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Document 61992TJ0059

Sentenza del Tribunale di primo grado (Quarta Sezione) del 26 ottobre 1993.
Renato Caronna contro Commissione delle Comunità europee.
Dipendenti - Ricorso per risarcimento danni - Procedimento precontenzioso - Dovere di assistenza - Lesione dell'onore.
Causa T-59/92.

Raccolta della Giurisprudenza 1993 II-01129

ECLI identifier: ECLI:EU:T:1993:91

61992A0059

SENTENZA DEL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO (QUARTA SEZIONE) DEL 26 OTTOBRE 1993. - RENATO CARONNA CONTRO COMMISSIONE DELLE COMUNITA EUROPEE. - DIPENDENTE - RICORSO PER RISARCIMENTO DANNI - PROCEDURA PRECONTENZIOSA - DOVERE DI ASSISTENZA - OLTRAGGIO ALL'ONORABILITA. - CAUSA T-59/92.

raccolta della giurisprudenza 1993 pagina II-01129


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


++++

1. Dipendenti ° Ricorso ° Ricorso per risarcimento danni ° Ricorso proposto in base all' obbligo solidale e sussidiario dell' amministrazione di risarcire un danno cagionato a un dipendente da un terzo ° Ricevibilità ° Presupposti ° Esaurimento dei rimedi giurisdizionali nazionali ° Deroga ° Insussistenza di rimedi efficaci

(Statuto del personale, artt. 24 e 91)

2. Dipendenti ° Ricorso ° Ricorso per risarcimento danni ° Scopo ° Dichiarazione della sussistenza di un illecito dell' amministrazione e dell' obbligo di risarcimento incombente all' istituzione responsabile

(Statuto del personale, art. 91)

3. Dipendenti ° Ricorso ° Ricorso per risarcimento danni ° Procedimento precontenzioso ° Iter diverso secondo che sussista o no un atto arrecante pregiudizio

(Statuto del personale, artt. 90 e 91)

4. Dipendenti ° Ricorso ° Reclamo amministrativo previo ° Oggetto preciso e determinabile ° Dipendente che si richiami all' obbligo di assistenza incombente all' amministrazione

(Statuto del personale, artt. 24, 90 e 91)

5. Dipendenti ° Obbligo di assistenza incombente all' amministrazione ° Portata

(Statuto del personale, art. 24)

6. Dipendenti ° Ricorso ° Ricorso per risarcimento danni ° Dichiarazione dell' illecito dell' amministrazione nel dispositivo della sentenza e pubblicazione del dispositivo stesso nella Gazzetta ufficiale che non garantiscano l' adeguato risarcimento del danno morale ° Attribuzione di un risarcimento pecuniario

(Statuto del personale, art. 91)

Massima


1. La ricevibilità di un ricorso per risarcimento proposto da un dipendente in base all' obbligo solidale e sussidiario dell' amministrazione, sancito dall' art. 24, secondo comma, dello Statuto, di risarcire il danno subito da un dipendente, a motivo della sua qualità e delle sue funzioni, ad opera di terzi è subordinata all' esaurimento dei rimedi giurisdizionali nazionali, purché questi possano condurre al risarcimento del danno lamentato. Il ricorrente che non abbia tentato di ottenere un risarcimento dal terzo deve almeno produrre indizi tali da suscitare seri dubbi quanto all' efficacia della tutela garantita dai rimedi giurisdizionali nazionali.

2. Nell' ambito di un ricorso per risarcimento proposto da un dipendente in base all' art. 91 dello Statuto sono ricevibili la domanda diretta a far dichiarare un illecito dell' amministrazione, come l' inadempimento del dovere di assistenza sancito dall' art. 24, primo comma, dello Statuto, nonché la domanda intesa a far dichiarare che l' istituzione convenuta è tenuta a risarcire il danno cagionato dal detto illecito.

3. Qualora un dipendente intenda proporre un ricorso per risarcimento contro l' istituzione cui appartiene, il procedimento precontenzioso prescritto dallo Statuto è diverso secondo che il danno di cui si chiede il risarcimento sia stato cagionato da un atto arrecante pregiudizio ai sensi dell' art. 90, n. 2, dello Statuto oppure da un comportamento privo di carattere decisionale. Nella prima ipotesi la ricevibilità del ricorso per risarcimento è subordinata al presupposto che l' interessato abbia tempestivamente adito l' autorità che ha il potere di nomina con un reclamo contro l' atto che gli ha arrecato pregiudizio ed abbia proposto il ricorso entro tre mesi dal rigetto del reclamo. Invece, nella seconda ipotesi il procedimento amministrativo che deve obbligatoriamente precedere il ricorso per risarcimento, a norma degli artt. 90 e 91 dello Statuto, comporta due fasi, ossia prima una domanda e poi un reclamo contro il rigetto espresso e tacito di quest' ultima.

4. Poiché l' amministrazione pur disponendo, nella scelta dei mezzi e dei provvedimenti idonei a fornire al dipendente l' assistenza prevista dall' art. 24, primo comma, dello Statuto, di un potere discrezionale soggetto al sindacato del giudice comunitario, è tenuta ad adottare tutti i provvedimenti per reintegrare la reputazione lesa del dipendente la cui dignità professionale sia stata messa in discussione, quest' ultimo, quando si rivolge all' amministrazione, può limitarsi a ricordarle il dovere di assistenza sancito dall' art. 24 dello Statuto senza fornire ulteriori precisazioni e l' amministrazione deve adottare in seguito i provvedimenti obiettivamente necessari e adeguati in materia.

5. L' amministrazione, anche se dispone di un potere discrezionale nella scelta dei mezzi e dei provvedimenti per l' applicazione dell' art. 24 dello Statuto, è tenuta, in presenza di addebiti gravi e infondati che ledano la dignità professionale di un dipendente nell' esercizio delle sue funzioni, a respingere tali addebiti e ad adottare tutti i provvedimenti per reintegrare la reputazione lesa dell' interessato.

In caso di diffamazione pubblica e personale di un dipendente, l' amministrazione non può limitarsi a tutelare l' interessato indirettamente, difendendo i lavori ai quali egli partecipa, ed a chiedere infruttuosamente, in base al diritto di risposta, una rettifica da parte dell' organo di stampa autore della diffamazione. Essa deve difendere pubblicamente ed espressamente il suo dipendente e non può subordinare la sua azione al fatto che questi abbia previamente preso l' iniziativa di adire le vie legali contro l' autore della diffamazione. Astenendosi dall' agire in tal modo, l' amministrazione viene meno agli obblighi impostile dall' art. 24 dello Statuto e commette un illecito.

6. Il danno morale subito da un dipendente a cagione di un illecito tale da far sorgere la responsabilità dell' amministrazione dà diritto all' attribuzione di un risarcimento qualora, tenuto conto delle circostanze del caso di specie, né l' espressa dichiarazione dell' illecito nel dispositivo della sentenza, né la pubblicazione di tale dispositivo nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee siano sufficienti a risarcirlo interamente.

Parti


Nella causa T-59/92,

Renato Caronna, dipendente della Commissione delle Comunità europee, residente a Bruxelles, con l' avv. Jean-Noël Louis, del foro di Bruxelles, con domicilio eletto in Lussemburgo presso la Fiduciaire Myson SARL, 1, rue Glesener,

ricorrente,

sostenuto da

Union syndicale-Bruxelles, con sede sociale a Bruxelles, con l' avv. Véronique Leclercq, del foro di Bruxelles, con domicilio eletto in Lussemburgo presso la sede della Fiduciaire Myson SARL, 1, rue Glesener,

interveniente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal signor Gianluigi Valsesia, consigliere giuridico principale, in qualità di agente, assistito dall' avv. Benoît Cambier, del foro di Bruxelles, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Nicola Annecchino, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda mirante alla condanna della Commissione a risarcire il danno morale che il ricorrente sostiene di aver subito a causa della pubblicazione di un articolo sul giornale Le Canard enchaîné e per il fatto che la Commissione sarebbe venuta meno al suo dovere di assistenza nei confronti del suo dipendente non adottando i provvedimenti necessari per reintegrare l' onore di quest' ultimo, messo in discussione nel detto articolo di stampa,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quarta Sezione),

composto dai signori C.W. Bellamy, presidente, H. Kirschner e A. Saggio, giudici,

cancelliere: H. Jung

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 6 luglio 1993,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


Antefatti e procedimento

1 Il ricorrente, signor Renato Caronna, dipendente di grado A4, ottavo scatto, in servizio presso la DG III (direzione generale "Industria", già direzione generale "Mercato interno ed affari industriali") della Commissione, dall' autunno 1989 veniva destinato all' unità III/D-2 "costruzione", in cui veniva incaricato di elaborare un progetto di direttiva sulla responsabilità dei costruttori. A tal fine, il ricorrente creava, all' inizio del 1991, quattro gruppi di lavoro costituiti da esperti designati da associazioni europee competenti in questo settore, tra le quali figuravano, fra l' altro, associazioni di architetti, ingegneri, assicuratori, costruttori e responsabili in materia di edilizia popolare. Questi gruppi di lavoro avevano il compito di fornire gli elementi di riflessione che avrebbero dovuto costituire la base per l' elaborazione dello schema di progetto della direttiva. Nel settembre 1991, il Comitato europeo per il coordinamento dell' edilizia popolare (Cecodhas) ritirava i suoi esperti dai quattro gruppi di lavoro.

2 L' 11 dicembre 1991 il settimanale francese Le Canard enchaîné pubblicava, con il titolo "La lobby del cemento detta legge a Bruxelles", un articolo che criticava i lavori della Commissione, sostenendo che ai costruttori era stato riservato un posto troppo rilevante nei gruppi di lavoro succitati. L' articolo era redatto come segue:

"In cantiere: garanzie sempre più evanescenti per i clienti

Proprio a rappresentanti di società edili la Commissione europea ha affidato il compito di proporre le future garanzie di cui beneficeranno i loro stessi clienti. Il metodo è audace: se viene adottato questo progetto di direttiva europea elaborato dalla lobby del cemento, la 'garanzia decennale di buon fine' , valida finora in Francia e in molti paesi vicini, sarà limitata a cinque anni. E al termine di questo periodo ridotto, la garanzia certamente non sarà più valida. Contrariamente alla legislazione attuale, spetterà all' acquirente dimostrare che il costruttore ha commesso un errore. E, nel frattempo, toccherà a lui anticipare i soldi per riparare il tetto che perde o il muro che si fende.

Queste modifiche discrete della disciplina, già menzionate dalla stampa del settore, consentiranno ai costruttori di diminuire di almeno un terzo le loro spese per difetti di fabbricazione. Una voce che in Francia era costata loro quasi 4 miliardi nel solo 1988.

L' offensiva dei re dell' edilizia si è articolata in diverse fasi. Già nel 1988 la loro federazione europea, la FIEC, aveva piagnucolato presso la Comunità europea per ottenere la modifica del sistema attuale di garanzia giudicato 'di una durezza eccessiva ed economicamente insostenibile' .

Amici dietro le quinte

Queste lamentele sono state recepite perfettamente dalla Commissione di Bruxelles che, nel 1990, ha incaricato quarantotto esperti di preparare, per l' anno seguente, una direttiva europea al fine di 'armonizzare le responsabilità e le garanzie post-vendita delle abitazioni' .

I costruttori costituivano la maggioranza di questi esperti. Ed è la loro federazione (la FIEC) che è stata incaricata di coordinare i lavori e di redigere il progetto.

La grande famiglia del cemento ha degli amici dietro le quinte. Ad esempio, Renato Caronna, l' alto funzionario incaricato a Bruxelles di seguire questo progetto, è un ex dipendente dell' associazione italiana degli imprenditori di lavori pubblici. E, naturalmente, egli ha affidato alla FIEC il compito di guidare gli studi dei quarantotto esperti.

Questi scambi di favori hanno provocato numerosi malumori. In particolare presso i dirigenti di una federazione che raggruppa gli organismi dell' edilizia popolare a livello europeo (il Cecodhas) presieduta da Roger Quilliot, sindaco socialista di Clermont-Ferrand. Questi non è disposto a vedere le magre risorse dell' edilizia popolare dissolversi nella riparazione di difetti di fabbricazione commessi da altri.

In una lettera indirizzata a Jacques Delors alla fine di ottobre, Quilliot ha annunciato che i rappresentanti della sua federazione lasciavano Bruxelles sbattendo la porta perché nessuno li voleva ascoltare. C' è da supporre che anche i lavori della Commissione europea siano viziati da difetti di fabbricazione?".

3 Lo stesso 11 dicembre 1991 tre associazioni europee ° il Cecodhas, il Bureau européen des unions des consommateurs (BEUC) e la Confédération des organisations familiales de la Communauté européenne (Coface) ° indicevano una conferenza stampa per il 16 dicembre seguente, al fine di denunciare la procedura adottata dalla Commissione nella preparazione della suddetta proposta di direttiva.

4 A seguito di questi due avvenimenti il direttore generale della DG III, signor Perissich, inviava il 13 dicembre 1991 una nota al portavoce della Commissione, signor Dethomas, chiedendogli d' intervenire d' urgenza "per difendere l' operato della Commissione e la probità del dipendente implicato". A questa nota era allegata una bozza di comunicato stampa. Copie di questa nota venivano inviate, fra l' altro, al gabinetto del presidente della Commissione, al gabinetto del vicepresidente, signor Bangemann, responsabile della DG III, e al segretario generale della Commissione.

5 Il signor Dethomas assisteva effettivamente alla conferenza stampa organizzata il 16 dicembre 1991 dalle tre associazioni europee, nel corso della quale spiegava l' operato della Commissione. Tuttavia, è pacifico che egli non ha difeso espressamente in pubblico il ricorrente.

6 Lo stesso giorno la Commissione invitava la stampa a partecipare ad una conferenza nel corso della quale veniva distribuito un comunicato stampa che rispondeva alle critiche formulate nei suoi confronti, ma non menzionava il nome del ricorrente. Il brano pertinente del comunicato stampa era così redatto: "Nel settembre 1991, il Cecodhas ha deciso di ritirare i suoi esperti dai quattro gruppi di lavoro, il che non ha causato problemi per lo svolgimento dei lavori, data la mancanza di collaborazione dimostrata da questi esperti (...). La Federazione dell' industria edilizia europea (FIEC) è stata designata a coordinare i lavori dei quattro gruppi su richiesta esplicita delle associazioni europee e non ° come alcuni affermano ° su suggerimento della Commissione europea. L' insieme degli elementi di riflessione derivanti dai lavori di questi gruppi consentirà ai servizi della Commissione di elaborare, già nei primi mesi del 1992, uno schema di progetto di direttiva, che sarà oggetto, come al solito, di un ampia consultazione degli ambienti interessati, compresi i consumatori, e degli Stati membri prima di essere sottoposto all' approvazione della Commissione".

7 In risposta ad un quesito posto dal Tribunale e volto a stabilire quali siano state le reazioni dei mass media alla conferenza stampa organizzata dalla Commissione, quest' ultima ha risposto che, tenuto conto del tempo trascorso, non le era possibile ritrovarne tracce, mentre il ricorrente ha prodotto un estratto del Bulletin européen du Moniteur n. 74 del 23 dicembre 1991, una pubblicazione destinata agli ambienti professionali dell' edilizia che, senza citarlo espressamente, fa riferimento all' articolo di stampa controverso e riproduce il testo integrale del comunicato stampa diffuso dalla Commissione.

8 Il 20 dicembre 1991 il signor Perissich inviava una nota ° preparata dal ricorrente ° al signor De Koster, direttore generale del personale e dell' amministrazione, nonché una copia al signor Dewost, direttore generale del servizio giuridico. In questa nota, dopo aver rammentato la pubblicazione dell' articolo in causa su Le Canard enchaîné, l' avvenuta conferenza stampa organizzata dalle tre associazioni europee succitate, i termini della propria nota inviata al signor Dethomas e quelli del comunicato stampa della Commissione del 16 dicembre 1991, egli scriveva: "Resta da risolvere il problema della diffamazione del mio collaboratore il quale, essendo tenuto ad osservare la più grande discrezione, ai sensi dell' art. 17 dello Statuto, non può provvedere da solo alla propria difesa. La prego quindi di applicare senza indugio i principi che le Comunità sono tenute a rispettare ai sensi dell' art. 24 dello Statuto e di farmi conoscere le disposizioni adottate e le procedure attuate in questo caso dalla Commissione per difendere l' onore e la probità del mio collaboratore. Non vorrei che, in questo caso esemplare, il mio collaboratore, in mancanza di reazione da parte della Commissione, presentasse una richiesta formale di aiuto e di assistenza ai sensi dell' art. 90, n. 1, dello Statuto".

9 Poiché la Commissione non dava seguito alla nota del 20 dicembre 1991, il ricorrente intraprendeva diverse iniziative informali per ottenere l' assistenza della Commissione. In tale occasione, il 24 gennaio 1992, veniva informato dalla DG IX (direzione generale "Personale e amministrazione") che avrebbe dovuto inviare egli stesso una richiesta formale di aiuto e di assistenza ai sensi dell' art. 24 dello Statuto del personale delle Comunità europee (in prosieguo: lo "Statuto").

10 Il 28 gennaio 1992 il ricorrente presentava detta domanda che, su invito del Tribunale, è stata versata agli atti dalle parti principali. Non avendo avuto risposta da parte della Commissione, il 13 febbraio seguente il ricorrente si rivolgeva telefonicamente alla DG IX. Gli veniva risposto che ci si sarebbe occupati "immediatamente" della sua domanda.

11 Il 21 febbraio 1992 il ricorrente inviava, per via gerarchica, una nota all' autorità che ha il potere di nomina (in prosieguo: l' "APN"), nella quale, dopo aver rammentato i fatti e, in particolare, le iniziative del suo direttore generale, signor Perissich, egli sosteneva che la Commissione era tenuta, nell' ambito del suo dovere di assistenza ai sensi dell' art. 24 dello Statuto, a perseguire, anche d' ufficio, l' autore dell' articolo di stampa controverso a causa del carattere diffamatorio di quest' ultimo e del grave danno professionale che ne era derivato per il ricorrente. Rinviando all' art. 17 dello Statuto che, secondo il ricorrente, gli impediva di difendersi, egli riproponeva la sua domanda diretta a che l' APN gli facesse conoscere le azioni che aveva intentato contro l' autore dell' articolo controverso e contro il giornale che lo aveva pubblicato. Inoltre, egli chiedeva alla Commissione di precisare, ai sensi dell' art. 24, secondo comma, dello Statuto, quali fossero le disposizioni adottate dalle Comunità per risarcire, in solido con l' autore dell' articolo controverso e con il giornale, i danni da lui subiti. Il ricorrente annunciava che, se non avesse ricevuto tali precisazioni entro il 1 marzo 1992, avrebbe presentato un reclamo contro l' astensione di cui la Commissione si sarebbe resa responsabile non adottando in tempo utile i provvedimenti atti ad assicurare la difesa dei suoi interessi e ad ottenere il risarcimento dei danni da lui subiti.

12 Con nota dell' 11 marzo 1992, il signor De Koster informava il ricorrente che, a conclusione di un' indagine amministrativa condotta dai suoi servizi e su parere favorevole del servizio giuridico, aveva deciso, nella sua qualità di APN in materia, di accordargli l' assistenza richiesta sotto forma di una lettera a Le Canard enchaîné "che avrebbe ricordato le azioni realmente intraprese dalla Commissione in materia di responsabilità nel settore dell' edilizia e smentito formalmente le affermazioni che La riguardano".

13 Lo stesso 11 marzo 1992 il signor De Koster inviava, a nome della Commissione, una lettera al redattore capo del Le Canard enchaîné chiedendogli di pubblicarla, in virtù del diritto di replica, nella successiva edizione del giornale al fine di ristabilire l' onore e la probità del ricorrente. In questa lettera si dichiarava che, se nell' articolo controverso il ricorrente era stato accusato di parzialità a causa della sua esperienza professionale antecedente alla sua entrata in servizio presso la Commissione, per il fatto che egli avrebbe privilegiato gli imprenditori di lavori pubblici a svantaggio dei consumatori, un' indagine amministrativa condotta dai servizi della Commissione aveva concluso per la sua perfetta probità. Osservando che, in generale, l' articolo in questione non era conforme alla realtà, il signor De Koster rammentava che il modo preciso in cui la pratica in causa veniva trattata era stato oggetto, già il 16 dicembre 1991, di un' informazione alla stampa. Per quanto riguarda più in particolare il ricorrente, il signor De Koster osservava che "contrariamente alla Vostra affermazione, non è lui, a nome della Commissione, bensì le associazioni europee competenti che hanno chiesto che la Federazione dell' industria edilizia europea (FIEC) coordinasse l' attività dei gruppi di lavoro incaricati di raccogliere gli elementi che dovranno servire da base per l' elaborazione della proposta di direttiva in questione".

14 Malgrado la menzione "copia: (...) signor Caronna", a pié di pagina, nessuna copia di detta lettera veniva trasmessa in quel periodo al ricorrente, il quale ne veniva a conoscenza solo tre mesi dopo (v., in prosieguo, punto 17 della motivazione).

15 Le Canard enchaîné non pubblicava la lettera. La Commissione non intraprendeva altre azioni.

16 Il 1 aprile 1992 il ricorrente presentava, ai sensi dell' art. 90, n. 2, dello Statuto, un reclamo registrato dalla segreteria generale della Commissione il 2 aprile seguente "contro la decisione della Commissione (...) di limitare la propria assistenza all' invio di una semplice lettera a Le Canard enchaîné in cui venivano unicamente smentite le accuse pubblicate nel suddetto giornale". Il ricorrente sosteneva, fra l' altro, che sebbene fosse stata informata in tempo utile del carattere diffamatorio dell' articolo controverso, l' APN non aveva intrapreso alcuna azione per reintegrare il suo onore e per ottenere dal giornale di cui trattasi il risarcimento del danno causato al suo dipendente. Per quanto riguardava la lettera inviata dalla Commissione a Le Canard enchaîné, egli sottolineava che una richiesta di pubblicazione presentata, in virtù del diritto di replica, oltre tre mesi dopo la pubblicazione dell' articolo controverso, avrebbe soltanto aggravato il suo danno. In effetti, in applicazione del rispetto dei diritti della difesa, un giornale è obbligato a pubblicare una replica a qualunque pubblicazione che chiami direttamente in causa una persona. Questo diritto di replica si può quindi concepire solo se viene esercitato nei giorni che seguono la pubblicazione dell' articolo incriminato. Infine, quand' anche il giornale di cui trattasi nella fattispecie avesse ancora accettato di pubblicare una replica tardiva, esso non avrebbe mancato di sottolineare la tardività dell' azione della Commissione, che avrebbe agito solamente perché costretta ed obbligata, e non avrebbe mancato quindi di trarne le logiche conseguenze. Era quindi evidente che la pubblicazione tardiva di una replica non avrebbe potuto che aggravare il danno già subito dal ricorrente, divenuto irreparabile a causa della Commissione. Il ricorrente ne deduceva di non aver avuto ° e di non aver più ° la possibilità di essere reintegrato pubblicamente nel suo onore a causa unicamente delle omissioni dell' APN, la quale era obbligata ad intervenire d' ufficio per assisterlo, ai sensi dell' art. 24 dello Statuto, e a risarcire il danno morale estremamente grave derivante sia dalla pubblicazione dell' articolo calunnioso sia dalle proprie omissioni. Poiché i provvedimenti come quelli sono descritti nella nota che gli era stata inviata l' 11 marzo 1992 non erano tali da reintegrare pubblicamente il suo onore, il ricorrente chiedeva che la decisione impugnata fosse revocata e sostituita da una decisione conforme agli obblighi della Commissione, enunciati dall' art. 24 dello Statuto. Il reclamo terminava con la frase seguente: "Egli chiede inoltre che la Commissione risarcisca il danno da lui subito con il versamento della somma di 100 000 ECU".

17 Questo reclamo veniva esaminato nella riunione del 17 giugno 1992 da un gruppo interservizi. In questa occasione il ricorrente riceveva copia della lettera che il signor De Koster aveva inviato l' 11 marzo precedente al redattore capo de Le Canard enchaîné.

18 Il 18 giugno 1992 l' avvocato del ricorrente inviava alla Commissione una lettera nella quale criticava, fra l' altro, il fatto che la lettera inviata a Le Canard enchaîné non fosse stata previamente comunicata al ricorrente, il quale ne era venuto a conoscenza solo il 17 giugno. Questo nuovo errore di procedura avrebbe messo il ricorrente nella totale impossibilità di approntare personalmente la propria difesa nel modo migliore per i suoi interessi. Egli aggiungeva che la pubblicazione di una replica che avvenisse oltre sei mesi dopo la pubblicazione dell' articolo calunnioso avrebbe potuto solamente aggravare il danno subito e chiedeva quindi che la Commissione accogliesse favorevolmente il reclamo adottando i provvedimenti che avrebbero reintegrato pubblicamente l' onore del ricorrente.

19 Benché il 16 luglio 1992 il ricorrente avesse inviato un sollecito, la Commissione non rispondeva al reclamo che, di conseguenza, costituiva oggetto di un rigetto implicito il 2 agosto 1992.

20 Successivamente il ricorrente ha proposto il presente ricorso, che è stato registrato nella cancelleria del Tribunale il 20 agosto 1992.

21 La fase scritta del procedimento si è svolta ritualmente. Con ordinanza 18 febbraio 1993, il presidente della Quarta Sezione del Tribunale ha ammesso l' intervento dell' Union syndicale-Bruxelles a sostegno delle conclusioni del ricorrente, conformemente alla sua richiesta registrata nella cancelleria del Tribunale l' 8 dicembre 1992. Dopo il deposito della memoria d' intervento, è stata chiusa la fase scritta del procedimento. Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quarta Sezione) ha deciso di passare alla fase orale senza procedere ad istruttoria. Esso tuttavia ha posto alcuni quesiti alle parti.

Conclusioni delle parti

22 Il ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

° dichiarare che la Commissione è venuta meno al suo dovere di assistenza non adottando, in tempo utile, i provvedimenti idonei a reintegrare pubblicamente l' onore e la dignità del ricorrente e che essa è tenuta a risarcire il danno causato al ricorrente dalla pubblicazione dell' articolo de Le Canard enchaîné;

di conseguenza, condannare la Commissione a pagare al ricorrente, come risarcimento del danno morale, la somma di 100 000 ECU;

° condannare la Commissione alle spese del giudizio.

23 L' interveniente conclude che il Tribunale voglia:

accogliere le conclusioni del ricorrente e condannare la Commissione alle spese del giudizio, comprese quelle sostenute dall' interveniente.

24 La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

° dichiarare il ricorso irricevibile o, quanto meno, respingerlo;

° statuire sulle spese come di diritto.

25 Il Tribunale rileva innanzi tutto che il ricorrente chiede il risarcimento di due danni diversi, ossia, da una parte il danno iniziale che la pubblicazione su Le Canard enchaîné dell' articolo di cui trattasi gli avrebbe causato e, dall' altra, il danno successivo che sarebbe derivato dalla violazione, da parte della Commissione, del suo dovere di assistenza. Di conseguenza, occorre esaminare in primo luogo le conclusioni volte alla condanna della Commissione a risarcire in solido, ai sensi dell' art. 24, secondo comma, dello Statuto, il danno iniziale causato al ricorrente dalla pubblicazione dell' articolo di stampa controverso.

Sulle conclusioni dirette alla condanna della Commissione a risarcire in solido, ai sensi dell' art. 24, secondo comma, dello Statuto, il danno iniziale assertivamente causato dalla pubblicazione dell' articolo di stampa controverso

Argomenti delle parti

26 Il ricorrente rammenta che l' art. 24, secondo comma, dello Statuto, impone alle Comunità di risarcire in solido i danni subiti dai loro dipendenti. Il ricorrente ne deduce di essere legittimato a chiedere alla Commissione il risarcimento del danno subito a causa della pubblicazione dell' articolo de Le Canard enchaîné dell' 11 dicembre 1991. La Commissione, benché informata dal 13 dicembre 1991 del carattere diffamatorio dell' articolo controverso, non avrebbe intrapreso alcuna azione per ottenere dal giornale suddetto il risarcimento del danno causato al suo dipendente. Come il direttore generale del ricorrente ha ricordato nella sua nota del 20 dicembre 1991, il ricorrente, tenuto, ai sensi dell' art. 17 dello Statuto, ad osservare la massima discrezione sui fatti e sulle informazioni di cui aveva conoscenza nell' esercizio delle sue funzioni, non avrebbe avuto, per questo motivo, alcuna possibilità di difendersi contro l' autore dell' articolo controverso.

27 Quanto all' entità del danno subito a causa della pubblicazione dell' articolo di cui trattasi, il ricorrente indica, nella replica, che, tenuto conto del periodo di tempo trascorso, egli ha constatato che non gli era più possibile costringere l' autore dell' infrazione "a reintegrare pubblicamente il suo onore (...) con il pagamento di un indennizzo simbolico". Il ricorrente avrebbe quindi "rinunciato ad una richiesta che era divenuta priva di oggetto e ha limitato la sua azione al risarcimento del danno derivante dal rifiuto della Commissione di intraprendere in tempo utile qualunque azione idonea a reintegrare pubblicamente il suo onore e la sua dignità".

28 L' interveniente rammenta in questo contesto che l' obbligo di discrezione che si impone ai dipendenti ha impedito al ricorrente di agire di propria iniziativa contro i responsabili del danno causato dalla pubblicazione dell' articolo controverso.

29 La Commissione sottolinea nel controricorso che la responsabilità in solido prevista dall' art. 24, secondo comma, dello Statuto, trova applicazione solo se il dipendente ha adito le vie legali, ma non ha potuto ottenere il risarcimento del danno da parte del terzo responsabile. Orbene, sarebbe necessario constatare che il ricorrente non ha intentato alcuna azione giudiziaria civile o penale, cosicché la sua richiesta d' indennizzo non soddisferebbe le condizioni richieste dalla succitata disposizione. Essa ritiene che a torto il ricorrente sostenga di aver diritto ad un risarcimento pur non avendo intentato alcuna azione giudiziaria contro i responsabili dell' articolo di stampa per il fatto che egli non avrebbe potuto agire in ragione del suo dovere di riservatezza.

30 Nella controreplica la Commissione sostiene che le conclusioni presentate dal ricorrente in base all' art. 24, secondo comma, dello Statuto sono irricevibili per il fatto che egli si è astenuto dal cercare di ottenere previamente, dai responsabili dell' articolo di stampa controverso, il risarcimento del suo preteso danno. In subordine, la Commissione osserva che il ricorrente non ha provato, con una decisione emanata dalle sole autorità giurisdizionali competenti nella fattispecie, ossia i tribunali francesi, che vi è effettivamente stata colpa o diffamazione. Analogamente, solo i tribunali francesi avrebbero potuto constatare l' esistenza di un danno, di un vincolo di causalità tra il danno e la colpa e fissare di conseguenza l' importo del risarcimento dovuto.

Giudizio del Tribunale

31 Il Tribunale rammenta che, secondo i termini stessi dell' art. 24, secondo comma, dello Statuto, un ricorso per risarcimento danni basato sulla responsabilità solidale prevista da questa disposizione può essere accolto solo se, fra l' altro, il dipendente leso non ha potuto previamente ottenere un risarcimento dall' autore del danno. In questo contesto, occorre innanzi tutto stabilire se questa condizione costituisca un presupposto di ricevibilità del ricorso o rientri nell' esame della sua fondatezza.

32 A tale riguardo occorre rinviare alla giurisprudenza della Corte in materia di responsabilità extracontrattuale, secondo la quale la ricevibilità di un ricorso per risarcimento ai sensi degli artt. 178 e 215, secondo comma del Trattato CEE può trovarsi subordinata, in taluni casi, all' esaurimento dei rimedi giurisdizionali interni, a condizione tuttavia che tali rimedi nazionali garantiscano in maniera efficace la tutela dei singoli interessati e possano condurre al risarcimento del danno lamentato (v., per esempio, sentenze 26 febbraio 1986, causa 175/84, Krohn/Commissione, Racc. pag. 753, punto 27 della motivazione, e 29 settembre 1987, causa 81/86, De Boer Buizen/Consiglio e Commissione, Racc. pag. 3677, punto 9 della motivazione).

33 Il Tribunale rileva che, se la Corte ha considerato l' esaurimento dei rimedi giurisdizionali nazionali come una condizione implicita di ricevibilità di un ricorso per risarcimento nell' ambito del quale la responsabilità della Comunità è chiamata in causa per danni causati dalle proprie istituzioni o dai propri agenti, questo ragionamento deve anche, e a maggior ragione, valere nella situazione disciplinata dall' art. 24, secondo comma, dello Statuto, nella quale la Comunità, lungi dall' essere tenuta a riparare un danno che essa stessa abbia causato, deve far fronte, a motivo del suo dovere generale di assistenza, ad un semplice obbligo solidale e sussidiario di risarcire un danno che è stato causato al suo dipendente da un terzo.

34 Nella fattispecie la Commissione sostiene, nel controricorso, che il ricorrente non ha soddisfatto la condizione enunciata dall' art. 24, secondo comma, dello Statuto. Questo mezzo, così presentato, è ricevibile, costituendo la qualifica giuridica di eccezione d' irricevibilità che la Commissione gli ha dato nella fase della controreplica solo un argomento supplementare.

35 Per quanto concerne il criterio stabilito dalla succitata giurisprudenza della Corte, secondo il quale i rimedi giurisdizionali nazionali devono garantire in maniera efficace la tutela dei singoli interessati in quanto idonei a condurre al risarcimento del danno lamentato, il Tribunale considera che, trattandosi di un caso di applicazione dell' art. 24, secondo comma, dello Statuto, che prevede solo un obbligo solidale e sussidiario di risarcimento a carico della Comunità, il dipendente assertivamente leso deve almeno produrre indizi tali da suscitare seri dubbi quanto all' efficacia della tutela garantita dai rimedi nazionali.

36 Nella fattispecie, il ricorrente, che non ha mai provato a rivolgersi all' autore dell' articolo di stampa controverso o a Le Canard enchaîné per ottenere, all' occorrenza dinanzi ai tribunali francesi, un risarcimento, non ha fornito alcun elemento idoneo a provare che tale omissione sia originata dal fatto che le disposizioni pertinenti del diritto francese escludano o rendano particolarmente difficile la condanna dei responsabili dell' articolo di stampa controverso al risarcimento del danno che egli ritiene di aver subito.

37 In quanto il ricorrente cerca di giustificare la sua omissione di agire contro i responsabili dell' articolo di stampa controverso invocando l' obbligo di riservatezza che gli incombe ai sensi dell' art. 17 dello Statuto, il Tribunale ritiene che nelle circostanze della fattispecie la discrezione imposta al ricorrente dalla suddetta disposizione non poteva essere più rigorosa di quella che la Commissione stessa ha osservato in materia. Orbene, la Commissione si è difesa il 16 dicembre 1991 facendo sapere, mediante pubbliche dichiarazioni, che erano state le associazioni europee e non la Commissione stessa a chiedere che la FIEC fosse designata a coordinare i lavori dei gruppi di esperti. Il ricorrente avrebbe potuto riferirsi a queste dichiarazioni nell' ambito dell' azione che avrebbe dovuto previamente intentare, ai sensi dell' art. 24, secondo comma, dello Statuto, contro gli autori del danno che egli ritiene di aver subito. Egli avrebbe almeno dovuto prendere l' iniziativa minima, che, nel sistema dell' art. 24, secondo comma, dello Statuto, incombe al dipendente e non all' amministrazione, di discutere con quest' ultima le modalità del suo obbligo di riservatezza per preparare un' eventuale azione di danni.

38 Ne consegue che le conclusioni volte alla condanna della Commissione ad un risarcimento in base all' art. 24, secondo comma, dello Statuto devono essere dichiarate irricevibili, senza che sia necessario esaminare se l' importo del risarcimento richiesto sia stato sufficientemente precisato ai sensi dell' art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura, né se il procedimento precontenzioso si sia svolto ritualmente sotto questo profilo.

Sulle conclusioni volte alla condanna della Commissione al risarcimento del danno assertivamente causato da essa per violazione del dovere di assistenza che le incombe ai sensi dell' art. 24, primo comma, dello Statuto

Sulla ricevibilità

Riguardo all' oggetto dei diversi capi di conclusioni

39 Occorre rammentare che il ricorso contiene, oltre alle conclusioni per risarcimento propriamente dette, ossia quelle volte alla condanna della Commissione al pagamento della somma di 100 000 ECU per risarcire il danno morale subito dal ricorrente, anche conclusioni volte a far accertare, da una parte, che la Commissione è venuta meno al suo dovere di assistenza e, dall' altra, che essa è tenuta a risarcire il danno che ne è derivato.

40 Per quanto concerne innanzi tutto le conclusioni volte a far accertare che la Commissione è venuta meno al suo dovere di assistenza, occorre osservare che il Tribunale ha affermato, nella sentenza 8 novembre 1990, causa T-73/89, Barbi/Commissione (Racc. pag. II-619, punto 21 della motivazione), rinviando alla giurisprudenza della Corte (sentenze 8 luglio 1965, causa 68/63, Luhleich/Commissione della CEEA, Racc. pag. 665, e 12 luglio 1973, cause riunite 10/72 e 47/72, Di Pillo/Commissione, Racc. pag. 763), che siffatte conclusioni possono venire presentate nell' ambito di un ricorso per risarcimento, che, conformemente all' art. 91, n. 1, seconda frase, dello Statuto, rientra nella competenza di legittimità e di merito del Tribunale. Detta giurisprudenza è stata peraltro confermata dalle sentenze del Tribunale 27 giugno 1991, causa T-156/89, Valverde Mordt/Corte di giustizia (Racc. pag. II-407, punto 141 della motivazione) e 8 ottobre 1992, causa T-84/91, Meskens/Parlamento (Racc. pag. II-2335, punto 30 della motivazione), che hanno dichiarato ricevibili, nell' ambito del ricorso per risarcimento, conclusioni volte all' accertamento di un illecito dell' amministrazione.

41 In quanto il ricorrente chiede poi al Tribunale di dichiarare che la Commissione è tenuta a risarcire il danno che egli ritiene di aver subito, si deve notare che anche siffatte conclusioni sono state considerate ricevibili dalla Corte, in particolare in cause in cui l' entità del danno è stata precisata solo successivamente. Così, nella sentenza 28 marzo 1979, causa 90/78, Granaria/Consiglio e Commissione (Racc. pag. 1081, punto 6 della motivazione), la Corte ha affermato che, nell' ambito di un ricorso per risarcimento proposto ai sensi dell' art. 178 del Trattato CEE, il giudice comunitario, per ragioni di economia processuale, può pronunciarsi, in una prima fase del procedimento, sul se il comportamento dell' istituzione convenuta sia stato idoneo a far sorgere la responsabilità della stessa.

42 Di conseguenza, i diversi capi di conclusioni del ricorso devono essere tutti dichiarati ricevibili quanto al loro rispettivo oggetto.

Riguardo ai mezzi d' irricevibilità dedotti dalla Commissione

43 La Commissione, senza sollevare un' eccezione formale d' irricevibilità ai sensi dell' art. 114 del regolamento di procedura, deduce nel controricorso tre mezzi d' irricevibilità relativi, rispettivamente, ad una divergenza tra l' oggetto della domanda iniziale di assistenza e quello del reclamo e del ricorso successivi, all' assenza di un atto arrecante pregiudizio e al carattere impreciso e indeterminabile dell' oggetto del reclamo e del ricorso.

Sulla divergenza tra l' oggetto della domanda iniziale di assistenza e quello del reclamo e del ricorso successivi

° Argomenti delle parti

44 La Commissione sostiene che l' oggetto della domanda iniziale di assistenza e quello del reclamo e del ricorso successivi sono radicalmente diversi. In effetti, il presente ricorso sarebbe volto unicamente all' ottenimento di un risarcimento, mentre tale pretesa non sarebbe neanche stata menzionata nella domanda iniziale del 28 gennaio 1992 e non avrebbe quindi costituito oggetto di una previa domanda ai sensi dell' art. 90, n. 1, dello Statuto, cosicché il ricorso sarebbe irricevibile (sentenza del Tribunale 25 settembre 1991, causa T-5/90, Marcato/Commissione, Racc. pag. II-731). Del resto, il cambiamento intervenuto nell' oggetto della domanda nel corso del procedimento amministrativo renderebbe parimenti il ricorso irricevibile. In effetti, questo cambiamento avrebbe alterato il buono svolgimento del procedimento precontenzioso, che ha proprio lo scopo di consentire una transazione amichevole, il che implica che l' oggetto del reclamo non può essere diverso da quello della domanda iniziale.

45 La Commissione aggiunge che il fatto che la domanda di assistenza del 28 gennaio 1992 sia eventualmente divenuta priva di oggetto non è pertinente, poiché questa circostanza non ha potuto impedire al ricorrente di ricominciare il procedimento ab initio e di presentare, prima del ricorso per risarcimento, la domanda prevista dall' art. 90 dello Statuto.

46 Il ricorrente ripete che, poiché la Commissione non ha intrapreso alcuna azione efficace, egli è stato costretto a constatare che, tenuto conto del periodo di tempo trascorso, non gli era più possibile costringere l' autore dell' infrazione a reintegrare pubblicamente il suo onore. Di conseguenza, egli avrebbe molto logicamente e giustamente rinunciato ad una domanda di annullamento che era divenuta priva di oggetto e avrebbe limitato la sua azione al risarcimento del danno derivante dal rifiuto della Commissione di intraprendere in tempo utile una qualunque azione idonea a reintegrare pubblicamente il suo onore. In effetti, a causa dell' assenza di un' azione immediata da parte della Commissione per difenderlo, il suo danno non potrebbe più essere risarcito se non con il pagamento di un indennizzo che ripari il danno subito.

47 L' interveniente sostiene che il cambiamento dell' oggetto della domanda di assistenza nel corso del procedimento precontenzioso non può aver alterato il buono svolgimento di tale procedimento. In effetti, il ricorrente avrebbe solo potuto presentare un reclamo contro la decisione dell' 11 marzo 1992 che non reintegrava pubblicamente il suo onore. Quanto al fatto che il procedimento precontenzioso abbia lo scopo di consentire una transazione amichevole, l' interveniente afferma che la Commissione era perfettamente informata dello scopo perseguito dal ricorrente. Inoltre, la Commissione, non avendo risposto alla nota del signor Perissich, avendo lasciato trascorrere più di un mese e mezzo prima di rispondere alla domanda di assistenza presentata dal ricorrente e non avendo risposto al suo reclamo, non potrebbe sostenere di aver cercato di giungere ad una transazione amichevole in questa causa.

48 L' interveniente osserva anche che, se la domanda di assistenza del 28 gennaio 1992 non era diretta all' ottenimento di un risarcimento, la nota del 21 febbraio seguente, che la completa, invitava espressamente la Commissione ad indicare quali fossero le disposizioni che sarebbero state adottate per risarcire, in solido con l' autore dell' articolo di cui trattasi e con il giornale, i danni subiti dal ricorrente. In questa nota, il ricorrente avrebbe precisato inoltre che egli avrebbe presentato, all' occorrenza, un reclamo contro l' omissione della Commissione di adottare in tempo utile i provvedimenti atti a garantire la difesa dei suoi interessi e ad ottenere il risarcimento dei danni da lui subiti. L' interveniente ne deduce che è inesatto sostenere che il ricorrente non avesse mai chiesto, prima dell' instaurazione del procedimento precontenzioso, il risarcimento del danno che gli era stato causato dalla pubblicazione dell' articolo controverso.

° Giudizio del Tribunale

49 Occorre verificare innanzi tutto se il ricorrente abbia modificato, nel corso del procedimento amministrativo, l' oggetto delle sue pretese. Nella domanda del 28 gennaio 1992 egli si è limitato a chiedere alla Commissione l' assistenza prevista dall' art. 24 dello Statuto affinché venissero difesi il suo onore e la sua probità. Nella nota del 21 febbraio 1992 egli ha riproposto questa prima domanda. Egli ha chiesto che la Commissione precisasse quali fossero le disposizioni adottate per risarcire, in solido con l' autore dell' articolo di stampa controverso e con il giornale, i danni da lui subiti e ha annunciato che, in mancanza di siffatte precisazioni, avrebbe presentato un reclamo contro l' astensione della Commissione per ottenere il risarcimento di tali danni. Ne consegue che il ricorrente non ha presentato, prima della decisione dell' 11 marzo 1992, alcuna domanda volta al risarcimento del danno causato da un' eventuale carenza dell' APN. Nella nota del 21 febbraio 1992 egli aveva annunciato un reclamo in tal senso, senza tuttavia proporlo.

50 Il reclamo del 1 aprile 1992 si distingue, quanto all' oggetto, dalla domanda iniziale per il fatto che il ricorrente chiede, per la prima volta, il versamento di 100 000 ECU a titolo di risarcimento, fra l' altro, del danno derivante da una pretesa carenza dell' APN.

51 Di conseguenza, occorre esaminare se questa circostanza abbia viziato lo svolgimento del procedimento precontenzioso. A tale riguardo, si deve rammentare che il procedimento precontenzioso previsto dallo Statuto è diverso, nell' ipotesi in cui il danno del quale viene chiesto il risarcimento sia stato causato da un atto arrecante pregiudizio, da quello che è necessario nell' ipotesi in cui il danno sia stato causato da un comportamento privo di carattere decisionale. Nella prima ipotesi la ricevibilità del ricorso per risarcimento è subordinata alla condizione che l' interessato abbia presentato all' APN un reclamo contro l' atto che gli ha causato il pregiudizio e abbia proposto il ricorso entro i termini, mentre, nella seconda, il procedimento amministrativo che deve obbligatoriamente precedere il ricorso per risarcimento, conformemente agli artt. 90 e 91 dello Statuto, comporta due fasi, ossia una previa domanda volta ad ottenere un risarcimento e, in caso di rigetto, un reclamo (v. ordinanza del Tribunale 25 febbraio 1992, causa T-64/91, Marcato/Commissione, Racc. pag. II-243, punti 32 e 33 della motivazione, e succitata sentenza Meskens/Parlamento, punto 33 della motivazione).

52 Di conseguenza, si deve esaminare se il danno di cui trattasi sia stato causato da un comportamento dell' APN privo di carattere decisionale o da un atto arrecante pregiudizio. Questo esame si confonde con quello del secondo mezzo d' irricevibilità sollevato dalla Commissione.

Sull' insussistenza di un atto arrecante pregiudizio

° Argomenti delle parti

53 La Commissione sostiene che la sua decisione dell' 11 marzo 1992 ha accolto favorevolmente la domanda di assistenza formulata dal ricorrente e ha informato quest' ultimo del fatto che l' assistenza sollecitata avrebbe assunto la forma di una lettera inviata a Le Canard enchaîné. Di conseguenza, questa decisione non avrebbe potuto arrecare pregiudizio al ricorrente, poiché egli stesso aveva sollecitato tale misura sei settimane prima. Il ricorrente non sarebbe quindi stato legittimato a presentare un reclamo contro tale decisione che gli accordava quanto aveva richiesto. Se il ricorrente alla fine si è opposto nel suo reclamo all' esercizio di un diritto di replica, questo sarebbe avvenuto non a causa di una pretesa tardività, ma piuttosto perché era divenuto evidente che la Commissione, con la sua conferenza stampa del 16 dicembre 1991, aveva ristabilito la verità e messo fine a qualunque polemica. Il ricorrente avrebbe, quindi, giudicato probabilmente preferibile non fornire alcun pretesto suscettibile di rilanciare una polemica e rivolgersi direttamente alla Commissione per chiederle un risarcimento.

54 La Commissione aggiunge che il timore che l' esercizio di un diritto di replica rilanci la polemica e aggravi il danno è altrettanto giustificato sia se di tale diritto si sia fatto uso nei quindici giorni successivi alla pubblicazione dell' articolo calunnioso sia se esso sia stato fatto valere alcuni mesi più tardi. Infine, il fatto che una replica venga inviata dopo tre mesi (lettera dell' 11 marzo 1992) anziché dopo un mese e mezzo (domanda del 28 gennaio 1992) non sarebbe evidentemente tale da creare un danno particolare o diverso.

55 Il ricorrente replica che la decisione impugnata, anche se accoglie favorevolmente la sua domanda, gli arreca pregiudizio nella misura in cui l' assistenza accordata è inadeguata, anzi tale da aggravare il danno già subito. In effetti, il giornale di cui trattasi non avrebbe mancato di osservare che solo tre mesi dopo la pubblicazione dell' articolo la Commissione aveva accordato la sua assistenza al suo dipendente sotto forma di una semplice richiesta di pubblicazione, in virtù di un diritto di replica che non esisteva più, tenuto conto del periodo di tempo trascorso, e che non era più possibile, quindi, dar seguito a detta richiesta. L' atto arrecante pregiudizio ai sensi dell' art. 90, n. 2, dello Statuto sarebbe quindi la decisione della Commissione di limitare la sua assistenza al solo invio, tre mesi dopo la pubblicazione dell' articolo diffamatorio, di una richiesta di pubblicazione in virtù del diritto di replica.

56 L' interveniente sostiene che la decisione dell' 11 marzo 1992 viene impugnata per il fatto che l' APN ha limitato la sua assistenza ad una semplice lettera a Le Canard enchaîné, quindi per l' inefficacia dei provvedimenti adottati. L' invio di una richiesta di pubblicazione in virtù del diritto di replica non sarebbe stato tale da reintegrare il ricorrente nei suoi diritti. In effetti, l' APN non avrebbe potuto ignorare che Le Canard enchaîné non avrebbe dato alcun seguito a tale richiesta fatta esattamente tre mesi dopo la pubblicazione dell' articolo controverso.

° Giudizio del Tribunale

57 Secondo una giurisprudenza costante, arrecano pregiudizio solo gli atti che possono incidere direttamente sulla posizione giuridica di un dipendente (v., da ultimo, sentenza del Tribunale 8 giugno 1993, causa T-50/92, Fiorani/Parlamento, Racc. pag. II-555, punto 29 della motivazione).

58 A tale riguardo, occorre osservare che l' art. 24 dello Statuto, che impone alle Comunità un dovere di assistenza nei confronti dei loro dipendenti, figura nel titolo II relativo ai "diritti e doveri del funzionario". Ne consegue che, in ogni situazione in cui sussistano i necessari presupposti di fatto, tale dovere di assistenza corrisponde ad un diritto statutario del dipendente interessato e gli conferisce quindi una posizione giuridica suscettibile di essere influenzata ai sensi della giurisprudenza succitata. Nella fattispecie l' APN, con la decisione adottata in risposta alla domanda formulata dal dipendente interessato, ha limitato la sua azione ad una semplice lettera indirizzata al giornale di cui trattasi, che peraltro non è stata seguita da alcuna pubblicazione da parte di tale giornale. Ne deriva che, tenuto conto della limitazione che la Commissione ha così dato alla sua azione rispetto alle pretese del ricorrente, si deve considerare che la decisione 11 marzo 1992 può aver inciso sulla posizione giuridica del ricorrente.

59 Se dovesse risultare che la Commissione ha travisato la portata del suo dovere di assistenza, la decisione contestata costituirebbe quindi un atto arrecante pregiudizio. Di conseguenza, la valutazione dell' esistenza di un atto arrecante pregiudizio dipende dall' esame del merito della causa e questo punto va esaminato in seguito insieme alle questioni di merito sollevate dalla lite (v. sentenza del Tribunale 12 luglio 1990, causa T-108/89, Scheuer/Commissione, Racc. pag. II-411, punto 25 della motivazione).

60 Ne consegue che il giudizio da esprimere sul secondo mezzo d' irricevibilità, relativo allo svolgimento irregolare del procedimento precontenzioso, dipende dall' esame del merito della causa.

Sul carattere impreciso e indeterminabile dell' oggetto del reclamo e del ricorso

° Argomenti delle parti

61 La Commissione sostiene che la richiesta di risarcimento formulata nel reclamo è subordinata ad una domanda principale volta ad ottenere una "decisione conforme agli obblighi" della Commissione. Il ricorrente si sarebbe tuttavia astenuto dal definire che cosa egli intendesse con ciò. Egli non avrebbe mai fatto sapere alla Commissione, in modo preciso, quale forma di assistenza sollecitasse e non avrebbe mai precisato, nemmeno ora, quali fossero i provvedimenti attesi. L' oggetto principale del reclamo sarebbe quindi indeterminabile, il che renderebbe la domanda di risarcimento irricevibile e avrebbe alterato il buono svolgimento del procedimento che ha preceduto il ricorso dinanzi al Tribunale.

62 Il ricorrente ribatte che i fatti e la portata dei mezzi da lui invocati nel suo reclamo sono stati discussi, nel corso della succitata riunione interservizi, per oltre un' ora e mezza e che il rappresentante della DG IX ha affermato di comprendere perfettamente quali fossero gli obiettivi perseguiti e i provvedimenti che occorreva attuare per pervenirvi.

63 L' interveniente sostiene che la Commissione è obbligata, ai sensi dell' art. 24 dello Statuto, ad assistere i suoi dipendenti allorché questi ultimi siano vittime di diffamazioni. Tenuto conto di detto obbligo, il ricorrente non sarebbe quindi stato tenuto a presentare una richiesta formale di assistenza ai sensi dell' art. 90, n. 1, dello Statuto. La Commissione avrebbe piuttosto dovuto, considerato il carattere esemplare di questa causa e le sue implicazioni politiche, adottare d' ufficio tutte le decisioni che riteneva più adeguate per reintegrare pubblicamente l' onore del suo dipendente. La Commissione rimprovera quindi a torto al ricorrente di non essere stato più esplicito riguardo alla natura dei provvedimenti che egli sollecitava. L' interveniente aggiunge che, se la Commissione non aveva compreso la portata della richiesta di assistenza con cui era adita, le sarebbe stato sufficiente chiedere le necessarie precisazioni. Inoltre, solo dopo la presentazione del ricorso la Commissione avrebbe rimproverato al ricorrente la sua pretesa imprecisione. Orbene, essa non sarebbe legittimata a sollevare tale mezzo d' irricevibilità posteriormente alla presentazione del ricorso.

° Giudizio del Tribunale

64 A tale riguardo è sufficiente rammentare che, secondo la giurisprudenza della Corte, l' amministrazione, da una parte, dispone, nella scelta dei mezzi e dei provvedimenti per l' applicazione dell' art. 24 dello Statuto, di un potere discrezionale, soggetto al sindacato del giudice comunitario, (sentenza 14 febbraio 1990, causa C-137/88, Schneemann e a./Commissione, Racc. pag. I-369, punto 9 della motivazione), e, dall' altra, è tenuta ad adottare tutti i provvedimenti per reintegrare, ai sensi dello stesso art. 24, la reputazione lesa del dipendente la cui dignità professionale è stata messa in discussione (sentenza 18 ottobre 1976, causa 128/75, Signor N./Commissione, Racc. pag. 1567, punto 10 della motivazione).

65 Ne consegue che il dipendente che chiede l' assistenza della sua amministrazione può limitarsi a ricordare il dovere di assistenza sancito dall' art. 24 dello Statuto senza fornire altre precisazioni e che l' amministrazione deve adottare, in seguito, i provvedimenti obiettivamente necessari e adeguati in materia. Del resto, la Commissione stessa ha sottolineato (pag. 9 della controreplica) che spetta ad essa valutare la forma più appropriata nella quale intende adempiere il suo dovere di assistenza.

66 Occorre aggiungere che il ricorrente ha sostenuto, nel reclamo e nell' atto introduttivo, che la Commissione non ha pubblicamente reintegrato il suo onore e la sua dignità. Questo oggetto del reclamo e dell' atto introduttivo risulta quindi sufficientemente precisato.

67 Pertanto, il terzo mezzo d' irricevibilità deve essere respinto.

Nel merito

68 Poiché le conclusioni presentate nell' ambito del ricorso hanno tre oggetti diversi, il Tribunale ritiene opportuno iniziare ad esaminare le conclusioni volte a far dichiarare che la Commissione è venuta meno al suo dovere di assistenza e ha commesso, per questo motivo, un illecito.

Sulla fondatezza delle conclusioni volte a far dichiarare un illecito dell' amministrazione

Argomenti delle parti

69 Il ricorrente rimprovera innanzi tutto alla Commissione di aver violato il dovere di assistenza che le incombeva ai sensi dell' art. 24, primo comma, dello Statuto. Egli rammenta, descrivendo i fatti a cominciare dalla pubblicazione dell' articolo di cui trattasi su Le Canard enchaîné, che la Commissione, anche se informata già il 13 dicembre 1991 dal signor Perissich del carattere diffamatorio di questo articolo, non ha fatto nulla ° né durante la conferenza stampa organizzata dalla tre associazioni europee, né nel suo comunicato stampa ° per reintegrare espressamente e pubblicamente il suo onore, mentre egli era stato diffamato unicamente a causa di azioni intraprese nell' esclusivo interesse della Commissione. Se il ricorrente ammette che il riferimento fatto nell' articolo controverso alla sua attività all' interno dell' associazione italiana degli imprenditori di lavori pubblici non è di per sé diffamatorio, egli sottolinea tuttavia che esso non corrisponde alla realtà dei fatti e che la diffamazione risiede incontestabilmente nel tono dell' articolo e nelle sue insinuazioni.

70 Il ricorrente osserva poi che, contrariamente alle affermazioni della parte avversa, la Commissione non ha manifestato, nel corso della conferenza stampa da essa organizzata il 16 dicembre 1991, il suo totale sostegno al suo dipendente chiamato in causa. In particolare, essa non avrebbe eliminato tutti i possibili equivoci nei confronti della stampa e delle istituzioni stesse.

71 Quanto alla lettera inviata dalla Commissione l' 11 marzo 1992 a Le Canard enchaîné, in forza del diritto di replica, il ricorrente ne sottolinea il carattere manifestamente tardivo. In effetti, il diritto di replica potrebbe essere concepito solo se esercitato nei giorni successivi alla pubblicazione dell' articolo diffamatorio. Altrimenti l' autore dell' articolo non mancherebbe, nei suoi commenti che si accompagnano all' inserzione richiesta, di far notare il ritardo con cui è stata intrapresa l' azione, il che fornirebbe al giornale l' occasione per rilanciare la polemica. Del resto, nella fattispecie, la lettera che chiedeva l' inserzione di una rettifica non sarebbe stata seguita da alcuna pubblicazione sul giornale di cui trattasi, né la Commissione avrebbe inviato solleciti o lettere di diffida.

72 Inoltre, il ricorrente sottolinea che il suo direttore generale aveva rammentato, nella nota del 20 dicembre 1991, che il ricorrente era tenuto, ai sensi dell' art. 17 dello Statuto, ad osservare la massima discrezione sui fatti e sulle informazioni di cui era a conoscenza nell' esercizio delle sue funzioni; il direttore generale avrebbe, di conseguenza, chiesto alla Commissione di applicare di propria iniziativa l' art. 24 dello Statuto al fine di fornire aiuto ed assistenza al ricorrente.

73 Egli aggiunge che la Commissione non lo ha mai esonerato dall' obbligo di discrezione che gli incombeva ai sensi dell' art. 17 dello Statuto. Per questo motivo, egli non avrebbe avuto alcuna possibilità di difendersi da solo contro l' autore dell' articolo controverso. Se è vero che egli avrebbe potuto sporgere denuncia e/o intentare un' azione civile, ciò non toglie che la sua azione non avrebbe avuto alcun senso in quanto il suo direttore generale gli aveva espressamente rammentato il suo dovere di riservatezza.

74 L' interveniente sostiene che la Commissione è tenuta, ai sensi dell' art. 24 dello Statuto, ad assistere i suoi dipendenti quando questi vengano diffamati in ragione della loro qualifica e delle loro funzioni. Trattandosi di una competenza vincolata, essa non disporrebbe di alcun potere discrezionale riguardo all' opportunità di accordare questa assistenza. In questo contesto, l' interveniente rinvia alle sentenze della Corte 11 luglio 1974, causa 53/72, Guillot/Commissione (Racc. pag. 791, punti 3 e 4 della motivazione) e 12 giugno 1986, causa 229/84, Sommerlatte/Commissione (Racc. pag. 1805, punto 20 della motivazione), per concludere che, nella fattispecie, la Commissione era obbligata a fornire specifica assistenza di propria iniziativa. In effetti, si sarebbe in presenza di circostanze eccezionali, dato che il direttore generale del ricorrente aveva ritenuto, tenuto conto del carattere esemplare del caso, di dover presentare, in nome del suo dipendente, una domanda di assistenza presso l' APN. In queste circostanze, non sarebbe spettato al ricorrente presentare una richiesta formale di assistenza ai sensi dell' art. 90 dello Statuto.

75 Infine, l' interveniente si associa al parere del ricorrente riguardo al suo obbligo di riservatezza ai sensi dell' art. 17 dello Statuto. Se la Commissione avesse ritenuto che il ricorrente non era tenuto ad osservare tale obbligo, essa avrebbe dovuto chiarire questo punto già al momento della ricezione della nota inviata il 20 dicembre 1991 dal suo direttore generale.

76 La Commissione osserva, in via preliminare, che l' affermazione contenuta nell' articolo controverso secondo la quale il ricorrente "è un ex dipendente dell' associazione italiana degli imprenditori di lavori pubblici" corrisponde alla realtà e non è, di per sé, diffamatoria.

77 La Commissione sottolinea poi che è completamente inesatto sostenere che essa non abbia reagito in modo adeguato all' attacco formulato in questo articolo. In effetti, la Commissione avrebbe assunto, nel corso della conferenza stampa da essa organizzata il 16 dicembre 1991, cioè immediatamente dopo la pubblicazione dell' 11 dicembre 1991, tutte le sue responsabilità e avrebbe manifestato il suo totale sostegno al dipendente chiamato in causa. Qualunque equivoco riguardo al ricorrente sarebbe quindi stato eliminato sia nei confronti della stampa che delle istituzioni stesse. Con le precisazioni fornite in occasione di questa conferenza stampa, essa avrebbe ufficialmente e categoricamente smentito l' imputazione diffamatoria de Le Canard enchaîné secondo la quale il ricorrente avrebbe deciso di affidare "alla FIEC il compito di guidare gli studi dei quarantotto esperti". L' efficacia di questa conferenza stampa sarebbe confermata dal fatto che essa ha posto fine a qualunque polemica. Ciò dimostrerebbe quindi che la Commissione ha risposto in modo adeguato all' articolo diffamatorio e ha pienamente adempiuto il suo dovere di assistenza.

78 La Commissione aggiunge che il ricorrente non ha il diritto di rimproverarle di essersi mostrata passiva dal momento che egli stesso non ha intrapreso alcuna azione nei confronti dell' autore dell' articolo controverso. Né egli potrebbe accusare la Commissione di immobilismo in quanto, presentando la sua richiesta di assistenza un mese e mezzo dopo i fatti, ha lasciato credere di essere d' accordo nel ritenere che la conferenza stampa fosse stata una reazione sufficiente che aveva ristabilito pienamente la verità.

79 La Commissione contesta l' affermazione del ricorrente relativa alla portata del suo obbligo di riservatezza ai sensi dell' art. 17 dello Statuto. In effetti, il dovere di riservatezza previsto dall' art. 17 dello Statuto non avrebbe affatto impedito al ricorrente di far valere i suoi diritti davanti alla giustizia: ai sensi dell' art. 35 della legge francese 29 luglio 1881 sulla libertà di stampa, applicabile in materia, spetterebbe a colui che ha fatto le affermazioni di cui trattasi dimostrarne l' esattezza. Il ricorrente, presentando la denuncia, non sarebbe quindi venuto meno al suo dovere di riservatezza, poiché toccava all' autore dell' articolo dimostrare la realtà e la fondatezza delle sue affermazioni. Quanto al resto, il ricorrente avrebbe potuto facilmente dimostrare l' inesattezza dei fatti in causa, poiché gli era sufficiente produrre il resoconto della conferenza stampa tenuta dalla Commissione il 16 dicembre 1991. Manifestamente, in questo modo il ricorrente non avrebbe mancato al suo obbligo di riservatezza. D' altronde, il ricorrente si sarebbe astenuto dal chiedere di essere esonerato dal suo obbligo di riservatezza e non avrebbe mai chiesto espressamente alla Commissione di fornirgli assistenza per adire eventualmente le vie legali contro l' autore dell' articolo o contro Le Canard enchaîné.

80 La Commissione aggiunge che, ai sensi dell' art. 48, n. 6, della legge francese succitata e dell' interpretazione che ne ha dato la giurisprudenza francese, solo il ricorrente era legittimato a presentare denuncia in seguito alle affermazioni diffamatorie pubblicate nei suoi confronti su Le Canard enchaîné. Egli quindi non avrebbe buone ragioni per rimproverare alla Commissione di non aver agito d' ufficio in giudizio contro il giornalista o il giornale interessato, in quanto egli era l' unico legittimato ad intraprendere tale azione.

81 Del resto, il ricorrente non avrebbe mai precisato le forme di assistenza che sollecitava né i provvedimenti che si attendeva. Al contrario, avrebbe manifestato la propria opposizione alla lettera nella quale si richiedeva la pubblicazione di una replica, inviata l' 11 marzo 1992 dalla Commissione al giornale in questione. Quanto al fatto che egli giustifica la sua opposizione eccependo che la richiesta di pubblicazione sarebbe stata tardiva e suscettibile di risollevare la polemica, la Commissione risponde di non comprendere come la pubblicazione di una replica una o due settimane dopo la pubblicazione di un articolo diffamatorio non avrebbe prodotto lo stesso effetto temuto dal ricorrente.

82 In questo contesto, la Commissione sottolinea ancora che spetta ad essa valutare la forma più appropriata per adempiere il suo dovere di assistenza. Nella fattispecie, essa avrebbe deciso di ristabilire la verità organizzando una conferenza stampa il 16 dicembre 1991 e, in seguito alla richiesta del ricorrente, avrebbe inviato una replica al giornale. Se il ricorrente avesse ritenuto che tali provvedimenti erano insufficienti, gli sarebbe stato sempre possibile intentare le debite azioni civili o penali senza neanche dover essere esonerato dal suo obbligo di riservatezza, poiché poteva avvalersi della smentita ufficiale emessa dalla Commissione nella conferenza stampa del 16 dicembre 1991.

83 All' udienza, le parti sono state concordi nel dichiarare che l' articolo di stampa di cui trattasi, pur menzionando il nome del ricorrente, riguardava, in primo luogo, la politica attuata dalla Commissione nel settore dell' edilizia e tendeva ad impedire l' adozione della direttiva progettata.

84 In questa occasione, la Commissione ha illustrato che, essendo la prima riguardata dall' articolo di stampa controverso, essa si era addossata le critiche che vi erano espresse. In questo modo, essa avrebbe ritenuto preferibile non citare espressamente il ricorrente nelle sue dichiarazioni pubbliche per evitare di dare al problema una connotazione personale e di dare maggiore pubblicità al caso. In effetti, nella fattispecie vi sarebbe stato il rischio che il nome del ricorrente riapparisse continuamente e che la polemica con il ricorrente continuasse ad essere alimentata a causa della sua precedente attività quale dipendente dell' associazione italiana dei costruttori. La menzione del nome del ricorrente sarebbe tanto meno sembrata necessaria in quanto l' articolo di stampa controverso era stato pubblicato su un giornale satirico. D' altronde, la strategia della Commissione, che è consistita nel troncare ogni polemica, avrebbe avuto pieno successo nella fattispecie dato che la campagna di stampa lanciata da Le Canard enchaîné non avrebbe avuto seguito.

85 La Commissione ha ancora sottolineato, in questo contesto, che ogni volta che un problema di fondo nasconde un problema di persone che agiscono in nome della Commissione, essa evita di intervenire ad hominem perché ritiene che un tale intervento sia controproducente. In tali circostanze, essa preferirebbe difendere la correttezza della sua azione e, in questo modo, difenderebbe contemporaneamente e inevitabilmente i suoi rappresentanti, in questo caso il ricorrente, senza entrare in polemiche di carattere personale.

86 Infine, la Commissione ha dichiarato di dubitare, in generale, dell' opportunità di invocare il diritto di replica nei confronti di un giornale. In effetti, l' esercizio del diritto di replica fornirebbe al giornale la possibilità di risollevare il caso e rinnoverebbe la pubblicità data a quest' ultimo. Perciò, la Commissione preferirebbe, in occasioni simili, rammentare il modo in cui essa ha proceduto e ristabilire quindi la verità, cosa che ha fatto, nella fattispecie, organizzando il 16 dicembre 1991 una conferenza stampa nel corso della quale fu distribuito un comunicato stampa. Solo dinanzi all' insistenza del ricorrente la Commissione avrebbe alla fine intrapreso un' azione per esercitare un diritto di replica, azione che il ricorrente le avrebbe chiesto di non proseguire.

87 All' udienza, il ricorrente ha spiegato, da parte sua, che ciò che egli si aspettava dalla Commissione era essenzialmente che essa rinnovasse formalmente e nei confronti dell' esterno, soprattutto nei confronti dei gruppi di esperti nazionali, la sua fiducia in lui adottando l' azione che essa riteneva più appropriata a tale scopo. Così, la Commissione avrebbe, per esempio, potuto dichiarare che un' indagine amministrativa aveva rivelato che le accuse formulate contro il ricorrente erano infondate. Una siffatta dichiarazione sarebbe stata, secondo il ricorrente, tale da ristabilire pubblicamente la sua reputazione.

88 In risposta alle affermazioni della Commissione, secondo le quali le azioni da essa intraprese il 16 dicembre 1991, ossia l' organizzazione di una conferenza e la distribuzione di un comunicato stampa, sarebbero state adeguate e sufficienti, il che sarebbe dimostrato dal fatto che la polemica non sarebbe mai più stata ripresa sulla stampa, il ricorrente ha sostenuto che se il caso non ha più costituito oggetto di polemica, è solo perché il progetto di direttiva censurato dall' articolo di stampa controverso non ha più alcuna prospettiva futura. Non sarebbe quindi stata un' azione efficace della Commissione a far cessare le polemiche. Al contrario, la campagna di stampa avrebbe praticamente avuto ragione di questo progetto di direttiva, di modo che ogni ulteriore polemica sarebbe divenuta superflua.

Giudizio del Tribunale

89 Di fronte a questi argomenti, occorre rilevare innanzi tutto che è la politica attuata dalla Commissione in materia di elaborazione di un progetto di direttiva sulla responsabilità dei costruttori che è stata, in primo luogo, messa in discussione nell' articolo di stampa incriminato. Tuttavia, questa critica è stata inoltre "personalizzata" attraverso insinuazioni secondo le quali il ricorrente, menzionato per nome e designato come un "alto funzionario incaricato a Bruxelles di seguire questo progetto", avrebbe, unicamente a causa della sua precedente appartenenza al settore dell' edilizia italiano e in quanto "amico della grande famiglia del cemento", favorito la lobby dei costruttori al momento dell' elaborazione del progetto di direttiva e agito, per ciò stesso, contro gli interessi dei consumatori. Detto articolo di stampa rimprovera quindi al ricorrente pubblicamente ° e contrariamente alla verità, come risulta dalle verifiche effettuate successivamente dalla Commissione ° di aver praticato, nell' esercizio delle sue funzioni, un particolare favoritismo, il che significa accusarlo di aver commesso un grave illecito. Di conseguenza, l' articolo è tale da mettere in discussione, agli occhi del pubblico, la dignità professionale del ricorrente e costituisce una diffamazione ai sensi dell' art. 24, primo comma, dello Statuto.

90 Occorre poi sottolineare che, essendo questa pubblica diffamazione di cui è stato vittima il suo dipendente indissolubilmente legata alla politica da essa attuata, la Commissione era tenuta ad opporsi a queste insinuazioni e a ristabilire pubblicamente l' onore del ricorrente. In effetti, una difesa isolata, esercitata individualmente dal solo ricorrente e accompagnata dal mutismo della Commissione, non avrebbe potuto evitare che tra il pubblico si diffondesse l' impressione che tali accuse e insinuazioni non fossero probabilmente ingiustificate. Ne deriva che nella fattispecie la pubblicazione dell' articolo di stampa controverso ha fatto sorgere per la Commissione l' obbligo di assistere il ricorrente, ai sensi dell' art. 24 dello Statuto. D' altronde, la Commissione stessa, adottando la decisione 11 marzo 1992, ha riconosciuto che i presupposti per l' adempimento del suo dovere di assistenza sussistevano nella fattispecie.

91 Spetta quindi al Tribunale esaminare quale fosse, nelle circostanze della fattispecie, la portata del dovere di assistenza della Commissione.

92 A tale riguardo, occorre rammentare che secondo la giurisprudenza della Corte, l' amministrazione, anche se dispone di un potere discrezionale nella scelta dei mezzi e dei provvedimenti per l' applicazione dell' art. 24 dello Statuto (citata sentenza Schneemann e a./Commissione, punto 9 della motivazione), è tenuta, in presenza di addebiti gravi e infondati riguardo alla dignità professionale di un dipendente nell' esercizio delle sue funzioni, a respingere tali addebiti e ad adottare tutti i provvedimenti per reintegrare la reputazione lesa dell' interessato (citata sentenza Signor N./Commissione, punto 10 della motivazione). Inoltre, occorre ricordare che nell' ordinanza 7 ottobre 1987, causa 108/86, D.M./Consiglio e CES (Racc. pag. 3933), in una causa in cui un dipendente era stato diffamato in una lettera aperta distribuita al personale da un altro dipendente, la Corte ha ritenuto che costituisse assistenza sufficiente la distribuzione, da parte dell' amministrazione allo stesso personale, di una nota di servizio rettificativa. Infine, come è stato rilevato sopra (v. punto 65 della motivazione), il dipendente che chiede l' assistenza della sua istituzione non è obbligato a precisare i provvedimenti che si attende da quest' ultima. In particolare, il diritto del dipendente offeso a che vengano adottati i provvedimenti di assistenza obiettivamente necessari non è subordinato al fatto che egli abbia previamente preso l' iniziativa di adire le vie legali contro l' autore della diffamazione (v. citata sentenza Signor N./Commissione, punto 11 della motivazione).

93 Per quanto riguarda il caso di specie, caratterizzato dal fatto che il ricorrente è stato espressamente e pubblicamente diffamato, occorre quindi esaminare, alla luce di questa giurisprudenza, se i provvedimenti adottati dalla Commissione in seguito alla pubblicazione dell' articolo di stampa controverso possano essere considerati come adeguato e sufficiente adempimento del suo obbligo di assistenza.

94 Quanto alle azioni che la Commissione ha intrapreso il 16 dicembre 1991, ossia l' organizzazione di una conferenza stampa e la distribuzione di un comunicato stampa in tale occasione nonché l' invio di un rappresentante alla conferenza stampa organizzata dalle tre associazioni europee Cecodhas, BEUC e Coface, la Commissione, con queste reazioni immediate, risulta aver utilmente difeso nei confronti del pubblico i propri interessi in quanto istituzione comunitaria. Difendendo obiettivamente il suo operato, senza che il nome del ricorrente sia mai stato menzionato in tale occasione, la Commissione ha tuttavia fornito a quest' ultimo solo un' assistenza indiretta. Orbene, il Tribunale ritiene che, stante la diffamazione pubblica, diretta e personale di cui il ricorrente era stato vittima, tale assistenza, che si limitava a tutelarlo solo mediante una difesa dell' operato della Commissione, non possa essere considerata adeguata e sufficiente per reintegrare pubblicamente il suo onore.

95 Tale valutazione è peraltro confermata dal comportamento della Commissione stessa. In effetti, inviando a Le Canard enchaîné la lettera 11 marzo 1992, nella quale sollecitava la pubblicazione di una replica, la Commissione ha, con ciò stesso, implicitamente riconosciuto che i provvedimenti attuati il 16 dicembre 1991 non potevano, da soli, essere considerati come un' assistenza adeguata e sufficiente.

96 Infine, per quanto concerne la lettera inviata l' 11 marzo 1992 dalla Commissione a Le Canard enchaîné in forza del diritto di replica, occorre constatare che la Commissione si è opposta, in tale lettera, agli addebiti ingiustificati che il giornale aveva formulato contro il ricorrente. Tuttavia, questa rettifica non ha avuto la pubblicazione che la Commissione riteneva necessaria, dato che Le Canard enchaîné non ha dato alcun seguito alla sua richiesta d' inserzione di una replica in un numero successivo del giornale. Questa mancanza di rettifica pubblica è perdurata fino al rigetto, da parte della Commissione, del reclamo del ricorrente, in quanto Le Canard enchaîné non ha mai pubblicato fino ad allora la puntualizzazione che la Commissione stessa aveva considerato necessaria. In quel momento, al più tardi, doveva essere chiaro per la Commissione che la lettera da essa inviata a Le Canard enchaîné era stata un provvedimento troppo fiacco per difendere pubblicamente l' onore del ricorrente e che essa aveva fino ad allora adempiuto il suo dovere di tutela con evidente mancanza di energia (sentenza della Corte 14 giugno 1979, causa 18/78, Signora V./Commissione, Racc. pag. 2093, punto 19 della motivazione).

97 Di conseguenza, il Tribunale ritiene che la Commissione non potesse più prolungare il suo mutismo nei confronti del pubblico, ma dovesse difendere pubblicamente l' onore del ricorrente menzionandone il nome. Il Tribunale considera che il perdurante silenzio della Commissione sulle qualità del suo dipendente diffamato pubblicamente rischiava persino di essere interpretato come una conferma indiretta dell' articolo di stampa controverso.

98 La Commissione ha sostenuto, a tale riguardo, che la menzione del nome del ricorrente avrebbe fatto di questa causa una questione di persone e avrebbe potuto prolungare le polemiche. Il Tribunale non può condividere tale valutazione né tale timore. In effetti, poiché la Commissione stessa è stata il bersaglio principale dell' articolo di stampa controverso, non era necessario né utile, per tutelare l' onore del ricorrente, porre l' accento sulla personalità di quest' ultimo o sulla circostanza particolare che egli è un ex dipendente dell' associazione italiana degli imprenditori edili, unico elemento, peraltro, che avrebbe potuto dar adito a polemiche. Così, la Commissione avrebbe potuto limitarsi a completare, nel comunicato stampa del 16 dicembre 1991 o in una successiva occasione, la difesa del proprio operato. Essa avrebbe, per esempio, potuto osservare, dopo aver sottolineato che la FIEC era stata designata a coordinare i lavori dei gruppi di esperti su esplicita richiesta delle associazioni europee interessate, che "non era stato quindi il signor Caronna, dipendente della Commissione incaricato del progetto, ad affidare alla FIEC questo ruolo di coordinatrice".

99 Risulta dalle considerazioni sopra svolte che la Commissione, ritenendo di non essere tenuta, nelle circostanze della fattispecie, a difendere pubblicamente il ricorrente menzionandone il nome, è venuta meno agli obblighi che, in tali condizioni particolari, le imponeva il dovere di assistenza incombente all' autorità comunitaria ai sensi dell' art. 24 dello Statuto. Il Tribunale rileva quindi che la Commissione è venuta meno a tale dovere non adottando tempestivamente i provvedimenti adeguati per ripristinare pubblicamente l' onore e la dignità del ricorrente. Così, la Commissione, violando l' art. 24, primo comma, dello Statuto, ha commesso un illecito.

100 Ciò premesso, risulta che la decisione 11 marzo 1992 costituisce un atto arrecante pregiudizio che, da una parte, poteva essere impugnato con il reclamo del 1 aprile 1992 e, dall' altra, ha causato un danno al ricorrente. Ne deriva che il primo e il secondo mezzo d' irricevibilità sollevati dalla Commissione devono essere rigettati e che le conclusioni volte alla dichiarazione di un illecito dell' amministrazione sono fondate. Di conseguenza, occorre dichiarare, nel dispositivo della presente sentenza, che la Commissione è venuta meno al suo dovere di assistenza.

Sulla fondatezza delle conclusioni volte a far dichiarare l' obbligo della Commissione di risarcire il danno causato dalla violazione del suo dovere di assistenza e a far condannare la Commissione a versare 100 000 ECU

Argomenti delle parti

101 Il ricorrente sostiene che l' assenza di qualunque reazione pubblica da parte della Commissione per reintegrare il suo onore ha avuto la conseguenza di rafforzare la credibilità delle accuse formulate, nell' articolo controverso, contro di lui e che egli ha subito per questo un danno morale estremamente rilevante. Per illustrare questo danno, il ricorrente afferma che, nel corso delle riunioni dei quattro gruppi di esperti incaricati di emettere un parere sul progetto di direttiva, egli è stato più volte interpellato da persone desiderose di conoscere le azioni intraprese dalla Commissione in seguito alla pubblicazione dell' articolo controverso. Il rifiuto della Commissione di accordargli in tempo utile l' aiuto e l' assistenza cui egli aveva diritto avrebbe quindi accresciuto il danno già causato dalla diffamazione stessa, danno che sarebbe divenuto oggi irreversibile.

102 Quanto all' importo reclamato dal ricorrente, quest' ultimo e l' interveniente ritengono che, a causa del carattere esemplare di questa causa, è giustificato che la Commissione sia condannata al pagamento di una "somma esemplare", che costituirebbe semplicemente la giusta contropartita del danno causato non solo dalla pubblicazione dell' articolo controverso, ma anche dal rifiuto della Commissione di adottare i provvedimenti atti a reintegrare pubblicamente l' onere e dignità del ricorrente. Nell' atto introduttivo il ricorrente ha ritenuto che si dovesse, di conseguenza, condannare la Commissione a versargli una somma, valutata ex aequo et bono in 100 000 ECU.

103 La Commissione si limita, in questo contesto, a criticare l' importo "astronomico" reclamato dal ricorrente, che dimostra, a suo parere, la mancanza di serietà delle sue pretese e può spiegare la ragione per cui egli ha preferito agire contro la Commissione piuttosto che citare dinanzi ai tribunali francesi i responsabili dell' articolo controverso. Essa ricorda che la domanda di risarcimento del ricorrente non è fondata, in quanto il suo onore è stato debitamente reintegrato. Del resto, il ricorrente non sarebbe manifestamente in grado di dimostrare l' esistenza di un qualunque danno e, ancor meno, l' entità dello stesso.

104 Essa aggiunge, in risposta ad un quesito scritto posto dal Tribunale, che, per coinvolgere la sua responsabilità per un illecito che essa stessa avrebbe commesso, non ci sarebbe ragione di applicare l' art. 24 dello Statuto. Inoltre, il ricorrente non avrebbe fatto valere la responsabilità diretta e propria della Commissione nella fattispecie e non avrebbe seguito la procedura adeguata a tale scopo.

Giudizio del Tribunale

105 Occorre esaminare innanzi tutto se l' illecito commesso dalla Commissione abbia causato un danno morale al ricorrente.

106 A tale riguardo, il Tribunale rileva che, mentre la dignità professionale del ricorrente è già stata compromessa dalla pubblicazione dell' articolo di stampa diffamatorio, l' omissione della Commissione di adottare i provvedimenti adeguati per reintegrare pubblicamente l' onore del ricorrente ° laddove essa avrebbe dovuto procedere in tale senso (v., sopra, punto 90 della motivazione) ° è stata idonea ad aggravare il danno morale causato dalla suddetta pubblicazione. In effetti, l' astensione della Commissione è atta a porre il ricorrente in uno stato di incertezza e di inquietudine, dato che egli può giustamente temere che tale astensione venga interpretata dal pubblico come una conferma indiretta dell' articolo di stampa controverso (v., sopra, punto 97 della motivazione). Tale situazione è costitutiva di un danno morale. Contrariamente alle affermazioni della Commissione, sussistono quindi nella fattispecie tutti i presupposti necessari per far sorgere la sua responsabilità. Del resto, la Corte ha già affermato (v. sentenza Signora V./Commissione, citata, punti 16 e 19 della motivazione) che l' inadempimento del dovere di assistenza previsto dall' art. 24, primo comma, dello Statuto legittima, via di principio, un ricorso per il risarcimento del danno morale subito.

107 Poiché il ricorrente ha chiesto, da una parte, che venga dichiarato che la Commissione è tenuta a risarcire tale danno e, dall' altra, che essa sia condannata a versargli 100 000 ECU a titolo di risarcimento, il Tribunale ricorda che, pronunciandosi in questo caso su una controversia di carattere pecuniario, esso dispone, ai sensi dell' art. 91, n. 1, seconda frase, dello Statuto, di una competenza anche di merito. Statuendo sul risarcimento del danno morale subito dal ricorrente, occorre considerare che la dichiarazione espressamente riprodotta nel dispositivo della presente sentenza, dell' illecito commesso dalla Commissione nei confronti del ricorrente costituisce già di per sé una forma di risarcimento, tanto più che il dispositivo suddetto sarà pubblicato, ai sensi dell' art. 86 del regolamento di procedura, immediatamente dopo la pronuncia della sentenza, nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee (v., tra la giurisprudenza corrispondente, emessa in materia di annullamento di un atto dell' amministrazione impugnato da un dipendente, sentenza della Corte 9 luglio 1987, cause riunite 44/85, 77/85, 294/85 e 295/85, Hochbaum e Rawes/Commissione, Racc. pag. 3259, punto 22 della motivazione, e sentenze del Tribunale 20 settembre 1990, causa T-37/89, Hanning/Parlamento, Racc. pag. II-463, punto 83 della motivazione, e 28 novembre 1991, causa T-158/89, Van Hecken/CES, Racc. pag. II-1341, punto 37 della motivazione). Tuttavia, viste le circostanze particolari del caso di specie, detta pubblicazione non è sufficiente per risarcire completamente il danno subito dal ricorrente. Dato che, fino alla data di tale pubblicazione, quest' ultimo sarà rimasto, per quanto concerne il suo onore, in una situazione di ambiguità nei confronti del pubblico, il Tribunale ritiene, valutando questo danno ex aequo et bono, che l' attribuzione della somma di 50 00 BFR costituisca, insieme alla pubblicazione, un risarcimento adeguato del danno subito dal ricorrente. Di conseguenza, le conclusioni dirette ad un accertamento o un risarcimento, nella parte in cui eccedono la misura del risarcimento accordato, devono essere respinte.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

108 Ai sensi dell' art. 87, n. 3, primo comma, del regolamento di procedura, il Tribunale può ripartire le spese se le parti soccombono rispettivamente su uno o su più capi. Tuttavia, ai sensi dell' art. 88 dello stesso regolamento, nelle controversie tra le Comunità e i loro dipendenti le spese sostenute dalle istituzioni restano a loro carico.

109 Poiché il ricorrente è rimasto in parte soccombente sulla domanda di risarcimento, in particolare per quanto concerne la condanna della Commissione a pagargli 100 000 ECU, mentre la Commissione è rimasta completamente o parzialmente soccombente sulla domanda di rigetto delle altre conclusioni del ricorrente, il Tribunale ritiene equo disporre che il ricorrente e l' interveniente sopportino un quarto delle proprie spese e che la Commissione sopporti le proprie spese nonché i tre quarti delle spese del ricorrente e dell' interveniente.

Dispositivo


Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

1) Si dichiara che la Commissione è venuta meno al suo dovere di assistenza previsto dall' art. 24 dello Statuto non adottando tempestivamente i provvedimenti adeguati per reintegrare pubblicamente l' onore e la dignità del suo dipendente Renato Caronna.

2) La Commissione è condannata a versare al ricorrente la somma di 50 000 BFR come risarcimento danni.

3) Per il resto, il ricorso è respinto.

4) La Commissione sopporterà le proprie spese nonché i tre quarti delle spese del ricorrente e dell' interveniente. Il ricorrente e l' interveniente sopporteranno un quarto delle proprie spese.

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