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Document 61989TJ0154

Sentenza del Tribunale di primo grado (Terza Sezione) del 12 luglio 1990.
Raimund Vidrányi contro Commissione delle Comunità europee.
Dipendente - Riconoscimento dell'origine professionale di una malattia.
Causa T-154/89.

Raccolta della Giurisprudenza 1990 II-00445

ECLI identifier: ECLI:EU:T:1990:47

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione)

12 luglio 1990 ( *1 )

Nella causa T-154/89,

Raimund Vidrányi, ex dipendente della Commissione delle Comunità europee, residente a Lussemburgo, con l'avvocato domiciliatario sig.ra Bianche Moutrier, del foro di Lussemburgo, 16, avenue de la Porte-Neuve, Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. J. Griesmar, consigliere giuridico, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il sig. Georgios Kremlis, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,

convenuta,

avente ad oggetto il ricorso diretto all'annullamento della decisione 13 gennaio 1989, con cui la Commissione si è rifiutata di riconoscere l'origine professionale della malattia del ricorrente,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione),

composto dai signori A. Saggio, presidente di sezione, C. Yeraris e K. Lenaerts, giudici,

cancelliere: H. Jung

viste le memorie depositate nella fase scritta del procedimento ed a seguito della trattazione orale del 27 giugno 1990,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Antefatti e procedimento

1

Il ricorrente è un ex dipendente di grado LA 5 della Commissione delle Comunità europee, che ha prestato servizio, da ultimo, presso la divisione tedesca del servizio Traduzione a Lussemburgo; egli veniva collocato a riposo per invalidità a decorrere dal 1o marzo 1979, a seguito di un procedimento ex art. 59, n. 1, ultimo comma, dello Statuto del personale delle Comunità europee ,(in prosieguo: lo « Statuto »). Il regime pensionistico di cui gode il ricorrente non è oggetto di controversia.

2

Con lettera 30 maggio 1980, il ricorrente chiedeva l'avvio dell'indagine di cui all'art. 17, n. 2, primo comma, della regolamentazione relativa alla copertura dei rischi di infortunio e di malattia professionale dei funzionari delle Comunità europee prevista dall'art. 73 dello Statuto (in prosieguo: la «regolamentazione»). Ai sensi della suddetta disposizione « l'amministrazione procede ad un'indagine al fine di raccogliere tutti gli elementi che consentano di determinare la natura della malattia, la sua origine professionale e le circostanze in cui essa si è manifestata ».

3

Con lettere 30 novembre 1981, 6 e 27 luglio 1982, l'amministrazione chiedeva ai capiufficio sotto la cui direzione il ricorrente aveva prestato servizio dalla sua assunzione in poi di formulare osservazioni circa le condizioni di lavoro del ricorrente. In data 12 e 14 luglio, 24 settembre e 10 ottobre 1982 i detti superiori gerarchici comunicavano all'amministrazione le loro osservazioni al riguardo.

4

La Commissione provvedeva, peraltro, conformemente all'art. 18 della regolamentazione, a sottoporre il ricorrente a perizia medica. Il dott. Simons, medico designato dalle Comunità europee, affidava tale perizia al prof. De Waele, della Vrije Universiteit di Bruxelles, che, nella sua relazione 10 gennaio 1983, escludeva che la malattia del ricorrente potesse avere origine professionale. Con lettera 25 febbraio 1983 il dott. Simons si associava a tali conclusioni. Gli accertamenti medici ai quali il prof. De Waele aveva sottoposto il ricorrente erano durati 3 ore e mezza e si erano svolti in lingua tedesca.

5

Con lettera 29 marzo 1983, inviata ai sensi dell'art. 21 della regolamentazione, l'amministrazione notificava al ricorrente un progetto di decisione con cui gli veniva negata l'applicazione dell'art. 73 dello Statuto alla luce delle conclusioni del prof. De Waele, trasmesse in allegato al ricorrente. Questi era stato, peraltro, informato della possibilità che un medico di sua fiducia ottenesse copia completa della perizia del prof. De Waele (15 pagine), nonché della possibilità di richiedere entro il termine di 60.giorni la consultazione della commissione medica prevista dall'art. 23 della regolamentazione.

6

Con lettera 27 maggio 1983 il ricorrente richiedeva la convocazione di tale commissione medica designando a tal fine, quale medico di propria fiducia, il prof. Rose, psichiatra ad Hannover.

7

L'autorità che ha il potere di nomina (in prosieguo: l'« APN ») designava, in seguito, il prof. De Waele come membro della commissione medica. Il terzo medico, il prof. Pierloot, dell'Università cattolica di Lovanio, veniva designato d'intesa dai proff. Rose e De Waele.

8

La Commissione comunicava a ciascun membro della commissione medica il testo dell'incarico conferito alla medesima con allegato il testo dell'art. 3 della regolamentazione, che definisce la nozione di « malattia professionale » ai sensi dello stesso articolo, nonché della « lista europea delle malattie professionali » ai sensi della raccomandazione della Commissione 23 luglio 1962 (GU 1962, 80, pag. 2188). La prima parte dell'incarico affidato alla commissione medica così recitava:

« Visitato il sig. Raimund Vidrányi, sentite le sue spiegazioni e, all'occorrenza, quelle dei medici che hanno assistito le parti, ottenuti tutti i documenti relativi agli accertamenti, cure ed interventi ai quali l'interessato è stato sottoposto, illustrata la loro evoluzione e le cure effettuate, i periti medici:

descrivano la malattia del sig. Vidrányi;

dicano, in una relazione motivata, se l'esercizio delle funzioni del sig. Vidrányi alle dipendenze della Comunità abbia costituito la causa essenziale o preponderante della malattia o dell'aggravamento di una preesistente malattia da cui il sig. Vidrányi fosse affetto;

in caso affermativo, (...) (omissis) ».

9

A ciascun membro della commissione medica la Commissione trasmetteva, inoltre, un voluminoso fascicolo riservato contenente :

la domanda 30 maggio 1980 del ricorrente;

una perizia medica (tre pagine) del 2 giugno 1980 effettuata dal prof. Schmidt, del servizio di neuropsichiatria della clinica universitaria di Treviri, medico curante del ricorrente;

copia di un memorandum (nove pagine e mezza) — di cui il ricorrente aveva trasmesso copia all'amministrazione nel giugno del 1981 — inviato dal ricorrente nel giugno 1977 all'altro suo medico curante, il dott. Thilges, psichiatra-psicoterapeuta a Lussemburgo (con copia al prof. Schmidt);

copia di un memorandum (sei pagine), datato 2 dicembre 1980, indirizzato dal ricorrente al mediatore della Commissione, che riassumeva il precedente memorandum del giugno 1977;

un parere medico del dott. Thilges del 12 novembre 1980;

le risultanze dell'indagine amministrativa compiuta presso i superiori gerarchici del ricorrente sulle condizioni di lavoro del medesimo dall'entrata in servizio in poi;

la relazione medica 25 febbraio 1983 del dott. Simons;

le conclusioni della perizia medica (quindici pagine) redatta il 10 gennaio 1983 dal prof. De Waele;

il progetto di decisione con cui veniva negata al ricorrente l'applicazione dell'art. 73 dello Statuto, progetto notificato al ricorrente il 29 marzo 1983;

la lettera del ricorrente 27 maggio 1983, con cui veniva chiesta la consultazione della commissione medica;

una perizia neuropsichiatrica (sessantuno pagine) datata 16 luglio 1985, redatta dal prof. Rose.

10

Dopo aver sottoposto il ricorrente, il 14 giugno 1988, ad una visita della durata di un'ora e mezza ed aver esaminato i documenti sopra indicati, i medici componenti la commissione medica procedevano alla redazione della relazione, il cui originale, sottoscritto dai tre medici, veniva trasmesso all'APN il 23 dicembre 1988, conformemente all'art. 23, n. 1, parte finale, della regolamentazione. Ai sensi di tale disposizione, copia della relazione veniva trasmessa anche al ricorrente il 13 gennaio 1989, data in cui l'APN informava il medesimo che, alla luce delle conclusioni della commissione medica, le disposizioni dello Statuto relative alla copertura assicurativa delle malattie professionali non potevano trovare applicazione nel suo caso.

11

Il 6 aprile 1989 il ricorrente presentava reclamo avverso la « decisione di diniego 13 gennaio 1989», chiedendo che venisse nuovamente avviato il procedimento sfociato nella relazione della commissione medica. A sostegno del reclamo, il ricorrente formulava varie censure relative tanto al modo in cui la relazione medica era stata redatta quanto al contenuto della stessa; egli lamentava

che, contrariamente a quanto previsto dall'art. 26 dello Statuto, non vi fosse stata comunicazione del fascicolo consegnato alla commissione medica;

che, in occasione della visita del 14 giugno 1988, egli non avesse potuto procedere, in un'ora e mezza di audizione, ad una descrizione completa della propria malattia, né fornire elementi di prova, né discutere della mancanza di assistenza da parte del servizio medico della Commissione, che egli aveva constatato al verificarsi delle prime manifestazioni della propria malattia;

che la relazione della commissione medica si limitasse a ricordare i punti principali della sua domanda di riconoscimento dell'origine professionale della sua malattia risultando, quindi, « squilibrata, insufficientemente motivata e non obiettiva »;

che il prof. Pierloot lo avesse visitato solamente una volta, cioè il 14 giugno 1988, ragion per cui non aveva potuto disporre di quel minimo di informazioni dirette occorrenti per potersi formare un'opinione indipendente.

12

Non avendo la Commissione risposto a tale reclamo, questo veniva considerato tacitamente respinto il 6 agosto 1989.

13

II 5 settembre 1989, il ricorrente, richiamandosi all'art. 26 dello Statuto, ai diritti dell'uomo nonché alla « trasparenza » auspicata nel contratto sociale di progresso, richiedeva all'amministrazione l'invio di tutti i documenti attinenti all'indagine interna svolta dalla Commissione e messi a disposizione della commissione medica. Egli chiedeva, inoltre, che gli venisse data la garanzia dell'effettiva completezza di tutti i documenti che gli sarebbero stati inviati nonché del fatto che alla commissione medica non fosse stata data nessun'altra informazione, né orale né telefonica, oltre a quelle risultanti dai detti documenti.

14

Il 13 ottobre 1989 la Commissione respingeva espressamente tale domanda — che qualificava come reclamo — con decisione notificata al ricorrente mediante raccomandata con ricevuta di ritorno 3 novembre 1989, pervenuta al ricorrente il 7 novembre 1989.

15

Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 6 novembre 1989, il ricorrente ha proposto il presente ricorso diretto a far « annullare o modificare la decisione 13 gennaio 1989, n. IX. C. I/AA (89) 013 MP, recante rifiuto di riconoscere la sua malattia come malattia professionale al fine di farlo fruire dei benefici previsti dall'art. 73 dello Statuto del personale ».

16

Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Terza Sezione) ha deciso di passare alla fase orale senza procedere ad istruttoria. I rappresentanti delle parti hanno svolto difese orali e risposto ai quesiti posti dal Tribunale all'udienza del 27 giugno 1990.

Conclusioni delle parti

17

Il ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

« —

dichiarare il ricorso ricevibile ed accoglierlo ;

annullare o modificare la decisione 13 gennaio 1989 del direttore generale del servizio infortuni e malattie professionali della Commissione delle Comunità europee con cui la malattia del ricorrente non è stata riconosciuta come malattia professionale;

disporre, all'occorrenza, una nuova perizia medica;

statuire sulle spese secondo giustizia ».

La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

« —

respingere il ricorso;

statuire sulle spese secondo giustizia ».

Nel merito

18

Il ricorrente censura sostanzialmente la decisione impugnata sotto due aspetti. Tali censure riguardano, da un lato, la regolarità del procedimento seguito e, dall'altro, il contenuto della relazione della commissione medica.

Sulla regolarità del procedimento seguito: la mancata trasmissione di documenti

19

Il ricorrente deduce che la Commissione, avendo omesso, contrariamente a quanto previsto dall'art. 26 dello Statuto, di inserire nel suo fascicolo personale e di trasmettergli direttamente i documenti inviati al medico designato dall'istituzione e, successivamente, ai membri della commissione medica, lo ha privato della possibilità di prendere posizione sui detti documenti prima che la commissione medica comunicasse le proprie conclusioni all'APN. Il ricorrente aggiunge che la Commissione non può legittimare il proprio rifiuto invocando la necessità di tutelare il segreto medico. Nella replica il ricorrente fa valere, in particolare, che la relazione sull'indagine di cui all'art. 17, n. 2, della regolamentazione deve, per natura, essere inserita nel fascicolo personale del dipendente anche se l'art. 17, n. 2, non prevede l'obbligo di comunicare tali documenti al dipendente. Il ricorrente sostiene che la prova che i detti documenti facessero parte integrante del proprio fascicolo personale risulta dal fatto che, dopo un rifiuto di trasmettergli il fascicolo protrattisi per più di dieci anni — nonostante la richiesta che egli afferma di aver formulato in tal senso all'APN con lettera 27 maggio 1983 —, egli ha finalmente potuto venire a conoscenza delle risultanze dell'indagine amministrativa nell'ambito del presente giudizio.

20

La Commissione sostiene che occorra distinguere tre categorie di documenti tra quelli censurati dal ricorrente prima di esaminare la questione se ad essa incombesse l'obbligo di inserire i documenti de quibus nel fascicolo personale del ricorrente ovvero di trasmetterglieli direttamente.

21

La prima categoria comprende la corrispondenza intercorsa fra il ricorrente e l'amministrazione.

22

La Commissione sostiene che la mancanza di tali documenti nel fascicolo personale del ricorrente non poteva costituire un vizio atto ad inficiare il procedimento seguito nella specie, con riguardo tanto ai lavori della commissione medica quanto alla decisione impugnata che ne è scaturita. Richiamandosi alla giurisprudenza della Corte, la Commissione fa valere che l'art. 26 dello Statuto ha lo scopo « di garantire i dipendenti contro decisioni relative alla loro posizione amministrativa e alla loro carriera, eventualmente adottate dall'autorità che ha il potere di nomina in base a fatti attinenti al loro comportamento e dei quali, tuttavia, non vi sia traccia nel fascicolo personale » (v. le sentenze 28 giugno 1972, Brasseur/Parla-mento, punto 11 della motivazione, causa 88/71, Race. pag. 499 e 7 ottobre 1987, Strack/Commissione, punto 7 della motivazione, causa 140/86, Race. pag. 3939). Orbene, è evidente, nella specie, che non vi era un « diritto di difesa » che il ricorrente potesse esercitare rispetto a documenti da lui stesso provenienti o a lui inviati.

23

Si deve rilevare che l'art. 26 dello Statuto non consente al ricorrente di far valere la mancanza, nel proprio fascicolo personale, di documenti da lui inviati all'amministrazione o da questa trasmessigli, al fine di contestare la validità di una decisione adottata dall'APN in base alla regolamentazione. Quest'ultima prevede, infatti, un procedimento speciale la cui regolarità non è contestata nella specie.

24

Si deve sottolineare, inoltre, che nessuna disposizione della regolamentazione prevede l'obbligo della Commissione di comunicare direttamente al ricorrente l'intero loro carteggio.

25

La seconda categoria di documenti comprende l'insieme delle relazioni mediche redatte ai fini e nell'ambito del procedimento istituito dagli artt. 17-23 della regolamentazione.

26

la Commissione fa presente che tali documenti costituiscono « accertamenti medici effettuati da medici e specialisti » e che essi « rivestono indubbiamente natura esclusivamente medica ». La Commissione ne deduce che, pertanto, secondo la costante giurisprudenza della Corte, tali documenti non dovevano essere inseriti nel fascicolo personale del ricorrente, ma piuttosto essergli resi accessibili tramite l'intervento del suo medico di fiducia, nel senso che il ricorrente avrebbe potuto chiedere all'APN di trasmettere a quest'ultimo i documenti medesimi ai sensi dell'art. 21 della regolamentazione (v. la citata sentenza 7 ottobre 1987, Strack, punti 9-13 della motivazione, causa 140/86).

27

Il ricorso a tale modo indiretto di accesso ai detti documenti avrebbe, infatti, lo scopo di conciliare le esigenze connesse con il rispetto dei diritti del dipendente — che comportano per quest'ultimo la facoltà di esaminare la motivazione della decisione che l'APN intende adottare e di valutare la conformità di tale decisione alle norme dello Statuto — « con quelle del segreto medico che rende ciascun medico giudice della possibilità di comunicare alle persone che cura o visita la natura delle eventuali affezioni» (v. le sentenze 27 ottobre 1977, Moli/Commissione, causa 121/76, Race. pag. 1971, 13 aprile 1978, Mollet/Commissione, causa 75/77, Race, pag. 897, e 7 ottobre 1987, Strack, punto 11 della motivazione, causa 140/86, citata).

28

Secondo la Commissione, il giudizio sulla possibilità di comunicare al ricorrente i documenti rientranti in tale seconda categoria competeva, quindi, nella specie al prof. Rose, medico di fiducia del ricorrente in seno alla commissione medica e che, quale membro della medesima, disponeva di tutti i documenti di cui trattasi. La Commissione sottolinea, peraltro, che il ricorrente non si è avvalso del diritto, riconosciuto dall'art. 21 della regolamentazione, di chiedere all'APN di comunicare al prof. Rose i risultati della perizia medica effettuata dal prof. De Waele il 10 gennaio 1983.

29

Si deve sottolineare che giustamente la Commissione ritiene che la natura strettamente medica delle relazioni mediche di cui trattasi osti a che tali documenti siano inseriti nel fascicolo personale del ricorrente o gli siano trasmessi direttamente. Diversamente ragionando, infatti, verrebbe ad essere riconosciuto al ricorrente il diritto di accedere direttamente ai documenti medesimi, attraverso la consultazione del proprio fascicolo personale o per altra via. Un siffatto diritto d'accesso diretto sarebbe in contrasto con il segreto medico che il procedimento previsto dagli artt. 17-23 della regolamentazione mira a tutelare ed a conciliare con i diritti del dipendente, consentendogli l'accesso ai documenti medici che lo riguardano tramite l'intervento del suo medico di fiducia.

30

Ne consegue che la Commissione non può essere censurata per non aver trasmesso direttamente al ricorrente, inserendoli nel suo fascicolo personale o per altra via, documenti medici la cui specifica natura riservata è opponibile tanto a lui quanto all'APN.

31

La terza categoria di documenti riguarda l'indagine amministrativa effettuata negli anni 1982 e 1983 presso i superiori gerarchici del ricorrente ai sensi dell'art. 17, n. 2, della regolamentazione.

32

La Commissione sostiene che la relazione sull'indagine, diretta ad accertare particolarmente l'esistenza dell'origine professionale della malattia, viene trasmessa al medico designato dall'istituzione il quale, alla luce di tale relazione, formula le conclusioni previste dall'art. 19 della regolamentazione. La Commissione rileva che in tale fase del procedimento nessuna norma prescrive che detta relazione sia portata direttamente a conoscenza del dipendente. Essa aggiunge che il segreto medico non lo consente, in quanto ad accertamenti di fatto connessi ad eventi verificatisi durante il servizio, se effettuati nell'ambito di un procedimento diretto al riconoscimento dell'esistenza di una malattia professionale, deve attribuirsi carattere medico. La Commissione conclude che solamente qualora il ricorrente avesse chiesto — cosa che non ha, invece, fatto — ai sensi dell'art. 21 della regolamentazione, che il medico dell'istituzione trasmettesse la « relazione medica completa » al suo medico di fiducia, sarebbe stato possibile trasmettere a quest'ultimo la relazione sull'indagine.

33

Si deve rilevare che giustamente la Commissione sostiene che nessuna disposizione della regolamentazione prevede la comunicazione diretta della relazione sull'indagine al dipendente e che, come affermato dalla Corte, « ai documenti relativi agli accertamenti fattuali connessi con un incidente verificatosi nell'esercizio dell'attività lavorativa, che possono servire da base per un procedimento inteso all'accertamento dell'esistenza di un infortunio sul lavoro o di una malattia professionale ai sensi della ” regolamentazione ”, deve essere attribuita indole medica » (sentenza 7 ottobre 1987, Strack, punto 13 della motivazione, citata). Questa natura medica non consente che tali documenti vengano comunicati direttamente al ricorrente nell'ambito del procedimento istituito dalla regolamentazione.

34

Occorre sottolineare, tuttavia, che non è solamente « ammissibile » — come rilevato dalla Commissione —, bensì indispensabile che la « relazione medica completa », di cui il dipendente può chiedere l'invio al proprio medico di fiducia e che deve essere trasmessa ai membri della commissione medica prevista dall'art. 23 della regolamentazione, comprenda la relazione sull'indagine. Infatti, è « contemplando l'accesso indiretto ai documenti di natura medica, tramite l'intervento di un medico di fiducia designato dal dipendente, che la regolamentazione contempera i diritti del dipendente o dei suoi aventi causa con le esigenze del segreto medico » (sentenza 7 ottobre 1987, Strack, punto 12 della motivazione, causa 140/86, citata).

35

Così, il dipendente può, qualora ne abbia fatto richiesta, prendere posizione in ordine agli accertamenti contenuti nella relazione sull'indagine tramite l'intervento di un medico di fiducia e valutare l'opportunità di chiedere il parere della commissione medica. Si deve sottolineare, in proposito, che il ricorrente non ha rivolto domande in tal senso all'APN, in quanto la sua lettera del 27 maggio 1983 non conteneva una simile richiesta.

36

Quanto all'argomento del ricorrente secondo cui i detti documenti avrebbero dovuto essere inseriti nel suo fascicolo personale ai sensi dell'art. 26 dello Statuto, si deve sottolineare che, come affermato dalla Corte nella sentenza 7 ottobre 1987, la loro « indole medica (...) non osta a che detti documenti possano, eventualmente, interessare anche la posizione amministrativa del dipendente qualora i fatti in essi riportati costituiscano la base di rapporti riguardanti la competenza, il rendimento o il comportamento del dipendente. In tal caso, detti documenti dovrebbero figurare nel fascicolo personale» (Strack, punto 13 della motivazione, causa 140/86, citata)!

37

Ne consegue che, alla luce della ratio dell'art. 26 dello Statuto, tali documenti devono essere inseriti nel fascicolo personale del ricorrente solamente qualora gli accertamenti in essi contenuti possano interessare, al di fuori del procedimento istituito dalla regolamentazione, la posizione amministrativa del ricorrente medesimo, in quanto i fatti ivi riportati costituiscano la base di rapporti riguardanti la sua competenza, il suo rendimento o il suo comportamento.

38

Si deve però constatare, nella specie, che non risulta provato che gli accertamenti di fatto relativi alle condizioni di lavoro del ricorrente abbiano inciso sulla sua posizione amministrativa, poiché questa ha avuto termine prima della redazione di tali documenti. Ne consegue che giustamente la Commissione non li ha inseriti nel fascicolo personale previsto dall'art. 26 dello Statuto.

39

Quanto all'argomento del ricorrente, formulato nella replica, secondo cui il fatto che la relazione sull'indagine gli sia stata comunicata nell'ambito del presente giudizio costituisce la prova che si trattava di una parte integrante del fascicolo personale, si deve rilevare che, nell'ambito del procedimento istituito dalla regolamentazione, la relazione sull'indagine poteva essere comunicata al ricorrente, per i motivi suesposti, solamente tramite l'intervento del suo medico di fiducia e che, pertanto, il ricorrente non può trarne argomento per sostenere che tale documento faceva parte integrante del proprio fascicolo personale.

40

Dalle considerazioni che precedono emerge che non ci si può avvalere dell'art. 26 dello Statuto per istituire, al di fuori dell'ambito fissato dalla regolamentazione, un procedimento in contraddittorio vertente su documenti di carattere medico.

Sulla regolarità del procedimento seguito: l'audizione da parte della commissione medica

41

Il ricorrente contesta il modo in cui la commissione medica ha svolto i propri lavori, sostenendo che essa non l'ha sentito sufficientemente per poter decidere con cognizione di causa e per consentirgli di far valere la propria « convinzione ».

42

Si deve sottolineare, in proposito, che la Commissione giustamente sostiene che la commissione medica è giudice della necessità di procedere all'audizione dell'interessato e, se del caso, della durata della medesima, e ciò particolarmente in considerazione della maggiore o minore completezza del fascicolo medico di cui già dispone, come la Corte ha rilevato nelle sentenze 21 maggio 1981 e 19 gennaio 1988 (Morbelli/Commissione, punto 17 della motivazione, causa 156/80, Race, pag. 1357; Biedermann/Corte dei conti, punto 16 della motivazione, causa 2/87, Race. pag. 143). Peraltro, « tenuto conto della natura dell'attività della commissione, che non ha lo scopo di risolvere una lite in contraddittorio, bensì di accertare dati clinici, siffatta audizione non è nemmeno necessaria in ossequio ai principi relativi al rispetto delle prerogative della difesa » (sentenza 19 gennaio 1988, Biedermann, punto 16 della motivazione, causa 2/87, citata).

43

D'altronde, basta rilevare che, nella specie, un'audizione di un'ora e mezza da parte della commissione medica poteva essere dalla stessa ragionevolmente considerata sufficiente, in quanto, da un lato, il fascicolo medico, contenente tutti i documenti in cui erano esposti į, vari punti di vista, era completo e, dall'altro, il ricorrente era stato già sottoposto ad una visita di tre ore e mezza dal medico designato dalla Commissione come membro della commissione medica ed era stato visitato due volte complessivamente per tre ore, dal medico da lui stesso designato.

44

Tale censura deve, pertanto, essere disattesa.

Sul contenuto della relazione della commissione medica

45

Il ricorrente censura l'operato della commissione medica perché, da un lato, questa avrebbe addebitato la sua malattia alla struttura della sua personalità e, dall'altro, non avrebbe esaminato criticamente nella propria relazione, il ruolo ed i doveri del servizio medico, la cui mancata assistenza nei confronti del ricorrente realizzerebbe una violazione dell'art. 24 dello Statuto ed avrebbe contribuito all'aggravamento della sua malattia. Secondo il ricorrente, la commissione medica, imputando la malattia alla struttura della sua personalità, avrebbe inteso coprire e nascondere le carenze del servizio medico.

46

La Commissione replica, da un lato, che, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte (v. le sentenze 29 novembre 1984, Suss/Commissione, punto 11 della motivazione, causa 265/83, Racc. pag. 4029, e 19 gennaio 1988, Biedermann, punto 8 della motivazione, citata), il controllo del Tribunale non può estendersi alle valutazioni cliniche propriamente dette contenute nella relazione della commissione medica e, d'altro canto, che non può parlarsi di una carenza da parte del servizio medico della Commissione, al quale il ricorrente non aveva richiesto alcuna assistenza e che era a conoscenza del fatto che questi era già in cura presso uno specialista.

47

Prima di procedere all'esame delle censure formulate dal ricorrente, si deve preliminarmente precisare l'estensione del sindacato del Tribunale su una decisione con cui non si riconosce l'origine professionale della malattia di un dipendente a seguito della consultazione della commissione medica prevista dall'art. 23 della regolamentazione.

48

Si deve ricordare che, secondo la costante giurisprudenza della Corte (v., da ultimo, la sentenza 19 gennaio 1988, Biedermann, punto 8 della motivazione, causa 2/87, citata), il controllo del Tribunale non si estende alle valutazioni cliniche propriamente dette, che devono essere considerate definitive qualora siano state effettuate ritualmente. Ciò non varrebbe qualora la commissione medica si basasse su di un'errata concezione della nozione di « malattia professionale » o se la relazione non stabilisse un nesso comprensibile fra gli accertamenti medici in essa contenuti e le conclusioni alle quali perviene (sentenza 10 dicembre 1987, Jänsch/Commis-sione, punto 15 della motivazione, causa 277/84, Race. pag. 4923).

49

Si deve osservare, in proposito, che l'imputazione della malattia psichica del ricorrente alla struttura della sua personalità costituisce una valutazione medica di cui il Tribunale può conoscere limitatamente al profilo della sua motivazione. Orbene, attribuendo la causa della malattia del ricorrente alla struttura della sua personalità e non alle sue condizioni di lavoro o al comportamento dei suoi superiori, la commissione medica ha escluso che la malattia dell'interessato o il suo aggravamento abbia potuto avere origine « nell'esercizio o in occasione dell'esercizio delle funzioni per conto delle Comunità », a termini dell'art. 3, n. 2, della regolamentazione.

50

Ne consegue che la relazione della commissione medica, non essendo basata su un'errata concezione della nozione di malattia professionale e stabilendo un nesso comprensibile fra gli accertamenti medici in essa contenuti e le conclusioni alle quali perviene, non presenta vizi di motivazione, al pari della decisione della Commissione emanata in base ad essa.

51

Deve aggiungersi, del resto, che la relazione della commissione medica è stata adottata all'unanimità dai suoi tre membri, ivi compreso il medico designato dal ricorrente.

52

Tale censura deve essere, quindi, disattesa.

53

Alla luce di tutte le suesposte considerazioni il ricorso deve essere respinto.

Sulle spese

54

A norma dell'art. 69, n. 2, del regolamento di procedura della Corte, che si applica mutatis mutandis al Tribunale in forza dell'art. 11, terzo comma, della decisione del Consiglio 24 ottobre 1988, che istituisce un Tribunale di primo grado delle Comunità europee, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Tuttavia, ai sensi dell'art. 70 dello stesso regolamento, nelle cause promosse dai dipendenti delle Comunità le spese sostenute dalle istituzioni restano a carico di queste.

 

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione)

dichiara e statuisce:

 

1)

Il ricorso è respinto.

 

2)

Ciascuna delle parti sopporterà le proprie spese.

 

Saggio

Yeraris

Lenaerts

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 12 luglio 1990

Il cancelliere

H. Jung

Il presidente della Terza Sezione

A. Saggio


( *1 ) Lingua processuale: il francese.

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