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Document 61991TJ0018

    Sentenza del Tribunale di primo grado (Terza Sezione) dell'8 aprile 1992.
    Nadia Costacurta Gelabert contro Commissione delle Comunità europee.
    Dipendenti - Indennità di dislocazione - Ripetizione dell'indebito - Interessi di mora.
    Causa T-18/91.

    Raccolta della Giurisprudenza 1992 II-01655

    ECLI identifier: ECLI:EU:T:1992:56

    61991A0018

    SENTENZA DEL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO (TERZA SEZIONE) DELL'8 APRILE 1992. - NADIA COSTACURTA GELABERT CONTRO COMMISSIONE DELLE COMUNITA EUROPEE. - DIPENDENTE - INDENNITA DI ESPATRIO - RIPETIZIONE DELL'INDEBITO - INTERESSI MORATORI. - CAUSA T-18/91.

    raccolta della giurisprudenza 1992 pagina II-01655


    Massima
    Parti
    Motivazione della sentenza
    Decisione relativa alle spese
    Dispositivo

    Parole chiave


    ++++

    1. Dipendenti - Ricorso - Richiesta di informazioni sui diritti statutari di un dipendente - Equiparazione ad un reclamo amministrativo previo ai sensi dell' art. 90, n. 2, dello Statuto - Inammissibilità

    (Statuto del personale, art. 90, n. 2)

    2. Dipendenti - Retribuzione - Indennità di dislocazione - Dipendente che non possiede la cittadinanza dello Stato membro della sede di servizio - Residenza abituale come studente fuori del luogo della sede di servizio durante il periodo di riferimento - Residenza precedente nel luogo della sede di servizio - Irrilevanza - Sussistenza dei presupposti per la concessione

    [Statuto del personale, allegato VII, art. 4, n. 1, lett. a)]

    Massima


    1. Non costituisce un reclamo amministrativo previo ai sensi dell' art. 90, n. 2, dello Statuto la lettera con cui un dipendente, esprimendo il suo disaccordo con taluni provvedimenti adottati dall' amministrazione nei suoi confronti, inviti quest' ultima a riesaminare la sua posizione e ad emanare di conseguenza una decisione motivata, qualora detta lettera sia priva dell' apparenza formale di un reclamo, non sia stata trasmessa per via gerarchica e secondo le modalità previste dalla normativa interna dell' istituzione di cui trattasi in materia di reclami, né sia stata evasa dall' amministrazione come un reclamo ai sensi dello Statuto.

    Siffatta lettera costituisce, in tali circostanze, una semplice richiesta di informazioni sui diritti statutari dell' interessato.

    2. L' art. 4, n. 1, lett. a), dell' allegato VII dello Statuto dev' essere interpretato nel senso che il diritto all' indennità di dislocazione spetta al dipendente che, non avendo e non avendo mai avuto la cittadinanza dello Stato membro sul cui territorio si trova la sua sede di servizio, ha abitato permanentemente fuori di detto Stato durante il periodo di riferimento di cui a detta disposizione, anche qualora vi abbia risieduto in precedenza, senza che occorra accertare, in casi chiari e precisi, se l' interessato, al momento della sua reintegrazione nell' ambiente del luogo della sua sede di servizio, sia soggetto esattamente agli stessi oneri e svantaggi di un dipendente che non vi abbia mai abitato.

    Il fatto che come studente l' interessato abbia soggiornato fuori dello Stato membro sul cui territorio si trova la sua sede di servizio non può implicare il diniego dell' indennità di dislocazione.

    Parti


    Nella causa T-18/91,

    Nadia Costacurta Gelabert, dipendente della Commissione delle Comunità europee, residente in Città di Messico (Messico), con l' avvocato domiciliatario Nicolas Decker, del foro di Lussemburgo, 16, avenue Marie-Thérèse,

    ricorrente,

    contro

    Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal signor Sean van Raepenbusch, membro del servizio giuridico, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Roberto Hayder, rappresentante del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,

    convenuta,

    avente ad oggetto l' annullamento della decisione della Commissione con cui la ricorrente è stata privata dell' indennità di dislocazione e sulla sua retribuzione sono state trattenute le somme indebitamente versate a tale titolo, nonché la condanna della Commissione a versare alla ricorrente detta indennità di dislocazione, oltre agli interessi di mora,

    IL TRIBUNALE (Terza Sezione),

    composto dai signori B. Versterdorf, presidente, C. Yeraris e J. Biancarelli, giudici,

    cancelliere: H. Jung

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 5 febbraio 1992,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    Motivazione della sentenza


    Antefatti del ricorso

    1 La signora Nadia Costacurta Gelabert, ricorrente, di cittadinanza italiana e francese, nata nel 1962 a Thionville (Francia), si trasferiva in Lussemburgo con i genitori nel 1968, poiché il padre era stato assunto dalla Commissione delle Comunità europee. La ricorrente viveva in Lussemburgo fino all' ottobre 1980, data di inizio dei suoi studi di giurisprudenza, prima a Strasburgo dall' ottobre 1980 fino al giugno 1984, indi a Parigi dal luglio 1984 al maggio 1987.

    2 La ricorrente veniva assunta presso la Commissione come agente ausiliario il 1 settembre 1987 e veniva assegnata alla sede di servizio di Bruxelles. Veniva nominata dipendente in prova dal 1 dicembre 1987. Il 16 febbraio 1990 veniva trasferita presso la sede di Lussemburgo.

    3 Durante il periodo lavorativo presso la sede di Bruxelles la ricorrente fruiva dell' indennità di dislocazione prevista dall' art. 4, n. 1, dell' allegato VII dello Statuto del personale delle Comunità europee (in prosieguo: lo "Statuto"). All' atto del trasferimento in Lussemburgo detta indennità le veniva invece tolta. La ricorrente ne veniva informata con nota 23 maggio 1990. La Commissione procedeva poi, nel giugno 1990, mediante trattenute sulla retribuzione della ricorrente, al recupero degli importi già versati per il periodo 16 febbraio 1990 - 31 maggio 1990. Il recupero degli importi relativi al periodo 16 febbraio 1990 - 1 marzo 1990 veniva restituito con provvedimento di rettifica 13 luglio 1990.

    4 Nella citata nota 23 maggio 1990, proveniente dall' ufficio del personale e denominata "nota per la pratica", sono contenute in forma schematica diverse informazioni personali concernenti la ricorrente nonché una tabella ricapitolativa delle spettanze e indennità previste dallo Statuto con la dicitura "concesso" o "non concesso".

    5 Dopo aver ricevuto detta nota, il 19 giugno 1990 la ricorrente inviava la seguente lettera alla divisione del personale della Commissione a Lussemburgo:

    "Nota all' attenzione del signor D. Stefanidis, capo della divisione del personale di Lussemburgo

    Oggetto: Indennità di dislocazione

    Rif.: Nota per la pratica in data 23.5.1990 (N 3657).

    Con la nota sopraccitata l' amministrazione mi ha comunicato che non avevo più diritto all' indennità di dislocazione, indennità che mi è stata concessa e versata dal 16.2.1990 al 31.5.1990.

    Dal bollettino dello stipendio del mese di giugno ho potuto constatare che era stata effettuata non solo la trattenuta dell' indennità per lo stipendio di giugno ma anche la ripetizione di detta indennità per il periodo 16.2.1990 - 31.5.1990.

    In questa fase, e senza pregiudicare l' esito della vertenza, mi pregio rilevare che in forza dell' art. 25 dello Statuto avrebbero dovuto essermi rivolte due decisioni motivate in modo soddisfacente:

    - la prima per quel che riguarda il diniego dell' indennità di dislocazione: poiché la nota per la pratica costituisce un atto per me lesivo, nel senso che perdo il diritto a detta indennità, avrebbe dovuto essere accompagnata da una decisione motivata;

    - la seconda per quel che riguarda la ripetizione dell' indebito: essa è in contrasto con l' art. 85 dello Statuto. Non ero a conoscenza dell' irregolarità e non era così manifesta ch' io potessi esimermi dal rilevarla: infatti l' amministrazione del personale di Lussemburgo mi ha in primo luogo concesso detta indennità e non mi ha in nessun modo indicato che la mia retribuzione e le relative indennità mi erano versate solo in via provvisoria: infatti i fogli paga non contengono la dicitura 'anticipo di retribuzione' (sottointendendosi 'in attesa di fissazione definitiva delle spettanze' ).

    Pertanto ritengo che la ripetizione dell' indebito sia del tutto illegittima e che questo atto richiedesse comunque una decisione motivata dell' amministrazione.

    Per quel che riguarda il periodo 16.2.1990 - 28.2.1990, l' indennità mi era comunque dovuta a norma dello Statuto (allegato VII, art. 16, relativo al pagamento delle somme dovute). Ho fatto presente questa circostanza al signor Llansò, il quale mi ha risposto che questo errore sarebbe stato corretto.

    Quanto al merito, cioè quanto all' indennità di dislocazione che mi è stata negata, credo di avervi diritto per diverse ragioni: sono nata in Francia da padre italiano e madre francese; ho abitato, ai sensi dell' art. 4 dell' allegato VII dello Statuto, 'abitualmente' :

    - in Francia: dall' ottobre 1962 al settembre 1968 e dall' ottobre 1980 al marzo 1987;

    - in Lussemburgo: dal settembre 1968 all' ottobre 1980;

    - in Belgio dal marzo 1987 al febbraio 1990.

    Al momento della mia entrata in servizio come avventizia, nel settembre 1987, ho fornito all' amministrazione documenti da cui risultava che avevo abitato abitualmente in Francia dall' ottobre 1980 al marzo 1987 (questi documenti mi sono stati restituiti in quanto inutili per la determinazione del mio luogo di origine, ma posso fornirli a richiesta).

    Dopo essermi informata in questi ultimi giorni su casi recenti analoghi al mio (figlio o coniuge di dipendente), ritengo che la decisione che è stata adottata nei miei confronti sia in contrasto con i principi del legittimo affidamento e della parità di trattamento.

    Mi permetto di citare in proposito due casi: (...) (assunta nel 1986) e (...) (assunta nel 1987) che mi sembrano significativi: queste persone hanno, come me, frequentato la Scuola europea, hanno addirittura svolto un' attività lavorativa a Lussemburgo (a differenza di me) ed hanno avuto diritto all' indennità di dislocazione. Salvo errore da parte mia, lo Statuto e/o le sue disposizioni di attuazione non hanno subito modifiche fra la loro assunzione e la mia.

    Di conseguenza, mi pregio chiedere in primo luogo il riesame del mio caso tenendo conto di quanto precede nonché il rimborso delle somme oggetto della ripetizione dell' indebito, in secondo luogo, in caso di conferma del diniego dell' indennità e della ripetizione dell' indebito, la trasmissione delle due decisioni adeguatamente motivate, conformemente all' art. 25 dello Statuto.

    Resto a disposizione per ogni ulteriore informazione che sarà ritenuta utile.

    Copia al signor Llansò".

    6 Poiché a questa lettera non veniva data risposta per iscritto, il 22 agosto 1990 la ricorrente presentava un reclamo ai sensi dell' art. 90, n. 2, dello Statuto. Nel reclamo, registrato presso la segreteria generale della Commissione il 23 agosto 1990, la ricorrente lamentava la trasgressione degli artt. 25 e 85 dello Statuto nonché dell' art. 4 dell' allegato VII dello Statuto. Non avendo ricevuto risposta a questo reclamo entro i termini prescritti, il 22 marzo 1991 la ricorrente ha proposto al Tribunale il presente ricorso.

    Conclusioni delle parti

    7 La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

    - dichiarare il presente ricorso ricevibile;

    - accoglierlo;

    - dichiarare che la Commissione delle Comunità europee, con gli atti della sua amministrazione, ha trasgredito due volte l' art. 25 dello Statuto, l' art. 4, n. 1, lett. a), dell' allegato VII e gli artt. 26 e 85 dello Statuto;

    - dichiarare che l' amministrazione non ha rispettato inoltre il principio del legittimo affidamento e il principio della parità di trattamento;

    di conseguenza:

    - annullare la nota per la pratica n. 03657 del 23 maggio 1990;

    - condannare la Commissione delle Comunità europee a concederle l' indennità di dislocazione dal 16 febbraio 1990 e a versarle detta indennità, oltre agli interessi legali calcolati dal 15 giugno 1990 sino al giorno del versamento;

    - qualunque sia la decisione del Tribunale in merito al riconoscimento del diritto della ricorrente all' indennità di dislocazione, condannare la convenuta al rimborso della somma ricuperata il 15 giugno 1990, oltre agli interessi legali dal 15 giugno 1990 sino al giorno del versamento;

    - condannare la convenuta a tutte le spese.

    La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

    - dichiarare il ricorso irricevibile o perlomeno respingerlo;

    - statuire sulle spese secondo le norme vigenti.

    Sulla ricevibilità

    Argomenti delle parti

    8 La convenuta sostiene che il ricorso è irricevibile perché non è stato presentato entro il termine di tre mesi dal rigetto implicito del reclamo, conformemente all' art. 91, n. 2, dello Statuto. Infatti essa ritiene che la citata lettera della ricorrente 19 giugno 1990, pervenuta alla Commissione il 20 giugno 1990, costituisse un reclamo ai sensi dello Statuto. Secondo la Commissione questo reclamo è stato implicitamente respinto alla scadenza del termine di risposta di quattro mesi previsto all' art. 90, n. 2. Ne risulterebbe che il ricorso avrebbe dovuto essere presentato prima del 21 gennaio 1991.

    9 Secondo la Commissione, il reclamo 22 agosto 1990, registrato presso la segreteria generale della Commissione il 23 agosto 1990, costituiva un secondo reclamo, che va considerato altresì respinto alla scadenza del termine di risposta di quattro mesi. Ma questa decisione di rigetto non potrebbe - sempre secondo la Commissione - costituire un atto impugnabile poiché, limitandosi a confermare la precedente e implicita decisione 21 ottobre 1990, essa non costituiva, per giurisprudenza costante, un atto lesivo.

    10 La Commissione sostiene in proposito che sussiste reclamo ai sensi dell' art. 90, n. 2, dello Statuto qualora il dipendente protesti in modo preciso contro il provvedimento adottato nei suoi confronti o manifesti chiaramente la propria volontà di impugnare detto provvedimento. Nel caso di specie la ricorrente avrebbe manifestato, con la lettera 19 giugno 1990, la volontà di impugnare non solo la revoca dell' indennità di dislocazione bensì anche il ricupero delle somme versate a pagamento di detta indennità, effettuato per il periodo 16 febbraio 1990 - 31 maggio 1990. La ricorrente stessa avrebbe attribuito, nel ricorso, siffatto contenuto alla sua lettera affermando di aver "manifestato il suo disaccordo sulla posizione presa dall' amministrazione, e ciò sia per quanto riguarda la forma sia per quanto riguarda il merito".

    11 La Commissione sostiene infine che il fatto che il reclamo non sia stato presentato né per via gerarchica né mediante il modulo a tal fine predisposto, ma sia stato inviato direttamente all' ufficio competente, è irrilevante. Lo stesso dicasi per quel che riguarda il fatto che la lettera non è stata registrata presso la segreteria generale della Commissione né affidata all' esame dell' unità "Statuto e disciplina" della DG IX. Sarebbe infatti molto frequente la prassi di presentare un reclamo direttamente all' ufficio interessato, ovvero al superiore gerarchico, senza formalità particolari.

    12 La ricorrente contesta questo argomento affermando di aver unicamente chiesto con la lettera 19 giugno 1990 un riesame del suo caso allo scopo di consentire un componimento amichevole della controversia. La ricorrente non aveva in quel momento nessuna intenzione di far ricorso al procedimento previsto all' art. 90 dello Statuto. Si è limitata a chiedere, nell' ipotesi di una conferma della soppressione dell' indennità di dislocazione e della ripetizione delle somme indebitamente versate, "due decisioni motivate conformemente all' art. 25 dello Statuto".

    13 L' intenzione della ricorrente di non presentare un reclamo ai sensi dell' art. 90 dello Statuto risulterebbe altresì dagli aspetti formali della lettera 19 giugno 1990 in quanto:

    - la ricorrente non l' ha inoltrata per via gerarchica;

    - la ricorrente non ha trasmesso la nota all' autorità competente nel caso di reclamo, cioè la Commissione;

    - non si è servita del modulo a tal fine predisposto dalla Commissione;

    - ha inviato la nota per posta interna e non con lettera raccomandata.

    14 Secondo la ricorrente è altresì chiaro che l' amministrazione non ha considerato la nota 19 giugno 1990 un reclamo ai sensi dell' art. 90, n. 2, dello Statuto. La procedura prescritta per tali casi non è mai stata seguita poiché:

    - la lettera non è stata registrata presso la segreteria generale della Commissione;

    - non è stata sottoposta all' unità "Statuto e disciplina" né è stato designato un incaricato dell' istruzione della pratica;

    - la riunione interservizi non si è svolta.

    Inoltre, la data in cui la divisione del personale ha ricevuto la nota 19 giugno 1990 non sarebbe mai stata notificata alla ricorrente. Tutta questa procedura sarebbe invece stata rispettata, sempre secondo la ricorrente, al momento della presentazione del reclamo 22 agosto 1990.

    Valutazione in diritto

    15 A questo proposito, occorre rilevare anzitutto che gli atti lesivi per la ricorrente sono in primo luogo la nota 23 maggio 1990 dal titolo "nota per la pratica", per quel che riguarda la revoca dell' indennità di cui è causa, e in secondo luogo il prospetto dello stipendio del giugno 1990, per quel che riguarda la ripetizione delle indennità già versate per i mesi precedenti. Infatti tramite questi documenti si è manifestata la decisione dell' amministrazione di non concedere alla ricorrente l' indennità di dislocazione nella sua nuova sede di servizio e di procedere al recupero degli importi che, secondo l' amministrazione, le erano stati indebitamente versati.

    16 Avverso un atto lesivo il dipendente è tenuto, a norma della disciplina istituita dall' art. 90 dello Statuto, a sottoporre all' autorità che ha il potere di nomina (in prosieguo: l' "APN") un reclamo diretto contro detto atto. Si deve rilevare che nel caso di specie la ricorrente ha presentato il suo reclamo contro le citate decisioni il 22 agosto 1990, cioè entro il termine di tre mesi stabilito da detto art. 90.

    17 Tuttavia, prima della presentazione di detto reclamo, la ricorrente aveva inviato all' amministrazione la citata lettera 19 giugno 1990, considerata dalla Commissione un reclamo ai sensi dello Statuto. Il Tribunale deve pertanto accertare se la lettera di cui è causa, per il suo contenuto e tenendo conto delle circostanze in cui è stata inoltrata, vada considerata un reclamo ovvero una semplice domanda di informazioni o di riesame della situazione della ricorrente (v. da ultimo l' ordinanza del Tribunale 7 giugno 1991, causa T-14/91, Weyrich/Commissione, Racc. pag. II-235).

    18 Il Tribunale ritiene che detta lettera non costituisca un reclamo ai sensi dello Statuto, come sostiene la Commissione. In primo luogo, dal punto di vista formale, nella lettera non compare mai il termine reclamo né alcuna espressione analoga, ed essa non fa nessun riferimento all' art. 90 dello Statuto. In secondo luogo, per quel che riguarda il contenuto, il Tribunale osserva che, sebbene la ricorrente, nella citata lettera, esprima il proprio disaccordo con i provvedimenti adottati dall' amministrazione, è altresì certo che in detta lettera inizia la descrizione dei fatti con le parole "in questa fase, e senza pregiudicare l' esito della vertenza". Inoltre, nella lettera di cui è causa, la ricorrente, fondandosi sull' art. 25 dello Statuto, chiede esplicitamente che "due decisioni motivate in modo soddisfacente" le siano rivolte, in caso di conferma da parte dell' amministrazione "del diniego dell' indennità e della ripetizione dell' indebito" dopo il riesame del suo caso. Infine, dal punto di vista procedurale, la lettera non è stata trasmessa all' amministrazione per via gerachica e secondo le modalità previste dalla normativa interna della Commissione in materia di reclami, e non le è stato dato corso da parte dell' amministrazione come ad un reclamo ai sensi dello Statuto. In realtà il Tribunale ritiene che la lettera di cui è causa costituisca, nel caso di specie, una semplice richiesta di informazioni della ricorrente sui suoi diritti statutari.

    19 Questa interpretazione della lettera di cui trattasi è confermata dal fatto che prima della scadenza del termine di cui all' art. 90 la ricorrente ha effettivamente presentato, il 22 agosto 1990, un regolare reclamo conformemente alla normativa interna vigente della Commissione.

    20 Poiché il reclamo 22 agosto 1990 è stato presentato entro i termini, il ricorso è ricevibile.

    Nel merito

    21 A sostegno del ricorso la ricorrente deduce cinque mezzi relativi in primo luogo a una duplice trasgressione dell' art. 25 dello Statuto, in quanto la nota 23 maggio 1990 non sarebbe correttamente motivata e il ricupero delle indennità versate sarebbe stato effettuato senza previa decisione e pertanto senza motivazione; in secondo luogo, la ricorrente lamenta la trasgressione dell' art. 4, n. 1, lett. a), dell' allegato VII dello Statuto, concernente le condizioni di concessione dell' indennità di dislocazione; in terzo luogo, sostiene che la Commissione ha trasgredito l' art. 85 dello Statuto perché la ricorrente non sarebbe stata a conoscenza dell' irregolarità del versamento di cui trattasi e un' eventuale irregolarità non sarebbe stata così manifesta da non poter passare inosservata; in quarto luogo la ricorrente ritiene che vi sia stata una trasgressione dell' art. 26 dello Statuto in quanto la comunicazione della nota 23 maggio 1990 non sarebbe stata comprovata dalla sua firma non essendo stata inviata con lettera raccomandata; in quinto luogo la ricorrente prospetta la trasgressione del principio del legittimo affidamento e del principio della parità di trattamento in quanto colleghi in situazione identica alla sua fruirebbero dell' indennità di cui è causa.

    22 Il Tribunale ritiene che occorra in primo luogo esaminare il mezzo relativo alla lamentata violazione dell' art. 4, n. 1, lett. a), dell' allegato VII dello Statuto.

    Sul mezzo relativo alla violazione dell' art. 4, n. 1, lett. a), dell' allegato VII dello Statuto

    23 Ai sensi di detta disposizione, "un' indennità di dislocazione (...) è concessa (...) al funzionario:

    - che non ha e non ha mai avuto la nazionalità dello Stato sul cui territorio è situata la sede di servizo e,

    - che non ha, abitualmente, abitato o svolto la sua attività professionale principale sul territorio europeo di detto Stato durante il periodo di cinque anni che scade sei mesi prima della sua entrata in servizio (...)".

    Argomenti delle parti

    24 La ricorrente fa notare di non avere mai avuto la cittadinanza lussemburghese. Essendo stata assunta a Bruxelles dalla Commissione il 1 settembre 1987, il periodo da prendere in considerazione a norma dell' art. 4, n. 1, lett. a) dell' allegato VII dello Statuto per stabilire se ha diritto all' indennità di dislocazione sarebbe quello che va dal marzo 1982 al marzo 1987. A questo proposito la ricorrente ha prodotto diversi attestati delle università di Strasburgo e di Parigi, da cui risulta che ha regolarmente seguito lezioni e conferenze e superato gli esami previsti dal corso di studi al fine dell' ottenimento di diversi diplomi universitari, e che era residente, rispettivamente, a Strasburgo e a Parigi. Sottolinea inoltre di non aver svolto attività lavorative principali nel territorio del Granducato del Lussemburgo durante il periodo di cui è causa.

    25 Secondo la ricorrente, dalla giurisprudenza della Corte si ricava che l' indennità di dislocazione è stata negata a un dipendente solo nel caso in cui l' interessato non soddisfaceva alle condizioni obiettive di cui all' art. 4, n. 1, lett. a), dell' allegato VII dello Statuto. Nessuna sentenza della Corte avrebbe confermato il diniego dell' indennità di dislocazione in circostanze in cui l' interessato non aveva abitualmente abitato o svolto la sua attività lavorativa nel territorio dello Stato della sede di servizio durante il periodo di riferimento. In tale contesto la ricorrente rinvia alla sentenza della Corte 31 maggio 1988, causa 211/87, Nuñez/Commissione (Racc. pag. 2791). A parere della ricorrente, se il legislatore ha scelto criteri semplici ed obiettivi per determinare le condizioni di concessione dell' indennità di dislocazione, si deve supporre che lo abbia fatto affinché detti criteri vengano rispettati ed applicati in quanto tali. Se invece il legislatore avesse scelto di far dipendere la concessione dell' indennità da una valutazione dell' amministrazione relativamente agli oneri e agli svantaggi risultanti per l' interessato dall' entrata in servizio, nonché al suo livello di integrazione nel paese della sede di servizio, lo avrebbe in tal caso indicato esplicitamente. La norma contenuta nell' art. 4, n. 1, lett. a), dell' allegato VII concederebbe taluni diritti alle persone che possiedono i requisiti da essa stabiliti. Una norma di tal genere non potrebbe né dovrebbe essere interpretata in modo restrittivo; sarebbe significativo in proposito che la Corte non l' abbia mai interpretata in tal modo e che anzi l' abbia addirittura interpretata talvolta in senso lato, accertandosi se gli oneri e gli svantaggi risultanti dall' entrata in servizio potessero condurre alla concessione dell' indennità pur non possedendo l' interessato i requisiti di cui all' art. 4, n. 1, lett. a).

    26 La ricorrente ritiene che lo Statuto non autorizzi la Commissione a subordinare la concessione dell' indennità di dislocazione a considerazioni sul livello di integrazione del dipendente qualora quest' ultimo possieda i requisiti previsti dall' art. 4, n. 1, lett. a). Nel caso di specie, la convenuta non avrebbe affermato ed ancor meno provato che la ricorrente abbia abitualmente abitato e svolto la sua attività lavorativa principale a Lussemburgo durante il periodo di riferimento.

    27 Per quanto riguarda gli elementi richiamati dalla Commissione per dimostrare un elevato grado di integrazione della ricorrente nel Granducato, quest' ultima sostiene che se ne ricava unicamente che i suoi genitori abitano in Lussemburgo e che per ragioni pratiche ha dato più volte il loro indirizzo, è andata a trovarli durante le vacanze universitarie e ne ha approfittato per seguirvi dei tirocini. Quanto al fatto che dalla sua carta di identità francese risulti come residenza il "Lussemburgo", la ricorrente osserva che detta carta d' identità è stata rilasciata prima del periodo di riferimento e che la legge francese non obbliga il titolare di una carta di identità a farvi annotare i cambiamenti di indirizzo durante il periodo di validità, che è di dieci anni. Per quanto riguarda il fatto che la ricorrente non ha mai effettuato un trasloco, quest' ultima ha chiarito in udienza di aver sempre abitato in Francia e in Belgio in appartamenti ammobiliati, e che pertanto non ha mai avuto bisogno di trasferire la propria mobilia.

    28 Inoltre, secondo la ricorrente, avrebbero dovuto essere prese in considerazione altre circostanze soggettive:

    - sino alla sua assunzione all' età di 25 anni, la ricorrente aveva abitato tredici anni e mezzo in Francia, e durante il periodo in cui ha abitato a Lussemburgo era minorenne. Sin dal raggiungimento della maggiore età ha vissuto in Francia e a Bruxelles;

    - il padre è cittadino italiano e la madre cittadina francese;

    - ha frequentato la sezione francese della Scuola europea di Lussemburgo;

    - non parla né capisce il lussemburghese;

    - una notevole parte della sua famiglia risiede in Francia;

    - esercita i suoi diritti civici in Francia.

    Secondo la ricorrente è palese che il suo trasferimento a Lussemburgo ha comportato oneri e svantaggi in quanto non vi aveva abitato durante i nove anni e mezzo precedenti la sua entrata in servizio.

    29 Per quel che riguarda l' argomento della Commissione secondo cui il suo soggiorno in Francia sarebbe stato essenzialmente motivato dal proseguimento degli studi, la ricorrente contesta la tesi secondo cui il luogo in cui vengono effettuati gli studi non dovrebbe avere un' incidenza determinante sulla nozione di residenza abituale ai sensi dell' art. 4, n. 1, dell' allegato VII dello Statuto. A suo parere, dalla giurisprudenza costante della Corte risulta che il luogo da prendere in considerazione è quello in cui l' interessato ha vissuto abitualmente ed effettivamente, cioè il luogo in cui si trovava fisicamente. Secondo la ricorrente la posizione della Commissione nella presente causa è in contrasto con quella che essa aveva assunto nella causa Atala (sentenza della Corte 10 ottobre 1989, causa 201/88, Racc. pag. 3109) nonché in contrasto con la soluzione che la Corte aveva adottato in quella stessa causa dichiarando che "il fatto che la ricorrente abbia soggiornato in Belgio esclusivamente come studentessa durante la prima parte del periodo di riferimento non è sufficiente ad escludere che essa abbia abitato in detto paese abitualmente".

    30 Infine la ricorrente sottolinea che un' eccezione come quella prevista nelle disposizioni generali di attuazione dell' art. 7, n. 3, dell' allegato VII dello Statuto, relative al luogo di origine (secondo cui i soggiorni per studi non vanno presi in considerazione per determinare il luogo di origine), non vale per quello che riguarda la concessione dell' indennità di dislocazione.

    31 La ricorrente conclude affermando di possedere i requisiti previsti dall' art. 4, n. 1, lett. a), dell' allegato VII dello Statuto. Qualora occorresse esaminare gli oneri e gli svantaggi risultanti dal suo trasferimento a Lussemburgo, nonché il suo grado di integrazione in questo paese, la ricorrente ritiene che siffatti oneri e svantaggi risulterebbero senz' altro dal fatto di non aver più risieduto nel Lussemburgo dall' età di diciotto anni e dal fatto che il suo grado di integrazione in questo paese è inesistente; il fatto che i suoi genitori vi risiedano non implica la sua integrazione in questo paese.

    32 La Commissione ribatte che nel caso di specie, tenendo conto in particolare della finalità dell' indennità di dislocazione, come è stata delineata dalla giurisprudenza della Corte, la ricorrente non possiede uno dei requisiti previsti dall' art. 4, n. 1, lett. a), dell' allegato VII, in quanto, nonostante gli studi seguiti in Francia, ha conservato nel Lussemburgo la sua "dimora abituale" ai sensi di detta disposizione, durante il periodo considerato, cioè dall' ottobre 1980 al marzo 1987. Il problema consisterebbe nello stabilire se la ricorrente abbia o no abitato abitualmente nel Lussemburgo durante il periodo di riferimento. Nell' esaminare detta questione la Commissione non potrebbe prescindere dalla finalità stessa dell' indennità di dislocazione, che secondo la giurisprudenza della Corte ha lo scopo di compensare gli oneri e gli svantaggi particolari cui sono soggetti i dipendenti che, in conseguenza dell' entrata in servizio presso le Comunità, sono obbligati a trasferirsi dal paese di residenza al paese della sede di servizio e ad integrarsi in un nuovo ambiente.

    33 La Commissione afferma che non è sua intenzione far dipendere la concessione delle indennità di dislocazione da considerazioni inerenti al livello di integrazione del dipendente, ma che si è limitata a controllare se l' interessata possedesse il requisito di cui all' art. 4, n. 1, lett. a), dell' allegato VII dello Statuto, e cioè non aver abitualmente abitato in Lussemburgo durante il periodo di riferimento, e se pertanto il suo ritorno a Lussemburgo abbia comportato per lei oneri e svantaggi particolari che l' indennità di dislocazione è volta a compensare.

    34 A questo proposito la ricorrente non avrebbe fornito nessun elemento decisivo che consentisse di capovolgere la conclusione dell' amministrazione, in particolare di provare che il suo soggiorno in Francia era stato tale da provocare oneri e svantaggi particolari al momento della sua assegnazione, nel febbraio 1990, alla sede di Lussemburgo.

    35 Per converso, diversi elementi del fascicolo personale della ricorrente consentirebbero di provare un elevato grado di integrazione in questo paese, sede di servizio, nonostante il proseguimento di studi universitari in Francia. Si tratterebbe degli elementi seguenti:

    - il fatto che la ricorrente, nata nel 1962, si sia stabilita con i genitori nel Granducato di Lussemburgo nel 1968 e vi abbia abitato abitualmente, comunque sino al 1980;

    - l' indicazione nell' atto di candidatura 15 ottobre 1984, sia come residenza permanente sia come indirizzo per la corrispondenza, dell' indirizzo dei genitori a Lussemburgo, circostanza considerata significativa dalla Corte nelle sentenze 24 giugno 1987, causa 61/85, von Neuhoff von der Ley/Commissione (Racc. pag. 2853), e 13 novembre 1986, causa 330/85, Richter/Commissione, (Racc. pag. 3439);

    - l' indicazione, sulla carta nazionale d' identità francese rilasciata l' 8 aprile 1981 dall' ambasciata di Francia in Lussemburgo, che la sua residenza era a Lussemburgo;

    - l' indicazione dell' indirizzo dei genitori in una lettera inviata il 7 gennaio 1987 dalla ricorrente al signor G. Junior, capo della divisione assunzioni, avente ad oggetto il completamento della sua pratica al fine di un' eventuale assunzione;

    - i periodici ritorni della ricorrente nel Granducato di Lussemburgo in particolare durante le vancanze universitarie nel corso degli anni 1982 - 1986;

    - i tirocini svolti, durante le vancanze universitarie, dal 1982 al 1986 presso la Banca Nazionale del Lavoro a Lussemburgo;

    - all' opposto, la mancanza di elemento probatorio atto a confermare l' interruzione dei legami sociali della ricorrente con il Lussemburgo dopo la sua partenza per motivi di studio.

    36 Secondo la Commissione, è incontestabile che la determinazione del luogo in cui l' interessato "ha abitato abitualmente" non è fondata semplicemente su un dato materiale, come la presenza fisica in un dato luogo durante un dato periodo, ma soprattutto su un dato soggettivo, a riprova della volontà dell' interessato di considerare stabile detto luogo.

    37 Agli indizi sopraccitati la Commissione aggiunge il fatto che la ricorrente, da quando è entrata in servizio a Bruxelles, non ha mai effettuato un trasloco dalla Francia, che le sarebbe stato rimborsato per esigenze di ufficio, nonché il fatto che quando la ricorrente è stata trasferita a Lussemburgo ha stabilito il suo domicilio presso i genitori.

    38 La Commissione prosegue: "La scelta della Francia sembra naturale alla luce delle origini della ricorrente. D' altronde è molto frequente che i figli di dipendenti, perlomeno per motivi linguistici e culturali, si rechino nello Stato di origine dei genitori per proseguirvi gli studi superiori. Ma quest' unico elemento di fatto non può giustificare il venir meno della residenza abituale nello Stato dei genitori. Siffatta concezione comporterebbe l' istituzione a favore dei figli di dipendenti, a loro volta assunti presso le Comunità, di un diritto patrimoniale pressappoco ereditario all' indennità di dislocazione vista la durata degli studi universitari ed il fatto che l' assunzione può avvenire poco tempo dopo il termine degli studi".

    39 Secondo la Commissione, le circostanze dedotte dalla ricorrente per giustificare di aver avuto, durante il periodo di riferimento, la propria residenza abituale in Francia non sono conferenti perché riguardano più lo status di straniera della ricorrente che non il luogo della sua residenza abituale.

    Valutazione in diritto

    40 A fronte di questa controversia si deve ricordare che l' art. 4, n. 1, lett. a), dell' allegato VII dello Statuto dispone inequivocabilmente che l' indennità di dislocazione è concessa al dipendente che non ha e non ha mai avuto la cittadinanza dello Stato sul cui territorio è situata la sede di servizio e che non ha, abitualmente, abitato o svolto la sua attività lavorativa principale sul territorio europeo di detto Stato durante il periodo di cinque anni che scade sei mesi prima della sua entrata in servizio.

    41 Il Tribunale rileva che il legislatore comunitario, avendo così fissato criteri semplici ed oggettivi, e contemporaneamente chiari e incondizionati, ha stabilito un periodo di cinque anni, che scade sei mesi prima dell' entrata in servizio del dipendente, come periodo di riferimento per valutare le situazioni abituali dei dipendenti che sono tenuti a trasferirsi ed integrarsi o reintegrarsi nell' ambiente del luogo in cui si trova la sede di servizio al momento della loro assunzione. Risulta chiaramente dal dettato di questa disposizione che il fatto che un dipendente abbia abitato abitualmente, prima del periodo di riferimento, nel territorio dello Stato in cui si trova la sua sede di servizio non può incidere in modo determinante sulla questione del suo diritto a fruire dell' indennità di cui è causa.

    42 In tale contesto si deve infatti far riferimento alla giurisprudenza costante e abbondante della Corte (v. in particolare sentenza 31 maggio 1988, causa 211/87, Nuñez, già citata, punti 9 e 10 della motivazione), da cui risulta che la concessione dell' indennità di dislocazione ha lo scopo di compensare gli oneri e gli svantaggi particolari cui sono soggetti i dipendenti che, in conseguenza dell' entrata in servizo presso le Comunità, sono obbligati a trasferirsi dal paese di residenza al paese della sede di servizio e ad integrarsi in un nuovo ambiente. Secondo la medesima giurisprudenza, tale norma si basa, per determinare i casi di dislocazione, sulla residenza abituale e sull' attività lavorativa principale del dipendente nel territorio dello Stato della sede di servizio durante un certo periodo di riferimento al fine di determinare criteri semplici ed obiettivi. Ne deriva altresì che la disposizione di cui trattasi dev' essere interpretata nel senso che per la concessione dell' indennità di dislocazione essa considera criterio principale la residenza abituale del dipendente prima della sua entrata in servizio (v. sentenze della Corte 20 febbraio 1975, causa 21/74, Airola/Commissione, Racc. pag. 221, e causa 37/74, Van den Broeck/Commissione, Racc. pag. 235) e che la nozione di dislocazione dipende dalla situazione oggettiva del dipendente, cioè dal suo grado di integrazione nel nuovo ambiente, che può essere provato, ad esempio, dalla sua residenza abituale o dal precedente svolgimento di un' attività lavorativa principale (v. da ultimo la sentenza della Corte 10 ottobre 1989, causa 201/88, Atala, già citata).

    43 Per quel che riguarda la citata giurisprudenza occorre poi rilevare che alla Corte sono stati sottoposti diversi casi in cui i dipendenti interessati avevano cercato di fruire dell' applicazione della disposizione di cui trattasi pur non possedendo, per vari motivi, i requisiti obiettivi da essa previsti, per quanto riguarda il luogo in cui avevano abitato abitualmente durante il periodo di riferimento.

    44 Il Tribunale ritiene che l' analisi del dettato dell' art. 4, n. 1, lett. a), dell' allegato VII nonché della giurisprudenza della Corte consenta di concludere che detta disposizione dev' essere interpretata nel senso che dà diritto all' indennità di dislocazione al dipendente che ha abitato permanentemente all' esterno dello Stato nel territorio nel quale si trova la sede di servizio, durante il periodo di riferimento, anche qualora detto dipendente abbia abitato in quest' ultimo Stato prima di detto periodo e senza che occorra accertare, in casi chiari e precisi, se l' interessato, a causa della sua reintegrazione nell' ambiente del luogo in cui si trova la sede di servizio, sia sottoposto esattamente agli stessi oneri e svantaggi di un dipendente che non ha mai abitato nel territorio di detto Stato.

    45 Nel caso di specie è provato, come ha ammesso la Commissione, che la ricorrente ha abitato in Francia ininterrottamente durante tutto il periodo di riferimento, in cui ha proseguito studi di giurisprudenza. I legami conservati con il Lussemburgo erano limitati ad un contatto regolare con i genitori, a visite occasionali in questo paese e ad alcuni tirocini effettuati durante le vacanze universitarie in una banca stabilita nel Granducato. Dopo il compimento degli studi, alla ricorrente è stato offerto un impiego alla Commissione, presso la sede di Bruxelles. Solo in un secondo tempo, nel febbraio 1990, è stata assegnata alla sede di Lussemburgo.

    46 Alla luce di queste circostanze di fatto il Tribunale deve rilevare, in primo luogo, che la ricorrente ha effettivamente abitato in Francia durante tutto il periodo di riferimento e, in secondo luogo, che, durante detto medesimo periodo, ha conservato solo legami familiari e sociali normali con il paese in cui abitavano i genitori e in cui aveva abitato durante più di dieci anni prima di raggiungere la maggiore età.

    47 Pertanto gli oneri e gli svantaggi risultanti per la ricorrente dall' entrata in servizio a Lussemburgo sono comunque quelli prevedibili per una persona che non ha abitualmente abitato nel territorio dello Stato di cui trattasi durante un periodo di più di cinque anni che scade sei mesi prima dell' entrata in servizio dell' interessato. E' proprio questa la situazione contemplata dall' art. 4 dell' allegato VII dello Statuto, già analizzato.

    48 Per quanto riguarda in particolare i diversi argomenti dedotti dalla Commissione, occorre notare in primo luogo che lo status di studentessa della ricorrente durante il periodo di riferimento non può affatto escludere che quest' ultima abbia abitato abitualmente in Francia durante lo stesso periodo, qualora ciò sia stato accertato in forza delle risultanze del fascicolo (v. sentenza della Corte 10 ottobre 1989, causa 201/88, Atala, già citata). In secondo luogo la Commissione non ha prodotto nessun elemento di fatto e di diritto atto a dimostrare come la situazione della ricorrente, durante detto periodo, fosse notevolmente diversa, per quel che riguarda il luogo in cui abitava e svolgeva la sua attività, da quella ad esempio di una persona la quale, in condizioni simili, svolgesse un' attività retribuita. Ne consegue che in realtà la tesi della Commissione avrebbe la conseguenza di privare dell' indennità di dislocazione chiunque abbia abitato prima del periodo di riferimento nel territorio del paese della successiva sede di servizio qualora l' interessato conservi semplici contatti familiari o sociali in detto paese. Di conseguenza, un' interpretazione di tal genere non può essere accolta.

    49 Per quel che riguarda gli altri elementi presentati dalla Commissione a sostegno della sua tesi (v. supra, punti 35 e 37 della motivazione), si deve rilevare che nel corso del procedimento la ricorrente ha sufficientemente chiarito queste circostanze, le quali non sono poi, in quanto tali, atte a dimostrare che la ricorrente abbia abitato abitualmente a Lussemburgo durante il periodo di riferimento.

    50 Emerge da quanto precede, senza che occorra statuire sugli altri mezzi del ricorso, che la Commissione ha negato alla ricorrente l' indennità di dislocazione dal 1 marzo 1990 in spregio dell' art. 4 dell' allegato VII dello Statuto del personale, e che le relative decisioni vanno pertanto annullate. La Commissione va altresì condannata a versare alla ricorrente gli importi corrispondenti all' indennità a decorrere da detta data.

    51 Per quel che riguarda il periodo 16-28 febbraio 1990, è infatti pacifico che l' importo dell' indennità di dislocazione dovuta per quel periodo - cioè 7 928 BFR -, che era stato ricuperato il 15 giugno 1990, è stato rimborsato alla ricorrente il 13 luglio 1990. Stando così le cose, il Tribunale deve rilevare che le conclusioni della ricorrente, nella parte in cui riguardano questo periodo, sono prive di oggetto e vanno pertanto respinte.

    52 Al fine di ripristinare la situazione originaria dell' interessata, occorre inoltre condannare la Commissione a versare alla ricorrente gli interessi di mora:

    - dal 15 giugno 1990 fino al 13 luglio 1990 per quel che riguarda l' importo di 7 928 BFR di cui sopra;

    - dal 15 giugno 1990 e fino al loro versamento effettivo per gli altri importi ricuperati il 15 giugno 1990;

    - dalla scadenza del termine per il pagamento fino al loro versamento effettivo per gli importi maturati in seguito.

    Il Tribunale ritiene equo, alla luce delle circostanze del caso di specie, fissare l' aliquota degli interessi all' 8% annuo.

    Decisione relativa alle spese


    Sulle spese

    53 Ai sensi dell' art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La Commissione è rimasta soccombente e va pertanto condannata alle spese.

    Dispositivo


    Per questi motivi,

    IL TRIBUNALE (Terza Sezione)

    dichiara e statuisce:

    1) Le decisioni con cui la Commissione ha revocato l' indennità di dislocazione alla signora Nadia Costacurta Gelabert dal 1 marzo 1990 e ha proceduto al ricupero degli importi già versati per i mesi di marzo, aprile e maggio 1990, sono annullate.

    2) La Commissione è condannata a versare alla ricorrente, dal 1 marzo 1990, le somme corrispondenti all' indennità di dislocazione.

    3) La Commissione è condannata a versare alla ricorrente gli interessi di mora all' aliquota dell' 8% annuo:

    - dal 15 giugno 1990 e sino al 13 luglio 1990 sull' importo di 7 928 BFR;

    - dal 15 giugno 1990 e sino al loro versamento effettivo per quel che riguarda gli altri importi ricuperati in quella data;

    - dalla scadenza del termine per il pagamento sino al loro versamento effettivo per gli importi maturati in seguito.

    4) Il ricorso è respinto per il resto.

    5) La Commissione è condannata alle spese.

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