe comportato il rischio che essi adottassero comportamenti sul mercato che avrebbero aggravato la situazione finanziaria del Banco Popular. Una siffatta audizione avrebbe quindi potuto nuocere all’efficacia della prevista azione di risoluzione.

513

Si deve pertanto ritenere che l’audizione della ricorrente, prima dell’adozione del programma di risoluzione o prima dell’adozione della decisione 2017/1246, avrebbe comportato un rallentamento sostanziale della procedura e, pertanto, non avrebbe consentito di realizzare gli obiettivi perseguiti con il programma di risoluzione e ne avrebbe compromesso l’efficacia.

514

Orbene, nella specie, dall’analisi dell’ottavo motivo di ricorso risulta che la ricorrente non ha dimostrato che il CRU abbia violato l’articolo 18, paragrafo 1, lettere a) e b), del regolamento n. 806/2014. Se ne evince, in particolare, che la ricorrente non ha dimostrato di essere in grado di proporre misure alternative idonee a far fronte ai problemi di liquidità del Banco Popular e quindi a evitarne la risoluzione. A questo riguardo, va ricordato che si è constatato che l’aumento di capitale, menzionato dalla ricorrente, non rappresentava una misura alternativa ipotizzabile, idonea a evitare il dissesto o il rischio di dissesto del Banco Popular in tempi ragionevoli.

515

La ricorrente non può quindi sostenere che, se avesse avuto la possibilità di presentare, nel corso della procedura, osservazioni in merito all’esistenza di misure alternative sotto forma di intervento del settore privato, il programma di risoluzione non sarebbe stato adottato.

516

Va inoltre respinto l’argomento della ricorrente secondo cui un’audizione potrebbe aver luogo anche dopo l’adozione del programma di risoluzione. Una siffatta audizione non potrebbe infatti modificare il contenuto del programma di risoluzione, che, per ipotesi, potrebbe già essere in vigore.

517

Da quanto precede risulta che la mancata audizione della ricorrente nell’ambito della procedura che ha condotto all’adozione delle decisioni impugnate costituiva una limitazione del diritto di essere ascoltato che era giustificata e necessaria per rispondere a un obiettivo di interesse generale e che rispettava il principio di proporzionalità, conformemente all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta.

518

Pertanto, il settimo motivo di ricorso dev’essere respinto.

9.   Sul nono motivo di ricorso, vertente sulla violazione degli articoli 14 e 20 del regolamento n. 806/2014, del dovere di diligenza e dell’articolo 296 TFUE

519

La ricorrente addebita al CRU di aver violato, nel programma di risoluzione, gli articoli 14 e 20 del regolamento n. 806/2014, il dovere di diligenza e l’articolo 296 TFUE, nella misura in cui, in primo luogo, la procedura di vendita è stata condotta senza ottenere il prezzo di vendita più elevato possibile e, in secondo luogo, la valutazione 2 non è stata redatta in conformità a criteri di mercato. Detto motivo di ricorso è suddiviso in due parti.

a)   Sulla prima parte, relativa alla procedura di vendita

520

La ricorrente lamenta che la procedura di vendita del Banco Popular non ha consentito di ottenere il prezzo di vendita più elevato possibile in violazione dell’articolo 14 del regolamento n. 806/2014. Essa sostiene che la procedura era, in primo luogo, non concorrenziale e, in secondo luogo, viziata da irregolarità.

521

In via preliminare, va osservato che la ricorrente afferma che la procedura di vendita non avrebbe consentito di massimizzare il prezzo di vendita, il che integra una violazione dell’articolo 14, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 806/2014, ai sensi del quale:

«Nel perseguire gli obiettivi di cui al primo comma, il [CRU], il Consiglio e la Commissione e, se del caso, le autorità di risoluzione nazionali, cercano di ridurre al minimo i costi della risoluzione e di evitare la distruzione del valore, a meno che essa non sia necessaria per conseguire gli obiettivi della risoluzione».

522

Si deve constatare, al pari della Commissione e del Banco Santander, che l’obiettivo di «massimizzare il prezzo di vendita» non figura tra gli obiettivi previsti all’articolo 14, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 806/2014. Non si tratta pertanto della disposizione pertinente per sostenere gli argomenti dedotti dalla ricorrente in merito alla massimizzazione del prezzo di vendita.

523

Tuttavia, occorre rilevare che, ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 2, lettera d), del regolamento n. 806/2014, relativamente allo strumento per la vendita dell’attività d’impresa, il programma di risoluzione stabilisce:

«[L]e modalità per la commercializzazione, da parte dell’autorità nazionale di risoluzione, dell’entità o degli strumenti, delle attività, dei diritti e delle passività in questione conformemente all’articolo 39, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2014/59/UE».

524

A norma dell’articolo 39, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2014/59, la commercializzazione effettuata dall’autorità di risoluzione mira, quando applica lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa, a ottenere il prezzo più alto possibile per la vendita delle azioni o altri titoli di proprietà, attività, diritti o passività in questione.

525

Occorre pertanto esaminare gli argomenti della ricorrente secondo cui la procedura non è stata condotta nel rispetto di tutte le garanzie necessarie per consentire di massimizzare il prezzo di vendita del Banco Popular.

526

Va anzitutto osservato che, nella decisione sulla commercializzazione, adottata il 3 giugno 2017, tenendo conto del rapido deterioramento della posizione di liquidità del Banco Popular, del calo significativo del valore delle sue azioni, oltre che degli effetti negativi che il dissesto della banca poteva avere sulla stabilità finanziaria, il CRU ha ritenuto di dover assumere tutte le misure necessarie per adottare un’azione di risoluzione ove necessaria e che occorresse assicurare l’efficacia dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa nell’ottica di garantire gli obiettivi della risoluzione. Il CRU ha approvato l’avvio immediato della procedura di vendita del Banco Popular da parte del FROB e ha indicato a quest’ultimo i requisiti riguardanti la vendita conformemente all’articolo 39 della direttiva 2014/59.

527

All’articolo 2, lettera b), della decisione sulla commercializzazione, il CRU ha indicato che la procedura di vendita doveva mirare all’ottenimento del prezzo di vendita più alto possibile tenendo conto della necessità di procedere rapidamente con una risoluzione. Esso ha altresì precisato che il criterio principale di valutazione delle offerte era il prezzo offerto.

528

La procedura di vendita del Banco Popular è stata poi condotta dal FROB in applicazione delle disposizioni della direttiva 2014/59 e della legge 11/2015. A tale riguardo, il FROB, nella lettera di procedura adottata il 6 giugno 2017, nel contesto di una possibile risoluzione del Banco Popular, ha invitato i potenziali acquirenti a partecipare alla procedura di vendita e a sottoporre ad esso un’offerta per l’acquisizione del 100% del capitale del Banco Popular secondo i termini e le condizioni descritti in tale lettera. Nella lettera di procedura, il FROB ha indicato che il prezzo offerto nelle offerte doveva essere uguale o superiore a EUR 1.

529

Infine, all’articolo 6.6 del programma di risoluzione, il CRU ha ritenuto che lo sforzo di commercializzazione effettuato, riguardo al Banco Popular, dal FROB prima dell’adozione di tale programma avesse soddisfatto i requisiti di cui all’articolo 24 del regolamento n. 806/2014 in combinato disposto con l’articolo 39 della direttiva 2014/59.

530

Il CRU ha rilevato che, nel periodo immediatamente precedente la risoluzione, il Banco Popular aveva avviato una procedura di vendita privata e che, nella settimana del 29 maggio 2017, era emerso che tale procedura sarebbe fallita. Esso ha indicato che la decisione di limitare il proprio sforzo commerciale alle banche che avevano già espresso un interesse generale all’acquisizione del Banco Popular nell’ambito della procedura di vendita privata era conforme ai requisiti di cui all’articolo 39 della direttiva 2014/59.

531

Il CRU ha dichiarato altresì che, in seguito all’attuazione della procedura di vendita da parte del FROB, alla fine, erano state invitate a partecipare alla vendita due banche. Esso ha menzionato il fatto che tutti i potenziali acquirenti erano stati contattati alla stessa data, che essi avevano avuto accesso alla stessa sala dati virtuale e che la presentazione delle loro offerte è stata soggetta alle medesime condizioni e alla medesima scadenza.

532

Il CRU ha infine rilevato che, su due potenziali acquirenti, era stata ricevuta un’offerta valida e che, poiché solo l’acquirente aveva presentato un’offerta, era prudente accettare le sue condizioni ed evitare così un’insolvenza incontrollata del Banco Popular che avrebbe potuto, in particolare, pregiudicare le sue funzioni essenziali.

533

La ricorrente sostiene, in primo luogo, che la procedura non si è svolta in un lasso di tempo sufficiente e che non si è trattato di una procedura concorrenziale essendo stata condotta senza rispettare i requisiti di pubblicità e trasparenza e in mancanza di un numero sufficiente di potenziali acquirenti. La procedura di vendita privata sarebbe stata «riciclata» senza che ciò sia stato spiegato nel programma di risoluzione. Le banche degli altri Stati membri sarebbero state escluse e discriminate.

534

In via preliminare, va osservato che i requisiti concernenti la commercializzazione e, segnatamente, la decisione di limitare il numero di partecipanti alla procedura di vendita, non sono contenuti nel programma di risoluzione, ma nella decisione sulla commercializzazione precedentemente adottata dal CRU, il 3 giugno 2017.

535

A tale riguardo, secondo una giurisprudenza consolidata della Corte, provvedimenti intermedi destinati a preparare la decisione finale non costituiscono, in linea di principio, atti che possono essere oggetto di un ricorso di annullamento (v. sentenze del 6 maggio 2021, ABLV Bank e a./BCE, C‑551/19 P e C‑552/19 P, EU:C:2021:369, punto 39 e giurisprudenza ivi citata, e del 3 giugno 2021, Ungheria/Parlamento, C‑650/18, EU:C:2021:426, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

536

Dalla giurisprudenza risulta altresì che un atto intermedio non è parimenti impugnabile laddove risulti che i suoi vizi potranno essere fatti valere nel ricorso diretto contro la decisione finale, di cui esso costituisce un atto di elaborazione. In simili circostanze, il ricorso proposto avverso la decisione che conclude il procedimento assicurerà una tutela giurisdizionale sufficiente (v. sentenza del 15 marzo 2017, Stichting Woonpunt e a./Commissione, C‑415/15 P, EU:C:2017:216, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).

537

Nella specie, nel programma di risoluzione, il CRU ha ritenuto che la procedura di vendita attuata dal FROB fosse conforme ai requisiti di cui all’articolo 39 della direttiva 2014/59. Orbene, va osservato che il FROB ha tenuto conto dei requisiti che erano stati fissati dal CRU nella decisione sulla commercializzazione. Ne consegue che, nel programma di risoluzione, il CRU ha implicitamente confermato i requisiti relativi alla vendita che esso stesso aveva fissato nella decisione relativa alla commercializzazione.

538

Occorre inoltre rilevare che l’articolo 13 del regolamento n. 806/2014, relativo all’intervento precoce, al suo paragrafo 3 prevede quanto segue:

«Il [CRU] ha il potere di imporre all’ente, o all’impresa madre, di contattare potenziali acquirenti per preparare la risoluzione dell’ente, fatti salvi i criteri di cui all’articolo 39, paragrafo 2, della direttiva 2014/59/UE e i requisiti in materia di segreto professionale stabiliti dall’articolo 88 del presente regolamento.

(...)».

539

Si deve quindi affermare che la decisione sulla commercializzazione rappresenta un atto intermedio adottato dal CRU in vista della potenziale risoluzione del Banco Popular e che alla ricorrente non può essere impedito di dedurre l’illegittimità delle valutazioni contenute in detta decisione a sostegno del suo ricorso contro il programma di risoluzione.

540

Per quanto attiene alla trasparenza della procedura di vendita del Banco Popular, va osservato che al considerando 4 della decisione sulla commercializzazione, il CRU ha indicato che qualsiasi divulgazione al pubblico della commercializzazione della banca doveva essere rimandata nell’ottica di evitare gli effetti negativi sulla stabilità finanziaria.

541

Una siffatta possibilità è espressamente prevista dall’articolo 39, paragrafo 2, ultimo comma, della direttiva 2014/59, ai sensi del quale qualsiasi divulgazione al pubblico della commercializzazione dell’ente che sarebbe altrimenti richiesta conformemente all’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 596/2014, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativo agli abusi di mercato (regolamento sugli abusi di mercato) e che abroga la direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e le direttive 2003/124/CE, 2003/125/CE e 2004/72/CE della Commissione (GU 2014, L 173, pag. 1), può essere ritardata in conformità dell’articolo 17, paragrafo 4 o 5, di tale regolamento.

542

Il considerando 64 della direttiva 2014/59 precisa a tale riguardo quanto segue:

«È probabile che le informazioni concernenti la commercializzazione di un ente in dissesto e i negoziati con i potenziali acquirenti prima dell’applicazione dello strumento della vendita dell’attività d’impresa siano di importanza sistemica. Per garantire la stabilità finanziaria, è importante che la divulgazione al pubblico delle informazioni previste dal regolamento [n. 596/2014], possa essere ritardata per il tempo necessario a pianificare e strutturare la risoluzione dell’ente, nel rispetto dei termini consentiti dal regime in materia di abusi di mercato».

543

Ne consegue che il requisito di trasparenza di cui all’articolo 39, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2014/59 deve essere interpretato come concernente lo svolgimento della procedura di vendita e non le eventuali misure di pubblicità che annunciano tale procedura.

544

Per quanto concerne la limitazione della procedura di vendita ai soli enti che avevano partecipato alla procedura di vendita privata avviata dal Banco Popular, citata al precedente punto 33, il CRU ha fornito, all’articolo 2, lettera a), punto i), della decisione sulla commercializzazione una serie di motivazioni che giustificano la sua decisione di invitare il FROB a contattare solo cinque partecipanti.

545

A questo proposito, il CRU ha indicato quanto segue:

«Per quanto concerne la scelta degli specifici acquirenti da sollecitare, il FROB contatterà in ogni caso un numero sufficiente di acquirenti, dopo aver analizzato l’interesse del mercato a investire nelle attività della banca. Tenuto conto della necessità di concludere la procedura di vendita entro un termine estremamente breve, l’interesse manifestato nel corso della procedura di vendita privata fornisce informazioni sull’analisi dell’interesse del mercato. Nel corso della procedura di vendita privata, sono stati contattati numerosi potenziali offerenti operanti sui mercati spagnolo e internazionale. Solo cinque parti hanno manifestato il loro interesse iniziale e sono state quindi invitate a presentare offerte non vincolanti nel quadro della procedura di vendita privata.

Il FROB contatterà le cinque parti che sono state invitate a presentare un’offerta nell’ambito della procedura di vendita privata.

La scelta di contattare queste cinque parti è giustificata da ragioni di stabilità finanziaria e dal rischio grave che la commercializzazione in una cerchia più ampia di potenziali acquirenti, la divulgazione dei rischi e di valutazioni o l’identificazione di funzioni essenziali o non essenziali della banca possano provocare un’incertezza ulteriore e una perdita di fiducia da parte del mercato. Inoltre, contattare un numero maggiore di acquirenti potrebbe accrescere il rischio di fughe di notizie e, quindi, il rischio che la banca possa essere oggetto di una risoluzione in un termine estremamente breve.

Inoltre, vista l’urgenza e il tempo oltremodo limitato di cui si dovrebbe disporre per la procedura di commercializzazione, invitare un numero maggiore di partecipanti accrescerebbe la complessità della procedura. Alla luce delle informazioni acquisite dalla Banca, vi è altresì motivo di dubitare che gli offerenti che non hanno ancora manifestato interesse per la procedura di vendita privata presentino offerte.

Conformemente all’articolo 24, paragrafo 3, del regolamento, il CRU si sforzerà di trovare un equilibrio tra i requisiti in materia di commercializzazione e la necessità di raggiungere l’obiettivo della risoluzione. In particolare, il CRU si discosterà parzialmente dai requisiti in materia di commercializzazione, in ragione dell’urgenza delle circostanze e, segnatamente, della concreta minaccia per la stabilità finanziaria che il dissesto della banca comporterebbe, nonché in considerazione del fatto che rispettare la necessità di contattare un ventaglio più ampio di acquirenti comprometterebbe anche l’efficacia dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa».

546

Va ricordato che l’articolo 39, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2014/59 indica che, a condizione di non favorire né discriminare in modo indebito potenziali acquirenti, i principi indicati in detto stesso paragrafo non ostano a che l’autorità di risoluzione solleciti determinati acquirenti potenziali.

547

Di conseguenza, la decisione del CRU di chiedere al FROB di contattare soltanto i cinque enti che avevano partecipato alla procedura di vendita è conforme a detta disposizione.

548

La ricorrente non solleva alcun argomento diretto a dimostrare che la limitazione del numero di acquirenti potenziali ai cinque partecipanti alla procedura di vendita privata non avrebbe consentito una reale concorrenza sui prezzi tra di loro.

549

A tale riguardo, non si possono addebitare al CRU le circostanze intervenute nel corso della procedura, vale a dire il fatto che quattro dei cinque partecipanti hanno rinunciato a presentare un’offerta vincolante e che la sola offerta vincolante pervenuta recava un prezzo di acquisto di EUR 1.

550

Inoltre, la decisione suddetta si fondava su un criterio oggettivo, vale a dire l’interesse già manifestato da dette imprese per l’acquisto del Banco Popular, e si giustificava alla luce del termine molto breve entro il quale la procedura di vendita doveva essere conclusa. Come ha sottolineato il CRU, l’apertura della procedura a un numero più ampio di partecipanti rischiava di rallentarla ed aumentava anche il pericolo di fughe di notizie in merito alla situazione del Banco Popular e, quindi, i rischi per la stabilità finanziaria.

551

La ricorrente sostiene quindi a torto che si sia trattato di una procedura discriminatoria. La decisione di rivolgersi unicamente agli enti che avevano manifestato interesse per l’acquisto del Banco Popular nel corso della procedura di vendita privata non escludeva, in linea di principio, gli enti di altri Stati membri.

552

Va osservato, infine, che la procedura di vendita privata era stata aperta a tutti gli operatori spagnoli o internazionali. La ricorrente non spiega per quale motivo altri istituti spagnoli o stranieri che non avevano manifestato il loro interesse all’acquisto del Banco Popular all’atto della procedura di vendita privata avrebbero dovuto essere interessati qualche settimana più tardi, in fase di avvio della procedura da parte del FROB. Inoltre, posto che era esclusa ogni informazione pubblica in merito all’attuazione della procedura di vendita, la ricorrente non spiega sulla base di quali criteri non discriminatori avrebbero potuto essere contattati altri operatori.

553

Ne consegue che la ricorrente non ha dimostrato che la procedura di vendita non fosse concorrenziale.

554

In secondo luogo, la ricorrente eccepisce che la procedura era viziata da irregolarità che hanno falsato il prezzo di vendita. Il FROB avrebbe sottoscritto con taluni potenziali acquirenti accordi di riservatezza prima che il Banco Popular fosse dichiarato in dissesto o a rischio di dissesto e la procedura di risoluzione sarebbe quindi iniziata prima che ne fossero soddisfatte le condizioni. Essa osserva che il Banco Santander ha presentato la sua offerta il 7 giugno 2017 alle ore 3:12, quando la procedura concorrenziale si era conclusa.

555

Per quanto attiene allo svolgimento della procedura, va ricordato che dei cinque potenziali acquirenti contattati dal FROB, due hanno deciso di non partecipare alla procedura di vendita e uno è stato escluso dalla BCE per motivi prudenziali. Il 4 giugno 2017, i due potenziali acquirenti che avevano deciso di partecipare alla procedura di vendita, il Banco Santander e la BBVA, hanno firmato un accordo di non divulgazione e, il 5 giugno 2017, hanno avuto accesso alla sala dati virtuale. Il 6 giugno 2017, il FROB ha trasmesso loro la lettera di procedura e l’accordo di compravendita (Sale and Purchase Agreement). Con lettera del 6 giugno 2017, la BBVA ha comunicato al FROB che aveva deciso di non presentare offerte.

556

Con lettera del 7 giugno 2017, il FROB ha informato il CRU dei risultati della procedura di vendita e ha indicato che il Banco Santander aveva presentato un’offerta il 7 giugno alle ore 3:12 e che il prezzo offerto dal Banco Santander per la vendita delle azioni del Banco Popular era di EUR 1. Il FROB ha proposto che il Banco Santander, quale aggiudicatario nella procedura di vendita concorrenziale del Banco Popular, fosse designato come acquirente del Banco Popular nel programma di risoluzione.

557

Nel programma di risoluzione, il CRU ha ritenuto che la procedura di vendita condotta dal FROB riguardo al Banco Popular avesse soddisfatto i requisiti di cui all’articolo 24 del regolamento n. 806/2014 in combinato disposto con l’articolo 39 della direttiva 2014/59 e ha accettato la proposta del FROB di designare il Banco Santander come acquirente del Banco Popular.

558

Inoltre, nella lettera di procedura, il FROB aveva fissato un calendario di svolgimento della procedura di vendita del Banco Popular. Detto calendario prevedeva che le offerte vincolanti dovessero essere presentate al più tardi il 6 giugno 2017 a mezzanotte. Tale calendario indicava altresì, per il 7 giugno 2017, alle ore 1:00, che avessero luogo dei contatti con gli offerenti per concludere la procedura e selezionare l’offerta; dovevano poi intervenire, alle ore 5:30, il programma di risoluzione del CRU (se del caso) e l’esecuzione dell’accordo di compravendita, alle ore 6:30, l’atto di esecuzione del FROB e, alle ore 7:00, la chiusura e l’annuncio dell’operazione.

559

Va osservato che la ricorrente non spiega quale disposizione avrebbe violato l’avvio, da parte del FROB, della procedura di vendita prima che il Banco Popular fosse dichiarato in dissesto o a rischio di dissesto, e non spiega neppure quali ne sarebbero state le conseguenze sul prezzo di vendita.

560

Peraltro, se il FROB avesse dovuto attendere che il Banco Popular fosse dichiarato in dissesto o a rischio di dissesto prima di avviare la procedura di vendita, detta procedura non avrebbe potuto essere realizzata in tempi utili per impedire la liquidazione del Banco Popular e non avrebbe consentito di conseguire gli obiettivi della risoluzione.

561

Come osserva il Banco Santander, il calendario della procedura di vendita mirava a permettere la conclusione di tutte le formalità il 7 giugno 2017 alle ore 7:00, al fine di consentire al Banco Popular di funzionare normalmente dopo l’apertura dei mercati e, segnatamente, di evitare un’interruzione delle sue funzioni essenziali.

562

Posto che il Banco Santander è stato il solo partecipante alla procedura a presentare un’offerta vincolante e considerato che, a seguito dell’annuncio della BBVA, era certo che nessun altro ente invitato a partecipare alla procedura di vendita avrebbe presentato un’offerta, il FROB ha accettato tale offerta, benché presentata dopo la scadenza del termine fissato nella lettera di procedura.

563

Dall’articolo 24, paragrafo 3, del regolamento n. 806/2014 risulta inoltre quanto segue:

«Il [CRU] applica lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa senza conformarsi ai requisiti in materia di commercializzazione stabiliti al paragrafo 2, lettera e), se accerta che la conformità a tali requisiti rischia di compromettere uno o più degli obiettivi della risoluzione e, in particolare, se sono soddisfatte le condizioni seguenti:

a)

ritiene che il dissesto o il probabile dissesto dell’ente soggetto a risoluzione costituisca una minaccia sostanziale per la stabilità finanziaria o la aggravi; e

b)

ritiene che la conformità ai citati requisiti rischia di compromettere l’efficacia dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa nell’affrontare detta minaccia o nel raggiungere l’obiettivo della risoluzione di cui all’articolo 14, paragrafo 2, lettera b)».

564

A questo proposito, va ricordato, come indicato al precedente punto 532, che, all’articolo 6.6 del programma di risoluzione, il CRU ha rilevato che, poiché solo l’acquirente aveva presentato un’offerta, era prudente accettare le sue condizioni ed evitare così un’insolvenza incontrollata del Banco Popular che avrebbe potuto, in particolare, pregiudicare le sue funzioni essenziali.

565

Infatti, qualora il CRU non avesse accettato la proposta del FROB di designare il Banco Santander come acquirente del Banco Popular, quest’ultimo sarebbe stato posto in liquidazione. Orbene, come accertato nel quadro dell’analisi del quinto motivo di ricorso, a norma dell’articolo 18, paragrafo 5, del regolamento n. 806/2014, una liquidazione del Banco Popular secondo una procedura ordinaria di insolvenza non avrebbe consentito di realizzare gli obiettivi previsti all’articolo 14 di detto regolamento nella stessa misura della risoluzione. In particolare, si è constatato che la risoluzione era necessaria per conseguire gli obiettivi di garantire la continuità delle funzioni essenziali del Banco Popular e di evitare effetti negativi significativi sulla stabilità finanziaria.

566

Il FROB ha trasmesso al CRU i risultati della procedura di vendita del Banco Popular entro un termine sufficiente per consentire a quest’ultimo di adottare il programma di risoluzione e di trasmetterlo alla Commissione alle ore 5:13 del 7 giugno 2017. La Commissione ha così adottato la sua decisione che consentiva l’entrata in vigore del programma di risoluzione alle ore 6:30 di quello stesso giorno. Lo svolgimento della procedura ha quindi consentito al FROB di concludere tutte le formalità e di chiudere la vendita prima della scadenza del termine fissato nella lettera di procedura, vale a dire prima del 7 giugno 2017 alle ore 7:00.

567

Infine, per quanto attiene all’argomento della ricorrente secondo cui il Banco Santander, sapendo che sarebbe stato il solo a presentare un’offerta, avrebbe proposto il prezzo minimo, basti osservare che detto argomento si fonda sull’affermazione, non comprovata, che il Banco Santander sarebbe stato informato di essere l’unico offerente prima della conclusione della procedura di vendita organizzata dal FROB.

568

Alla luce di quanto precede, la ricorrente non ha dimostrato che la procedura di vendita sia stata viziata da irregolarità e non può sostenere che lo svolgimento della procedura non ha portato a massimizzare il prezzo di vendita.

569

Occorre pertanto respingere la prima parte.

b)   Sulla seconda parte, relativa alla valutazione 2

570

La ricorrente afferma, in sostanza, che la valutazione 2 è errata e che il CRU ha violato l’articolo 20 del regolamento n. 806/2014 e il suo obbligo di motivazione.

571

La seconda parte si articola, sostanzialmente, in cinque censure. In primo luogo, la ricorrente addebita al CRU di aver violato il suo obbligo di motivazione nella misura in cui la valutazione 2 non è allegata al programma di risoluzione. In secondo luogo, essa sostiene altresì che il CRU ha violato l’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 poiché la valutazione 2 non era «equa, prudente e realistica». A questo riguardo, essa eccepisce l’inattendibilità della valutazione 2, avendo la Deloitte riconosciuto che essa si fondava su informazioni insufficienti. La ricorrente sostiene che la valutazione 2 può essere attendibile solo se integrata da una valutazione definitiva. La ricorrente contesta poi, in terzo luogo, il metodo utilizzato nella valutazione 2. In quarto luogo, essa eccepisce che la valutazione 2 era in contrasto con la valutazione 1 e con il fatto che il Banco Popular era stato considerato solvibile, che detta valutazione non ha tenuto conto del valore di mercato del Banco Popular e che essa ha previsto riserve ingiustificate per perdite. In quinto luogo, la ricorrente sostiene che, in base alla perizia del 2 dicembre 2018, relativa alla valutazione 2 e prodotta in allegato alla replica (in prosieguo: la «perizia»), la valutazione 2 contiene errori manifesti di valutazione.

572

Nel caso di specie, occorre ricordare che la valutazione del Banco Popular, effettuata prima dell’adozione del programma di risoluzione, comprende due relazioni allegate al programma di risoluzione.

573

La valutazione 1, datata 5 giugno 2017, è stata redatta dal CRU ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 5, lettera a), del regolamento n. 806/2014, ed era intesa ad orientare l’accertamento del soddisfacimento delle condizioni per la risoluzione, quali definite all’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014.

574

La valutazione 2, datata 6 giugno 2017, è stata redatta dalla Deloitte, in qualità di esperto indipendente, ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014.

575

Il programma di risoluzione riporta che, tenuto conto dell’urgenza, la valutazione 2, realizzata ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014, aveva lo scopo di determinare il valore delle attività e delle passività del Banco Popular, di fornire una stima sul trattamento che gli azionisti e i creditori avrebbero ricevuto se il Banco Popular fosse stato sottoposto a procedura ordinaria di insolvenza, nonché di orientare la decisione sulle azioni e i titoli di proprietà da cedere e l’accertamento, da parte del CRU, delle condizioni commerciali ai fini dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa.

576

Nella valutazione 2, la Deloitte ha indicato di essersi basata sui requisiti dell’articolo 36 della direttiva 2014/59 (corrispondente all’articolo 20 del regolamento n. 806/2014) e sul capo III del progetto definitivo di norme tecniche di regolamentazione dell’ABE nn. 2017/05 e 2017/06, del 23 maggio 2017, sulla valutazione ai fini della risoluzione e sulla valutazione al fine di determinare la differenza di trattamento a seguito della risoluzione prevista dalla direttiva 2014/59 (in prosieguo: le «norme tecniche dell’ABE»).

577

L’articolo 36, paragrafo 15, della direttiva 2014/59 autorizza l’ABE a elaborare progetti di norme tecniche di regolamentazione per precisare i criteri in base ai quali devono essere effettuate le valutazioni realizzate in occasione di una procedura di risoluzione.

578

Il capo III delle norme tecniche dell’ABE riguarda il progetto di norme tecniche di regolamentazione n. 2017/05 sulla valutazione ai fini della risoluzione (in prosieguo: le «norme tecniche di regolamentazione») e contiene, segnatamente, ai sensi dell’articolo 36, paragrafo 15, della direttiva 2014/59, un progetto di regolamento delegato della Commissione che integra la direttiva 2014/59 con norme tecniche di regolamentazione che specificano i criteri della metodologia da utilizzare per valutare il valore delle attività e delle passività di enti o entità.

579

Occorre inoltre rilevare che, alla data di adozione del programma di risoluzione, tali norme tecniche di regolamentazione non erano vincolanti, in quanto l’articolo 5, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 806/2014 prevede che il CRU, il Consiglio e la Commissione sono soggetti alle norme tecniche di regolamentazione e di attuazione vincolanti elaborate dall’ABE una volta che esse sono state adottate dalla Commissione. Tali norme tecniche di regolamentazione sono state recepite nel regolamento delegato (UE) 2018/345 della Commissione, del 14 novembre 2017, che integra la direttiva 2014/59 per quanto riguarda le norme tecniche di regolamentazione che precisano i criteri applicabili alla metodologia per valutare il valore delle attività e delle passività di enti o entità (GU 2018, L 67, pag. 8).

580

All’articolo 6.3 del programma di risoluzione, il CRU ha indicato che, per decidere sulla svalutazione e sulla conversione degli strumenti di capitale del Banco Popular, esso si era basato sulla valutazione 2, come integrata e corroborata dai risultati della procedura di vendita condotta dal FROB.

581

Poiché la valutazione 2 contiene valutazioni tecniche ed economiche complesse, occorre riconoscere che il CRU disponeva di un ampio potere discrezionale quando ha considerato che la valutazione 2 costituisse una base valida per decidere sulle azioni di risoluzione.

582

Pertanto, in applicazione della giurisprudenza citata ai precedenti punti da 114 a 119, il controllo effettuato dal Tribunale è un controllo ristretto che si limita a verificare l’assenza di errore manifesto di valutazione da parte del CRU allorché ha ritenuto che la valutazione 2 fosse conforme ai requisiti di cui all’articolo 20 del regolamento n. 806/2014. Spetta alla ricorrente fornire elementi di prova sufficienti a privare di plausibilità la valutazione 2.

1) Sulla prima censura, relativa alla violazione dell’obbligo di motivazione

583

La ricorrente addebita al CRU di aver violato il suo obbligo di motivazione non avendo allegato la valutazione 2 al programma di risoluzione e sostiene altresì che l’accesso accordato in un secondo momento a una versione occultata di detta valutazione non ha sanato tale violazione. A suo avviso, una carenza di motivazione non può essere sanata successivamente all’introduzione del ricorso.

584

Va ricordato che la valutazione 2 è stata pubblicata sul sito Internet del CRU, il 2 febbraio e il 31 ottobre 2018, in versioni recanti sempre meno parti occultate.

585

A questo proposito, occorre osservare che, nella replica, successiva a dette pubblicazioni, la ricorrente non deduce alcun argomento riguardante una carente motivazione della valutazione 2. Essa si limita a sostenere che l’accesso a una versione non riservata della valutazione 2 non ha sanato la violazione dell’obbligo di motivazione.

586

Inoltre, va rilevato che le successive pubblicazioni sul sito Internet del CRU riguardano il programma di risoluzione e le valutazioni 1 e 2 nelle loro versioni originali. Tali pubblicazioni erano dirette a consentire al pubblico di accedere a parti di detti documenti che erano state inizialmente considerate riservate.

587

Non si trattava per il CRU di pubblicare informazioni che non erano originariamente presenti nel programma di risoluzione o nelle valutazioni 1 e 2 e dirette a completarne la motivazione. Con l’argomento qui esaminato la ricorrente confonde la pubblicazione di una decisione, vale a dire il fatto di renderne pubblica la motivazione, e l’integrazione della motivazione con elementi aggiuntivi che ivi non figuravano all’atto della adozione.

588

Occorre quindi respingere la prima censura.

2) Sulla seconda censura, relativa all’attendibilità della valutazione 2

589

La ricorrente eccepisce l’inattendibilità della valutazione 2, avendo la Deloitte riconosciuto che si fondava su informazioni insufficienti.

590

A questo proposito, occorre osservare che, nella lettera che accompagnava la comunicazione della valutazione 2 al CRU, la Deloitte ha indicato che, data la difficile posizione di liquidità del Banco Popular, essa era stata invitata a realizzare la propria valutazione entro un termine estremamente breve. Il lavoro principale è stato limitato a dodici giorni a partire dal giorno in cui ha avuto accesso alla documentazione, mentre un siffatto progetto dovrebbe normalmente richiedere sei settimane. La Deloitte ha rilevato che esisteva un certo numero di lacune e di incoerenze tra le informazioni disponibili. Essa ha menzionato il fatto che la valutazione doveva essere considerata altamente incerta e provvisoria ai sensi dell’articolo 36 della direttiva 2014/59 e che, nella valutazione, era stata inclusa una riserva per perdite aggiuntive, conformemente all’articolo 36, paragrafo 9, della direttiva 2014/59, che corrisponde all’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014.

591

L’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014 prevede espressamente l’ipotesi in cui, a causa dell’urgenza dettata dalle circostanze del caso, non sia possibile rispettare i requisiti stabiliti ai paragrafi 7 e 9 di tale articolo, vale a dire, in particolare, il caso in cui non sia possibile completare la valutazione con talune informazioni contenute nei libri e nei registri contabili. Tale disposizione, poi, riconosce l’esistenza di incertezze inerenti a qualsiasi valutazione provvisoria prevedendo, al secondo comma, che quest’ultima includa una riserva per perdite aggiuntive.

592

Pertanto, conformemente a tale disposizione, la Deloitte si è limitata a indicare che, dato il poco tempo disponibile per effettuare la valutazione, essa doveva basarsi su informazioni incomplete e ha precisato che la valutazione da essa effettuata doveva essere considerata una valutazione provvisoria ai sensi dell’articolo 36, paragrafo 9, della direttiva 2014/59.

593

Inoltre, dall’articolo 20, paragrafo 13, del regolamento n. 806/2014 risulta che, in considerazione dell’urgenza dettata dalle circostanze del caso, il CRU poteva basarsi sulla valutazione 2, effettuata a norma dell’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014, per adottare il programma di risoluzione, circostanza questa non contestata dalla ricorrente.

594

Pertanto, occorre considerare che, dati i limiti di tempo e le informazioni disponibili, talune incertezze e approssimazioni sono inerenti a qualsiasi valutazione provvisoria effettuata in applicazione dell’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014 e che le riserve formulate dalla Deloitte non possono significare che la valutazione 2 non fosse «equa, prudente e realistica» ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014.

595

La ricorrente sostiene peraltro che la valutazione 2 può essere attendibile solo se integrata da una valutazione definitiva. Orbene, il CRU avrebbe confermato che non sarebbe stata effettuata alcuna valutazione definitiva ex post.

596

A tale riguardo, il 30 luglio 2018, in risposta ai quesiti posti dal Tribunale nell’ambito di una misura di organizzazione del procedimento, il CRU ha indicato che la valutazione 2 non sarebbe stata seguita da una valutazione definitiva ex post. Esso ha ritenuto, a causa delle peculiarità del caso in esame, di essere giunto alla conclusione che una valutazione definitiva ex post non avrebbe avuto alcuna finalità pratica nell’ambito dell’articolo 20, paragrafo 11, del regolamento n. 806/2014 né avrebbe portato a una decisione di compensazione prevista dall’articolo 20, paragrafo 12, del medesimo regolamento.

597

Occorre rilevare che la valutazione definitiva ex post prevista dall’articolo 20, paragrafo 11, del regolamento n. 806/2014 è, per definizione, successiva all’adozione del programma di risoluzione e della decisione della Commissione.

598

Inoltre, come osservato al precedente punto 593, ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 13, del regolamento n. 806/2014, una valutazione provvisoria come la valutazione 2 costituisce una base valida per l’adozione del programma di risoluzione.

599

Basti ricordare che, secondo costante giurisprudenza, la legittimità di un atto dell’Unione deve essere valutata in base alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento in cui l’atto è stato adottato (v. sentenza del 3 settembre 2015, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Commissione, C‑398/13 P, EU:C:2015:535, punto 22 e giurisprudenza ivi citata). Ne consegue che, nel valutare la legittimità di tale atto, è esclusa la considerazione di elementi posteriori alla data di adozione dell’atto dell’Unione (v. sentenza del 17 dicembre 2014, Si.mobil/Commissione, T‑201/11, EU:T:2014:1096, punto 64 e giurisprudenza ivi citata).

600

Da ciò deriva che il fatto di procedere o meno a una valutazione definitiva ex post, che è manifestamente successiva all’adozione del programma di risoluzione, non può inficiare la validità delle decisioni impugnate.

601

Occorre quindi respingere la seconda censura.

3) Sulla terza censura, relativa al metodo utilizzato nella valutazione 2

602

In primo luogo, la ricorrente sostiene che, nella valutazione 2, la Deloitte si sarebbe basata sul presupposto che la valutazione del Banco Popular doveva essere effettuata nel quadro di uno scenario di liquidazione, il che presuppone l’applicazione dei criteri di cui all’articolo 20, paragrafi 16 e 17, del regolamento n. 806/2014; ciò integrerebbe un errore manifesto e violerebbe l’articolo 20, paragrafo 8, di detto regolamento. A suo avviso, la valutazione 2 non poteva applicare il criterio del valore di liquidazione della banca, che sarebbe il criterio pertinente per la valutazione 3, distinta dalla valutazione 2.

603

Va osservato che questo argomento si fonda su un’erronea comprensione della metodologia utilizzata nella valutazione 2. Infatti, la valutazione 2 si compone di due parti, una prima contenente la valutazione provvisoria del Banco Popular e una seconda consistente nella simulazione di uno scenario di liquidazione. La prima parte mira a determinare il valore economico del Banco Popular nell’ambito dell’applicazione dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa. La seconda parte è diretta a valutare se gli azionisti e i creditori avrebbero ricevuto un trattamento migliore se il Banco Popular fosse stato sottoposto a procedura ordinaria di insolvenza ai sensi della normativa spagnola.

604

Il CRU ha adottato il programma di risoluzione prendendo in considerazione la prima parte della valutazione 2 contenente la valutazione delle attività e delle passività del Banco Popular propriamente detta. Per contro, poiché la Deloitte ha precisato che non disponeva di tutte le informazioni necessarie, né del tempo sufficiente, per procedere a una stima che non fosse meramente indicativa in tale fase, la seconda parte della valutazione 2 corrisponde a una prima simulazione, conformemente all’articolo 20, paragrafo 9, del regolamento n. 806/2014. La valutazione 3, che rappresenta la valutazione definitiva diretta a valutare se gli azionisti e i creditori avrebbero ricevuto un trattamento migliore se il Banco Popular fosse stato sottoposto a procedura ordinaria di insolvenza, ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 16, del regolamento n. 806/2014, è stata realizzata successivamente alla risoluzione.

605

Orbene, il valore di liquidazione, di cui la ricorrente contesta l’utilizzo da parte della Deloitte, corrisponde alla seconda parte della valutazione 2. Nel quadro della prima parte, la Deloitte ha preso in considerazione il valore di cessione del Banco Popular.

606

Per quanto riguarda la metodologia utilizzata, la Deloitte ha indicato, nella valutazione 2, che lo scenario utilizzato per determinare il valore economico era la vendita della banca secondo lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa. Ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 5, lettera f), del regolamento n. 806/2014, la valutazione era intesa a orientare la decisione sulle attività, i diritti, le passività o titoli di proprietà da cedere nonché l’accertamento, da parte del CRU, delle condizioni commerciali ai fini dell’articolo 24, paragrafo 2, lettera b), del medesimo regolamento.

607

La Deloitte ha spiegato che «la [sua] valutazione economica [era] diretta a fornire una stima del valore che [poteva] essere proposto da un potenziale acquirente per la banca nel suo complesso, a seguito di una procedura d’asta aperta, equa e competitiva (un “valore di cessione” ai sensi dell’articolo 11 delle norme tecniche di regolamentazione [...])».

608

Dal considerando 6 delle norme tecniche di regolamentazione risulta che la scelta del criterio di valutazione più appropriato (il valore di possesso o il valore di cessione) dovrebbe essere effettuata per le specifiche azioni di risoluzione prese in considerazione dall’autorità di risoluzione.

609

Per quanto riguarda la scelta del criterio di valutazione, l’articolo 11, paragrafo 4, delle norme tecniche di regolamentazione, riprodotto nell’articolo 11, paragrafo 4, del regolamento delegato 2018/345, prevede quanto segue:

«Se le azioni di risoluzione di cui all’articolo 10, paragrafo 1, prescrivono che le attività e le passività devono essere mantenute da un’entità che continua a trovarsi in situazione di continuità operativa, il perito utilizza il valore di possesso come criterio di valutazione appropriato. Se considerato equo, prudente e realistico, il valore di possesso può essere predittivo di una normalizzazione delle condizioni di mercato.

Il valore di possesso non è utilizzato come criterio di valutazione in caso di cessione di attività a un veicolo di gestione delle attività a norma dell’articolo 42 della direttiva 2014/59/UE o a un ente-ponte a norma dell’articolo 40 della medesima direttiva, o in caso di utilizzo di uno strumento per la vendita dell’attività d’impresa a norma dell’articolo 38 della direttiva 2014/59/UE».

610

Secondo l’articolo 12, paragrafo 4, delle norme tecniche di regolamentazione, riprodotto nell’articolo 12, paragrafo 4, del regolamento delegato 2018/345, «[s]e la situazione di un’entità le impedisce di detenere un’attività o di proseguire un’attività d’impresa, o se la vendita è comunque ritenuta necessaria dall’autorità di risoluzione per conseguire gli obiettivi della risoluzione, i flussi di cassa attesi fanno riferimento ai valori di cessione attesi entro un determinato periodo di cessione».

611

I fattori da prendere in considerazione per determinare il valore di cessione, ai fini dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa, sono definiti all’articolo 12, paragrafi da 5 a 7, delle norme tecniche di regolamentazione, riprodotto nell’articolo 12, paragrafi da 5 a 7, del regolamento delegato 2018/345.

612

Ne consegue che la ricorrente non può sostenere che il valore di cessione non era la metodologia corretta per stimare il valore del Banco Popular nell’ambito della valutazione 2.

613

In secondo luogo, la ricorrente deduce che la valutazione 2 non ha tenuto conto del valore di mercato del Banco Popular prima della risoluzione.

614

Va osservato che il valore di mercato delle azioni del Banco Popular prima dell’adozione della decisione di risoluzione non può costituire un criterio di valutazione del valore di cessione del Banco Popular nell’ambito dell’applicazione dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa.

615

L’articolo 2, paragrafo 1, delle norme tecniche di regolamentazione prevede quanto segue:

«Al momento di effettuare la valutazione, il perito tiene conto delle circostanze che incidono sui flussi di cassa attesi e dei tassi di attualizzazione applicabili alle attività e passività dell’entità, con l’obiettivo di tracciare una rappresentazione fedele della situazione finanziaria dell’entità nel contesto delle opportunità e dei rischi che si presentano all’entità».

616

Per quanto attiene, più nello specifico, al valore di cessione, l’articolo 12, paragrafo 5, delle norme tecniche di regolamentazione prevede quanto segue:

«Il valore di cessione è determinato dal perito sulla base dei flussi di cassa, al netto dei costi di cessione e al netto del valore atteso delle eventuali garanzie fornite, che l’entità può ragionevolmente attendersi alla luce delle condizioni di mercato prevalenti da una regolare vendita o cessione di attività o passività. Ove opportuno, tenendo conto delle azioni da intraprendere nell’ambito del programma di risoluzione, il perito può stabilire il valore di cessione applicando una riduzione, in virtù di un eventuale sconto per vendita accelerata, al prezzo di mercato osservabile di tale vendita o cessione. Per determinare il valore di cessione delle attività che non hanno un mercato liquido, il perito tiene conto dei prezzi osservabili sui mercati nei quali sono negoziate attività analoghe o di calcoli modellizzati utilizzando parametri di mercato osservabili, tenendo opportunamente conto degli sconti per illiquidità».

617

La valutazione 2 era volta a stabilire quanto un potenziale acquirente sarebbe stato disposto a pagare per il Banco Popular alle condizioni presenti alla data di adozione del programma di risoluzione. A questo proposito, per quanto riguarda il metodo utilizzato nella valutazione 2, la Deloitte ha indicato di aver adottato un approccio categoria per categoria, adeguando i valori contabili di ciascuna classe di attività e di passività per stimare le perdite e i profitti e altri adeguamenti che ogni acquirente avrebbe applicato al valore. Essa ha prodotto un intervallo di valutazione per ogni classe di attività e di passività.

618

Da un lato, va considerato che il valore di mercato del Banco Popular prima che fosse dichiarato in dissesto o a rischio di dissesto non può rappresentare un criterio di determinazione del valore di cessione della banca. A tale riguardo, come osserva la Commissione, i mercati ignoravano l’imminente risoluzione del Banco Popular, la portata delle misure considerate e il fatto che, in caso di mancata risoluzione, il Banco Popular sarebbe stato oggetto di una procedura di insolvenza, cosicché il valore delle azioni di detto ente prima della risoluzione non corrispondeva necessariamente al suo valore economico reale.

619

Dall’altro lato, il valore delle azioni del Banco Popular sul mercato non può rappresentare un’informazione sufficiente che consenta di compiere una stima per categorie o gruppi di attività.

620

Per questi motivi, contrariamente a quanto indica la perizia, il valore di mercato del Banco Popular non può essere considerato un indicatore del suo valore ai fini della valutazione 2.

621

Nella valutazione 2, la Deloitte ha inoltre spiegato per quale motivo il valore di mercato del Banco Popular non rappresentava una metodologia adeguata per valutare il suo valore di cessione. In particolare, la Deloitte ha indicato che, vista la situazione in cui si trovava la banca, il prezzo dell’azione aveva registrato una grande volatilità.

622

A questo proposito, la perizia indica che «il prezzo vigente dell’azione è la prova diretta del prezzo che un acquirente era pronto a pagare per un pacchetto ridotto di azioni, a prescindere dalla sua volatilità». Orbene, basti ricordare che il valore di cessione che la Deloitte era chiamata a stimare riguardava il Banco Popular nel suo complesso e non soltanto qualche azione.

623

In terzo luogo, la ricorrente sostiene che la valutazione 2 include riserve ingiustificate per perdite, il che contrasterebbe con l’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014.

624

A tale riguardo, va ricordato che l’articolo 20, paragrafo 10, secondo comma, del regolamento n. 806/2014 prevede che la valutazione provvisoria di cui al primo comma includa una riserva per perdite aggiuntive, con adeguata motivazione.

625

L’articolo 13 delle norme tecniche di regolamentazione definisce il metodo utilizzato per calcolare e includere, nel quadro della valutazione provvisoria, una riserva per perdite aggiuntive e prevede quanto segue:

«1.   Per ovviare all’incertezza delle valutazioni provvisorie effettuate a norma dell’articolo 36, paragrafo 4, lettere da b) a g), della direttiva 2014/59/UE, il perito include nella valutazione una riserva per tener conto di fatti e circostanze a sostegno dell’esistenza di perdite aggiuntive di importo o tempistiche incerti. Al fine di evitare un doppio conteggio dell’incertezza, il perito spiega e giustifica in modo adeguato le ipotesi a sostegno del calcolo della riserva.

2.   Al fine di determinare l’entità della riserva, il perito individua i fattori che possono incidere sui flussi di cassa previsti a seguito delle azioni di risoluzione che saranno presumibilmente adottate».

626

A questo proposito, va ricordato che, nella lettera di accompagnamento alla valutazione 2, la Deloitte ha esplicitamente indicato che la valutazione di cui trattasi includeva una riserva per perdite aggiuntive, ai sensi dell’articolo 36, paragrafo 9, della direttiva 2014/59 e che essa dava applicazione alle norme tecniche di regolamentazione secondo cui la valutazione deve includere una siffatta riserva. La Deloitte ha osservato che la riserva per perdite aggiuntive era parte integrante della valutazione 2 e che i dettagli erano contenuti nella relazione sulla valutazione 2 e nel suo allegato.

627

Così, per quanto attiene alla giustificazione di detta riserva, va osservato che, nella valutazione 2, per ciascuna categoria di attività, la Deloitte ha fornito spiegazioni sulle diverse circostanze idonee a determinare perdite aggiuntive e ha menzionato le incertezze in merito alla loro valutazione. La Deloitte ha così motivato l’inclusione di una riserva per perdite aggiuntive come richiesto dalle norme tecniche di regolamentazione.

628

Occorre rilevare come la ricorrente non sollevi alcun argomento volto a contestare tali spiegazioni presenti nella valutazione 2. Nella perizia, l’esperto si limita a sostenere che la Deloitte non ha quantificato, spiegato o giustificato la riserva per perdite aggiuntive.

629

Occorre quindi respingere la terza censura.

4) Sulla quarta censura, relativa al contrasto con la valutazione 1

630

La ricorrente sostiene che la valutazione 2 contrasta con il fatto che il Banco Popular è stato considerato solvibile nella valutazione 1 e nella valutazione della BCE sul dissesto o sul rischio di dissesto di detto istituto di credito, nonché con il fatto che la Banca di Spagna ha dichiarato, il 5 giugno 2017, la sua solvibilità.

631

Va ricordato che, il 5 giugno 2017, il CRU ha adottato la valutazione 1 ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 5, lettera a), del regolamento n. 806/2014, che era intesa ad orientare l’accertamento del soddisfacimento delle condizioni per la risoluzione o per la svalutazione o conversione degli strumenti di capitale. In particolare, il CRU ha indicato che lo scopo della valutazione 1 era quello di contribuire a determinare se il Banco Popular fosse in dissesto o a rischio di dissesto, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 806/2014.

632

Le norme tecniche dell’ABE, adottate il 23 maggio 2017, non erano, certamente, vincolanti, ma erano disponibili alla data della valutazione 2. Nella valutazione 2, la Deloitte indica espressamente di essersi adeguata ai requisiti di cui alle norme tecniche dell’ABE.

633

Nella loro sintesi introduttiva, le norme tecniche dell’ABE specificano la necessità di distinguere tra due tipi di valutazioni anteriori alla risoluzione, la valutazione 1, effettuata ai sensi dell’articolo 36, paragrafo 4, lettera a), della direttiva 2014/59, che è l’equivalente dell’articolo 20, paragrafo 5, lettera a), del regolamento n. 806/2014, e la valutazione 2, effettuata ai sensi dell’articolo 36, paragrafo 4, lettere da b) a g), della direttiva 2014/59, che corrisponde all’articolo 20, paragrafo 5, lettere da b) a g), del regolamento n. 806/2014.

634

Il considerando 1 delle norme tecniche di regolamentazione, riprodotto al considerando 1 del regolamento delegato 2018/345, ricorda questa distinzione tra una prima valutazione intesa a valutare se sussistano le condizioni per la svalutazione e la conversione degli strumenti di capitale o le condizioni per la risoluzione, da un lato, e una valutazione successiva su cui si fonda la decisione di applicare uno o più strumenti di risoluzione, dall’altro. Le norme tecniche di regolamentazione stabiliscono criteri diversi per lo svolgimento della valutazione 1 e della valutazione 2.

635

Va inoltre ricordato che, a norma dell’articolo 18, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 806/2014, la valutazione di detta condizione è effettuata dalla BCE o dal CRU.

636

Per quanto concerne l’argomento dedotto dalla ricorrente secondo cui le valutazioni 1 e 2 sarebbero contraddittorie, basti osservare che esso è inconferente.

637

Infatti, la valutazione 1, adottata il 5 giugno 2017, diretta a stabilire se il Banco Popular fosse in dissesto o a rischio dissesto al fine di verificare se sussistessero le condizioni per la risoluzione o per la svalutazione o la conversione degli strumenti di capitale, è divenuta obsoleta a seguito della valutazione effettuata dalla BCE il 6 giugno 2017, relativa al dissesto o al rischio di dissesto del Banco Popular.

638

Certo, nella valutazione 1, il CRU ha osservato che, alla data di riferimento della sua valutazione, vale a dire il 31 marzo 2017, il Banco Popular era solvibile. Tuttavia, da un lato, va ricordato che la BCE si è fondata sui significativi ritiri di depositi del Banco Popular a partire dai mesi di aprile e maggio 2017 e sull’incapacità di quest’ultimo di generare nuove liquidità, per concludere che, il 6 giugno 2017, il Banco Popular era in dissesto o a rischio di dissesto. Dall’altro lato, la conclusione della BCE si fondava sul fatto che il Banco Popular non sarebbe stato in grado di pagare i propri debiti o altre passività in scadenza ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 4, lettera c), del regolamento n. 806/2014, e non sul fatto che il Banco Popular fosse stato insolvibile a termini di bilancio. Così, le conclusioni della valutazione 1 non erano più pertinenti alla data della risoluzione.

639

Peraltro, occorre rilevare che differenze nelle conclusioni tra la valutazione 1 e la valutazione 2 si spiegano con il fatto che, avendo obiettivi diversi, esse si basano su criteri di valutazione diversi definiti nelle norme tecniche dell’ABE. Pertanto, secondo le norme tecniche dell’ABE, la valutazione 1 mira principalmente a stabilire se il valore totale delle attività dell’entità superi quello delle sue passività, in altre parole, se l’entità sia solvibile a termini di bilancio, mentre la valutazione 2 deve basarsi sul valore economico e non sul valore contabile dell’entità.

640

Infine, poiché la valutazione 2 deve tener conto del valore economico e non del valore contabile del Banco Popular, la ricorrente non può invocare l’esistenza di una contraddizione tra la constatazione secondo cui il Banco Popular era solvibile, effettuata nella valutazione 1, nella valutazione della BCE o da parte della Banca di Spagna, e la conclusione della valutazione 2.

641

Occorre quindi respingere la quarta censura.

5) Sulla quinta censura, relativa all’esistenza di errori manifesti di valutazione

642

La ricorrente sostiene che, in base alla perizia, la valutazione 2 contiene errori manifesti di valutazione.

643

Anzitutto, va osservato che, in base a quanto dedotto dalla ricorrente, la perizia indicherebbe che la valutazione 2 contiene una stima al ribasso poiché non tiene conto dei dati di mercato e dei dati dei revisori che avevano avuto tempo per valutare il Banco Popular.

644

A questo proposito, per quanto attiene al valore di mercato, si rinvia all’analisi svolta ai precedenti punti da 614 a 621. Per quanto riguarda i dati dei revisori, occorre rilevare che il valore attribuito alle attività del Banco Popular da detti revisori corrisponde al loro valore contabile. Questi dati non possono pertanto essere confrontati con quelli relativi al valore economico delle attività che dovevano essere presi in considerazione per determinare il valore di cessione del Banco Popular.

645

In primo luogo, per quanto concerne i prestiti e i crediti, la ricorrente sostiene, basandosi sulla perizia, che la loro valutazione non è realistica poiché contrasterebbe con i coefficienti di accantonamento approvati dal supervisore e con la valutazione 1, in cui il valore contabile del portafoglio prestiti non è stato ridotto.

646

Basti ricordare che dal precedente punto 644 e dall’analisi della quarta censura emerge che i dati del supervisore e la valutazione 1, tenendo conto unicamente del valore contabile delle attività del Banco Popular, non sono pertinenti ai fini del confronto con la valutazione 2.

647

Inoltre, occorre osservare che i prestiti e i crediti fanno parte degli elementi per i quali esiste una notevole incertezza e su cui il perito si concentra particolarmente, ai sensi dell’articolo 8, lettera a), delle norme tecniche di regolamentazione, il quale contempla:

«i prestiti o i portafogli di prestiti, i cui flussi di cassa attesi dipendono dalla capacità, dalla disponibilità o dall’incentivo della controparte ad adempiere ai suoi obblighi, se tali aspettative si basano su ipotesi relative ai tassi di insolvenza, alla probabilità di default, alla perdita in caso di default o alle caratteristiche dello strumento, specialmente se evidenziate dai modelli di perdita per un portafoglio di prestiti».

648

In più, alle pagine da 4 a 11 dell’allegato alla valutazione 2, la Deloitte ha spiegato gli adeguamenti che aveva apportato alla valutazione dei prestiti e dei crediti, in particolare con riferimento ai rischi di mancato pagamento. La ricorrente non solleva alcun argomento diretto a contestare tali adeguamenti.

649

In secondo luogo, per quanto attiene alle attività immobiliari, la ricorrente osserva, sulla base della perizia, che la valutazione 2 ne ha ridotto in maniera ingiustificata il valore non tenendo conto delle valutazioni di tali attività compiute dagli esperti autorizzati dalla Banca di Spagna. La valutazione 2 non prenderebbe in considerazione il valore attribuito a tali attività dai revisori del Banco Popular e le raccomandazioni fornite dalla Banca di Spagna ai fini della loro valutazione.

650

Questo argomento deve essere respinto poiché si fonda su un confronto con le valutazioni compiute dai revisori, che non sono pertinenti.

651

Va inoltre osservato che l’argomento di cui trattasi non è sufficientemente chiaro da poterne comprendere la portata. La ricorrente non precisa, in particolare, quali sarebbero gli esperti autorizzati dalla Banca di Spagna, né quali sarebbero le raccomandazioni da quest’ultima impartite ed ignorate dalla Deloitte.

652

In ogni caso, dalla lettura della perizia emerge che le «raccomandazioni della Banca di Spagna» rinviano alla circolare 4/2016 di quest’ultima. L’esperto osserva che, per quanto attiene alla valutazione delle attività immobiliari pignorate, la Deloitte si è avvalsa dell’Orden ECO/805/2003, sobre normas de valoración de bienes inmuebles y de determinados derechos para ciertas finalidades financieras (norma ECO/805/2003 relativa alle regole di valutazione dei beni immobili e di taluni diritti a finalità finanziarie), del 27 marzo 2003 (BOE n. 85, del 9 aprile 2003, pag. 13678), per procedere a taluni adeguamenti, il che avrebbe comportato un valore inferiore rispetto a quello che sarebbe stato ottenuto seguendo la circolare 4/2016. A questo proposito, basti osservare che il perito non contesta l’applicabilità della norma ECO 805/2003.

653

Inoltre, nella relazione sulla valutazione 2, la Deloitte ha stimato che una valutazione equa delle attività immobiliari pignorate richiedeva un adeguamento compreso tra il 42 e il 47% rispetto alle valutazioni fornite dal Banco Popular. Nell’allegato alla valutazione 2, la Deloitte ha osservato che la maggior parte delle incongruenze rilevate era dovuta a una presa in considerazione insufficiente della norma ECO/805/2003, che prevede regole imperative per la valutazione dei beni immobili nel settore bancario spagnolo. In particolare, la Deloitte indica che dette incongruenze riguardano, segnatamente, la valutazione dei requisiti in materia di urbanistica e lo stato di avanzamento dei lavori.

654

Nella perizia, l’esperto non solleva alcun argomento volto a rimettere in discussione detto apprezzamento compiuto dalla Deloitte nella valutazione 2. Egli si limita a osservare che gli esperti autorizzati dalla Banca di Spagna erano qualificati anche per procedere alla valutazione delle attività immobiliari del Banco Popular.

655

Nel consegue che la Deloitte ha spiegato il metodo utilizzato, nella valutazione 2, per valutare le attività immobiliari del Banco Popular e ha giustificato le ragioni per cui la sua valutazione delle attività immobiliari pignorate era diversa da quella fornita dal Banco Popular.

656

In terzo luogo, per quanto attiene alle attività fiscali differite, la ricorrente sostiene che la Deloitte ha proceduto alla loro valutazione senza disporre dei documenti necessari e che detta valutazione è in contrasto con la valutazione 1.

657

Basti osservare che, dall’analisi della quarta censura, risulta che l’argomento della ricorrente vertente sul contrasto con la valutazione 1 è inconferente.

658

Per quanto attiene alla valutazione delle attività fiscali differite, la Deloitte ha indicato, nell’allegato alla valutazione 2, le incertezze legate alla tempistica e alle informazioni disponibili e inerenti alla natura stessa di dette attività. A tale riguardo, la Deloitte ha fornito spiegazioni sul metodo impiegato per valutare le attività fiscali differite e sulle ipotesi da essa prese in considerazione.

659

Ad esempio, la Deloitte, nella relazione sulla valutazione 2, ha indicato che la valutazione delle attività fiscali differite non protette sarebbe dipesa dagli utili imponibili anticipati dell’acquirente (piano economico-finanziario) e dai livelli di crediti d’imposta esistenti. Essa ha segnatamente spiegato, nell’allegato alla valutazione 2, che la valutazione delle attività fiscali differite non protette dipendeva dall’acquirente, in particolare dal fatto che si trattasse di un’entità spagnola o straniera e che, nell’ipotesi in cui l’acquirente fosse stata una banca spagnola, la loro ripetibilità e la loro contabilizzazione in bilancio sarebbero dipese dal piano economico-finanziario del Banco Popular e da quello dell’acquirente. La relazione sulla valutazione menziona il fatto che la valutazione effettuata dalla Deloitte tiene conto di tali diverse ipotesi.

660

Occorre infine ricordare che l’esistenza di incertezze è inerente a qualsiasi valutazione provvisoria compiuta sulla base dell’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014.

661

Orbene, la ricorrente non solleva alcun argomento diretto a rimettere in discussione il metodo di valutazione delle attività fiscali differite impiegato dalla Deloitte ed illustrato alle pagine da 27 a 33 dell’allegato alla valutazione 2.

662

In quarto luogo, per quanto attiene agli accantonamenti per rischi giuridici, la ricorrente rinvia alla perizia secondo cui la valutazione 2 avrebbe incrementato in maniera ingiustificata detti accantonamenti.

663

Basti osservare che la perizia si limita a confrontare il risultato della valutazione dei rischi giuridici compiuta dalla Deloitte con quella accolta nella relazione di revisione del Banco Popular.

664

Tali valutazioni non sono idonee a rimettere in discussione gli adeguamenti operati dalla Deloitte sulla base della propria esperienza e delle tendenze del settore che sono sfociati in diverse ipotesi illustrate alle pagine da 34 a 38 dell’allegato della valutazione 2.

665

La ricorrente ritiene inoltre che la valutazione 2 non abbia tenuto conto delle significative sinergie che il Banco Popular offriva al Banco Santander, comprovate dal considerevole aumento della quotazione in borsa del Banco Santander intervenuto il 7 giugno 2017 e nei due giorni successivi.

666

A tale riguardo, basti rilevare che la valutazione 2 mirava a stabilire il valore di cessione del Banco Popular per ogni potenziale acquirente. Nella valutazione 2, la Deloitte non poteva pertanto tener conto delle sinergie relative a un acquirente di cui ignorava l’identità. Lo specifico valore attribuito alle attività e alle passività del Banco Popular nella contabilità del Banco Santander a seguito della sua integrazione non è quindi pertinente.

667

La ricorrente non ha dunque dimostrato l’esistenza di errori manifesti nella valutazione 2 e la quinta censura deve, di conseguenza, essere respinta.

668

Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, occorre respingere la seconda parte, nonché il nono motivo di ricorso nel suo complesso.

10.   Sul decimo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’articolo 14 del regolamento n. 806/2014, del dovere di diligenza e dell’articolo 296 TFUE

669

La ricorrente afferma che il CRU ha violato, nel programma di risoluzione, l’articolo 14 del regolamento n. 806/2014, il suo dovere di diligenza e l’articolo 296 TFUE, avendo provveduto alla svalutazione delle azioni e alla cessione delle attività senza esaminare se esistessero misure alternative che comportassero una minore distruzione di valore per gli azionisti.

670

In primo luogo, la ricorrente sostiene che nulla nella motivazione del programma di risoluzione indica che il CRU avrebbe esaminato soluzioni alternative meno restrittive per gli azionisti prima di procedere alla svalutazione degli strumenti di capitale del Banco Popular e alla vendita dell’attività d’impresa. Esso non avrebbe chiarito se soluzioni alternative avrebbero consentito di evitare la distruzione di valore per gli azionisti a norma dell’articolo 14 del regolamento n. 806/2014.

671

Occorre osservare che gli argomenti della ricorrente si fondano su un’interpretazione errata dell’articolo 14, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 806/2014, citato al precedente punto 521.

672

Da tale disposizione risulta che gli obiettivi della risoluzione di cui all’articolo 14, paragrafo 2, primo comma, del regolamento n. 806/2014 devono essere conseguiti, per quanto possibile, con uno strumento di risoluzione che comporti la minore distruzione di valore. Tuttavia, come precisa tale disposizione, qualora la distruzione del valore conseguente allo strumento di risoluzione scelto sia necessaria per la realizzazione di tali obiettivi e quindi per l’interesse pubblico, la risoluzione non può essere considerata sproporzionata.

673

In aggiunta, come sottolineato dalla Commissione, la distruzione del valore ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 806/2014 non riguarda unicamente gli interessi patrimoniali degli azionisti e dei detentori di strumenti di capitale dell’entità, ma anche quelli dei suoi depositanti, dei suoi dipendenti e degli altri creditori.

674

Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la disposizione di cui trattasi non impone di valutare la proporzionalità dell’azione di risoluzione alla luce della lesione arrecata al diritto di proprietà degli azionisti.

675

Occorre ricordare che, all’articolo 5.2 del programma di risoluzione, il CRU ha indicato che lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa costitutiva un mezzo adeguato, necessario e proporzionato alla realizzazione degli obiettivi della risoluzione di cui all’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento n. 806/2014, vale a dire, principalmente, garantire la continuità delle funzioni essenziali e preservare la stabilità finanziaria. All’articolo 5.3 del programma di risoluzione, citato al precedente punto 339, il CRU ha spiegato le ragioni per cui gli altri strumenti di risoluzione previsti dal regolamento n. 806/2014 non erano adeguati e non consentivano di realizzare gli obiettivi della risoluzione nella stessa misura.

676

Il CRU ha così indicato le ragioni per cui gli altri strumenti di risoluzione, come la separazione delle attività che, a parere della ricorrente avrebbe consentito di evitare la distruzione di valore per gli azionisti, non avrebbero permesso di realizzare gli obiettivi previsti all’articolo 14, paragrafo 2, primo comma, del regolamento n. 806/2014.

677

Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il CRU, avendo dimostrato che lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa era necessario per la realizzazione di detti obiettivi, non era tenuto a indicare se soluzioni diverse avrebbero consentito di evitare la distruzione di valore ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 806/2014.

678

Peraltro, occorre rilevare che, all’articolo 4.5 del programma di risoluzione, il CRU ha concluso che la risoluzione contribuiva anche a minimizzare la distruzione del valore, tenendo conto del fatto che una liquidazione del Banco Popular avrebbe comportato perdite maggiori per i creditori rispetto alla risoluzione. Il CRU ha altresì considerato, all’articolo 4.6 del programma di risoluzione, che gli inconvenienti e i costi connessi all’adozione dell’azione di risoluzione, principalmente le perdite subite dagli azionisti e dai creditori subordinati, sarebbero stati controbilanciati dai vantaggi che ne derivavano, vale a dire il mantenimento delle funzioni essenziali, la limitazione degli effetti negativi sull’economia e sulla stabilità finanziaria nonché il fatto di evitare perdite che altri creditori avrebbero potuto subire.

679

Ne consegue che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il CRU ha tenuto conto, nel programma di risoluzione, della distruzione di valore che lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa poteva comportare per gli azionisti del Banco Popular.

680

In secondo luogo, la ricorrente afferma che il CRU non ha esaminato se lo strumento di separazione degli attivi, combinato a un prestito del FRU, sarebbe stato adeguato a risolvere i problemi di liquidità e a ripristinare la fiducia del mercato e che esso avrebbe così oltrepassato i limiti del suo potere discrezionale. La ricorrente sostiene che, in base alla perizia prodotta in allegato al suo atto introduttivo e citata al precedente punto 482, una separazione delle attività combinata con altre misure destinate ad apportare liquidità era, in linea di principio, realizzabile e avrebbe consentito di evitare una distruzione di valore per gli azionisti in violazione dell’articolo 14 del regolamento n. 806/2014.

681

Va anzitutto ricordato che all’articolo 5.3 del programma di risoluzione, citato al precedente punto 339, il CRU ha considerato che lo strumento della separazione delle attività, combinato con lo strumento del bail-in o con lo strumento dell’ente-ponte, non consentiva di realizzare gli obiettivi della risoluzione nella stessa misura dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa.

682

Inoltre, la ricorrente non solleva alcun argomento idoneo a dimostrare che la soluzione da essa invocata, vale a dire una separazione delle attività affiancata a un apporto di liquidità, fosse ipotizzabile tenuto conto della posizione di liquidità del Banco Popular e dell’urgenza con cui il programma di risoluzione doveva essere adottato, né che detta soluzione avrebbe consentito di ripristinare la sostenibilità economica del Banco Popular a lungo termine.

683

Così, nell’atto introduttivo, la ricorrente si limita a rinviare alla parte della perizia ivi allegata dal titolo «La decisione non prende sufficientemente in considerazione strumenti di risoluzione alternativi». Orbene, basti osservare che in detta perizia, effettuata il 16 settembre 2017 sulla base della versione del programma di risoluzione pubblicata nel luglio 2017, gli esperti riconoscono numerose lacune nella loro analisi legate al fatto che la versione del programma di risoluzione di cui disponevano conteneva parti occultate e che essi ignoravano la portata dei problemi di liquidità del Banco Popular. Essi rilevano che il Banco Popular era solvibile e si fondano su una serie di ipotesi puramente teoriche relative alla vendita di determinate attività. Per contro, detta perizia non contiene alcuna analisi volta a dimostrare che una soluzione alternativa allo strumento per la vendita dell’attività d’impresa fosse effettivamente attuabile tenuto conto del deterioramento della posizione di liquidità del Banco Popular e dell’urgenza. Tale perizia non dimostra la fattibilità in concreto di dette vendite di attività alle condizioni presenti alla data della risoluzione.

684

Come osservato dal CRU, la ricorrente non spiega in maniera adeguata in che modo la soluzione alternativa sarebbe stata parimenti efficace, giuridicamente realizzabile e meno onerosa della vendita delle attività attraverso lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa. A questo proposito, va osservato che gli esperti che hanno realizzato la perizia del 16 settembre 2017 hanno realizzato anche la perizia allegata alla replica, citata al precedente punto 483, nella quale essi hanno ammesso che, in mancanza di informazioni disponibili, non erano stati in grado, nella loro prima perizia, di spiegare in modo più dettagliato come detta soluzione alternativa avrebbe potuto funzionare.

685

La perizia allegata alla replica non tiene inoltre conto degli obiettivi della risoluzione, previsti all’articolo 14 del regolamento n. 806/2014, e non dimostra quindi che l’applicazione di un altro strumento di risoluzione, come la separazione delle attività, avrebbe consentito di conseguire detti obiettivi con la medesima efficacia dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa.

686

Infine, come sottolineano la Commissione e il CRU, l’attuazione dello strumento della separazione delle attività richiede tempi che non erano disponibili alla data della risoluzione.

687

A tale riguardo, nella replica, la ricorrente sostiene che il CRU avrebbe potuto realizzare con urgenza una separazione delle attività. Essa rinvia, a tal proposito, alla sezione 8 della perizia allegata alla replica. Orbene, basti osservare che detta perizia allegata alla replica si limita a indicare che le parti essenziali di un siffatto intervento potrebbero essere realizzate in un periodo significativamente più breve, compreso tra sei e nove mesi, citato dalla Commissione. Tali elementi non possono dimostrare che lo strumento della separazione delle attività fosse realizzabile, in concreto, nella situazione di urgenza in cui il Banco Popular si trovava.

688

La ricorrente deduce altresì che la separazione delle attività avrebbe potuto essere applicata con urgenza se il piano di risoluzione del 2016 fosse stato predisposto correttamente.

689

Si deve ritenere, come dedotto dalla Commissione, che tale argomento non è pertinente, poiché il piano di risoluzione del 2016 non poteva tener conto della crisi di liquidità cui il Banco Popular ha dovuto far fronte a partire dal mese di aprile 2017.

690

Al riguardo, ai sensi dell’articolo 23, terzo comma, del regolamento n. 806/2014, «[i]n sede di adozione di un programma di risoluzione il [CRU], il Consiglio e la Commissione tengono conto del piano di risoluzione di cui all’articolo 8, e vi si attengono, salvo che il [CRU] ritenga, tenuto conto delle circostanze specifiche del caso, che il conseguimento degli obiettivi della risoluzione risulti più efficace se si adottano azioni non contemplate nel piano di risoluzione».

691

Nella fattispecie, il CRU ha spiegato, nei considerando da 44 a 46 del programma di risoluzione, per quali ragioni lo strumento di risoluzione previsto nel piano di risoluzione del 2016 non fosse adeguato alle circostanze esistenti alla data della risoluzione. In tal senso, esso ha rilevato che il piano di risoluzione del 2016 si basava sull’ipotesi che il dissesto del Banco Popular fosse connesso a un deterioramento della sua situazione patrimoniale. Orbene, poiché il dissesto del Banco Popular derivava dal deterioramento della sua posizione di liquidità, il CRU ha indicato che non era garantito che lo strumento del bail-in, considerato in tale piano, avrebbe consentito di rimediare immediatamente ed efficacemente alla crisi di liquidità del Banco Popular.

692

Ne consegue che le eventuali carenze del piano di risoluzione del 2016 non possono comportare l’annullamento delle decisioni impugnate e che gli argomenti sollevati dalla ricorrente a questo riguardo sono inconferenti. In particolare, la relazione speciale della Corte dei conti n. 23/2017, dal titolo «[CRU]: si è iniziato a lavorare al difficile compito di realizzare l’unione bancaria, ma resta ancora molta strada da fare», citato dalla ricorrente, non è pertinente.

693

In terzo luogo, la ricorrente sostiene che il CRU ha violato il suo dovere di diligenza e di buona amministrazione non esaminando le eventuali soluzioni offerte dall’articolo 76 del regolamento n. 806/2014, vale a dire un prestito del FRU, al fine di far fronte ai problemi di liquidità del Banco Popular.

694

A tale riguardo, è sufficiente constatare che, in forza dell’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 806/2014, nell’ambito del programma di risoluzione, in sede di applicazione degli strumenti di risoluzione, il CRU può utilizzare il FRU solo nella misura necessaria ad assicurare l’efficace applicazione degli strumenti di risoluzione al fine, in particolare, di erogare prestiti all’ente soggetto a una procedura di risoluzione. Da ciò emerge chiaramente che tale possibilità può essere prevista solo nell’ambito di un’azione di risoluzione e non costituisce in nessun caso una misura alternativa a quest’ultima. Come osserva il CRU, il ricorso al FRU non può essere utilizzato in maniera isolata per risolvere i problemi di liquidità di un’entità.

695

In quarto luogo, la ricorrente sostiene, in subordine, che il CRU avrebbe potuto ricorrere ad altre misure previste dalla direttiva 2014/59. Considerato che il regolamento n. 806/2014 non sarebbe stato concepito per risolvere i problemi di liquidità, il CRU, non esaminando la possibilità di prevedere uno strumento di risoluzione ad hoc, avrebbe violato il suo dovere di diligenza e oltrepassato i limiti del suo potere discrezionale.

696

Basti osservare, al pari del CRU, che quest’ultimo può avvalersi soltanto degli strumenti di risoluzione previsti dall’articolo 22, paragrafo 2, del regolamento n. 806/2014.

697

Occorre pertanto respingere il decimo motivo di ricorso.

11.   Sull’undicesimo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’articolo 20, paragrafo 14, del regolamento n. 806/2014, in combinato disposto con l’articolo 20, paragrafi 11 e 15, del medesimo regolamento e sulla violazione delle forme sostanziali

698

Con questo motivo nuovo di ricorso sollevato in sede di replica, la ricorrente osserva che, nella sua risposta del 30 luglio 2018 a una misura di organizzazione del procedimento, il CRU ha indicato che non avrebbe provveduto ad effettuare una valutazione definitiva ex post; essa eccepisce inoltre che il programma di risoluzione viola l’articolo 20, paragrafi 11, 14 e 15, del regolamento n. 806/2014. Il programma di risoluzione sarebbe stato adottato senza che esistessero le disposizioni e i meccanismi necessari affinché la valutazione di cui all’articolo 20 del regolamento n. 806/2014 fosse fondata su informazioni concernenti le attività e le passività del Banco Popular quanto più possibile complete e aggiornate.

699

La ricorrente sostiene che questo motivo nuovo di ricorso è ricevibile ai sensi dell’articolo 84 del regolamento di procedura, in quanto si fonda su un elemento nuovo intervenuto in corso di causa, vale a dire l’informazione comunicata dal CRU nella sua risposta del 30 luglio 2018 a una misura di organizzazione del procedimento, secondo cui non si sarebbe proceduto a una valutazione definitiva ex post.

700

La Commissione replica che detto motivo nuovo di ricorso è irricevibile e, in ogni caso, infondato, nella misura in cui la ricorrente si fonda su un elemento successivo all’adozione del programma di risoluzione che non può inficiarne la legittimità. Anche il CRU e il Banco Santander eccepiscono che detto motivo di ricorso si riferisce a una decisione del CRU successiva all’adozione del programma di risoluzione e che essa non può pregiudicare la legittimità del programma di cui trattasi.

701

Basti osservare che, per le medesime ragioni indicate nei precedenti punti da 596 a 599, il fatto di procedere o meno a una valutazione definitiva ex post, che è manifestamente successiva all’adozione del programma di risoluzione, non può inficiare la validità delle decisioni impugnate.

702

Nelle sue osservazioni sulla memoria di intervento del Banco Santander, la ricorrente spiega peraltro che questo motivo nuovo di ricorso non si fonda sull’assenza della valutazione definitiva ex post, ma mira a sostenere che il programma di risoluzione era viziato sin dalla sua adozione nella misura in cui mancavano le garanzie previste dall’articolo 20, paragrafo 14, del regolamento n. 806/2014.

703

Basti osservare che, con detta spiegazione, la ricorrente rimette in dubbio le ragioni addotte per giustificare la deduzione, in sede di replica, di tale motivo nuovo di ricorso.

704

L’undicesimo motivo di ricorso deve pertanto essere respinto.

12.   Sul dodicesimo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, in combinato disposto con l’articolo 20, paragrafi 3 e 5, del medesimo regolamento

705

Con questo motivo nuovo di ricorso, sollevato in sede di replica, la ricorrente, dopo aver avuto accesso alle versioni della valutazione 2 pubblicate nel febbraio e nell’ottobre 2018, sostiene che il programma di risoluzione, di cui la valutazione 2 fa parte integrante, viola l’articolo 20, paragrafi 1 e 5, del regolamento n. 806/2014.

706

In primo luogo, la ricorrente sostiene che la valutazione 2 ha preso in considerazione soltanto uno strumento di risoluzione, vale a dire lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa, in contrasto con l’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, a norma del quale la valutazione provvisoria deve essere effettuata prima di decidere in merito a un’azione di risoluzione. L’elaborazione di una valutazione provvisoria successiva alla scelta dell’azione di risoluzione da utilizzare sarebbe contraria a detta disposizione. In secondo luogo, il programma di risoluzione violerebbe l’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, nella misura in cui la valutazione 2 non sarebbe stata effettuata da una persona indipendente. Secondo quanto dedotto dalla ricorrente, la Deloitte avrebbe lavorato seguendo le istruzioni del CRU e non si sarebbe potuta formare una propria opinione, avendole il CRU imposto di concentrarsi sullo strumento per la vendita dell’attività d’impresa; inoltre, una parte della valutazione provvisoria, vale a dire la valutazione 1, sarebbe stata realizzata dal CRU stesso. In terzo luogo, posto che lo strumento di risoluzione era stato precedentemente scelto, la valutazione 2 non avrebbe potuto soddisfare l’obiettivo, previsto all’articolo 20, paragrafo 5, del regolamento n. 806/2014, di fornire al CRU informazioni sul tipo di strumento di risoluzione da utilizzare.

707

La Commissione eccepisce l’irricevibilità di tale motivo nuovo di ricorso.

708

Ai sensi dell’articolo 84, paragrafo 1, del regolamento di procedura, è vietata la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento.

709

Occorre constatare come tutti gli argomenti sollevati dalla ricorrente in detto motivo nuovo di ricorso si basino, in sostanza, sul fatto che la valutazione 2 è stata effettuata considerando un solo strumento di risoluzione, vale a dire lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa.

710

A questo proposito, il considerando 42 del programma di risoluzione, nella versione allegata all’atto introduttivo, indicava quanto segue:

«Vista l’urgenza della situazione in causa, la Deloitte ha effettuato una valutazione provvisoria, conformemente all’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014. Tale valutazione provvisoria è stata effettuata allo scopo di:

(…)

c)

raccogliere gli elementi per orientare la decisione sulle azioni o sui titoli di proprietà che dovono essere ceduti nonché l’accertamento, da parte del CRU, delle condizioni commerciali ai fini dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa».

711

Ne consegue che il fatto che la Deloitte abbia effettuato una valutazione provvisoria nell’ottica di valutare le condizioni di realizzazione dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa è un’informazione che figurava già nel programma di risoluzione di cui la ricorrente disponeva alla data di presentazione del ricorso.

712

La ricorrente non deduce alcun elemento nuovo di cui sarebbe venuta a conoscenza grazie al suo accesso a una versione contenente meno parti occultate della valutazione 2, come pubblicata sul sito Internet del CRU nel febbraio e nell’ottobre 2018, idoneo a giustificare il fatto che tale motivo di ricorso sia stato dedotto soltanto in sede di replica. La ricorrente non può quindi giustificare la ricevibilità di detto motivo nuovo alla luce dell’articolo 84 del regolamento di procedura sostenendo di aver avuto accesso alla valutazione 2 solo nel corso del procedimento.

713

Occorre quindi respingere il dodicesimo motivo di ricorso in quanto irricevibile.

714

In ogni caso, va rilevata l’infondatezza degli argomenti addotti dalla ricorrente.

715

In primo luogo, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, dall’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, citato al precedente punto 15, non si evince che una valutazione non possa essere effettuata tenendo conto di uno specifico strumento di risoluzione. La ricorrente afferma quindi a torto che il riferimento, nella valutazione 2, al solo strumento per la vendita dell’attività d’impresa sarebbe contrario all’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014.

716

In secondo luogo, occorre rilevare che l’articolo 20, paragrafo 5, del regolamento n. 806/2014 definisce gli obiettivi della valutazione in funzione dello strumento di risoluzione applicato. In particolare, l’articolo 20, paragrafo 5, lettera f), del regolamento n. 806/2014 definisce gli obiettivi della valutazione laddove sia applicato lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa, i quali sono diversi dagli obiettivi di cui all’articolo 20, paragrafo 5, lettere d) ed e), del medesimo regolamento, relativi ai casi in cui siano applicati lo strumento del bail-in oppure lo strumento dell’ente-ponte o lo strumento di separazione delle attività.

717

Inoltre, l’articolo 20, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 806/2014, il quale prevede che, laddove siano soddisfatte le condizioni per la risoluzione, la valutazione è intesa a orientare la decisione sull’azione appropriata di risoluzione da adottare in relazione all’entità, deve essere interpretato nel senso che la valutazione deve fornire al CRU gli elementi tecnici ed economici che consentano di attuare lo strumento di risoluzione scelto da quest’ultimo.

718

L’articolo 20, paragrafo 5, del regolamento n. 806/2014 non può essere interpretato nel senso che impone al perito di effettuare una valutazione tenendo conto di tutti gli strumenti di risoluzione potenzialmente ipotizzabili. La ricorrente erra quindi nel sostenere che la disposizione di cui trattasi ostava a che la valutazione 2 fosse realizzata tenendo conto dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa, che secondo il CRU costituiva lo strumento più idoneo a realizzare gli obiettivi della risoluzione.

719

In terzo luogo, per quanto attiene agli argomenti della ricorrente volti a rimettere in discussione l’indipendenza del perito, va osservato che non spetta al perito definire esso stesso quale sia lo strumento di risoluzione più adeguato. Come osservato dal CRU, la scelta dello strumento più appropriato per la situazione dell’entità considerata compete all’autorità di risoluzione.

720

Pertanto, il fatto che il CRU abbia ritenuto che lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa fosse quello maggiormente in grado di realizzare gli obiettivi della risoluzione e che abbia incaricato la Deloitte di effettuare una valutazione conforme agli obiettivi di tale strumento non può essere considerato come lesivo dell’indipendenza di quest’ultima. Va infine osservato che la ricorrente non spiega in che modo il fatto che il CRU abbia realizzato esso stesso la valutazione 1 possa rimettere in discussione l’indipendenza della Deloitte nell’effettuare la valutazione 2, posto che queste due valutazioni hanno obiettivi differenti.

13.   Sulle domande di misure di organizzazione del procedimento e di mezzi istruttori

721

La ricorrente ha chiesto al Tribunale di ordinare diverse misure di organizzazione del procedimento e di mezzi istruttori.

722

Da un lato, nell’atto introduttivo e nella replica, nonché con lettera del 19 aprile 2021, la ricorrente ha chiesto al Tribunale di ordinare la produzione di diversi documenti. Inoltre, con lettera del 17 maggio 2021, la ricorrente ha chiesto al Tribunale di porre al Regno di Spagna alcuni quesiti scritti.

723

Occorre ricordare che, con la sua ordinanza di mezzi istruttori del 12 maggio 2021, ai sensi dell’articolo 91, lettera b), dell’articolo 92, paragrafo 3, e dell’articolo 103 del regolamento di procedura, il Tribunale ha ordinato al CRU la produzione di taluni documenti citati al precedente punto 95. Con ordinanza del 9 giugno 2021, il Tribunale ha ritenuto che i documenti prodotti dal CRU nella loro versione riservata non fossero pertinenti ai fini della soluzione della controversia. Per contro, la lettera del Banco Popular alla BCE recante la data del 6 giugno 2017 è stata comunicata alle altre parti, senza il suo allegato.

724

Dall’altro lato, nell’atto introduttivo la ricorrente ha proposto l’audizione di numerosi testimoni.

725

Per quanto riguarda le domande di misure di organizzazione del procedimento o di istruzione presentate da una parte in una controversia, occorre ricordare che il Tribunale è il solo giudice dell’eventuale necessità di integrare gli elementi di informazione di cui dispone nelle cause di cui è investito (v. sentenza del 26 gennaio 2017, Mamoli Robinetteria/Commissione, C‑619/13 P, EU:C:2017:50, punto 117 e giurisprudenza ivi citata; sentenza del 12 novembre 2020, Fleig/SEAE, C‑446/19 P, non pubblicata, EU:C:2020:918, punto 53).

726

Dalla giurisprudenza della Corte emerge che, anche se una domanda di audizione di testimoni, formulata nel ricorso, indica con precisione i fatti sui quali il testimone o i testimoni devono essere sentiti e i motivi che ne giustificano l’audizione, spetta al Tribunale valutare la pertinenza della domanda rispetto all’oggetto della lite e alla necessità di procedere all’audizione dei testimoni citati (v. sentenza del 26 gennaio 2017, Mamoli Robinetteria/Commissione, C‑619/13 P, EU:C:2017:50, punto 118 e giurisprudenza ivi citata; sentenza del 22 ottobre 2020, Silver Plastics e Johannes Reifenhäuser/Commissione, C‑702/19 P, EU:C:2020:857, punto 29).

727

Nel caso di specie, occorre rilevare che gli elementi contenuti nel fascicolo nonché le spiegazioni fornite in udienza sono sufficienti per consentire al Tribunale di pronunciarsi, poiché quest’ultimo ha potuto utilmente statuire sulla base delle conclusioni, dei motivi e degli argomenti sviluppati in corso di causa e alla luce dei documenti depositati dalle parti.

728

Ne consegue che le domande di misure di organizzazione del procedimento e di mezzi istruttori della ricorrente devono essere respinte al pari del ricorso nel suo complesso.

V. Sulle spese

729

Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente è rimasta soccombente, occorre condannarla a farsi carico delle proprie spese nonché di quelle sostenute dalla Commissione, dal CRU e dal Banco Santander, conformemente alle domande di questi ultimi.

730

Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, le spese sostenute dagli Stati membri e dalle istituzioni intervenuti nella causa restano a loro carico. Il Regno di Spagna, il Parlamento e il Consiglio si faranno pertanto carico delle proprie spese.

 

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

 

1)

Il ricorso è respinto.

 

2)

La Aeris Invest Sàrl è condannata a farsi carico delle proprie spese nonché di quelle sostenute dalla Commissione europea, dal Comitato di risoluzione unico (CRU) e dal Banco Santander, SA.

 

3)

Il Regno di Spagna, il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea si faranno carico delle proprie spese.

 

Van der Woude

Jaeger

Kreuschitz

De Baere

Steinfatt

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 1o giugno 2022.

Firme

Indice

 

I. Contesto normativo

 

II. Fatti all’origine della controversia e fatti successivi alla presentazione del ricorso

 

A. Sulla situazione del Banco Popular prima dell’adozione del programma di risoluzione

 

B. Su altri fatti precedenti all’adozione del programma di risoluzione

 

C. Sul programma di risoluzione del Banco Popular del 7 giugno 2017

 

D. Sui fatti successivi all’adozione della decisione di risoluzione

 

III. Procedimento e conclusioni delle parti

 

IV. In diritto

 

A. Sulla nuova offerta di prove del 19 aprile 2021

 

B. Nel merito

 

1. Sul terzo motivo di ricorso, vertente su un’eccezione di illegittimità in virtù del fatto che gli articoli 21 e 24 del regolamento n. 806/2014 violerebbero i principi relativi alla delega di poteri

 

2. Sul quarto motivo di ricorso, vertente su un’eccezione di illegittimità fondata sul fatto che gli articoli 15 e 22 del regolamento n. 806/2014 violerebbero il diritto di proprietà, sancito dall’articolo 17 della Carta, e il principio di proporzionalità di cui all’articolo 5, paragrafo 4, TUE

 

3. Sul quinto motivo di ricorso, vertente su un’eccezione di illegittimità secondo cui gli articoli 18 e 20 del regolamento n. 806/2014 violerebbero il diritto di essere ascoltato sancito dagli articoli 17 e 41 della Carta

 

4. Sull’ottavo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’articolo 18 del regolamento n. 806/2014, del dovere di diligenza e dell’articolo 296 TFUE

 

a) Sulla prima censura, relativa all’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 806/2014

 

b) Sulla seconda censura, relativa all’articolo 18, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 806/2014

 

5. Sul primo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione e dei diritti della difesa sanciti dagli articoli 15 e 296 TFUE e dagli articoli 42 e 47 della Carta

 

a) Sulla prima censura, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione

 

b) Sulla seconda censura, vertente sulla violazione dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva

 

6. Sul secondo motivo di ricorso, vertente sulla violazione del principio nemo auditur propriam turpitudinem allegans e dell’articolo 88 del regolamento n. 806/2014

 

7. Sul sesto motivo di ricorso, vertente sulla violazione del diritto di proprietà, sancito dall’articolo 17 della Carta, e sulla violazione dell’articolo 5, paragrafo 4, TUE

 

8. Sul settimo motivo di ricorso, vertente sulla violazione del diritto di essere ascoltato, sancito dagli articoli 17 e 41 della Carta

 

9. Sul nono motivo di ricorso, vertente sulla violazione degli articoli 14 e 20 del regolamento n. 806/2014, del dovere di diligenza e dell’articolo 296 TFUE

 

a) Sulla prima parte, relativa alla procedura di vendita

 

b) Sulla seconda parte, relativa alla valutazione 2

 

1) Sulla prima censura, relativa alla violazione dell’obbligo di motivazione

 

2) Sulla seconda censura, relativa all’attendibilità della valutazione 2

 

3) Sulla terza censura, relativa al metodo utilizzato nella valutazione 2

 

4) Sulla quarta censura, relativa al contrasto con la valutazione 1

 

5) Sulla quinta censura, relativa all’esistenza di errori manifesti di valutazione

 

10. Sul decimo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’articolo 14 del regolamento n. 806/2014, del dovere di diligenza e dell’articolo 296 TFUE

 

11. Sull’undicesimo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’articolo 20, paragrafo 14, del regolamento n. 806/2014, in combinato disposto con l’articolo 20, paragrafi 11 e 15, del medesimo regolamento e sulla violazione delle forme sostanziali

 

12. Sul dodicesimo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, in combinato disposto con l’articolo 20, paragrafi 3 e 5, del medesimo regolamento

 

13. Sulle domande di misure di organizzazione del procedimento e di mezzi istruttori

 

V. Sulle spese


( *1 ) Lingua processuale: lo spagnolo.

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