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Judgment of the Court of First Instance (Second Chamber) of 23 November 2004.#Cantina sociale di Dolianova Soc. coop. rl and Others v Commission of the European Communities.#Common organisation of the market in wine - Regulation (EEC) No 2499/82 - Community aid - Action for annulment - Action for failure to act - Action for damages.#Case T-166/98.
Sentenza del Tribunale di primo grado (Seconda Sezione) del 23 novembre 2004. Cantina sociale di Dolianova Soc. coop. rl e altri contro Commissione delle Comunità europee. Organizzazione comune del mercato vitivinicolo - Regolamento (CEE) n. 2499/82 - Aiuto comunitario - Ricorso di annullamento - Ricorso per carenza - Ricorso per risarcimento danni. Causa T-166/98.
Sentenza del Tribunale di primo grado (Seconda Sezione) del 23 novembre 2004. Cantina sociale di Dolianova Soc. coop. rl e altri contro Commissione delle Comunità europee. Organizzazione comune del mercato vitivinicolo - Regolamento (CEE) n. 2499/82 - Aiuto comunitario - Ricorso di annullamento - Ricorso per carenza - Ricorso per risarcimento danni. Causa T-166/98.
Raccolta della Giurisprudenza 2004 II-03991
ECLI identifier: ECLI:EU:T:2004:337
Date of document:
23/11/2004
Date lodged:
12/10/1998
Author:
Tribunale
Country or organisation from which the request originates:
Italia
Form:
Sentenza
Additional information:
POURVOI C-51/05 P
Authentic language:
italiano
Type of procedure:
Ricorso per carenza - irricevibile, Ricorso per annullamento - irricevibile, Domanda di risarcimento danni - sentenza interlocutoria, Domanda di risarcimento danni - fondata
Applicant:
Persona privata
Defendant:
Istituzioni e gli organismi dell’UE, Commissione europea
Judge-Rapporteur:
Meij
Treaty:
Trattato che istituisce la Comunità economica europea
1. Mariatte, Flavien: Lacunes du droit communautaire et fonctions principales de l'action subsidiaire en indemnité - À propos de l'arrêt du Tribunal du 23 novembre 2004, aff. T-166/98, Cantina sociale di Dolianova et a. c/ Commission, Europe 2005 Mars Etude nº 3 p.6-11 (FR)
Cantina sociale di Dolianova Soc. coop. rl e altri
contro
Commissione delle Comunità europee
«Organizzazione comune del mercato vitivinicolo — Regolamento (CEE) n. 2499/82 — Aiuto comunitario — Ricorso di annullamento — Ricorso per carenza — Ricorso per risarcimento danni»
Sentenza del Tribunale (Seconda Sezione) 23 novembre 2004
Massime della sentenza
1. Ricorso di annullamento — Atti impugnabili — Atti che producono effetti giuridici obbligatori — Istituzione priva della competenza
ad adottare l’atto richiesto — Esclusione — Rigetto di una domanda di modifica di una disposizione regolamentare — Carenza
di legittimazione ad agire
[Trattato CE, art. 173 (divenuto, in seguito a modifica, art. 230 CE); regolamento della Commissione n. 2499/82]
[Regolamento di procedura del Tribunale, art. 44, n. 1, lett. c)]
3. Ricorso per carenza — Persone fisiche o giuridiche — Omissioni impugnabili — Omesso accoglimento da parte della Commissione
di una domanda di versamento di un aiuto asseritamente dovuto a titolo del regolamento n. 2499/82 — Irricevibilità
[Trattato CE, art. 175, terzo comma (divenuto art. 232, terzo comma, CE); regolamento della Commissione n. 2499/82]
4. Ricorso per carenza — Persone fisiche o giuridiche — Atto richiesto — Regolamento — Irricevibilità
[Trattato CE, art. 175 (divenuto art 232 CE)]
5. Ricorso per risarcimento danni — Oggetto — Domanda di risarcimento in cui si deduce l’illegalità di una decisione adottata
da uno Stato membro in sede di applicazione di una normativa comunitaria — Regolamento n. 2499/82 — Aiuto comunitario alla
distillazione preventiva dei vini da tavola — Scelta dello Stato membro di applicare, per il versamento di tale aiuto, il
procedimento previsto dall’art. 9 del detto regolamento — Insussistenza di un meccanismo che garantisca il versamento di questo
aiuto al produttore in caso di insolvenza del distillatore — Illegittimità che vizia il regolamento n. 2499/82 stesso — Imputabilità
dell’asserita illegittimità a un’istituzione comunitaria
[Trattato CE, art. 215, secondo comma (divenuto art. 288, secondo comma, CE); regolamento della Commissione n. 2499/82, artt. 8 e 9]
6. Ricorso per risarcimento danni — Autonomia — Previo esperimento dei mezzi di ricorso interni — Eccezione — Impossibilità per
il giudice nazionale di dar seguito a un’azione di pagamento in assenza di disposizioni comunitarie che autorizzino le autorità
nazionali a versare gli importi reclamati — Ricevibilità del ricorso presentato senza aver esperito i mezzi di ricorso interni
[Trattato CE, artt. 178 e 215, secondo comma (divenuti artt. 235 CE e 288, secondo comma, CE)]
7. Ricorso per risarcimento danni — Autonomia rispetto al ricorso di annullamento e per carenza — Limiti — Ricorso per risarcimento
danni idoneo a condurre a un risultato analogo a quello degli altri mezzi di ricorso — Ricevibilità
[Trattato CE, art. 178 (divenuto art. 235 CE)]
8. Ricorso per risarcimento danni — Termine di prescrizione — Dies a quo — Responsabilità da atto normativo — Data in cui si
verificano gli effetti lesivi dell’atto
[Trattato CE, artt. 178 e 215, secondo comma (divenuti artt. 235 CE e 288, secondo comma, CE); Statuto della Corte di giustizia,
art. 46]
9. Responsabilità extracontrattuale — Presupposti — Violazione sufficientemente caratterizzata del diritto comunitario — Art. 9
del regolamento n. 2499/82 — Aiuto comunitario alla distillazione preventiva di vini da tavola — Insussistenza di un meccanismo
che garantisca il versamento dell’aiuto al produttore in caso d’insolvenza del distillatore — Violazione del principio che
vieta l’arricchimento senza causa — Violazione del principio di non discriminazione
[Trattato CE, artt. 178 e 215, secondo comma (divenuti artt. 235 CE e 288, secondo comma, CE); regolamento della Commissione
n. 2499/82]
1. Costituiscono atti che possono essere oggetto di un’azione di annullamento i soli provvedimenti destinati a produrre effetti
giuridici obbligatori idonei ad incidere sugli interessi del ricorrente, modificandone in misura rilevante la situazione giuridica.
Così non è nel caso di atti recanti rigetto di una domanda, qualora l’istituzione non sia competente ad adottare l’atto richiesto
e l’atto di rifiuto non abbia pertanto carattere decisorio.
Analogamente, il ricorso proposto avverso la decisione della Commissione recante rifiuto di compiere una rettifica retroattiva
di un atto è irricevibile nel caso in cui tale rettifica debba essere adottata in forma di regolamento avente portata generale,
data la carenza di legittimazione ad agire del ricorrente.
(v. punti 64, 76)
2. Poiché, ai sensi dell’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale, il ricorso deve indicare l’oggetto
della controversia, una domanda diretta all’annullamento di atti diversi da quello impugnato o sui quali esso si fonda o che
sono ad esso coordinati o connessi, senza che siano identificati, deve essere dichiarata irricevibile, in mancanza di precisione
sufficiente.
(v. punto 79)
3. Poiché la Commissione non è competente ad accogliere la domanda dei produttori di vino di versare loro l’aiuto asseritamente
dovuto ai sensi del regolamento n. 2499/82, che stabilisce le disposizioni relative alla distillazione preventiva per la campagna
viticola 1982/1983, il ricorso per carenza diretto a sanzionare una tale omissione è irricevibile. Infatti, non si può contestare
alla Commissione di avere con ciò omesso di adottare nei confronti delle ricorrenti un atto diverso da una raccomandazione
o un parere ai sensi dell’art. 175, terzo comma, del Trattato (divenuto art. 232, terzo comma, CE).
(v. punti 70, 81)
4. I singoli che non siano legittimati a contestare la legittimità di un atto regolamentare non sono nemmeno legittimati a proporre
alla Corte un ricorso per carenza avente ad oggetto la mancata adozione dello stesso atto dopo aver rivolto ad un’istituzione
comunitaria un invito ad adottarlo.
(v. punto 82)
5. Poiché il regime di versamento dell’aiuto previsto dall’art. 9 del regolamento n. 2499/82, che stabilisce le disposizioni
relative alla distillazione preventiva per la campagna viticola 1982/1983, non garantisce, segnatamente in caso di fallimento
di un distillatore, il versamento indiretto ai produttori interessati dell’aiuto incluso nel prezzo minimo d’acquisto, per
il vino consegnato a tale distillatore e distillato conformemente alle norme del detto regolamento, l’eventuale illegittimità
consistente nella mancanza di garanzia per i produttori di poter beneficiare di tale aiuto risulta direttamente dalla lacuna
del regolamento n. 2499/82, e non dall’opzione esercitata dallo Stato membro di cui trattasi in applicazione dell’art. 8 del
detto regolamento, a favore del regime di versamento indiretto dell’aiuto previsto dal detto art. 9. Ne consegue che tale
illegittimità vizia il regolamento in sé e non il comportamento dello Stato membro interessato, che si è limitato ad applicare
correttamente tale regolamento. Essa è quindi imputabile alla Commissione, autore del detto regolamento.
(v. punti 109‑112)
6. Se è vero che il ricorso per risarcimento danni dev’essere valutato alla luce del sistema complessivo di tutela giurisdizionale
dei singoli e che la sua ricevibilità può trovarsi subordinata pertanto, in taluni casi, all’esaurimento dei rimedi giurisdizionali
interni, occorre tuttavia, a tal fine, che tali rimedi nazionali garantiscano in modo efficace la tutela dei singoli interessati
che si reputano lesi dagli atti delle istituzioni comunitarie, e che possano condurre al risarcimento dell’asserito danno.
In proposito, la ricevibilità di un ricorso per risarcimento danni non può essere subordinata all’esaurimento dei rimedi giurisdizionali
interni quando, anche supponendo che la normativa comunitaria contestata fosse dichiarata invalida da una sentenza pregiudiziale
della Corte, adita ai sensi dell’art. 177 del Trattato (divenuto art. 234 CE), i giudici nazionali non potrebbero accogliere
un’azione di pagamento – o qualunque altra azione appropriata – senza il previo intervento del legislatore comunitario, a
causa dell’assenza di disposizioni comunitarie che autorizzino le autorità nazionali competenti a versare gli importi reclamati.
Infatti, in un’ipotesi del genere, sarebbe contrario non soltanto alla buona amministrazione della giustizia e agli imperativi
di economia processuale, ma altresì al presupposto consistente nell’assenza di ricorsi interni efficaci obbligare gli interessati
ad esaurire i mezzi di ricorso nazionali prima di promuovere un ricorso per risarcimento danni.
(v. punti 115‑117)
7. Il ricorso per risarcimento danni è un rimedio autonomo, dotato di una propria funzione che lo distingue dalle altre azioni
esperibili e sottoposto a condizioni di esercizio che tengono conto del suo oggetto specifico. Esso tende a ottenere il risarcimento
del danno cagionato da un’istituzione comunitaria. Sarebbe pertanto in contrasto con l’autonomia di tale azione, come pure
con l’efficacia del sistema dei rimedi giurisdizionali istituiti dal Trattato, considerare irricevibile un ricorso per risarcimento
danni per il fatto che potrebbe condurre, quanto meno per le parti ricorrenti, a un risultato analogo a quello di un ricorso
di annullamento o per carenza. Soltanto nel caso in cui un ricorso per risarcimento danni tenda in realtà alla revoca di una
decisione individuale destinata alle parti ricorrenti e divenuta definitiva – cosicché esso avrebbe lo stesso oggetto e lo
stesso effetto di un ricorso di annullamento – tale ricorso per risarcimento danni potrebbe essere considerato uno sviamento
di procedura.
(v. punto 122)
8. Il termine di prescrizione per le azioni contro le Comunità in materia di responsabilità extracontrattuale, previsto dall’art. 46
dello Statuto della Corte di giustizia, non può iniziare a decorrere prima che si realizzino tutte le condizioni a cui è subordinato
l’obbligo del risarcimento, vale a dire l’esistenza di un comportamento illegittimo delle istituzioni comunitarie, l’effettività
del danno lamentato e l’esistenza di un nesso di causalità tra il detto comportamento e il danno denunciato. La citata condizione
relativa all’esistenza di un danno certo ricorre allorché il danno è imminente e prevedibile con una sufficiente sicurezza,
anche se la sua entità non può ancora essere quantificata con precisione.
Ne consegue che, ove si tratti della responsabilità della Comunità derivante da un atto normativo, il termine di prescrizione
non può iniziare a decorrere prima che si siano prodotti gli effetti dannosi dell’atto e, quindi, prima del momento in cui
gli interessati abbiano subìto un danno certo. Nella fattispecie, un tale termine di prescrizione inizia a decorrere dal momento
in cui il ricorrente è in grado di rendersi effettivamente conto di esso, in quanto appare imminente e prevedibile.
(v. punti 129‑131, 145, 149, 154)
9. La Commissione, omettendo, nella sistematica del regolamento n. 2499/82, che stabilisce le disposizioni relative alla distillazione
preventiva per la campagna viticola 1982/1983, di prevedere per il regime di versamento dell’aiuto comunitario istituito dall’art. 9
di tale regolamento un meccanismo che garantisca il versamento dell’aiuto ai produttori interessati in caso di insolvenza
del distillatore, ha infranto in maniera grave e manifesta i limiti che si impongono al suo potere discrezionale.
Il detto regime è, infatti, manifestamente in contrasto con il principio generale del diritto comunitario che vieta l’arricchimento
senza causa, in quanto non è accompagnato da alcun meccanismo idoneo a garantire il versamento di tale aiuto ai produttori
che abbiano adempiuto l’integralità delle loro obbligazioni e abbiano effettuato la distillazione entro i termini prescritti
dal regolamento.
Inoltre, in caso di insolvenza del distillatore, l’opzione tra le procedure previste agli artt. 9 e 10 del regolamento n. 2499/82
per il versamento dell’aiuto comunitario determina una disparità di trattamento, a seconda degli Stati membri, per quanto
riguarda la garanzia di versamento del detto aiuto ai produttori interessati, quando invece tale aiuto è loro dovuto, in via
di principio, ai sensi della normativa comunitaria applicabile. Una disparità del genere non è obiettivamente giustificata
dalla diversità delle situazioni considerate, in quanto non attiene alle condizioni di concessione dell’aiuto alla distillazione
preventiva, bensì unicamente alle modalità amministrative di tale concessione, e pertanto non può spiegarsi sulla scorta delle
differenze nella situazione dei produttori di vino o, più in generale, nella situazione dei settori vitivinicoli nei diversi
Stati membri.
Ne consegue che il regolamento n. 2499/82 è viziato da una violazione sufficientemente caratterizzata del principio di non
discriminazione e del principio che vieta l’arricchimento senza causa, il che fa sorgere pertanto la responsabilità extracontrattuale
della Comunità per i danni causati dalle sue istituzioni.
(v. punti 157, 161, 172‑174, 176)
SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione) 23 novembre 2004(1)
Nella causa T-166/98,
Cantina sociale di Dolianova Soc. coop. rl, con sede in Dolianova,Cantina Trexenta Soc. coop. rl, con sede in Senorbì,Cantina sociale Marmilla – Unione viticoltori associati Soc. coop. rl, con sede a Sanluri,Cantina sociale S. Maria La Palma Soc. coop. rl, con sede in Santa Maria La Palma,Cantina sociale del Vermentino Soc. coop. rl Monti-Sassari, con sede a Monti,rappresentate dagli avv.ti C. Dore e G. Dore, con domicilio eletto in Lussemburgo,
ricorrenti,
contro
Commissione delle Comunità europee, rappresentata inizialmente dal sig. F. Ruggeri Laderchi e dalla sig.ra A. Alves Vieira, poi dalla sig.ra Alves Vieira e dal
sig. L. Visaggio, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,
convenuta,
avente ad oggetto un ricorso diretto, rispettivamente e alternativamente, in applicazione degli artt. 173 e 175 del Trattato
CE (divenuti, se del caso in seguito a modifica, artt. 230 CE e 232 CE), all'annullamento della lettera della Commissione
31 luglio 1998, recante rifiuto di versare direttamente alle ricorrenti aiuti alla distillazione preventiva per la campagna
viticola 1982/1983, nonché alla dichiarazione di un'illecita carenza da parte della Commissione o, in subordine, in applicazione
dell'art. 178 del Trattato CE (divenuto art. 235 CE), al risarcimento del danno che le ricorrenti asseriscono di aver subìto
a causa del comportamento della Commissione,
IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Seconda Sezione),
composta dai sigg. J. Pirrung, presidente, A.W.H. Meij e N. J. Forwood, giudici,
cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Contesto normativo
1
Il regolamento (CEE) del Consiglio 5 febbraio 1979, n. 337, relativo all’organizzazione comune del mercato vitivinicolo (GU L 54,
pag. 1), come modificato dal regolamento (CEE) del Consiglio 27 luglio 1982, n. 2144 (GU L 227, pag. 1), prevede, all’art. 11,
n. 1, che una distillazione preventiva di vini da tavola e di vini atti a diventare vini da tavola possa essere aperta in
ciascuna campagna viticola.
2
Risulta dal sesto ‘considerando’ del regolamento n. 2144/82 che, al fine di migliorare il reddito dei produttori interessati,
è parso opportuno assicurare loro, a determinate condizioni, un prezzo minimo garantito per il vino da tavola e, a tal fine,
prevedere in particolare che il produttore possa consegnare il vino da tavola di sua produzione alla distillazione al prezzo
minimo garantito oppure possa beneficiare di qualsiasi altra misura appropriata da decidere.
3
Il 15 settembre 1982 la Commissione ha adottato il regolamento (CEE) n. 2499/82, che stabilisce le disposizioni relative alla
distillazione preventiva per la campagna viticola 1982/1983 (GU L 267, pag. 16).
4
L’art. 1, n. 1, di tale regolamento dispone che i produttori che intendano far distillare i loro vini in virtù dell’art. 11
del regolamento n. 337/79 devono stipulare contratti di consegna con un distillatore riconosciuto e presentarli all’organismo
di intervento nazionale. Ai sensi dell’art. 1, n. 3, dello stesso regolamento, come modificato, tali contratti producono i
propri effetti a norma del regolamento stesso soltanto se sono approvati entro il 20 marzo 1983 dall’organismo d’intervento
dello Stato membro nel quale si trovava il vino al momento della conclusione del contratto.
5
L’art. 21, n. 1, del regolamento n. 2499/82, come modificato, imponeva agli Stati membri di comunicare alla Commissione, entro
il 15 aprile 1983, i quantitativi di vino che formavano oggetto dei contratti di distillazione approvati.
6
Ai sensi dell’art. 4 del regolamento n. 2499/82, il vino può essere distillato soltanto dopo l’approvazione del contratto
o della dichiarazione di cui costituisce oggetto.
7
L’art. 5, n. 1, di tale regolamento fissa il prezzo minimo d’acquisto dei vini destinati alla distillazione.
8
Secondo l’ottavo ‘considerando’ del regolamento n. 2499/82, tale prezzo non consente in genere di commercializzare alle condizioni
del mercato i prodotti ottenuti mediante distillazione. Di conseguenza, il regolamento ha previsto un meccanismo di compensazione
caratterizzato dal versamento, da parte dell’organismo d’intervento, di un aiuto il cui importo è stabilito dall’art. 6, primo
e secondo comma, del detto regolamento.
9
Ai sensi dell’undicesimo ‘considerando’ del regolamento in esame, occorreva prevedere che il prezzo minimo garantito ai produttori
fosse versato a questi ultimi, in linea di massima, entro termini che consentissero loro di trarre un utile paragonabile a
quello che essi avrebbero ricavato se si fosse trattato di una vendita commerciale. Ciò considerato, è parso indispensabile
anticipare per quanto possibile il versamento degli aiuti dovuti per la distillazione in questione, garantendo nel contempo,
grazie ad un adeguato regime di cauzione, il corretto svolgimento delle operazioni. Per consentire che negli Stati membri
la misura raggiungesse in pieno il suo scopo, era opportuno prevedere inoltre modalità di versamento degli aiuti e degli anticipi
che si adattassero ai regimi amministrativi dei diversi Stati membri.
10
L’art. 8 del regolamento n. 2499/82 stabilisce che, per il pagamento del prezzo minimo d’acquisto dei vini e per il versamento
dell’aiuto da parte dell’organismo d’intervento, si applica, a scelta degli Stati membri, l’una o l’altra delle procedure
di cui agli artt. 9 e 10 dello stesso regolamento. La Repubblica italiana ha deciso di applicare nel suo territorio la procedura
di cui all’art. 9.
11
L’art. 9 del regolamento n. 2499/82 così dispone:
«1. Il prezzo minimo d’acquisto di cui all’articolo 5, paragrafo 1, primo comma, è pagato dal distillatore al produttore entro
novanta giorni dall’entrata in distilleria [del quantitativo totale di vino o, eventualmente, di ciascuna partita di vino].
2. L’organismo d’intervento versa al distillatore l’aiuto di cui all’articolo 6 (...) entro novanta giorni dalla presentazione
della prova che il quantitativo totale di vino indicato nel contratto è stato distillato
(…)
Il distillatore è tenuto a fornire all’organismo d’intervento la prova di aver pagato il prezzo minimo d’acquisto di cui all’articolo 5,
paragrafo 1, primo comma, entro il termine previsto al paragrafo 1 (...). Se tale prova non è fornita entro i centoventi giorni
successivi alla data di presentazione della prova di cui al primo comma, gli importi versati sono recuperati dall’organismo
d’intervento (...)».
12
L’art. 10 dello stesso regolamento così dispone:
«1. Entro trenta giorni dall’entrata in distilleria [del quantitativo totale del vino o, eventualmente, di ciascuna partita
di vino], il distillatore versa al produttore almeno la differenza tra il prezzo minimo d’acquisto di cui all’articolo 5,
paragrafo 1, primo comma, e l’aiuto di cui all’articolo 6, paragrafo 1.
2. Entro trenta giorni dalla presentazione della prova che il quantitativo totale di vino indicato nel contratto è stato distillato,
l’organismo d’intervento versa al produttore l’aiuto di cui all’articolo 6 (...)».
13
L’art. 11 del regolamento n. 2499/82, come modificato, così dispone:
«1. Il distillatore, nel caso di cui all’articolo 9, o il produttore, nel caso di cui all’articolo 10, può chiedere che un
importo pari all’aiuto previsto dall’articolo 6, primo comma, gli sia versato a titolo di anticipo a condizione che egli abbia
costituito, a favore dell’organismo d’intervento, una cauzione pari al 110% di detto importo.
2. La cauzione è costituita sotto forma di garanzia prestata da un istituto rispondente ai criteri fissati dallo Stato membro
di appartenenza dell’organismo d’intervento.
3. L’anticipo è versato entro novanta giorni dalla presentazione della prova dell’avvenuta costituzione della cauzione e,
comunque, dopo la data di approvazione del contratto o della dichiarazione.
4. Fatto salvo il disposto dell’articolo 13, la cauzione di cui al paragrafo 1 è svincolata soltanto se, entro il 31 ottobre
1983, è fornita la prova:
–
che il quantitativo totale di vino indicato nel contratto è stato distillato,
–
e, se l’anticipo è stato versato al distillatore, che questi ha pagato al produttore il prezzo minimo d’acquisto di cui all’articolo 5,
paragrafo 1, primo comma, (...)
Tuttavia, se le prove di cui al primo comma sono fornite dopo la data fissata in detto comma ma anteriormente al 1° febbraio
1984, l’importo da svincolare è pari all’80% della cauzione, mentre la differenza è incamerata.
Se tali prove non sono fornite anteriormente al 1° giugno 1984, la cauzione è interamente incamerata».
14
Secondo l’art. 13 del regolamento n. 2499/82, qualora, per un caso fortuito o per causa di forza maggiore, la totalità o una
parte del vino non possa essere distillata, il distillatore o il produttore ne informa senza indugio l’organismo d’intervento.
In tal caso, l’organismo d’intervento versa l’aiuto previsto all’art. 6 per il quantitativo di vino che è stato effettivamente
distillato.
15
Ai sensi dell’art. 2, n. 1, del regolamento (CEE) del Consiglio 20 febbraio 1978, n. 352, relativo all’assegnazione delle
cauzioni, fideiussioni o garanzie costituite nell’ambito della politica agricola comune e in seguito incamerate (GU L 50,
pag. 1), le cauzioni, una volta incamerate, vengono integralmente dedotte dalle spese del Fondo europeo agricolo di orientamento
e di garanzia (in prosieguo: il «FEAOG») dai servizi o organismi pagatori degli Stati membri.
Fatti
16
Le ricorrenti, cooperative viticole, sono produttori di vino in Sardegna. Nell’ambito della distillazione preventiva per la
campagna 1982/1983, esse stipulavano contratti di consegna di vino con una distilleria autorizzata, la Distilleria Agricola
Industriale di Terralba (in prosieguo: la «DAI»). Tali contratti venivano approvati dall’Azienda di Stato per gli Interventi
nel Mercato Agricolo (in prosieguo: l’«AIMA»), in conformità all’art. 1 del regolamento n. 2499/82.
17
Come risulta dalle fatture prodotte dalle ricorrenti, che espressamente menzionano l’importo del «premio AIMA» (o «premio
comunitario, a carico dell’AIMA»), compreso nel prezzo minimo d’acquisto fissato dal regolamento n. 2499/82 e che la DAI doveva
pagare per il vino consegnato alla distillazione preventiva nell’ambito della campagna 1982/1983, l’importo dell’aiuto comunitario
ammontava a ITL 169 328 945 per un prezzo minimo d’acquisto di ITL 247 801 380, IVA inclusa, per il vino consegnato dalla
Cantina sociale di Dolianova (fattura 18 aprile 1983), a ITL 102 145 631 per un prezzo minimo d’acquisto di ITL 149 483 181,
IVA inclusa, per il vino consegnato dalla Cantina Trexenta (fattura 30 aprile 1983), a ITL 346 391 958 per un prezzo minimo
d’acquisto di ITL 506 921 061, IVA inclusa, per il vino consegnato dalla Cantina sociale Marmilla (fattura 28 febbraio 1983),
a ITL 215 084 906 per un prezzo minimo d’acquisto di ITL 316 505 762, IVA inclusa, per il vino consegnato dalla Cantina sociale
Santa Maria La Palma (fatture 30 marzo 1983 e 20 aprile 1983) e a ITL 33 908 702 per un prezzo minimo d’acquisto di ITL 54 812 419,
IVA inclusa, per il vino consegnato dalla Cantina sociale del Vermentino (fattura 10 maggio 1983).
18
Stando alle informazioni fornite dalla ricorrenti e non contestate dalla Commissione, il vino è stato consegnato tra i mesi
di gennaio e di marzo del 1983 e la distillazione è stata effettuata entro il termine prescritto dall’art. 4 del regolamento
n. 2499/82. Il termine previsto dall’art. 9, n. 1, di tale regolamento per il pagamento del prezzo minimo d’acquisto del vino
da parte del distillatore è scaduto nel giugno 1983, mentre le ultime consegne di vino erano state effettuate nel marzo 1983.
19
Il 22 giugno 1983 la DAI ha domandato all’AIMA di procedere, in applicazione dell’art. 1 del regolamento n. 2499/82, al versamento
anticipato dell’aiuto comunitario per il vino che era stato consegnato, in particolare dalle ricorrenti, e distillato. A tal
fine, la DAI ha costituito la cauzione prescritta, pari al 110% dell’importo dell’aiuto mediante una polizza emessa dall’Assicuratrice
Edile SpA (in prosieguo: l’«Assedile») a favore dell’AIMA. Tale cauzione ammontava a ITL 1 169 040 262.
20
Il 10 agosto 1983 l’AIMA ha proceduto al versamento, a titolo di anticipo sull’aiuto comunitario, di un importo di ITL 1 062 763 876
a favore della DAI, conformemente all’art. 11 del regolamento n. 2499/82.
21
A causa di difficoltà finanziarie la DAI si è astenuta, a seconda dei casi in tutto o in parte, dal pagare i produttori, tra
i quali le ricorrenti che avevano consegnato il vino destinato alla distillazione.
22
Il 17 ottobre 1983 la DAI ha chiesto l’ammissione alla procedura di amministrazione controllata prevista dalla legge fallimentare
italiana. Poiché il giudice adito, vale a dire il Tribunale di Oristano, ha accolto la domanda, la DAI ha sospeso l’insieme
dei pagamenti, ivi compresi quelli ancora dovuti ai produttori che le avevano consegnato il vino.
23
Pur essendo informata dell’avvio di tale procedura, l’AIMA ha chiesto alla DAI la restituzione dell’aiuto comunitario, dedotte
le somme regolarmente versate ai citati produttori, affermando che la DAI non le aveva fornito entro il termine prescritto
dall’art. 9, n. 2, del regolamento n. 2499/82 la prova del pagamento agli altri produttori del prezzo minimo d’acquisto del
vino entro il termine di novanta giorni dall’entrata in distilleria, previsto dall’art. 9, n. 1, di tale regolamento. In mancanza
di restituzione di tale aiuto da parte della DAI, l’AIMA ha chiesto all’Assedile di versarle l’importo della cauzione.
24
Su domanda della DAI, il 26 luglio 1984 il Pretore di Terralba ha emesso un provvedimento urgente inibendo all’Assedile di
pagare la cauzione all’AIMA, e fissando il termine di sessanta giorni per instaurare il giudizio di merito.
25
Nel mese di settembre del 1984 la DAI ha instaurato il giudizio di merito dinanzi al Tribunale civile di Roma. In particolare,
essa chiedeva al Tribunale di dichiarare che i produttori erano i destinatari ultimi della cauzione entro i limiti delle somme
ancora dovute e, in subordine, che i diritti dell’AIMA avrebbero potuto essere fatti valere, al più, sull’importo residuo
del prezzo che la DAI non aveva ancora versato ai produttori. Essa affermava, nella specie, di aver pagato ai produttori circa
la metà dell’importo dell’anticipo versatole dall’AIMA, senza tuttavia sostenere dinanzi al detto Tribunale – come quest’ultimo
rileva nella sua sentenza 27 gennaio 1989 – di aver effettuato tali versamenti entro il termine prescritto dal regolamento
n. 2499/82 (v. infra, punto 30). Essa suggeriva di sottoporre alla Corte alcune questioni pregiudiziali vertenti sull’interpretazione
dei regolamenti comunitari applicabili. Non le sarebbe stato imputabile alcun inadempimento, data l’impossibilità in cui essa
versava di dar esecuzione alla totalità dei pagamenti. Essa sosteneva che la cauzione era destinata a garantire il pagamento
del prezzo minimo di acquisto ai produttori, in proporzione alla produzione consegnata, in caso d’inadempimento degli obblighi
del distillatore. La DAI rilevava infine che, secondo le disposizioni comunitarie vigenti, se l’aiuto fosse stato riversato
all’AIMA, avrebbe dovuto essere restituito all’organismo comunitario competente. Le probabilità di soddisfazione per i produttori,
titolari di un diritto soggettivo al versamento dell’aiuto, sarebbero così state compromesse per fatto altrui (cioè a causa
di un soggetto diverso dalla DAI).
26
L’Assedile e l’AIMA si sono costituite parti convenute, e i produttori interessati – vale a dire le ricorrenti, un’altra cooperativa
viticola e un consorzio di cooperative viticole – sono intervenuti nel procedimento.
27
Come risulta dalla sentenza del Tribunale civile di Roma 27 gennaio 1989, secondo l’AIMA sui dodici contratti di acquisto
di vino conclusi dalla DAI e approvati conformemente alle disposizioni dell’art. 1 del regolamento n. 2499/82 la DAI ha fornito
la prova, entro i termini indicati dalla normativa comunitaria, unicamente del pagamento del prezzo minimo d’acquisto a tre
produttori, per un importo totale di ITL 111 602 075. L’AIMA ha concluso che, ad eccezione di questi tre produttori, la DAI
non aveva pagato il prezzo minimo d’acquisto ai produttori, non aveva in ogni caso provato che tale pagamento fosse intervenuto
entro il termine prescritto dall’art. 9, n. 1, del regolamento n. 2499/82 e, infine, non aveva fornito tale prova entro il
termine prescritto dall’art. 9, n. 2, del detto regolamento. L’AIMA ha sottolineato, in tale contesto, che, ai sensi dell’art. 11
del citato regolamento, «la cauzione doveva essere interamente incamerata con la conseguenza che i produttori insoddisfatti
potevano far valere le loro ragioni unicamente nei confronti della Distilleria (…)». Essa ha pertanto presentato una domanda
riconvenzionale di condanna dell’Assedile a versarle la cauzione fino a concorrenza dell’importo di ITL 1 047 084 185, maggiorato
degli interessi.
28
Le parti intervenienti nel procedimento dinanzi al Tribunale civile di Roma hanno aderito alla tesi della DAI (v. supra, punto 25).
Hanno sostenuto che gli importi oggetto della cauzione costituita dall’Assedile spettavano a loro, in proporzione al vino
consegnato. Hanno pertanto chiesto al Tribunale civile di Roma di dichiarare che l’Assedile era tenuta a versare loro l’importo
dei loro crediti rimasti insoluti nei confronti della DAI, oltre a rivalutazione monetaria e interessi, e, in subordine, che
l’AIMA era tenuta a versare loro tali importi. In particolare, le ricorrenti hanno affermato che l’importo dei loro crediti
insoluti, risultanti dai contratti approvati conformemente al regolamento n. 2499/82, ammontava a ITL 106 571 589 per la Cantina
sociale di Dolianova, a ITL 79 483 181 per la Cantina Trexenta, a ITL 506 921 061 per la Cantina sociale Marmilla, a ITL 192 954 189
per la Cantina sociale Santa Maria La Palma e a ITL 54 812 419 per la Cantina sociale del Vermentino.
29
Nel frattempo, con sentenza 27 febbraio 1986, il Tribunale di Oristano aveva dichiarato il fallimento della DAI.
30
Nella sua sentenza 27 gennaio 1989, il Tribunale civile di Roma ha dichiarato quanto segue:
«In definitiva il regolamento [n. 2499/82] attribuisce il diritto agli aiuti a condizione del rispetto di termini e condizioni
rigidamente fissate. Il mancato rispetto di tali termini e condizioni comporta l’incameramento parziale o totale dell’aiuto
anticipatamente versato.
Destinatari dell’aiuto (secondo la procedura seguita dall’Italia) [la procedura prevista dall’art. 9 del regolamento n. 2499/82]
sono le distillerie; destinatari ultimi i produttori di vino e di uva.
Il regolamento in esame è, perciò, di agevole interpretazione e non appare necessario trasmettere, per questo fine, gli atti
alla Corte di giustizia presso la CEE.
(...)
Per quanto concerne i rapporti fra Assedile ed AIMA (...) [la polizza di fideiussione emessa dall’Assedile] prevede (art. 2
delle Condizioni Generali di Assicurazione) che la Società garantisce all’AIMA[,] fino alla concorrenza dell’importo assicurato
(pari a ITL 1 169 040 262), il rimborso delle somme che risultassero eventualmente dovute dalla contraente [DAI] in restituzione
totale o parziale dell’anticipazione corrisposta dall’AIMA[,] in dipendenza dell’accertamento dell’insussistenza del diritto
all’aiuto alla distillazione eccezionale per la totalità o per una parte dei quantitativi indicati nella domanda di anticipazione
o sul contratto di distillazione.
Il successivo art. 3 prevede che la richiesta della somma indebitamente riscossa deve essere fatta dall’AIMA alla contraente
la quale è tenuta a versare la somma richiesta entro 15 giorni; decorso inutilmente tale termine l’AIMA richiederà il versamento
della somma stessa alla Società [Assedile] che dovrà effettuarlo entro 15 giorni dal ricevimento della richiesta senza eccezione
alcuna.
In virtù dell’art. 4 la Società [Assedile] è surrogata, nei limiti della somma pagata all’AIMA in tutti i diritti, ragioni
ed azioni verso la contraente ed i suoi aventi causa.
Le ricordate clausole contrattuali appaiono chiare e di semplice interpretazione: in particolare è pacifico che la garanzia
è prestata in favore dell’AIMA e non di altri soggetti quali i produttori che nessun diritto possono, quindi, vantare nei
confronti dell’Assedile e sulla somma garantita.
L’impossibilità, da parte del fideiussore, di porre eccezioni al garantito è del pari chiaramente dettata dall’art. 3 che
sancisce l’obbligo della Società [Assedile] di pagare entro 15 giorni dal ricevimento della richiesta dopo il mancato pagamento
da parte del garantito.
Ma anche a voler ritenere che preliminare al rimborso delle somme sia l’accertamento dell’insussistenza del diritto all’aiuto
(in tutto o in parte) alla distillazione, non vi è dubbio che tale diritto è venuto meno per effetto del mancato rispetto,
da parte della distilleria attrice, delle condizioni e dei termini posti dal regolamento comunitario.
Ed invero risulta provato che la distilleria attrice rimase inadempiente per tre motivi: 1) per non aver versato (non vi è
in atti prova) il prezzo minimo ai produttori eccetto che per ITL 110 795 870; 2) per non aver versato gli aiuti ai produttori
entro il termine di 90 giorni dall’entrata del vino in distilleria (termine che scadeva nel giugno 1983) e comunque 3) per
non aver fornito entro il 1° giugno 1984 la prova di aver effettuato i pagamenti. La sanzione per tali inadempimenti è l’incameramento
integrale della cauzione.
Né possono condividersi le giustificazioni addotte dalla distilleria attrice in ordine ai mancati pagamenti (impossibilità
di effettuare pagamenti per l’autorizzata amministrazione controllata e salvaguardia del principio della par condicio) poiché
la scadenza del termine per effettuare i pagamenti (giugno 1983) e l’incameramento dell’aiuto (luglio 1983) sono precedenti
alla data (ottobre 1983) in cui fu deciso di richiedere l’amministrazione controllata.
(...)
Ed invero compete all’AIMA, per effetto della richiamata normativa comunitaria, la restituzione del 110% dell’importo dell’aiuto
a suo tempo anticipato al netto dell’aiuto per cui era stata provata effettivamente l’erogazione e cioè ITL 1 047 084 185
(importo degli aiuti dei contratti di cui non è stata fornita la prova richiesta, maggiorata del 10% = ITL 1 046 277 980 +
importo della differenza tra aiuto di cui è stata fornita la prova e quello preventivato nell’anticipo corrisposto = ITL 806 205).
Giova osservare che la distilleria attrice non ha mai contestato tali dati: pur affermando di aver versato ai produttori circa
la metà degli aiuti ottenuti non ha mai dedotto e tantomeno provato di aver corrisposto gli aiuti entro i termini fissati
dal regolamento CEE 2499/82.
(...)
È opportuno puntualizzare che non può la distilleria attrice inadempiente lamentarsi perché le Cantine conferenti troverebbero
difficoltà nella realizzazione del proprio credito dopo essersi messa nelle condizioni di non adempiere per aver fatto ricorso
alla procedura concorsuale subito dopo aver ricevuto gli aiuti comunitari da elargire ai produttori.
Le Cantine creditrici potranno trovare la soddisfazione dei propri crediti (così come il fideiussore se agirà in surroga)
nell’ambito della procedura fallimentare nel rispetto della par condicio con tutti gli altri creditori».
31
Il 27 settembre 1989 le ricorrenti – ad eccezione della Cantina sociale del Vermentino – hanno interposto appello contro tale
sentenza dinanzi alla Corte d’appello di Roma. Con sentenza 19 novembre 1991, la Corte d’appello ha dichiarato la domanda
inammissibile in quanto le ricorrenti non avevano regolarmente notificato l’atto introduttivo dell’appello alla curatela fallimentare
della DAI, bensì alla DAI stessa, allora in fallimento, e non avevano poi correttamente rinnovato la notifica entro il termine
loro assegnato dal consigliere istruttore.
32
Nell’intervallo, il 16 gennaio 1990, l’Assedile ha pagato le somme dovute all’AIMA.
33
Con sentenza 28 novembre 1994, la Corte di cassazione ha respinto il ricorso proposto dalle quattro ricorrenti interessate
avverso la sentenza della Corte d’appello. A sostegno del loro ricorso, queste ultime avevano affermato, in particolare, di
aver proposto appello contro la citata sentenza del Tribunale civile di Roma per far dichiarare l’erroneità di tale sentenza
non nei confronti della DAI, ma unicamente nei confronti dell’AIMA e dell’Assedile.
34
Le cinque ricorrenti si sono ritualmente insinuate al passivo nell’ambito del procedimento fallimentare della DAI.
35
Con lettera 22 gennaio 1996 le ricorrenti hanno fatto richiesta all’AIMA di soddisfare i crediti da esse vantati contro la
DAI, sostenendo che l’AIMA si era ingiustamente arricchita per effetto dell’incameramento della cauzione.
36
L’AIMA ha respinto tale reclamo rilevando che la cauzione le spettava e che i produttori non disponevano nei suoi confronti
di alcuna azione diretta per recuperare i crediti che vantavano nei confronti della DAI.
37
Il 16 febbraio 1996 le ricorrenti hanno promosso contro l’AIMA, dinanzi al Tribunale civile di Cagliari, un’azione per arricchimento
senza causa.
38
Il 13 novembre 1996 le ricorrenti hanno inviato alla Commissione un esposto in cui denunciavano l’asserita violazione, da
parte dell’AIMA, della normativa comunitaria, in particolare del regolamento n. 2499/82, chiedendo in particolare alla Commissione
di invitare l’AIMA e la Repubblica italiana a rimborsare loro gli importi che esse non avevano ricevuto a titolo di aiuti
comunitari per la campagna viticola 1982/1983.
39
Con lettera del 25 giugno 1997, la Commissione ha indicato alle ricorrenti che l’Assedile aveva versato l’importo della cauzione,
maggiorato di interessi, all’AIMA il 16 gennaio 1990. Aggiungeva che, ai sensi dell’art. 2, n. 1, del regolamento n. 352/78,
le cauzioni incamerate devono essere dedotte dall’organismo di intervento di cui trattasi dalle spese del FEAOG, ossia, in
altre parole, devono essere contabilizzate a favore del FEAOG. Essa ha precisato che i suoi uffici avrebbero proceduto alle
indagini necessarie, in particolare presso l’AIMA, al fine di determinare la destinazione effettiva dell’importo della cauzione
incamerata dall’AIMA.
40
A seguito dell’indagine svolta presso l’AIMA, con lettera dell’8 dicembre 1997 la Commissione ha informato le ricorrenti che
l’AIMA le aveva indicato di aver incassato, il 21 febbraio 1991, il vaglia dell’importo di ITL 1 047 084 185 emesso per conto
dell’Assedile il 16 gennaio 1990 e aveva contabilizzato tale importo – «corrispondente probabilmente all’importo della cauzione»
– a favore del FEAOG nell’ambito dell’esercizio 1991.
41
Con lettera del 23 gennaio 1998, pervenuta alla Commissione il 5 febbraio seguente, le ricorrenti hanno chiesto all’istituzione
di versare loro la somma corrispondente all’importo dei crediti che esse vantavano nei confronti della DAI, in quanto la cauzione
incamerata dall’AIMA era stata restituita al FEAOG. A loro parere, discendeva dalla finalità del regolamento n. 2499/82, diretto
a favorire i produttori di vino, che costoro dovevano essere considerati i destinatari effettivi ed unici dell’aiuto istituito
da tale regolamento. La scelta, lasciata allo Stato membro interessato, tra le procedure di versamento dell’aiuto da parte
dell’organismo di intervento, rispettivamente previste dagli artt. 9 e 10 di tale regolamento, non potrebbe compromettere
tale finalità. In particolare, nella procedura prevista dall’art. 9 del citato regolamento, la cauzione costituita dal distillatore
tenderebbe a garantire la regolarità dell’operazione di distillazione preventiva nella sua totalità, in particolare per quanto
riguarda l’effettivo versamento dell’aiuto ai produttori. Qualunque altra interpretazione costituirebbe una violazione del
principio della parità di trattamento, sancito dall’art. 6 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 12 CE).
Quest’analisi sarebbe confermata dai regolamenti successivi della Commissione che hanno stabilito le disposizioni relative
alla distillazione preventiva per le campagne viticole seguenti, i quali prevedrebbero espressamente che, qualora il distillatore
non abbia pagato il prezzo minimo d’acquisto al produttore, quest’ultimo può domandare il versamento dell’aiuto direttamente
all’organismo d’intervento.
42
Con lettera del 31 luglio 1998, firmata dal direttore generale della direzione generale «Agricoltura» della Commissione e
pervenuta alle ricorrenti il 14 agosto 1998 (in prosieguo: la «lettera controversa»), la Commissione ha respinto tale domanda.
Essa ha affermato che, nella procedura di versamento dell’aiuto al distillatore applicabile nella fattispecie, l’aiuto sarebbe
spettato in primo luogo al distillatore, per consentirgli di compensare l’elevato prezzo d’acquisto del vino. La cauzione
sarebbe stata costituita a favore dell’AIMA, talché i produttori non potrebbero vantare alcun diritto su tale importo. L’opzione
concessa allo Stato membro interessato tra questa procedura, istituita all’art. 9 del regolamento n. 2499/82, e la procedura
di versamento diretto dell’aiuto al produttore, prevista dall’art. 10 di tale regolamento, non potrebbe portare ad interpretare
queste due disposizioni in maniera uniforme, nel senso che beneficiari dell’aiuto sarebbero sempre i produttori. Peraltro,
la Commissione ha sostenuto che tale differenza di regime non era in contrasto con il principio di parità di trattamento,
in quanto si spiegherebbe con differenze di fatto (regimi amministrativi diversi e numero variabile di produttori a seconda
degli Stati membri, tali da giustificare in alcuni Stati membri la centralizzazione del pagamento dell’aiuto presso i distillatori).
La Commissione ha sottolineato che, nella sua sentenza 27 gennaio 1989, passata in giudicato, il Tribunale civile di Roma
aveva rifiutato di riconoscere il diritto di credito delle ricorrenti sulla cauzione. Essa ne ha dedotto che, poiché le ricorrenti
non disponevano di alcun diritto sull’importo della cauzione incassata dall’AIMA, tale diritto non poteva sorgere nemmeno
una volta che l’importo in parola fosse stato restituito alla Commissione. In subordine, la Commissione ha rilevato che l’approvazione
da parte dell’AIMA dei contratti conclusi tra le ricorrenti e la DAI non modificava la natura privata di tali contratti, cosicché
le asserite obbligazioni della Commissione verso le ricorrenti sarebbero di natura extracontrattuale. Di conseguenza, qualunque
azione contro la Comunità sarebbe ormai prescritta, in applicazione dell’art. 46 dello Statuto della Corte di giustizia, atteso
che la cauzione è stata versata all’AIMA il 16 gennaio 1990 e restituita al FEAOG nel corso dell’esercizio 1991.
43
Peraltro, come risulta dalle risposte scritte delle ricorrenti ai quesiti del Tribunale, l’azione per arricchimento senza
causa promossa dinanzi al Tribunale civile di Cagliari è stata sospesa in vista di una composizione amichevole della lite
tra le parti in merito alla compensazione delle spese, a seguito dei risultati dell’indagine della Commissione menzionata
supra, al punto 40. Poiché, infatti, dalla detta indagine era emerso che l’AIMA – contrariamente a quanto avrebbe sostenuto
prima dell’inizio del menzionato procedimento e nel corso dello stesso – aveva restituito al FEAOG l’importo della cauzione,
quest’ultimo procedimento aveva, secondo le ricorrenti, perduto qualunque interesse, giacché appariva ormai chiaro che nessun
arricchimento senza causa poteva essersi prodotto in capo all’AIMA.
44
Infine, in una risposta scritta a un quesito del Tribunale, le ricorrenti hanno affermato che la procedura fallimentare si
era conclusa nel corso del 2000 e che esse avevano partecipato al riparto in qualità di creditrici privilegiate, grazie al
loro status di cooperative agricole, conformemente all’art. 2751 bis, n. 5 bis, e all’art. 2776 del Codice civile italiano.
In sede di riparto esse hanno ottenuto il pagamento dei loro crediti ammessi al passivo nei confronti della DAI fino a concorrenza
del 39% di tali crediti. In esito al riparto, l’importo dei loro crediti rimasti insoluti ammontava a ITL 72 797 022 per quanto
riguarda la Cantina sociale di Dolianova, a ITL 54 412 685 per quanto riguarda la Cantina Trexenta, a ITL 350 554 208 quanto
alla Cantina sociale Marmilla, a ITL 133 888 664 quanto alla Cantina sociale Santa Maria La Palma e a ITL 37 212 737 per la
Cantina sociale del Vermentino.
Procedimento e conclusioni delle parti
45
Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 12 ottobre 1998, le ricorrenti hanno proposto il presente ricorso.
46
Successivamente al deposito del controricorso, il Tribunale, con lettera della cancelleria in data 25 febbraio 1999, ha invitato
le ricorrenti a concentrare la loro replica sulla questione della ricevibilità del ricorso. Le ricorrenti hanno ottemperato
all’invito.
47
Le ricorrenti concludono che il Tribunale voglia:
–
«ai sensi degli articoli 173 e/o 175 del Trattato, dichiarare illegittima la decisione della Commissione 31 luglio 1998 (…)
nonché tutti gli atti ivi richiamati, o comunque presupposti, coordinati o connessi (…);»
–
«[dichiarare che le ricorrenti] hanno diritto a percepire l’aiuto comunitario non versato loro nei termini dal distillatore
DAI a seguito del fallimento del medesimo, i cui importi sono stati recuperati dall’AIMA (…) e restituiti al FEAOG (…);»
–
«condannare la Commissione, eventualmente anche a titolo di indebito arricchimento e/o di risarcimento danni ai sensi dell’articolo 178
del Trattato, a pagare alle [ricorrenti le somme equivalenti agli importi dei loro crediti rimasti insoluti nei confronti
della DAI, specificati nel ricorso], eventualmente con gli interessi legali dal 1° gennaio 1992, quantomeno dal 23 gennaio
1998, data dell’invio [alla Commissione] dell’istanza di pagamento (…);»
–
«con vittoria di spese e onorari».
48
La Commissione conclude che il Tribunale voglia:
–
dichiarare il ricorso irricevibile:
–
in subordine, dichiarare il ricorso non fondato;
–
condannare le ricorrenti alle spese.
49
Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Seconda Sezione) ha deciso di passare alla fase orale del procedimento senza
previa istruttoria.
50
Le parti hanno svolto le proprie difese e presentato le proprie risposte ai quesiti del Tribunale all’udienza del 14 settembre
2000.
51
Nel corso dell’udienza, le ricorrenti hanno rinunciato al secondo capo delle loro domande.
52
Alla fine dell’udienza del 14 settembre 2000, il presidente della Seconda Sezione ha dichiarato chiusa la fase orale e sospeso
il procedimento per tre mesi, affinché le parti riesaminassero la controversia.
53
Con lettera 14 dicembre 2000, la Commissione ha comunicato che non era stata trovata alcuna soluzione che consentisse una
composizione amichevole della lite.
54
Con decisione 18 settembre 2001, il Tribunale ha riaperto la fase orale al fine di sottoporre alle parti una serie di quesiti
scritti, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’art. 64 del regolamento di procedura del
Tribunale. La Commissione ha risposto a tali quesiti con memoria depositata nella cancelleria del Tribunale il 16 novembre
2001. Le ricorrenti hanno presentato osservazioni su tali risposte con memoria depositata nella cancelleria del Tribunale
il 23 giugno 2003.
55
Nel frattempo, a seguito della scadenza del mandato di un membro del Tribunale, la composizione della Seconda Sezione del
Tribunale era stata modificata.
56
Il Tribunale (Seconda Sezione) ha convocato le parti ad una seconda udienza, invitando le ricorrenti a rispondere per iscritto
a una serie di nuovi quesiti prima della data dell’udienza. Le ricorrenti hanno ottemperato a tale richiesta con memoria depositata
nella cancelleria del Tribunale il 5 gennaio 2004.
57
Le parti hanno svolto le proprie difese e presentato le proprie risposte ai quesiti del Tribunale all’udienza del 10 febbraio
2004.
In diritto
A – Sulla ricevibilità dei ricorsi di annullamento e per carenzaArgomenti delle parti
58
La Commissione sostiene, in primo luogo, che la domanda di annullamento fondata sull’art. 173 del Trattato CE (divenuto, in
seguito a modifica, art. 230 CE) è irricevibile, in quanto la lettera controversa, datata 31 luglio 1998, non presenterebbe
carattere decisorio. In tale lettera la Commissione non avrebbe rifiutato di pagare le somme richieste, bensì avrebbe semplicemente
indicato che essa non aveva il potere di agire né di adottare una decisione in merito al pagamento sollecitato. Tale potere
spetterebbe agli organismi nazionali di intervento, incaricati del versamento degli aiuti previsti dal regolamento n. 2499/82.
59
L’unico contenuto decisorio della lettera controversa verterebbe sull’archiviazione della pratica. Orbene, si tratterebbe
di una decisione esclusivamente interna ed amministrativa, che non arrecherebbe pregiudizio alle ricorrenti.
60
In secondo luogo, la Commissione afferma che la domanda fondata sull’art. 175 del Trattato CE (divenuto art. 232 CE) è anch’essa
irricevibile, in quanto le ricorrenti non l’hanno previamente invitata ad agire. Quand’anche la lettera 23 gennaio 1998 potesse
essere considerata come una richiesta di agire, cosa che la Commissione contesta, il presente ricorso per carenza sarebbe
stato presentato tardivamente. Infatti, contrariamente alle allegazioni delle ricorrenti, il dies a quo dei termini processuali
sarebbe costituito dalla data dell’invito ad agire.
61
Le ricorrenti sostengono in primo luogo che la loro domanda di annullamento è ricevibile. Il contenuto della lettera controversa
ne evidenzierebbe il carattere decisorio, in quanto, da un lato, essa respinge la loro domanda del 23 gennaio 1998 e, dall’altro,
archivia la pratica. Le ricorrenti affermano che la domanda del 23 gennaio 1998 era chiara, motivata in fatto e in diritto,
nonché perentoria. Inoltre, essa sarebbe stata preceduta da un lungo iter istruttorio. Nella lettera controversa la Commissione,
a seguito dell’istruttoria di cui trattasi, avrebbe respinto tale domanda motivando il rigetto in fatto e in diritto.
62
Peraltro, anche se, contrariamente alla tesi sostenuta dalle ricorrenti, la lettera controversa non potesse essere considerata
una vera e propria decisione, la domanda di annullamento sarebbe comunque ricevibile, in quanto diretta non solo avverso tale
lettera, ma altresì contro «tutti gli atti ivi richiamati o comunque presupposti, coordinati o connessi». In tal senso, si
dovrebbe ritenere che tale domanda riguardi «il provvedimento negativo di mancata decisione favorevole in ordine all’istanza
a suo tempo formulata dalle cantine». Essa sarebbe stata presentata conformemente all’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento
di procedura, il quale prevede semplicemente che il ricorso debba contenere «l’oggetto della controversia e l’esposizione
sommaria dei motivi addotti».
63
In secondo luogo, le ricorrenti ritengono che il loro ricorso diretto contro la mancata «emanazione del provvedimento positivo
richiesto alla Commissione», fondato sull’art. 175 del Trattato CE, sia anch’esso ricevibile. Esse affermano che il termine
di ricorso di due mesi contro l’omessa presa di posizione di un’istituzione comunitaria, previamente invitata ad agire, decorre
dalla data in cui l’inerzia dell’istituzione si manifesta. Secondo le ricorrenti, nella fattispecie, l’inerzia della Commissione
si è manifestata in seguito alla lettera della Commissione del 31 luglio 1998, che ha respinto l’istanza formulata nella lettera
del 23 gennaio 1998. Precedentemente, la situazione non sarebbe stata chiara. Infatti, nel corso di colloqui telefonici con
il legale delle ricorrenti nei mesi successivi alla ricezione da parte della Commissione della citata istanza, un funzionario
della direzione generale «Agricoltura» avrebbe assicurato che il fascicolo era all’esame degli uffici della Commissione e
che una decisione sarebbe stata adottata entro l’estate del 1998. Le ricorrenti hanno proposto che, ove ritenuto necessario,
il Tribunale citi il sig. Petrucci in qualità di testimone, al fine di accertare la veridicità dei fatti così allegati.
Giudizio del Tribunale Sulla ricevibilità del ricorso di annullamento
64
Al fine di valutare, in primo luogo, la ricevibilità del ricorso di annullamento, occorre esaminare la natura della lettera
controversa. Il fatto che una lettera sia stata inviata da un'istituzione comunitaria in risposta ad una domanda formulata
dal destinatario non è infatti sufficiente affinché tale lettera possa essere qualificata come decisione ai sensi dell’art. 173
del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 230 CE). Secondo una giurisprudenza costante, costituiscono atti che
possono essere oggetto di un’azione di annullamento, ai sensi dell’art. 173 del Trattato CE, i soli provvedimenti destinati
a produrre effetti giuridici obbligatori idonei ad incidere sugli interessi del ricorrente, modificandone in misura rilevante
la situazione giuridica (sentenza della Corte 14 gennaio 1993, causa C‑257/90, Italsolar/Commissione, Racc. pag. I‑9, punto 21;
ordinanze del Tribunale 4 ottobre 1996, causa T‑5/96, Sveriges Betodlares e Henrikson/Commissione, Racc. pag. II‑1299, punto 26,
e 11 dicembre 1998, Causa T-22/98, Scottish Soft Fruit Growers/Commissione, Racc. pag. II-4219, punto 34).
65
Nella fattispecie occorre pertanto verificare, anzitutto, se, nel contesto giuridico nel quale si inscrive, la lettera controversa
fosse idonea a produrre effetti del genere, nei limiti in cui essa respingeva l’istanza delle ricorrenti sostanzialmente diretta
a che la Commissione versasse loro direttamente l’importo, non riscosso, dell’aiuto comunitario previsto dal regolamento n. 2499/82
per il vino consegnato alla distillazione preventiva per la campagna viticola 1982/1983 (v. supra, punti 41 e 42).
66
In proposito occorre preliminarmente ricordare che, secondo le norme che disciplinano le relazioni tra la Comunità e gli Stati
membri, spetta a questi ultimi, in mancanza di una disposizione di diritto comunitario in senso contrario, garantire sul loro
territorio l’attuazione delle normativa comunitaria, segnatamente nell’ambito della politica agricola comune. Più in particolare,
l’applicazione delle disposizioni comunitarie relative alle organizzazioni comuni dei mercati spetta agli organi nazionali
all'uopo designati. I servizi della Commissione non hanno alcuna competenza ad adottare decisioni di applicazione delle dette
disposizioni (ordinanza del Tribunale 21 ottobre 1993, cause riunite T‑492/93 e T‑492/93 R, Nutral/Commissione, Racc. pag. II-1023,
punto 26, e sentenza del Tribunale 15 settembre 1998, causa T‑54/96, Oleifici Italiani e Fratelli Rubino/Commissione, Racc.
pag. II-3377, punto 51).
67
Nella fattispecie, dal regolamento n. 2499/82 risulta che, benché l’onere finanziario dell’operazione di distillazione preventiva
debba in definitiva gravare sulla Comunità, spetta agli organismi d’intervento nazionali (nella specie l’AIMA) assicurare
sul loro territorio l’esecuzione delle operazioni di distillazione preventiva, conformemente alle disposizioni del detto regolamento.
68
In particolare, in forza del regolamento n. 2499/82, spetta agli organismi nazionali
–
controllare e approvare i contratti conclusi tra i produttori di vino e i distillatori (art. 1, n. 3, e art. 3 del regolamento),
–
versare l’aiuto comunitario, oppure versare, a determinate condizioni, un importo pari a tale aiuto a titolo di anticipo (art. 6,
art. 9, n. 2, e art. 11 del regolamento),
–
recuperare, se del caso, gli importi indebitamente versati a titolo di aiuto o di anticipo sull’aiuto (art. 9, n. 2, e art. 11,
n. 3, del regolamento).
69
Per contro, il regolamento n. 2499/82 non attribuiva alla Commissione alcuna competenza ad intervenire nell’esecuzione delle
operazioni di distillazione preventiva da parte degli organismi d’intervento nazionali. Risulta infatti da tale regolamento
che la Commissione poteva unicamente prendere atto delle operazioni realizzate da tali organismi nazionali, laddove l’art. 21
del detto regolamento imponeva agli Stati membri di comunicare a tale istituzione, entro i termini prescritti, i quantitativi
di vino oggetto dei contratti di distillazione approvati, i quantitativi di vino distillati e i quantitativi di prodotti ottenuti,
nonché i casi di inadempienza dei distillatori e le misure adottate al riguardo.
70
In tale contesto giuridico, la Commissione non era, in ogni caso, competente ad accogliere un’istanza come quella indirizzatale
nella fattispecie dalle ricorrenti, diretta al versamento da parte dell’istituzione dell’aiuto asseritamente dovuto ai produttori
di vino in forza del regolamento n. 2499/82.
71
Ne consegue che il rigetto di tale istanza nella lettera controversa e la concomitante archiviazione del fascicolo non erano
idonei a modificare la situazione giuridica delle ricorrenti. Tale lettera è quindi sprovvista di qualunque carattere decisorio
e non costituisce dunque un atto impugnabile ai sensi dell’art. 173 del Trattato CE, nella parte in cui reca rifiuto di versare
alle ricorrenti l’aiuto comunitario sollecitato.
72
Occorre peraltro valutare la ricevibilità della domanda di annullamento della lettera controversa anche nei limiti in cui
quest’ultima potrebbe essere intesa come recante rigetto di una richiesta implicita delle ricorrenti volta ad ottenere una
rettifica delle disposizioni del regolamento n. 2499/82, al fine di conformarle al principio di parità di trattamento che
esse invocano.
73
La Commissione, infatti, in tale lettera, non si limita a fornire spiegazioni in merito all’applicazione del regime di versamento
dell’aiuto comunitario da parte dell’AIMA, in applicazione delle pertinenti disposizioni del regolamento n. 2499/82, in particolare
per quanto riguarda l’incameramento da parte dell’organismo nazionale d’intervento – in caso di inadempimento delle proprie
obbligazioni da parte del distillatore – della cauzione da questi costituita al fine di ottenere il versamento dell’importo
dell’aiuto a titolo di anticipo.
74
La lettera controversa racchiude altresì una presa di posizione della Commissione sulla conformità al principio della parità
di trattamento del regime di versamento dell’aiuto istituito dall’art. 9 del regolamento n. 2499/82.
75
In proposito il Tribunale rileva che, anche volendo ammettere, da un lato, che la lettera delle ricorrenti datata 23 gennaio
1998 possa essere interpretata come contenente la richiesta alla Commissione di operare una rettifica retroattiva del regolamento
n. 2499/82 al fine di garantire il versamento dell’aiuto comunitario ai produttori interessati – cosa che peraltro non emerge
esplicitamente dal testo di tale lettera delle ricorrenti – e, d’altro lato, che la lettera controversa possa pertanto essere
intesa come recante rigetto di una richiesta del genere, la domanda di annullamento di tale lettera dovrebbe comunque essere
dichiarata irricevibile, data la carenza di legittimazione ad agire delle ricorrenti.
76
Secondo una giurisprudenza consolidata, infatti, il ricorso proposto da una persona fisica o giuridica e diretto contro il
rifiuto della Commissione di compiere una rettifica retroattiva di un atto è irricevibile nel caso in cui tale rettifica avrebbe
dovuto essere adottata in forma di regolamento avente portata generale (ordinanze Sveriges Betodlare e Henrikson/Commissione,
cit., punto 28, e Scottish Soft Fruit Growers/Commissione, cit., punto 41).
77
Orbene, nella fattispecie il regolamento n. 2499/82 ha portata generale, in quanto riguarda tutti i produttori di vino e i
distillatori nella Comunità ed enuncia in via generale e astratta le norme sulla distillazione preventiva per la campagna
viticola 1982/1983. Ciò considerato, una rettifica di tale regolamento avrebbe potuto essere adottata, in ogni caso, soltanto
sotto forma di regolamento di portata generale.
78
Per tutte le suesposte ragioni, la domanda di annullamento della lettera controversa è irricevibile.
79
Nei limiti in cui il ricorso tende altresì all’annullamento di ogni altro atto richiamato dalla lettera controversa, da essa
presupposto, oppure ad essa coordinato o connesso, è sufficiente rilevare che tale domanda è priva di sufficiente precisione
in ordine al suo oggetto ed è, pertanto, anch’essa irricevibile, ai sensi dell’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di
procedura, come sostiene la Commissione.
80
Ne consegue che il ricorso di annullamento è integralmente irricevibile.
Sulla ricevibilità del ricorso per carenza
81
Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’illecita carenza nella quale la Commissione sarebbe incorsa astenendosi dall’adottare
una decisione in merito alla concessione alle ricorrenti dell’aiuto comunitario di cui trattasi, è sufficiente ricordare che
la Commissione non era competente ad adottare una decisione del genere, come già rilevato supra, al punto 70. Il ricorso per
carenza fondato sull’art. 175 del Trattato CE (divenuto art. 232 CE) è pertanto irricevibile nei limiti in cui mira a sanzionare
tale astensione, in quanto non si potrebbe contestare alla Commissione di avere con ciò omesso di adottare nei confronti delle
ricorrenti un atto diverso da una raccomandazione o un parere ai sensi dell’art. 175, terzo comma, del Trattato CE (v, ad
esempio, sentenza Italsolar/Commissione, cit., punto 30). Per giunta, ammettendo che la lettera delle ricorrenti del 23 gennaio
1998, pervenuta alla Commissione il 5 febbraio 1998, contenesse un invito chiaro ad adottare una decisione recante concessione
dell’aiuto de quo alle ricorrenti, il presente ricorso, proposto il 12 ottobre 1998, sarebbe in ogni caso tardivo, come afferma
la Commissione. Infatti, in applicazione dell’art. 175, secondo comma, del Trattato CE, la Commissione avrebbe dovuto prendere
posizione entro il 5 aprile 1998 e il ricorso per carenza avrebbe dovuto essere proposto entro il 15 giugno 1998, tenuto conto
del termine concesso in ragione della distanza.
82
Occorre inoltre rilevare che, anche supponendo che il presente ricorso possa interpretarsi nel senso che la carenza allegata
risiede nel presunto rifiuto da parte della Commissione di adottare un regolamento che rettifichi retroattivamente il regolamento
n. 2499/82, al fine di garantire il pagamento dell’aiuto comunitario ai produttori di cui trattasi, tale ricorso dovrebbe
comunque essere dichiarato irricevibile. Nella fattispecie, infatti, la lettera delle ricorrenti del 23 gennaio 1998 non può
essere interpretata come una richiesta di agire ai sensi dell’art. 175, secondo comma, del Trattato CE, in quanto in essa
le ricorrenti non sollecitano chiaramente la modifica da parte della Commissione del regolamento n. 2499/82 al fine di renderlo
conforme ai principi che esse invocano. Inoltre, i singoli che non siano legittimati a contestare la legittimità di un atto
regolamentare non sono nemmeno legittimati a proporre alla Corte un ricorso per carenza dopo aver rivolto ad un’istituzione
comunitaria un invito ad adottare un atto regolamentare (sentenza della Corte 26 aprile 1988, cause riunite 97/86, 99/86,
193/86 e 215/86, Asteris e a./Commission, Racc. pag. 2181, punto 17). Orbene, come già rilevato (v. supra, punto 77), la modifica
del regolamento n. 2499/82 postulava l’adozione di un atto di portata generale.
83
Ne consegue che il ricorso per carenza dev’essere dichiarato irricevibile.
B – Sul ricorso per risarcimento danni e sulla domanda di restituzione degli aiuti per arricchimento senza causaSulla ricevibilità della domanda di restituzione degli aiuti per arricchimento senza causa
84
Occorre anzitutto dichiarare irricevibile la domanda svolta in subordine dalle ricorrenti e diretta alla condanna della Commissione
a versar loro, a titolo di restituzione per arricchimento senza causa, gli aiuti comunitari di cui trattasi, in quanto il
Trattato non prevede, tra i rimedi giurisdizionali che esso istituisce, la possibilità di promuovere un’azione per arricchimento
senza causa. Ciò non pregiudica tuttavia l’eventuale fondatezza del motivo vertente sulla violazione del principio che vieta
l’arricchimento senza causa, nei limiti in cui la citata domanda svolta in subordine possa interpretarsi nel senso che le
ricorrenti si appellano in particolare a tale principio a sostegno della loro domanda di risarcimento danni (v. infra, punti 159‑164).
Sulla ricevibilità del ricorso per risarcimento danni Argomenti delle parti
85
Con riferimento al ricorso per risarcimento danni, la Commissione deduce tre cause di irricevibilità. In primo luogo, nella
gestione delle misure di sostegno previste nell’ambito della politica agricola comune non esisterebbe alcun rapporto diretto
tra la Comunità e gli operatori economici. Nella fattispecie, mancherebbe dunque un comportamento imputabile alla Commissione,
cosicché non ricorrerebbero i presupposti per adire la Corte ai sensi dell’art. 215, secondo comma, del Trattato CE (divenuto
art. 288, secondo comma, CE) (sentenze della Corte 10 maggio 1978, causa 132/77, Exportation des sucres/Commissione, Racc.
pag. 1061; 12 dicembre 1979, causa 12/79, Wagner Agrarhandel/Commissione, Racc. pag. 3657, e 27 marzo 1980, causa 133/79,
Sucrimex e Westzucker/Commissione, Racc. pag. 1299).
86
In proposito la Commissione afferma, rispondendo ad un quesito scritto del Tribunale, che le ricorrenti, a sostegno della
loro domanda di risarcimento danni, non avevano dedotto l’illegittimità del regolamento n. 2499/82. Esse avrebbero unicamente
contestato, prima dinanzi ai giudici nazionali e poi dinanzi al Tribunale, l’interpretazione delle pertinenti disposizioni
di tale regolamento accolta dalle autorità italiane e dalla Commissione nella sua lettera del 31 luglio 1998.
87
In secondo luogo, le ricorrenti godrebbero di una tutela giurisdizionale efficace dinanzi al giudice nazionale. In particolare,
esse avrebbero potuto promuovere un’azione di pagamento contro l’organismo d’intervento dinanzi al giudice nazionale, conformemente
alla sentenza della Corte 12 aprile 1984, causa 281/82, Unifrex/Commissione e Consiglio (Racc. pag. 1969, punto 11).
88
Nella fattispecie, nell’ambito della loro azione per arricchimento senza causa contro l’AIMA, pendente dinanzi al Tribunale
civile di Cagliari, le ricorrenti potrebbero ancora suggerire al giudice nazionale di sollevare una questione pregiudiziale
ai sensi dell’art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE) al fine di consentire alla Corte di esaminare la validità delle
disposizioni regolamentari di cui trattasi.
89
All’udienza svoltasi il 10 febbraio 2004, rispondendo ai quesiti del Tribunale, la Commissione ha sottolineato che l’ordinamento
giuridico italiano offriva rimedi giurisdizionali adeguati, tali da consentire ai produttori interessati di ottenere la condanna
dell’AIMA al pagamento dell’importo degli aiuti comunitari previsti dal regolamento n. 2499/82. La domanda delle ricorrenti
non sarebbe stata accolta dal Tribunale civile di Roma, in quanto tale procedimento avrebbe avuto ad oggetto la cauzione costituita
dalla DAI a favore dell’AIMA e non avrebbe dunque riguardato il diritto soggettivo all’aiuto comunitario, vantato dalle ricorrenti.
Peraltro le ricorrenti, nel contesto dei loro rapporti quasi‑contrattuali con l’AIMA, avrebbero dovuto esperire un’azione
di pagamento contro tale organismo, anziché un’azione per arricchimento senza causa come quella proposta dinanzi al Tribunale
civile di Cagliari. Un’azione di pagamento dinanzi al giudice nazionale, eventualmente fondata sull’asserita illegittimità
del regolamento n. 2499/82, avrebbe potuto essere esperita senza attendere l’esito della procedura fallimentare. Infine, la
circostanza che l’importo della cauzione sia stato restituito alla Commissione – invocata dalle ricorrenti a sostegno della
ricevibilità del presente ricorso per responsabilità extracontrattuale – non priverebbe di efficacia una tale azione di pagamento.
Essa non osterebbe infatti a una condanna dell’AIMA, da parte del giudice italiano, a pagare alle ricorrenti l’importo dell’aiuto
comunitario considerato, a seguito di un rinvio pregiudiziale vertente sulla validità delle pertinenti disposizioni del regolamento
n. 2499/82, nell’ipotesi in cui la Corte dichiarasse l’illegittimità di talune di queste norme. La Commissione si è richiamata
in proposito all’ordinanza del Tribunale 25 aprile 2001, causa T‑244/00, Coillte Teoranta/Commissione (Racc. pag. II-1275).
90
In terzo luogo, la Commissione ritiene che la domanda di risarcimento danni sia in ogni caso irricevibile in forza dell’art. 46
dello Statuto della Corte, applicabile al procedimento dinanzi al Tribunale in forza dell’art. 53 dello stesso Statuto, ai
sensi del quale le azioni in materia di responsabilità extracontrattuale si prescrivono in cinque anni a decorrere dal momento
in cui avviene il fatto che dà loro origine.
91
Questo termine di prescrizione avrebbe cominciato a decorrere dal momento in cui le ricorrenti hanno avuto conoscenza del
fatto all’origine del danno. Nella fattispecie, che tale fatto consista nell’applicazione erronea della normativa comunitaria
oppure nella sua illegittimità, le ricorrenti ne avrebbero avuto conoscenza al più tardi al momento di tale applicazione.
Né la sentenza del Tribunale civile di Roma 27 gennaio 1989 né le successive sentenze della Corte d’appello di Roma e della
Corte di cassazione potrebbero considerarsi interruttive di tale prescrizione.
92
La convenuta ricorda in proposito che il danno dedotto dalle ricorrenti consiste nel mancato pagamento del prezzo del vino
venduto alla DAI, prezzo che avrebbe dovuto essere pagato loro entro giugno 1983. La domanda di risarcimento danni verterebbe
dunque su fatti prodottisi nel 1983. Poiché il ricorso è stato proposto soltanto il 12 dicembre 1998, tale domanda sarebbe
prescritta.
93
Se si dovesse ammettere – cosa che la Commissione contesta – che il termine di prescrizione decorre dal momento in cui risulta
chiaro che le azioni dinanzi ai giudici nazionali non possono avere successo, occorrerebbe riferirsi alla data di pronuncia
della sentenza del Tribunale civile di Roma, il 27 gennaio 1989. Si tratterebbe infatti dell’unica sentenza di merito concernente
le ricorrenti. La Corte d’appello di Roma avrebbe «respinto» l’appello interposto avverso tale sentenza in quanto non notificato
ritualmente, e la Corte di cassazione avrebbe confermato tale sentenza. La Commissione equipara tale irregolarità procedurale
commessa dalle ricorrenti in sede d’appello alla proposizione tardiva di un ricorso, dopo la scadenza del termine prescritto.
L’azione per responsabilità contrattuale si sarebbe quindi prescritta nel gennaio 1994.
94
Quanto all’affermazione delle ricorrenti secondo cui il fatto generatore del danno subìto consiste nella contabilizzazione
dell’importo della cauzione da parte dell’AIMA a favore del FEAOG, la Commissione obietta che tale cauzione riguarda i rapporti
tra la DAI e l’AIMA, non quelli tra le ricorrenti e la DAI. Inoltre, l’operazione contabile relativa alla cauzione riguarderebbe
i rapporti tra il FEAOG e l’AIMA, ma non avrebbe alcuna portata sostanziale quanto ad eventuali diritti delle ricorrenti nei
confronti della Commissione.
95
Anche se si dovesse ammettere che la contabilizzazione della cauzione a favore del FEAOG costituiva un illecito imputabile
alla Commissione, la domanda di risarcimento sarebbe prescritta. Le ricorrenti, infatti, avrebbero già avuto conoscenza di
tale contabilizzazione in una fase anteriore, dal momento che essa è esplicitamente prevista dalla normativa comunitaria.
La Commissione ha inoltre affermato, all’udienza del 10 febbraio 2004, che dalla sentenza del Tribunale civile di Roma 27
gennaio 1989 risultava come la DAI avesse rilevato che l’AIMA doveva restituire la cauzione all’organismo comunitario competente.
96
Le ricorrenti ritengono, dal canto loro, che il presente ricorso per responsabilità extracontrattuale non sia prescritto in
applicazione dell’art. 46 dello Statuto.
97
Esse affermano che nessuna prescrizione può essere eccepita nei confronti della vittima di un danno che abbia potuto avere
conoscenza del fatto che lo ha causato soltanto con ritardo, e non abbia quindi potuto disporre di un termine ragionevole
per esperire l’azione prima della scadenza del termine di prescrizione (sentenza della Corte 7 novembre 1985, causa 145/83,
Adams/Commissione, Racc. pag. 3539, punto 50).
98
Nella fattispecie, soltanto a seguito della lettera della Commissione datata 31 luglio 1998 le ricorrenti avrebbero appreso
che l’AIMA aveva restituito, quanto meno in parte, l’importo della cauzione alla Commissione. Esse avrebbero allora chiesto
alla Commissione di versare loro l’importo dell’aiuto comunitario di cui trattasi a titolo di restituzione dell’arricchimento
senza causa o di risarcimento, in applicazione degli artt. 178 e 215 del Trattato CE (divenuti, rispettivamente, artt. 235 CE
e 288 CE), del danno che esse avrebbero subìto.
99
Contrariamente alle allegazioni della Commissione, le ricorrenti non sarebbero state in grado di sapere che l’aiuto in questione
sarebbe stato contabilizzato a favore del FEAOG. La Commissione stessa sarebbe stata informata di tale restituzione soltanto
a seguito della sua indagine presso l’AIMA, dopo l’esposto delle ricorrenti. Inoltre, anche se l’obbligo di restituire alla
Commissione l’importo della cauzione risultasse dalla normativa comunitaria, la cui interpretazione sarebbe peraltro poco
agevole, non era affatto scontato che tale obbligo sarebbe stato adempiuto nella fattispecie, visto il comportamento dell’AIMA.
Nelle loro risposte scritte ai quesiti del Tribunale e all’udienza del 10 febbraio 2004, le ricorrenti hanno sottolineato
in proposito che l’AIMA non aveva mai dichiarato che la cauzione sarebbe stata restituita alla Commissione. Al contrario,
essa avrebbe sostenuto, prima e durante il procedimento dinanzi al Tribunale civile di Cagliari, di avere il diritto di trattenere
l’importo della cauzione.
100
In ogni caso, quand’anche si ritenesse che il fatto generatore dell’azione per risarcimento danni si sia verificato il 31
dicembre 1991, data in cui l’AIMA ha restituito l’importo della cauzione al FEAOG, il termine di cinque anni sarebbe stato
interrotto, vuoi dalla lettera del 22 gennaio 1996 con cui le ricorrenti hanno chiesto all’AIMA di pagare loro l’importo corrispondente
agli aiuti di cui trattasi, vuoi dalla lettera del 13 novembre 1996 con la quale le ricorrenti hanno presentato un esposto
alla Commissione al fine di ottenere tale pagamento.
Giudizio del Tribunale
101
Occorre esaminare le tre cause di irricevibilità del ricorso per risarcimento danni dedotte dalla Commissione, vertenti, in
primo luogo, sulla non imputabilità del comportamento contestato alla Commissione, in secondo luogo, sull’esistenza di efficaci
rimedi giurisdizionali interni e, in terzo luogo, sulla prescrizione dell’azione ai sensi dell’art. 46 dello Statuto della
Corte.
1. Il motivo vertente sulla non imputabilità del comportamento contestato alla Commissione
102
Nei limiti in cui il presente ricorso per risarcimento danni verte sull’applicazione di una normativa comunitaria la cui esecuzione
spetta ai competenti organismi nazionali, come già detto (v. supra, punto 67), occorre verificare, conformemente alla giurisprudenza,
se l’illecito allegato dalle ricorrenti a sostegno di tale ricorso promani da un’istituzione comunitaria e non possa essere
considerato imputabile all’organismo nazionale (sentenze della Corte Exportation des sucres/Commissione, cit., punto 27; Sucrimex
e Westzucker/Commissione, cit., punti 16 e 22‑25, e 26 febbraio 1986, causa 175/84, Krohn/Commissione, Racc. pag. 753, punto 19).
103
A tal fine occorre anzitutto identificare in maniera precisa, nel contesto di fatto e di diritto della presente controversia,
il comportamento che le ricorrenti contestano alla Commissione e che le ha indotte a presentare, in subordine, il presente
ricorso in applicazione dell’art. 178 del Trattato CE.
104
Sebbene, nel contesto di fatto e di diritto eccezionale della presente causa, un operatore economico prudente ed accorto potrebbe
legittimamente non essersi reso conto dell’assenza di garanzia del pagamento dell’aiuto ai produttori, in caso di insolvenza
del distillatore (v. infra, punti 136‑145), l’analisi del regolamento in oggetto rivela che, nell’ambito del regime di versamento
indiretto dell’aiuto ai produttori di vino per mezzo del distillatore, istituito dall’art. 9 di tale regolamento, i produttori,
in caso di mancato pagamento da parte del distillatore del prezzo minimo d’acquisto del vino consegnato e distillato conformemente
alle norme del detto regolamento, non disponevano di alcun diritto sulla cauzione, costituita dal distillatore unicamente
a nome dell’organismo nazionale d’intervento al fine di riscuotere l’importo dell’aiuto a titolo di anticipo.
105
Inoltre, nell’ambito del regime istituito dall’art. 9 del regolamento n. 2499/82, i produttori non godevano del diritto di
riscuotere direttamente l’aiuto comunitario di cui trattasi, nemmeno in caso di insolvenza del distillatore, come la Commissione
ha indicato in sostanza nella sua lettera del 31 luglio 1998. A tal proposito la Commissione ha inoltre sostenuto, nella stessa
lettera, che la differenza tra i regimi istituiti rispettivamente dagli artt. 9 e 10 di tale regolamento non era contraria
al principio della parità di trattamento.
106
Orbene, giova sottolineare che è pacifico, da una parte, che le ricorrenti hanno adempiuto tutte le obbligazioni derivanti
dai contratti con la DAI, approvati dall’AIMA conformemente al regolamento n. 2499/82 e, d’altra parte, che i quantitativi
di vino consegnati dalle ricorrenti sono stati distillati nei termini prescritti dallo stesso regolamento. A seguito di difficoltà
finanziarie, la DAI non ha versato alle ricorrenti il prezzo minimo d’acquisto previsto dal regolamento n. 2499/82 e comprensivo
dell’aiuto comunitario, oppure l’ha versato solo parzialmente.
107
In tale contesto, le ricorrenti domandano in subordine di essere risarcite del danno cagionato dal mancato pagamento, totale
o parziale, del prezzo minimo d’acquisto, che dipenderebbe dalle lacune del regime di versamento indiretto dell’aiuto comunitario
previsto dalle pertinenti norme di tale regolamento, come la Commissione ha peraltro indicato nella sua lettera del 31 luglio
1998.
108
Se infatti è vero che, dinanzi al giudice nazionale e nella corrispondenza intercorsa con la Commissione, le ricorrenti hanno
contestato l’interpretazione delle pertinenti norme del regolamento n. 2499/82 accolta dall’AIMA senza contestare esplicitamente
la regolarità di tali disposizioni in sé, esse non si sono tuttavia limitate a reiterare tali censure dinanzi al Tribunale.
Nell’atto introduttivo del ricorso, esse hanno altresì sostenuto, in subordine, che, ove si ammettesse che il regolamento
n. 2499/82 aveva determinato la creazione di una disparità di trattamento tra i produttori nei diversi Stati membri – a seconda
del regime di versamento dell’aiuto comunitario scelto dagli Stati membri, che disponevano, in forza dell’art. 8 del citato
regolamento, di un’opzione tra i due diversi regimi previsti dagli artt. 9 e 10 di tale regolamento –, ne risulterebbe allora
gravemente infranto, in particolare, il principio di uguaglianza.
109
Il Tribunale deduce da quanto precede che il comportamento contestato alla Commissione consiste in sostanza nel fatto che,
nell’ambito del regime di versamento dell’aiuto previsto dall’art. 9 – che differisce sul punto dal regime previsto dall’art. 10
–, il regolamento n. 2499/82 non garantiva, segnatamente in caso di fallimento di un distillatore, il versamento ai produttori
interessati dell’aiuto incluso nel prezzo minimo d’acquisto, per il vino consegnato a tale distillatore e distillato conformemente
alle norme del detto regolamento.
110
L’illecito così dedotto è pertanto imputabile alla Commissione, autore del regolamento n. 2499/82.
111
In particolare, l’argomento svolto da tale istituzione comunitaria, secondo il quale l’applicazione del regime previsto dall’art. 9
del regolamento n. 2499/82 risulta dall’opzione effettuata dalla Repubblica italiana in applicazione dell’art. 8 di tale regolamento,
non può condurre ad una valutazione diversa, giacché l’illegittimità allegata vizia il regolamento in sé, e non il comportamento
dello Stato membro interessato, che si è limitato ad applicare correttamente tale regolamento.
112
Più precisamente, le ricorrenti non contestano la legittimità del regime istituito dall’art. 9 del regolamento n. 2499/82
nella parte in cui prevedeva il versamento indiretto dell’aiuto ai produttori mediante il distillatore. Esse denunciano per
contro le modalità di attuazione di tale regime previste dalle pertinenti norme del citato regolamento, laddove tali modalità
non garantivano il pagamento dell’aiuto ai produttori in caso di insolvenza del distillatore. Orbene, qualora uno Stato membro
avesse optato per il regime di versamento indiretto dell’aiuto, il cui principio in sé non è contestato nella specie, le autorità
nazionali competenti non disponevano di alcun potere discrezionale in merito alle misure da adottare, in esecuzione del regolamento
n. 2499/82, se il distillatore non versava l’aiuto considerato ai produttori. Nella specie, la dedotta illegittimità risulta
quindi direttamente da un’asserita lacuna di tale regolamento, e non dall’opzione esercitata dalla Repubblica italiana in
favore del regime di versamento indiretto dell’aiuto.
113
Ne consegue che il motivo vertente sulla non imputabilità del comportamento contestato alla Comunità, nella fattispecie alla
Commissione, dev’essere respinto.
2. Il motivo vertente sull’esistenza di efficaci rimedi giurisdizionali interni
114
A questo proposito occorre preliminarmente rilevare che, nella loro domanda di risarcimento danni, le ricorrenti sollecitano
il pagamento di risarcimenti equivalenti agli importi dei loro crediti rimasti insoluti nei confronti della DAI, quali specificati
nel ricorso e maggiorati degli interessi di mora. Occorre pertanto verificare se il presente ricorso per risarcimento danni
non costituisca uno sviamento di procedura tanto rispetto ai mezzi di ricorso dinanzi ai giudici nazionali quanto rispetto
agli altri mezzi di ricorso comunitari.
115
Secondo una consolidata giurisprudenza, il ricorso per risarcimento danni ai sensi dell’art. 178 e dell’art. 215, secondo
comma, del Trattato CE dev’essere valutato alla luce del sistema complessivo di tutela giurisdizionale dei singoli istituito
dal Trattato. Ne deriva che, quando una persona si ritiene lesa dall’applicazione regolare di una normativa comunitaria che
essa considera illegittima, e il fatto generatore del danno allegato è quindi esclusivamente imputabile alla Comunità, la
ricevibilità di un tale ricorso per risarcimento danni può cionondimeno trovarsi subordinata, in taluni casi, all’esaurimento
dei rimedi giurisdizionali interni. È tuttavia necessario, a tal fine, che tali rimedi nazionali garantiscano in modo efficace
la tutela delle persone interessate e che possano condurre al risarcimento dell’asserito danno (v., in tal senso, sentenze
della Corte 17 dicembre 1981, cause riunite 197/80‑200/80, 243/80, 245/80 e 247/80, Ludwigshafener Walzmühle e a./Consiglio
e Commissione, Racc. pag. 3211, punti 8 e 9; Krohn/Commissione, cit., punti 27 e 28; 29 settembre 1987, causa 81/86, De Boer
Buizen/Consiglio e Commissione, Racc. pag. 3677, punto 9, e sentenza del Tribunale 10 aprile 2003, causa T‑195/00, Travelex
Global and Financial Services e Interpayment Services/Commissione, Racc. pag. II‑1677, punto 87).
116
In particolare, la ricevibilità di un ricorso per risarcimento danni fondato sull’art. 178 e sull’art. 215, secondo comma,
del Trattato CE non può essere subordinata all’esaurimento dei rimedi giurisdizionali interni allorché, anche supponendo che
la normativa comunitaria contestata fosse dichiarata invalida da una sentenza pregiudiziale della Corte, adita ai sensi dell’art. 177
del Trattato CE, i giudici nazionali non potrebbero comunque accogliere un’azione di pagamento – o qualunque altra azione
appropriata – senza il previo intervento del legislatore comunitario, a causa dell’assenza di disposizioni comunitarie che
autorizzino gli organismi nazionali competenti a versare gli importi reclamati. Questa analisi è stata confermata, in maniera
implicita o esplicita, dalla giurisprudenza (v., in tal senso, sentenze della Corte 2 dicembre 1971, causa 5/71, Zuckerfabrik
Schoeppenstedt/Consiglio, Racc. pag. 975; 14 maggio 1975, causa 74/74, CNTA/Commission, Racc. pag. 533; 4 ottobre 1979, cause
riunite 64/76, 113/76, 167/78, 239/78, 27/79, 28/79 e 45/79, Dumortier e a./Consiglio, Racc. pag. 3091, punto 6; cause riunite
261/78 e 262/78, Interquell Stärke-Chemie/Consiglio e Commissione, Racc. pag. 3045, punto 6; Unifrex/Commissione, cit., punto 12,
e De Boer/Consiglio e Commissione, cit., punto 10).
117
Nell’ipotesi testé evocata, infatti, l’esercizio dei loro diritti da parte delle persone che si ritengano lese sarebbe reso
eccessivamente difficile dinanzi ai giudici nazionali. Sarebbe pertanto contrario non soltanto alla buona amministrazione
della giustizia e agli imperativi di economia processuale, ma altresì al presupposto consistente nell’assenza di ricorsi interni
efficaci (v. supra, punto 115) obbligare gli interessati ad esaurire i mezzi di ricorso nazionali e ad attendere una pronuncia
definitiva sulla loro domanda, dopo che le istituzioni comunitarie interessate abbiano, se del caso, modificato o completato
le disposizioni comunitarie applicabili, in esecuzione di una sentenza pregiudiziale della Corte che eventualmente dichiari
l’invalidità di tali disposizioni (v., in tal senso, sentenze della Corte 24 ottobre 1973, causa 43/72, Merkur Aussenhandels/Commissione,
Racc. pag. 1055, punto 6, e 19 ottobre 1977, cause riunite 117/76 e 16/77, Ruckdeschel e a., Racc. pag. 1753, punto 13, nonché,
per analogia, sentenza della Corte 8 marzo 2001, cause riunite C‑397/98 e C‑410/98, Metallgesellschaft e a., Racc. pag. I‑1727,
punto 106).
118
Nella fattispecie è necessario rilevare che, contrariamente alle allegazioni della Commissione, le ricorrenti non godono di
una tutela giurisdizionale efficace dinanzi al giudice nazionale. Pur senza voler pregiudicare la valutazione dell’eventuale
fondatezza delle pretese delle ricorrenti, occorre rilevare che, nel contesto giuridico della presente controversia, un giudice
nazionale non sarebbe in ogni caso autorizzato a condannare l’AIMA a versare alle ricorrenti l’importo degli aiuti comunitari
di cui trattasi, se non a seguito di un’eventuale rettifica retroattiva del regolamento n. 2499/82, la quale necessiterebbe,
se del caso, l’adozione di un regolamento da parte della Commissione, come è già stato dichiarato (v. supra, punto 77). Infatti,
anche nell’ipotesi in cui la Corte dichiarasse, se del caso, in una sentenza pregiudiziale, l’invalidità di talune disposizioni
del regolamento in oggetto, soltanto l’intervento del legislatore comunitario permetterebbe di adottare un fondamento normativo
che autorizzi un pagamento del genere, come peraltro riconosce la Commissione nel controricorso.
119
In proposito, l’argomento della Commissione fondato sulla citata ordinanza Coillte Teoranta/Commissione, emanata a seguito
di un ricorso di annullamento e non di un ricorso per risarcimento danni come nella fattispecie, non è pertinente.
120
Ne consegue che il motivo vertente sull’esistenza di efficaci rimedi giurisdizionali interni dev’essere respinto.
121
Peraltro, nello stesso ordine di idee fondato sulla distinzione dei rimedi giurisdizionali, occorre rilevare che, come d’altronde
confermato dalle ricorrenti nella replica, il ricorso per risarcimento danni ha natura subordinata rispetto ai ricorsi di
annullamento e per carenza, anch’essi presentati dalle ricorrenti al fine di ottenere il pagamento dei detti importi e di
cui il Tribunale ha dichiarato l’irricevibilità (v. supra, punti 80 e 83).
122
A tal proposito il Tribunale ritiene opportuno rammentare che, per giurisprudenza costante, l’azione per risarcimento danni
di cui agli artt. 178 e 215, secondo comma, del Trattato CE è stata concepita come un rimedio autonomo, dotato di una propria
funzione che lo distingue dalle altre azioni esperibili e sottoposto a condizioni di esercizio che tengono conto del suo oggetto
specifico. Essa tende infatti a ottenere il risarcimento, unicamente a favore del ricorrente, del danno cagionato da un’istituzione
comunitaria, e non all’eliminazione di un atto determinato o alla dichiarazione di una carenza da parte dell’istituzione interessata.
Sarebbe pertanto in contrasto con l’autonomia di tale azione, come pure con l’efficacia del sistema dei rimedi giurisdizionali
istituiti dal Trattato, considerare irricevibile un ricorso per risarcimento danni per il fatto che potrebbe condurre, quanto
meno per le parti ricorrenti, a un risultato analogo a quello di un ricorso di annullamento o per carenza. Soltanto nel caso
in cui un ricorso per risarcimento danni tenda in realtà alla revoca di una decisione individuale destinata alle parti ricorrenti
e divenuta definitiva – cosicché esso avrebbe lo stesso oggetto e lo stesso effetto di un ricorso di annullamento –, tale
ricorso per risarcimento danni potrebbe essere considerato uno sviamento di procedura (v., in tal senso, sentenze della Corte
28 aprile 1971, causa 4/69, Lütticke/Commissione, Racc. pag. 325, punto 6; Zuckerfabrik Schoeppenstedt/Consiglio, cit., punti 3‑5;
Krohn/Commissione, cit., punti 26, 32 e 33, nonché Interquell Stärke-Chemie/Consiglio e Commissione, cit., punto 7, e sentenza
del Tribunale 24 settembre 1996, causa T‑491/93, Richco/Commissione, Racc. pag. II‑1131, punti 64‑66; v., nello stesso senso,
Corte europea dei diritti dell’uomo, sentenza 16 aprile 2002, SA Dangeville/Francia, ricorso n. 26677/97, Recueil des arrêts et décisions, 2002‑III, §§ 47 e 61).
123
Orbene, così non è nel caso di specie, mancando qualunque competenza della Commissione ad adottare una decisione individuale
in merito agli aiuti considerati, come risulta da quanto innanzi considerato (v. supra, punti 70 e 71).
124
Per tutte le ragioni sin qui esposte, il presente ricorso per risarcimento danni non può essere considerato uno sviamento
di procedura.
3. Il motivo vertente sulla prescrizione dell’azione di responsabilità
– Osservazioni preliminari
125
Ai sensi dell’art. 46 dello Statuto della Corte, le azioni contro la Comunità in materia di responsabilità extracontrattuale
si prescrivono in cinque anni a decorrere dal momento in cui avviene il fatto che dà loro origine. La prescrizione è interrotta
vuoi dal ricorso presentato al giudice comunitario, vuoi dalla previa domanda che il danneggiato può rivolgere all’istituzione
competente della Comunità, restando tuttavia inteso che, in quest’ultimo caso, si ha interruzione solo se alla domanda segue
un ricorso nei termini stabiliti dagli articoli cui rinvia l’art. 46 dello Statuto della Corte, vale a dire entro il termine
di due mesi previsto dall’art. 173 del Trattato CE o entro quello di quattro mesi previsto dall’art. 175 del Trattato CE (sentenze
del Tribunale 18 settembre 1995, causa T‑167/94, Nölle/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑2589, punto 30, e 31 gennaio
2001, causa T‑76/94, Jansma/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II-243, punto 81).
126
Nella fattispecie, ancor prima di determinare il dies a quo per il calcolo del termine di prescrizione, il Tribunale ritiene
opportuno rilevare anzitutto che, in ogni caso, e contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, la prescrizione non è
stata interrotta né dalla loro lettera all’AIMA datata 22 gennaio 1996 né dalla loro lettera alla Commissione del 13 novembre
1996. Da un lato, infatti, è chiaro che nessuna di queste lettere costituiva una domanda di risarcimento indirizzata alla
Commissione. In particolare, la lettera del 13 novembre 1996 conteneva una denuncia vertente sull’interpretazione asseritamente
irregolare del regolamento n. 2499/82 accolta dall’AIMA. Essa non metteva in discussione la regolarità del regolamento né,
più in generale, il comportamento della Commissione stessa (v. supra, punto 38).
127
D’altro lato, le ricorrenti non possono in alcun caso valersi, ai fini dell’interruzione della prescrizione prevista dall’art. 46
dello Statuto della Corte, delle lettere citate, in quanto nessuna di queste lettere è stata seguita dalla presentazione di
un ricorso dinanzi al Tribunale entro i termini previsti dal detto articolo (v. supra, punto 125).
128
Dopo queste osservazioni preliminari, occorre accertare il dies a quo per il calcolo del termine di prescrizione del presente
ricorso per risarcimento danni.
– Esistenza di un danno certo
129
Il termine di prescrizione previsto dall’art. 46 dello Statuto della Corte non può iniziare a decorrere prima che si realizzino
tutte le condizioni a cui è subordinato l’obbligo del risarcimento. Le dette condizioni consistono nell’esistenza di un comportamento
illegittimo delle istituzioni comunitarie, nell’effettività del danno lamentato e nell’esistenza di un nesso di causalità
tra il detto comportamento e il danno denunciato (sentenza della Corte 27 gennaio 1982, cause riunite 256/80, 257/80, 265/80,
267/80 e 5/81, Birra Wührer e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. 85, punto 10, e sentenze del Tribunale 16 aprile 1997,
causa T‑20/94, Hartmann/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II-595, punto 107, e Jansma/Consiglio e Commissione, cit., punto 76).
La citata condizione relativa all’esistenza di un danno certo ricorre allorché il danno è imminente e prevedibile con una
sufficiente sicurezza, anche se la sua entità non può ancora essere quantificata con precisione (sentenza della Corte 14 gennaio
1987, causa 281/84, Zuckerfabrik Bedburg/Consiglio e Commissione Racc. pag. 49, punto 14).
130
In proposito occorre ricordare che, ove si tratti, come nella fattispecie, di casi in cui la responsabilità della Comunità
deriva da un atto normativo, il termine di prescrizione non può iniziare a decorrere prima che si siano prodotti gli effetti
dannosi dell’atto e, quindi, prima del momento in cui gli interessati abbiano subìto un danno certo (sentenza Birra Wührer
e a./Consiglio e Commissione, cit., punto 10).
131
Nella fattispecie, il Tribunale constata pertanto che il termine di prescrizione ha iniziato a decorrere dal momento in cui
il danno derivante dal mancato versamento, totale o parziale, dell’aiuto comunitario è stato subìto in maniera certa dalle
ricorrenti.
132
Non è contestato da queste ultime che, nel sistema istituito dal regolamento n. 2499/82, il prezzo minimo d’acquisto del vino
avrebbe dovuto essere pagato loro dalla DAI entro la fine del mese di giugno del 1983, in applicazione dell’art. 9, n. 1,
di tale regolamento, come la Commissione ha sottolineato. Infatti, ai sensi di tale norma, tale prezzo doveva essere versato
dal distillatore al produttore entro novanta giorni dall’entrata del vino in distilleria. Orbene, nella fattispecie è pacifico
che le ultime consegne di vino hanno avuto luogo nel marzo 1983 (v. supra, punto 18).
133
Tuttavia, nelle particolari circostanze della fattispecie, non si può ritenere che il danno subìto dalle ricorrenti alla fine
del giugno 1983 a causa del mancato pagamento, totale o parziale, del prezzo minimo d’acquisto entro il termine prescritto
presentasse fin da tale data un carattere certo, che fosse cioè imminente e prevedibile.
134
Il 22 giugno 1983, infatti, la DAI ha sollecitato presso l’AIMA il versamento a titolo di anticipo dell’importo dell’aiuto
comunitario in parola e ha costituito a tal fine una cauzione a nome di tale organismo, conformemente all’art. 11 del regolamento
n. 2499/82. Orbene, le parti non contestano che la DAI, dopo aver percepito tale anticipo il 10 agosto 1983, ne abbia versata
una parte ad alcuni dei produttori interessati, in particolare ad alcune delle ricorrenti, come risulta dai dati da queste
ultime forniti in risposta ai quesiti del Tribunale, e come d’altronde la DAI aveva affermato dinanzi al Tribunale civile
di Roma (v. supra, punti 16, 19, 20, 25, 26 e 43).
135
Inoltre, nel settembre 1984 la DAI ha promosso un procedimento dinanzi al Tribunale civile di Roma diretto a far dichiarare,
in particolare, che la cauzione era destinata a garantire il pagamento del prezzo minimo d’acquisto ai produttori per il caso
di inadempimento delle proprie obbligazioni da parte del distillatore. I produttori interessati, tra cui le ricorrenti, sono
intervenuti a sostegno delle conclusione della DAI. La domanda è stata respinta con sentenza del Tribunale civile di Roma
27 gennaio 1989 (v. supra, punti 25, 26, 28 e 30). L’appello proposto contro la sentenza da quattro delle cinque ricorrenti
è stato respinto con sentenza della Corte d’appello di Roma 19 novembre 1991, confermata con sentenza della Corte di cassazione
28 novembre 1994.
136
Orbene, al fine di valutare la certezza del danno, occorre prendere in considerazione questi procedimenti specificamente attinenti
alla sorte della cauzione. Infatti, nonostante l’inefficacia dei rimedi giurisdizionali nazionali testé constatata dal Tribunale
(v. supra, punto 118), occorre riconoscere che, nelle circostanze eccezionali della fattispecie, era estremamente difficile,
per un operatore economico prudente ed accorto, accorgersi che non avrebbe potuto ottenere il pagamento degli aiuti in discussione
dinanzi al giudice nazionale.
137
Nella fattispecie occorre rilevare che lo scambio di corrispondenza tra le ricorrenti e l’AIMA, da una parte, e la Commissione,
dall’altra, nonché i procedimenti avviati dinanzi ai giudici italiani dimostrano come le ricorrenti abbiano in un primo tempo
chiaramente imputato il rifiuto dell’AIMA di versare loro l’aiuto in parola ad un’erronea applicazione del regolamento n. 2499/82
(v. supra, punti 28, 35‑38, 41 e 42).
138
In proposito va rilevato che il menzionato diniego da parte dell’AIMA non si fondava su disposizioni espresse del regolamento
n. 2499/82, bensì su una lacuna di tale regolamento, in quanto esso non prevedeva, nell’ambito del regime istituito dal suo
art. 9, alcun meccanismo che assicurasse il versamento dell’aiuto ai produttori interessati in caso d’insolvenza del distillatore.
Peraltro l’art. 11 del citato regolamento subordinava il versamento dell’aiuto al distillatore a titolo di anticipo alla costituzione,
da parte quest’ultimo, di una cauzione pari al 110% dell’importo dell’aiuto, a nome dell’organismo d’intervento. Ciò considerato,
gli interessati potevano ragionevolmente ignorare che l’origine del loro danno risiedesse proprio in una lacuna del regolamento
n. 2499/82, e che quindi non avrebbero potuto ottenere riparazione di tale danno dinanzi al giudice nazionale, mancando, come
già detto (v. supra, punto 118), un fondamento normativo che autorizzasse il versamento dell’aiuto ai produttori.
139
Occorre inoltre constatare che, nel contesto dei loro rapporti quasi‑contrattuali con l’AIMA, le ricorrenti potevano legittimamente
sperare in una condanna di tale organismo da parte del giudice nazionale a versare loro l’importo dell’aiuto comunitario incluso
nel prezzo minimo d’acquisto che non era stato loro versato dalla DAI, come ha peraltro sostenuto la Commissione in udienza
(v. supra, punto 89).
140
È infatti pacifico che i contratti conclusi tra le ricorrenti e la DAI, e approvati dall’AIMA, come risulta dagli atti di
causa, menzionano espressamente l’importo della sovvenzione del FEAOG che era incluso nel prezzo minimo d’acquisto fissato
dal regolamento n. 2499/82 e stipulato nel contratto.
141
Non è contestato, inoltre, che le ricorrenti hanno adempiuto l’integralità delle loro obbligazioni e che la distillazione
preventiva è stata effettuata entro i termini prescritti dal citato regolamento.
142
Peraltro, l’assenza di un meccanismo che garantisca, nell’ambito del regime istituito dall’art. 9 di tale regolamento, il
versamento dell’aiuto comunitario ai produttori interessati, segnatamente in caso di fallimento del distillatore, è incompatibile
con una delle finalità essenziali della distillazione preventiva. Il ricorso alla distillazione preventiva mira infatti non
soltanto ad evitare la commercializzazione di vini di qualità mediocre, ma anche, come risulta dal sesto ‘considerando’ del
regolamento n. 2144/82, a migliorare il reddito dei produttori assicurando loro, a determinate condizioni, un «prezzo minimo
garantito» per il vino da tavola. Inoltre, ai sensi dell’undicesimo ‘considerando’ del regolamento n. 2499/82, occorreva prevedere
che il prezzo minimo garantito ai produttori fosse versato a questi ultimi, in linea di massima, entro termini che consentissero
loro di trarre un utile paragonabile a quello che avrebbero ricavato se si fosse trattato di una vendita commerciale; ciò
considerato, era apparso necessario, secondo tale ‘considerando’, anticipare per quanto possibile il versamento degli aiuti
dovuti, garantendo nel contempo, grazie ad un adeguato regime di cauzione, il corretto svolgimento delle operazioni.
143
In tale contesto, un produttore prudente e accorto poteva ragionevolmente sperare di ottenere il pagamento dell’aiuto de quo.
In particolare, considerato che il distillatore aveva costituito una cauzione in applicazione dell’art. 11 del regolamento
n. 2499/82, al fine di garantire la regolarità dell’operazione, il rischio di insolvenza del distillatore poteva legittimamente
sembrare coperto, per quanto riguarda l’importo dell’aiuto preliminarmente versato al distillatore a titolo di anticipo, allorché
i produttori avevano adempiuto tutte le loro obbligazioni e il vino era stato distillato conformemente alle disposizioni di
tale regolamento.
144
L’eccezionalità della situazione risultante dalla menzionata lacuna nel regolamento n. 2499/82, nel settore della distillazione
preventiva del vino da tavola, è peraltro confermata dal fatto che, nell’ambito del regime istituito dal regolamento (CEE)
del Consiglio 20 luglio 1976, n. 1931, che stabilisce le norme generali per le operazioni di distillazione di vini previste
dagli artt. 6 ter, 6 quater, 24 bis e 24 ter del regolamento (CEE) n. 816/70 (GU L 211, pag. 5), l’aiuto comunitario era versato
direttamente ai produttori interessati dall’organismo nazionale d’intervento. Se è vero che il regolamento (CEE) del Consiglio
5 febbraio 1979, n. 343, che stabilisce le norme generali per talune operazioni di distillazione di vini (GU L 54, pag. 64),
che ha sostituito dal 2 aprile 1979 il regolamento n. 1931/76, consentiva agli Stati membri di prevedere il versamento di
una parte dell’aiuto ai produttori vuoi da parte dell’organismo d’intervento vuoi da parte del distillatore (con la previsione
che, in quest’ultimo caso, l’organismo d’intervento avrebbe rimborsato l’importo dell’aiuto al distillatore una volta fornita
la prova che il quantitativo totale di vino oggetto del contratto era stato distillato), esso non istituiva tuttavia un regime
analogo a quello previsto dall’art. 9 del regolamento n. 2499/82, applicabile nella fattispecie. L’art. 4, n. 3, del regolamento
n. 343/79 disponeva infatti che, una volta fornita la menzionata prova, l’organismo di intervento avrebbe versato al produttore
la differenza tra l’aiuto dovuto e l’importo di cui al n. 2. Contrariamente al regime previsto dall’art. 9 del regolamento
n. 2499/82, la concessione dell’aiuto comunitario non era quindi, in definitiva, subordinata alla prova del versamento dell’aiuto,
entro un termine prefissato, dal distillatore al produttore.
145
Per tutte queste ragioni, tenuto conto della complessità del sistema istituito dal regolamento n. 2499/82 e delle circostanze
eccezionali testé evocate, soltanto in esito ai procedimenti relativi alla cauzione, promossi dinanzi ai giudici italiani,
le ricorrenti hanno potuto rendersi conto che non avrebbero ottenuto il pagamento dell’importo degli aiuti in parola avvalendosi
della cauzione.
146
Nella fattispecie, sebbene la cauzione sia stata incamerata dall’AIMA fin dal febbraio del 1991, in esecuzione della sentenza
del Tribunale civile di Roma, e contabilizzata lo stesso anno a favore del FEAOG (v. supra, punto 40), il beneficiario di
tale cauzione a norma del regolamento n. 2499/82 è stato determinato in via definitiva dal giudice italiano soltanto a seguito
della citata sentenza della Corte di cassazione 28 novembre 1994. A tal proposito, la circostanza, invocata dalla Commissione,
che la Corte d’appello di Roma abbia dichiarato l’appello estinto per irregolarità della notifica dell’appello alla DAI non
consente di ritenere che la destinazione della cauzione fosse stata determinata in via definitiva nella menzionata sentenza
del Tribunale civile di Roma, dato che l’appello era stato proposto da quattro delle ricorrenti entro il termine prescritto
e regolarmente notificato all’AIMA e all’Assedile, e che queste quattro ricorrenti hanno poi regolarmente proposto ricorso
in cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello (v. supra, punti 31 e 33, nonché, per analogia, le conclusioni dell’avvocato
generale Darmon presentate nella causa definita con sentenza della Corte 8 aprile 1992, causa C‑55/90, Cato/Commissione, il
18 giugno 1991, Racc. pag. I‑2533, in particolare pag. I‑2545, paragrafi 25‑27, e il 4 febbraio 1992, in particolare pag. I‑2559,
paragrafo 19). Ne consegue che il danno subìto dalle ricorrenti non poteva definirsi certo prima del 28 novembre 1994.
147
Ciò considerato, il termine quinquennale di prescrizione previsto dall’art. 46 dello Statuto della Corte non poteva iniziare
a decorrere prima di quest’ultima data, cosicché il presente ricorso per risarcimento danni, proposto nel 1998, non può considerarsi
tardivo.
148
Ne consegue che il motivo vertente sulla prescrizione del ricorso dev’essere respinto.
149
Occorre peraltro precisare che, a seguito della sentenza della Corte di cassazione 28 novembre 1994, il danno subìto dalle
ricorrenti poteva per contro considerarsi certo, in quanto appariva allora imminente e prevedibile, sebbene il suo importo
non potesse ancora essere determinato con precisione (v. supra, punti 129 e 130). Infatti, considerato che le ricorrenti godevano,
in quanto cooperative agricole, dello status di creditori privilegiati – come risulta dalle risposte delle ricorrenti, non
contestate dalla Commissione, ai quesiti scritti del Tribunale –, non era escluso che esse potessero recuperare una parte
dei loro crediti insoluti nei confronti della DAI al termine della procedura fallimentare, conclusasi, stando alle menzionate
risposte, soltanto nel corso del 2000.
150
Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che la domanda di risarcimento danni è ricevibile.
Sulla fondatezza del ricorso per risarcimento danni Argomenti delle parti
151
A sostegno della loro domanda di risarcimento danni, le ricorrenti invocano l’irregolarità del regolamento n. 2499/82, in
quanto la lacuna che esse denunciano determinerebbe in primo luogo una disparità di trattamento tra i produttori a seconda
della loro cittadinanza. Tale regolamento contravverrebbe gravemente al principio di non discriminazione sancito dall’art. 6
e dall’art. 40, n. 3, secondo comma, del Trattato CE (divenuti, se del caso in seguito a modifica, art. 12 CE e art. 34, n.
2, secondo comma, CE), in quanto, in circostanze analoghe a quelle della fattispecie, soltanto i produttori assoggettati al
regime all’art. 9 del detto regolamento resterebbero esclusi dal beneficio dell’aiuto comunitario. Da questo sistema risulterebbe
inoltre che lo stesso aiuto sarebbe destinato vuoi al produttore, qualora lo Stato membro interessato abbia scelto il procedimento
previsto dall’art. 10 del regolamento, vuoi al distillatore, ove abbia optato per il procedimento di cui all’art. 9, il che
sarebbe inoltre in manifesta contraddizione con gli obiettivi perseguiti dal regolamento. In secondo luogo, le ricorrenti
allegano che la mancata previsione di una garanzia per il pagamento degli aiuti considerati ai produttori ha determinato nella
fattispecie un arricchimento senza causa della Comunità.
152
Peraltro, per quanto riguarda la valutazione del danno subìto, le ricorrenti hanno indicato nel ricorso gli importi dei loro
crediti insoluti nei confronti della DAI, che erano già stati rivendicati dinanzi al Tribunale civile di Roma (v. supra, punto 28)
e che non sono stati contestati dalla Commissione. All’udienza del 10 febbraio 2004 esse hanno precisato, rispondendo ad un
quesito del Tribunale, che, a seguito del riparto effettuato nel corso della procedura fallimentare della DAI, nel 2000, il
danno che esse lamentano corrisponde unicamente alla quota rappresentata proporzionalmente dall’aiuto comunitario nell’importo
dei loro crediti insoluti nei confronti della DAI, a seguito di tale riparto (v. supra, punto 44). Tale quota dovrebbe quindi
essere calcolata in proporzione alla quota rappresentata dall’aiuto – menzionato nei contratti approvati dall’AIMA – nel prezzo
minimo d’acquisto stipulato.
153
La Commissione sostiene da parte sua che, nell’ambito del regime di versamento dell’aiuto comunitario previsto dall’art. 9
del regolamento n. 2499/82, i distillatori erano i beneficiari diretti dell’aiuto. Per contro, nell’ambito del regime istituito
dall’art. 10 dello stesso regolamento, i beneficiari sarebbero stati i produttori. Questa distinzione, lungi dal costituire
una discriminazione, risponderebbe alla necessità di tener conto, al fine del versamento degli anticipi e degli aiuti, dei
diversi regimi amministrativi degli Stati membri, come indicherebbe l’undicesimo ‘considerando’ di tale regolamento.
Giudizio del Tribunale
154
La responsabilità extracontrattuale della Comunità per i danni cagionati dalle sue istituzioni, sancita dall’art. 215, secondo
comma, del Trattato CE, può sorgere solo se ricorra un insieme di condizioni, consistenti nell’illiceità del comportamento
contestato alle istituzioni, nell’effettività del danno e nell’esistenza di un nesso di causalità fra il comportamento illecito
e il danno lamentato (sentenza Ludwigshafener Walzmühle e a./Consiglio e Commissione, cit., punto 18, e sentenza del Tribunale
9 dicembre 1997, cause riunite T‑195/94 e T‑202/94, Quiller e Heusmann/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑2247, punto 48).
155
Per quanto riguarda la prima di queste condizioni, la giurisprudenza esige che sia stabilita una violazione sufficientemente
caratterizzata di una norma giuridica preordinata a conferire diritti ai singoli (sentenza della Corte 4 luglio 2000, causa
C‑352/98 P, Bergaderm e Goupil/Commissione, Racc. pag. I‑5291, punto 42). Quanto alla condizione secondo cui la violazione
dev’essere sufficientemente caratterizzata, il criterio decisivo per ritenere che essa sia soddisfatta è quello della violazione
manifesta e grave, commessa dall’istituzione comunitaria in questione, dei limiti posti al suo potere discrezionale. Quando
tale istituzione dispone solo di un margine di discrezionalità considerevolmente ridotto, se non addirittura inesistente,
la semplice trasgressione del diritto comunitario può essere sufficiente per accertare l’esistenza di una violazione sufficientemente
caratterizzata (sentenza della Corte 10 dicembre 2002, causa C‑312/00 P, Commissione/Camar e Tico, Racc. pag. I‑11355, punto 54,
e sentenza del Tribunale 12 luglio 2001, cause riunite T‑198/95, T‑171/96, T‑230/97, T‑174/98 e T‑225/99, Comafrica e Dole
Fresh Fruit Europe/Commissione, Racc. pag. II‑1975, punto 134).
156
Nella fattispecie, le ricorrenti sostengono in sostanza che la differenza tra i regimi di versamento dell’aiuto rispettivamente
previsti dagli artt. 9 e 10 del regolamento n. 2499/82 presenta un carattere discriminatorio, non risultando garantito il
pagamento dell’aiuto ai produttori interessati nell’ambito del regime previsto dall’art. 9. Inoltre il mancato pagamento,
totale o parziale, degli aiuti considerati alle ricorrenti determinerebbe per la Comunità un arricchimento senza causa (v.
supra, punto 84).
157
Per quanto riguarda, in primo luogo, il motivo vertente sulla violazione del divieto di arricchimento senza causa, occorre
ricordare che le ricorrenti hanno adempiuto l’integralità delle loro obbligazioni e che la distillazione preventiva del vino
che esse hanno consegnato alla DAI è stata effettuata entro i termini prescritti dal regolamento n. 2499/82, come già constatato
(v. supra, punto 141). Le finalità perseguite da tale regolamento per quanto riguarda la distillazione preventiva sono state
quindi pienamente conseguite.
158
Cionondimeno, a seguito dell’insolvenza della DAI, le ricorrenti non hanno ottenuto il corrispettivo delle loro prestazioni,
previsto nell’ambito dei loro rapporti quasi contrattuali con l’AIMA, sotto forma di pagamento – per mezzo della DAI – dell’importo
degli aiuti del FEAOG menzionato nei contratti conclusi con la DAI e approvati dall’AIMA.
159
In tale contesto, la Comunità si è giovata di un arricchimento senza causa, derivante dal mancato pagamento integrale degli
aiuti considerati alle ricorrenti, mentre la cauzione costituita dalla DAI – al fine di garantire la regolarità dell’operazione
di distillazione preventiva e di ottenere il versamento di tali aiuti a titolo di anticipo – e incamerata dall’AIMA era stata
da questa contabilizzata a favore del FEAOG nel corso dell’esercizio 1991.
160
Orbene, il divieto di arricchimento senza causa costituisce un principio generale del diritto comunitario (sentenza della
Corte 10 luglio 1990, causa C‑259/87, Grecia/Commissione, Racc. pag. I‑2845, pubblicazione sommaria, punto 26, e sentenze
del Tribunale 10 ottobre 2001, causa T‑171/99, Corus UK/Commissione, Racc. pag. II‑2967, punto 55, e 3 aprile 2003, cause
riunite T‑44/01, T‑119/01 e T‑126/01, Vieira e Vieira Argentina/Commissione, Racc. pag. II‑1209, punto 86).
161
Occorre pertanto constatare che il regime di versamento indiretto dell’aiuto istituito dall’art. 9 del regolamento n. 2499/82
si pone in manifesto contrasto con il principio generale che vieta l’arricchimento senza causa, in quanto tale regime non
era accompagnato da alcun meccanismo idoneo a garantire il versamento dell’aiuto ai produttori in caso di insolvenza del distillatore,
ove per altro verso ricorressero tutte le condizioni per la concessione dell’aiuto.
162
Ne consegue che il regolamento n. 2499/82 è viziato da una violazione sufficientemente caratterizzata del principio che vieta
l’arricchimento senza causa, che è preordinato a conferire diritti ai singoli.
163
Per quanto riguarda, in secondo luogo, il motivo vertente sulla violazione del principio di non discriminazione, il Tribunale
rileva preliminarmente che l’opzione prevista dall’art. 8 del regolamento n. 2499/82 tra, da un lato, il versamento dell’aiuto
ai produttori per mezzo del distillatore (art. 9) e, dall’altro, il versamento diretto dell’aiuto ai produttori da parte dell’organismo
d’intervento (art. 10) era giustificata, come principio, dalla necessità di assicurare la piena efficacia della distillazione
preventiva per la campagna viticola 1982/1983, nell’insieme della Comunità, tenuto conto della diversità dei regimi amministrativi
nei vari Stati membri, come indica l’undicesimo ‘considerando’ di tale regolamento. La legittimità di un sistema di versamento
indiretto dell’aiuto ai produttori non è peraltro contestata, in via di principio, dalle ricorrenti.
164
Nella fattispecie, occorre esaminare se le modalità del regime di versamento indiretto dell’aiuto previste dalla normativa
in discussione non determinino una discriminazione tra produttori della Comunità, vietata dall’art. 40, n. 3, del Trattato CE,
ove esse abbiano l’effetto di far gravare sui produttori stabiliti in uno Stato membro che avesse optato per tale regime di
versamento indiretto previsto dall’art. 9 del regolamento n. 2499/82 un rischio, per quanto riguarda il versamento dell’aiuto
comunitario, che non sarebbe stato sopportato dai produttori stabiliti in uno Stato membro che avesse invece optato per il
regime previsto dall’art. 10 del detto regolamento.
165
Secondo una costante giurisprudenza, il divieto di discriminazione sancito dall’art. 40, n. 3, del Trattato CE è solo un’espressione
specifica del principio generale di uguaglianza che fa parte dei principi fondamentali del diritto comunitario. Questo principio
impone di non trattare in modo diverso situazioni analoghe, salvo che una differenza di trattamento sia obiettivamente giustificata
(sentenza della Corte 21 febbraio 1990, cause riunite da C‑267/88 a C‑285/88, Wuidart e a., Racc. pag. I‑435, punto 13).
166
Per quanto riguarda il sindacato giurisdizionale sulle condizioni di attuazione di tale divieto, occorre tuttavia ricordare
che il legislatore comunitario dispone in materia di politica agricola comune di un ampio potere discrezionale, corrispondente
alle responsabilità politiche che gli artt. 40 e 43 del Trattato CE (divenuti, rispettivamente, artt. 34 CE e 37 CE) gli attribuiscono
(sentenza Wuidart e a., cit., punto 14).
167
Nella fattispecie, emerge dalla finalità del menzionato regolamento che, qualunque sia il regime di versamento dell’aiuto
prescelto, quest’ultimo era effettivamente destinato ai produttori (v. supra, punto 142). Se è vero che, in forza dell’art. 9,
n. 2, del regolamento n. 2499/82, l’organismo d’intervento doveva versare l’aiuto al distillatore, ciò non toglie che tale
versamento era subordinato al pagamento, entro il termine prescritto al n. 1 dello stesso articolo, da parte del distillatore
al produttore, del prezzo minimo d’acquisto comprensivo dell’importo dell’aiuto. In tale sistema, il distillatore fungeva
in realtà da intermediario per quanto riguarda il pagamento dell’aiuto comunitario, che era compreso nel prezzo minimo di
acquisto garantito.
168
Alla luce di quanto sopra, il Tribunale ritiene che l’insussistenza di una garanzia di pagamento dell’aiuto comunitario ai
produttori interessati, nell’ambito del regime previsto dall’art. 9 del regolamento n. 2499/82, segnatamente in caso di fallimento
del distillatore, non faccia parte dei rischi commerciali normali inerenti all’esecuzione di contratti di consegna come quelli
conclusi nella fattispecie tra i distillatori e i produttori, e in particolare non sia riconducibile al rischio di inadempimento
dell’obbligazione di pagare il prezzo stipulato, in caso di insolvenza dell’acquirente.
169
In proposito è necessario rilevare che, dato il contesto normativo entro il quale si inscrivevano, i contratti tra distillatori
e produttori previsti dagli artt. 1, 3 e 4 del regolamento n. 2499/82 non devono essere considerati contratti commerciali
ordinari, in quanto il prezzo ivi stipulato comprendeva l’importo dell’aiuto comunitario. Infatti, prevedendo la concessione
di un aiuto del FEAOG, sezione «garanzia», a favore di una categoria di operatori economici determinata, alle precise condizioni
ivi definite, il regolamento n. 2499/82 escludeva in via di principio qualunque alea economica o commerciale attinente al
versamento dell’aiuto, ove ricorressero le relative condizioni di concessione.
170
In tale contesto, l’espressa menzione dell’importo dell’aiuto comunitario incluso nel prezzo minimo d’acquisto stipulato nei
contratti conclusi tra i produttori e i distillatori e approvati dall’organismo d’intervento conferma l’assenza, in via di
principio, di qualunque rischio di inadempimento in ordine al pagamento del prezzo fino a concorrenza dell’importo dell’aiuto.
Per contro, occorre sottolineare che la parte del prezzo minimo d’acquisto non coperta dall’aiuto comunitario restava soggetta
ai rischi insiti in qualunque contratto commerciale.
171
Tuttavia, in pratica, a causa dell’assenza di un sistema che garantisse il pagamento dell’aiuto ai produttori nell’ambito
del regime previsto dall’art. 9 del regolamento, segnatamente in caso di fallimento del distillatore, il versamento effettivo
dell’aiuto comunitario ai produttori restava anch’esso soggetto ad alee di natura puramente commerciale, tali da falsare le
condizioni di concessione dell’aiuto.
172
Orbene, la circostanza che il regime di aiuto alla distillazione fosse concepito in modo che le risorse finanziarie comunitarie
all’uopo previsti rischiavano di andare perdute nel rapporto commerciale interposto prima di raggiungere il loro beneficiario
è manifestamente contraria alla finalità del regime e al suo carattere pubblico. Se è vero che la cauzione, prevista in caso
di versamento dell’aiuto a titolo di anticipo, era idonea a salvaguardare, se del caso, gli interessi finanziari della Comunità,
ciò non toglie che, in circostanze come quelle della fattispecie, il regime è venuto meno in maniera flagrante ad una delle
sue finalità, vale a dire il miglioramento del reddito dei produttori interessati. In proposito occorre rilevare che l’argomento
della Commissione, secondo il quale è normale, nell’ambito della politica agricola comune, che il beneficiario giuridico di
un aiuto si situi a valle rispetto al beneficiario economico che è il produttore agricolo, non è idoneo a inficiare tale valutazione,
posto che l’opzione tra le procedure previste agli artt. 9 e 10 del regolamento non era affatto concepita al fine di permettere
agli Stati membri di scegliere a loro piacimento il beneficiario dell’aiuto, ma unicamente per agevolare l’adattamento delle
modalità di attuazione del sistema al proprio regime amministrativo (undicesimo ‘considerando’ del regolamento n. 2499/82).
173
Occorre pertanto rilevare che questa lacuna nel regolamento n. 2499/82 ha determinato una differenza di trattamento, a seconda
degli Stati membri, per quanto riguarda proprio la garanzia di versamento dell’aiuto comunitario ai produttori interessati,
quando invece tale aiuto era loro dovuto, in via di principio, ai sensi della normativa comunitaria applicabile.
174
Una disparità del genere sarebbe compatibile con il principio di non discriminazione soltanto se fosse obiettivamente giustificata
dalla diversità delle situazioni considerate. Orbene, occorre rilevare che ciò non avviene nel caso di specie. In particolare,
considerato che la differenza di trattamento censurata non attiene alle condizioni di concessione dell’aiuto alla distillazione
preventiva, bensì unicamente alle modalità amministrative di tale concessione, essa non può spiegarsi sulla scorta delle differenze
nella situazione dei produttori di vino o, più in generale, nella situazione dei settori vitivinicoli nei diversi Stati membri.
175
Inoltre, contrariamente alle allegazioni della Commissione, questa differenza di trattamento non si giustifica nemmeno sulla
base di considerazioni pratiche connesse alla necessità di tener conto dei diversi sistemi amministrativi nei vari Stati membri.
Infatti, il regime di versamento dell’aiuto dei produttori interessati per mezzo dei distillatori, previsto dall’art. 9 del
regolamento n. 2499/82, poteva perfettamente essere accompagnato da un meccanismo che assicurasse il pagamento dell’aiuto
ai produttori in caso di insolvenza del distillatore, senza che con ciò si pregiudicasse l’efficacia del regime. Spettava
pertanto alla Commissione adottare a tempo debito le misure che reputava appropriate per rimediare a tale lacuna del regolamento
menzionato. In proposito, l’argomento della Commissione secondo cui la disparità di trattamento allegata sarebbe giustificata
dal fatto che il regime di versamento dell’aiuto istituito dall’art. 10 del regolamento n. 2499/82 avrebbe imposto maggiori
vincoli di ordine amministrativo ai produttori interessati rispetto al regime previsto dall’art. 9 di tale regolamento non
è circostanziato né fondato. Le censure delle ricorrenti, infatti, non vertono sul principio in sé del versamento dell’aiuto
ai produttori per mezzo del distillatore, bensì sulla lacunosità di tale sistema, laddove non garantiva il versamento dell’aiuto
ai suoi effettivi beneficiari in caso di insolvenza del distillatore. Orbene, questa mancanza di garanzia era tale da privare
i produttori interessati, per ragioni estrinseche, dell’aiuto cui avevano diritto e non è pertanto assolutamente paragonabile
ai requisiti di natura meramente probatoria cui l’art. 10 del regolamento n. 2499/82 subordinava il versamento diretto dell’aiuto
ai produttori da parte dell’organismo d’intervento. Quanto all’argomento, dedotto dalla Commissione nelle sue risposte ai
quesiti scritti del Tribunale, secondo il quale i produttori interessati avrebbero sopportato, anche nell’ambito del regime
previsto dall’art. 10 del regolamento n. 2499/82, il rischio di non riscuotere l’aiuto comunitario qualora il distillatore
fosse venuto meno al suo obbligo di procedere alla distillazione del vino entro il termine prescritto, occorre rilevare che,
da un lato, un rischio del genere gravava sull’insieme dei produttori, qualunque fosse l’opzione scelta dagli Stati membri
interessati, e che, dall’altro, esso non ha alcun rapporto con il rischio connesso all’insolvenza del distillatore, l’unico
in discussione nella fattispecie, essendo pacifico che il vino consegnato dalle ricorrenti è stato distillato entro i termini
prescritti.
176
In tale contesto, la Commissione, omettendo, nella sistematica del regolamento n. 2499/82, di prevedere per il regime di versamento
dell’aiuto istituito dall’art. 9 di tale regolamento un meccanismo che garantisse il versamento dell’aiuto ai produttori interessati
in caso di insolvenza del distillatore, ha infranto in maniera grave e manifesta i limiti che si impongono al suo potere discrezionale.
Ne consegue che il regolamento n. 2499/82 è altresì viziato da una violazione sufficientemente caratterizzata del principio
di non discriminazione, che è preordinato a conferire diritti ai singoli (sentenza Dumortier e a./Consiglio, cit., punto 11).
177
Va peraltro respinta la tesi della Commissione secondo la quale le ricorrenti non avrebbero dimostrato l’esistenza di un nesso
di causalità tra il danno subìto a causa della mancata riscossione, totale o parziale, dell’aiuto e il comportamento di tale
istituzione, non avendo esse provato il nesso di causalità tra il mancato pagamento dell’aiuto da parte della DAI – che costituirebbe
secondo la Commissione l’evento dannoso – e il comportamento dell’istituzione. In proposito, è sufficiente rammentare che
le ricorrenti giustamente affermano che il danno da esse subìto, non contestato dalla Commissione, è stato cagionato dalla
mancata previsione, da parte di tale istituzione, di un meccanismo che garantisse il versamento dell’aiuto ai produttori interessati
in caso d’insolvenza del distillatore, nell’ambito del regime previsto dall’art. 9 del regolamento n. 2499/82 (v. supra, punti 111
e 112). Il mancato pagamento, totale o parziale, dell’aiuto de quo alle ricorrenti a seguito del fallimento della DAI risulta
infatti direttamente da tale lacuna del regolamento n. 2499/82. Ne consegue che l’esistenza di un nesso di causalità tra tale
danno e il comportamento addebitato alla Commissione è chiaramente dimostrata.
178
Alla luce di quanto precede, si deve concludere che ricorrono le condizioni per affermare la responsabilità della Comunità,
consistenti nell’illiceità del comportamento contestato, nell’effettività del danno e nel nesso di causalità tra tale comportamento
e il danno allegato.
179
Atteso che l’importo del danno subìto dalle ricorrenti non può essere determinato allo stato attuale del procedimento, visti
gli argomenti delle parti, occorre dichiarare, con sentenza interlocutoria, che la Commissione è tenuta a risarcire alle ricorrenti
il danno da esse subìto a causa del mancato pagamento, totale o parziale, della quota rappresentata dall’aiuto comunitario
– cui avevano diritto ai sensi del regolamento n. 2499/82 – nell’importo dei loro crediti rimasti insoluti nei confronti della
DAI.
180
Il Tribunale invita pertanto le parti a ricercare, alla luce della presente sentenza, un accordo sull’importo del risarcimento
del danno subìto, entro quattro mesi a decorrere dalla pronuncia della presente sentenza. In mancanza di accordo, le parti
presenteranno al Tribunale, entro lo stesso termine, le loro conclusioni espresse in cifre.
Sulle spese
181
Alla luce di quanto esposto al punto precedente, le spese sono riservate.
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)
dichiara e statuisce:
1)
La Commissione è tenuta a risarcire il danno subìto dalle ricorrenti a seguito del fallimento della Distilleria Agricola Industriale
di Terralba, a causa dell’insussistenza di un meccanismo idoneo a garantire – nell’ambito del regime istituito dall’art. 9
del regolamento (CEE) della Commissione 15 settembre 1982, n. 2499, che stabilisce le norme relative alla distillazione preventiva
per la campagna viticola 1982/1983 – il versamento ai produttori interessati dell’aiuto comunitario previsto da tale regolamento.
2)
Le parti comunicheranno al Tribunale, entro quattro mesi a decorrere dalla pronuncia della presente sentenza, l’importo del
risarcimento, espresso in cifre, stabilito di comune accordo.
3)
In mancanza di accordo, esse faranno pervenire al Tribunale, entro lo stesso termine, le loro conclusioni espresse in cifre.
Pirrung
Meij
Forwood
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 23 novembre 2004.
Il cancelliere
Il presidente
H. Jung
J. Pirrung
Indice
Contesto normativo
Fatti
Procedimento e conclusioni delle parti
In diritto
A – Sulla ricevibilità dei ricorsi di annullamento e per carenza
Argomenti delle parti
Giudizio del Tribunale
Sulla ricevibilità del ricorso di annullamento
Sulla ricevibilità del ricorso per carenza
B – Sul ricorso per risarcimento danni e sulla domanda di restituzione degli aiuti per arricchimento senza causa
Sulla ricevibilità della domanda di restituzione degli aiuti per arricchimento senza causa
Sulla ricevibilità del ricorso per risarcimento danni
Argomenti delle parti
Giudizio del Tribunale
1. Il motivo vertente sulla non imputabilità del comportamento contestato alla Commissione
2. Il motivo vertente sull’esistenza di efficaci rimedi giurisdizionali interni
3. Il motivo vertente sulla prescrizione dell’azione di responsabilità
Sulla fondatezza del ricorso per risarcimento danni