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Document 52004DC0383

    Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo , al Consiglio, al Comitato economico europeo e sociale e al Comitato delle regioni - La dimensione sociale della globalizzazione - Il contributo della politica dell'UE perché tutti possano beneficiare dei vantaggi

    /* COM/2004/0383 def. */

    52004DC0383

    Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo , al Consiglio, al Comitato economico europeo e sociale e al Comitato delle regioni - La dimensione sociale della globalizzazione - Il contributo della politica dell'UE perché tutti possano beneficiare dei vantaggi /* COM/2004/0383 def. */


    COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO EUROPEO E SOCIALE E AL COMITATO DELLE REGIONI - La dimensione sociale della globalizzazione - Il contributo della politica dell'UE perché tutti possano beneficiare dei vantaggi

    1. Compendio

    In tutto il mondo, molta gente ha potuto approfittare del processo di globalizzazione. Posti di lavoro di maggior qualità - e meglio remunerati - sono stati creati anche là dove in precedenza ci si doveva affidare in larga misura all'agricoltura per mantenere la popolazione.

    Questi aspetti positivi della globalizzazione sono riconosciuti dalla relazione della Commissione Mondiale sulla Dimensione Sociale della Globalizzazione (CMDSG, del 24 febbraio 2004) [1]. Ma la relazione nota anche che i vantaggi della globalizzazione non sono equamente suddivisi tra tutti i paesi e i gruppi e che, senza effettivi sistemi di governance globale, è probabile che questo modello di globalizzazione generi risultati squilibrati senza portare a uno sviluppo globale durevole.

    [1] "A fair globalization: creating opportunities for all", http://www.ilo.org/public/english/CMDSG/

    L'UE persegue da tempo politiche interne e internazionali affinché il progresso economico e sociale vadano di pari passo. In particolare a Lisbona nel 2000, i capi di Stato e di governo si sono accordati su una strategia integrata di riforma per fare dell'Europa la società fondata sulla conoscenza più competitiva al mondo, con posti di lavoro più numerosi e migliori e una maggior coesione sociale, grazie a politiche complementari in grado di affrontare le necessità della concorrenza, dell'occupazione, del progresso sociale e della sostenibilità ambientale: una strategia che fonda anche la risposta della UE all'impatto della globalizzazione sulle imprese, i posti di lavoro e i cittadini in Europa.

    Il modello economico e sociale dell'UE, e la strategia di Lisbona che lo mette in pratica, non possono essere semplicemente trasposti in altre parti del mondo. Ma la CMDSG ha messo in evidenza vari aspetti del modello che possono interessare i partner dell'Unione. Ciò è vero soprattutto per l'elaborazione, l'attuazione e la valutazione di politiche che sono essenziali per trovare un equilibrio tra obiettivi economici e sociali. Per gestire le questioni economiche, occupazionali, sociali, ambientali e la loro interazione, il modello UE dà particolare rilievo, ad esempio, a solide strutture istituzionali, a un forte dialogo sociale e civile, agli investimenti in capitale umano e alla qualità dell'occupazione.

    L'UE deve anche attuare le sue politiche esterne in un modo da estendere il più possibile i vantaggi della globalizzazione a tutti i gruppi sociali in tutti i paesi e regioni partner. Le sue politiche esterne hanno sempre avuto un'importante dimensione sociale, per esempio nel sostenere l'accesso universale a servizi sociali di base nei paesi in via di sviluppo. Da tempo, l'UE promuove anche un'effettiva e coerente governance globale, anche economica, delle istituzioni internazionali, perché la politica commerciale e le relazioni bilaterali con regioni e singoli paesi siano sul serio foriere di sviluppo sociale e perché il progresso e la cooperazione esterna portino al massimo le conseguenze sociali positive della globalizzazione e riducano al minimo quelle negative. Essa incoraggia poi il settore privato a perseguire questi obiettivi.

    La presente comunicazione descrive brevemente la gamma delle azioni intraprese dall'Unione in merito alla dimensione sociale della globalizzazione e propone taluni cambiamenti. Essa è un primo contributo al dibattito avviato dalla pubblicazione della relazione della CMDSG, in particolare alla discussione sul seguito da dare alla conferenza internazionale sul lavoro di Ginevra (giugno 2004). La Commissione ritiene che talune di proposte della CMDSG vadano discusse anche nelle sedi responsabili delle questioni finanziarie, economiche e commerciali.

    2. Antefatto

    L'UE, con la sua esperienza di una profonda e positiva integrazione regionale, è da tempo conscia dei vantaggi e dei rischi di una maggior integrazione economica a livello mondiale. Essa ha elaborato politiche per promuovere il progresso economico e la coesione sociale, sostenuta dal suo attaccamento ai diritti fondamentali e alla libertà, adottando una strategia per lo sviluppo durevole in cui le politiche economiche, sociali e ambientali si completano a vicenda [2]. Nelle sue relazioni esterne, l'UE ha anche sottolineato la necessità di mantenere un equilibrio tra imperativi economici, sociali ed ambientali e ha già elaborato e avviato politiche pertinenti [3]: sui legami tra commercio e sviluppo, la povertà nella cooperazione allo sviluppo, le norme fondamentali del lavoro e la governance sociale, la RSI, il commercio e l'ambiente, l'impegno per il multilateralismo, lo sviluppo durevole, la lotta alla corruzione e per i diritti dell'uomo nel mondo.

    [2] Consiglio europeo di Göteborg, Conclusioni della presidenza, giugno 2001

    [3] COM(2002) 513 def. del 18.09.2002, COM(2000) 212 def., COM(2001) 416 def. del 18.7.2001, COM(2002) 347 def. del 02.07.2002, COM(1996) 54 def. del 28.02.1996, COM(2003) 526 def. del 10.9.2003, COM(2003) 829 def. del 23.12.2003, COM(2001) 252 def. del 08.05.2001.

    In risposta a preoccupazioni su questa punto, l'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) ha istituito la Commissione Mondiale sulla Dimensione Sociale della Globalizzazione (CMDSG) che il 24 febbraio 2004 ha consegnato un'autorevole relazione sull'impatto sociale della globalizzazione. La Commissione europea ha contribuito a istituire e a far funzionare la WCSDG e ha manifestato la volontà che abbia un seguito adeguato [4]. La relazione formula raccomandazioni finalizzate a una migliore gestione della globalizzazione, miranti a una più equa distribuzione dei vantaggi fra i popoli del mondo e a un migliore calcolo dei costi, spesso associati a improvvisi adeguamenti globali.

    [4] http://www.ilo.org/public/english/CMDSG/ consulta/index.htm http://www.ilo.org/public/english/ standards/relm/gb/docs/gb285/pdf/gb-16.pdf ( 42-43)

    La relazione della CMDSG affronta una vasta gamma di questioni, relative alle politiche sia interne che esterne dell'UE fondandosi su numerose iniziative esistenti a livello globale. In generale, è stata ben accolta dagli Stati membri dell'OIL, dall'UE e dalle organizzazioni internazionali in seno al consiglio d'amministrazione dell'OIL, nel marzo 2004 [5]. Ma perché il contributo della CMDSG non resti lettera morta, le sue raccomandazioni vanno concretizzate. Il seguito da dare alla relazione sarà discusso nel giugno 2004 alla seduta annuale della Conferenza Internazionale sul Lavoro, ma la Commissione ritiene che talune proposte vadano discusse anche in altre sedi internazionali responsabili in particolare di questioni finanziarie, economiche e commerciali.

    [5] http://www.ilo.org/public/english/ standards/relm/gb/docs/gb289/pdf/gb-16.pdf

    La Commissione ritiene che l'UE possa e debba contribuire attivamente a canalizzare la globalizzazione in modo che serva scopi sociali oltre che economici. Cresce l'interesse, anche nella relazione CMDSG, verso l'approccio della UE alle questioni economiche, occupazionali e sociali e, in generale, verso il modello di sviluppo durevole della CE. Ciò è ancor più importante con l'ampliamento della UE. La Commissione coglie dunque l'occasione per una prima presa di posizione su talune questioni sollevate dalla relazione della CMDSG che fungeranno da base per il dibattito che seguirà.

    * * *

    L'impatto della globalizzazione sulle varie società è tema vivamente dibattuto e comunque complesso, con conseguenze positive o negative, a seconda del momento in cui avvengono e del contesto specifico di ciascun paese. Grazie al diffondersi dei trasporti e dell'uso delle risorse naturali, i meccanismi con cui flussi crescenti di beni, capitali, idee e persone di tutto il mondo influenzano le economie, le società e l'ambiente sono complessi e dipendono da situazioni nazionali e dall'esistenza o meno di adeguate misure di fiancheggiamento.

    Globalizzazione ha mille accezioni, ma contiene l'idea di una progressiva integrazione delle economie e delle società. Trainata da nuove tecnologie, nuove relazioni economiche e da politiche nazionali e internazionali di svariati protagonisti come governi, organizzazioni internazionali, imprese, media, forze di lavoro e società civile [6], è un processo d'integrazione in corso almeno dalla seconda metà del diciannovesimo secolo, se non prima. Un processo recentemente accelerato da progressi tecnologici e da decisioni politiche per ridurre le barriere alle transazioni internazionali. Essa ha portato, in particolare, a una più accentuata divisione internazionale del lavoro.

    [6] Definizione usata dalla CMDSG: http://www.ilo.org/public/english/CMDSG/ globali/index.htm

    Sebbene la relazione della CMDSG si concentri sugli aspetti negativi della globalizzazione, in genere l'impatto di quest'ultima è stato positivo, anche se talvolta i vantaggi in casi particolari non sono durati a lungo. Nel primo dopoguerra, i principali beneficiari della globalizzazione sono stati i paesi industrializzati: in essi il reddito reale pro capite è più che triplicato nella seconda metà del XX secolo. Più recentemente, uno studio dalla banca mondiale [7] dimostra che l'apertura dei mercati e l'integrazione economica hanno contribuito a sostanziali progressi economici anche nei paesi in via di sviluppo che sono riusciti a entrare in mercati mondiali di produzione e servizi. L'ultima ondata di globalizzazione ha visto paesi come la Cina, l'India e il Messico raddoppiare il loro rapporto commercio/reddito, con esportazioni sempre più composte da prodotti finiti e da servizi, non solo da materie prime [8]. Essi hanno aumentato la loro crescita economica media annua pro capite dall'1% degli anni '60, al 3% negli anni '70 e al 5% negli anni '90. Con questi tassi di crescita, spesso superiori a quelli di paesi dell'OCSE, questi paesi in via di sviluppo mostrano ora segni di convergenza.

    [7] Globalization, Growth and Poverty - A World Bank Policy Research Report, World Bank and Oxford University Press, 2002.

    [8] In India, ad esempio, le esportazioni di TI rappresentano ora quasi il 40% dei proventi delle esportazioni.

    Proprio grazie alla forte crescita economica in Asia, la povertà globale sta diminuendo e sembra raggiungibile l'obiettivo di sviluppo del millennio: dimezzare la povertà tra il 1990 e il 2015 [9]. Solo in Cina, 200 milioni di persone sono uscite dalla povertà dal 1990, Altri indicatori confermano queste indicazioni positive: se tra il 1950 e il 1999 la speranza di vita è aumentata di circa 10 anni nei paesi industrializzati, nei paesi in via di sviluppo è aumentata di quasi 20 anni (e di quasi 30 in India e in Cina) [10].

    [9] World Development Report 2004, World Bank.

    [10] Angus Maddison, The World Economy: A Millennial Perspective, OECD 2001

    Ma tali aspetti positivi non sono universali. Vari paesi, per 2 miliardi di persone circa, non partecipano veramente alla globalizzazione e restano ai margini dell'economia mondiale. Ad esempio, nell'Africa subsaariana il numero di persone che vive con meno di 1 dollaro al giorno è di fatto aumentato del 30% nell'ultimo decennio. La speranza di vita è diminuita con scarse probabilità di raggiungere l'obiettivo di sviluppo del millennio (MDGs). Migliorare la situazione economica e i livelli di vita in tali regioni è una delle principali sfide dell'economia globale. La Commissione vede perciò di buon occhio l'importanza che la CMDSG dà alle politiche nazionali e crede che aggiustamenti interni siano essenziali, per cogliere i benefici dell'integrazione globale e anche per stimolare gli investimenti interni, spesso asfittici.

    La povertà resta un problema anche in paesi a crescita rapida. L'integrazione economica può avere ripercussioni positive sulla povertà, ma garantire tale beneficio richiede riduzioni delle disuguaglianze ed efficaci politiche sociali. Le Norme fondamentali del lavoro (CLS) [11] e un dialogo sociale tripartito e bipartito, che attui tali politiche, sono elementi fondamentali di un'equa globalizzazione, e sono solo una base di partenza. L'obiettivo finale resta innescare un progresso sociale dinamico che dia un lavoro dignitoso a tutti [12]. La politica dell'UE che respinge l'uso dei diritti del lavoro a fini protezionistici e rifiuta ogni approccio basato su sanzioni unilaterali, è in linea con la posizione della CMDSG [13].

    [11] La cosiddette Norme fondamentali del lavoro ("Core labour standards" - CLS), riconosciute a livello internazionale dall'OIL, riguardano l'abolizione del lavoro forzato, la non discriminazione, l'eliminazione del lavoro minorile e la libertà di associazione con il diritto alla contrattazione collettiva.

    [12] Il programma per il lavoro dignitoso riguarda l'obiettivo strategico dell'OIL e comprende diritti dei lavoratori, occupazione, dialogo sociale e protezione sociale. La Commissione mondiale sostiene tale programma ( 502-510 w allegato 1). La promozione del lavoro dignitoso è anche compresa nella cooperazione tra Commissione europea e OIL; cfr. lo scambio di lettere del 14.05.2001, GU C 165/23

    [13] Conclusioni generali del Consiglio di affari del 21.07.2003; CMDSG relazione 421

    Tutti i paesi devono darsi un quadro nazionale che favorisca commerci, investimenti e giustizia sociale. Un'amministrazione aperta e trasparente è essenziale in tale quadro. A molti paesi l'integrazione regionale offre l'opportunità di ampliare economie di scala e di stimolare la concorrenza e la solidarietà fra pari, incrementando l'efficienza e la credibilità della riforma, ponendo premesse di chiarezza e coerenza per potenziali investitori. L'UE sostiene i paesi in via di sviluppo che fanno sforzi in questa direzione.

    La CMDSG osserva giustamente, che i recuperi d'efficienza decisivi promossi dal commercio nei paesi in via di sviluppo sono stati limitati da un latente protezionismo proprio in settori in cui essi godono di relativi vantaggi - come agricoltura, prodotti lavorati e beni ad alta intensità di manodopera. Ciò vale sia per i mercati in via di sviluppo che sviluppati. Sebbene in questi ultimi le barriere siano talora compensate da accordi d'accesso preferenziali, come l'iniziativa UE "Tutto Tranne Armi" (TTA) per i PMS, aperture del mercato di tale livello sono l'eccezione e non la regola. Perché la divisione globale di lavoro assecondi bene lo sviluppo, occorre eliminare tali barriere.

    Per la CMDSG è inevitabile una coesistenza tra maggior efficienza dovuta al commercio e costi di adeguamento. Di solito i benefici dell'apertura del mercato superano i costi. Ma se i costi si concentrano soprattutto negli strati di popolazione che avevano fruito del passato protezionismo, i vantaggi sono più diffusi e, quindi, meno evidenti. Finché non si saprà distribuire equamente i frutti dell'integrazione con l'economia mondiale tra i paesi, e al loro interno, il sostegno alla globalizzazione resterà fragile.

    Affrontare una ristrutturazione economica e industriale non è facile e il periodo di transizione può essere molto lungo. Un anticipo è importante. Occorre sostenere i lavoratori perché colgano le opportunità che la globalizzazione offre e facciano fronte a futuri cambiamenti. Servono adeguate politiche complementari, nel Nord e nel Sud, per anticipare il lungo termine e mitigare effetti negativi a breve su regioni vulnerabili, taluni settori e lavoratori. I governi devono attuare politiche di accompagnamento efficaci adeguate al loro livello di sviluppo, devono incoraggiare l'occupazione avviando imprese, riqualificare, intervenire attivamente sul mercato del lavoro, darsi reti di sicurezza adeguate. E dovranno anche ottimizzare il contributo dei lavoratori migranti alla crescita economica e garantire loro un'equa partecipazione al benessere, assicurandone l'effettiva integrazione nella società.

    La CMDSG evidenzia che in alcuni paesi la globalizzazione ha aggravato gli squilibri tra i sessi. Discriminazioni dovute a profonde e lontane radici sfociano spesso in costi sociali di globalizzazione sproporzionati a carico delle donne. Anche se la CMDSG riconosce che tali squilibri dipendono largamente dal livello di parità tra i sessi che un paese ha raggiunto nelle sue norme, istituzioni e politiche quando si integra nell'economia globale [14]. La parità tra i sessi è un obiettivo fondamentale delle politiche interne ed esterne della UE e un elemento centrale delle Norme fondamentali del lavoro (CLS), convenute a livello internazionale.

    [14] CMDSG, Relazione, 214-217

    3. La rilevanza del modello economico e sociale dell'UE

    La relazione della CMDSG riconosce che l'UE è un modello molto particolare di integrazione politica, economica e sociale. Mantenendo distinte le identità nazionali dei suoi Stati membri, l'UE ha creato un mercato unico in cui circolano liberamente beni, servizi, capitali e persone. L'Unione economica e monetaria gli ha dato un'ulteriore spinta, aprendo nuove possibilità per i produttori di beni, i fornitori di servizi e i consumatori e contribuendo così a migliorare le condizioni di vita dei suoi cittadini, soprattutto di quelli degli Stati membri meno sviluppati. Il PIL pro capite di Spagna e Portogallo è aumentato dal 71% e dal 54% rispettivamente della media UE nel 1985, quando aderirono all'UE, all'86% e al 71% nel 2002; quello dell'Irlanda è saltato dal 60% nel 1973 a oltre il 125% nel 2002.

    L'integrazione economica europea ha sempre avuto una forte dimensione sociale. Al tempo del mercato comune, tramite i fondi strutturali, la dimensione sociale riguardava soprattutto i diritti dei lavoratori, la parità tra i sessi e la coesione sociale ed economica. Ma, crescendo l'integrazione, essa è giunta a comprendere una gamma più ampia di obiettivi: come la piena occupazione; posti di lavoro, sistemi di istruzione e di formazione di maggior qualità; una protezione sociale adeguata e sostenibile; il dialogo sociale e la lotta alla discriminazione e l'emarginazione sociale. Questi obiettivi si riflettono nei trattati europei e nelle conclusioni dei capi di Stato e di governo degli Stati membri della UE a varie riunioni del Consiglio europeo. Nel 2000 in particolare, i capi di Stato e di governo hanno adottato a Lisbona una strategia integrata di riforma per fare dell'Europa la società basata sulla conoscenza più competitiva al mondo, con posti di lavoro più numerosi e migliori e una maggior coesione sociale, grazie a politiche a sostegno reciproco per affrontare problemi di competitività, occupazione, progresso sociale e difesa dell'ambiente. Su di essa si basa anche la risposta politica dell'UE agli effetti della globalizzazione sulle imprese, il lavoro e cittadini in Europa.

    Alla successiva riunione (Barcellona 2002), per il Consiglio europeo il modello sociale europeo si fondava su buoni risultati economici, alti livelli di tutela sociale, l'apprendimento lungo l'arco della vita e sul dialogo sociale tra i datori di lavoro e i lavoratori [15]. Le politiche europee mirano alla crescita dell'occupazione, anche investendo in istruzione, qualificazione e mobilità, a ridurre il numero di persone che rischiano la povertà e a rendere sostenibili i sistemi di protezione sociale. Un modello in cui è necessario sia coinvolgere i lavoratori nei cambiamenti che li riguardano, soprattutto nella gestione delle ristrutturazioni aziendali, che migliorare la qualità del lavoro.

    [15] Conclusioni della presidenza, Consiglio europeo, Barcellona, 15 e 16 marzo 2002

    La relazione della CMDSG individua vari elementi del modello UE che hanno decisamente contribuito alla sua capacità di migliorare condizioni di vita e di lavoro: quadro giuridico forte; apertura all'economia mondiale; efficiente economia di mercato; regimi di protezione sociale pubblici; norme minime comuni per l'occupazione; coinvolgimento degli interessati nel dialogo sociale europeo; pari opportunità; in genere, rispetto dei diritti umani e dello stato di diritto, democrazia e aumento del controllo democratico da parte del Parlamento europeo.

    È impossibile limitarsi a trasporre in altre parti del mondo il modello economico e sociale dell'UE e della strategia di Lisbona, che lo traduce in pratica. Ma la CMDSG ha messo in evidenza taluni aspetti del modello che possono interessare i partner dell'UE, soprattutto per i processi volti a mantenere un equilibrio tra tutti gli obiettivi ricercati. Il modello UE fa affidamento su solide istituzioni per gestire le questioni economiche, sociali e ambientali e la loro interazione, su servizi pubblici e d'interesse generale efficienti, su un forte dialogo sociale e civile, su investimenti in capitale umano e sulla qualità dell'occupazione.

    Un esempio della pertinenza del modello economico e sociale europeo per i paesi nel pieno della transizione economica è il recente ampliamento dell'Unione. La trasformazione delle economie degli 8 paesi dell'Europa centrale e orientale, che l'1 maggio 2004 dopo meno di 15 anni di economia di mercato hanno aderito all'Unione, testimonia la maturità con cui il modello europeo affronta l'impatto sociale sui lavoratori e le loro famiglie. La Commissione sottolinea in particolare la necessità di potenziare la capacità di enti pubblici, parti sociali e società civile di prevedere gli effetti dei cambiamenti economici, di investire nell'istruzione e nelle qualifiche della mano d'opera e di fornire regimi sostenibili di protezione sociale per attenuare le ripercussioni sui singoli.

    4. Gestire la conseguenze della globalizzazione nell'UE

    La globalizzazione preme sui protagonisti dell'economia della UE perché rimangano al vertice della competitività. La CMDSG mostra che l'impatto sociale dell'adeguamento tocca anche le economie industriali. Perché la liberalizzazione commerciale avvenga e risollevi l'economia, servono meccanismi per assorbire i costi dell'adeguamento, come quelli connessi alla ristrutturazione. Gestire il cambiamento, distribuendo in modo più equo i vantaggi della liberalizzazione, aiuterà a soccorrere gli strati più colpiti dall'apertura del mercato [16]. Ciò richiede un approccio coerente e lungimirante che coinvolga e impegni tutti gli operatori, pubblici e privati. La CMDSG sottolinea poi sulla scorta delle politiche e delle esperienze dell'UE quanto l'integrazione regionale possa aiutare i paesi a gestire la globalizzazione [17].

    [16] CMDSG, Relazione, 173-234, 278-289, 369-379 e allegato 1.

    [17] CMDSG, Relazione, 313-334

    Per l'UE, i vantaggi economici complessivi della globalizzazione sono certamente positivi. Con le sue dislocazioni, la ristrutturazione tocca non solo le qualifiche più basse e le industrie manifatturiere ma sempre più i servizi, come quelli alle imprese con posti di lavoro molto qualificati e ad alto tasso di conoscenza. Per aprirsi all'economia di mercato, le economie dei nuovi Stati membri, soprattutto quelli dei paesi dell'Europa centrale ed orientale (PECO), hanno subito per oltre 10 anni profonde ristrutturazioni [18]. Ciò ha causato notevoli spostamenti di mano d'opera tra i principali settori (agricoltura, industria e servizi) che sono tuttora in corso. Ristrutturazioni in seno ai settori per adeguarsi all'introduzione di nuove tecnologie o all'emergere di nuovi concorrenti avvengono sia nei nuovi Stati membri che nei vecchi.

    [18] Employment in Europe 2002, chapter 5 and Employment in Europe 2003; Structural change, convergence and specialization in the EU Accession Countries, ed. by M. Landesmann, WIIW (October 2003).

    Perché l'Europa resti competitiva, occorre investire molto in risorse umane in tutte le fasce d'età, tanto più nel contesto di un invecchiamento della società che impone di mobilitare ogni potenziale riserva. La strategia di Lisbona, e la strategia europea per l'occupazione in particolare, incoraggia enti pubblici, imprese e parti sociali a tutti i livelli a essere più competitivi investendo nelle competenze della mano d'opera e in un uso efficiente delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione. Tutti gli operatori devono prevedere, avviare e assorbire il cambiamento.

    L'UE investe molto in capitale umano anche attraverso i Fondi a finalità strutturale, ciò che contribuisce notevolmente alla coesione economica e sociale dell'intera Unione. Tali risorse potrebbero però meglio contribuire a risolvere i problemi posti dalla globalizzazione, come l'adattabilità e l'occupabilità di persone e imprese e una più equa diffusione della ricerca e dell'innovazione in tutta Europa. Il Fondo sociale europeo (FSE) potrebbe catalizzare gli investimenti nazionali e regionali finalizzandoli all'occupazione a all'apprendimento lungo l'arco della vita, a una maggior qualità e produttività del lavoro e all'integrazione sociale. L'iniziativa comunitaria "EQUAL" nel campo delle risorse umane cerca e collauda nuovi mezzi di lotta alle discriminazioni e alle disuguaglianze nel mercato del lavoro. Attualmente studia questioni come invecchiamento e apprendimento per tutta la vita, creazione di imprese ed economia sociale, integrazione nel mercato del lavoro dei gruppi sfavoriti come disabili, migranti, minoranze etniche, conciliazione tra vita familiare e vita professionale [19]. Anche la cooperazione comunitaria per l'istruzione e la formazione, con i suoi programmi (Socrates, Leonardo da Vinci, Gioventù) dà notevoli contributi all'attuazione della strategia di Lisbona.

    [19] http://europa.eu.int/comm/ employment_social/equal/index_en.html

    Come sostengono la relazione della Commissione sulla coesione [20] e la comunicazione sulle prospettive finanziarie [21], i fondi a finalità strutturale vanno usati per affrontare meglio la ristrutturazione economica e sociale.

    [20] COM(2004) 107 def. del 18.02.2004

    [21] COM(2004) 101 def. del 10.02.2004

    Anticipare i cambiamenti, gestire la ristrutturazione e trovare un equilibrio tra flessibilità e sicurezza richiede un dialogo sociale bilaterale effettivo e una solida collaborazione tra datori di lavoro, sindacati ed enti pubblici. Al vertice sociale tripartito per la crescita e l'occupazione (25 marzo 2004), tutte le parti hanno espresso il loro impegno a rinnovare il Patto Europeo per il Cambiamento, accordandosi di riesaminare i progressi effettuati ai vari livelli del Patto ai vertici sociali tripartiti successivi. Collaborare è particolarmente importante per gestire l'impatto della continua ristrutturazione nei nuovi Stati membri, dove la capacità delle organizzazioni dei datori di lavoro e dei sindacati di avviare un costruttivo dialogo sociale bilaterale va ulteriormente rafforzata. Capacità essenziale se si devono ottenere accordi necessari ad alleviare e gestire le conseguenze sociali potenzialmente negative della ristrutturazione.

    Parti sociali forti e organizzate contribuiscono decisamente alla qualità dell'occupazione e a una competitività elevata delle imprese, garantendo motivazione, creatività, lealtà e produttività dei dipendenti. Il trattato europeo incoraggia il dialogo tra le parti sociali a livello interindustriale e settoriale. La Commissione ha chiesto loro di usare meglio lo Spazio contrattuale europeo [22]. Le parti sociali hanno anche incluso nei rispettivi programmi di lavoro e nelle attività in corso la ristrutturazione e la gestione del cambiamento insieme a questioni come l'apprendimento lungo l'arco della vita e la qualità sul lavoro. La Commissione le ha invitate a discutere in dettaglio le iniziative sulla ristrutturazione. L'Osservatorio europeo del cambiamento, istituito nell'ottobre 2001 fornirà alle parti sociali strumenti per meglio comprendere, anticipare e gestire il cambiamento e sta ora ampliando l'attività ai nuovi Stati membri.

    [22] COM(2002) 341 def. del 26.06.2002

    La legislazione UE fissa norme minime che tutti gli Stati membri e le imprese devono rispettare se pensano a licenziamenti di massa o ad altre decisioni che colpiscono i lavoratori. I testi più recenti mirano chiaramente a coinvolgere tempestivamente i lavoratori, soprattutto su questioni strategiche e sul prevedibile andamento dell'occupazione nelle imprese. Inoltre numerose imprese singole tendono sempre più a cercare approcci di tipo sociale alla gestione del cambiamento. L'UE incoraggia tali iniziative. La sua legislazione garantisce norme minime per l'igiene e la sicurezza sul lavoro e per le condizioni di lavoro alla cui elaborazione le parti sociali sono invitate a partecipare. Le CLS e le norme di non discriminazione sul lavoro e di pari opportunità per uomini e donne sono garantiti dalla legislazione UE. La libertà di associazione e la contrattazione collettiva sono ancorate nella Carta europea dei diritti fondamentali.

    Perché le imprese e i lavoratori abbiano un atteggiamento positivo verso il cambiamento, le salvaguardie fornite dai regimi di protezione sociale devono divenire sostenibili; il che spesso significa riforma e aggiornamento. L'Unione sostiene il processo di riforma con un metodo aperto di coordinamento, per diffondere le pratiche migliori e ottenere maggior convergenza sui principali fini dell'UE: gli Stati membri adottano obiettivi comuni di adeguatezza sociale e sostenibilità finanziaria dei regimi di protezione sociale, scambiano pratiche esemplari e avviano forme di peer-review. Applicato una prima volta alle pensioni, la Commissione propone ora il metodo aperto di coordinamento alla sanità. La strategia di Lisbona incoraggia inoltre un contesto istituzionale e normativo favorevole agli investimenti nella ricerca e nell'innovazione in modo che l'Europa resti un luogo attraente per l'attività economica. La Commissione ritiene che l'Unione debba raggruppare ulteriormente le attività (siti di R&S e di produzione). Anche importanti per promuovere la competitività e l'integrazione sociale sono efficienti servizi pubblici e d'interesse generale. L'UE sostiene poi lo sviluppo locale ed la CMDSG evidenzia il potenziale per l'occupazione e l'ambiente delle iniziative locali [23].

    [23] CMDSG, Relazione, 290-312

    Valutazioni d'impatto dello sviluppo durevole (VIS) dei negoziati sulla liberalizzazione degli scambi aiuteranno a capire meglio gli effetti interni della liberalizzazione sull'UE, in particolare sulle regioni e le industrie più deboli e a individuare i legami tra le diverse politiche [24]. Le VIS, i cui risultati vanno integrati nelle politiche UE, le permetteranno di affrontare i problemi sociali, ambientali ed economici, interni ed esterni della liberalizzazione. L'istituzione di un comitato di coordinamento che associ parti sociali e società civile conferirà un'effettiva dimensione sociale alle VIS.

    [24] Dal 1999, le VIS sono state estese a tutti i negoziati commerciali importanti e fanno parte attualmente di un ampio impegno a favore della Valutazione d'impatto, COM(2002) 276 def..

    5. Padroneggiare la globalizzazione - azione dell'UE per promuovere la dimensione sociale della globalizzazione

    La relazione della CMDSG riguarda una serie di politiche esterne dell'UE.

    5.1. La dimensione sociale delle relazioni bilaterali e regionali europee

    Le relazioni della Comunità europea con i paesi terzi abbracciano numerose questioni affrontate nella relazione della CMDSG, come il buon governo, lo stato di diritto, i diritti umani, la democratizzazione, nonché lo sviluppo sociale come corollario necessario dello sviluppo economico per garantire un progresso durevole.

    5.1.1. Accordi bilaterali e regionali

    L'UE ha negoziato accordi, praticamente con tutti i paesi e molti raggruppamenti regionali del mondo, con l'obiettivo principale di promuovere la stabilità e lo sviluppo economico e sociale durevole in tutto il mondo. A tal fine, gli accordi bilaterali e regionali dell'UE introducono modalità istituzionali per dialoghi politici e tecnici e, in particolare, strutture per la cooperazione economica, istituzionale e sociale. Gli accordi comprendono di solito anche un capitolo sociale, che, talvolta, va ancora sfruttato a fondo.

    Il rispetto dei principi democratici, dei diritti umani e dello stato di diritto sono dal 1992 elementi essenziali di tutti gli accordi con paesi terzi o raggruppamenti regionali. Partecipano al processo anche la società civile e le parti sociali. Viene promosso il dialogo e la consultazione con la società civile locale e tra autorità dei paesi partner e società civile locale.

    Tutti i negoziati bilaterali danno alla Commissione l'opportunità di potenziare la dimensione dello sviluppo durevole dei suoi accordi e di tradurre i suoi impegni politici in azioni concrete. È perciò importante che quanto attualmente disposto per le CLS, come l'articolo 50 di Cotonou e altri accordi, sia effettivamente attuato.

    La Commissione sta inoltre attuando valutazioni d'impatto sullo sviluppo durevole (VIS) dei negoziati bilaterali che esamineranno tra l'altro ripercussioni sullo sviluppo sociale dell'UE e dei suoi paesi partner, grazie a un'ampia gamma di indicatori e coinvolgendo in una vasta consultazione numerosi interessati (associazioni private, sindacati e società civile in genere).

    Nel settembre 2002 sono stati avviati negoziati UE-ACP per Accordi di partenariato economico (APE) [25]. Gli aspetti sociali (povertà, occupazione o migrazione sud/sud), sono elementi distintivi della parte "sviluppo" dei colloqui APE. La CE, sull'esempio di Cotonou, continua a inserire negli accordi bilaterali misure particolari sulle CLS. L'accordo di associazione del 2002 con il Cile comprende ad esempio un titolo esauriente sulla cooperazione sociale [26]. Di recente, il progetto del futuro accordo UE - Canada per potenziare il commercio e gli investimenti (marzo 2004) avvia un dialogo sullo sviluppo durevole e sulla sua dimensione sociale. La Commissione si sforzerà di mettere lo sviluppo durevole al centro degli accordi frutto dei negoziati bilaterali o regionali in corso o futuri.

    [25] Gli APE sono un approccio ambizioso allo sviluppo attraverso il commercio e l'integrazione. Entreranno in vigore a partire dal 2008.

    [26] Le parti si impegnano a dare priorità alla creazione di posti di lavoro, a rispettare i diritti sociali fondamentali e a cooperare per ridurre la povertà, lottare contro l'emarginazione sociale, aggiornare le relazioni industriali e per altri settori collegati.

    Da tempo, la Commissione coopera con il Giappone e gli USA nel campo dell'occupazione e degli affari sociali. Ciò sarà esteso al Canada, alla Cina e possibilmente ad altre economie emergenti.

    Le relazioni bilaterali possono anche comprendere incentivi per prodotti rispondenti a certe norme socio-ambientali. Esse offrono anche l'opportunità di aumentare la coerenza politica - tra negoziati commerciali, attuazione, VIS e assistenza tecnica - ottimizzando l'assegnazione di aiuti ai settori dove i costi di adeguamento sono più alti. Uno sviluppo potrebbe riguardare l'organizzazione comune di una cooperazione sullo sviluppo durevole. La CE esplorerà negli accordi bilaterali nuovi meccanismi comuni per discutere e sorvegliare gli aspetti pertinenti alla dimensione sociale della globalizzazione. Vi saranno invitate anche le organizzazioni internazionali (come l'OIL). Un'altra possibilità è istituire degli "osservatòri" bilaterali comuni per sorvegliare sviluppi, fornire un luogo di scambio d'idee tra governi, Parlamento europeo, parti sociali e società civile in senso lato e per coinvolgere enti ed organizzazioni internazionali.

    5.1.2. Dialogo politico a livello regionale

    La Comunità europea coltiva anche solide relazioni a livello regionale e sostiene con coerenza sforzi e processi d'integrazione regionali altrove nel mondo. L'integrazione regionale è assai utile per una migliore integrazione nell'economia mondiale e aiuta paesi e regioni interessate a ottimizzare i vantaggi della globalizzazione. Nelle relazioni con i Balcani ad esempio, l'UE conta sulla cooperazione e sull'integrazione regionale per una maggior stabilità economica, politica e sociale e come primo passo verso un'ulteriore integrazione nell'UE.

    L'UE ha anche sviluppato una serie di dialoghi politici a livello regionale come il processo ASEM (Asia-Europe Meeting) o il vertice UE-America latina-Caraibi, a livello di capi di Stato. Le relazioni con i 78 paesi ACP sono disciplinate dall'accordo di Cotonou, che prevede vari strumenti e istituzioni per articolare il dialogo politico. Altro dialogo politico regolare è quello con ECOWAS, SADC e l'Unione africana. Questi dialoghi ad alto livello offrono la possibilità di discutere problemi legati alla globalizzazione e di cercarvi risposte comuni. Nel contesto dell'ASEM, i capi europei ed asiatici affrontano questioni globali di interesse comune (impatto della globalizzazione, gestione dei flussi migratori, riduzione degli ostacoli agli scambi e agli investimenti), riforme politico-sociali e finanziarie, questioni ambientali.

    Recenti sviluppi in America Latina dimostrano che le questioni sociali e la dimensione sociale della globalizzazione stanno focalizzando l'attenzione. La coesione sociale sarà il principale tema del vertice UE-America latina-Caraibi (Guadalajara - maggio 2004). La Commissione proporrà che i capi di Stato e di governo delle due regioni prendano decisioni concrete per: (a) incoraggiare i paesi dell'America latina a darsi politiche efficaci per aumentare la coesione sociale, ridurre povertà, disuguaglianze ed emarginazione in seno al controllo democratico, alle politiche sociali, alle finanze pubbliche e alla politica fiscale; (b) incoraggiare la comunità internazionale, soprattutto le istituzioni finanziarie internazionali (IFI) a sostenere tali misure valutando accuratamente l'impatto dei programmi di riforma sulla coesione e stabilità sociale; e (c) intensificare la cooperazione tra UE e America Latina nel campo della coesione sociale. Un approccio che è in linea con le raccomandazioni e i pareri della CMDSG sull'integrazione regionale come un passo verso una globalizzazione più giusta [27].

    [27] CMDSG, Relazione, 327-331 e allegato 1, governo nazionale, n. 8

    5.1.3. Politica di vicinato

    La "Politica europea di vicinato" vuole migliorare le relazioni con i paesi confinanti con l'Unione a est e a sud dopo l'ampliamento. Scopo dell'iniziativa è creare un'area di stabilità e prosperità basata su valori condivisi e interessi comuni. I paesi partner verranno assistiti nell'attuazione di riforme politiche ed economiche intensificando il dialogo e la cooperazione in campo sociale.

    La cooperazione sugli aspetti sociali riguarda soprattutto lo sviluppo regionale, l'occupazione, la politica sociale e le riforme strutturali. In termini di sviluppo regionale, l'UE incoraggerà i programmi dei governi partner a stimolare la decentralizzazione, ridurre le disparità regionali, creare occupazione, promuovere norme fondamentali del lavoro e il dialogo sociale. Saranno anche sostenute le politiche per ridurre la povertà e migliorare i regimi nazionali di assistenza sociale. L'UE incoraggerà inoltre i governi partner a migliorare l'efficacia dell'assistenza sociale, ad attuare strategie per amplificare la crescita economica e sostenere lo sviluppo delle PMI, ad affrontare la povertà dei minori e a garantire un libero accesso ai ragazzi e alle ragazze all'istruzione primaria e secondaria, in particolare nelle campagne.

    5.1.4. Promozione dei diritti umani e della democratizzazione nei paesi terzi

    Il processo di globalizzazione può servire la libertà, la giustizia e la prosperità. La comunicazione della Commissione sul ruolo dell'UE nella promozione dei diritti umani e della democratizzazione nei paesi terzi [28] mostra come l'UE possa rendere la globalizzazione un processo più giusto e meno esclusivo. Integrare diritti umani e democratizzazione in tutte le politiche UE è un atto inscindibile dal contributo finanziario alle attività della società civile e delle organizzazioni internazionali nei paesi terzi attraverso l'Iniziativa europea per la democrazia e i diritti umani (IEDDU). Tra buongoverno (lotta alla corruzione), stato di diritto, tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali e qualità della giustizia esistono legami assai stretti [29]. Un quadro giuridico adeguato e correttamente applicato garantisce la tutela dei diritti dei lavoratori e dei cittadini, permette la protezione sociale dei cittadini in genere e dei lavoratori in particolare, consente condizioni di lavoro dignitose, la lotta al lavoro illegale, allo sfruttamento di categorie di persone come donne e bambini, più esposte al traffico delle braccia, ai bassi salari, alla disoccupazione e agli abusi a carattere morale e sessuale.

    [28] COM(2001) 252 def. dell'8 maggio 2001

    [29] Comunicazione - Politica globale dell'UE contro la corruzione, COM(2003) 317 def. del 28.05.2003

    5.1.5. Migrazione

    La migrazione è una questione delicata e importante nel dibattito sulla globalizzazione, che va affrontata in tutti i suoi aspetti: non solo come migrazione sud-nord ma anche sud-sud, con i suoi elementi umani (diritti fondamentali, tutela, integrazione dei migranti) e tutte le sue varie componenti economiche e sociali (rimesse, fuga dei cervelli). Su questi fenomeni occorre sviluppare un dialogo molto vasto e considerare le implicazioni di sicurezza. L'UE continua a elaborare norme che guideranno il suo approccio alla migrazione. Da alcuni anno, le migrazioni fanno parte degli Accordi di cooperazione e di associazione conclusi con i paesi terzi. La CMDSG raccomanda l'istituzione di una struttura multilaterale per il movimento transfrontaliero di persone e propone varie azioni anche a livello regionale [30].

    [30] CMDS, Relazione, 428-446 ed allegato 1, il lavoro nell'economia globale, n. 2 e 3.

    5.2. Sviluppo e cooperazione esterna

    5.2.1. Obiettivi di sviluppo del millennio

    L'UE si è impegnata a indirizzare la sua assistenza internazionale ai paesi in via di sviluppo in modo che questi possano cogliere gli Obiettivi di sviluppo del millennio (OSM). Gli OSM, con il Vertice mondiale sul Piano di attuazione dello sviluppo durevole concordato a Johannesburg, delineano un'agenda ambiziosa per ridurre la povertà e appoggiare lo sviluppo durevole. La CMDSG sottolinea l'importanza degli OSM come primo passo verso uno "zoccolo" socioeconomico per l'economia globale e chiede di mobilizzare maggiori risorse [31].

    [31] CMDSG, Relazione, 21, 450-481, allegato 1, politiche internazionali migliori.

    In questo contesto, la CE cercherà, nell'adempiere ai suoi impegni internazionali, di porre chiari obiettivi in tema di povertà, istruzione, salute, parità sessuale e ambiente. Il lavoro sarà ritmato e diretto dalle azioni e obiettivi specifici concordati a Monterrey [32] e Johannesburg. Come presupposto per cogliere tali obiettivi andrà rafforzata la coerenza della politiche UE. Particolare attenzione sarà data alla necessità di far sì che le politiche interne ed esterne dell'UE assecondino gli impegni internazionali convenuti senza insidiare gli obiettivi di cooperazione allo sviluppo della CE. Gli effetti di altre politiche UE (politica commerciale, agricola e della pesca, migratoria, ambientale, regolamenti sull'igiene alimentare, ricerca, tecnologie dell'informazione e della comunicazione; strategia di sicurezza dell'UE, lotta alla droga, al riciclaggio di denaro, al traffico di esseri umani, al terrorismo internazionale) sui paesi in via di sviluppo saranno controllati in continuazione.

    [32] comunicazione della Commissione, COM(2004) 150 def., del 05.03.2004 - Messa in pratica del consenso di Monterrey: il contributo dell'Unione europea.

    5.2.2. Cooperazione esterna

    Gran parte della responsabilità per lo sviluppo sociale è nelle mani dei paesi partner stessi. Da essi dipende che le politiche interne rispettino i diritti umani, le libertà fondamentali e lo stato di diritto e governino in modo trasparente e responsabile. Essi devono anche integrare gli scambi nelle strategie di sviluppo nazionale e garantire un'equa distribuzione dei vantaggi dell'integrazione nell'economia globale. Ciò richiede: a) riforme istituzionali e normative (agrarie e fiscali, p. es.), per creare di posti di lavoro sostenibili in un settore privato formale e un vero mercato del lavoro; b) accesso migliore e più equo ai servizi sociali (soprattutto salute e istruzione); c) sviluppo o rafforzamento di meccanismi di ridistribuzione (come i regimi di protezione sociale); e d) coinvolgimento di attori privati, rispetto per le CLS e promozione del dialogo sociale.

    La comunità internazionale è responsabile per la promozione di questi obiettivi. L'UE sostiene l'attuazione di queste politiche, anche attraverso i meccanismi di aiuto regionali e bilaterali e i programmi nazionali di cooperazione con i paesi partner. L'approccio della CE agli aspetti sociali dell'aiuto esterno - dialogando con i paesi partner e appoggiandoli - fa parte del processo democratico e di stabilizzazione necessario a garantire un minimo di accettazione e sostegno delle grandi trasformazioni economiche e sociali che tali paesi stanno affrontando. Esso aiuta ad assorbire lo shock degli effetti sociali della transizione e a creare un solido contesto per le imprese e i commerci. Per meglio valutare le conseguenze sociali della globalizzazione e modulare i propri aiuti esterni, la Comunità integrerà la dimensione sociale, per i campi suddetti, già nella pianificazione e nell'attuazione dei suoi programmi e progetti.

    La crisi asiatica e l'impatto delle riforme avviate dai paesi in transizione, dimostrano l'importanza di regimi di protezione sociale e di adeguati meccanismi di ridistribuzione per attutire l'impatto sociale della crisi e della transizione. Tali pratiche e regimi sociali devono avere una base istituzionale durevole. L'esperienza dell'America Latina nella lotta all'instabilità sociale e politica sottolinea l'importanza di un dialogo sociale operativo.

    Occorre prestare particolare attenzione all'interazione tra globalizzazione e parità sessuale. In proposito, l'UE promuove energicamente l'integrazione della parità sessuale nella sua politica di cooperazione.

    Le riforme commerciali hanno spesso costi transitori per taluni strati di popolazione che chiedono sostegno per adeguarsi al nuovo contesto. Il FMI ha annunciato un meccanismo di integrazione commerciale per i paesi in difficoltà con la bilancia dei pagamenti a causa di cambiamenti nella politica commerciale, come l'abolizione delle quote dell'AMF. Ma la comunità internazionale deve affrontare la questione dei costi di adeguamento in modo più sistematico per evitare potenziali impatti sociali negativi. L'UE sta elaborando sostegni per l'adeguamento a mutamenti commerciali in seno a una strategia coerente di sviluppo. Il sostegno avverrà a tre livelli: a) sviluppo di una capacità istituzionale nazionale in grado di sostenere le riforme politiche richieste (come una riforma fiscale che attenui la riduzione della entrate statali dovute alla diminuzione dei dazi doganali); b) programmi per prevedere le necessità di adeguamento, garantire una più equa distribuzione dei guadagni e facilitare il trasferimento di risorse produttive da settori prima protetti ad altri a più alti vantaggi comparativi e c) programmi di fiancheggiamento per sviluppare capacità produttive tali da sfruttare completamente le opportunità offerte da un più ampio accesso al mercato.

    L'assistenza al commercio per aiutare i paesi interessati a gestire l'adeguamento economico e sociale è un importante elemento (v. oltre) dell'agenda multilaterale dell'UE. Negli ultimi 4 anni. l'UE ha notevolmente aumentato i programmi di assistenza al commercio in tutte le regioni dei paese in via di sviluppo. Ma i futuri programmi d'aiuto allo sviluppo per i paesi meno avanzati dovranno badare a integrare il commercio nelle loro strategie di riduzione di povertà e a gestire l'impatto sociale della liberalizzazione degli scambi, creando meccanismi di protezione sociale e uno zoccolo socioeconomico su cui far crescere la riforma commerciale. Nell'economia formale, prenderà forma un contesto più favorevole agli investimenti, alla creazione di posti di lavoro e a un'equa ripartizione dei guadagni della crescita. L'UE incoraggerà questi orientamenti nei programmi di aiuto forniti da donatori bilaterali e da altre organizzazioni internazionali.

    5.3. Garantire che la politica commerciale sostenga effettivamente lo sviluppo sociale

    L'importanza della liberalizzazione commerciale per sostenere crescita e sviluppo globali è largamente riconosciuta. Promuovendo concorrenza ed efficienza, la crescita continua degli scambi internazionali tiene alti i tassi di crescita della produttività. L'integrazione regionale (v. sopra) può stimolare la crescita, ma resta secondaria rispetto a sforzi multilaterali più ambiziosi. Secondo la banca mondiale [33], i guadagni ottenibili attuando il Programma di Doha per lo sviluppo (DDA) dell'OMC, varierebbero tra 270 e 520 miliardi di dollari nel 2015.

    [33] Prospettive economiche globali 2004, Realizzare le promesse di sviluppo del programma di Doha.

    Per essere giusta ed equa, la globalizzazione deve sostenere i più deboli e vulnerabili. La comunicazione della Commissione del 2001 sulle CLS [34] suggerisce varie iniziative di politica commerciale per promuovere lo sviluppo sociale, data l'universalità delle CLS, il contributo dell'UE all'attività dell'OIL e la sua intensa cooperazione con altri organismi internazionali. Un approccio successivamente confermato dal Consiglio "Affari generali" del 21.07.2003.

    [34] Comunicazione - Promozione delle norme fondamentali del lavoro e miglioramento della governance sociale nel quadro della globalizzazione, COM(2001) 416 def. del 18.07.2001, nel prosieguo "La comunicazione del 2001".

    In seguito alla comunicazione del 2001, la Commissione ha ampliato tale approccio generale con numerose iniziative concrete (bilaterali, multilaterali e insieme all'OMC [35]) sul Sistema delle preferenze generalizzate (SPG) e nelle relazioni bilaterali e regionali con paesi in via di sviluppo [36]. Questa sezione spiega tra l'altro come la Commissione abbia perseguito gli obiettivi fissati nel 2001 e come possa continuare a farlo.

    [35] Le conclusioni del Consiglio invitavano pressantemente l'UE a incoraggiare discussioni, autonome e volontarie, sui problemi dello sviluppo sociale - come il rispetto delle CLS - in occasione dell'Esame della politica commerciale (EPC) in seno all'OMC. In preparazione dell'imminente EPC dell'UE (luglio 2004), la Commissione ha iniziato a raccogliere elementi che illustrassero la correlazione positiva tra norme sociali dell'UE e le sue buone performances economiche e commerciali. La Commissione ritiene che tale esame volontario possa dimostrare la correlazione positiva tra progresso sociale, apertura del mercato e regole commerciali multilaterali.

    [36] Tali sforzi sono stati descritti al punto 5.1.1.

    I negoziati DDA possono aiutare a cogliere gli obiettivi di sviluppo sociale fissati dalla Dichiarazione del Millennio e a contribuire allo sviluppo durevole. Essi possono stimolare la crescita economica a lungo termine, il commercio, gli investimenti, lo sviluppo durevole e la gestione dei problemi della globalizzazione e perciò aiutare l'integrazione dei paesi in via di sviluppo nel sistema del commercio mondiale in modo da favorire la lotta alla povertà e un equo miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro [37]. La CMDSG riconosce il ruolo decisivo della DDA e fa in modo che la liberalizzazione multilaterale degli scambi sia reciprocamente utile a tutti i paesi e socialmente equa al loro interno. La CMDSG sottolinea inoltre che la liberalizzazione degli scambi deve essere un mezzo per raggiungere obiettivi come una crescita forte e continua, la piena occupazione, condizioni di lavoro dignitose, riduzione della povertà. L'UE ha cercato di inserire tali obiettivi nella sua posizione negoziale facendo emergere gli aspetti dello sviluppo sociale in tutti i principali campi del negoziato, in molti casi come trattamento speciale e differenziale. Nella comunicazione del settembre 2002 sul commercio e sviluppo, la Commissione ha individuato tre elementi, in seguito confermati dal Consiglio, essenziali per ottenere risultati pro-sviluppo nella DDA,: accesso al mercato; regole multilaterali; ampliamento dell'assistenza e delle competenze legate al commercio [38].

    [37] Comunicazione della Commissione - Redynamiser les négociations relatives au programme de Doha pour le développement - l'optique de l'UE, def. del 26.11.2003.

    [38] Tale questione è stata discussa al punto 5.2.2

    Riguardo all'accesso al mercato, l'UE raccomanda un approccio nel cui ambito tutti i membri dell'OMC contribuiscono alla liberalizzazione secondo le capacità e il livello di sviluppo economico, concentrandosi sull'apertura del mercato o sulla riduzione delle distorsioni degli scambi per settori e prodotti di speciale interesse per i paesi in via di sviluppo. In tal modo la liberalizzazione degli scambi aiuta la riduzione di povertà e la crescita economica di tali paesi, e crea le condizioni per un equo sviluppo sociale. Poiché tra gli stessi paesi in via di sviluppo esistono ostacoli al libero scambio, è importante creare nuovi mercati con il commercio sud-sud, anche per attenuare i timori dei paesi più deboli per l'erosione delle preferenze. Restano inoltre iniziative significative dei membri sviluppati dell'OMC, come la concessione da parte dell'UE di un accesso esente da diritti o quote per le esportazioni dei paesi meno sviluppati.

    Gli effetti sociali dei mutamenti delle politiche commerciali sono particolarmente evidenti in certi settori industriali. Nel settore dell'acciaio, recenti misure commerciali degli USA si sono ripercosse non solo sui lavoratori UE ma anche su quelli dei paesi meno avanzati. Nel settore tessile e dell'abbigliamento, mutare i regimi commerciali significa che certi paesi più deboli perderanno quote di mercato, prima garantite dai contingenti [39]. Gli impatti negativi di tali mutamenti richiedono un approccio integrato che combini adeguate politiche sociali nazionali ai sostegni dei donatori e apra opportunità di mercato più ampie alle esportazioni di tali paesi.

    [39] La Commissione europea stessa ha cominciato a dar seguito alla comunicazione sul Futuro del settore tessile e dell'abbigliamento (COM(2003) 649 def. del 29.10.2003) istituendo un gruppo ad alto livello che formulasse proposte atte a facilitare l'adeguamento del settore. Azioni concrete sono state anche proposte nell'ambito del VIS sul settore tessile e dell'abbigliamento in un documento sulla posizione ufficiale della Commissione.

    La Commissione ammette che i paesi in via di sviluppo nutrano un interesse particolare per l'agricoltura. L'UE sta riformando la sua politica agricola in modo da distorcere meno gli scambi, riducendo notevolmente le sovvenzioni all'esportazione e promuovendo lo sviluppo durevole. È chiaro che l'agricoltura à al centro degli interessi dei paesi della DDA. Ma, come nel campo dei tessuti, l'impatto della liberalizzazione sarà ambiguo. A breve termine, i paesi in via di sviluppo importatori netti di prodotti alimentari possono accettare prezzi più elevati inquietante per la sicurezza alimentare [40]. Al tempo stesso, i paesi che ora beneficiano di preferenze, soprattutto i più poveri, vedranno quest'ultime erose, con le conseguenze per i proventi delle loro esportazioni. Servono sforzi globali e coordinati per ottimizzare i guadagni dovuti all'apertura del mercato e minimizzare i costi sociali negativi dell'adeguamento.

    [40] V., ad esempio, VIS dei negoziati dell'OMC, settore delle piante alimentari, SEI, 2002, per la Commissione europea.

    Un grave problema dei paesi in via di sviluppo è la loro dipendenza da taluni prodotti agricoli di base. L'accesso al mercato non lo risolve. In due recenti comunicazioni nel febbraio 2004, la Commissione ha suggerito metodi integrati per ottenere uno sviluppo durevole, attraverso il commercio, per paesi dipendenti da prodotti in generale e dal cotone in particolare [41]. Essi comprendono misure commerciali e non, e l'incoraggiamento di pratiche più durevoli lungo la catena di fornitura dei prodotti.

    [41] Proposta per un piano d'azione UE su "Catene di produzione delle materie prime agricole, dipendenza e povertà" e proposta di un partenariato UE-Africa a sostegno del settore del cotone.

    Parallelamente, anche i negoziati sui servizi possono offrire molto in termini di opportunità per il commercio sud-sud e di liberalizzazione dei servizi che forniscono infrastrutture chiave per lo sviluppo, la crescita economica o la difesa dell'ambiente. Data la natura particolare del settore e la sua rilevanza per la creazione di posti di lavoro, sarà necessario assistere in modo specifico i paesi meno avanzati, non in grado di gestire problemi di riforme normative. L'UE contribuirà a tutto ciò. Riguardo alla componente normativa della DDA, è importante, per tutti i paesi, industrializzati e no, creare condizioni ottimali per gli scambi transfrontalieri (agevolazioni commerciali), incoraggiare un clima che attiri investimenti diretti esteri produttivi, promuovere una leale concorrenza e acquisire beni e servizi di qualità per i propri cittadini a prezzi equi. Anche se i membri dell'OMC sono divisi sulla convenienza di norme multilaterali in tutti questi settori, la Commissione è persuasa che stimolerebbero un contesto economico più stabile e trasparente, a sua volta favorevole alla crescita economica continua, in particolare nei paesi in via di sviluppo.

    Promuovere lo sviluppo sociale attraverso accessi al mercato per i paesi in via di sviluppo

    La Commissione approva le CLS e l'obiettivo generale di un lavoro dignitoso e ricorre se necessario a strumenti commerciali. Essa concorda con la CMDSG sull'importanza di far accedere al mercato i paesi in via di sviluppo e, in vari modi, offre loro ampi accessi ai suoi mercati. I paesi meno avanzati e i partner ACP dell'UE beneficiano di livelli di accesso eccezionali al mercato UE [42]. Tra tali regimi, l'SPG (Sistema di preferenze generalizzate) fornisce un significativo accesso generalizzato a tutti i paesi in via di sviluppo. L'SPG contiene un sistema di incentivi sociali in cui l'effettiva conformità alle CLS dà a un beneficiario ulteriori preferenze commerciali. La revisione dell'SPG nel 2002 ha reso il regime più attraente per i paesi in via di sviluppo aumentando le preferenze commerciali supplementari. Un'ulteriore riforma del regime, a partire dal 2006, cercherà di ottimizzare i vantaggi ai destinatari e di applicare pienamente le CLS nei paesi beneficiari.

    [42] Per i paesi ACP, l'accordo di Cotonou già prevede l'esenzione dai dazi doganali per la maggior parte delle linee tariffarie e i negoziati per zone di libero scambio con i partner ACP nel corso dei prossimi anni. Per i paesi meno avanzati, l'iniziativa "Tutto Tranne Armi" (accordo speciale concluso nel quadro dell'SPG) prevede la soppressione di tutti i dazi doganali per i paesi meno avanzati a partire dal 2008.

    5.4. Promuovere iniziative private per lo sviluppo sociale

    I governi hanno grandi responsabilità nel garantire un equo sviluppo sociale. Ma anche il settore privato può essere un potente veicolo complementare del cambiamento. Le imprese, nazionali e multinazionali, l'economia in genere, i sindacati e la società civile in senso lato possono cogliere obiettivi sociali e gestire bene l'ordinamento sociale sia nell'UE che altrove. Le imprese sono sempre più disposte a riconoscere che una condotta respondabile può rafforzare la loro concorrenzialità Un altro importante aspetto è il fatto che la globalizzazione e la rivoluzione dei media danno all'opinione pubblica il potere di premere per un miglior controllo sociale nell'economia globale. La responsabilità sociale del commercio, delle imprese e degli investimenti nonché dell'intera catena che fornisce beni e servizi sono oggi più strettamente controllate dal grande pubblico [43].

    [43] CMDSG, Relazione, 546-559 e allegato.

    Il concetto di responsabilità sociale delle imprese (RSI) può aiutare gli scambi e gli investimenti a operare per lo sviluppo sostenibile. Nel 2002 l'UE ha approvato una strategia per promuovere l'RSI in linea con le proposte e le raccomandazioni della CMDSG [44]. La Commissione ha perciò ha avviato iniziative per promuovere la RSI, come campagne per sensibilizzare sul significato economico della RSI, indagini sulla fattibilità e opportunità di criteri/direttive per un regime commerciale volontario, ispirato a valori giusti ed etici, a livello comunitario, su codici di condotta globali per le parti sociali dell'UE e per migliorare le sinergie con le politiche commerciali.

    [44] COM(2001) 416 def., conclusioni del Consiglio del 21.07.2003, risoluzione del Parlamento europeo del luglio 2002 e comunicazione della Commissione, COM(2002) 347 def., del 02.07.2002 - Responsabilità sociale delle imprese: un contributo delle imprese allo sviluppo sostenibile.

    La Commissione ha anche istituito un forum europeo multilaterale sulla RSI per sviluppare nuove forme di dialogo e di legami tra campi e interessi diversi della politica e per definire un approccio e una serie di principi informatori dell'UE. Il forum riunisce i principali interessati dell'UE - associazioni di datori di lavoro e d'imprese, sindacati, società civile. Esso affronta numerose questioni: migliori conoscenze, esigenze specifiche delle PMI, promozione della trasparenza. E discute problemi dello sviluppo (affrontare l'HIV/AIDS in Africa, applicare le CLS al settore tessile, la trasparenza finanziaria delle industrie estrattive). Una relazione concluderà i suoi lavori nell'estate 2004.

    La Commissione nota con interesse che la CMDSG raccomanda all'OIL di aprire un forum globale multilaterale sulla RSI [45]. La CMDSG avverte lo scetticismo da parte di certuni sul reale impatto della RSI. La Commissione concorda con la CMDSG sul fatto che le iniziative volontarie possono solo completare la legislazione e la politica sociale e che devono promuovere norme più strette. Per la Commissione il contributo delle iniziative volontarie va potenziato in vari modi. I consumatori e la società civile devono essere certi che tali iniziative sono più di una campagna di PR e avranno impatti positivi significativi. Per essere credibili gli strumenti della RSI vanno sviluppati in modo trasparente, consultando le parti sociali e altri interessati competenti; e vanno applicati in modo verificabile. In proposito, occorrerà redigere delle relazioni. Se esse devono tener conto delle circostanze nei paesi terzi, vanno coinvolte anche le parti sociali locali e altri interessati competenti. La Commissione ritiene che occorrerà poi riflettere sul modo di rendere operativi gli obiettivi e di individuare le pratiche migliori.

    [45] CMDS, Relazione, 554-557, 613-616.

    Nell'ambito delle politiche sulle RSI, per affrontare questioni legate al lavoro come le CLS, i diritti umani e l'ambiente in senso lato, sarà utile ricorrere a codici di condotta privati e a vasti partenariati di settore. Per le questioni del lavoro, essi terranno conto delle pertinenti norme riconosciute a livello internazionale [46] e completeranno la legislazione, la sua applicazione e i contratti collettivi [47]. Il dialogo sociale europeo e globale può anche promuovere un quadro più coerente per i codici di condotta e per i partenariati. I comitati europei per il dialogo sociale settoriale hanno già convenuto codici di condotta settoriali applicabili all'UE e alle catene di forniture globale [48]. Molte imprese europee hanno firmato codici di condotta nell'ambito dei loro consigli di fabbrica.

    [46] L'approccio europeo alla RSI si iscrive in un ampio contesto di varie norme riconosciute a livello internazionale, come la dichiarazione tripartita dell'OIL sulle imprese multinazionali e la politica sociale (1977/2000) e le direttive dell'OCSE per le imprese multinazionali (2000).

    [47] Parti sociali internazionali di un settore tra i più globalizzati, l'industria cantieristica, hanno anche concluso un contratto collettivo internazionale. Commissione, Stati membri e parti sociali dell'UE partecipano ai lavori dell'OIL per consolidare le norme marittime dell'OIL.

    [48] http://europa.eu.int/comm/ employment_social/publications/2003/ke4702397_en.html

    La Commissione sostiene attivamente l'applicazione degli orientamenti OCSE per le società multinazionali che offrono punti di riferimento per attitudini responsabili delle imprese, ma richiedono un'attuazione più rigorosa e coerente. Una difficoltà che frena la loro applicazione è l'esistenza di "imprese scroccone" - imprese che, del tutto passive, approfittano delle attività di altre. Perché tali orientamenti siano meglio recepiti, la Commissione fa ad essi riferimento nei suoi accordi bilaterali (come nell'Accordo di associazione UE-Cile, attualmente negoziato con Mercosur). Occorre un'ampia adesione a tali principi con iniziative private concertate e/o governative che subordinino la concessione di aiuti come i crediti all'esportazione alla conformità con gli orientamenti dell' OCSE.

    5.5. Governo a livello globale

    Senza il contributo delle istituzioni internazionali, non progredirebbe alcuna globalizzazione socialmente sostenibile. Il sistema multilaterale deve diventare più efficiente per gestire i problemi esistenti ed emergenti di governo globale e di stato di diritto [49]. In seno all'OMC, alle istituzioni finanziarie internazionali e all'ONU, la Commissione è per un approccio coerente e complessivo alla problematica della dimensione sociale della globalizzazione e al rafforzamento di organi importanti come l'OIL [50].

    [49] Tale posizione si riflette sia nella comunicazione della Commissione: L'Unione europea e le Nazioni Unite: la scelta del multilateralismo (COM(2003) 526, del 10.9.2003) e nelle conclusioni del Consiglio su di essa, che nella strategia europea di sicurezza, adottata dal Consiglio europeo nel dicembre 2003.

    [50] Ai sensi della Comunicazione del 2001.

    Riguardo all'ONU, è necessario che ECOSOC, la Commissione per lo sviluppo sociale e il Terzo Comitato dell'Assemblea generale dell'ONU pratichino politiche più coerenti. La Commissione ritiene che vadano seriamente considerate talune proposte, come l'istituzione di un Consiglio sulla sicurezza economica e sociale. In tale contesto vanno esaminati i risultati del comitato ad alto livello sulla riforma dell'ONU, istituito dal suo Segretario generale. La Commissione ritiene che i primi passi per migliorare il coordinamento e la coerenza debbano concentrarsi su una maggior efficienza degli enti esistenti. In tale contesto andrebbe anche discusso l'attuale mandato di ECOSOC. L'UE è pronta a svolgere un ruolo attivo nel processo di elaborazione dell'agenda internazionale e riconosce la necessità di darsi un profilo più netto con un approccio globale alla pace, alla sicurezza e allo sviluppo. La Commissione si impegna a intensificare il suo contributo.

    L'UE, per dimostrare coerenza politica, deve anche esprimersi coerentemente e a una sola voce in tutti gli ambiti dell'ONU e delle altre organizzazioni internazionali che affrontano questioni sociali ed economiche. La Commissione continuerà a coordinare attivamente l'UE, scambiando informazioni e formulando proposte per posizioni e iniziative di quest'ultima. L'UE incoraggerà anche i paesi partner ad attuare i loro impegni e obiettivi multilaterali, sia attraverso il dialogo bilaterale che assistendo i paesi che ne hanno necessità.

    Le IFI, l'OMC e l'ONU in quanto organi di aiuto, di apertura e di fissazione di norme per il mercato devono lavorare in modo coerente e coordinato verso l'obiettivo strategico dello sviluppo durevole. Proclamare una mera coerenza di facciata non basta più: occorrono azioni concertate, efficaci e complementari, che individuino sinergie effettive. Ciò dipende in larga misura dalla volontà dei loro Stati membri - paesi avanzati e no. E richiede che il sistema di governo economico globale sia efficiente, integrativo e rappresentativo.

    Migliorare i processi negoziali dell' OMC contribuirebbe a rendere il sistema degli scambi multilaterali più giusto e socialmente equo. La relazione della CMDSG osserva che una più ampia partecipazione dei paesi in via di sviluppo ai negoziati dell'OMC favorirebbe i loro sforzi per legare la liberalizzazione degli scambi alle agende nazionali per lo sviluppo sociale [51]. La Commissione ha offerto concretamente di preparare e organizzare conferenze ministeriali e di elaborare metodi di lavoro e procedure decisionali, in modo da aumentare la partecipazione al sistema dell'OMC dei paesi in via di sviluppo, soprattutto di quelli meno avanzati. In ogni caso, avvicinare l'agenda sugli scambi multilaterali alle preoccupazioni di sviluppo sociale è impossibile isolandosi dall'OMC. L'UE deve mirare a coordinare meglio i temi relativi al controllo sociale in seno alla globalizzazione e trattare con coerenza questo problema in tutte le sedi internazionali competenti, come l'OMC e l'OIL [52] e deve anche far dialogare quest'ultime affinché l'OIL ottenga lo status di osservatore nell'OMC.

    [51] Il programma di Doha sullo sviluppo è, di per sé, un passo importante in questa direzione, poiché pone lo sviluppo al centro dei negoziati commerciali.

    [52] Conclusioni del Consiglio Affari generali, del 21 luglio 2003.

    La CMDSG ha suggerito varie innovazioni per ottenere maggior coerenza politica a livello internazionale, sia confermando obiettivi comuni, come la dignità del lavoro, che attraverso nuovi meccanismi di cooperazione. Le Iniziative sulla coerenza della politica, i Dialoghi per l'elaborazione della politica e il "Forum per la politica di globalizzazione" promettono di legare strettamente l'agenda multilaterale alle preoccupazioni più diffuse, anche se, perché siano efficaci, occorre chiarirne e precisarne i mandati. La partecipazione delle organizzazioni economiche, commerciali, finanziarie e sociali a iniziative sulla coerenza politica, come quelle relative alla crescita, all'investimento e alla creazione di posti di lavoro globali, sarebbe molto utile per completare l'attuale tornata negoziale e contribuire a un suo risultato positivo.

    Gli IFI sono decisive per dar vita a un buongoverno nel mondo che si sta sviluppando. La coerenza politica all'interno di queste organizzazioni e tra esse e il sistema multilaterale in senso lato è essenziale per formare un ambiente globale che aiuti lo sviluppo durevole. Deve divenire prioritario contribuire a politiche finalizzate a un impegno effettivo con l'economia mondiale e all'appoggio di ampi obiettivi di sostenibilità,.

    L'euro si è rapidamente imposto come seconda valuta internazionale, ma l'UE non ha oggi l'impatto che potrebbe avere sulle politiche delle IFI, ciò che indebolisce la coerenza politica. La sua voce non è univoca e la sua capacità di influire su decisioni politiche e orientamenti importanti è scarsa. Un problema, perché tali istituzioni hanno un ruolo direttivo nel gestire e superare le crisi finanziarie. E un problema per la coerenza propria della politica dell'UE nei pilastri del governo dell'economia mondiale quali il commercio, la finanza e la definizione di norme. L'influenza dell'UE per promuovere un modello di sviluppo che integri effettivamente la dimensione sociale crescerebbe parecchio da una presenza unificata nelle istituzioni di governo economico multilaterale. Ciò significa parlare con una sola voce, perseguendo una posizione comune attraverso il voto a maggioranza qualificata ed il voto come gruppo.

    Il commercio internazionale e le istituzioni finanziarie sono al centro di un interesse senza precedenti della società civile. Come propone la CMDSG, devono divenire più trasparenti, aperte e coinvolgere maggiormente datori di lavoro, lavoratori e società civile in senso lato. In proposito, è interessante l'esempio dell'OCSE, in cui sono formalmente rappresentati e consultati datori di lavoro e lavoratori [53]. Anche la Commissione attribuisce grande importanza al dialogo attivo con i datori di lavoro, i lavoratori e la società civile e continuerà a far maturare il dialogo con che si interessa ai processi e alle questioni relative alla dimensione sociale della globalizzazione.

    [53] CMDSG, Relazione, 562.

    Come evidenziato dalla relazione CMDSG [54], ricerca e raccolta dei dati sulla dimensione sociale vanno potenziate. In seno al VI Programma quadro di ricerca, la Commissione medita di dar vita a una rete di eccellenza che faccia ricerche su questioni come "Governo Globale, strutture normative e ruolo dell'UE", comprendendovi l'analisi della dimensione sociale.

    [54] CMDSG, Relazione, 623-629.

    6. Conclusione

    Nella presente comunicazione la Commissione delinea i suoi attuali punti di vista su alcune questioni sollevate dalla relazione della CMDSG. Nel complesso, il messaggio della relazione è equilibrato, critico ma positivo e può fungere da base per azioni future. Esso riconosce che a livello globale, regionale e nazionale sono già stati presi taluni provvedimenti ma chiarisce che servono ulteriori sforzi a ogni livello per estendere a tutti i vantaggi della globalizzazione. Questa è una sfida sia per l'UE che per i suoi Stati membri.

    Per tutti i partner, sarà particolarmente importante dare un seguito efficace alla relazione.

    L'UE ha già sviluppato iniziative e politiche che affrontano l'aspetto sociale della globalizzazione sia in Europa che altrove. È ora importante che l'Unione, ai più alti livelli politici, si impegni a prendere provvedimenti per rafforzare tale aspetto alla luce della relazione della CMDSG e delle prime proposte avanzate nella presente comunicazione.

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