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Document 62003TJ0060

Sentenza del Tribunale di primo grado (Prima Sezione ampliata) del 18 ottobre 2005.
Regione Siciliana contro Commissione delle Comunità europee.
Ricorso di annullamento - Ricevibilità - Art. 230, quarto comma, CE - Persone fisiche o giuridiche - Atti che le riguardano direttamente - Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) - Decisione della Commissione relativa alla soppressione e al recupero di un contributo finanziario - Art. 24 del regolamento (CEE) n. 4253/88 - Errore manifesto di valutazione.
Causa T-60/03.

Raccolta della Giurisprudenza 2005 II-04139

ECLI identifier: ECLI:EU:T:2005:360

Causa T‑60/03

Regione Siciliana

contro

Commissione delle Comunità europee

«Ricorso di annullamento — Ricevibilità — Art. 230, quarto comma, CE — Persone fisiche o giuridiche — Atti che le riguardano direttamente — Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) — Decisione della Commissione relativa alla soppressione e al recupero di un contributo finanziario — Art. 24 del regolamento (CEE) n. 4253/88 — Errore manifesto di valutazione»

Sentenza del Tribunale (Prima Sezione ampliata) 18 ottobre 2005 

Massime della sentenza

1.     Ricorso di annullamento — Persone fisiche o giuridiche — Atti che le riguardano direttamente e individualmente — Interesse diretto — Decisione della Commissione rivolta ad uno Stato membro relativa alla soppressione e al recupero di un contributo finanziario comunitario — Autorità regionale beneficiaria del contributo — Interesse diretto di tale autorità

(Art. 230, quarto comma)

2.     Coesione economica e sociale — Interventi strutturali — Finanziamento comunitario — Retroattività di una norma sostanziale — Presupposti

[Regolamenti (CEE) del Consiglio n. 1787/84, art. 32, n. 1, e n. 4253/88, come modificato dal regolamento (CEE) n. 2082/93, art. 24]

3.     Coesione economica e sociale — Interventi strutturali — Finanziamento comunitario — Presupposto — Carattere operativo del progetto finanziato

[Regolamenti (CEE) del Consiglio n. 1787/84, art. 18, n. 1, e n. 4253/88, come modificato dal regolamento (CEE) n. 2082/93, art. 24]

1.     È direttamente interessata, ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, da una decisione della Commissione, rivolta ad uno Stato membro e relativa alla soppressione di un contributo finanziario concesso dal Fondo europeo di sviluppo regionale e al recupero dell’anticipo versato dalla Commissione a titolo di tale contributo, un’autorità regionale beneficiaria del detto contributo.

Per quanto riguarda, innanzi tutto, la modifica della situazione giuridica della detta autorità, tale decisione ha come primo effetto diretto ed immediato quello di modificare la sua situazione patrimoniale privandola del saldo del contributo che doveva essere ancora versato dalla Commissione. Mentre, prima dell’adozione della decisione di cui trattasi, tale autorità poteva far affidamento con certezza sul detto importo nell’ambito della realizzazione del progetto, essa è stata costretta, dall’adozione di questa decisione, innanzi tutto, a constatare che ne era stata privata e, in secondo luogo, a ricercare un finanziamento sostitutivo per far fronte agli obblighi contratti nell’ambito della realizzazione dei lavori considerati. La detta decisione modifica direttamente la situazione giuridica della stessa autorità anche per quanto riguarda l’obbligo di restituire gli importi versati a titolo di anticipo. Infatti, la decisione di cui trattasi ha per effetto di trasformare direttamente la posizione giuridica dell’autorità da creditore incontestato in quella di debitore, quanto meno potenziale, dei detti importi, poiché essa pone fine all’impossibilità nella quale si trovavano le autorità nazionali, sia in forza del diritto comunitario sia in forza del diritto nazionale, di chiedere alla detta autorità il rimborso degli anticipi versati. La detta decisione ha quindi come secondo effetto diretto ed automatico quello di modificare la situazione giuridica dell’autorità di cui trattasi nei confronti delle autorità nazionali.

Per quanto riguarda poi il criterio dell’applicabilità automatica di tale decisione, quest’ultima, di per sé, produce meccanicamente nei confronti della detta autorità il duplice effetto indicato. Questo duplice effetto della decisione impugnata deriva unicamente dalla normativa comunitaria, ossia dal combinato disposto dell’art. 211, terzo trattino, CE e dell’art. 249, quarto comma, CE. A tal riguardo, le autorità nazionali non dispongono di alcun potere discrezionale relativamente al loro obbligo di dare esecuzione a questa decisione.

(v. punti 48, 53-54, 56-57, 63)

2.     I presupposti in presenza dei quali un contributo finanziario accordato dalla Comunità nell’ambito del regime dei fondi a finalità strutturale può essere soppresso rientrano non tra le norme di procedura, ma in quelle sostanziali. Questi aspetti sono quindi, in via di principio, disciplinati dalla normativa applicabile al momento della concessione del contributo. La soppressione di un contributo comunitario a motivo di irregolarità addebitate al beneficiario ha quindi il carattere di una sanzione, qualora non sia limitata alla ripetizione degli importi indebitamente versati a motivo delle irregolarità stesse. Essa è pertanto ammissibile soltanto qualora sia giustificata in relazione sia alla normativa applicabile al momento della concessione del contributo sia a quella vigente al momento della decisione di soppressione.

(v. punto 73)

3.     Al fine di garantire il buon funzionamento del sistema dei fondi comunitari a finalità strutturale e la loro sana gestione finanziaria, la realizzazione di qualsiasi progetto cofinanziato dai fondi comunitari in tale ambito deve mirare alla funzionalità del detto progetto, requisito questo che è alla base della decisione con cui viene concesso il finanziamento comunitario.

Nell’ipotesi in cui l’opera oggetto del progetto non sia né funzionale né fruibile alla data di una decisione della Commissione relativa alla soppressione e al recupero di un contributo finanziario, sarebbe manifestamente incompatibile con l’art. 18, n. 1, del regolamento n. 1787/84, relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale, il quale dispone che il finanziamento di investimenti in infrastrutture riguarda infrastrutture che contribuiscano allo sviluppo della regione o della zona in cui esse si situano, autorizzare il beneficiario del contributo a conservare il finanziamento comunitario concesso al fine della realizzazione dell’opera mentre, precisamente, la detta opera non è utilizzabile. Una tale impostazione non sarebbe inoltre compatibile con l’obiettivo di buona gestione dei fondi strutturali comunitari.

(v. punti 82-83)




SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata)

18 ottobre 2005 (*)

«Ricorso di annullamento – Ricevibilità – Art. 230, quarto comma, CE – Persone fisiche o giuridiche – Atti che le riguardano direttamente – Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) – Decisione della Commissione relativa alla soppressione e al recupero di un contributo finanziario – Art. 24 del regolamento (CEE) n. 4253/88 – Errore manifesto di valutazione»

Nella causa T‑60/03,

Regione Siciliana, rappresentata inizialmente dal sig. G. Aiello, successivamente dal sig. A. Cingolo, avvocati dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. E. de March e L. Flynn, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

avente ad oggetto l’annullamento della decisione della Commissione 11 dicembre 2002, C (2002) 4905, relativa alla soppressione del contributo concesso alla Repubblica italiana con decisione C (87) 2090 026 della Commissione del 17 dicembre 1987, concernente la concessione del contributo del Fondo europeo di sviluppo regionale in favore di un investimento per infrastrutture, di importo uguale o superiore a 15 milioni di [euro] in Italia (regione: Sicilia), e al recupero dell’anticipo versato dalla Commissione a titolo di tale contributo,



IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Prima Sezione ampliata),

composto dai sigg. B. Vesterdorf, presidente, J.D. Cooke, R. García‑Valdecasas e dalle sig.re I. Labucka e V. Trstenjak, giudici,

cancelliere: sig. I. Natsinas, amministratore

vista la fase scritta del procedimento ed in seguito all’udienza del 12 maggio 2005,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Ambito normativo

1       Il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) è stato creato dal regolamento (CEE) del Consiglio 18 maggio 1975, n. 724 (GU L 73, pag. 1), modificato più volte e poi sostituito, a decorrere dal 1° gennaio 1985, dal regolamento (CEE) del Consiglio 19 giugno 1984, n. 1787, relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale (GU L 169, pag. 1). Nel 1988 il suo regime è stato riformato dal regolamento (CEE) del Consiglio 24 giugno 1988, n. 2052, relativo alle missioni dei fondi a finalità strutturali, alla loro efficacia e al coordinamento dei loro interventi e di quelli della Banca europea per gli investimenti e degli altri strumenti finanziari esistenti (GU L 185, pag. 9). Il 19 dicembre 1988 il Consiglio ha adottato il regolamento (CEE) n. 4253/88 recante disposizioni di applicazione del regolamento (CEE) n. 2052/88 per quanto riguarda il coordinamento tra gli interventi dei vari Fondi strutturali, da un lato, e tra tali interventi e quelli della Banca europea per gli investimenti e degli altri strumenti finanziari esistenti, dall’altro (GU L 374, pag. 1). Il regolamento n. 4253/88 è stato modificato, in particolare, dal regolamento (CEE) del Consiglio 20 luglio 1993, n. 2082 (GU L 193, pag. 20).

2       L’art. 24 del regolamento n. 4253/88 modificato, intitolato «Riduzione, sospensione o soppressione del contributo», stabilisce:

«1.      Se la realizzazione di un’azione o di una misura sembra non giustificare né in parte né totalmente il contributo finanziario assegnato, la Commissione procede ad un esame appropriato del caso nel quadro della partnership, chiedendo in particolare allo Stato membro o alle autorità da esso designate per l’attuazione dell’azione di presentare le loro osservazioni entro una scadenza determinata.

2.      In seguito a questo esame la Commissione può ridurre o sospendere il contributo per l’azione o la misura in questione, se l’esame conferma l’esistenza di un’irregolarità o di una modifica importante che riguardi la natura o le condizioni di attuazione dell’azione o della misura e per la quale non sia stata chiesta l’approvazione della Commissione.

3.      Qualsiasi somma che dia luogo a ripetizione di indebito deve essere restituita alla Commissione. Le somme non restituite sono aumentate degli interessi di mora (…)».

 Fatti all’origine della controversia

3       Con domanda pervenuta alla Commissione il 23 settembre 1986, la Repubblica italiana ha chiesto la concessione di un contributo del FESR, ai sensi del regolamento n. 1787/84, per un investimento in infrastrutture in Sicilia, relativo al terzo stralcio dei lavori di costruzione di uno sbarramento sul torrente Gibbesi. La domanda prevedeva la costruzione di opere accessorie al corpo dello sbarramento e indicava la duplice destinazione dello stesso, le cui acque dovevano servire, in particolare, ad un approviggionamento idrico affidabile del polo industriale di Licata ancora da realizzare e, inoltre, all’irrigazione di circa 1 000 ettari di terreni agricoli.

4       Con decisone 17 dicembre 1987, C (87) 2090 026, relativa alla concessione del contributo del FESR in favore di un investimento per infrastrutture, di importo uguale o superiore a 15 milioni di [euro] in Italia (regione: Sicilia), la Commissione ha concesso alla Repubblica italiana un contributo del FESR fino ad un importo massimo di lire italiane (ITL) 94 490 620 056 (circa EUR 48,8 milioni) nell’ambito dell’intervento n. 86.05.03.008 (in prosieguo: la «decisione di concessione»). La Repubblica italiana ha ricevuto un anticipo globale di ITL 75 592 496 044 (circa EUR 39 milioni) a titolo di tale contributo.

5       Con lettera 23 maggio 2000, le autorità italiane hanno trasmesso alla Commissione un rapporto redatto dai servizi italiani sugli interventi oggetto del contributo. Ai sensi di tale rapporto, i lavori del corpo dello sbarramento erano stati completati in data 11 novembre 1992. Tuttavia lo sbarramento non era funzionale, poiché non erano stati realizzati gli invasi e non era stato completato l’acquedotto. Peraltro, le autorità italiane si riservavano di presentare entro il 31 marzo 2001 la loro domanda di saldo finale.

6       Con la stessa lettera, le autorità italiane hanno trasmesso alla Commissione una nota della ricorrente datata 17 gennaio 2000, con la quale quest’ultima assumeva il formale impegno a far eseguire i lavori necessari per giungere alla completa funzionalità e fruibilità dello sbarramento.

7       Con lettera 19 dicembre 2000, la Commissione ha chiesto alle autorità italiane ulteriori informazioni. Essa chiedeva che le fossero forniti, in particolare, elementi relativi alla domanda di proroga del termine di presentazione della domanda di saldo finale, ai provvedimenti adottati dal ricorrente ai fini del completamento e dell’entrata in funzione dell’opera e alla relazione sullo stato attuale di realizzazione della stessa, con indicazione della data effettiva o presunta di ultimazione dei lavori e di entrata in funzione dell’opera.

8       Con lettera 29 marzo 2001, le autorità italiane hanno presentato alla Commissione la loro richiesta di saldo finale e trasmesso una nota della ricorrente datata 5 marzo 2001. Da tale nota emergeva che l’Ente minerario siciliano, soggetto attuatore dell’opera, era stato sciolto, che il polo industriale di Licata non aveva potuto essere realizzato e che, pertanto, la destinazione iniziale delle acque dello sbarramento avrebbe dovuto essere modificata. Pertanto, era stato commissionato uno studio per definire i possibili usi delle acque del serbatoio.

9       Sulla base di tali elementi, la Commissione ha deciso di avviare la procedura di esame prevista dall’art. 24 del regolamento n. 4253/88 e dall’art. 2 della decisione di concessione.

10     Con lettera 26 settembre 2001, la Commissione ha comunicato alla Repubblica italiana gli elementi idonei a costituire un’irregolarità e a giustificare un’eventuale decisione di soppressione del contributo. La Commissione faceva valere in particolare che essa non disponeva di notizie sulla data, precisa o indicativa, di piena funzionalità e fruibilità dell’intervento. Essa sottolineava anche che la destinazione dell’opera era mutata rispetto a quella indicata nella decisione di concessione. La Commissione invitava le autorità italiane, la presidenza della Regione Siciliana e il beneficiario finale a presentare le loro osservazioni entro il termine di due mesi, precisando che eventuali documenti trasmessi successivamente non sarebbero stati presi in considerazione, salvo circostanze eccezionali.

11     Con lettera 29 novembre 2001, la Repubblica italiana ha trasmesso alla Commissione le osservazioni della ricorrente. Da tali osservazioni emergeva, in particolare, che nessuna data, neppure presunta, era stata fissata per l’entrata in funzione dell’opera, le cui finalità erano effettivamente mutate.

12     Con lettera 21 febbraio 2002, successiva alla scadenza del termine prestabilito dalla Commissione (v. supra, punto 10), la ricorrente ha comunicato ulteriori informazioni sullo stato di avanzamento del progetto nonché uno scadenzario che prevedeva il termine dei lavori entro il 2 febbraio 2003.

13     La Commissione ha considerato che queste ultime informazioni confermassero l’esistenza di alcune irregolarità ai sensi dell’art. 24 del regolamento n. 4253/88 ed ha adottato, l’11 dicembre 2002, la decisione C (2002) 4095 relativa alla soppressione del contributo concesso alla Repubblica italiana con la decisione di concessione e al recupero dell’anticipo versato dalla Commissione a titolo di tale contributo (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

14     I punti 14 e 15 della motivazione della decisione impugnata sono formulati come segue:

«(14)          L’esame degli elementi summenzionati ha confermato l’esistenza di irregolarità ai sensi [dell’art. 24 del regolamento n. 4253/88]:

–       L’esame del caso ha confermato che i lavori non sono stati ultimati e che non è prevedibile, nemmeno a livello indicativo, la data in cui la diga sarà funzionale e fruibile (…).

–       L’esame del caso ha confermato, inoltre, che, senza che fosse previamente chiesta l’approvazione della Commissione, vi è stato un mutamento sostanziale delle finalità e della destinazione dell’opera rispetto a quanto previsto nella decisione di concessione.

–       Gli argomenti dedotti dalla Regione [Siciliana] non giustificano gli elementi esposti nella lettera della Commissione del 26 settembre 2001 relativamente alla procedura di aggiudicazione del contratto e al rispetto dei principi di sana gestione finanziaria;

(15)               considerando che viste le irregolarità constatate è necessario sopprimere il contributo e procedere (…) al recupero degli importi sinora erogati».

15     Con la decisione impugnata, la Commissione ha soppresso il contributo concesso alla Repubblica italiana, ha disimpegnato l’importo accantonato a titolo di pagamento del saldo (circa EUR 9,8 milioni) ed ha chiesto la restituzione dell’importo versato a titolo di anticipo (circa EUR 39 milioni).

 Procedimento e conclusioni delle parti

16     Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 20 febbraio 2003, la ricorrente ha proposto il seguente ricorso.

17     Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (prima sezione ampliata) ha deciso di aprire la fase orale del procedimento. Nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, il Tribunale ha sottoposto quesiti scritti alla ricorrente e alla Commissione, per una risposta orale all’udienza. Il Tribunale ha anche invitato la Repubblica italiana a rispondere per iscritto a diversi quesiti. La Repubblica italiana ha ottemperato a tale richiesta.

18     Le parti hanno svolto le loro difese orali ed hanno risposto ai quesiti scritti ed orali all’udienza del 12 maggio 2005. Sentite le parti, il Tribunale ha deciso di versare al fascicolo due lettere della Commissione indirizzate alla ricorrente, l’una in data 4 agosto 2003, l’altra in data 24 ottobre 2003, e comunicate da quest’ultima nell’ambito delle cause riunite T‑392/03 e T‑435/03, pendenti tra le stesse parti relativamente all’esecuzione della decisione impugnata.

19     La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–       annullare la decisione impugnata;

–       condannare la Commissione alle spese.

20     La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–       in via principale, dichiarare il ricorso irricevibile;

–       in subordine, respingere il ricorso nel merito;

–       in ogni caso, condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

21     All’udienza, interrogata a tal riguardo dal Tribunale, la Commissione ha ammesso che il terzo trattino del punto 14 della motivazione della decisione impugnata, relativo alla constatazione di irregolarità ai sensi dell’art. 24 del regolamento n. 4253/88 (v. supra, punto 14), non aveva affatto costituito il fondamento dell’adozione della detta decisione. Orbene, i motivi e gli argomenti dedotti nel ricorso e relativi al detto trattino non possono, di per sé, giustificare l’annullamento della decisione impugnata, in quanto questa è basata anche sulle irregolarità constatate al primo e al secondo trattino del detto punto della motivazione. Per ragioni di economia processuale, il Tribunale non esaminerà quindi i motivi e gli argomenti sopramenzionati.

1.     Sulla ricevibilità

 Argomenti delle parti

22     La Commissione accepisce l’irricevibilità del presente ricorso in quanto la ricorrente è priva della legittimazione ad agire.

23     La Commissione non contesta il fatto che la ricorrente sia individualmente interessata dalla decisione impugnata ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE. Essa ritiene invece che la ricorrente non sia direttamente interessata dalla decisione impugnata.

24     In via preliminare, la Commissione indica che non sono esistiti, in alcun momento, legami giuridici diretti tra essa e la ricorrente.

25     Ora, sin dall’origine, uno dei principi centrali delle politiche strutturali sarebbe stato che la Commissione e gli Stati membri sono congiuntamente responsabili della programmazione delle azioni strutturali, mentre gli Stati membri sono i soli responsabili della messa in opera di tale politica.

26     Così, per quanto riguarda le attività del FESR nel periodo di programmazione 1985‑1988, nel quale è stata adottata la decisione di concessione, tale principio è espresso in varie disposizioni del regolamento n. 1787/84, all’epoca in vigore. Pertanto, la Commissione sottolinea che, nel caso di specie, lo Stato membro interessato ha presentato una domanda specifica alla Commissione, che ha adottato la decisione di concessione (art. 22). Durante la messa in opera del progetto, lo Stato membro doveva presentare alla Commissione prospetti trimestrali attestanti, tra altri dati, la realtà delle spese (art. 28). Alcuni anticipi potevano venire erogati dalla Commissione, su richiesta dello Stato membro (art. 31).

27     La Commissione ne deduce che gli Stati membri sono i suoi unici interlocutori nel sistema di gestione decentralizzata il quale costituisce una caratteristica fondamentale dei fondi strutturali per il periodo che qui rileva. Gli Stati membri costituirebbero uno schermo fra la Commissione e il beneficiario finale del contributo, poiché i pagamenti verrebbero effettuati alle autorità nazionali ed essi resterebbero liberi di decidere sulle conseguenze per il beneficiario finale della soppressione del contributo concesso. Pertanto, secondo la Commissione e contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la Repubblica italiana disporrebbe di un potere discrezionale riguardo all’esecuzione della decisione impugnata.

28     A tal riguardo, in risposta all’argomento della ricorrente secondo cui essa avrebbe già restituito, nell’ambito di una compensazione, le somme versate a titolo del contributo finanziario soppresso dalla decisione impugnata (v. infra, punto 40), la Commissione indica che tale compensazione, intervenuta il 9 novembre 2003, avrebbe operato tra un debito del Ministero italiano dell’Economia e delle Finanze, destinatario della nota di addebito per il recupero del contributo soppresso, e un pagamento destinato a questo stesso Ministero.

29     Alla luce di queste considerazioni preliminari occorrerebbe determinare se la ricorrente, la quale, contrariamente alla Repubblica italiana, non è destinataria della decisione impugnata, sia direttamente interessata da tale decisione ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE.

30     La Commissione fa valere una giurisprudenza costante secondo la quale, perché un provvedimento incida direttamente su un privato che non ne è il destinatario, è necessario che essa produca direttamente effetti sulla situazione giuridica dell’interessato e che la sua applicazione abbia carattere meramente automatico e derivi dalla sola normativa comunitaria, senza l’applicazione di altre norme intermedie (sentenza della Corte 5 maggio 1998, causa C‑386/96 P, Dreyfus/Commissione, Racc. pag. I‑2309, punto 43, e sentenza del Tribunale 13 dicembre 2000, causa T‑69/99, DSTV/Commissione, Racc. pag. II‑4309, punto 24).

31     Qualora l’atto impugnato venga applicato dalle autorità nazionali che ne sono destinatarie, occorrerebbe verificare se l’applicazione dell’atto stesso non lasci alcun potere discrezionale a tali autorità (sentenza del Tribunale 15 settembre 1998, causa T‑54/96, Oleifici Italiani e Fratelli Rubino/Commissione, Racc. pag. II‑3377, punto 56). Analogamente, un singolo sarebbe direttamente interessato qualora la possibilità per i destinatari dell’atto di non darvi seguito fosse puramente teorica, in quanto fosse indubbia la loro volontà di trarre conseguenze conformi a quest’ultimo (sentenze della Corte 17 gennaio 1985, causa 11/82, Piraiki‑Patraiki e a./Commissione, Racc. pag. 207, punti 8‑11, e Dreyfus/Commissione, citata, punto 44).

32     In tale contesto, la Commissione rileva che il Tribunale ha già dichiarato, nella sua ordinanza 25 aprile 2001, Coillte Teoranta/Commissione (causa T‑244/00, Racc. pag. II‑1275; in prosieguo: l’«ordinanza Coillte Teoranta»), che la decisione di escludere determinate spese dal finanziamento corrisposto dal Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG), sezione «garanzia», non produceva effetti diretti sulla situazione giuridica del beneficiario dell’aiuto.

33     Secondo la Commissione, l’ordinanza Coillte Teoranta, emessa in materia di FEAOG, si applica in pari modo ai fondi strutturali, e quindi al FESR, in ragione del fatto che la gestione dei fondi strutturali si basa sul principio della separazione dei rapporti giuridici che intercorrono, da un lato, tra la Commissione e gli Stati membri e, dall’altro, tra gli Stati membri e i beneficiari dei contributi comunitari. Questo ragionamento sarebbe valido ogni qualvolta la responsabilità primaria per il controllo delle spese effettuate in regime di gestione decentralizzata spetti agli Stati membri, come nel caso del FESR e del FEAOG.

34     La Commissione precisa inoltre che il riferimento del Tribunale, al punto 45 dell’ordinanza Coillte Teoranta, alla situazione diversa che prevale nel caso di decisioni di inamissibilità a fruire del finanziamento da parte del Fondo sociale europeo (FSE) dovrebbe venire inteso come un riferimento ad un periodo in cui, contrariamente alla presente situazione, vi erano legami diretti tra la Commissione e i beneficiari di finanziamenti da parte del FSE. Alla Commissione sembra che questo riferimento riguardi il regime giuridico stabilito nel regolamento (CEE) del Consiglio 17 ottobre 1983, n. 2950, concernente l’applicazione della decisione 83/516/CEE del Consiglio relativa ai compiti del Fondo sociale europeo (GU L 289, pag. 1), che disciplinava il FSE durante il periodo di programmazione 1984‑1988 e che prevedeva un rapporto giuridico diretto fra la Commissione e i beneficiari. Secondo la Commissione, l’assenza di un rapporto diretto di questo tipo differenzia chiaramente tale regime giuridico da quello applicabile ai fondi strutturali, incluso il FESR, durante il periodo di programmazione 1985‑1988.

35     La Commissione ritiene che questa differenza tra i regimi applicabili nei diversi periodi di programmazione renda inapplicabile al caso di specie il riconoscimento della legittimazione dei beneficiari ad impugnare decisioni di riduzione dell’aiuto, conformemente ai punti 46‑48 della sentenza del Tribunale 6 dicembre 1994, causa T‑450/93, Lisrestal e a./Commissione (Racc. pag. II‑1177), confermata dalla Corte con sentenza 24 ottobre 1996, causa C‑32/95 P, Commission/Lisrestal e a. (Racc. pag. I‑5373). Nel periodo di programmazione 1984‑1988, vi sarebbe stata, in sostanza, una gestione diretta della Commissione. Al contrario, secondo il regolamento n. 1787/84 che è servito come fondamento per la decisione di concessione, la Commissione avrebbe un compito di sorveglianza. Poiché la Commissione non eserciterebbe più nessun ruolo nelle azioni di recupero intraprese dagli Stati membri e poiché, come il Tribunale avrebbe indicato ai punti 47 e 48 dell’ordinanza Coillte Teoranta, le eventuali azioni di recupero sono fondate sul diritto nazionale e non sono una conseguenza automatica delle decisioni di esclusione di determinate spese dal finanziamento comunitario, l’analisi contenuta nella sentenza Lisrestal e a./Commissione, sopra menzionata, non sarebbe valida per le decisioni adottate sulla base del regolamento n. 4253/88 e relative a progetti finanziati dai fondi strutturali.

36     In risposta all’argomento della ricorrente secondo cui la citata ordinanza Coillte Teoranta/Commissione non troverebbe applicazione nei suoi confronti per il fatto che essa è un ente pubblico e non un privato (v. infra, punto 42), la Commissione replica che tale argomento non sarebbe convincente, in quanto il Tribunale non effettua una siffatta distinzione nella detta ordinanza.

37     Del resto, la Commissione non contesta il fatto che, nella sentenza 9 luglio 2003, causa T‑102/00, Vlaams Fonds voor de Sociale Integratie van Personen met een Handicap/Commissione (Racc. pag. II‑2433; in prosieguo: la «sentenza Vlaams Fonds»), il Tribunale abbia dichiarato che la decisione della Commissione che riduca o sopprima un contributo finanziario concesso dal Fondo sociale europeo può riguardare direttamente e individualmente i beneficiari di un tale contributo. Tuttavia la Commissione rileva che tale dichiarazione è stata resa incidentalmente, in quanto il Tribunale non sarebbe stato invitato a pronunciarsi sulla questione se il ricorrente fosse direttamente interessato dalla decisione controversa nel caso di specie. Allo stesso modo, la sua attenzione non sarebbe stata attirata sul precedente costituito dall’ordinanza Coillte Teoranta. La Commissione aggiunge che la giurisprudenza menzionata dal Tribunale nella sentenza Vlaams Fonds si riferiva ad un diverso periodo di programmazione, durante il quale la regolamentazione dei fondi strutturali non era ancora fondata su un sistema di gestione decentralizzata. Alla luce di ciò, il precedente costituito dall’ordinanza Coillte Teoranta sarebbe più appropriato della sentenza Vlaams Fonds, per quanto riguarda i rapporti fra i beneficiari finali e la Commissione in relazione alle operazioni gestite ora in modo decentralizzato dagli Stati membri.

38     La ricorrente, dal canto suo, ritiene che il ricorso sia ricevibile e fa valere che le disposizioni del Trattato CE relative al diritto di impugnazione dei privati non possano essere interpretate restrittivamente. Essa fa riferimento in particolare alla sentenza della Corte 15 luglio 1963, causa 25/62, Plaumann/Commissione (Racc. pag. 199). La legittimazione ad agire dovrebbe anche essere riconosciuta a tutti coloro che, possedendo la personalità giuridica richiesta dalle dette disposizioni, sono individualmente e direttamente interessati dall’atto impugnato. Secondo la ricorrente, tale situazione si impone altresì quando il ricorrente è un ente pubblico che risponde a questi criteri. A tal riguardo essa fa riferimento alla sentenza del Tribunale 15 giugno 1999, causa T‑288/97, Regione autonoma Friuli‑Venezia Giulia/Commissione (Racc. pag. II‑1871).

39     Secondo la ricorrente, la decisione impugnata, relativamente alla quale essa ammette che non le è formalmente indirizzata, la riguarda tuttavia direttamente poiché incide direttamente sulla sua posizione giuridica. Infatti, il destinatario della decisione impugnata, vale a dire la Repubblica italiana, non disporrebbe di alcun potere discrezionale in ordine alla sua attuazione, che consisterebbe nella mera ripetizione di somme precedentemente versate dal FESR. A tale scopo non sarebbe necessaria alcuna ulteriore attività normativa. La ricorrente sostiene che, secondo la costante giurisprudenza comunitaria, tali circostanze sono sufficienti a fondare la legittimazione attiva dei singoli (sentenza Dreyfus/Commissione, citata).

40     Per di più, la ricorrente sottolinea di avere già restituito, con il sistema della compensazione, le somme versate a titolo del contributo soppresso dalla decisione impugnata, inclusi gli interessi moratori.

41     Ciò premesso, il fatto che non siano esistiti legami giuridici diretti fra la ricorrente e la Commissione sarebbe irrilevante, in quanto era indubbio, fin dalla decisione di concessione, che la ricorrente era inequivocabilmente il soggetto beneficiario del contributo del FESR. Del resto, occorrerebbe rilevare in proposito che la ricorrente, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, ha avuto vari contatti diretti con quest’ultima nella fase istruttoria che ha preceduto la decisione di concessione. Durante tale periodo, vi sarebbero stati dibattiti approfonditi tra la Commissione e la ricorrente.

42     Inoltre, la giurisprudenza citata dalla Commissione (ordinanza Coillte Teoranta) non sarebbe applicabile ad essa. Infatti, la ricorrente non è un privato, ma un ente pubblico territoriale, vale a dire un’articolazione dello Stato italiano.

43     A tal riguardo occorrerebbe rammentare la sentenza Vlaams Fonds, il cui punto 60 così recita:

«Secondo una giurisprudenza (...) costante, una decisione della Commissione che riduca o sopprima un contributo finanziario concesso dal FSE può riguardare direttamente e individualmente i beneficiari di un tale contributo e danneggiarli, nonostante il fatto che lo Stato membro interessato sia interlocutore unico del FSE nella procedura amministrativa. Infatti, sono i beneficiari dell’aiuto che subiscono gli effetti economici della decisione di riduzione o di soppressione, in quanto essi sono responsabili a titolo principale del rimborso delle somme indebitamente versate (v., in tal senso, sentenza Lisrestal e a./Commissione, punti 43‑48, e la giurisprudenza citata)».

 Giudizio del Tribunale

44     La decisione impugnata che sopprime il contributo di cui la ricorrente era beneficiaria è stata indirizzata allo Stato membro interessato, ossia la Repubblica italiana. Ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, «qualsiasi persona fisica o giuridica può proporre (…) un ricorso (…) contro le decisioni che, pur apparendo come (…) una decisione presa nei confronti di altre persone, la riguardano direttamente e individualmente». Essendo pacifico che nella fattispecie la decisione impugnata riguarda individualmente la ricorrente, occorre esaminare se quest’ultima sia direttamente interessata dalla detta decisione.

45     Occorre ricordare i due criteri cumulativi, tratti da una giurisprudenza costante, affinché un soggetto sia direttamente interessato ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE.

46     Innanzi tutto, l’atto di cui trattasi deve produrre direttamente effetti sulla situazione giuridica del singolo. In secondo luogo, il detto atto non deve lasciare alcun potere discrezionale ai suoi destinatari incaricati della sua applicazione, la quale ha carattere meramente automatico e deriva dalla sola normativa comunitaria senza intervento di altre norme intermedie (sentenze Dreyfus/Commissione, cit., punto 43; DSTV/Commissione, cit., punto 24, e ordinanza del Tribunale 6 giugno 2002, causa T‑105/01, SLIM Sicilia/Commissione, Racc. pag. II‑2697, punto 45; v. anche, in tal senso, sentenze della Corte 13 maggio 1971, cause 41/70 a 44/70, International Fruit Company e a./Commissione, Racc. pag. 411, punti 23‑29, e 6 marzo 1979, causa 92/78, Simmenthal/Commissione, Racc. pag. 777, punti 25 e 26). La condizione richiesta dal secondo criterio è soddisfatta anche qualora la possibilità per lo Stato membro di non dare seguito all’atto comunitario sia puralmente teorica, in quanto la sua volontà di trarre conseguenze conformi a quest’ultimo è fuori dubbio (sentenza Dreyfus/Commissione, citata, punto 44; v. anche, in tal senso, sentenza Piraiki‑Patraiki e a./Commissione, citata, punti 8‑10).

47     Sopprimendo integralmente il contributo, la decisione impugnata ha principalmente, come è stato esposto supra al punto 15, revocato l’obbligo per la Commissione di versare il saldo del contributo (EUR 9,8 milioni) e imposto il rimborso degli anticipi pagati alla Repubblica italiana e riversati alla ricorrente (circa EUR 39 milioni).

48     Il Tribunale ritiene che una tale decisione abbia necessariamente prodotto direttamente effetti sulla situazione giuridica della ricorrente, e questo sotto diversi aspetti. Inoltre, la decisione impugnata non lascia alcun potere discrezionale alle autorità italiane, in quanto la sua attuazione ha un carattere puramente automatico e deriva dalla sola normativa comunitaria senza intervento di altre norme intermedie.

49     Occorre, in via preliminare, ricordare che una volta che è stata adottata la decisione di concessione e che la stessa è stata notificata alla Repubblica italiana, la ricorrente poteva considerare, ai fini della realizzazione del progetto che costituisce oggetto del contributo, e con riserva del rispetto delle condizioni collegate alla detta decisione di concessione e alla normativa che si applica al FESR, che l’importo del contributo (circa EUR 48,8 milioni) era a sua completa disposizione. Su tale base, la ricorrente poteva così pianificare e integrare in bilancio le sue spese al fine della realizzazione del terzo stralcio dei lavori di costruzione dello sbarramento sul torrente Gibbesi.

50     Inoltre, le autorità nazionali italiane, analogamente alla ricorrente, erano anch’esse vincolate dalle condizioni e dalla regolamentazione sopra menzionate. Anche gli importi anticipati dalla Commissione a titolo del contributo di cui trattasi dovevano essere obbligatoriamente utilizzati al fine della realizzazione del terzo stralcio dello sbarramento sul torrente Gibbesi. Né il diritto comunitario né il diritto nazionale autorizzavano le autorità italiane a privare la ricorrente degli importi di questo contributo o a utilizzarli per altri fini. Pertanto, finché le condizioni e la regolamentazione soprammenzionate erano rispettate, le autorità italiane non erano autorizzate a chiedere alla ricorrente il rimborso, anche parziale, di questi importi.

51     Occorre del resto sottolineare, come ha confermato la ricorrente all’udienza in risposta ai quesiti del Tribunale, che la stessa, tra il 1987 e il 1992, ha realizzato la maggior parte del progetto che costituisce oggetto del contributo soppresso, e che questi lavori sono stati finanziati esclusivamente con fondi propri della ricorrente e con il contributo comunitario successivamente soppresso.

52     Alla luce di queste considerazioni preliminari dev’essere esaminata la questione se la ricorrente sia direttamente interessata dalla decisione impugnata.

53     Per quanto riguarda, innanzi tutto, la modifica della situazione giuridica della ricorrente, la decisione impugnata ha avuto come primo effetto diretto ed immediato quello di modificare la sua situazione patrimoniale privandola del saldo del contributo (circa EUR 9,8 milioni) che doveva essere ancora versato dalla Commissione. Il saldo non pagato del contributo non sarà versato alla Repubblica italiana dalla Commissione, perché il contributo è soppresso. Le autorità italiane non potranno quindi riversarlo alla ricorrente. Mentre, prima dell’adozione della decisione impugnata, la ricorrente poteva far affidamento con certezza sul detto importo nell’ambito della realizzazione del progetto, essa è stata costretta, dall’adozione di questa decisione, innanzi tutto, a constatare che ne era stata privata e, in secondo luogo, a ricercare un finanziamento sostitutivo per far fronte agli obblighi contratti nell’ambito della realizzazione del terzo stralcio dei lavori di costruzione dello sbarramento sul torrente Gibbesi.

54     La decisione impugnata modifica direttamente la situazione giuridica della ricorrente anche per quanto riguarda l’obbligo di restituire gli importi versati a titolo di anticipo (circa EUR 39 milioni). Infatti, la decisione impugnata ha per effetto di trasformare direttamente la posizione giuridica della ricorrente da creditore incontestato in quella di debitore, quanto meno potenziale, dei detti importi. Questo è dovuto al fatto che la decisione impugnata pone fine all’impossibilità nella quale si trovavano le autorità italiane, sia in forza del diritto comunitario sia in forza del diritto nazionale, di chiedere alla ricorrente il rimborso degli anticipi versati. In altri termini, la decisione impugnata ha come secondo effetto diretto ed automatico quello di modificare la situazione giuridica della ricorrente nei confronti delle autorità nazionali.

55     In quanto essa modifica direttamente, e del resto sensibilmente, la situazione giuridica della ricorrente, come risulta dai punti 53 e 54 supra, la decisione impugnata soddisfa quindi effettivamente le condizioni relative al primo criterio, richiamato supra al punto 46, affinché un soggetto sia direttamente interessato.

56     Per quanto riguarda poi il criterio dell’applicabilità automatica della decisione impugnata, occorre rilevare che quest’ultima, di per sé, produce meccanicamente nei confronti della ricorrente il duplice effetto indicato supra ai punti 53 e 54.

57     Questo duplice effetto della decisione impugnata deriva unicamente dalla normativa comunitaria, ossia dal combinato disposto dell’art. 211, terzo comma, CE e dell’art. 249, quarto comma, CE. A tal riguardo, le autorità nazionali non dispongono di alcun potere discrezionale relativamente al loro obbligo di dare esecuzione a questa decisione.

58     Le conclusioni di cui supra ai punti 56 e 57 non sono rimesse in discussione dall’argomento della Commissione secondo cui le autorità nazionali possono teoricamente decidere di liberare la ricorrente dalle conseguenze finanziarie che la decisione impugnata fa gravare direttamente su di essa, finanziando mediante risorse statali, da un lato, il saldo del contributo comunitario non corrisposto e, dall’altro, il rimborso degli anticipi comunitari ricevuti dalla ricorrente, o solo uno dei due.

59     Infatti, un’eventuale decisione nazionale di finanziamento di tale tipo non priverebbe della sua applicabilità automatica la decisione della Commissione. Essa rimarrebbe giuridicamente estranea all’applicazione, in diritto comunitario, della decisione impugnata. Questa decisione nazionale avrebbe per effetto di ricollocare la ricorrente nella situazione in cui si trovava prima dell’adozione della decisione impugnata, determinando a sua volta una seconda modifica della situazione giuridica della ricorrente modificata in primo luogo, e automaticamente, dalla decisione impugnata. Questa seconda modifica della situazione giuridica della ricorrente deriverebbe unicamente dalla decisione nazionale, e non dall’esecuzione della decisione impugnata.

60     In altri termini, l’adozione di una decisione nazionale di finanziamento sarebbe indispensabile precisamente per bloccare gli effetti automatici della decisione impugnata.

61     A tal riguardo, i fatti del caso di specie si differenziano in maniera determinante da quelli che sono all’origine dell’ordinanza Coillte Teoranta cui ha fatto riferimento la Commissione (v. supra, punti 32‑34). Infatti, con la decisione impugnata nella causa Coillte Teoranta, la Commissione aveva respinto la domanda dello Stato membro interessato, destinatario della detta decisione, mirante a che alcuni premi che esso aveva già versato al beneficiario fossero presi in carico dal FEAOG come spese ammissibili al cofinanziamento comunitario. Contrariamente alla situazione nella presente causa, la decisione impugnata che ha dato luogo all’ordinanza Coillte Teoranta non ha quindi comportato automaticamente e meccanicamente la mancata corresponsione di un saldo ancora dovuto al beneficiario. Inoltre, solo l’adozione di una decisione nazionale consecutiva alla decisione impugnata della Commissione poteva obbligare il beneficiario a restituire gli anticipi già ricevuti.

62     L’argomento della Commissione menzionato supra al punto 58 dà quindi un’applicazione erronea della nozione di effetto diretto ai sensi della giurisprudenza costante richiamata supra al punto 46, o perfino rovescia tale nozione. Infatti, l’esistenza di una tale possibilità di finanziamento da parte delle autorità italiane non significa di per sé sola che la decisione impugnata debba essere attuata dal suo destinatario prima di produrre effetti nei confronti della ricorrente.

63     In quanto non lascia alcun potere discrezionale alle autorità nazionali, poiché riveste un carattere meramente automatico e deriva dalla sola normativa comunitaria senza intervento di altre norme intermedie, come risulta sopra dai punti 56‑62, la decisione impugnata soddisfa quindi effettivamente le condizioni relative al secondo criterio richiamato supra al punto 46 affinché un soggetto sia direttamente interessato.

64     Per il resto, l’argomento dedotto dalla Commissione (v. supra, punti 24‑27) secondo cui la separazione dei rapporti giuridici, da un lato, tra la Commissione e gli Stati membri e, dall’altro, tra gli Stati membri e i beneficiari si oppone a che la ricorrente sia in qualsiasi modo direttamente interessata non può essere accolto.

65     Infatti, secondo una giurisprudenza costante (v., in tal senso, sentenza della Corte 11 novembre 1981, causa 60/81, IBM/Commissione, Racc. pag. 2639, punto 9; sentenze del Tribunale 24 marzo 1994, causa T‑3/93, Air France/Commissione, Racc. pag. II‑121, punto 43, e 4 marzo 1999, causa T‑87/96, Assicurazioni Generali e Unicredito/Commissione, Racc. pag. II‑203, punto 37), per stabilire se un atto di un’istituzione comunitaria riguardi direttamente un singolo ai sensi dell’art. 230 CE, occorre esaminare la sua natura effettiva al fine di accertare se, indipendentemente dalla sua forma, esso abbia un’incidenza immediata sugli interessi di questo singolo, modificando così in misura rilevante la sua situazione giuridica.

66     Ora, dai precedenti punti 47‑63 risulta che la decisione impugnata ha inciso direttamente sulla situazione giuridica della ricorrente.

67     Per il resto, e in subordine, occorre rilevare che, come sottolinea giustamente la ricorrente, sono esistiti rapporti diretti tra essa e la Commissione, ad esempio durante la fase preparatoria della concessione del contributo, o mediante l’invio diretto alla ricorrente della lettera 26 settembre 2001 (v. supra, punto 10). A tal riguardo, il Tribunale rileva che questi rapporti diretti sono continuati dopo l’adozione della decisione impugnata, come risulta da due lettere della Commissione inviate direttamente alla ricorrente e versate al fascicolo (v. supra, punto 18). Nella prima di queste lettere, in data 4 agosto 2003, la Commissione invita infatti la ricorrente a versare una somma di circa EUR 39 milioni maggiorata degli interessi di mora in restituzione degli importi versati a titolo di anticipo nell’ambito del progetto di cui trattasi. Inoltre, nella seconda lettera, in data 24 ottobre 2003, la Commissione indica alla ricorrente che aveva proceduto alla compensazione tra vari crediti e debiti della Commissione relativi a progetti concernenti la ricorrente, tra cui il progetto relativo al terzo stralcio dello sbarramento sul torrente Gibbesi. In tale contesto, l’impostazione formalista della Commissione non può essere accolta.

68     Poiché i due criteri indicati supra al punto 46 sono soddisfatti, occorre respingere l’eccezione di irricevibilità.

2.     Sul merito

69     La ricorrente deduce due motivi a sostegno del suo ricorso. Il primo motivo verte su una violazione dell’art. 24 del regolamento n. 4253/88 e il secondo su un errore manifesto di valutazione nell’applicazione di questa stessa disposizione.

 Sul primo motivo, relativo ad una violazione dell’art. 24 del regolamento n. 4253/88

70     La ricorrente deduce tre argomenti a sostegno del suo primo motivo. Innanzi tutto, il testo dell’art. 24 del regolamento n. 4253/88 non prevedrebbe l’ipotesi della soppressione del contributo. Inoltre, la mancata funzionalità e fruibilità dell’opera non potrebbe giustificare la soppressione del contributo di cui trattasi ai sensi dell’art. 24 del regolamento n. 4253/88 e della decisione di concessione. Infine, le condizioni per il mantenimento del contributo in questione sarebbero soddisfatte ai sensi dell’art. 24 del regolamento n. 4253/88.

 Sul primo argomento a sostegno del primo motivo

–       Argomenti delle parti

71     La ricorrente fa presente che, con la decisione impugnata, la Commissione ha soppresso il contributo integralmente. Ora, la soppressione del contributo comunitario sarebbe prevista solo nel titolo dell’art. 24 del regolamento n. 4253/88, e non nel testo dello stesso articolo. Infatti, come la Commissione stessa ammetterebbe, l’art. 24, n. 2, prevedrebbe solo la riduzione o la sospensione del contributo, al ricorrere di determinati presupposti. Solo l’art. 2 della decisione di concessione avrebbe fatto cenno alla soppressione del contributo di cui trattasi, ma in casi non espressamente richiamati nella decisione impugnata. Alla luce di ciò, la decisione impugnata, che si basa su un’interpretazione estensiva del solo art. 24 del regolamento n. 4253/88, mentre la soppressione del contributo, che ha carattere sanzionatorio, richiederebbe invece un’interpretazione restrittiva di tale disposizione, sarebbe priva di fondamento normativo.

72     La Commissione sostiene che, qualora sussistano divergenze tra il tenore di una norma ed il suo titolo, occorre interpretare l’uno e l’altro in modo da far sì che tutti i termini impiegati abbiano effetto utile. Inoltre, un’interpretazione sistematica dell’art. 24, in particolare del n. 1, consentirebbe di concludere per la possibilità di sopprimere totalmente un contributo, di modo che il riferimento all’art. 2 della decisione di concessione non sarebbe stato necessario. Del resto, riconoscere alla Commissione soltanto il potere di ridurre l’importo del contributo in proporzione alle irregolarità commesse porterebbe ad incentivare le frodi, in quanto soltanto le somme indebitamente percepite dovrebbero essere restituite.

–       Giudizio del Tribunale

73     I presupposti in presenza dei quali un contributo può essere soppresso rientrano non tra le norme di procedura, ma in quelle sostanziali (sentenza del Tribunale 28 gennaio 2004, causa T‑180/01, Euroagri/Commissione, Racc. pag. II‑369, punti 36 e 37). Questi aspetti sono quindi, in via di principio, disciplinati dalla normativa applicabile al momento della concessione del contributo. Come il Tribunale ha ricordato nella stessa sentenza, la soppressione di un contributo comunitario a motivo di irregolarità addebitate al beneficiario ha il carattere di una sanzione, qualora non sia limitata alla ripetizione degli importi indebitamente versati a motivo delle irregolarità stesse. Essa è pertanto ammissibile soltanto qualora sia giustificata in relazione sia alla normativa applicabile al momento della concessione del contributo sia a quella vigente al momento della decisione di soppressione.

74     In tale contesto, le disposizioni pertinenti in materia di soppressione di contributi sono quelle del regolamento n. 1787/84, vigente all’atto dell’adozione della decisione di concessione, e del regolamento n. 4253/88, nella sua versione in vigore all’atto dell’adozione della decisione impugnata, ossia come modificata dal regolamento n. 2082/93.

75     L’art. 32, n. 1, del regolamento n. 1787/84 prevedeva la riduzione o la soppressione del contributo. L’art. 24 del regolamento n. 4253/88, nella sua versione modificata dal regolamento n. 2092/93, prevede la soppressione del contributo nel suo titolo e anche, indirettamente, nel n. 1, in cui si menziona la mancata giustificazione, in parte o totalmente, di un contributo finanziario.

76     Per quanto riguarda la formulazione del n. 2 del detto art. 24, che non prevede esplicitamente la soppressione del contributo, è sufficiente rilevare che una giurisprudenza costante (sentenze del Tribunale 12 ottobre 1999, causa T‑216/96, Conserve Italia/Commissione, Racc. pag. II‑3139, punto 92; 14 giugno 2001, causa T‑143/99, Hortiplant/Commissione, Racc. pag. II‑1665, punto 40; 26 settembre 2002, causa T‑199/99, Sgaravatti Mediterranea/Commissione, Racc. pag. II‑3731, punti 130 e 131, e 11 marzo 2003, causa T‑186/00, Conserve Italia/Commissione, Racc. pag. II‑719, punti 74 e 78) sancisce la possibilità per la Commissione di sopprimere un contributo sulla base dell’art. 24, n. 2, del regolamento n. 4253/88.

77     In tale contesto, il primo argomento a sostegno del primo motivo non è fondato e deve quindi essere respinto.

 Sul secondo argomento a sostegno del primo motivo

–       Argomenti delle parti

78     Secondo la ricorrente, il requisito richiesto dalla Commissione relativo alla piena funzionalità e fruibilità dell’opera non figura né nella decisione di concessione né nell’art. 24 del regolamento n. 4253/88. Esso sarebbe stato indicato dalla Commissione solo al momento della presentazione della domanda di pagamento finale. A tale titolo, il detto requisito tardivo dovrebbe ritenersi privo di fondamento normativo, tanto più che, già a decorrere dal 17 gennaio 2000, la ricorrente aveva assunto l’impegno di assicurare la funzionalità dell’opera cofinanziata dal FESR in tempi brevi.

79     La Commissione sostiene innanzi tutto che la ricorrente non contesta la mancata funzionalità e fruibilità della diga alla data di adozione della decisione impugnata. Essa fa presente poi in sostanza che il criterio della funzionalità delle opere finanziate è sempre stato e resta essenziale nel regime dei fondi strutturali, in particolare per motivi collegati all’efficacia della politica di coesione economica e sociale stabilita dal Trattato, la cui programmazione costituirebbe un aspetto centrale. Una buona gestione finanziaria dei fondi strutturali imporrebbe alla Commissione e agli Stati membri di far rispettare la programmazione stabilita e di poter sopprimere i contributi ai progetti non funzionali.

–       Giudizio del Tribunale

80     Come la Commissione ha fatto presente all’udienza, la decisione di concessione di un contributo comunitario deve essere interpretata in connessione con la corrispondente domanda di contributo (v., per analogia, sentenza del Tribunale 14 luglio 1997, causa T‑81/95, Interhotel/Commissione, Racc. pag. II‑1265, punto 42). Ora, dal fascicolo, in particolare dalla domanda di contributo presentata dalla Repubblica italiana, di cui supra al punto 3, risulta che nella detta domanda, sulla base della quale è stata adottata la decisione di concessione, si indicava che il terzo stralcio dei lavori di costruzione dello sbarramento sul torrente Gibbesi doveva portare alla funzionalità dell’opera.

81     Per il resto, come giustamente sostiene la Commissione nelle sue memorie, l’art. 18, n. 1, del regolamento n. 1787/84, in base al quale è stata adottata la decisione di concessione, dispone che «il finanziamento di investimenti in infrastrutture riguarda (…) infrastrutture che contribuiscano allo sviluppo della regione o della zona in cui esse si situano».

82     A tal riguardo occorre innanzi tutto ricordare che, al fine di garantire il buon funzionamento del sistema dei fondi strutturali comunitari e la loro sana gestione finanziaria, la realizzazione di qualsiasi progetto cofinanziato in tale ambito deve mirare alla funzionalità del detto progetto, requisito questo che è alla base della decisione con cui viene concesso il finanziamento comunitario.

83     Ora, è pacifico che lo sbarramento non era né funzionale né fruibile alla data della decisione impugnata. Alla luce di ciò, sarebbe manifestamente incompatibile con la disposizione sopra menzionata autorizzare il beneficiario del contributo di cui trattasi a conservare il finanziamento comunitario concesso al fine della realizzazione dell’opera mentre, precisamente, la detta opera non è utilizzabile. Una tale impostazione non sarebbe poi compatibile con l’obiettivo di buona gestione dei fondi strutturali comunitari.

84     In tale contesto, il secondo argomento a sostegno del primo motivo non è fondato e deve quindi essere respinto.

 Sul terzo argomento a sostegno del primo motivo

–       Argomenti delle parti

85     Secondo la ricorrente, sussisterebbero i presupposti per il mantenimento del contributo di cui trattasi ai sensi dell’art. 24 del regolamento n. 4253/88, in quanto né la natura dell’opera né le condizioni di attuazione sarebbero state alterate e, del resto, il mutamento di destinazione dell’opera è stato oggetto di una domanda di approvazione trasmessa alla Commissione.

86     Secondo la ricorrente, il mutamento della finalità o della destinazione dell’opera non costituisce, ai sensi dell’art. 24, n. 1, del regolamento n. 4253/88, una circostanza tale da giustificare una riduzione o una sospensione del contributo finanziario, anche se la Commissione ha preso in considerazione il detto mutamento nella decisione impugnata.

87     La ricorrente prosegue sottolineando che la stessa decisione di concessione ha fornito una descrizione dell’opera, ma non ha indicato le finalità di impiego.

88     Ora, secondo la ricorrente, il fatto che le acque invasate dall’opera siano d’ora innanzi interamente destinate all’irrigazione, e non più al raffreddamento di impianti industriali, non è tale da modificare la natura del manufatto in questione, che è quella della captazione delle acque nell’interesse generale. La ricorrente menziona a tale proposito, senza essere contraddetta dalla Commissione, che è sempre stato previsto che le acque invasate dello sbarramento in questione fossero destinate all’irrigazione di circa 1 000 ettari di terreno. È il mancato avvio del polo industriale, la cui realizzazione era prevista a Licata sin dal 1986, che avrebbe reso del tutto prevalente la destinazione della diga all’irrigazione. Questo stato di fatto sarebbe stato comunicato alla Commissione, sottolineando che l’opera manteneva la sua validità socioeconomica nell’ambito dello sviluppo regionale. A tale proposito occorrerebbe considerare che lo sbarramento, situato in un’area fortemente carente di acqua per usi civili, agricoli e produttivi, potrebbe, per la qualità delle sue acque, soddisfare numerose esigenze, anche idropotabili, ed inserirsi in un regime complessivo e più ampio di interventi in materia idrica cofinanziato dal FESR. La ricorrente aggiunge che è stato commissionato uno studio specifico per l’utilizzazione delle acque e la valorizzazione dello sbarramento di cui trattasi.

89     Del pari, la ricorrente ritiene che il mutamento di destinazione dell’opera non possa incidere sulle condizioni di attuazione dell’azione, che attengono ai suoi aspetti esecutivi e non alle sue finalità.

90     Secondo la ricorrente, la decisione impugnata è altresì erronea perché non tiene conto del fatto che il mutamento in questione della destinazione d’uso era stato comunicato dalle autorità italiane alla Commissione, con numerosi documenti a sostegno dello stesso.

91     La Commissione fa presente che l’art. 24 del regolamento n. 4253/88 può essere fatto valere sulla base di un’irregolarità, in particolare di una modifica importante che riguarda l’attuazione della misura di cui trattasi.

92     Essa prosegue indicando di aver constatato l’esistenza di un’irregolarità consistente in un mutamento sostanziale delle finalità e della destinazione dell’opera rispetto alla decisione di concessione, senza che fosse chiesta la sua previa approvazione.

93     La Commissione fa presente poi che la decisione di concessione è stata adottata sulla base del regolamento n. 1787/84. Le disposizioni dell’art. 22, n. 3, di questo regolamento, che prevedono la descrizione dell’opera cofinanziata dai fondi comunitari, sarebbero superflue se si dovesse considerare che una tale descrizione è meramente indicativa. Lo stesso varrebbe per le disposizioni dell’art. 28, n. 1, lett. b), dello stesso regolamento, in base alle quali la domanda di pagamento finale include, in particolare, una dichiarazione della conformità dell’investimento con il progetto iniziale.

94     Orbene, dalla domanda di contributo del FESR presentata alla Commissione dalle autorità italiane ai sensi dell’art. 22, n. 3, del regolamento n. 1787/84 risulterebbbe che la descrizione della diga e dell’uso previstone era parte integrante della domanda. La Commissione aggiunge che il contributo è stato concesso tenendo conto, in particolare, della durata, delle caratteristiche tecniche e delle finalità dell’opera, come descritte nella domanda. A tal riguardo, l’irrigazione di circa 1 000 ettari di terreni agricoli sarebbe stata prevista, secondo la Commissione, solo a titolo accessorio.

95     Alla luce di ciò, lo sviamento del progetto, una volta ottenuto il finanziamento, verso usi diversi da quelli previsti sarebbe incompatibile con la nozione di sviluppo regionale coerente e convergente che sottende il concetto di programmazione. Il contributo in questione sarebbe stato assegnato sulla base del presupposto che le acque invasate dalla diga sarebbero state destinate in primo luogo all’approvvigionamento idrico di un polo industriale da realizzare.

96     Il mutamento di destinazione dell’acqua della diga giustifica una soppressione del contributo ai sensi dell’art. 24 del regolamento n. 4253/88.

97     D’altra parte la Commissione ribadisce che l’argomento della ricorrente (v. supra, punto 90) secondo cui essa non avrebbe tenuto conto, nella decisione impugnata, del fatto che le autorità italiane hanno portato a conoscenza della Commissione il mutamento in questione della destinazione dell’opera risulta infondato. Infatti, la Commissione non avrebbe mai approvato il mutamento di destinazione dell’opera comunicato, per di più, con molto ritardo, ossia il 29 marzo 2001. Del resto, la ricorrente non avrebbe nemmeno richiesto l’approvazione della detta modifica. La Commissione fa valere che la comunicazione di una simile informazione relativa al mutamento di destinazione dell’opera non equivale ad una richiesta di approvazione. Al contrario, l’informazione che le è stata comunicata il 29 marzo 2001 l’avrebbe indotta ad avviare, nel settembre 2001, la procedura di soppressione del contributo. La conferma da parte della ricorrente di tali informazioni, il 29 novembre 2001, avrebbe condotto all’adozione, l’11 dicembre 2002, della decisione impugnata.

98     Inoltre, l’argomento della ricorrente si baserebbe su un’interpretazione errata dell’art. 24 del regolamento n. 4253/88, secondo la quale la Commissione non potrebbe né ridurre né sopprimere il contributo per il semplice fatto che le autorità nazionali ne avrebbero richiesto l’approvazione. Orbene, gli interessi finanziari della Comunità sarebbero messi a repentaglio se la Commissione non potesse ridurre o sopprimere un contributo semplicemente perché essa è stata informata della modifica del progetto. Un’interpretazione del genere renderebbe inutile l’approvazione stessa della modifica.

–       Giudizio del Tribunale

99     Occorre rilevare innanzi tutto che, come sostiene giustamente la Commissione, la finalità dell’opera di cui trattasi è indicata nella domanda di contributo del FESR presentata dalla Repubblica italiana.

100   Inoltre, la Commissione giustamente sostiene che non è sufficiente che essa sia informata circa le modifiche apportate alla destinazione di un’opera la cui costruzione è cofinanziata dal FESR, ma occorre che essa presti anche il suo consenso su tali modifiche. Il Tribunale ha in effetti già dichiarato che la Commissione può sopprimere un contributo in caso di irregolarità, segnatamente in caso di rilevante modifica dell’azione, che incida sulla natura della medesima o sulle condizioni della sua attuazione senza che sia stata richiesta previa autorizzazione alla Commissione (sentenza 12 ottobre 1999, Conserve Italia/Commissione, citata, punto 92).

101   Ora, dal fascicolo risulta che la ricorrente si è limitata a comunicare in ritardo alla Commissione la modifica di destinazione delle acque trattenute dall’opera di cui trattasi. Ovviamente, tale informazione non costituiva una domanda di approvazione.

102   Poiché, da un lato, la decisione di concessione e la corrispondente domanda di finanziamento devono essere intese congiuntamente, come è stato ricordato supra al punto 81, e dall’altro, la destinazione dell’opera è stata modificata in maniera rilevante senza la previa approvazione della Commissione, poiché l’obiettivo preponderante di approvvigionamento idrico del polo industriale di Licata non è stato raggiunto, occorre concludere che una soppressione del contributo è giustificata in relazione all’art. 24 del regolamento n. 4253/88.

103   Alla luce di ciò, il terzo argomento a sostegno del primo motivo non è fondato e deve quindi essere respinto, il che comporta il rigetto del primo motivo nel suo insieme.

 Sul secondo motivo, vertente su un errore manifesto di valutazione nell’applicazione dell’art. 24 del regolamento n. 4253/88

 Argomenti delle parti

104   La ricorrente sostiene che è erroneo il presupposto di fatto, ritenuto dirimente dalla Commissione, secondo il quale non sarebbero stati ultimati i lavori e non sarebbe stata prevedibile, neppure a livello indicativo, la data in cui la diga sarebbe stata funzionale e fruibile.

105   Essa fa valere, al contrario, che la documentazione trasmessa alla Commissione e, in particolare, il certificato di ultimazione dei lavori dimostrano che i lavori erano stati ultimati in data 4 novembre 1992, in quanto lo sbarramento risultava realizzato in ogni sua parte. Essa aggiunge che tale circostanza sarebbe riconosciuta al punto 6 della motivazione della decisione impugnata.

106   La ricorrente prosegue indicando che le ultime opere, che ai sensi della decisione impugnata dovevano essere terminate, sono del tutto accessorie. Esse non consentirebbero di smentire l’effettivo completamento dello sbarramento. Lo stesso certificato d’ultimazione dei lavori confermerebbe le dette affermazioni.

107   Del resto, la ricorrente sottolinea che nel detto certificato non è fatta menzione, contrariamente alle indicazioni del punto 6 della motivazione della decisione impugnata, degli «invasi provvisori» non realizzati.

108   La ricorrente aggiunge che il Servizio nazionale dighe, dopo il completamento dei lavori, ha solo richiesto la realizzazione di lavori di placcaggio sulla sponda sinistra dello sbarramento.

109   La ricorrente ne conclude che i lavori relativi alla realizzazione di uno sbarramento sul torrente Gibbesi dovevano reputarsi ultimati già a partire dal novembre 1992 e che i richiamati interventi richiesti dal Servizio nazionale dighe avevano carattere marginale rispetto alla funzione principale dello sbarramento, che resta anzitutto un invaso. D’altro canto, il medesimo servizio avrebbe sempre considerato, sulla base di controlli semestrali sulla funzionalità degli impianti, certificati da appositi verbali di efficienza, che lo sbarramento era stato ultimato.

110   La Commissione contesta il fatto che i lavori siano stati ultimati nel 1992 e che le opere da realizzare in vista del funzionamento della diga siano state di natura accessoria.

111   A sostegno della sua affermazione, la Commissione menziona la lettera inviata dalle autorità italiane alla Commissione, datata 23 maggio 2000, a cui era allegato un certificato di collaudo, in cui risultava che non erano stati realizzati gli invasi provvisori e che non era stato completato l’acquedotto. La Commissione aggiunge che, con lettera 19 dicembre 2000, essa ha richiesto alle autorità italiane ulteriori informazioni riguardanti, in particolare, il completamento e l’indicazione della data, effettiva o presunta, di entrata in funzione della diga. Con lettera 21 febbraio 2002, la ricorrente avrebbe comunicato uno scadenzario in base al quale i lavori sarebbero stati ultimati entro il 2 febbraio 2003.

112   La Commissione aggiunge che i lavori in questione non comprendevano soltanto la costruzione del corpo della diga, ma anche la deviazione del torrente Gibbesi, il canale di restituzione, l’acquedotto, nonché altre opere. Inoltre, le autorità italiane avrebbero definito, nella loro domanda di contributo, la finalità dell’opera, consistente nel favorire lo sviluppo industriale nella regione interessata. Ne conseguirebbe che l’opera doveva essere completata in tutti i suoi componenti ed essere in servizio per poter realizzare la finalità prevista. Alla luce di ciò, la distinzione effettuata dalla ricorrente tra lavori principali e accessori non avrebbe alcun senso.

113   In tale contesto la Commissione avrebbe potuto solo constatare, alla data di adozione della decisione impugnata, che i lavori previsti a titolo del contributi in questione erano incompleti.

 Giudizio del Tribunale

114   Occorre innanzi tutto rilevare che il punto 6 della motivazione della decisione impugnata indica solo che i lavori al corpo della diga erano stati completati, e non la diga integralmente.

115   Inoltre, dal fascicolo e, in particolare, dal certificato di collaudo allegato alla lettera del 23 maggio 2000 indirizzata dalle autorità italiane alla Commissione risulta che giustamente quest’ultima sottolinea che gli invasi provvisori non erano stati realizzati e che l’acquedotto non era stato completato, laddove questi lavori costituivano parte integrante del progetto di cui trattasi.

116   Alla luce di ciò occorre concludere che i lavori che costituivano oggetto del presente contributo del FESR non erano stati completati all’atto dell’adozione della decisione impugnata.

117   Pertanto, il secondo motivo non è fondato e deve quindi essere respinto.

118   In considerazione di tutto quanto precede, occorre respingere il ricorso.

 Sulle spese

119   Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Tuttavia, il n. 3, primo comma, dello stesso articolo prevede che il Tribunale può ripartire le spese se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi. Il n. 3, secondo comma, del detto articolo prevede a sua volta che il Tribunale può condannare una parte, anche se non soccombente, a rimborsare all’altra le spese che le ha causato e che siano riconosciute come superflue o defatigatorie.

120   Nella fattispecie, la Commissione è rimasta soccombente per quanto riguarda la ricevibilità. Inoltre, una parte delle spese sostenute dalla ricorrente ai fini del deposito del suo ricorso è dovuta alla redazione perfettibile della decisione impugnata (v. supra, punto 21). Il Tribunale ritiene quindi equo che la Commissione sopporti la metà delle sue spese. Pertanto, occorre decidere che la ricorrente sopporterà le proprie spese nonché la metà delle spese della Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      L’eccezione di irricevibilità è respinta.

2)      Il ricorso è respinto in quanto infondato.

3)      La ricorrente sopporterà le proprie spese e la metà delle spese sostenute dalla Commissione. La Commissione sopporterà la metà delle proprie spese.

Vesterdorf

Cooke

García‑Valdecasas

Labucka

 

      Trstenjak

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 18 ottobre 2005.

Il cancelliere

 

      Il presidente

E. Coulon

 

      B. Vesterdorf


* Lingua processuale: l’italiano

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