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Document 62005CC0244

Conclusioni dell'avvocato generale Geelhoed del 18 maggio 2006.
Bund Naturschutz in Bayern eV e altri contro Freistaat Bayern.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Bayerischer Verwaltungsgerichtshof - Germania.
Conservazione degli habitats naturali nonché della fauna e della flora selvatiche - Direttiva 92/43/CE - Regime di protezione prima dell'iscrizione di un habitat nell'elenco dei siti di importanza comunitaria.
Causa C-244/05.

Raccolta della Giurisprudenza 2006 I-08445

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2006:338

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

L.A. GEELHOED

presentate il 18 maggio 2006 1(1)

Causa C-244/05

Bund Naturschutz in Bayern e a.

contro

Freistaat Bayern

[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bayerische Verwaltungsgerichtshof (Germania)]

«Interpretazione dell’art. 3, n. 1, della direttiva 92/43/CEE, nonché dell’art. 10, secondo comma, CE – Misure di protezione da adottare per siti atti ad essere individuati quali siti di importanza comunitaria, inseriti nell’elenco nazionale inviato alla Commissione, ma non ancora iscritti nell’elenco adottato dalla Commissione – Possibilità che la normativa nazionale preveda un divieto provvisorio di modifiche alla situazione di questi siti – Tracciato di autostrada»





I –    Introduzione

1.     Nella causa in esame si chiede alla Corte di interpretare l’art. 3, n. 1, in combinato disposto con il sesto ‘considerando’ della direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (in prosieguo: la «direttiva Habitat») (2). Segnatamente, il Verwaltungsgerichtshof (Corte suprema amministrativa) chiede quale regime di protezione debba essere adottato nei confronti di siti di tipo prioritario non ancora inseriti dalla Commissione nell’elenco di siti di importanza comunitaria, ai sensi dell’art. 4, n. 2, terzo comma, della direttiva.

II – Ambito normativo

A –    Normativa comunitaria

2.     Ai sensi del sesto ‘considerando’ della direttiva, per assicurare il ripristino o il mantenimento degli habitat naturali e delle specie di interesse comunitario in uno stato di conservazione soddisfacente, occorre designare zone speciali di conservazione per realizzare una rete ecologica europea coerente secondo uno scadenzario definito.

3.     A norma dell’art. 3, n. 1, della direttiva è costituita una rete ecologica europea coerente di zone speciali di conservazione, denominata Natura 2000. Questa rete, formata dai siti in cui si trovano tipi di habitat naturali elencati nell’allegato I e habitat delle specie di cui all’allegato II, deve garantire il mantenimento ovvero, all’occorrenza, il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, dei tipi di habitat naturali e degli habitat delle specie interessati nella loro area di ripartizione naturale.

4.     L’art.  4 della direttiva prevede una procedura secondo la quale i siti in cui si riscontrano le specie e gli habitat protetti dalla direttiva sono individuati come zone speciali di conservazione. I numeri da 1 a 5 così dispongono:

«1. In base ai criteri di cui all’allegato III (fase 1) e alle informazioni scientifiche pertinenti, ogni Stato membro propone un elenco di siti, indicante quali tipi di habitat naturali di cui all’allegato I e quali specie locali di cui all’allegato II si riscontrano in detti siti. (...)

L’elenco viene trasmesso alla Commissione entro il triennio successivo alla notifica della presente direttiva, contemporaneamente alle informazioni su ogni sito. (…)

2. In base ai criteri di cui all’allegato III (fase 2) e nell’ambito di ognuna delle cinque regioni biogeografiche di cui all’articolo 1, lettera c), punto iii) e dell’insieme del territorio di cui all’articolo 2, paragrafo 1, la Commissione elabora, d’accordo con ognuno degli Stati membri, un progetto di elenco dei siti di importanza comunitaria, sulla base degli elenchi degli Stati membri, in cui sono evidenziati i siti in cui si riscontrano uno o più tipi di habitat naturali prioritari o una o più specie prioritarie. Gli Stati membri i cui siti con tipi di habitat naturali e specie prioritari rappresentano oltre il 5% del territorio nazionale, possono, d’accordo con la Commissione, chiedere che i criteri elencati nell’allegato III (fase 2) siano applicati in maniera più flessibile per la selezione dell’insieme dei siti di importanza comunitaria nel loro territorio.

L’elenco dei siti selezionati come siti di importanza comunitaria in cui sono evidenziati i siti in cui si riscontrano uno o più tipi di habitat naturali prioritari o una o più specie prioritarie è fissato dalla Commissione secondo la procedura di cui all’articolo 21.

3. L’elenco menzionato al paragrafo 2 è elaborato entro un termine di sei anni dopo la notifica della presente direttiva.

4. Quando un sito di importanza comunitaria è stato scelto a norma della procedura di cui al paragrafo 2, lo Stato membro interessato designa tale sito come zona speciale di conservazione il più rapidamente possibile e entro un termine massimo di sei anni, (…)

5. Non appena un sito è iscritto nell’elenco di cui al paragrafo 2, terzo comma, esso è soggetto alle disposizioni dell’articolo 6, paragrafi 2, 3 e 4.»

5.     Al fine di valutare l’importanza comunitaria dei siti inseriti ngli elenchi nazionali, l’allegato III stabilisce (fase 2):

«1. Tutti i siti individuati dagli Stati membri nella fase 1, che ospitano tipi di habitat naturali e/o specie prioritari, sono considerati siti di importanza comunitaria.

2. La valutazione dell’importanza comunitaria degli altri siti inclusi negli elenchi degli Stati membri, e cioè del loro contributo al mantenimento o al ripristino, in uno stato di conservazione favorevole, di un habitat naturale di cui all’allegato I o di una specie di cui all’allegato II e/o alla coerenza di Natura 2000, terrà conto dei seguenti criteri:

(…)»

6.     L’art. 6, n. 2, della direttiva Habitat stabilisce che gli Stati membri adottano le opportune misure per evitare nelle zone speciali di conservazione il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della direttiva.

7.     A norma dell’art. 6, n. 3, della direttiva medesima qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica.

8.     L’art. 6, n. 4, della direttiva Habitat stabilisce che qualora, nonostante conclusioni negative della valutazione dell’incidenza sul sito e in mancanza di soluzioni alternative, un piano o progetto debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, lo Stato membro adotta ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata. Lo Stato membro informa la Commissione delle misure compensative adottate. Qualora il sito in causa sia un sito in cui si trovano un tipo di habitat naturale e/o una specie prioritari, possono essere addotte soltanto considerazioni connesse con la salute dell’uomo e la sicurezza pubblica o relative a conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente ovvero, previo parere della Commissione, altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico.

B –    Normativa nazionale

9.     L’art. 48, n. 2, del Bayerische Naturschutzgesetz (legge bavarese sulla protezione dell’ambiente) così recita:

«Fino all’adozione di regolamenti ai sensi della Sezione III, ai fini di una salvaguardia temporanea di zone o beni protetti, le autorità o gli enti collettivi competenti per la protezione dell’ambiente ai sensi dell’art. 45 possono pronunciare i divieti di modifica previsti dal n. 3, tramite l’adozione di regolamenti o ordini, per una durata massima di due anni, qualora vi sia il rischio che modifiche possano compromettere l’obiettivo del regime di tutela che si intende adottare; se circostanze particolari lo richiedono, il termine può essere prolungato di un altro anno.

Il provvedimento non può essere adottato se l’autorità o l’ente collettivo competente non avvia contemporaneamente o immediatamente il procedimento per l’adozione del regime di tutela definitivo».

III – Fatti della causa e questioni pregiudiziali

10.   I ricorrenti nel procedimento principale si oppongono alla costruzione di un tratto di una nuova autostrada, la A 94 che collegherà Monaco con la zona sudorientale della Baviera, assicurando un collegamento con l’Austria. Nel progetto di ampliamento e nelle proiezioni economiche per le autostrade nella Repubblica federale di Germania questa autostrada è classificata come di „urgente necessità”. Inoltre la A 94 come collegamento stradale è inserita nello schema orientativo della rete transeuropea dei trasporti.

11.   Il tratto contestato attraversa zone che la Repubblica federale di Germania ha proposto alla Commissione, con lettera 29 novembre 2004, come siti di importanza comunitaria per la rete ecologica europea Natura 2000. Dai dati ecologici allegati alla relativa proposta emerge che il sito comprende tra l’altro il tipo di habitat prioritario figurante nell’elenco di cui all’allegato I alla direttiva, corrispondente a «foreste alluvionali di Alnus glutinosa e Fraxinus excelsior». I siti di cui si tratta non sono ancora stati inseriti dalla Commissione nell’elenco di siti di importanza comunitaria, ai sensi dell’art. 4, n. 2, terzo comma della direttiva.

12.   Il giudice del rinvio ritiene che eventuali misure di protezione debbano essere adottate alla luce degli obiettivi perseguiti dalla direttiva. Dato che, allo stato attuale della procedura, non si può escludere che il menzionato progetto possa avere ripercussioni rilevanti segnatamente per il tipo di habitat prioritario «foresta alluvionale», un intervento in questa zona potrebbe porsi in contrasto con gli obblighi derivanti dalla direttiva.

13.   Il Verwaltungsgerichtshof ha sospeso la trattazione della causa ed ha sottoposto alla Corte tre questioni pregiudiziali:

1)      Quale sia il regime di protezione richiesto dall’art. 3, n. 1, della direttiva 92/43/CEE in combinato disposto con il sesto ‘considerando’ della medesima, alla luce del divieto di compromettere gli obiettivi del Trattato, di cui all’art. 10, secondo comma, CE, in seguito alla sentenza della Corte di giustizia 13 gennaio 2005, causa C‑117/03, per siti atti ad essere individuati quali siti di importanza comunitaria, e segnatamente quelli ospitanti tipi di habitat naturali prioritari e/o specie prioritarie, prima che essi vengano iscritti nell’elenco dei siti di importanza comunitaria adottato dalla Commissione delle Comunità europee secondo la procedura prevista dall’art. 21 della direttiva.

2)      Come incida su tale regime di protezione il fatto che tali siti siano già stati inseriti nell’elenco proposto dagli Stati e trasmesso alla Commissione, ai sensi dell’art. 4, n. 1, della direttiva 92/43/CEE.

3)         Se un regime nazionale di tutela per detti siti quale quello previsto dall’art. 48, n. 2, del Bayerische Naturschutzgesetz (legge bavarese sulla protezione dell’ambiente) soddisfi le prescrizioni comunitarie di cui all’art. 3, n. 1, della direttiva 92/43/CEE in combinato disposto con il sesto ‘considerando’ della stessa, alla luce del divieto di cui all’art. 10, secondo comma, CE.

14.   Osservazioni scritte sono state depositate dal Bund Naturschutz in Bayern, da J. Märkl ed altri, da Friederike Nischwitz ed altri (in prosieguo: i ricorrenti nel procedimento principale), dallo Stato federale di Baviera e dalla Commissione. Tutte le parti hanno svolto osservazioni orali all’udienza del 6 aprile 2006.

IV – Valutazione

15.   Con le prime due questioni il giudice del rinvio chiede chiarimenti sul livello di tutela applicabile a siti, e segnatamente a quelli ospitanti tipi di habitat naturali prioritari e/o specie prioritarie, atti ad essere individuati quali siti di importanza comunitaria, ma che non sono stati ancora compresi dalla Commissione nell’elenco dei siti di importanza comunitaria da essa adottato, come prescrive l’art. 4, n. 2, terzo comma, della direttiva.

16.   Dall’ordinanza di rinvio emerge inoltre che il giudice del rinvio chiede se i siti non ancora iscritti nell’elenco dei siti di importanza comunitaria adottato dalla Commissione debbano essere tutelati mediante un regime di tutela di diritto comunitario o se gli Stati membri debbano salvaguardare la tutela del territorio attraverso opportune misure adottate esclusivamente nell’ambito di un regime di tutela nazionale. A seconda della soluzione data alla questione il giudice nazionale potrà individuare le norme e i presupposti di fatto in base ai quali occorre valutare le intromissioni che il progetto presumibilmente comporta.

17.   Occorre osservare anzitutto che, secondo una giurisprudenza costante, l’obbligo degli Stati membri, derivante da una direttiva, di conseguire il risultato da questa contemplato, come pure l’obbligo loro imposto dall’art. 10 CE di adottare tutti i provvedimenti generali o particolari atti a garantire l’adempimento di tale obbligo valgono per tutti gli organi degli Stati membri, ivi compresi, nell’ambito di loro competenza, quelli giurisdizionali (3).

18.   Ne consegue che il giudice nazionale, nell’applicare il diritto nazionale, deve interpretarlo il più possibile alla luce della lettera e dello scopo della direttiva in questione, onde conseguire il risultato da essa perseguito e conformarsi pertanto all’art. 249, terzo comma, CE (4).

19.   La questione che si pone è quella intesa ad accertare quale livello di tutela sia adeguato, a norma della direttiva Habitat, per siti atti ad essere individuati quali siti di importanza comunitaria, ma che non sono stati ancora compresi dalla Commissione nell’elenco dei siti di importanza comunitaria da essa adottato.

20.   Scopo della direttiva è la costituzione di una rete ecologica europea coerente, per assicurare il mantenimento ovvero, all’occorrenza, il ripristino degli habitat naturali nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio degli Stati membri in uno stato di conservazione soddisfacente (5). Per conseguire questo obiettivo è prevista la designazione di zone speciali di conservazione (6), secondo una procedura fondata sull’art. 4 della direttiva Habitat.

21.   La procedura prevista all’art. 4 per le designazione di zone speciali di conservazione si svolge in quattro fasi. Innanzitutto ogni Stato membro propone un elenco di siti, indicante quali tipi di habitat naturali di cui all’allegato I e quali specie locali di cui all’allegato II si riscontrino in detti siti (art. 4, n. 1). Quindi la Commissione elabora, sulla base degli elenchi degli Stati membri e d’accordo con ognuno degli Stati membri, un progetto di elenco dei siti di importanza comunitaria (art. 4, nn. 1 e 2). Successivamente la Commissione fissa l’elenco dei siti di importanza comunitaria secondo la procedura di cui all’articolo 21 (art. 4, n. 2, terzo comma, e n. 3). Infine gli Stati membri designano i siti di importanza comunitaria come zone speciali di conservazione (art. 4, n. 4).

22.   Secondo lo schema temporale previsto dalla direttiva Habitat, innanzitutto gli Stati membri devono proporre alla Commissione entro tre anni – pertanto prima del 10 giugno 1995 – tutti i siti atti a far parte di Natura 2000. Quindi la Commissione, entro sei anni dalla notifica della direttiva – e pertanto prima del 10 giugno 1998 – deve elaborare sulla base di queste proposte un elenco comunitario di siti di importanza comunitaria, che vengono inseriti in Natura 2000. Infine gli Stati membri entro 6 anni – e quindi prima del 10 giugno 2004 – devono designare i siti di importanza comunitaria come zone speciali di conservazione.

23.   Nella fattispecie in esame il governo tedesco ha trasmesso tra l’altro alla Commissione, il 29 novembre 2004, un elenco di siti habitat, a norma dell’art. 4, n. 1, della direttiva Habitat. Questi siti non sono ancora stati inseriti dalla Commissione nell’elenco comunitario.

24.   Nella sentenza Società Italiana Dragaggi (7), del 13 gennaio 2005, in cui si chiedeva alla Corte di pronunciarsi sull’applicazione dell’art. 6 della direttiva Habitat, un’amministrazione aggiudicatrice italiana aveva annullato una procedura per l’aggiudicazione di un appalto per la realizzazione di opere di dragaggio in un porto, in quanto il terreno su cui doveva essere raccolto il materiale di scavo si trovava su un sito proposto dall’Italia alla Commissione come zona speciale di conservazione. In quella causa si poneva la questione se il regime di tutela di cui all’art. 6 della direttiva Habitat fosse già applicabile, anche se la procedura per la designazione della zona, prevista dall’art. 4 della direttiva, non era ancora stata perfezionata. Nella sentenza citata la Corte ha dichiarato che:

«(…) l’art. 4, n. 5, della direttiva deve essere interpretato nel senso che le misure di salvaguardia da questa previste all’art. 6, nn. 2‑4, si impongono soltanto in relazione ai siti che siano iscritti, in conformità dell’art. 4, n. 2, terzo comma, della direttiva stessa, nell’elenco di quelli selezionati come siti di importanza comunitaria, adottato dalla Commissione secondo la procedura prevista dall’art. 21 del detto testo normativo.

Ciò tuttavia non significa che gli Stati membri non siano tenuti a tutelare i siti sin dal momento in cui, a norma dell’art. 4, n. 1, della direttiva, li propongono nell’elenco nazionale trasmesso alla Commissione in quanto atti ad essere individuati quali siti di importanza comunitaria.

Infatti, in mancanza di una tutela adeguata di tali siti sin da tale momento, la realizzazione degli obiettivi di conservazione degli habitat naturali nonché della fauna e della flora selvatiche, quali indicati in particolare al sesto ‘considerando’ ed all’art. 3, n. 1, della direttiva, rischierebbe di essere compromessa. (...) (8).

25.   Come emerge dalla sentenza citata, al regime di tutela previsto dall’art. 6, nn. 2-4, di questa direttiva, sono soggette solo le zone inserite dalla Commissione nell’elenco di siti di importanza comunitaria.

26.   Tuttavia, come sottolineano sia i ricorrenti nel procedimento principale sia la Commissione, gli Stati membri, nel corso della graduale creazione di Natura 2000, non devono arrecare danno né attentare in altro modo alla qualità di siffatti siti. Infatti, anche se gli Stati membri non sono tenuti ad adottare misure di attuazione di una direttiva prima della scadenza del termine per la trasposizione, dal combinato disposto dagli artt. 10, secondo comma, CE, e 249, terzo comma, CE, della direttiva stessa risulta che, in pendenza di tale termine, essi devono astenersi dall’adottare disposizioni che possano compromettere gravemente il risultato prescritto dalla direttiva stessa (9). Ciò vale anche nel caso in cui sia ancora pendente la procedura di designazione dei siti di importanza comunitaria, come prevista nella fattispecie dall’art. 4, della direttiva Habitat.

27.   L’obbligo degli Stati membri di astenersi da attività che possano compromettere seriamente il risultato prescritto dalla direttiva habitat deve essere rigorosamente rispettato in quanto non è stato osservato lo schema temporale previsto dalla direttiva stessa. Secondo questo schema la rete ecologica europea avrebbe potuto essere costituita entro il 10 giugno 2004. Se si fosse rispettata tale scadenza, i siti interessati avrebbero già beneficiato della tutela accordata dall’art. 6 della direttiva Habitat. Nelle osservazioni scritte la Commissione fa presente che lo schema temporale non è stato rispettato a causa del grande ritardo con cui gli Stati membri hanno proposto i relativi siti (10).

28.   Più uno Stato membro è in ritardo nel presentare un elenco di siti di importanza comunitaria e nel designare le zone speciali di conservazione, più radicale sarà la protezione richiesta da siffatte zone. Non rileva al riguardo se si tratti di siti già inseriti nell’elenco nazionale, inviato alla Commissione a norma dell’art. 4, n. 1, della direttiva, o di zone che, in base alle loro caratteristiche, sono atte ad essere inserite in tale elenco, ma non sono state ancora segnalate dallo Stato membro alla Commissione come siti di interesse comunitario per la rete ecologica europea Natura 2000. In entrambi i casi uno Stato membro deve garantire che il rilevante interesse ecologico rivestito dalla zona a livello nazionale sia tutelato fino a che la Commissione abbia fissato l’elenco di siti di importanza comunitaria.

29.   I ricorrenti nel procedimento principale hanno argomentato che dall’obbligo incombente agli Stati membri di di astenersi da attività che possano compromettere seriamente il risultato prescritto dalla direttiva Habitat deriva un divieto assoluto di modifica.

30.   Il Bund Naturschutz in Bayern, J. Märkl ed altri e F. Nischwitz fanno valere che gli Stati membri hanno un obbligo di mantenere siffatti siti in uno stato di conservazione soddisfacente sino a che la Commissione possa pronunciarsi sulla questione se i siti debbano essere inseriti nell’elenco comunitario dei siti di importanza comunitaria. Per questi siti dovrebbe pertanto vigere un divieto di deterioramento. Ciò significa che gli Stati membri non possono apportarvi modifiche suscettibili di pregiudicarne l’integrità. Uno strumento meno incisivo di un divieto assoluto di modifica non sarebbe idoneo a garantire l’interesse ecologico dei siti, sostengono i ricorrenti nella causa principale.

31.   Il Freistaat Bayern ritiene invece che l’obiettivo perseguito dalla direttiva non può certo essere pregiudicato o comunque compromesso, ma ciò non comporterebbe un divieto assoluto di modifica in un sito. Il divieto di arrecare danno a siti figuranti nell’elenco nazionale trasmesso alla Commissione non implica il divieto di qualsiasi modifica.

32.   Nell’art. 6 della direttiva figurano le misure di conservazione che devono essere stabilite ai siti inseriti nell’elenco di siti di importanza comunitaria fissato dalla Commissione. Il n. 4 di questa disposizione recita: «Qualora, nonostante conclusioni negative della valutazione dell’incidenza sul sito e in mancanza di soluzioni alternative, un piano o progetto debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, lo Stato membro adotta ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata. Lo Stato membro informa la Commissione delle misure compensative adottate. Qualora il sito in causa sia un sito in cui si trovano un tipo di habitat naturale e/o una specie prioritari, possono essere addotte soltanto considerazioni connesse con la salute dell’uomo e la sicurezza pubblica o relative a conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente ovvero, previo parere della Commissione, altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico».

33.   Come emerge dalla formulazione dell’art. 6, n.4, della direttiva Habitat, questa non impone un divieto assoluto di modifica. La realizzazione di piani e progetti viene tuttavia subordinata a condizioni rigorose. Solo in presenza di motivi imperativi di rilevante interesse pubblico si può dare attuazione a determinati piani o progetti. Inoltre vengono posti criteri ancora più severi per siti particolari che ospitano habitat naturali prioritari e/o specie prioritarie.

34.   Ritengo che i criteri di cui all’art. 6, n. 4, della direttiva Habitat debbano essere applicati per analogia fino al momento in cui la Commissione ha fissato l’elenco. Ciò significa che per l´elaborazione di piani e progetti si può tenere conto di altri interessi. Alla luce di questa disposizione, un divieto assoluto di modifica è uno strumento che va oltre quanto necessario per tutelare un sito.

35.   Gli Stati membri devono tuttavia garantire che la realizzazione degli obiettivi di conservazione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatiche, quali indicati tra l’altro nel sesto ‘considerando’ e all’art. 3, n.1, della direttiva, non venga gravemente pregiudicata. Piani e progetti possono pertanto essere realizzati solo se non compromettono l´interesse ecologico rilevante rivestito dalla zona a livello nazionale. A tal fine gli Stati membri devono adottare misure atte a garantire che l’incidenza sui siti interessati sia minima e devono attuare i provvedimenti meno compromettenti che nel loro complesso non determinino per il sito la perdita del suo valore fondamentale.

36.   In particolare occorre osservare rigorosamente i criteri formulati all´art. 6, n.4, della direttiva Habitat per zone particolari ospitanti tipi di habitat naturali prioritari e/o specie prioritarie. Siffatti siti devono essere oggetto di tutela a causa delle minacce a cui sono esposti. Nel preambolo si sottolinea che nel territorio europeo degli Stati membri, gli habitat naturali non cessano di degradarsi e che un numero crescente di specie selvatiche è gravemente minacciato; che gli habitat e le specie minacciati fanno parte del patrimonio naturale della Comunità e che i pericoli che essi corrono sono generalmente di natura transfrontaliera, per cui è necessario adottare misure a livello comunitario per la loro conservazione. Una rapida attuazione di misure volte a garantirne la conservazione è pertanto di importanza fondamentale, come osservato nel quinto ‘considerando’ della direttiva (11).

37.   Spetta al giudice nazionale valutare se la realizzazione del progetto A 94 sia atta a deteriorare la qualità della zona e se pregiudichi il rilevante interesse ecologico rivestito dal sito a livello nazionale.

38.   Avendo riguardo a quanto precede, non occorre risolvere la terza questione.

V –    Conclusione

39.   Propongo alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali come segue:

«In forza della direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e fauna selvatiche, in combinato disposto in particolare con gli artt. 10 e 249 CE, gli Stati membri devono assicurare che la realizzazione di piani o progetti non nuoccia al rilevante interesse ecologico dei siti da essi proposti o di siti che in base alle loro caratteristiche dovrebbero essere inseriti nell’elenco comunitario, per cui il conseguimento degli obiettivi prescritti dalla direttiva Habitat potrebbe essere seriamente pregiudicato; spetta al giudice nazionale valutare se ciò avvenga per quanto riguarda i piani in esame nella fattispecie».


1 – Lingua originale: l'olandese.


2 – GU L 206, pag. 7.


3 – Vedere tra le altre sentenze 10 aprile 1984, causa 14/83, Von Colson e Kamann (Racc. pag. 1891, punto 26), e 13 novembre 1990, causa C-106/89, Marleasing (Racc. pag. I‑4135, punto 8).


4 – Si veda in questo senso anche le già citate sentenze Von Colson e Kamann, punto 26, e Marleasing, punto 8.


5 – Primo, terzo, quarto, quinto e sesto ‘considerando’.


6 – Sesto e settimo ‘considerando’.


7 – Sentenza 13 gennaio 2005, causa C‑117/03, Società Italiana Dragaggi (Racc. pag. I‑0000).


8 –      Sentenza Società Italiana Dragaggi, già citata, punti 25‑27.


9 – Sentenza 18 dicembre 1997, causa C-129/96, Inter‑Environnement Wallonie (Racc. pag. I‑7411, punto 45).


10 – La Corte ha dichiarato che la Repubblica federale di Germania, non avendo trasmesso alla Commissione, entro il termine prescritto, l'elenco dei siti menzionati all'art. 4, n. 1, primo comma, di questa direttiva, nonché le informazioni relative a tali siti, conformemente all'art. 4, n. 1, secondo comma, della medesima, è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza della direttiva. Sentenza 11 settembre 2001, causa C‑71/99, Commissione/Germania (Racc. pag. I‑5811). V. anche sentenze 11 settembre 2001, causa C‑67/99, Commissione/Irlanda (Racc. pag. I‑5757), e causa C-220/99, Commissione/Francia (Racc. pag. I‑5831).


11 – Del resto i provvedimenti non potranno essere tempestivamente realizzati, in quanto gli Stati membri hanno proposto i siti solo con grande ritardo. Secondo lo schema temporale previsto nella direttiva habitat la rete ecologica europea avrebbe dovuto essere costituita entro il 10 giugno 2004.

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