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Document 62002TJ0177

    Sentenza del Tribunale di primo grado (Seconda Sezione) del 10 marzo 2004.
    Malagutti-Vezinhet SA contro Commissione delle Comunità europee.
    Sicurezza generale dei prodotti - Sistema comunitario di allarme rapido per gli alimenti - Ricorso per risarcimento danni.
    Causa T-177/02.

    Raccolta della Giurisprudenza 2004 II-00827

    ECLI identifier: ECLI:EU:T:2004:72

    Arrêt du Tribunal

    Causa T-177/02

    Malagutti-Vezinhet SA

    contro

    Commissione delle Comunità europee

    «Sicurezza generale dei prodotti — Sistema comunitario di allarme rapido per gli alimenti — Ricorso per risarcimento danni»

    Sentenza del Tribunale (Seconda Sezione) 10 marzo 2004  

    Massime della sentenza

    1.     Responsabilità extracontrattuale — Presupposti — Illiceità — Danno — Nesso di causalità — Mancanza di uno dei presupposti — Rigetto integrale del ricorso per risarcimento danni

    (Art. 288, secondo comma, CE)

    2.     Ravvicinamento delle legislazioni — Sicurezza generale dei prodotti — Direttiva 92/59 — Sistema comunitario di allarme rapido per gli alimenti — Competenze rispettive delle autorità nazionali e della Commissione

    (Direttiva del Consiglio 92/59/CEE)

    3.     Ravvicinamento delle legislazioni — Sicurezza generale dei prodotti — Direttiva 92/59 — Sistema comunitario di allarme rapido per gli alimenti — Principio di precauzione

    (Direttiva del Consiglio 92/59)

    1.     Il sorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità è subordinato alla sussistenza di un insieme di presupposti riguardanti l’illiceità del comportamento contestato alle istituzioni comunitarie, la sussistenza del danno e l’esistenza di un nesso di causalità fra il comportamento dell’istituzione e il danno lamentato. Quando anche uno solo di tali requisiti non sussiste, il ricorso dev’essere respinto interamente, senza che sia necessario esaminare la sussistenza degli altri requisiti.

    (v. punto 32)

    2.     Il sistema comunitario di allarme rapido per gli alimenti, istituito dalla direttiva 92/59, relativa alla sicurezza generale dei prodotti, attribuisce alle sole autorità nazionali, e non alla Commissione, la responsabilità di stabilire l’esistenza di un rischio grave e immediato per la salute e la sicurezza dei consumatori. Spetta pertanto alle autorità nazionali, dopo aver rilevato un rischio grave e immediato, i cui effetti si estendono o potrebbero estendersi al di là del loro territorio, informarne immediatamente la Commissione e fornirle informazioni che le permettano di identificare il prodotto e la catena di distribuzione. Per quanto riguarda la Commissione, essa si limita a verificare se le dette informazioni siano idonee, in quanto tali, a rientrare nell’ambito di applicazione della direttiva, mentre non costituisce oggetto di tale verifica l’esattezza delle constatazioni e delle analisi che hanno condotto le autorità nazionali a trasmettere tali informazioni.

    (v. punti 51-52)

    3.     Per quanto riguarda la prevenzione dei rischi per la salute dei consumatori e laddove possano sussistere incertezze al riguardo, secondo il principio di precauzione vigente in materia di protezione della sanità pubblica, l’autorità competente può essere obbligata ad adottare misure appropriate per prevenire taluni rischi potenziali per la sanità pubblica, senza per questo attendere che siano esaurientemente dimostrate la realtà e la gravità di tali rischi. Il principio di precauzione verrebbe privato della sua efficacia pratica se occorresse attendere l’esito di tutte le ricerche necessarie prima di adottare siffatte misure. Tale ragionamento vale anche per un dispositivo di informazioni rapide come quello introdotto dalla direttiva 92/59, relativa alla sicurezza generale dei prodotti, e, di conseguenza, un’impresa, vittima di tale sistema d’allarme introdotto per proteggere le salute umana, deve accettarne le conseguenze economiche negative, dato che occorre accordare alla protezione della sanità pubblica un’importanza preponderante rispetto alle considerazioni economiche.

    (v. punto 54)




    SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)
    10 marzo 2004(1)

    «Sicurezza generale dei prodotti – Sistema comunitario di allarme rapido per gli alimenti – Ricorso per risarcimento danni»

    Nella causa T-177/02,

    Malagutti-Vezinhet SA, in liquidazione giudiziaria, con sede in Cavaillon (Francia), rappresentata dagli avv.ti B. Favarel Veidig e N. Boron, con domicilio eletto in Lussemburgo,

    ricorrente,

    contro

    Commissione delle Comunità europee, rappresentata dalla sig.ra M.-J. Jonczy e dal sig. M. França, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

    convenuta,

    avente ad oggetto una domanda di risarcimento del danno asseritamente subito dalla ricorrente in seguito alla diffusione, da parte della Commissione, di un messaggio d'allarme rapido che informava della presenza di residui di pesticidi nelle mele provenienti dalla Francia e menzionava il nome della ricorrente come esportatore delle merci di cui trattasi,



    IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
    DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Seconda Sezione),



    composto dal sig. N.J. Forwood, presidente, dai sigg. J. Pirrung e A.W.H. Meij, giudici,

    cancelliere: sig.ra B. Pastor, cancelliere aggiunto

    ha pronunciato la seguente



    Sentenza




    Ambito normativo e fatti all’origine della controversia

    Sistema comunitario di allarme rapido

    1
    La direttiva del Consiglio 29 giugno 1992, 92/59/CEE, relativa alla sicurezza generale dei prodotti (GU L 228, pag. 24; in prosieguo: la «direttiva»), ha introdotto a livello comunitario un obbligo generale di sicurezza per tutti i prodotti immessi sul mercato, destinati ai consumatori o suscettibili di essere utilizzati da questi ultimi. In particolare, la direttiva ha instaurato a tal fine un sistema di scambio rapido di informazioni in situazioni d’urgenza riguardanti la sicurezza di un prodotto. Si tratta del «sistema comunitario di allarme rapido per gli alimenti» (in prosieguo: lo «SCAR»), al quale partecipano altresì gli Stati firmatari dell’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE), tra i quali la Repubblica d’Islanda.

    2
    L’art. 2, lett. b), della direttiva definisce «prodotto sicuro» «qualsiasi prodotto che in condizioni di uso normali o ragionevolmente prevedibili, compresa la durata, non presenti alcun rischio oppure presenti unicamente rischi minimi, compatibili con l’impiego del prodotto e considerati accettabili nell’osservanza di un livello elevato di tutela della salute e della sicurezza delle persone».

    3
    Gli artt. 5 e 6 della direttiva determinano gli obblighi e i poteri degli Stati membri in materia di controllo della sicurezza dei prodotti.

    4
    L’art. 7 della direttiva dispone quanto segue:

    «1.     Se uno Stato membro prende misure per limitare l’immissione sul mercato di un prodotto o di un lotto di prodotti o per disporne il ritiro dallo stesso (…), ess[o] notifica tali provvedimenti alla Commissione (…) precisando le ragioni che l[e] hanno motivat[e]. Questo obbligo non è applicabile se le misure concernono un incidente che presenta un effetto locale e che è in ogni caso, limitato al territorio dello Stato membro interessato.

    2.       La Commissione consulta al più presto le parti interessate. Se dopo tale consultazione, la Commissione constata che la misura è giustificata, essa ne informa immediatamente lo Stato membro che ha preso l’iniziativa nonché gli altri Stati membri. Se dopo tale consultazione la Commissione constata che la misura è ingiustificata, essa ne informa immediatamente lo Stato membro che ha preso l’iniziativa».

    5
    Per quanto riguarda lo SCAR, l’art. 8 della direttiva recita:

    «1.     Se uno Stato membro prende o decide di prendere misure urgenti per impedire, limitare o sottoporre a particolari condizioni l’eventuale commercializzazione o uso, sul proprio territorio, di un prodotto o di un lotto di un prodotto a causa di un rischio grave ed immediato che detto prodotto o lotto di prodotto presentano per la salute e la sicurezza dei consumatori, esso ne informa d’urgenza la Commissione (…).

    2.       Alla ricezione di tali informazioni, la Commissione ne verifica la conformità con le disposizioni della presente direttiva e le trasmette agli altri Stati membri che, a loro volta, comunicano immediatamente alla Commissione i provvedimenti presi».

    6
    L’allegato alla direttiva stabilisce procedimenti dettagliati per l’applicazione dello SCAR.

    Fatti della controversia

    7
    La ricorrente esporta frutta e verdura dalla Francia in particolare verso i Paesi Bassi ed il Regno Unito.

    8
    Come risulta da diverse fatture del mese di agosto 2001, essa ha venduto alla società olandese van den Bosch diverse centinaia di pacchi di mele provenienti dalla Francia che erano state trattate con il pesticida dicofol.

    9
    Giovedì 6 settembre 2001 la Commissione è stata informata dal punto di contatto islandese, nell’ambito dello SCAR, che l’autorità competente islandese aveva deciso, il 4 settembre, di ritirare e di respingere una partita di mele di origine francese commercializzate tramite i Paesi Bassi in seguito alla scoperta, il 3 settembre, nelle dette mele, della presenza di dicofol fino a 0,8 mg/kg. L’informazione precisava che le merci erano state distribuite dalla società J.P. Viens SA tramite i Paesi Bassi e che l’importatore islandese le aveva acquistate dalla società olandese Greevecetrus; una copia dei risultati dell’analisi era allegata a tale messaggio.

    10
    È pacifico tra le parti che il tasso massimo di dicofol per le mele era fissato a 0,02 mg/kg dalla normativa comunitaria relativa ai tassi massimi per i residui di pesticidi nei frutti e nelle verdure in vigore all’epoca dei fatti di cui trattasi, di modo che le mele analizzate dalle autorità islandesi nel settembre 2001 avrebbero dovuto rispettare tale tasso massimo.

    11
    Lunedì 10 settembre 2001, dopo aver consultato i suoi servizi tecnici competenti, la Commissione ha trasmesso, con notifica originale recante il numero di riferimento 2001/KL, il messaggio delle autorità islandesi ai punti di contatto degli Stati aderenti allo SCAR. Tale notifica riporta quanto segue:

    «pesticide residues (Dicofol) in apples from France via the Netherlands […] The product has been recalled and will be rejected. Exporter: JP Viens S.A. The contact points in France and in the Netherlands are kindly requested to provide the Commission services with the possible distribution to other members of the E.E.A. of the product involved» [presenza di residui di pesticidi (dicofol) nelle mele di origine francese commercializzate tramite i Paesi Bassi (…) La merce è stata ritirata e sarà respinta. Esportatore: J.P. Viens SA. I punti di contatto in Francia e nei Paesi Bassi sono invitati a segnalare ai servizi della Commissione qualsiasi distribuzione del prodotto di cui trattasi in altri Stati membri del SEE].

    12
    Venerdì 14 settembre 2001 la Commissione ha ricevuto un e-mail dal punto di contatto olandese contenente informazioni sui diversi partecipanti alla commercializzazione delle mele in questione, tra i quali figurava la società ricorrente. La Commissione ha immediatamente diffuso tale messaggio, come informazione complementare recante il numero di riferimento 2001/KL-add01, all’attenzione dei punti di contatto dello SCAR. Tale informazione è redatta nei termini seguenti:

    «pesticide residues (Dicofol) in apples from France via the Netherlands. The company “Greve” (NL) mentioned in the notification received the apples from the company “Bosch” situated in Alkmaar (NL) which in his turn receives them from the below mentioned company:

    Supplier in France: Company “Malagutti” at Cavaillon (FR)

    Tel. +33-4900-66767; Fax: +33-490066768

    The Consignment has been received by the company “Greve” on 20-08-2001 and no stock remained. The distribution is still subject of investigation.

    How the name “Viens” is involved is completely unknown» [presenza di residui di pesticidi (dicofol) nelle mele di origine francese commercializzate tramite i Paesi Bassi. La società «Greve» (NL) menzionata nel messaggio ha ricevuto le mele dall’impresa «Bosch», con sede in Alkmaar (NL), che, a sua volta, le aveva ricevute dalla seguente società: società «Malagutti» a Cavaillon (FR) Tel. +33-4900-66767; Fax: +33-490066768. La società «Greve» ha ricevuto le mele il 20 agosto 2001 e non ne ha più in deposito. La distribuzione forma ancora oggetto di verifiche. Si ignora totalmente come sia stato coinvolto il nome «Viens»].

    13
    Il 17 e il 18 settembre 2001 due enti britannici (il «Pesticides Safety Directorate» e il «Fresh Produce Consortium») hanno diffuso messaggi che constatavano il rischio legato alla presenza di dicofol nelle mele esportate dalla ricorrente. Tali messaggi sono stati trasmessi ai principali attori della distribuzione britannica con la menzione espressa che i prodotti provenienti dalla ricorrente non dovevano essere importati o commercializzati.

    14
    Successivamente, la ricorrente ha visto interrompersi tutti gli scambi commerciali con il Regno Unito. Di conseguenza, due carichi di mele già spedite sono state rinviate in Francia e la ricorrente è stata costretta a pagare le spese di trasporto di andata e ritorno, nonché le spese di deposito nel Regno Unito. È stata annullata la vendita di un terzo carico. Tutte le dette partite sono state vendute ad un prezzo inferiore ai prezzi praticati nel Regno Unito.

    15
    Il 19 settembre 2001 le autorità francesi hanno effettuato prelievi nel deposito della ricorrente sulla stessa categoria delle mele respinte in Islanda.

    16
    Il 20 settembre 2001 la ricorrente ha inviato un fax alla Commissione dichiarando di non aver mai esportato mele verso l’Islanda e chiedendo una smentita formale da parte della Commissione. Il 25 settembre 2001, dopo aver contestato il fondamento dei messaggi diffusi, essa ha informato la Commissione del danno subito.

    17
    Il 26 settembre 2001 le autorità francesi hanno notificato al punto di contatto dello SCAR della Commissione il risultato delle analisi da esse svolte sulle mele prelevate presso la ricorrente il 19 settembre. Ai sensi di tale notifica:

    «I servizi ufficiali di controllo francesi hanno proceduto a prelievi presso l’impresa di cui trattasi (…). Sui cinque campioni analizzati non è stata riscontrata la presenza di dicofol».

    18
    Con un’informazione complementare (riferimento 2001/KL-add02), lo stesso 26 settembre 2001 la Commissione, indicando di averlo ricevuto dal punto di contatto in Francia, ha portato a conoscenza dei punti di contatto dello SCAR il testo completo di tale notifica:

    «outcome of investigation in France – Analysis for the detection of pesticide residues performed in France at the establishment mentioned in notification 2001/KL add01 on 5 samples gave negative results (no detection of dicofol). The contact point in the Netherlands is kindly reminded to the request for submission of accompanying documents of the consignments involved» [risultato delle indagini svolte in Francia B Il risultato dell’analisi di cinque campioni prelevati in Francia nell’impresa menzionata nel messaggio 2001/KL-add1 è negativo (non è stata riscontrata la presenza di dicofol). Il punto di contatto nei Paesi Bassi è nuovamente pregato di trasmettere i documenti che accompagnavano le partite di cui trattasi].

    19
    Il 29 novembre 2001 la Commissione ha ricevuto una domanda di risarcimento danni da parte della ricorrente in seguito alla diffusione, nell’ambito dello SCAR, dei messaggi relativi alla scoperta di dicofol in misura superiore al tasso massimo nelle mele da essa esportate.

    20
    Con lettera 3 aprile 2002 la Commissione ha respinto tale domanda di risarcimento.


    Procedimento e conclusioni delle parti

    21
    In tali circostanze, con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 10 giugno 2002, la ricorrente ha proposto il ricorso in esame.

    22
    Su relazione del giudice relatore il Tribunale (Seconda Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento.

    23
    Durante l’udienza del 4 novembre 2003 sono stati ascoltati gli argomenti delle parti e le loro risposte ai quesiti del Tribunale. In tale occasione la Commissione ha depositato un documento. Dopo la comunicazione delle osservazioni scritte della ricorrente su tale documento la fase orale del procedimento è stata chiusa il 1° dicembre 2003.

    24
    La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

    condannare la Commissione a versarle un risarcimento per il danno subito pari a EUR 704 998,74;

    condannare la Commissione alle spese.

    25
    La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

    dichiarare il ricorso irricevibile o, in via subordinata, infondato;

    condannare la ricorrente alle spese.


    Sulla ricevibilità

    26
    La Commissione, senza sollevare formalmente eccezioni di irricevibilità, considera irricevibile il ricorso.

    27
    Infatti, la comunicazione da parte della Commissione agli Stati membri delle informazioni ricevute ai sensi dell’art. 8 della direttiva avrebbe avuto luogo nell’ambito di una cooperazione interna con gli enti nazionali incaricati di applicare la normativa comunitaria, cioè lo SCAR. Una siffatta cooperazione non può far sorgere la responsabilità della Comunità nei confronti dei singoli, in quanto l’allarme scatta, in definitiva, dietro iniziativa ed analisi delle sole autorità nazionali.

    28
    Pertanto, la ricorrente avrebbe dovuto adire il giudice nazionale competente. Infatti, il problema del risarcimento dei danni causati ai singoli dagli enti nazionali tanto a causa di una violazione del diritto comunitario, quanto con un atto o con un’omissione contrari al diritto nazionale, in sede di applicazione del diritto comunitario, dovrebbe essere valutata dai giudici nazionali (sentenza della Corte 13 febbraio 1979, causa 101/78, Granaria, Racc. pag. 623). La ricorrente non avrebbe affatto dimostrato il fatto che una domanda di risarcimento introdotta dinanzi ai giudici nazionali di uno degli Stati coinvolti non le avrebbe consentito di ottenere un equo risarcimento del danno fatto valere.

    29
    Al riguardo, è sufficiente constatare che il comportamento colposo fatto valere dalla ricorrente nel caso di specie è quello della Commissione e non può essere considerato imputabile ad enti nazionali.

    30
    Infatti, la ricorrente sostiene che la Commissione era chiamata a svolgere un ruolo proprio nell’ambito dello SCAR: ai sensi dell’art. 8, n. 2, della direttiva e dell’allegato di quest’ultima, prima di trasmettere tali messaggi agli altri Stati membri, essa sarebbe stata tenuta a verificare la conformità dei messaggi ricevuti alle disposizioni della direttiva ed a valutare la realtà, nonché il carattere immediato e grave del rischio in questione. Tali verifiche e valutazioni, nonché la diffusione dell’allarme spetterebbero esclusivamente alla Commissione. Secondo la ricorrente, se la Commissione non avesse illegittimamente reso pubblico il suo nome nell’ambito dello SCAR, gli enti britannici che hanno invitato al boicottaggio dei suoi prodotti – avvalendosi dei messaggi di allarme ufficiale diffusi dalla Commissione – non avrebbero diffuso i loro inviti al boicottaggio, che le hanno causato gravi danni.

    31
    La ricorrente ha così indicato, in modo pertinente, le ragioni per cui la condotta della Commissione era idonea a ledere i suoi interessi commerciali ed a causare il danno subito (v., in tal senso, sentenza della Corte 28 gennaio 1986, causa 169/84, COFAZ e a./Commissione, Racc. pag. 391, punto 28). Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato ricevibile, dato che il problema di sapere se la condotta contestata alla Commissione sia realmente illegittima rientra nell’esame del merito.


    Nel merito

    32
    Secondo una costante giurisprudenza, il sorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità è subordinato alla sussistenza di un insieme di presupposti riguardanti l’illiceità del comportamento contestato alle istituzioni comunitarie, la sussistenza del danno e l’esistenza di un nesso di causalità fra il comportamento dell’istituzione e il danno lamentato. Quando anche uno solo di tali requisiti non sussiste, il ricorso dev’essere respinto interamente, senza che sia necessario esaminare la sussistenza degli altri requisiti (v., segnatamente, sentenze del Tribunale 13 dicembre 1995, cause riunite T-481/93 e T-484/93, Exporteurs in Levende Varkens e a./Commissione, Racc. pag. II-2941, punto 80, e 24 aprile 2002, causa T-220/96, EVO/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II-2265, punto 39, e la giurisprudenza ivi citata).

    33
    Nel caso di specie occorre esaminare, anzitutto, i diversi argomenti fatti valere dalla ricorrente per dimostrare l’illegittimità della condotta contestata alla Commissione.

    Argomenti delle parti

    34
    La ricorrente fa valere che, per quanto riguarda le mele da essa esportate nel 2001, i testi applicabili ai livelli nazionale e comunitario fissavano per il trattamento di tali mele, avvenuto nel gennaio 2001, un tasso di dicofol pari a 1 mg/kg. L’obbligo di ridurre il tasso di dicofol a 0,02 mg/kg risulterebbe per la Francia dal decreto 8 febbraio 2001, pubblicato nel Journal officiel de la République française del 3 aprile 2001. D’altra parte, la normativa comunitaria che ha previsto la riduzione del tasso di dicofol a 0,02 mg/kg sarebbe entrata in vigore solo il 1° luglio 2001. L’obbligo di riduzione sarebbe quindi intervenuto dopo che le mele in questione erano state immesse sul mercato.

    35
    Essa sostiene che la condotta della Commissione è illegittima, in quanto non è stato rispettato l’obbligo legale di consultarla prima della diffusione degli allarmi controversi, ai sensi dell’art. 7, n. 2, della direttiva. Per la ricorrente non sussiste alcun dubbio che gli enti britannici si sono avvalsi dei messaggi d’allarme diffusi dalla Commissione, in mancanza dei quali non avrebbero mai invitato al boicottaggio dei suoi prodotti.

    36
    Essa aggiunge che la mancata consultazione costituisce una violazione dei diritti della difesa e che la diffusione del suo nome e delle sue coordinate è contraria al principio di riservatezza.

    37
    Inoltre, la Commissione avrebbe dovuto verificare se le misure adottate dalle autorità islandesi erano conformi al principio di proporzionalità. Tali misure sarebbero state le più restrittive possibili, dato che le merci sono state ritirate dal mercato e destinate al rinvio.

    38
    La ricorrente sottolinea la mancanza di prove circa l’origine dei prodotti controllati. Il messaggio diffuso dall’Islanda riguarderebbe mele esportate da un’altra società francese, cioè la J.P. Viens SA. Ora, la ricorrente avrebbe venduto le sue mele ad una società olandese. Non sarebbe quindi provato che le mele controllate in Islanda provenivano dalla ricorrente.

    39
    Essa afferma che il messaggio diffuso dalle autorità islandesi non attesta l’esistenza di un rischio grave ed immediato, ma solo il superamento del tasso massimo di dicofol in una partita di mele controllate. Nel caso di specie non vi sarebbe stato effettivamente alcun rischio grave ed immediato. D’altra parte, la Commissione non avrebbe avviato il procedimento previsto in caso di rischio grave ed immediato.

    40
    A suo avviso, una verifica rapida avrebbe permesso di constatare che le analisi effettuate rivelavano un tasso di dicofol conforme ai testi applicabili al momento del trattamento delle mele e che i consumatori non erano esposti ad alcun pericolo. Le analisi svolte nel settembre e nell’ottobre 2001 da laboratori francesi avrebbero dimostrato la totale conformità alle disposizioni comunitarie delle mele destinate al mercato inglese. Pur ammettendo che tali analisi riguardavano partite diverse da quelle all’origine dell’iniziativa delle autorità islandesi, la ricorrente ritiene che i loro esiti negativi costituiscano una forte presunzione di conformità alle disposizioni legali dei prodotti da essa commercializzati.

    41
    La Commissione osserva che lo SCAR la obbliga a diffondere qualsiasi messaggio attestante i problemi e i rischi relativi agli alimenti che non soddisfano i requisiti di sicurezza alimentare. Informata dal punto di contatto islandese della scoperta di residui di dicofol superiori al tasso massimo nelle mele provenienti dalla Francia, essa avrebbe quindi dovuto trasmettere il messaggio di allarme islandese. Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, un prodotto contenente un quantitativo di dicofol superiore a quello autorizzato dalla normativa comunitaria non sarebbe un prodotto sicuro.

    42
    Di conseguenza, nessuna delle censure fatte valere dalla ricorrente nei suoi confronti sarebbe fondata.

    Giudizio del Tribunale

    43
    Occorre rammentare, in primo luogo, che la direttiva ha istituito due procedimenti distinti per il controllo della sicurezza dei prodotti e per l’adozione di misure appropriate in caso di scoperta di un prodotto pericoloso.

    44
    Il primo procedimento, introdotto dagli artt. 6 e 7 della direttiva, consente alle autorità nazionali di sottoporre l’immissione sul mercato di un prodotto a condizioni preventive in modo da renderlo sicuro, vietare qualsiasi immissione sul mercato qualora il prodotto in questione si sia rivelato pericoloso e organizzare il ritiro di un prodotto pericoloso già immesso sul mercato [art. 6, n. 1, lett. d), g) e h)]. Qualora le autorità nazionali adottino una delle misure previste all’art. 6, n. 1, ne devono informare la Commissione, che consulta al più presto le parti interessate, verifica se la misura adottata sia giustificata o ingiustificata e ne informa immediatamente le autorità nazionali (art. 7).

    45
    Il secondo procedimento, introdotto dall’art. 8 della direttiva e dall’allegato di quest’ultima, riguarda situazioni di urgenza a livello comunitario; qualora le autorità nazionali adottino o decidano di adottare misure urgenti per impedire la commercializzazione di un prodotto a causa di un rischio grave ed immediato che detto prodotto presenta per la salute e la sicurezza dei consumatori, esse ne informano d’urgenza la Commissione, che ne verifica la conformità alle disposizioni della direttiva e le trasmette agli altri Stati membri che, a loro volta, comunicano immediatamente alla Commissione i provvedimenti adottati (art. 8). I dettagli di tale sistema di allarme rapido (SCAR) sono disciplinati dall’allegato alla direttiva.

    46
    Pertanto, sin dal momento in cui hanno scoperto l’esistenza di un rischio grave ed immediato, i cui effetti si estendono o potrebbero estendersi al di là del loro territorio, le autorità nazionali ne informano immediatamente la Commissione, dopo aver consultato, ove possibile, il produttore o il distributore del prodotto di cui trattasi. Tale comunicazione comprende, in particolare, le informazioni che consentono di identificare il prodotto nella catena di commercializzazione, ove siffatte informazioni siano possibili, considerato che la rapidità nella trasmissione delle informazioni riveste un’importanza fondamentale nel sistema (punto 3 e 4 dell’allegato). La Commissione, dal canto suo, dopo aver verificato la conformità dell’informazione ricevuta con l’art. 8 della direttiva, prende contatto con il paese notificante, se necessario, e trasmette poi tale informazione urgentemente con telex o telefax alle autorità competenti degli altri Stati membri (punto 7 dell’allegato).

    47
    Nel caso di specie, dal formulario utilizzato dalle autorità islandesi risulta che tali autorità si sono rivolte alla Commissione nell’ambito dello SCAR e non per domandarle se il ritiro ed il rinvio delle mele importate dalla Francia tramite i Paesi Bassi fossero giustificati ai sensi degli artt. 6 e 7 della direttiva. Considerato che tali mele contenevano dicofol per un tasso quaranta volte superiore al tasso massimo consentito e che la loro distribuzione riguardava tre diversi paesi, cioè la Francia, i Paesi Bassi e l’Islanda, le autorità islandesi erano manifestamente dell’opinione che occorresse informare la Commissione del rischio che altre mele contenenti lo stesso tasso di dicofol fossero state immesse sul mercato in altri paesi. In seguito a tale informazione, la Commissione ha altresì reagito nei limiti dello SCAR, trasmettendo il messaggio d’allarme islandese, nonché i messaggi successivi a tutti i punti di contatto dello SCAR.

    48
    Di conseguenza, il ricorso per risarcimento in esame può riguardare solo la responsabilità che la Commissione deve assumersi nell’ambito dello SCAR. Esso non può invece mirare ad ottenere il risarcimento del danno causato dal fatto che, il 4 settembre 2001, le autorità islandesi hanno ritirato dal mercato le mele di cui trattasi e le hanno respinte.

    49
    Occorre al riguardo rilevare che, in tale data, il nome della ricorrente non era ancora stato menzionato ed essa non era ancora stata identificata come probabile esportatrice delle mele di cui trattasi. Inoltre, la Commissione è stata informata solo successivamente delle misure adottate dalle autorità islandesi, di modo che essa non può in nessun caso essere considerata responsabile a tal fine. Ne consegue che la destinazione concreta assegnata a tali mele in Islanda non rileva ai fini della soluzione della presente controversia e che dev’essere respinta la censura relativa ad una violazione, da parte della Commissione, del principio di proporzionalità.

    50
    Per quanto riguarda lo SCAR, la ricorrente sostiene, in sostanza, che nulla prova che le mele contestate dalle autorità islandesi siano state da essa esportate. Afferma che, se la Commissione avesse rispettato il suo obbligo di verificare l’origine di tali mele prima di far scattare l’allarme rapido, essa avrebbe constatato il suo mancato coinvolgimento. Contesta inoltre alla Commissione di non aver esaminato se le mele in questione presentavano realmente un rischio grave ed immediato per la salute, poiché il solo superamento del tasso massimo di dicofol non è sufficiente al riguardo. Aggiunge che, in ogni caso, come risulta dalle analisi effettuate in Francia nel settembre e nell’ottobre 2001, una rapida verifica avrebbe permesso di constatare che le mele da essa esportate non eccedevano tale tasso massimo.

    51
    Al riguardo, si deve rammentare che lo SCAR attribuisce alle sole autorità nazionali, e non alla Commissione, la responsabilità di stabilire l’esistenza di un rischio grave ed immediato per la salute e la sicurezza dei consumatori, prevedendo che le autorità nazionali debbano, da un lato, procedere «caso per caso», dato che «non è possibile fissare criteri specifici per stabilire che cosa costituisca di preciso un rischio grave ed immediato» e, dall’altro, «sforzarsi di ottenere il maggior numero di informazioni possibili sui prodotti e sulla natura del pericolo, conciliando questo obiettivo con la necessità della rapidità» (punti 2 e 3 dell’allegato alla direttiva). Spetta inoltre agli Stati membri, dopo aver rilevato un rischio grave ed immediato, i cui effetti si estendono o potrebbero estendersi al di là del suo territorio, informarne immediatamente la Commissione e fornirle informazioni che le permettano di identificare il prodotto e la catena di distribuzione (punto 4 dell’allegato alla direttiva).

    52
    Se è vero che il punto 7 dell’allegato alla direttiva obbliga la Commissione a verificare «la conformità delle informazioni ricevute con il disposto dell’articolo 8 della (…) direttiva», tale compito si limita tuttavia a verificare se le dette informazioni siano idonee, in quanto tali, a rientrare nell’ambito di applicazione della disposizione citata, mentre non costituisce oggetto della verifica l’esattezza delle constatazioni e delle analisi che hanno condotto le autorità nazionali a trasmettere tali informazioni. Infatti, come appena esposto, la responsabilità di tali constatazioni ed analisi grava sulle sole autorità nazionali. Ne consegue che la Commissione non aveva né l’obbligo di verificare, prima di diffondere il suo messaggio del 14 settembre 2001, se le mele contestate in Islanda fossero effettivamente quelle esportate dalla ricorrente, né la competenza necessaria a tal fine.

    53
    Per quanto riguarda la prevenzione dei rischi per la salute dei consumatori, era sufficiente che essa si trovasse in presenza di elementi plausibili che indicavano l’esistenza di un nesso tra la ricorrente e le mele contestate in Islanda. Ora, le informazioni raccolte e comunicate dalle autorità islandesi attestavano mele di origine francese importate tramite i Paesi Bassi, menzionando, in particolare, il nome della società olandese Greevecetrus. Le informazioni fornite dalle autorità olandesi aggiungevano, poi, talune precisazioni relative alle società coinvolte nella commercializzazione, menzionando il nome della società «Greve» (Paesi Bassi), quello della società «Bosch» con sede in Alkmaar (Paesi Bassi) e quello della ricorrente. Ora, come risulta dalle fatture dell’agosto 2001 presentate dalla stessa ricorrente, quest’ultima ha esportato mele di origine francese alla società olandese van den Bosch di Alkmaar. Non si può quindi sostenere che, con il suo messaggio del 14 settembre 2001, la Commissione ha diffuso, riprendendo le informazioni delle autorità olandesi, elementi d’informazione non plausibili.

    54
    Per quanto possano sussistere incertezze al riguardo, occorre rilevare che, secondo il principio di precauzione vigente in materia di protezione della sanità pubblica, l’autorità competente può essere obbligata ad adottare misure appropriate per prevenire taluni rischi potenziali per la sanità pubblica, senza per questo attendere che siano esaurientemente dimostrate la realtà e la gravità di tali rischi (v., in tal senso, sentenze del Tribunale 11 settembre 2002, causa T-13/99, Pfizer Animal Health/Consiglio, Racc. pag. II-3305, punto 139, e la giurisprudenza ivi citata, e 21 ottobre 2003, causa T-392/02, Solvay Pharmaceuticals/Consiglio, Racc. pag. II-4555, punti 121 e 122). Il principio di precauzione verrebbe privato del suo effetto utile se occorresse attendere l’esito di tutte le ricerche necessarie prima dell’adozione di siffatte misure (sentenza Pfizer Animal Health/Consiglio, cit., punti 142, 386 e 387). Tale ragionamento vale anche per un dispositivo di informazioni rapide come quello introdotto dalla direttiva. La ricorrente, vittima di tale sistema di allarme introdotto per proteggere la salute umana, deve accettarne le conseguenze economiche negative, dato che occorre accordare alla protezione della sanità pubblica un’importanza preponderante rispetto alle considerazioni economiche (sentenza Solvay Pharmaceuticals/Consiglio, cit., punto 121, e Pfizer Animal Health/Consiglio, cit., punto 456).

    55
    In tale contesto, se è vero che la ricorrente fa valere che il mero superamento del tasso massimo di dicofol di 0,02 mg/kg non rappresenta necessariamente un rischio grave ed immediato per la salute umana, tanto più che in precedenza era ammesso un tasso pari a 1 mg/kg, occorre rammentare, da un lato, che non spetta alla Commissione rimettere in discussione, nell’ambito dello SCAR, le constatazioni e le analisi che hanno condotto le autorità nazionali ad accertare l’esistenza di un rischio grave ed immediato, che comporta l’innesco di tale sistema e, dall’altro, che è pacifico che le mele contestate contenevano 0,8 mg/kg di dicofol, mentre il tasso massimo era fissato a 0,02 mg/kg. La ricorrente – che si è astenuta dal contestare, ai sensi dell’art. 241 CE, la legittimità della normativa che stabilisce tale tasso massimo – non ha affatto dimostrato che il consumo di mele il cui tasso di dicofol è 40 volte superiore al limite massimo ammesso non avrebbe effetti nocivi per la salute dei consumatori, mentre i progressi scientifici in materia hanno rivelato che occorreva sostituire il vecchio tasso massimo con quello di 0,02 mg/kg.

    56
    Per quanto riguarda le censure attinenti a una violazione dell’art. 7, n. 2, della direttiva e dei diritti della difesa, dato che la Commissione si è astenuta dal consultare la ricorrente prima di diffondere il suo nome e le sue coordinate nell’ambito dello SCAR, occorre rilevare che tale sistema non impone alla Commissione di procedere a una siffatta consultazione sistematica, considerato che l’art. 7, n. 2, della direttiva non disciplina i procedimenti di allarme rapido introdotti dalla direttiva per proteggere la salute dei consumatori. Tale obiettivo di protezione rapida sarebbe inoltre difficilmente realizzabile se la Commissione dovesse regolarmente tener conto delle osservazioni e delle obiezioni dell’impresa interessata prima di comunicare un’informazione relativa alla direttiva agli altri punti di contatto dello SCAR.

    57
    La mancata consultazione della ricorrente da parte della Commissione non costituisce neanche una violazione del principio del rispetto dei diritti della difesa. Infatti, se è vero che tale principio obbliga la Commissione ad ascoltare l’interessato prima dell’adozione di una misura che gli arreca pregiudizio (v., ad esempio, sentenza del Tribunale 8 maggio 2003, causa T-82/01, VOF Josanne e a./Commissione, Racc. pag. II-2313, punto 77, e la giurisprudenza ivi citata), occorre constatare che la Commissione non ha adottato, nel caso di specie, alcuna misura che riguardi direttamente la ricorrente e le arrechi pregiudizio. Essa si è limitata a diffondere un’informazione, cioè quella del 14 settembre 2001 ricevuta dal punto di contatto olandese, destinata a permettere, conformemente al punto 4 dell’allegato alla direttiva, l’identificazione delle mele di cui trattasi e della relativa catena di commercializzazione.

    58
    È vero che l’allegato alla direttiva prevede, ai suoi punti 7 e 8, che la Commissione «può», da un lato, prendere contatto con l’autorità del paese che si presume essere il paese d’origine di un prodotto per svolgere le pertinenti verifiche e, dall’altro, avviare – «in circostanze eccezionali» e «quando lo considera necessario» – un’indagine di sua iniziativa. Non sembra potersi escludere che la Commissione possa essere indotta, in tali ipotesi, a consultare l’impresa interessata dalla diffusione di un allarme rapido. Tuttavia, la ricorrente non ha potuto dimostrare che la Commissione ha commesso un errore, nelle circostanze del caso di specie, astenendosi dal consultarla.

    59
    Il solo argomento presentato in tale contesto consiste nel far valere che il tasso di dicofol delle mele esportate dalla ricorrente nel 2001 verso i Paesi Bassi non superava, alla data del loro trattamento nel gennaio 2001, il tasso massimo di 1 mg/kg ammesso all’epoca in Francia. La ricorrente sembra così ritenere che la Commissione avrebbe dovuto prendere in considerazione i suoi interessi commerciali consultandola, alla luce della situazione specifica risultante dalla modifica del regime relativo al tasso massimo di dicofol intervenuta nel luglio 2001, mentre le mele provenienti dalla Francia erano indirizzate verso il paese di esportazione.

    60
    Questa tesi non può essere accolta.

    61
    Infatti, da un lato, la ricorrente non ha fornito alcuna precisazione quanto alle date delle sue esportazioni, dato che le sole indicazioni al riguardo figurano nelle fatture del mese di agosto 2001, che attestano consegne alla società van den Bosch a Alkmaar (Paesi Bassi). Ora, tali indicazioni non dimostrano che le mele trattate nel gennaio 2001 avessero necessariamente lasciato la Francia e raggiunto il paese di destinazione prima del mese di luglio 2001. È anche probabile che le sue mele siano state esportate solo nel mese di agosto 2001.

    62
    Dall’altro, la normativa comunitaria relativa alla fissazione del tasso massimo di dicofol nei frutti e nelle verdure è costituita da una serie di direttive del Consiglio indirizzate agli Stati membri per la loro attuazione. La Francia ha introdotto il tasso massimo di 0,02 mg/kg con il decreto 8 febbraio 2001, che modifica il decreto 5 agosto 1992, relativo ai tassi massimi di residui di pesticidi ammissibili per taluni prodotti di origine vegetale (JORF del 3 aprile 2001, pag. 5200). Come risulta dai motivi del detto decreto, tale misura è stata adottata al fine di trasporre, in particolare, la direttiva della Commissione 22 giugno 2000, 2000/42/CE, recante modifica degli allegati delle direttive 86/362/CEE, 86/363/CEE e 90/642/CEE del Consiglio, che fissano le quantità massime di residui di antiparassitari rispettivamente sui e nei cereali, sui e nei prodotti alimentari di origine animale e su e in alcuni prodotti di origine vegetale, compresi gli ortofrutticoli (GU L 158, pag. 51), che, ai sensi del suo art. 4, doveva essere trasposta dagli Stati membri entro il 28 febbraio 2001 e le misure trasposte dovevano essere applicate a partire dal 1° luglio 2001. Tale direttiva è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee il 30 giugno 2000. Di conseguenza, qualsiasi operatore economico prudente e avveduto avrebbe dovuto organizzare, a partire da tale ultima data, la sua attività commerciale in modo che le mele destinate all’esportazione ed idonee a essere immesse sul mercato dopo il giugno 2001 rispettassero il nuovo tasso massimo di dicofol. La ricorrente – che non ha contestato, ai sensi dell’art. 241 CE, né la legittimità del regolamento che fissa il tasso massimo di 0,02 mg/kg né quella della data di applicabilità di tale normativa – non può quindi contestare alla Commissione di aver trasmesso il messaggio olandese nell’ambito dello SCAR senza averla previamente consultata.

    63
    In ogni caso, anche una previa consultazione della ricorrente non avrebbe ragionevolmente potuto impedire alla Commissione di diffondere tale messaggio, contenente il suo nome e le sue coordinate. Infatti, il solo modo efficace per premunirsi contro gli effetti negativi dello SCAR sarebbe stato per la ricorrente quello di procedere, sotto il controllo di una persona o di un’istituzione indipendente, al prelievo di un campione dal lotto delle mele destinate ad essere esportate verso i Paesi Bassi e all’analisi ufficialmente certificata del tasso di dicofol di tale campione. Solo un’immediata presentazione, in occasione della sua consultazione, di una siffatta analisi certificata avrebbe potuto essere idonea ad evitare la diffusione del suo nome nell’ambito dello SCAR. Ora, la ricorrente non ha né affermato né provato di aver fatto analizzare in tempore non suspecto le mele di cui trattasi nel modo appena descritto.

    64
    Quanto alle analisi svolte in Francia nel settembre 2001, che avrebbero dimostrato la conformità con la normativa comunitaria delle mele esportate dalla ricorrente, è sufficiente ricordare che tali analisi non hanno riguardato la partita delle mele contestate in Islanda. Esse non erano quindi idonee a provare l’erroneità delle analisi islandesi. Esse permettevano soltanto di accertare che le mele analizzate nel settembre 2001 erano conformi alla normativa applicabile.

    65
    In tale contesto, non si può imputare alla Commissione neanche il fatto che la partita delle mele analizzate in Islanda sia apparentemente sparita in seguito al suo ritiro dal mercato e che pertanto non sia più possibile verificare l’esattezza delle analisi islandesi, né la precisa identificazione delle mele come quelle esportate dalla ricorrente verso i Paesi Bassi. Come esposto sopra, la responsabilità della Commissione nell’ambito dello SCAR è limitata alla circolazione delle informazioni in quanto tali.

    66
    Infine, la ricorrente non può contestare alla Commissione la violazione di un obbligo di riservatezza con la diffusione del suo nome e delle sue coordinate. Infatti, l’allegato alla direttiva dispone espressamente, al suo punto 6, che la necessità di adottare misure efficaci per proteggere i consumatori deve di regola prevalere sul rispetto della riservatezza. Ora, poiché il messaggio d’allarme delle autorità islandesi attestava la presenza di dicofol in «mele di origine francese commercializzate tramite i Paesi Bassi», tanto le autorità competenti quanto gli operatori economici interessati avevano tutto l’interesse affinché la cerchia delle imprese coinvolte fosse limitata per quanto possibile; in mancanza di ciò non era escluso che tutte le mele di origine francese formassero oggetto di un boicottaggio. Come è stato esposto sopra, la menzione del nome della ricorrente in tale contesto doveva essere considerata, nelle circostanze del caso di specie, come un’informazione tanto plausibile quanto necessaria per proteggere la sanità pubblica.

    67
    Da tutto quanto precede risulta che la ricorrente non ha provato che la Commissione ha commesso un errore idoneo a far sorgere la sua responsabilità. Di conseguenza, il ricorso dev’essere respinto nel suo insieme, senza che sia necessario esaminare l’esistenza di un nesso di causalità e la sussistenza del danno fatto valere.


    Sulle spese

    68
    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, il soccombente è condannato alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, rimasta soccombente, va condannata alle spese conformemente alle conclusioni della Commissione.

    Per questi motivi,

    IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

    dichiara e statuisce:

    1)
    Il ricorso è respinto.

    2)
    La ricorrente è condannata alle spese.

    Forwood

    Pirrung

    Meij

    Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 10 marzo 2004.

    Il cancelliere

    Il presidente

    H. Jung

    J. Pirrung


    1
    Lingua processuale: il francese.

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