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Judgment of the Court of First Instance (Second Chamber) of 13 July 2004. # AVEX Inc. v Office for Harmonisation in the Internal Market (Trade Marks and Designs) (OHIM). # Community trade mark - Opposition procedure - Application for a Community figurative mark comprising the letter "a' - Earlier Community figurative mark comprising the letter "a' - Likelihood of confusion. # Case T-115/02.
Sentenza del Tribunale di primo grado (Seconda Sezione) del 13 luglio 2004. AVEX Inc. contro Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI). Marchio comunitario - Procedimento di opposizione - Domanda di marchio comunitario figurativo contenente la lettera "a" - Marchio comunitario figurativo anteriore contenente la lettera "a" - Rischio di confusione. Causa T-115/02.
Sentenza del Tribunale di primo grado (Seconda Sezione) del 13 luglio 2004. AVEX Inc. contro Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI). Marchio comunitario - Procedimento di opposizione - Domanda di marchio comunitario figurativo contenente la lettera "a" - Marchio comunitario figurativo anteriore contenente la lettera "a" - Rischio di confusione. Causa T-115/02.
Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI)
«Marchio comunitario — Opposizione — Domanda di marchio comunitario figurativo contenente la lettera “a” — Marchio comunitario figurativo anteriore contenente la lettera “a” — Rischio di confusione»
Sentenza del Tribunale (Seconda Sezione) 13 luglio 2004
Massime della sentenza
1. Marchio comunitario — Procedimento di ricorso — Ricorso dinanzi al giudice comunitario — Atto introduttivo di ricorso — Controricorso
dell’interveniente — Requisiti formali — Esposizione sommaria dei motivi dedotti — Motivi di diritto non esposti nel ricorso
e nel controricorso — Rinvio globale ad altri scritti — Irricevibilità
(Regolamento di procedura del Tribunale, artt. 44, n. 1, 46, 130, n. 1, 132, n. 1, e 135, n. 1, secondo comma)
2. Marchio comunitario — Definizione e acquisizione del marchio comunitario — Impedimenti assoluti alla registrazione — Opposizione
da parte del titolare di un marchio anteriore identico o simile registrato per prodotti o servizi identici o simili — Rischio
di confusione con il marchio anteriore — Marchi figurativi contenenti la lettera «a»
[Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 8, n. 1. lett. b)]
1. Ai sensi dell’art. 44, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale, applicabile in materia di proprietà intellettuale
in conformità dell’art. 130, n. 1, e dell’art. 132, n. 1, dello stesso regolamento, l’atto introduttivo di un ricorso proposto
contro l’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) deve indicare l’oggetto della controversia
e contenere un’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Se, a questo proposito, il testo del ricorso può essere suffragato
e completato in punti specifici con rinvii a determinati passi di atti che vi sono allegati, un rinvio globale ad altri scritti
non può ovviare alla mancanza degli elementi essenziali nell’argomentazione giuridica che, in forza delle disposizioni summenzionate,
devono essere contenuti nell’atto introduttivo stesso.
Poiché tale interpretazione può essere trasposta al controricorso della controparte in un procedimento di opposizione dinanzi
alla commissione di ricorso dell’Ufficio, interveniente dinanzi al Tribunale, in forza dell’art. 46 del regolamento di procedura,
applicabile in materia di proprietà intellettuale in conformità dell’art. 135, n. 1, secondo comma, di tale regolamento, il
controricorso così come il ricorso, quando rinviano alle memorie depositate rispettivamente dal ricorrente e dall’interveniente
dinanzi all’Ufficio, sono irricevibili se il rinvio globale che contengono non si ricolleghi ai motivi e agli argomenti sviluppati
rispettivamente nel controricorso e nel ricorso.
(v. punto 11)
2. Per i consumatori finali della Comunità europea esiste un rischio di confusione tra il segno figurativo contenente come elemento
dominante la lettera «a» minuscola, di colore bianco su fondo nero e stampata in un carattere semplice, di cui è chiesta la
registrazione come marchio comunitario per articoli di abbigliamento, scarpe e cappelleria rientranti nella classe 25 ai sensi
dell’Accordo di Nizza, e il marchio contenente la lettera «a» con le medesime caratteristiche dominanti, registrato anteriormente
come marchio comunitario per designare articoli di abbigliamento rientranti nella stessa classe, se le impressioni complessive
prodotte da ciascuno dei segni in conflitto sono assai simili e i prodotti interessati devono essere considerati simili ai
sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, anche qualora la somiglianza sia ridotta, nel caso delle calzature
e dei capi di abbigliamento. A quest’ultimo proposito, infatti, il pubblico destinatario può credere, in particolare, che
le calzature su cui è apposto il marchio richiesto abbiano la stessa origine commerciale dei capi di abbigliamento su cui
è apposto il marchio anteriore.
(v. punti 18, 23, 26-27)
SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione) 13 luglio 2004(1)
Nella causa T-115/02,
AVEX Inc., con sede in Tokyo (Giappone), rappresentata dall'avv. J. Hofmann,
ricorrente,
contro
Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dai sigg. D. Schennen e G. Schneider, in qualità di agenti,
convenuto,
controparte dinanzi alla commissione di ricorso dell'UAMI e interveniente dinanzi al Tribunale:Ahlers AG, ex Adolf Ahlers AG, con sede in Herford (Germania), rappresentata dall'avv. E.P. Krings,
avente ad oggetto il ricorso proposto contro la decisione della prima commissione di ricorso dell'UAMI 11 febbraio 2002 (procedimento
R 634/2001-1), riguardante l'opposizione proposta dal titolare del marchio comunitario figurativo contenente la lettera «a»
contro la registrazione di un marchio comunitario figurativo contenente la lettera «a»,
IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Seconda Sezione),
composto dai sigg. J. Pirrung, presidente, A.W.H. Meij e N.J. Forwood, giudici,
cancelliere : sig. I. Natsinas, amministratore
visto il ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 12 aprile 2002,visto il controricorso dell'UAMI depositato nella cancelleria del Tribunale il 17 settembre 2002,visto il controricorso dell'interveniente depositato nella cancelleria del Tribunale il 29 agosto 2002,in seguito alla trattazione orale del 10 marzo 2004,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Fatti all’origine della controversia
1
Il 5 giugno 1998 la ricorrente ha presentato una domanda di marchio comunitario all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato
interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), a norma del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio
comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato.
2
Il marchio di cui è stata chiesta la registrazione è il marchio figurativo di seguito riprodotto:
3
I prodotti e i servizi per i quali è stata chiesta la registrazione del marchio rientrano nelle classi 9, 16, 25, 35 e 41
dell’accordo di Nizza del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini
della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono, per la classe 25, alla descrizione seguente:
«Articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria; articoli di abbigliamento esterno non in stile giapponese, cappotti, maglioni
e simili, biancheria da notte, biancheria intima, costumi da bagno, camicie e simili, calzini e calze, guanti, cravatte, bandane,
sciarpe, cappelli e berretti, scarpe e stivali, cinture, giacche, t‑shirt».
4
Il 4 ottobre 1999 tale domanda è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 78/1999.
5
Il 22 dicembre 1999 l’interveniente ha proposto un’opposizione ai sensi dell’art. 42 del regolamento n. 40/94 contro il marchio
richiesto, fondandosi, segnatamente, sul marchio comunitario figurativo n. 270 264, richiesto il 1° aprile 1996 e registrato
il 28 febbraio 2000, riguardante, in particolare, «abiti da uomo, panciotti, giacche, giacche a vento, pantaloni, cappotti,
jeans, capi in jeans, camicie, felpe, magliette, abbigliamento per lo sport, cuffie, abiti da lavoro, abbigliamento per il
tempo libero» rientranti nella classe 25, marchio qui di seguito riprodotto:
6
Con decisione 2 maggio 2001 la divisione di opposizione dell’UAMI ha dichiarato che i segni in conflitto erano simili e che
i prodotti interessati erano identici o simili. Di conseguenza tale divisione ha respinto la domanda di registrazione del
marchio richiesto.
7
Il 2 luglio 2001 la ricorrente ha proposto dinanzi all’UAMI un ricorso contro la decisione della divisione di opposizione,
ai sensi dell’art. 59 del regolamento n. 40/94.
8
Con decisione 11 febbraio 2002 (procedimento R 634/2001‑1; in prosieguo: la «decisione impugnata»), la prima commissione di
ricorso dell’UAMI ha parzialmente annullato la decisione della divisione di opposizione nei limiti in cui respinge la domanda
di marchio relativa ai prodotti e servizi delle classi 9, 16, 35 e 41. Essa ha invece respinto il ricorso per quanto riguarda
i prodotti della classe 25, giudicando che i segni in conflitto fossero simili e che i prodotti interessati fossero identici
o simili, compresi le «scarpe e [gli] stivali» indicati dalla domanda di marchio e gli «articoli di abbigliamento» cui si
riferiva il marchio anteriore.
Conclusioni delle parti
9
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
–
annullare la decisione impugnata nella parte in cui respinge il suo ricorso relativo ai prodotti della classe 25;
–
annullare la decisione impugnata nella parte in cui pone a suo carico le spese sostenute dall’interveniente nei procedimenti
di opposizione e di ricorso;
–
condannare l’UAMI alle spese.
10
L’UAMI chiede che il Tribunale voglia
–
respingere il ricorso in quanto infondato;
–
condannare la ricorrente alle spese.
In diritto
11
A titolo preliminare, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, in forza dell’art. 44, n. 1, del regolamento
di procedura del Tribunale, applicabile in materia di proprietà intellettuale in conformità dell’art. 130, n. 1, e dell’art. 132,
n. 1, di tale regolamento, se il testo del ricorso può essere suffragato e completato in punti specifici con rinvii a determinati
passi di atti che vi sono allegati, un rinvio globale ad altri scritti non può ovviare alla mancanza di elementi essenziali
nell’argomentazione giuridica che, in forza delle disposizioni summenzionate, devono essere contenuti nell’atto introduttivo
stesso (sentenza del Tribunale 20 aprile 1999, cause riunite da T‑305/94 a T‑307/94, da T‑313/94 a T‑316/94, T‑318/94, T‑325/94,
T‑328/94, T‑329/94 e T‑335/94, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, Racc. pag. II‑931, punto 39). Tale giurisprudenza
può essere trasposta al controricorso della controparte in un procedimento di opposizione dinanzi alla commissione di ricorso,
interveniente dinanzi al Tribunale, in forza dell’art. 46 del regolamento di procedura, applicabile in materia di proprietà
intellettuale in conformità dell’art. 135, n. 1, secondo comma, di tale regolamento. Pertanto, il ricorso e il controricorso,
quando rinviano alle memorie depositate rispettivamente dalla ricorrente e dall’interveniente dinanzi all’UAMI, sono irricevibili
se il rinvio globale che contengono non si ricollega ai motivi e agli argomenti sviluppati rispettivamente nel ricorso e nel
controricorso.
Sul motivo vertente sull’assenza di rischio di confusione Argomenti delle parti
12
Secondo la ricorrente, la Commissione di ricorso ha erroneamente concluso che, malgrado le differenze esistenti tra i prodotti
interessati e tra i segni in conflitto, esisteva un rischio di confusione tra il marchio anteriore e il marchio richiesto.
13
Per quanto riguarda i prodotti in esame, la ricorrente indica che gli articoli di abbigliamento e le calzature o gli stivali
non sono prodotti simili. Infatti, tali prodotti non sono fabbricati negli stessi stabilimenti, non sono destinati alla stessa
utilizzazione – la moda dimostra che il loro scopo non è solo quello di riparare dagli elementi naturali –, non sono fabbricati
a partire da una stessa materia prima e non sono venduti negli stessi luoghi, salvo che, in misura non rilevante, nei supermercati.
14
Per quanto riguarda i segni in conflitto, la ricorrente sottolinea il fatto che, in linea di principio, le lettere dell’alfabeto
non hanno carattere distintivo proprio in mancanza di aggiunte grafiche [decisione della seconda commissione di ricorso 28
maggio 1999 (procedimento R 91/1998‑2)]. È quindi la loro rappresentazione grafica che attribuisce loro il carattere distintivo.
Poiché i marchi debolmente distintivi godono di una tutela ridotta, le differenze tra i segni che li costituiscono acquistano
maggiore importanza. La ricorrente fa valere in proposito le differenze nette e sostanziali tra i segni in conflitto riguardanti
la forma dello sfondo nero, la posizione della lettera su tale fondo, l’opposizione tra i caratteri in grassetto e chiari
della lettera secondo i marchi e la calligrafia di tale lettera. Per quanto riguarda i marchi figurativi composti da una lettera,
conta solo la comparazione visuale dei segni, giacché la comparazione fonetica non è rilevante.
15
L’UAMI e l’interveniente si oppongono a tutti gli argomenti della ricorrente. Inoltre l’UAMI ritiene che, dal momento che
la ricorrente ha limitato la sua contestazione della somiglianza dei prodotti alla sola comparazione dei «capi d’abbigliamento»
e di «calzature e stivali», il rischio di confusione tra i segni in conflitto debba essere esaminato soltanto entro questi
limiti.
Giudizio del Tribunale
16
Come risulta dall’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, su opposizione del titolare di un marchio anteriore, un
marchio è escluso dalla registrazione se, a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio con un marchio anteriore
e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di
confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato.
17
Secondo una giurisprudenza costante, il rischio di confusione in merito all’origine commerciale dei prodotti o dei servizi
deve essere valutato complessivamente, secondo la percezione che il pubblico destinatario ha dei segni e dei prodotti o servizi
in questione, prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti del caso di specie e, in particolare, una certa interdipendenza
tra la somiglianza dei marchi e quella dei prodotti o dei servizi designati [v. sentenza del Tribunale 9 luglio 2003, causa
T‑162/01, Laboratorios RTB/UAMI ‑ Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), Racc. pag. II‑2821, punti 29‑33 e giurisprudenza
citata].
18
Nel caso di specie il marchio anteriore è un marchio comunitario. Del resto i prodotti interessati sono prodotti di consumo
corrente. Pertanto, ai fini della valutazione del rischio di confusione, il pubblico destinatario è costituito dai consumatori
finali nella Comunità europea.
19
In primo luogo, per quanto riguarda la comparazione tra i segni in conflitto, la valutazione globale del rischio di confusione
deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, auditiva o logica dei marchi di cui trattasi, sull’impressione
complessiva prodotta da questi ultimi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti [v. sentenza
del Tribunale 14 ottobre 2003, causa T‑292/01, Phillips‑Van Heusen/UAMI ‑ Pash Textilvertrieb und Einzelhandel (BASS), Racc.
pag. II‑4335, punto 47 e giurisprudenza citata).
20
Per quanto riguarda la somiglianza visiva dei segni in conflitto, la commissione di ricorso ha giustamente valutato che, anche
se una lettera isolata è potenzialmente sprovvista di carattere distintivo, i marchi in esame presentano entrambi come elemento
dominante la lettera «a» minuscola, di colore bianco su fondo nero e stampata in un carattere semplice (punto 38 della decisione
impugnata). Infatti tale elemento dominante si impone subito all’attenzione ed è mantenuto nella memoria. Al contrario, le
differenze grafiche tra i marchi in esame – e cioè la forma del fondo (ovale per il marchio richiesto e quadrata per il marchio
anteriore), la collocazione della lettera su tale fondo (al centro di quest’ultimo per il marchio richiesto e nell’angolo
inferiore destro per il marchio anteriore), lo spessore del tratto utilizzato per rappresentare tale lettera (il marchio richiesto
mostra un tratto leggermente più largo di quello del marchio anteriore) e i dettagli di calligrafia di ciascuna delle lettere
secondo i marchi – sono di secondaria importanza e non costituiscono elementi che resteranno nella memoria del pubblico destinatario
come effettive discriminanti. Di conseguenza i segni in conflitto sono, dal punto di vista visuale, molto simili.
21
Tale conclusione non è rimessa in discussione dall’argomento vertente sull’eventuale discordanza tra la decisione impugnata
e la decisione della seconda commissione di ricorso 28 maggio 1999 (procedimento R 91/1998‑2), relativa alla registrazione
del marchio anteriore. Se tale commissione vi ha effettivamente rilevato che la presentazione grafica della lettera «a» aveva
un’importanza particolare nell’analisi del carattere distintivo di tale marchio, è sufficiente constatare che, nella fattispecie,
la presentazione grafica del marchio richiesto è molto vicina a quella adottata per il marchio anteriore.
22
Per quanto riguarda la comparazione fonetica e concettuale dei segni in conflitto, le parti sono d’accordo nel ritenere che
essa sia scarsamente rilevante nel caso di specie. Comunque, considerati alla luce di tali aspetti, i segni sono evidentemente
identici.
23
Quindi, le impressioni complessive prodotte da ciascuno dei segni in conflitto sono assai simili.
24
Inoltre, per quanto riguarda la comparazione dei prodotti, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, per
valutare la somiglianza tra i prodotti in questione si deve tener conto di tutti i fattori pertinenti che caratterizzano il
rapporto tra questi ultimi. Tali fattori includono, in particolare, la loro natura, la loro destinazione, il loro impiego
nonché la loro concorrenzialità o complementarietà [v. sentenza del Tribunale 4 novembre 2003, causa T‑85/02, Pedro Díaz/UAMI
– Granjas Castelló (CASTILLO), Racc. pag. II‑4835, punto 32, e giurisprudenza citata].
25
In via preliminare occorre rilevare che la ricorrente, nel corso dell’udienza, non ha seriamente rimesso in discussione il
fatto che i diversi tipi di capi di abbigliamento indicati da ciascuno dei marchi in esame sono, a dir poco, simili. In ogni
caso tale constatazione è corretta.
26
Per quanto riguarda in particolare il rapporto esistente tra i «capi di abbigliamento» a cui si riferisce il marchio anteriore
e le «calzature e stivali» a cui si riferisce il marchio richiesto, la commissione di ricorso ha ritenuto che tali prodotti
fossero simili, poiché essi hanno la stessa finalità, sono spesso venduti negli stessi luoghi e numerosi produttori e ideatori
si dedicano ad entrambi i tipi di prodotti (punto 32 della decisione impugnata). Il carattere generale di tale valutazione
può essere messo in dubbio alla luce della mancanza di sostituibilità di tali prodotti e per l’assenza di prove a suo sostegno.
Tuttavia, i rapporti sufficientemente stretti esistenti tra le finalità rispettive di tali prodotti, individuabili in particolare
nel fatto che appartengono alla stessa classe, e la concreta eventualità che possano essere fabbricati dagli stessi operatori
o venduti insieme permettono di concludere che tali prodotti possono essere associati nella mente del pubblico destinatario.
A tale riguardo, le diverse decisioni comunitarie e nazionali relative ai marchi di cui si avvale la ricorrente non riducono
la portata di tale conclusione in quanto il quadro fattuale di tali decisioni, per quanto riguarda i segni o i prodotti interessati,
presenta notevoli differenze rispetto al caso di specie. I prodotti interessati devono essere considerati simili ai sensi
dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, anche se lo sono solo in misura ridotta.
27
Di conseguenza, tenuto conto, da un lato, della forte somiglianza tra i segni in conflitto e, dall’altro, della somiglianza
tra i prodotti in esame, anche se ridotta nel caso delle calzature e dei capi di abbigliamento, la commissione di ricorso
ha correttamente potuto concludere che esistesse un rischio di confusione per il pubblico destinatario. Infatti, il pubblico
destinatario può credere, in particolare, che le calzature su cui è apposto il marchio richiesto abbiano la stessa origine
commerciale dei capi d’abbigliamento su cui è apposto il marchio anteriore. Pertanto il presente motivo deve essere respinto.
Sul motivo vertente sulla necessità di una procedura orale dinanzi alla commissione di ricorso
28
La ricorrente afferma di aver espressamente richiesto lo svolgimento di una procedura orale dinanzi alla commissione di ricorso
ai sensi dell’art. 75, n. 1, del regolamento n. 40/94. Tale audizione avrebbe potuto contribuire all’adozione di una decisione
giustificata dal punto di vista giuridico, in quanto la ricorrente avrebbe potuto fornire informazioni sulla giurisprudenza
tedesca relativa alla questione della somiglianza dei prodotti in esame. Secondo la ricorrente, la commissione di ricorso,
rifiutando di ricorrere a tale procedura orale, ha ecceduto i limiti del suo potere discrezionale.
29
Il Tribunale ricorda che, ai sensi dell’art. 75, n. 1, del regolamento n. 40/94, «[l’UAMI], quando ne ravvisi l’opportunità,
ricorre alla procedura orale, di propria iniziativa o a richiesta di una delle parti della procedura».
30
Il Tribunale constata che la commissione di ricorso dispone di un margine di valutazione discrezionale per quanto riguarda
la questione se sia veramente necessaria una procedura orale in sua presenza, qualora una parte ne faccia richiesta. Nel caso
di specie risulta dalla decisione impugnata che la commissione di ricorso disponeva di tutti gli elementi necessari per fondare
il dispositivo della decisione impugnata. A tale riguardo la ricorrente non ha dimostrato in che modo precisazioni orali sulla
giurisprudenza tedesca, ulteriori rispetto a quelle esposte nella sua memoria dinanzi alla commissione di ricorso, avrebbero
impedito l’adozione di tale dispositivo. In ogni caso, secondo una giurisprudenza costante la legittimità delle decisioni
delle commissioni di ricorso dev’essere valutata unicamente sulla base del regolamento n. 40/94, come interpretato dal giudice
comunitario, e non sulla base di una giurisprudenza nazionale, anche se fondata su disposizioni analoghe a quelle di tale
regolamento (sentenza GIORGIO BEVERLY HILLS, cit., punto 53, e CASTILLO, cit., punto 37). Pertanto, la commissione di ricorso
non ha violato i limiti del suo potere discrezionale non accogliendo la richiesta della ricorrente riguardante lo svolgimento
di una procedura orale.
Sul secondo capo delle conclusioni
31
Poiché la ricorrente non ha dedotto alcun motivo specifico a sostegno della sua richiesta di annullamento del punto 2 del
dispositivo della decisione impugnata relativo alle spese dinanzi all’UAMI, le considerazioni che precedono sono sufficienti
a respingere tale capo delle conclusioni.
32
Alla luce di quanto precede, il ricorso è respinto.
Sulle spese
33
Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta
domanda. Poiché l’UAMI e l’interveniente ne hanno fatto domanda, la ricorrente rimasta soccombente, va condannata alle spese.
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)
dichiara e statuisce:
1)
Il ricorso è respinto.
2)
La ricorrente è condannata alle spese.
Pirrung
Meij
Forwood
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 13 luglio 2004.