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Judgment of the Court of First Instance (Fourth Chamber) of 26 January 2005.#Laurent Piau v Commission of the European Communities.#Fédération Internationale de Football Association (FIFA) Players' Agents Regulations - Decision by an association of undertakings - Articles 49 EC, 81 EC and 82 EC - Complaint -No Community interest - Rejection.#Case T-193/02.
Sentenza del Tribunale di primo grado (Quarta Sezione) del 26 gennaio 2005. Laurent Piau contro Commissione delle Comunità europee. Regolamento della Fédération internationale de football association (FIFA) che disciplina l'attività degli agenti di giocatori - Decisione di un'associazione di imprese - Artt. 49 CE, 81 CE e 82 CE - Denuncia - Mancanza d'interesse comunitario - Rigetto. Causa T-193/02.
Sentenza del Tribunale di primo grado (Quarta Sezione) del 26 gennaio 2005. Laurent Piau contro Commissione delle Comunità europee. Regolamento della Fédération internationale de football association (FIFA) che disciplina l'attività degli agenti di giocatori - Decisione di un'associazione di imprese - Artt. 49 CE, 81 CE e 82 CE - Denuncia - Mancanza d'interesse comunitario - Rigetto. Causa T-193/02.
«Regolamento della Fédération internationale de football association (FIFA) che disciplina l’attività degli agenti di giocatori
— Decisione di un’associazione di imprese — Artt. 49 CE, 81 CE e 82 CE — Denuncia — Mancanza d’interesse comunitario — Rigetto»
Sentenza del Tribunale (Quarta Sezione) 26 gennaio 2005
Massime della sentenza
1. Procedura — Intervento — Eccezione d’irricevibilità non sollevata dal convenuto — Irricevibilità — Eccezione d’irricevibilità
di ordine pubblico — Esame d’ufficio da parte del giudice
(Statuto della Corte di giustizia, artt. 40, quarto comma, e 53; regolamento di procedura del Tribunale, artt. 113 e 116,
n. 3)
2. Ricorso di annullamento — Persone fisiche o giuridiche — Atti che le riguardano direttamente e individualmente — Decisione
che chiude un procedimento avviato in forza del regolamento n. 17 in seguito a una denuncia — Autore della denuncia — Impresa
terza cui è stato riconosciuto un interesse legittimo a presentare osservazioni nell’ambito del procedimento amministrativo
— Ricevibilità
(Artt. 81 CE, 82 CE e 230, quarto comma, CE; regolamento del Consiglio n. 17)
5. Concorrenza — Intese — Decisioni di associazioni di imprese — Nozione — Regolamento che disciplina l’attività degli agenti
di giocatori, adottato dalla Federazione calcistica internazionale — Inclusione
(Art. 81 CE)
6. Concorrenza — Procedura amministrativa — Esame delle denunce — Denuncia avente ad oggetto la regolamentazione di un’attività
economica senza fini sportivi ad opera di un ente di diritto privato sprovvisto di delega da parte di un’autorità pubblica
— Decisione che chiude il procedimento amministrativo — Sindacato giurisdizionale limitato alle valutazioni effettuate dalla
Commissione alla luce delle norme in materia di concorrenza
(Regolamento del Consiglio n. 17)
7. Concorrenza — Procedura amministrativa — Esame delle denunce — Rilevanza dell’interesse comunitario riconosciuto all’istruzione
di un caso — Criteri di valutazione — Potere discrezionale della Commissione — Limiti — Sindacato giurisdizionale
(Artt. 81 CE, 82 CE e 85, n. 1, CE)
8. Concorrenza — Intese — Divieto — Esenzione — Regolamento che disciplina l’attività degli agenti di giocatori adottato dalla
Federazione calcistica internazionale — Istituzione di una licenza che condiziona l’esercizio della professione — Obiettivo
di professionalizzazione e di organizzazione collettiva degli agenti — Ammissibilità
(Art. 81, n. 3, CE)
9. Concorrenza — Posizione dominante — Posizione dominante collettiva — Nozione — Entità collettiva — Presupposti
(Art. 82 CE)
10. Concorrenza — Posizione dominante — Posizione dominante collettiva — Presupposti — Posizione della Federazione calcistica
internazionale sul mercato delle prestazioni di servizi degli agenti di giocatori
(Art. 82 CE)
1. Le conclusioni di un’istanza di intervento possono avere come oggetto soltanto il sostegno alle conclusioni di una delle parti
in causa. Un interveniente non può perciò utilmente sollevare un’eccezione di irricevibilità che non sia dedotta dalla parte
a sostegno delle cui conclusioni è stata autorizzata a intervenire.
Tuttavia, in forza dell’art. 113 del regolamento di procedura del Tribunale, quest’ultimo può esaminare d’ufficio, in qualsiasi
momento, le eccezioni d’irricevibilità di ordine pubblico, comprese quelle sollevate dagli intervenienti.
(v. punti 35-37)
2. Il rifiuto da parte della Commissione di dar seguito ad un procedimento avviato in base ad una denuncia depositata in forza
del regolamento n. 17 e il rigetto della detta denuncia arrecano un pregiudizio al suo autore, il quale deve disporre di mezzi
di tutela giurisdizionale dei suoi legittimi interessi. Parimenti, un’impresa terza, alla quale la Commissione ha riconosciuto
un interesse legittimo a presentare osservazioni nell’ambito di un siffatto procedimento, è legittimata a proporre un ricorso
avverso la decisione che lo chiude definitivamente.
(v. punto 38)
3. Le associazioni nazionali costituite da società calcistiche che esercitano economicamente il gioco del calcio e che, di conseguenza,
sono imprese nel senso dell’art. 81 CE, sono associazioni di imprese nel senso della medesima disposizione.
Il fatto che le dette associazioni nazionali raggruppino, oltre a società di professionisti, anche società di dilettanti non
infirma tale conclusione. Al riguardo, la circostanza che un’associazione o una federazione sportiva qualifichi unilateralmente
come «dilettanti» atleti o società non è di per sé tale da escludere che questi ultimi esercitino attività economiche ai sensi
dell’art. 2 CE.
(v. punti 69-70)
4. La Fédération internationale de football (Federazione calcistica internazionale: FIFA) è un’associazione di imprese ai sensi
dell’art. 81 CE. Infatti, essa raggruppa associazioni nazionali che sono esse stesse, nel contempo, associazioni di imprese,
poiché hanno come aderenti società che svolgono un’attività economica, e imprese, poiché esercitano esse stesse un’attività
economica a causa del fatto che, in base allo statuto della FIFA, sono tenute a partecipare alle competizioni da questa organizzate,
devono corrisponderle una percentuale degli incassi lordi di ciascun incontro internazionale e sono riconosciute, sempre dal
detto statuto, comproprietarie insieme alla FIFA dei diritti esclusivi di diffusione e di trasmissione delle manifestazioni
sportive di cui trattasi.
Infatti, l’art. 81 CE si applica alle associazioni nell’ipotesi in cui la loro attività o quella delle imprese associate produca
gli effetti che esso vieta. L’ambito giuridico entro il quale sono adottate decisioni di imprese come pure la qualificazione
di tale ambito data dai vari ordinamenti giuridici nazionali sono irrilevanti ai fini dell’applicazione delle norme comunitarie
sulla concorrenza.
(v. punti 71-72)
5. Il regolamento adottato dalla Fédération internationale de football (FIFA) per disciplinare l’attività degli agenti di giocatori,
attività economica di prestazione di servizi e non attività peculiare al mondo dello sport nel senso definito dalla giurisprudenza
della Corte, costituisce una decisione di associazione di imprese nel senso dell’art. 81, n. 1, CE, la quale deve rispettare
le norme comunitarie in materia di concorrenza poiché essa produce effetti nella Comunità.
Infatti, da un lato, esso è stato adottato dalla FIFA motu proprio e non in virtù di poteri normativi che le sarebbero stati
delegati da autorità pubbliche per esercitare un compito riconosciuto di interesse generale riguardante l’attività sportiva
e, dall’altro, visto il suo carattere vincolante per le associazioni nazionali membri della Federazione internazionale, che
sono tenute a stabilire una regolamentazione analoga soggetta all’approvazione della detta federazione, nonché per le società,
per i giocatori e per gli agenti di giocatori, esso esprime la volontà della FIFA di coordinare il comportamento dei suoi
membri verso l’attività degli agenti di giocatori.
(v. punti 73-75)
6. Una regolamentazione che disciplini un’attività economica toccando libertà fondamentali compete in linea di principio alle
autorità pubbliche. Il principio stesso della regolamentazione di un’attività economica non concernente né le peculiarità
del mondo dello sport né la libertà di organizzazione interna delle associazioni sportive da parte di un organismo di diritto
privato che non ha ricevuto alcuna delega in tal senso dall’autorità pubblica non può essere prima facie ritenuto compatibile
con il diritto comunitario.
Il sindacato giurisdizionale effettuato nell’ambito di un ricorso che verte sulla legittimità di una decisione adottata dalla
Commissione al termine di un procedimento aperto per una denuncia depositata in conformità al regolamento n. 17, per la cui
conduzione la Commissione non poteva mettere in atto altri poteri che quelli di cui dispone in tale ambito, è necessariamente
circoscritto alle norme in materia di concorrenza e alla valutazione effettuata dalla Commissione sulle violazioni che la
decisione controversa vi avrebbe arrecato. Tale sindacato non può perciò estendersi ad altre disposizioni del trattato se
non quando la loro eventuale violazione riveli contestualmente una violazione del diritto della concorrenza, e non può neppure
spingersi a verificare eventuali violazioni di principi fondamentali se non qualora queste integrino un’infrazione al diritto
della concorrenza.
(v. punti 76-79)
7. Quando la Commissione esamina una denuncia in materia di concorrenza alla luce dell’interesse comunitario, la valutazione
di quest’ultimo varia in rapporto alle circostanze di fatto e di diritto di ciascun caso di specie, che possono differire
notevolmente da un caso all’altro, e non a criteri predeterminati di applicazione obbligatoria. Pertanto, non è opportuno
né limitare il numero dei criteri di valutazione cui la Commissione può riferirsi, ma neppure imporle il ricorso esclusivo
a determinati criteri.
D’altro canto, la Commissione, investita dall’art. 85, n. 1, CE del compito di vigilare sull’applicazione degli artt. 81 CE
e 82 CE, è responsabile dell’orientamento e dell’attuazione della politica comunitaria della concorrenza e dispone a tal fine
di un potere discrezionale nel trattare le denunce. Tale potere non è però senza limiti e la Commissione ha l’obbligo di valutare
in ciascun caso la gravità, la durata delle violazioni della concorrenza e la persistenza dei loro effetti.
Il controllo, poi, del giudice comunitario sull’esercizio da parte della Commissione del potere discrezionale riconosciutole
in materia non deve condurre a sostituire la sua valutazione dell’interesse comunitario a quella della Commissione, bensì
a verificare se la decisione controversa non si basi su fatti materialmente inesatti e non sia viziata da errori di diritto,
da manifesti errori di valutazione o da sviamento di potere.
(v. punti 80-81, 120)
8. La licenza di agente di giocatori, imposta da un regolamento della Fédération internazionale de football (FIFA), che condiziona
l’esercizio della detta professione, costituisce una barriera all’accesso a tale attività economica e incide, dunque, necessariamente
sullo svolgimento della concorrenza.
Tuttavia, in considerazione del fatto che, da un lato, la FIFA persegue un duplice obiettivo di professionalizzazione e di
moralizzazione dell’attività di agente di giocatori al fine di proteggere questi ultimi, la cui carriera è breve, e che, dall’altro,
la concorrenza non è eliminata dal sistema della licenza, il quale sembra comportare una selezione qualitativa, adatta a soddisfare
l’obiettivo di professionalizzazione dell’attività di agente di giocatori, piuttosto che una restrizione quantitativa al suo
accesso, e che, infine, le attuali condizioni di esercizio dell’attività di agente di giocatori sono contrassegnate da un’assenza
quasi generale di regolamentazioni nazionali e dalla mancanza di organizzazione collettiva degli agenti di giocatori, le restrizioni
discendenti dal carattere obbligatorio della licenza potrebbero beneficiare di una deroga ex art. 81, n. 3, CE.
(v. punti 101-104)
9. L’art. 82 CE riguarda il comportamento di uno o più operatori economici che sfruttano in maniera abusiva una posizione di
potenza economica e ostano così al mantenimento di una effettiva concorrenza sul mercato in questione, dando a tali operatori
la possibilità di tenere comportamenti alquanto indipendenti nei confronti dei propri concorrenti, dei propri clienti e, in
ultima analisi, dei consumatori.
L’espressione «più imprese» ivi contenuta implica che una posizione dominante può essere detenuta da due o più entità economiche,
giuridicamente indipendenti l’una dall’altra, a condizione che dal punto di vista economico esse si presentino o agiscano
insieme, sul mercato specifico, come un’entità collettiva.
Per l’esistenza di una posizione dominante collettiva è necessario che siano presenti tre requisiti cumulativi: in primo luogo,
ciascun membro dell’oligopolio dominante deve poter conoscere il comportamento degli altri membri, al fine di verificare se
essi adottino o meno la stessa linea di azione; in secondo luogo, è necessario che la situazione di coordinamento tacito possa
conservarsi nel tempo, ossia deve esistere un incentivo a non discostarsi dalla linea di condotta comune nel mercato; in terzo
luogo, la reazione prevedibile dei concorrenti effettivi e potenziali nonché dei consumatori non deve poter rimettere in discussione
i risultati attesi dalla comune linea d’azione.
(v. punti 109-111)
10. La Fédération internationale de football (FIFA) occupa una posizione dominante collettiva sul mercato delle prestazioni di
servizi da parte degli agenti di giocatori, posto che il suo regolamento, che ne disciplina l’attività, in sede di applicazione
può sortire la conseguenza che le imprese attive sul mercato in questione, vale a dire le società, si trovino vincolate quanto
al loro comportamento su un mercato determinato in maniera tale da presentarsi su tale mercato come un’entità collettiva nei
confronti dei loro concorrenti, delle loro controparti commerciali e dei consumatori.
Orbene, dato il carattere obbligatorio del regolamento per loro previsto, le associazioni nazionali membri della FIFA e le
società che esse raggruppano appaiono durevolmente vincolate nei loro comportamenti da regole che accettano e che gli altri
soggetti (giocatori e agenti di giocatori) non possono trasgredire senza andare incontro a sanzioni che, nel caso particolare
degli agenti di giocatori, possono arrivare fino all’espulsione dal mercato. Ciò contrassegna una posizione dominante collettiva
delle società sul mercato delle prestazioni di servizi da parte degli agenti di giocatori, poiché sono le società, tramite
la regolamentazione cui aderiscono, che impongono le condizioni di prestazione di detti servizi.
La circostanza che la FIFA non sia, di per sé, un operatore economico, che acquista prestazioni di servizi degli agenti di
giocatori sul mercato interessato, e che il suo intervento derivi da un’attività normativa che essa si è attribuito il potere
di esercitare riguardo all’attività economica degli agenti di giocatori è irrilevante ai fini dell’applicazione dell’art. 82 CE,
poiché la detta federazione è l’emanazione delle associazioni nazionali e delle società, effettive acquirenti dei servizi
degli agenti di giocatori, e agisce conseguentemente sul detto mercato tramite i suoi membri.
(v. punti 112-116)
SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione) 26 gennaio 2005(1)
Nella causa T-193/02,
Laurent Piau, con domicilio in Nantes (Francia), rappresentato dall'avv. M. Fauconnet,
ricorrente,
contro
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dalla sig.ra O. Beynet e dal sig. A. Bouquet, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,
convenuta,
sostenuta daFédération internationale de football association (FIFA), con sede in Zurigo (Svizzera), rappresentata dagli avv.ti F. Louis e A. Vallery,
interveniente,
avente ad oggetto l'annullamento della decisione della Commissione 15 aprile 2002, che respinge la denuncia depositata dal
ricorrente in ordine al regolamento della Fédération internationale de football association (FIFA) che disciplina l'attività
degli agenti di giocatori,
IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quarta Sezione),
composto dal sig. H. Legal, presidente, dalla sig.ra V. Tiili e dal sig. M. Vilaras, giudici,
cancelliere: sig. I. Natsinas, amministratore
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Fatti all’origine della controversia
1
La Fédération internationale de football association (Federazione internazionale delle Associazioni calcistiche; in prosieguo:
la «FIFA») è un’associazione di diritto svizzera creata il 21 maggio 1904. Ai termini dei suoi statuti, quali entrati in vigore
il 7 ottobre 2001, essa è formata da federazioni nazionali (art. 1) che raggruppano società di calcio riconosciute di dilettanti
o di professionisti, i quali ultimi dispongono di associazioni specifiche chiamate «leghe professionistiche». Le federazioni
nazionali possono anche costituirsi in confederazioni (art. 9). I giocatori delle federazioni nazionali affiliate alla FIFA
possono essere sia dilettanti sia non dilettanti (art. 61).
2
Sempre ai termini dei suoi statuti, la FIFA intende promuovere il calcio, incoraggiare le relazioni amichevoli tra le associazioni
nazionali, le confederazioni, le società ed i giocatori, nonché istituire e controllare regolamenti e metodi concernenti le
leggi del gioco e la pratica del calcio (art. 2).
3
Statuti, regolamenti e decisioni della FIFA sono vincolanti per i suoi membri (art. 4). La FIFA dispone di organi definiti
legislativi, esecutivi e amministrativi, vale a dire – rispettivamente – il Congresso, il Comitato Esecutivo e la Segreteria
Generale, nonché di commissioni permanenti e ad hoc (art. 10). La Commissione Disciplinare e la Commissione d’Appello (art. 43)
sono gli organi c.d. giudiziari della FIFA. Il Tribunale Arbitrale per il Football, inizialmente concepito come istanza unica
obbligatoria per la risoluzione delle controversie di valore superiore ad un importo fissato dal Congresso (art. 63), non
è stato più istituito. In base ad un accordo intercorso tra la FIFA e il Consiglio internazionale per l’Arbitrato sportivo,
le funzioni del Tribunale Arbitrale per il Football sono esercitate dal Tribunale Arbitrale dello Sport, istanza istituita
dal Comitato internazionale olimpico e avente sede in Losanna (Svizzera), che applica i regolamenti della FIFA, il codice
di arbitrato sportivo e, in subordine, il diritto svizzero. Le sue decisioni sono suscettibili di un ricorso di annullamento
dinanzi al Tribunale federale svizzero.
4
Il regolamento di applicazione degli statuti dispone che gli agenti di giocatori siano muniti di una licenza di agente emessa
dalla FIFA (art. 16) e autorizza il Comitato esecutivo ad adottare una rigida regolamentazione di tale professione (art. 17).
5
Il 20 maggio 1994 la FIFA adottava un regolamento che disciplina l’attività degli agenti di giocatori, che veniva modificato
l’11 dicembre 1995 ed entrava in vigore il 1° gennaio 1996 (in prosieguo: il «regolamento iniziale»).
6
Il regolamento iniziale subordinava l’esercizio della detta professione al possesso di una licenza rilasciata dalla federazione
nazionale competente e riservava l’attività in parola alle persone fisiche (artt. 1 e 2). Preliminare all’ottenimento della
licenza era un colloquio inteso a saggiare le conoscenze, segnatamente giuridiche e sportive, del candidato (artt. 6, 7 e
8). Quest’ultimo doveva altresì soddisfare alcuni requisiti di compatibilità e di moralità, come l’assenza nel casellario
giudiziario di condanne penali (artt. 2, 3 e 4). Doveva inoltre depositare una garanzia bancaria di 200 000 franchi svizzeri
(CHF) (art. 9). Il contratto, che regolamenta i rapporti tra l’agente e il giocatore, poteva durare al massimo due anni, ma
era rinnovabile (art. 12).
7
Gli agenti, i giocatori e le società che avessero infranto il regolamento sarebbero stati variamente sanzionati. Gli agenti,
con una cauzione, una censura o un avvertimento, con un’ammenda d’importo non precisato e con il ritiro della licenza (art. 14).
I giocatori e le società, con ammende fino a, rispettivamente, CHF 50 000 e 100 000. Ai giocatori poteva essere altresì inflitta
la sanzione disciplinare della sospensione (fino a 12 mesi), alle società la sospensione oppure il divieto di qualsiasi trasferimento
(artt. 16 e 18). Una «Commissione dello Status del calciatore» veniva designata come organo di sorveglianza e di decisione
della FIFA (art. 20).
8
Il 23 marzo 1998 il sig. Piau presentava una denuncia alla Commissione avente ad oggetto il regolamento iniziale summenzionato.
Egli lamentava, in primo luogo, che tale regolamento fosse contrario agli «artt. [49] e seguenti del Trattato [CE] relativi
alla libera prestazione dei servizi» a causa, da un lato, delle restrizioni all’esercizio della professione costituite dalle
poco trasparenti modalità d’esame e dall’obbligo della garanzia bancaria e, dall’altro, della previsione di un controllo e
di sanzioni. In secondo luogo, riteneva che il regolamento potesse generare una discriminazione tra i cittadini degli Stati
membri. In terzo luogo, lamentava che il regolamento non prevedesse mezzi di tutela giurisdizionale o d’impugnazione delle
decisioni e delle sanzioni applicabili.
9
Ancor prima, il 20 febbraio 1996, la Commissione aveva ricevuto una denuncia della Multiplayers International Denmark che
metteva in discussione la compatibilità del medesimo regolamento con gli artt. 81 CE e 82 CE. Era stata inoltre informata
di petizioni introdotte dinanzi al Parlamento europeo da cittadini di nazionalità tedesca e francese, dichiarate ricevibili
dal Parlamento europeo rispettivamente il 29 ottobre 1996 e il 9 marzo 1998, anch’esse relative alla regolamentazione in discorso.
10
La Commissione apriva un procedimento in conformità al regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento
d’applicazione degli articoli [81] e [82] del trattato (GU 1962, n. 13, pag. 204), e notificava alla FIFA una comunicazione
degli addebiti in data 19 ottobre 1999. La comunicazione degli addebiti definiva il regolamento [iniziale] una decisione di
associazione di imprese nel senso dell’art. 81 CE e metteva in discussione la compatibilità con tale disposizione delle restrizioni
contenute nel detto regolamento, vale a dire il carattere obbligatorio della licenza, l’esclusione della sua attribuzione
a persone giuridiche, il divieto a carico delle società e dei giocatori di ricorrere ad agenti non autorizzati, la richiesta
di una garanzia bancaria e la previsione di sanzioni.
11
Il 4 gennaio 2000, rispondendo alla comunicazione degli addebiti, la FIFA contestava che il regolamento summenzionato potesse
essere definito una decisione di associazione di imprese. Adduceva, per giustificare le restrizioni che esso comportava, un’ansia
di moralizzazione e di qualificazione della professione e sosteneva che era possibile derogarvi sul fondamento dell’art. 81,
n. 3, CE.
12
Il 24 febbraio 2000 si teneva un’audizione negli uffici della Commissione, alla quale partecipavano i rappresentanti del sig.
Piau e della FIFA, nonché quelli del sindacato internazionale dei calciatori professionisti, la FIFPro, che esprimeva l’interesse
dei giocatori alla regolamentazione dell’attività degli agenti.
13
A seguito del procedimento amministrativo avviato dalla Commissione, il 10 dicembre 2000 la FIFA adottava un nuovo regolamento
per l’attività degli agenti di giocatori, entrato in vigore il 1° marzo 2001 e di nuovo emendato il 3 aprile 2002.
14
Il nuovo regolamento della FIFA (in prosieguo: il «regolamento modificato») mantiene l’obbligo, per esercitare la professione
di agente di giocatori, che continua ad essere riservata alle persone fisiche, di possedere una licenza rilasciata dalla federazione
nazionale competente per un periodo illimitato (artt. 1, 2 e 10). Il candidato, oltre ad avere una «reputazione impeccabile»
(art. 2), deve sottoporsi ad un esame scritto (artt. 4 e 5), sotto forma di questionario a risposta multipla, finalizzato
a verificare le sue conoscenze giuridiche e sportive (allegato A). L’agente deve altresì stipulare un’assicurazione di responsabilità
professionale o, in subordine, depositare una garanzia bancaria dell’importo di CHF 100 000 (artt. 6 e 7).
15
Il rapporto tra l’agente e il giocatore dev’essere sancito da un contratto scritto della durata massima di due anni, rinnovabile.
Il contratto deve prevedere la remunerazione dell’agente, che è calcolata in funzione della remunerazione di base lorda del
giocatore e fissata, salvo diverso accordo delle parti, nella misura del 5% della stessa. Una copia del contratto va trasmessa
alla federazione nazionale, che tiene a disposizione della FIFA un registro dei contratti ricevuti (art. 12). Gli agenti autorizzati
devono, inter alia, osservare gli statuti e i regolamenti della FIFA e non possono avvicinare un calciatore che è sotto contratto
con una società (art. 14).
16
È prevista una serie di sanzioni nei confronti delle società, dei giocatori e degli agenti. Tutti sono passibili, nel caso
in cui trasgrediscano le regole suddette, di una cauzione, una censura o un avvertimento, nonché di ammende (artt. 15, 17
e 19). Agli agenti può essere inflitta la sospensione o il ritiro della licenza (art. 15); ai giocatori, la sospensione fino
a 12 mesi (art. 17); alle società possono essere inflitti anche la sospensione e il divieto di qualsiasi trasferimento per
almeno tre mesi (art. 19); ammende possono essere inflitte a tutti, agenti giocatori e società. Quanto agli agenti, l’importo
dell’ammenda non è precisato, come non lo era nel regolamento iniziale, mentre per i giocatori e per le società è ormai pari,
rispettivamente, ad almeno 10 000 o 20 000 franchi svizzeri (artt. 15, 17 e 19). Le sanzioni possono essere imposte congiuntamente
(artt. 15, 17 e 19). In caso di controversie è competente la federazione nazionale interessata o la «Commissione dello Status
del Calciatore» (art. 22). Misure transitorie permettono la convalida delle licenze accordate in conformità alla vecchia normativa
(art. 23). Sono allegati al regolamento modificato anche un codice di condotta professionale e un modello standard di contratto
di rappresentanza (rispettivamente, allegati B e C).
17
Gli emendamenti apportati il 3 aprile 2002 precisano che i cittadini dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo
(SEE) indirizzeranno la domanda di licenza alla federazione nazionale del proprio paese o del paese in cui risiedono, indipendentemente
dalla durata della residenza, e potranno stipulare la polizza assicurativa prescritta in qualunque paese dell’Unione europea
o del SEE.
18
Il 9 e il 10 luglio 2001 il Parlamento europeo dichiarava chiusi i fascicoli aperti a seguito delle petizioni citate al precedente
punto 9.
19
La Commissione inviava al sig. Piau, il 3 agosto 2001, una lettera ex art. 6 del regolamento (CE) della Commissione 22 dicembre
1998, n. 2842, relativo alle audizioni in taluni procedimenti a norma dell’articolo [81] e dell’articolo [82] del Trattato
CE (GU L 354, pag. 18). La Commissione vi affermava che il suo intervento presso la FIFA aveva portato all’eliminazione delle
misure più restrittive contenute nel regolamento per l’attività degli agenti di giocatori e che non sussisteva più un interesse
da parte della Comunità a dar seguito al procedimento.
20
Il 12 novembre 2001 la Commissione indirizzava una lettera simile alla Multiplayers International Denmark, alla quale quest’ultima
non rispondeva.
21
In risposta alla lettera 3 agosto 2001, menzionata al precedente punto 19, il 28 settembre 2001 il sig. Piau informava la
Commissione di mantenere la denuncia. Faceva valere che nel regolamento modificato permanevano le infrazioni all’art. 81,
n. 1, CE relativamente all’esame e all’assicurazione professionale e che ne erano state introdotte di nuove sotto forma di
regole deontologiche, di modello standard di contratto e di [modalità di] calcolo della remunerazione. Da tali restrizioni,
a suo avviso, non era possibile esimersi con una deroga ex art. 81, n. 3, CE. Il ricorrente affermava, poi, che la Commissione
non aveva esaminato la regolamentazione controversa alla luce del dettato dell’art. 82 CE.
22
Con decisione 15 aprile 2002 (in prosieguo: la ᆱdecisione impugnata») la Commissione rigettava la denuncia del sig. Piau.
Secondo l’istituzione, non sussisteva un interesse comunitario sufficiente a dar seguito al procedimento giacché le disposizioni
più restrittive censurate erano state abrogate – quanto al carattere obbligatorio della licenza, lo si poteva giustificare
–, a quelle che permanevano avrebbe potuto derogarsi sul fondamento dell’art. 81, n. 3, CE e l’art. 82 CE non trovava applicazione
nella fattispecie.
Procedimento e conclusioni delle parti
23
Con atto introduttivo depositato il 14 giugno 2002 il sig. Piau ha proposto il presente ricorso.
24
Il 5 novembre 2002 la FIFA ha chiesto di intervenire a sostegno della Commissione. Con ordinanza del presidente della Prima
Sezione del Tribunale 5 dicembre 2002 la domanda è stata ammessa.
25
Con decisione del Tribunale 2 luglio 2003 il giudice relatore è stato destinato, con effetto 1° ottobre 2003, alla Quarta
Sezione, alla quale è stata perciò riattribuita la causa.
26
Con misura d’organizzazione del procedimento notificata l’11 marzo 2004, il Tribunale ha posto quesiti, alla Commissione e
alla FIFA, circa l’assicurazione professionale, la remunerazione degli agenti di giocatori ed i rimedi giurisdizionali a norma
del regolamento modificato, e, al sig. Piau, circa gli atti intrapresi per esercitare l’attività di agente di giocatori.
27
La FIFA, la Commissione e il sig. Piau hanno risposto ai quesiti del Tribunale con lettere, rispettivamente, 1°, 2 e 5 aprile
2004.
28
Le difese orali delle parti e le loro risposte ai quesiti del Tribunale sono state sentite all’udienza del 22 aprile 2004.
29
Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
–
annullare la decisione impugnata;
–
condannare la Commissione alle spese.
30
La Commissione chiede che il Tribunale voglia:
–
respingere il ricorso;
–
condannare il ricorrente alle spese.
31
La FIFA chiede che il Tribunale voglia:
–
dichiarare il ricorso irricevibile e comunque infondato;
–
condannare il ricorrente alle spese.
Sulla ricevibilitàArgomenti delle parti
32
La FIFA mette in dubbio la ricevibilità del ricorso. Sostiene che il ricorrente non ha interesse ad agire dal momento che,
da un lato, egli non avrebbe mai fatto ufficialmente domanda di esercizio della professione di agente di giocatori e che,
dall’altro, la legge francese, applicabile nel suo caso, sarebbe più severa della regolamentazione FIFA.
33
La Commissione fa presente di non aver sollevato eccezioni d’irricevibilità del ricorso ritenendo che il sig. Piau avesse
contatti con il mondo del calcio e desiderasse esercitare la professione di agente di giocatori.
34
Per il sig. Piau il ricorso, diretto contro la decisione con cui la Commissione rigettava la sua denuncia, è ricevibile. Argomenta
che desidera esercitare la professione di agente di giocatori dal 1997 e che sussistono contraddizioni tra la regolamentazione
della FIFA e la legge francese.
Giudizio del Tribunale
35
La Commissione non ha sollevato eccezioni d’irricevibilità. Orbene, le conclusioni di un’istanza di intervento possono avere
come oggetto soltanto il sostegno alle conclusioni di una delle parti in causa (art. 40, ultimo comma, dello Statuto della
Corte di giustizia, applicabile al Tribunale ai sensi dell’art. 53 del medesimo Statuto).
36
La FIFA non può perciò utilmente sollevare un’eccezione d’irricevibilità che non è dedotta dalla parte a sostegno delle cui
conclusioni essa è stata ammessa ad intervenire. Il Tribunale non è dunque tenuto ad esaminare i motivi invocati a tale riguardo
(v. sentenza della Corte 24 marzo 1993, causa C-313/90, CIRFS e a./Commissione, Racc. pag. I-1125, punto 22).
37
Tuttavia, in forza dell’art. 113 del regolamento di procedura del Tribunale, quest’ultimo può, in qualsiasi momento, esaminare
d’ufficio le eccezioni d’irricevibilità di ordine pubblico, comprese quelle sollevate dagli intervenienti (v. sentenza del
Tribunale 24 ottobre 1997, causa T-239/94, EISA/Commissione, Racc. pag. I-1839, punto 26).
38
È pacifico che il sig. Piau è destinatario di una decisione della Commissione che chiude definitivamente un procedimento aperto
a norma del regolamento n. 17 ed è pacifico che egli ha proposto regolarmente un ricorso contro tale decisione. Il rifiuto
di dar seguito a tale procedimento e il rigetto di una denuncia arrecano un pregiudizio al suo autore, secondo una giurisprudenza
costante, il quale deve disporre di mezzi di tutela giurisdizionale dei suoi legittimi interessi (v. sentenze della Corte
25 ottobre 1977, causa 26/76, Metro/Commissione, Racc. pag. 1875, punto 13, e del Tribunale 18 maggio 1994, causa T-37/92,
BEUC e NCC/Commissione, Racc. pag. II-285, punto 36). La Corte ha affermato anche che un’impresa terza, alla quale la Commissione
ha riconosciuto un interesse legittimo a presentare osservazioni nell’ambito di un procedimento di applicazione del regolamento
n. 17 è legittimata a proporre un ricorso (v. sentenza Metro/Commissione, cit., punti 6, 7 e 11-13).
Sul merito
1. Riguardo alla trattazione della denunciaArgomenti delle parti
39
Il sig. Piau sostiene, in primo luogo, che la Commissione ha disatteso gli obblighi ad essa incombenti in sede di trattazione
di una denuncia depositata a titolo dell’art. 3 del regolamento n. 17. Non avendole la FIFA notificato il regolamento iniziale,
la Commissione si sarebbe, infatti, astenuta dal prendere posizione sull’infrazione contestata e avrebbe presunto la possibilità
di un’eccezione al detto regolamento. Il suo comportamento sarebbe contrario alla buona fede che deve regnare nei rapporti
tra i cittadini e la Comunità, nonché al principio di certezza del diritto.
40
In secondo luogo, il ricorrente fa valere che la Commissione non ha né istruito né motivato la decisione impugnata con riferimento
all’art. 82 CE, laddove la sua denuncia avrebbe riguardato anche tale articolo, come risulterebbe in particolare dalle lettere
31 gennaio e 30 marzo 2001 scambiate con la Commissione. L’art. 82 CE, che non veniva menzionato nella comunicazione degli
addebiti, sarebbe rimasto fuori dell’indagine. Non esaminando tale profilo della sua denuncia, la Commissione avrebbe allora
tradito il legittimo affidamento del sig. Piau.
41
La Commissione sostiene, innanzi tutto, che una misura non notificata non diviene per questo illegittima ai sensi del diritto
comunitario.
42
La convenuta fa poi valere che non era tenuta ad istruire né a motivare la sua decisione riguardo all’art. 82 CE, non menzionato
nella denuncia bensì invocato tardivamente (il 28 settembre 2001) dal ricorrente, quando nulla lasciava supporre un’infrazione
a tale disposizione.
43
Secondo la FIFA, la decisione impugnata non doveva essere motivata riguardo all’art. 82 CE, non menzionato nella denuncia
ed invocato tardivamente dal ricorrente. In ogni caso, la Commissione, che poteva rigettare la denuncia già per mancanza di
interesse comunitario, avrebbe motivato sufficientemente la decisione impugnata sotto il profilo di tale articolo.
Giudizio del Tribunale
44
Per quanto attiene, in primo luogo, alla trattazione della denuncia nell’ambito del regolamento n. 17, occorre ricordare che
la Commissione dispone in merito di un ampio potere discrezionale (v., in tal senso, sentenza della Corte 4 marzo 1999, causa
C-119/97 P, Ufex e a./Commissione, Racc. pag. I-1341, punti 88 e 89).
45
Nella fattispecie, il sig. Piau ha depositato, il 23 marzo 1998, una denuncia avente ad oggetto il regolamento FIFA che disciplina
l’attività degli agenti di giocatori redatta in maniera sommaria e con riferimento agli «artticoli [49] e seguenti [CE] relativi
alla libera prestazione dei servizi», senza alludere al regolamento n. 17. La Commissione, che aveva ricevuto un’altra denuncia
riguardante il medesimo regolamento (v. supra, punto 9), ha ritenuto che i fatti riferiti ponessero questioni di diritto della
concorrenza e ha considerato la denuncia del sig. Piau depositata in conformità all’art. 3 del regolamento n. 17.
46
La Commissione ha poi condotto il procedimento amministrativo d’infrazione previsto in materia di concorrenza svolgendo un’indagine,
indirizzando, il 19 ottobre 1999, una comunicazione degli addebiti alla FIFA e procedendo, il 24 febbraio 2000, all’audizione
delle parti interessate. È pacifico che tale procedimento ha infine portato la FIFA ad adottare, il 10 dicembre 2000, emendamenti
al regolamento di disciplina dell’attività di agente di giocatori. La Commissione, soddisfatta da tali modifiche, ha allora
concluso che non vi era più luogo a proseguire il procedimento, come comunicato al sig. Piau prima con lettera 3 agosto 2001,
in conformità dell’art. 6 del regolamento n. 2842/98, e poi rigettando la sua denuncia il 15 aprile 2002.
47
Sembra che la Commissione si sia dunque adeguatamente avvalsa, dal punto di vista procedurale, dei poteri conferitile dal
regolamento n. 17, allora applicabile, per istruire una denuncia in materia di concorrenza, ove si consideri il potere discrezionale
di cui dispone in tale ambito. Di conseguenza, essa non ha disatteso i propri obblighi al riguardo. La circostanza che il
regolamento iniziale non le fosse stato notificato non pregiudica la regolarità del procedimento: l’unica conseguenza è che
la Commissione non poteva più prendere una decisione in merito, in particolare, ad un’eventuale deroga ex art. 81, n. 3, CE
al detto regolamento, dato che la FIFA non gliene aveva fatto domanda. Infine, il ricorrente non ha apportato elementi atti
a dimostrare che la Commissione, nella trattazione della sua denuncia, non avrebbe agito in buona fede o avrebbe disatteso
il principio di certezza del diritto.
48
Per quanto attiene, in secondo luogo, all’istruzione della denuncia e alla motivazione della decisione impugnata riguardo
all’art. 82 CE, dal fascicolo risulta che la denuncia depositata il 23 marzo 1998 non faceva menzione di tale articolo. Il
sig. Piau, tuttavia, nella sua lettera 28 settembre 2001, in cui rispondendo alla comunicazione della Commissione a titolo
dell’art. 6 del regolamento n. 2842/98, comunicare di mantenere la denuncia (v. supra, punto 21), invocava la detta disposizione.
Egli scriveva che, a suo parere, la causa non era stata istruita in rapporto all’art. 82 CE, nonostante la FIFA versasse in
una situazione di abuso di posizione dominante e la Commissione, con lettera 30 marzo 2001, avesse precisato che la sua denuncia
verteva essenzialmente sugli artt. 81 CE e 82 CE.
49
Il ricorrente non può utilmente invocare la tutela del legittimo affidamento con riferimento a indicazioni contenute nelle
richieste d’informazione rivolte dalla Commissione alla FIFA, l’11 novembre 1998 e il 19 luglio 1999, le quali contemplavano
la possibilità di infrazioni agli artt. 81 CE e 82 CE. Indicazioni del genere non possono essere considerate assicurazioni
precise, tali da suscitare in lui aspettative fondate (v., ad esempio, sentenza del Tribunale 8 novembre 2000, cause riunite
T-485/93, T-491/93, T-494/93 e T-61/98, Dreyfus e a./Commissione, Racc. pag. II-3659, punto 85). Inoltre, in un secondo momento,
nella comunicazione degli addebiti del 19 ottobre 1999, la Commissione non ha individuato infrazioni all’art. 82 CE, ma solamente
all’art. 81 CE.
50
La Commissione, a sua volta, non può asserire che la menzione tardiva da parte del ricorrente dell’art. 82 CE nel corso del
procedimento amministrativo la dispensava dall’istruire e dal motivare la decisione impugnata sotto tale profilo. Infatti,
finché il procedimento amministrativo era aperto e non veniva presa una decisione in merito alla denuncia del sig. Piau, essa
poteva sempre effettuare nuove indagini se venivano mosse nuove censure, di cui le spettava valutare la pertinenza.
51
Al contrario, laddove in seguito alla disamina degli elementi di fatto e di diritto riguardanti l’applicazione dell’art. 82 CE
la Commissione dichiarava ingiustificata o superflua un’istruzione della denuncia sul punto, essa non era tenuta a proseguire
(v. sentenza del Tribunale 24 gennaio 1995, causa T-74/92, Ladbroke/Commissione, Racc. pag. II-115, punto 60).
52
A proposito della motivazione riguardo all’art. 82 CE, la decisione impugnata definisce «vaghe» le osservazioni del sig. Piau
in merito a tale disposizione «nella parte relativa al mercato sul quale la FIFA avrebbe una posizione dominante e all’abuso
denunciato». Aggiunge che la FIFA non è attiva sul mercato della consulenza [ai giocatori], sul quale operano gli agenti,
e conclude che «l’art. 82 CE non trova applicazione nella fattispecie come asserisce il denunciante». Indicazioni di questo
tenore sono sufficienti a ritenere onorato, nelle circostanze di specie, l’obbligo di motivazione che incombeva alla Commissione
(v. sentenza Ladbroke/Commissione, cit., punto 60).
53
Alla luce di ciò, il sig. Piau non può utilmente sostenere che la Commissione ha disatteso gli obblighi che le incombevano
in sede di trattazione della denuncia sportale. I motivi da lui dedotti in tal senso vanno, di conseguenza, respinti.
2. Riguardo all’interesse comunitarioArgomenti delle parti
54
Il sig. Piau fa valere che la sua denuncia presentava un interesse comunitario: il mercato sarebbe «di carattere transfrontaliero»,
le disposizioni più restrittive del regolamento iniziale non sarebbero state abrogate e il regolamento modificato non sarebbe
passibile di una deroga ex art. 81, n. 3, CE. Gli effetti anticoncorrenziali permarrebbero, perché gli agenti autorizzati
a norma del regolamento iniziale conserverebbero le quote di mercato ormai acquisite. Troverebbe inoltre applicazione l’art. 82
CE. Infine, il sig. Piau non potrebbe ottenere una tutela adeguata dinanzi ai giudici nazionali.
55
Il ricorrente sostiene, in primo luogo, che la Commissione è incorsa in un errore di valutazione del regolamento FIFA per
l’attività degli agenti di giocatori. L’obbligo, corredato di sanzioni, di rispettare i regolamenti FIFA costituirebbe un
ostacolo alla «libera concorrenza nella prestazione di servizi» nonché alla libertà di stabilimento e impedirebbe l’accesso
al mercato agli agenti non autorizzati. La disposizione del regolamento modificato relativa alla remunerazione dell’agente
di giocatori si risolverebbe nella fissazione di un prezzo imposto che restringerebbe la concorrenza. L’imposizione di un
modello di contratto standard violerebbe la libertà contrattuale e l’obbligo a carico della federazione nazionale di inviarne
copia alla FIFA non garantirebbe la tutela dei dati personali. Il codice di condotta professionale allegato al detto regolamento
permetterebbe arbitrî. Il regolamento modificato non sarebbe compatibile con la legislazione francese sulla professione di
agente, ma la federazione francese di calcio lo avrebbe nondimeno preferito ed avrebbe attribuito licenze in difformità delle
disposizioni nazionali. Il regolamento modificato vieterebbe altresì il ricorso ai tribunali di diritto comune.
56
In secondo luogo, il sig. Piau fa valere che il regolamento modificato non è passibile di una deroga sul fondamento dell’art. 81,
n. 3, CE, giacché non sarebbe soddisfatta nessuna delle condizioni ivi prescritte. Le restrizioni non sarebbero né indispensabili,
né adatte, né proporzionate. Al contrario, il detto regolamento sopprimerebbe ogni concorrenza, visto che solo la FIFA è autorizzata
ad accordare licenze. Dietro l’obiettivo dichiarato di tutelare i giocatori e di moralizzare la professione di agente di giocatori,
l’intenzione reale della FIFA sarebbe di controllare completamente la professione di agente di giocatori in spregio della
libertà d’impresa e del divieto di discriminazione. Il sig. Piau fa altresì valere che le «peculiarità del mondo dello sport»,
che permetterebbero di derogare al diritto comunitario della concorrenza, non potrebbero essere invocate nella fattispecie,
perché l’attività in causa non avrebbe attinenza diretta con lo sport.
57
In terzo luogo, secondo il ricorrente, la FIFA si trova in posizione dominante sul «mercato del calcio» ed abusa di tale sua
posizione sul mercato connesso dei servizi resi dagli agenti di giocatori. Essa sarebbe un’associazione di imprese e il regolamento
modificato costituirebbe una decisione di associazione di imprese. Rappresentando gli interessi di tutti gli acquirenti, la
FIFA agirebbe da monopsonista, ossia da acquirente unico che impone le sue condizioni alle controparti. Gli abusi di posizione
dominante risulterebbero dalle disposizioni obbligatorie del regolamento. Gli agenti di giocatori muniti di licenza deterrebbero
anch’essi, tutti insieme, una posizione dominante collettiva della quale abuserebbero mercé la regolamentazione FIFA. Il mercato
delle prestazioni di servizi degli agenti di giocatori sarebbe riservato ai membri dell’associazione di imprese e agli agenti
sprovvisti di licenza ne sarebbe negato l’accesso.
58
In quarto luogo, il sig. Piau sostiene che il regolamento modificato, subordinando l’accesso alla professione di agente di
giocatori al possesso di una licenza, ostacola la libera prestazione dei servizi nonché la libertà d’impresa. La FIFA non
sarebbe legittimata a regolamentare un’attività economica, sicché la Commissione le avrebbe implicitamente delegato un potere
di regolamentazione di un’attività di prestazione di servizi che compete in realtà agli Stati membri.
59
La Commissione asserisce, in via principale, che non sussisteva un interesse comunitario a proseguire il procedimento, che
per questo la denuncia è stata giustamente rigettata e che di conseguenza il ricorso del sig. Piau è infondato. Il «carattere
transfrontaliero» del mercato non implicherebbe necessariamente un interesse comunitario. Nel regolamento modificato le disposizioni
più restrittive sarebbero state soppresse. Gli effetti eventualmente persistenti del regolamento iniziale si rivelerebbero
misure transitorie a tutela dei diritti acquisiti dagli agenti autorizzati all’epoca del vecchio regolamento. La circostanza
che una denuncia metta in causa asseriti abusi di posizione dominante non lascerebbe di per sé concludere che sussiste un
interesse comunitario. Contrariamente a quanto egli afferma, nulla impedirebbe al ricorrente di adire i tribunali di diritto
comune.
60
In subordine, la Commissione fa valere, in primo luogo, che l’argomentazione del ricorrente, fondata su disposizioni estranee
al diritto della concorrenza, è irricevibile o infondata, poiché né il regolamento n. 17 né altre norme di diritto legittimerebbero
ad agire contro un’associazione di imprese su basi diverse dal rispetto delle norme comunitarie in materia di concorrenza.
La Commissione fa, inoltre, valere che il diritto comunitario ammette il riconoscimento dei diritti acquisiti e che le censure
del ricorrente vertenti sulla tutela dei dati personali sono infondate. Dal momento che l’organizzazione della professione
di agente di giocatori non è stata armonizzata a livello comunitario, il regolamento FIFA, che ne stabilisce condizioni di
accesso uniformi a livello mondiale, non sarebbe in grado di restringere la libera circolazione degli agenti di giocatori.
61
In secondo luogo, la Commissione afferma di non aver compiuto un errore di valutazione della regolamentazione in causa, la
quale effettivamente mirerebbe a tutelare i giocatori e a garantire la professionalità degli agenti. Il sistema delle licenze
imporrebbe, in mancanza di un’organizzazione interna alla professione, restrizioni qualitative giustificate, indispensabili
e proporzionate. Le disposizioni più restrittive, concernenti segnatamente le condizioni d’accesso alla professione e le modalità
d’esame, sarebbero state, inoltre, soppresse. Il regolamento modificato sarebbe congruo agli obiettivi perseguiti e terrebbe
conto delle peculiarità del mondo dello sport. La disposizione riguardante la remunerazione dell’agente avrebbe mero carattere
sussidiario, lasciando alle parti ampia libertà. Il modello di contratto standard non ostacolerebbe la libertà delle parti
e la limitazione della sua durata a due anni sarebbe positiva per la concorrenza. L’asserito divieto di ricorso ai giudici
di diritto comune non risponderebbe al vero. Le regole deontologiche, che troverebbero una possibile giustificazione nell’interesse
generale, sarebbero proporzionate e compatibili con il diritto comunitario della concorrenza. Infine, il carattere obbligatorio
del regolamento e le relative sanzioni sarebbero coerenti con una regolamentazione.
62
In terzo luogo, la Commissione sostiene che il regolamento modificato soddisfa le condizioni poste dall’art. 81, n. 3, CE
per beneficiare di una deroga. Le restrizioni che esso comporta, dovute a preoccupazioni di moralizzazione e di professionalità,
sarebbero congrue. La concorrenza non sarebbe eliminata. La stessa esistenza di un regolamento favorirebbe un miglior funzionamento
del mercato e costituirebbe, quindi, un progresso economico.
63
In quarto luogo, sempre secondo la Commissione, l’art. 82 CE, che concerne unicamente le attività economiche, non troverebbe
applicazione nella fattispecie, che verte su un’attività di pura regolamentazione. La FIFA non potrebbe essere definita né
una «potenza economica» né un monopsonista, né sarebbe dimostrato un qualsivoglia abuso su mercati connessi a quello «del
football». La FIFA non rappresenterebbe gli interessi economici delle società e dei giocatori. Gli agenti di giocatori autorizzati
eserciterebbero, a loro volta, una professione poco concentrata e non strutturata, sicché non abuserebbero di una posizione
dominante collettiva. Al contrario, la Commissione afferma che la FIFA è un’associazione di imprese e che il regolamento controverso
è una decisione di associazione di imprese.
64
La FIFA fa valere per prima cosa che la Commissione ha a buon diritto rigettato la denuncia del sig. Piau per mancanza di
interesse comunitario. Le disposizioni restrittive mantenute in vigore nel regolamento modificato sarebbero di tipo qualitativo.
Esse non comporterebbero restrizioni vietate ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE e sarebbero giustificate dall’art. 81, n. 3,
CE. Gli effetti anticoncorrenziali asseritamente rimasti non sarebbero il risultato della regolamentazione in causa, bensì
dell’attività degli agenti. Il «carattere transfrontaliero» del mercato non inciderebbe sul possibile interesse comunitario
di una controversia.
65
In secondo luogo, la FIFA sostiene che il regolamento modificato non può essere definito una decisione di associazione di
imprese, giacché le società di professionisti, che possono essere considerate imprese, costituiscono solo una minoranza dei
membri delle federazioni nazionali, a loro volta membri dell’organizzazione internazionale. I regolamenti adottati dalla FIFA
non sarebbero, dunque, l’espressione della volontà di tali società. Il regolamento modificato non conterrebbe restrizioni
efficaci per la concorrenza. Le modalità d’ottenimento della licenza sarebbero ormai soddisfacenti. L’assicurazione professionale,
di importo determinato secondo un criterio oggettivo, permetterebbe una risoluzione congrua delle controversie. Le disposizioni
relative alla remunerazione dell’agente non sarebbero assimilabili ad un dispositivo di fissazione dei prezzi. Il modello
di contratto standard prevederebbe stipulazioni classiche e non pregiudicherebbe la tutela della vita privata. Le regole deontologiche,
il dispositivo sanzionatorio e il sistema di risoluzione delle controversie non sarebbero contrari all’art. 81 CE.
66
In terzo luogo, sempre secondo la FIFA, il regolamento modificato avrebbe potuto costituire oggetto di una deroga in conformità
all’art. 81, n. 3, CE. Tale regolamento sarebbe necessario in mancanza di un’organizzazione della professione e di leggi nazionali
e in considerazione della dimensione mondiale del calcio. Esso favorirebbe la professionalità e la moralizzazione dell’attività
degli agenti di giocatori, il cui numero crescente dimostrerebbe che la disciplina controversa non è restrittiva.
67
In quarto luogo, la FIFA afferma che l’art. 82 CE non trova applicazione e che essa non ha commesso abusi di posizione dominante.
Ricorda di non essere un’associazione di imprese e fa valere di non svolgere, nell’esercizio del suo potere regolamentare
qui controverso, attività economiche. Il ricorrente non ha mai parlato di «mercato del calcio» nel corso del procedimento
amministrativo e la circostanza che essa eserciti un potere regolamentare sui soggetti economici di un dato mercato non significa
che essa sia attiva su tale mercato né, a fortiori, che vi detenga una posizione dominante. Il mercato della consulenza di
cui trattasi non sarebbe peraltro connesso a nessun altro mercato su cui la FIFA opererebbe. La FIFA non potrebbe neppure
essere definita monopsonista, giacché non rappresenterebbe né le società né i giocatori nei loro rapporti con gli agenti.
Neppure gli agenti autorizzati rivestirebbero una posizione dominante collettiva di cui abuserebbero mercé la regolamentazione
FIFA.
Giudizio del Tribunale Riguardo alla natura del regolamento FIFA che disciplina l’attività degli agenti di giocatori
68
La Commissione, pur non avendo qualificato rispetto al diritto comunitario né la natura del regolamento che disciplina l’attività
degli agenti di giocatori, né la FIFA in quanto autrice del medesimo, ha, nella decisione impugnata, esaminato la denuncia
del sig. Piau sotto il profilo delle norme comunitarie in materia di concorrenza, in particolare dell’art. 81 CE. Orbene,
tale disposizione e i poteri conferiti alla Commissione per assicurarne l’osservanza riguardano decisioni, accordi o pratiche
di imprese o di associazioni di imprese, fermo restando che il diritto comunitario trova applicazione solo nella misura in
cui agli atti ovvero ai comportamenti controversi e ai loro autori si applichi tale disposizione. Nel presente giudizio la
Commissione ha indicato che, a suo parere, la FIFA costituiva un’associazione di imprese e il regolamento controverso una
decisione di associazione di imprese, confermando così l’analisi che aveva svolto nella comunicazione degli addebiti, condivisa
dal sig. Piau ma contestata dalla FIFA.
69
Quanto, in primo luogo, alla nozione di associazione di imprese, e senza necessità di pronunciarsi sulla ricevibilità dell’argomentazione
di un’interveniente che avversi la parte sostenuta, è pacifico che la FIFA ha come membri associazioni nazionali costituite
da società che esercitano economicamente il gioco del calcio. Ne consegue che tali società sono imprese nel senso dell’art. 81 CE
e che le federazioni nazionali che le raggruppano sono associazioni di imprese nel senso della medesima disposizione.
70
Il fatto che le federazioni nazionali raggruppino, oltre a società di professionisti, anche società di dilettanti non infirma
tale conclusione. Al riguardo, occorre rilevare che la circostanza che un’associazione o una federazione sportiva qualifichi
unilateralmente come «dilettanti» atleti o società non è di per sé tale da escludere che questi ultimi esercitino attività
economiche ai sensi dell’art. 2 CE (v., in tal senso, sentenza della Corte 11 aprile 2000, cause riunite C‑51/96 e C‑191/97,
Deliège, Racc. pag. I-2549, punto 46).
71
Inoltre, le federazioni nazionali, che ai termini dello statuto della FIFA sono tenute a partecipare alle competizioni da
questa organizzate, devono corrisponderle una percentuale degli incassi lordi di ciascun incontro internazionale e sono riconosciute,
sempre dal detto statuto, comproprietarie insieme alla FIFA dei diritti esclusivi di diffusione e di trasmissione delle manifestazioni
sportive di cui trattasi, esercitano anche a questo titolo un’attività economica (v., in tal senso, sentenza del Tribunale
9 novembre 1994, causa T‑46/92, Scottish Football/Commissione, Racc. pag. II‑1039). Anch’esse costituiscono, dunque, imprese
nel senso dell’art. 81 CE.
72
Siccome le federazioni nazionali sono associazioni di imprese nonché, date le attività economiche che esse esercitano, imprese,
la FIFA, in quanto associazione che raggruppa le federazioni nazionali, è a propria volta un’associazione di imprese nel senso
dell’art. 81 CE. Infatti tale disposizione si applica alle associazioni solo nell’ipotesi in cui la loro attività o quella
delle imprese associate produca gli effetti che essa vieta (v. sentenza della Corte 15 maggio 1975, causa 71/74, Frubo/Commissione,
Racc. pag. 563, punto 30). L’ambito giuridico entro il quale sono adottate decisioni di imprese come pure la definizione giuridica
di tale ambito data dai vari ordinamenti giuridici nazionali sono irrilevanti ai fini dell’applicazione delle norme comunitarie
sulla concorrenza (v. sentenza della Corte 30 gennaio 1985, causa 123/83, BNIC, Racc. pag. 391, punto 17).
73
Quanto, in secondo luogo, alla nozione di decisione di associazione di imprese, dal fascicolo risulta che l’attività degli
agenti di giocatori consiste, ai termini dello stesso regolamento modificato, nel presentare «dietro compenso e sulla base
di regole fisse (…) un calciatore ad una Società in vista di un impiego oppure (…) due società l’una all’altra in vista di
concludere un contratto di trasferimento». Trattasi, quindi, di un’attività economica di prestazione di servizi e non di un’attività
peculiare al mondo dello sport nel senso definito dalla giurisprudenza (v. sentenze della Corte 14 luglio 1976, causa 13/76,
Donà, Racc. pag. 1333, punti 14 e 15; 15 dicembre 1995, causa C-415/93, Bosman, Racc. pag. I-4921, punto 127; Deliège, cit.,
punti 64 e 69, e 13 aprile 2000, causa C-176/96, Lehtonen e Castors Braine, Racc. pag. I-2681, punti 53-60).
74
Da un lato, il regolamento per l’attività degli agenti di giocatori è stato adottato dalla FIFA motu proprio e non in virtù
di poteri normativi che le sarebbero stati delegati dalle autorità pubbliche per esercitare un compito riconosciuto di interesse
generale riguardante l’attività sportiva (v., per analogia, sentenza della Corte 19 febbraio 2002, causa C-309/99, Wouters
e a., Racc. pag. I-1577, punti 68 e 69). Tale regolamento non si giustifica neppure con la libertà di organizzazione interna
delle associazioni sportive (v. sentenze Bosman, cit., punto 81, e Deliège, cit., punto 47).
75
D’altro lato, vincolante per le federazioni nazionali membri della FIFA, che sono tenute a stabilire una regolamentazione
analoga soggetta ad approvazione della FIFA, nonché per le società, per i giocatori e per gli agenti di giocatori, il detto
regolamento esprime la volontà della FIFA di coordinare il comportamento dei suoi membri verso l’attività degli agenti di
giocatori. Esso costituisce, di conseguenza, una decisione di associazione di imprese nel senso dell’art. 81, n. 1, CE (v.
sentenze della Corte 27 gennaio 1987, causa 45/85, Verband der Sachversicherer/Commissione, Racc. pag. 405, punti 29-32, e
Wouters e a., cit., punto 71), la quale deve rispettare le norme comunitarie in materia di concorrenza poiché essa produce
effetti nella Comunità.
76
Per quanto concerne la legittimazione, contestata dal ricorrente, della FIFA ad adottare una tale regolamentazione, che non
ha un oggetto sportivo bensì disciplina un’attività economica periferica all’attività sportiva in questione e tocca libertà
fondamentali, c’è effettivamente da interrogarsi sulla compatibilità del potere normativo che si autoattribuisce un’organizzazione
privata come la FIFA, il cui scopo statutario preminente è la promozione del calcio (v. supra, punto 2), con i principi comuni
agli Stati membri sui quali si fonda l’Unione europea.
77
Invero, il principio medesimo della regolamentazione di un’attività economica non concernente né le peculiarità del mondo
dello sport, né la libertà di organizzazione interna delle associazioni sportive, da parte di un organismo di diritto che
non ha ricevuto nessuna delega in tal senso dall’autorità pubblica, come appunto è la FIFA, non può essere prima facie ritenuto
compatibile con il diritto comunitario, visto che è questione segnatamente di rispettare libertà civili ed economiche.
78
Una regolamentazione siffatta, che disciplina un’attività economica toccando libertà fondamentali, compete in linea di principio
alle autorità pubbliche. Nondimeno, nell’ambito del presente giudizio, la competenza normativa esercitata, nella quasi totale
assenza di regolamentazioni nazionali, dalla FIFA può essere verificata solo nei limiti in cui collide con le regole di concorrenza,
rispetto alle quali si deve valutare la legittimità della decisione impugnata, senza che possano essere sindacate in questa
sede le considerazioni sul fondamento giuridico della FIFA ad esercitare un’attività regolamentare, per quanto importanti.
79
Il presente giudizio verte, infatti, sulla legittimità di una decisione adottata dalla Commissione al termine di un procedimento
aperto per una denuncia depositata in conformità del regolamento n. 17, per la cui trattazione la Commissione non poteva mettere
in atto altri poteri che quelli di cui dispone in tale ambito. Il sindacato giurisdizionale è necessariamente circoscritto
alle norme in materia di concorrenza e alla valutazione effettuata dalla Commissione sulle violazioni che il regolamento della
FIFA vi avrebbe arrecato. Tale sindacato non può perciò estendersi ad altre disposizioni del Trattato se non quando la loro
eventuale violazione riveli contestualmente una violazione del diritto della concorrenza, e non può neppure spingersi a verificare
eventuali violazioni di principi fondamentali se non qualora queste integrino un’infrazione al diritto della concorrenza.
Riguardo alla valutazione dell’interesse comunitario della denuncia
80
La decisione impugnata rigetta la denuncia del sig. Piau per mancanza di interesse comunitario a proseguire il procedimento.
Occorre ricordare che, da un lato, la valutazione dell’interesse comunitario rappresentato da una denuncia varia in rapporto
alle circostanze di fatto e di diritto di ciascun caso di specie, che possono differire notevolmente da un caso all’altro,
e non da criteri predeterminati di applicazione obbligatoria (v., in tal senso, sentenza Ufex e a./Commissione, cit., punti
79 e 80). Dall’altro, la Commissione, investita dall’art. 85, n. 1, CE del compito di vigilare sull’applicazione degli artt. 81 CE
e 82 CE, è responsabile e dell’orientamento e dell’attuazione della politica comunitaria della concorrenza e dispone a tal
fine di un potere discrezionale nel trattare le denuncie. Tale potere non è però senza limiti e la Commissione ha l’obbligo
di valutare in ciascun caso la gravità, la durata delle violazioni della concorrenza e la persistenza dei loro effetti (v.,
in tal senso, sentenza Ufex e a./Commissione, cit., punti 88, 89, 93 e 95).
81
Il controllo, poi, del giudice comunitario sull’esercizio da parte della Commissione del potere discrezionale riconosciutole
in materia non deve condurre a sostituire la propria valutazione dell’interesse comunitario a quella della Commissione, bensì
a verificare se la decisione controversa non si basi su fatti materialmente inesatti e non sia viziata da errori di diritto,
da manifesti errori di valutazione o da sviamento di potere (v. sentenza del Tribunale 14 febbraio 2001, causa T-115/99, SEP/Commissione,
Racc. pag. II-691, punto 34).
82
Nella fattispecie, un triplice ordine di considerazioni fonda il giudizio della Commissione di assenza di interesse comunitario:
l’abrogazione delle disposizioni più restrittive contenute nel regolamento iniziale, la possibilità di una deroga ex art. 81,
n. 3, CE alle disposizioni del regolamento modificato e l’inapplicabilità dell’art. 82 CE.
–
Sull’abrogazione delle disposizioni più restrittive contenute nel regolamento iniziale
83
La decisione impugnata espone innanzi tutto che le disposizioni più restrittive contenute nel regolamento del 20 maggio 1994
sono state abrogate nel successivo regolamento del 20 dicembre 2000. Essa esamina le disposizioni del regolamento FIFA in
cinque rubriche, relative, rispettivamente, all’esame, all’assicurazione, al codice di condotta professionale, alla determinazione
della remunerazione dell’agente di giocatori e al modello di contratto standard.
84
Prima rubrica: sull’esame. La Commissione constata nella decisione impugnata che i candidati sono ormai soggetti a un esame
scritto consistente in un questionario a risposta multipla le cui modalità e date, precisate nell’allegato al regolamento
modificato, sono uniformi a livello mondiale. Osserva che è ormai previsto un sistema d’appello di due gradi e che il requisito
della residenza da almeno due anni per i cittadini dell’Unione europea è stato abrogato con emendamento al detto regolamento
del 3 aprile 2002. La decisione impugnata indica che il requisito della «reputazione impeccabile» per ottenere la licenza,
da interpretarsi conformemente alle leggi nazionali, si estenderebbe, in Francia, dove risiede il sig. Piau, all’assenza di
condanne penali. Secondo la Commissione, le accuse di arbitrarietà formulate dal ricorrente non paiono, in definitiva, fondate.
85
Seconda rubrica. La Commissione rileva nella decisione impugnata che l’assicurazione professionale, richiesta a tutti e calcolata
in conformità del criterio oggettivo del fatturato dell’agente di giocatori, ha sostituito il deposito obbligatorio di una
cauzione e può essere stipulata in tutti i paesi dell’Unione presso varie compagnie di assicurazione. Sul punto la FIFA ha
prodotto, in risposta ai quesiti del Tribunale menzionati al precedente punto 26, esempi di contratti di assicurazione professionale
proposti agli agenti di giocatori da 12 compagnie di assicurazione dell’Unione europea o del SEE. La decisione impugnata indica
anche che la garanzia richiesta, che deve coprire tutti i possibili rischi dell’attività di mediazione, non pare sproporzionata
in rapporto ai rischi coperti, per esempio, dalle corrispondenti assicurazioni dei liberi professionisti.
86
Terza rubrica: sul codice di condotta professionale. La Commissione ritiene nella decisione impugnata che i principi elementari
di buona condotta professionale esposti nel codice allegato al regolamento modificato, e relativi in particolare a regole
di coscienza professionale, di onestà, di lealtà, di oggettività, di trasparenza, di sincerità, di giustizia e di equità,
non gravino oltremisura gli agenti di giocatori.
87
Quarta rubrica: sulla fissazione della remunerazione dell’agente di giocatori. La Commissione, nella decisione impugnata,
ha proceduto all’esame dell’art. 12 del regolamento, ai cui sensi la remunerazione dell’agente è calcolata in funzione del
reddito base lordo del giocatore e fissata nella misura del suo 5% salvo diverso accordo delle parti. Tale disposizione rinvierebbe
ad un criterio oggettivo e trasparente (il reddito base del giocatore) e non costituirebbe che un meccanismo sussidiario di
risoluzione di conflitti.
88
Quinta rubrica. Ai termini della decisione impugnata, quello della violazione della privacy in conseguenza dell’invio per
la registrazione di una copia del contratto stipulato tra giocatore e agente alla federazione nazionale interessata, censurato
dal sig. Piau, non è un problema di diritto comunitario della concorrenza.
89
Dalla decisione impugnata non emerge, dunque, che i principi derivanti dalla giurisprudenza già ricordata ai punti 80 e 81
circa la portata dei suoi obblighi sono stati trascurati dalla Commissione, la quale ha [anzi] esaminato con attenzione gli
elementi avanzati dal ricorrente.
90
La Commissione non ha dato delle disposizioni del regolamento modificato, esaminate ai precedenti punti 84-88, una valutazione
manifestamente errata allorché ha ritenuto che l’esame presentasse sufficienti garanzie d’oggettività e di trasparenza e che
l’obbligo di assicurarsi contro i rischi professionali non fosse sproporzionato, e ha implicitamente escluso, per quanto riguarda
le disposizioni del regolamento relative alla remunerazione dell’agente di giocatori, di poter parlare di regime di prezzi
imposti nel senso del diritto della concorrenza (v. sentenza del Tribunale 22 ottobre 1997, cause riunite T-213/95 e T-18/96,
SCK e FNK/Commissione, Racc. pag. II-1739, punti 158, 159 e 161-164).
91
Gli argomenti sviluppati dal sig. Piau nell’ambito del presente giudizio in merito al contenuto del regolamento modificato,
riguardanti l’obbligo imposto da quest’ultimo di osservare le regole stabilite dalla FIFA, il contenuto del contratto standard,
il sistema sanzionatorio e i mezzi di ricorso, non infirmano questa conclusione.
92
In primo luogo, l’obbligo fatto agli agenti di giocatori di rispettare la normativa FIFA in materia, segnatamente, di trasferimenti
di giocatori non sembra di per sé contrario alle regole di concorrenza, fermo restando che la normativa FIFA sui trasferimenti
dei giocatori, che non costituiva oggetto delle denuncia del sig. Piau, è estranea al presente giudizio e non può essere qui
esaminata. Interrogato sul punto all’udienza, il ricorrente non ha, neppure nei suoi scritti, precisato in cosa l’obbligo
di osservare la normativa FIFA pregiudicasse la concorrenza.
93
In secondo luogo, le disposizioni relative al contenuto del contratto tra l’agente e il giocatore, secondo le quali il contratto,
scritto, deve precisare i criteri e le modalità di remunerazione dell’agente e non può durare più di due anni, potendo però
essere rinnovato, non pregiudicano la concorrenza. La limitazione della durata dei contratti a due anni, che non osta al rinnovo
dell’impegno, sembra tale da favorire la fluidità del mercato e, di conseguenza, la concorrenza. Questo inquadramento relativamente
limitato dei rapporti contrattuali sembra invece contribuire ad assicurare le relazioni finanziarie e giuridiche delle parti,
senza tuttavia minacciare la concorrenza.
94
In terzo luogo, il regime di sanzioni, riassunto al precedente punto 16, per quanto possa incidere sulle regole di concorrenza,
non sembra criticabile. Dal regolamento modificato risulta che le sanzioni applicabili agli agenti, ai giocatori e alle società
sono: la cauzione, la censura, l’avvertimento, la sospensione o il ritiro della licenza per gli agenti, la sospensione fino
a dodici mesi per i giocatori e la sospensione o il divieto [di trasferimenti] di almeno tre mesi per le società, sanzioni
che non si possono considerare palesemente eccessive trattandosi di professionisti. Per giunta, gli importi delle ammende
previste per i giocatori e per le società sono stati ridotti rispetto a quelli indicati nel regolamento iniziale. Né il sig.
Piau ha fornito elementi attestanti che tale dispositivo è stato applicato in maniera arbitraria e discriminatoria, pregiudicando
già così la concorrenza.
95
In quarto luogo, quanto ai mezzi di ricorso ai tribunali di diritto comune, e supponendo che le disposizioni del regolamento
modificato possano incidere sotto tale profilo sulle regole di concorrenza, risulta dalle risposte apportate dalla FIFA e
dalla Commissione ai quesiti del Tribunale (menzionati supra, al punto 26) che, indipendentemente dal sistema di ricorso contro
le decisioni delle federazioni nazionali o della Commissione dello Status del calciatore, competente per gli agenti di giocatori,
presso il Tribunale Arbitrale dello Sport, gli interessati possono sempre adire i tribunali di diritto comune, segnatamente
per far valere i diritti loro derivanti dall’ordinamento nazionale o da quello comunitario; inoltre le decisioni del Tribunale
Arbitrale dello Sport sono suscettibili di ricorso per annullamento dinanzi al Tribunale federale svizzero. Orbene, il ricorrente,
che ha dato atto all’udienza di difficoltà e di lungaggini che inficiano i procedimenti giurisdizionali nazionali, non ha
tuttavia dimostrato di essere stato privato d’ogni mezzo di ricorso ai tribunali di diritto comune, né a fortiori che il gioco
della concorrenza ne aveva risentito.
96
Dall’esame sopra svolto discende che i motivi e gli argomenti del sig. Piau fondati sul diritto della concorrenza non rimettono
in causa la conclusione secondo cui la Commissione ha ben potuto considerare abrogate le disposizioni più restrittive della
regolamentazione controversa. L’argomentazione del ricorrente al riguardo deve essere, di conseguenza, respinta.
97
Occorre altresì respingere i motivi e gli argomenti del ricorrente non pertinenti al diritto della concorrenza, perché non
evidenziano violazioni in tal senso. Il sig. Piau non ha dimostrato che i suoi motivi e argomenti, vertenti sulla violazione
della libertà contrattuale, sull’incompatibilità del regolamento FIFA con la legislazione francese e sulla divulgazione di
dati personali, integrerebbero una violazione del diritto di concorrenza. Non essendo peraltro corroborati da nessun elemento,
essi devono essere perciò respinti come inconferenti in una controversia in materia di concorrenza.
98
Né può essere accolto l’argomento del sig. Piau secondo cui, avendo gli agenti autorizzati al tempo del regolamento iniziale
conservato la loro licenza, permarrebbero effetti anticoncorrenziali. Da un lato, il ricorrente non dimostra che tale circostanza
comporterebbe di per sé effetti anticoncorrenziali. Dall’altro, il principio di certezza del diritto osta a rimettere in causa
situazioni giuridiche di cui non è provato che siano state acquisite irregolarmente (v., per analogia, sentenza del Tribunale
30 novembre 1994, causa T-498/93, Dornonville de la Cour/Commissione, Racc. PI pagg. I-A-257 e II-813, punti 46-49 e 58).
Inoltre, come ha affermato la Corte a proposito delle misure transitorie in materia di riconoscimento dei diplomi – questa
giurisprudenza vale anche nella fattispecie –, in casi simili è lecito preservare i diritti acquisiti (v. sentenze della Corte
9 agosto 1994, causa C-447/93, Dreessen, causa C-447/93, Racc. pag. I-4087, punto 10, e 16 ottobre 1997, cause riunite da
C-69/96 a C-79/96, Garofalo e a., Racc. pag. I‑5603, punti 29-33).
99
Da tutto quanto precede risulta che la Commissione non ha commesso errori manifesti di valutazione sulla portata delle disposizioni
della normativa controversa e sulla denunciata persistenza degli effetti anticoncorrenziali del regolamento iniziale, all’origine
della denuncia del sig. Piau. Il ricorrente non può perciò utilmente sostenere che le disposizioni più restrittive del regolamento
iniziale non sarebbero state abrogate e che a causa del loro mantenimento nel regolamento modificato resterebbero effetti
anticoncorrenziali.
–
Sulla possibilità di una deroga ex art. 81, n. 3, CE alle disposizioni del regolamento modificato
100
La Commissione considera nella decisione impugnata che il carattere obbligatorio della licenza potrebbe trovare una giustificazione
e che il regolamento modificato potrebbe fruire di una deroga ex art. 81, n. 3, CE. Il sistema della licenza, che impone restrizioni
più qualitative che quantitative, intenderebbe tutelare i giocatori e le società e prenderebbe in considerazione, in particolare,
i rischi corsi dai giocatori, le cui carriere sono brevi, in caso di trasferimenti mal negoziati. In mancanza, al momento,
di un’organizzazione della professione di agente di giocatori e di normative nazionali generalizzate, la restrizione inerente
al sistema della licenza è proporzionata e indispensabile.
101
Il principio stesso della licenza, che è imposta dalla FIFA e che condiziona l’esercizio della professione di agente di giocatori,
costituisce una barriera all’accesso a tale attività economica e pregiudica, dunque, necessariamente il gioco della concorrenza.
La si può ammettere, perciò, nei limiti in cui siano soddisfatte le condizioni enunciate all’art. 81, n. 3, CE, di modo che
il regolamento modificato potrebbe fruire di un’esenzione in conformità a tale disposizione, ove si constati che contribuisce
a promuovere il progresso economico, riserva agli utilizzatori una congrua parte dell’utile che ne deriva, non impone restrizioni
che non siano indispensabili per raggiungere tali obiettivi e non elimina la concorrenza.
102
Circostanze di diritto e di fatto di vario ordine sono state invocate per giustificare l’adozione del regolamento e il principio
stesso della licenza obbligatoria che ne è alla base. Sembra innanzi tutto che, in seno alla Comunità, soltanto la Francia
abbia regolamentato la professione di agente sportivo. Peraltro, è pacifico che, nel loro insieme, gli agenti di giocatori
non costituiscono attualmente una professione organizzata al proprio interno. È pacifico anche che alcune pratiche di agenti
di giocatori hanno potuto, in passato, danneggiare finanziariamente o professionalmente giocatori e società. La FIFA ha spiegato
che, adottando la normativa in causa, essa perseguiva un duplice obiettivo di professionalizzazione e di moralizzazione dell’attività
di agente di giocatori al fine di proteggere questi ultimi, la cui carriera è breve.
103
Contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, la concorrenza non è eliminata dal sistema della licenza. Esso sembra comportare
una selezione qualitativa, adatta a soddisfare l’obiettivo di professionalizzazione dell’attività di agente di giocatori,
piuttosto che una restrizione quantitativa al suo accesso. Al contrario, l’apertura dei ranghi di questa professione è corroborata
dai dati numerici comunicati all’udienza dalla FIFA. Quest’ultima ha indicato, senza essere contraddetta, che, mentre contava
214 agenti di giocatori nel 1996, al momento dell’entrata in vigore del regolamento iniziale, stimava il loro numero in 1 500
agli inizi del 2003, e che 300 candidati avevano superato l’esame nelle sessioni di marzo e di settembre di quello stesso
anno.
104
Tenuto conto delle circostanze già ricordate ai punti 102 e 103 e delle attuali condizioni di esercizio dell’attività di agente
di giocatori, caratterizzate da un’assenza quasi generale di regolamentazioni nazionali e dalla mancanza di organizzazione
collettiva degli agenti di giocatori, la Commissione non ha commesso errori manifesti di valutazione nel ritenere le restrizioni
discendenti dal carattere obbligatorio della licenza passibili di una deroga ex art. 81, n. 3, CE, riservandosi, d’altro canto,
a giusto titolo, il diritto di riesaminare la regolamentazione in causa. L’argomentazione del sig. Piau al riguardo dev’essere,
pertanto, respinta.
105
Del pari, si deve respingere come inconferente l’argomento del ricorrente secondo cui non si potrebbero invocare le «peculiarità
del mondo dello sport» per giustificare una deroga alle regole di concorrenza. La decisione impugnata non si fonda su una
tale deroga, bensì intende l’esercizio dell’attività di agente di giocatori come un’attività economica, senza pretendere che
per essa valgano le peculiarità del mondo dello sport al quale, per l’appunto, non appartiene.
106
Occorre anche respingere gli argomenti del sig. Piau vertenti sulla violazione della libertà di impresa e della libera prestazione
dei servizi, in quanto non gli sono valsi a dimostrare una contestuale violazione delle regole di concorrenza, la quale osterebbe
alla possibilità di accordare una deroga al regolamento modificato ai sensi dell’art. 81, n. 3, CE.
–
Sull’inapplicabilità dell’art. 82 CE
107
La decisione impugnata indica che l’art. 82 CE non si applica nella fattispecie, come afferma il ricorrente, giacché la FIFA
non opera sul mercato della consulenza ai giocatori.
108
L’art. 82 CE vieta lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante detenuta sul mercato comune
o su una parte sostanziale di questo.
109
Tale disposizione riguarda il comportamento di uno o più operatori economici che sfruttano in maniera abusiva una posizione
di potenza economica e ostano così al mantenimento di un’effettiva concorrenza sul mercato in questione, dando a tale/i operatore/i
la possibilità di tenere comportamenti alquanto indipendenti nei confronti dei propri concorrenti, dei propri clienti e, in
ultima analisi, dei consumatori (v. sentenza della Corte 16 marzo 2000, cause riunite C-395/96 P e C-396/96 P, Compagnie maritime
belge transports e a./Commissione, Racc. pag. I-1365, punto 34).
110
L’espressione «più imprese» di cui all’art. 82 CE implica che una posizione dominante può essere detenuta da due o più entità
economiche, giuridicamente indipendenti l’una dall’altra, a condizione che, dal punto di vista economico, esse si presentino
o agiscano insieme, su un mercato specifico, come un’entità collettiva (v. sentenza Compagnie maritime belge transports e
a./Commissione, cit., punto 36).
111
Per l’esistenza di una posizione dominante collettiva è necessario che siano presenti tre requisiti cumulativi: in primo luogo,
ciascun membro dell’oligopolio dominante deve poter conoscere il comportamento degli altri membri, al fine di verificare se
essi adottino o meno la stessa linea di azione; in secondo luogo, è necessario che la situazione di coordinamento tacito possa
conservarsi nel tempo, ossia deve esistere un incentivo a non discostarsi dalla linea di condotta comune nel mercato; in terzo
luogo, la reazione prevedibile dei concorrenti effettivi e potenziali nonché dei consumatori non rimetterebbe in discussione
i risultati attesi dalla comune linea d’azione (v. sentenze del Tribunale 6 giugno 2002, causa T-342/99, Airtours/Commissione,
Racc. pag. II-2585, punto 62, e 8 luglio 2003, causa T‑374/00, Verband der freien Rohrwerke eV e a./Commissione, Racc. pag.
II‑2275, punto 121).
112
Nella fattispecie, il mercato interessato dalla regolamentazione in causa è un mercato di prestazioni di servizi dove gli
acquirenti sono i giocatori e le società, e i venditori gli agenti. Ora, su tale mercato, la FIFA può essere considerata attiva
per conto delle società di calcio, delle quali – si è visto sopra (punti 69-72) – è emanazione, in quanto federa imprese che
sono appunto le società.
113
Una decisione come il regolamento FIFA che disciplina l’attività degli agenti di giocatori, in sede di applicazione, può sortire
la conseguenza che imprese attive sul mercato in questione, vale a dire le società, si trovino vincolate quanto al loro comportamento
su un mercato determinato in maniera tale che esse si presentano su tale mercato come un’entità collettiva nei confronti dei
loro concorrenti, delle loro controparti commerciali e dei consumatori (v. sentenza Compagnie maritime belge transports e
a./Commissione, cit., punto 44).
114
Orbene, dato il carattere obbligatorio del regolamento per loro previsto, le federazioni nazionali membri della FIFA e le
società che esse raggruppano appaiono durevolmente vincolate nei loro comportamenti da regole che accettano e che gli altri
soggetti (giocatori e agenti di giocatori) non possono trasgredire senza andare incontro a sanzioni che, nel caso particolare
degli agenti di giocatori, possono andare fino all’espulsione dal mercato. Ciò caratterizza, nel senso della giurisprudenza
citata ai precedenti punti 110 e 111, una posizione dominante collettiva delle società sul mercato delle prestazioni di servizi
da parte degli agenti di giocatori, poiché sono le società, tramite la regolamentazione cui aderiscono, che impongono le condizioni
di prestazione di tali servizi.
115
Pare artificioso sostenere che la FIFA, il cui potere di direzione sull’attività sportiva del calcio e le attività economiche
connesse, come, nella fattispecie, l’attività degli agenti di giocatori, è accertato, non detiene una posizione dominante
collettiva sul mercato delle prestazioni di servizi da parte degli agenti di giocatori [solo] perché non agirebbe direttamente
su tale mercato.
116
La circostanza che la FIFA non sia, di per sé, un operatore economico, che acquista prestazioni di servizi degli agenti di
giocatori sul mercato interessato, e che il suo intervento derivi da un’attività normativa che essa si è attribuito il potere
di esercitare riguardo all’attività economica degli agenti di giocatori è irrilevante ai fini dell’applicazione dell’art. 82 CE,
poiché la FIFA è l’emanazione delle federazioni nazionali e delle società, effettive acquirenti dei servizi degli agenti di
giocatori, e agisce conseguentemente sul detto mercato tramite i suoi membri.
117
Quanto, invece, all’asserito abuso di posizione dominante, dalle analisi prima svolte sul regolamento modificato e sulla deroga
di cui potrebbe essere oggetto ex art. 81, n. 3, CE risulta che esso non è dimostrato. È stato, infatti, constatato che il
detto regolamento non imponeva restrizioni quantitative all’accesso all’attività di agente di giocatori dannose per la concorrenza,
bensì restrizioni qualitative giustificabili nelle circostanze di specie. Gli abusi di posizione dominante che procederebbero,
secondo il ricorrente, dalle disposizioni del regolamento non sono dunque provati e la sua argomentazione deve, su questo
punto, essere respinta.
118
Infine, l’argomento del sig. Piau secondo cui gli agenti di giocatori autorizzati abuserebbero della loro posizione dominante
collettiva nel senso dell’art. 82 CE dev’essere anch’esso respinto, non avendo egli dimostrato l’effettività di rapporti strutturali
fra tali agenti. La detenzione della medesima licenza, l’utilizzo del medesimo modello di contratto e la circostanza che la
remunerazione degli agenti è determinata in funzione dei medesimi criteri non provano l’esistenza di una posizione dominante
degli agenti di giocatori autorizzati e il ricorrente non dimostra che gli interessati adotterebbero un comportamento identico
e neppure che si ripartirebbero implicitamente il mercato.
119
Di conseguenza, benché la Commissione abbia considerato, a torto, che la FIFA non versava in una situazione di posizione dominante
sul mercato delle prestazioni di servizi degli agenti di giocatori, le altre conclusioni contenute nella decisione impugnata,
secondo le quali le disposizioni più restrittive della regolamentazione in causa erano state abrogate e il sistema della licenza
ammetterebbe una deroga ex art. 81, n. 3, CE, portavano per forza di cose a concludere per l’assenza di infrazione a titolo
dell’art. 82 CE e a respingere l’argomentazione del ricorrente al riguardo. Di conseguenza, l’art. 82 CE, nonostante l’errore
di diritto commesso dalla Commissione nel ritenerlo inapplicabile, non avrebbe comunque potuto far concludere nel senso di
un abuso di posizione dominante tenuto conto delle altre pertinenti conclusioni tratte dall’esame del regolamento. Resta dunque
salva la legittimità del rigetto della denuncia per mancanza di interesse comunitario a proseguire il procedimento.
120
Risulta da quanto precede che la Commissione non ha commesso errori manifesti di valutazione nel decidere di respingere la
denuncia del sig. Piau per carenza di interesse comunitario a proseguire il procedimento. Il «carattere transfrontaliero»
del mercato, non contestato, è sotto tale profilo irrilevante, in quanto di per sé solo non conferisce a una denuncia un interesse
comunitario. Infatti, dato che la valutazione dell’interesse comunitario rappresentato da una denuncia varia in rapporto alle
circostanze di ciascun caso di specie, non occorre né limitare il numero dei criteri di valutazione cui la Commissione può
riferirsi né, all’inverso, imporle il ricorso esclusivo a determinati criteri (v. sentenza Ufex e a./Commissione, cit., punti
79 e 80).
121
Il ricorso del sig. Piau dev’essere, di conseguenza, respinto.
Sulle spese
122
Ai termini dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se n’è stata fatta
domanda.
123
Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, il ricorrente, rimasto soccombente, dev’essere condannato alle spese proprie e
a quelle della Commissione.
124
Ai sensi dell’art. 87, n. 4, terzo comma, del regolamento di procedura, il Tribunale può ordinare che un interveniente diverso
dagli Stati membri e dalle istituzioni sopporti le proprie spese.
125
Nella fattispecie, vi è motivo di decidere che la FIFA sopporti le spese sostenute ai fini dell’intervento.
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)
dichiara e statuisce:
1)
Il ricorso è respinto.
2)
Il ricorrente sopporterà le proprie spese e quelle della Commissione.
3)
La Fédération internationale de football association sopporterà le proprie spese.
Legal
Tiili
Vilaras
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 26 gennaio 2005.