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Documento 61992CC0350

Návrhy generálneho advokáta - Jacobs - 9. marca 1995.
Španielské kráľovstvo proti Rade Európskej únie.
Žaloba o neplatnosť.
Vec C-350/92.

Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:1995:64

61992C0350

Conclusioni dell'avvocato generale Jacobs del 9 marzo 1995. - REGNO DI SPAGNA CONTRO CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA. - RICORSO D'ANNULLAMENTO - REGOLAMENTO (CEE) DEL CONSIGLIO 18 GIUGNO 1992, N. 1768, SULL'ISTITUZIONE DI UN CERTIFICATO PROTETTIVO COMPLEMENTARE PER I MEDICINALI. - CAUSA C-350/92.

raccolta della giurisprudenza 1995 pagina I-01985


Conclusioni dell avvocato generale


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1. Nel presente procedimento il Regno di Spagna chiede l'annullamento del regolamento (CEE) del Consiglio n. 1768/92 sull'istituzione di un certificato protettivo complementare per i medicinali (in prosieguo: il «regolamento») (1). Il regolamento estende la durata della protezione conferita dal brevetto a quei medicinali la cui immissione in commercio è subordinata a un'autorizzazione. Il Regno di Spagna sostiene in primo luogo che la Comunità non è competente in materia di brevetti e, in subordine, che il regolamento avrebbe potuto essere adottato solo sulla base dell'art. 235 del Trattato e non, come è stato fatto, sulla base dell'art.100a. La Repubblica greca è intervenuta a sostegno del Regno di Spagna; la Repubblica francese e la Commissione sono intervenute a sostegno del Consiglio.

Il regolamento

2. Dal preambolo del regolamento si presume che questo persegue numerosi obiettivi diversi. Nel preambolo si considera in primo luogo che lo sviluppo dei medicinali necessita di lunghe e costose ricerche, e che di conseguenza è necessario un livello di protezione sufficiente a incentivare tali ricerche. Ciò comporta un possibile rischio di trasferimento dei centri di ricerca verso i paesi terzi, con conseguente pregiudizio per lo sviluppo dei medicinali in Europa. Prima dell'adozione del regolamento, secondo il governo francese, le normative vigenti in Giappone e negli Stati Uniti offrivano una protezione migliore di quella delle normative della maggior parte degli Stati membri. Il problema risiede nel lasso di tempo che intercorre fra il deposito di una domanda di brevetto e l'autorizzazione di immissione in commercio, che fa sì che la protezione conferita effettivamente dal brevetto sia insufficiente ad ammortizzare gli investimenti effettuati nella ricerca.

3. Nel preambolo si indica anche che sarebbe opportuno prevedere una soluzione uniforme a livello comunitario, dal momento che le differenze tra le legislazioni nazionali rischiano di creare ostacoli alla libera circolazione dei medicinali, con incidenza diretta sull'istituzione e sul funzionamento del mercato interno. Ciò spiega la scelta dello strumento giuridico del regolamento, che è il più appropriato per introdurre norme concernenti:

«(...) la creazione di un certificato protettivo complementare per i medicinali la cui immissione in commercio sia stata autorizzata, il quale possa essere ottenuto dal titolare di un brevetto nazionale o europeo alle stesse condizioni in ciascuno Stato membro (...)».

4. L'art. 2 del regolamento dispone che questo si applica a:

«ogni prodotto protetto da un brevetto nel territorio di uno Stato membro e soggetto, in quanto medicinale, prima dell'immissione in commercio ad una procedura di autorizzazione amministrativa ai sensi della direttiva 65/65/CEE (2) o dalla direttiva 81/851/CEE (3) (...)».

5. L'art. 3 prevede le condizioni di rilascio del certificato, fra le quali: che nello Stato membro nel quale è presentata la domanda il prodotto sia protetto da un brevetto di base in vigore; che sia stata rilasciata un'autorizzazione in vigore di immissione in commercio (come definita all'art. 2); che il prodotto non sia già stata oggetto di un certificato; che l'autorizzazione di cui sopra sia la prima autorizzazione di immissione in commercio del prodotto in quanto medicinale.

6. L'oggetto della protezione conferita dal certificato è definito all'art. 4:

«Nei limiti della protezione conferita dal brevetto di base, la protezione conferita dal certificato riguarda il solo prodotto oggetto dell'autorizzazione di immissione in commercio del medicinale corrispondente, per qualsiasi impiego del prodotto in quanto medicinale, che sia stato autorizzato prima della scadenza del certificato».

Gli effetti del certificato sono specificati all'art. 5:

«Fatto salvo l'art. 4, il certificato conferisce gli stessi diritti che vengono attribuiti dal brevetto di base ed è soggetto alle stesse limitazioni e agli stessi obblighi».

L'art. 6 conferma che il diritto al certificato spetta solo al titolare del brevetto di base o al suo avente diritto.

7. L'art. 13 definisce la durata del certificato. Quest'ultimo ha efficacia a decorrere dal termine legale del brevetto di base ed è valido per un determinato periodo, calcolato con riferimento al periodo intercorso tra la data del deposito della domanda del brevetto di base e la data della prima autorizzazione di immissione in commercio nella Comunità: l'ultimo periodo, ridotto di cinque anni, corrisponde alla durata del certificato, che non può essere superiore a cinque anni.

8. Un esempio ipotetico (limitato a un singolo Stato membro) può illustrare il funzionamento del sistema. Supponiamo che nel 1990 sia stato chiesto il rilascio di un brevetto di base, valido fino al 2010. Se l'autorizzazione di immissione in commercio viene concessa nel 1997, il certificato avrà efficacia a partire dal 2010, per un periodo di sette meno cinque anni, e scadrà di conseguenza nel 2012.

9. Il regolamento prevede varie altre norme di carattere prevalentemente procedurale, e dunque di interesse limitato ai fini del presente procedimento.

La competenza della Comunità

10. Il Regno di Spagna sostiene che la Comunità non ha alcuna competenza in materia di brevetti. Ciò si desumerebbe dagli artt. 36 e 222 del Trattato, che opera una distinzione tra esistenza ed esercizio dei diritti in materia di proprietà intellettuale.

11. A questo proposito il Regno di Spagna richiama la sentenza Parke, Davis/Centrafarm (4), nella quale la Corte, nell'ambito degli artt. 85 e 86 del Trattato, ha operato una distinzione tra esistenza e esercizio dei diritti conferiti da un brevetto.

Analogamente, nella causa Deutsche Grammophon/Metro la Corte ha dichiarato che dall'art. 36 si evince chiaramente che (5):

«(...) Quantunque il Trattato faccia salva l'esistenza dei diritti attribuiti dalle leggi di uno Stato membro in materia di proprietà industriale e commerciale, l'esercizio di questi diritti può ciònondimeno ricadere sotto i divieti sanciti dal Trattato».

Il Regno di Spagna richiama inoltre l'attenzione su una frase contenuta in Consten e Grundig/Commissione (6):

«Gli artt. 36, 222 e 234 del Trattato, invocati dalla ricorrente, non ostano a che il diritto comunitario incida sull'esercizio dei diritti nazionali di proprietà industriale».

12. Il Regno di Spagna cita anche la sentenza Nold/Commissione, nella quale la Corte, riferendosi ai diritti di proprietà in generale, ha dichiarato (7):

«Nell'ordinamento giuridico comunitario, appare legittimo sottoporre tali diritti a taluni limiti giustificati dagli obiettivi di interesse generale perseguiti dalla Comunità, purché non resti lesa la sostanza dei diritti stessi».

13. Per finire, il Regno di Spagna trova conferma delle proprie tesi nella sentenza della Corte nella causa C-30/90, Commissione/Regno Unito, nella quale la Corte ha dichiarato (8):

«Nel stato attuale del diritto comunitario le disposizioni in materia di brevetti non sono state ancora oggetto di unificazione nell'ambito della Comunità o di ravvicinamento delle legislazioni. (...) Spetta pertanto al legislatore nazionale determinare i presupposti e le modalità della tutela conferita dal brevetto».

14. Dalla giurisprudenza citata il Regno di Spagna desume che la Comunità non è competente a disciplinare quella che il ricorrente chiama diritto sostanziale dei brevetti, ma può soltanto armonizzare gli aspetti attinenti all'esercizio dei diritti di proprietà industriale atti ad avere qualche influenza sulla realizzazione degli obiettivi generali del Trattato. Esso sostiene che l'adozione del regolamento eccede i limiti della competenza comunitaria, in quanto di fatto estende la durata della protezione conferita dal brevetto, che generalmente si considera parte del diritto sostanziale dei brevetti.

15. Secondo il Regno di Spagna, nell'ambito del diritto comunitario il diritto dei brevetti ha uno status diverso da quello degli altri diritti di proprietà intellettuale, come i marchi. Nel campo dei brevetti, la Comunità non era ancora intervenuta, e si afferma che il regolamento costituisce una grave violazione della sovranità degli Stati membri, che non hanno mai accettato un trasferimento di competenze alla Comunità in questo settore. Si sostiene inoltre che la Corte, nell'applicare il diritto comunitario, adotta un approccio molto più restrittivo in materia, per esempio, di marchi, di quanto non faccia in materia di brevetti, settore nel quale ha un atteggiamento più permissivo.

16. Nella replica al controricorso del Consiglio, il Regno di Spagna sottolinea anche che il Tribunale di primo grado ha constatato che allo stato del diritto comunitario, alla Comunità non sono state trasferite competenze in materia di proprietà intellettuale e commerciale (9). Questa osservazione era formulata nell'ambito della risposta del Tribunale agli argomenti riguardanti l'asserita inosservanza della Convenzione di Berna, cui la Comunità non aderisce.

17. La Repubblica greca, interveniente a sostegno del Regno di Spagna, condivide l'opinione secondo cui la Comunità non ha alcuna competenza in materia di brevetti. Essa tuttavia non espone ulteriori argomenti.

18. Gli argomenti del Regno di Spagna proprio non mi convincono. Ritengo che muovano da un'errata interpretazione della giurisprudenza della Corte, e da un'interpretazione mal costruita delle norme che definiscono la sfera della competenze comunitarie.

19. Anche se sembra che il Regno di Spagna consideri che la legislazione in materia di brevetti è un caso speciale, e che la competenza della Comunità può essere più ampia per altri diritti di proprietà intellettuale, la giurisprudenza da esso citata non si limita al diritto dei brevetti e nulla indica che essa non si applichi a tutti i diritti dello stesso tipo. Pertanto tale giurisprudenza, nei limiti in cui corrobora l'argomento dell'incompetenza comunitaria, si applica ad ogni atto che pregiudichi la sostanza del diritto della proprietà intellettuale. Questo significa a sua volta che anche molti altri atti comunitari sarebbero viziati da incompetenza. Mi limiterò ad un esempio: la direttiva del Consiglio 93/98/CEE armonizza la durata della protezione del diritto d'autore e di alcuni diritti connessi (10), il che, se l'opinione del Regno di Spagna è corretta, attiene alla sostanza del diritto d'autore, e perciò non rientra nelle competenze della Comunità.

20. La giurisprudenza citata dal Regno di Spagna, invero, non distingue tra esistenza dei diritti di proprietà intellettuale e loro esercizio. Essa lo fa, tuttavia, per quanto riguarda l'applicazione di norme sostanziali del Trattato, quali gli artt. 30, 36, 85 e 86, e non nella prospettiva di determinare l'ambito della competenza della Comunità ad armonizzare la legislazione nazionale, o a istituire nuove regole. Di questo tenore sono le sentenze Costen e Grundig/Commissione (11), Parke, Davis/Centrafarm (12), Deutsche Grammophon/Metro (13), Commissione/Regno Unito e Commissione/Italia (14) e si potrebbero citare diverse altre cause, molte delle quali sono menzionate nelle osservazioni della Commissione.

21. Come hanno giustamente sottolineato il Consiglio, la Commissione e il governo francese, la giurisprudenza della Corte non suggerisce affatto che la disciplina della materia del diritto della proprietà intellettuale non rientri nelle competenze della Comunità.

22. Nella causa Simmenthal/Ministro italiano delle Finanze, la Corte ha dichiarato molto chiaramente che l'art. 36 del Trattato (15):

«Non ha lo scopo di riservare talune materie alla competenza esclusiva degli Stati membri, ma ammette che le norme interne deroghino al principio della libera circolazione, nella misura in cui ciò sia e continui a essere giustificato per conseguire gli obiettivi contemplati da questo articolo».

Penso che non si possano confutare con maggiore chiarezza gli argomenti del Regno di Spagna, nella parte in cui si fondano sull'art. 36.

23. E' vero che la giurisprudenza Simmenthal riguarda soltanto l'art. 36 del Trattato, e non la competenza della Comunità in generale. Tuttavia, nel parere 15 novembre 1994, riguardante la competenza della Comunità a stipulare l'Accordo istitutivo dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (16) la Corte si è basata su argomenti più generali per affermare che la Comunità era incompetente in merito a taluni aspetti della legislazione sulla proprietà intellettuale. Alcuni Stati membri hanno invero sostenuto che le disposizioni dell'Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (Agreement on Trade-Related Aspects of Intellectual Property Rights - TRIPs) relative alle misure da adottare per garantire la protezione effettiva dei diritti di proprietà intellettuale - come quelle che assicurano un procedimento equo e giusto, le norme in materia di mezzi di prova, il diritto all'audizione, la motivazione delle decisioni, il diritto di appello, le sentenze arbitrali interinali e i risarcimenti - rientrano nelle competenze degli Stati membri. La Corte ha respinto tale argomento, anche qui in termini assai chiari (17):

«Questo argomento, ove con esso si intenda dire che tutte le predette questioni rientrano in una sorta di settore riservato agli Stati membri, non può essere accolto. La Comunità ha certamente competenza ad armonizzare le norme nazionali sui punti sopra ricordati, purché queste abbiano, per rifarsi all'espressione di cui al'art. 100a del Trattato, "un'incidenza diretta sull'instaurazione o sul funzionamento del mercato comune"».

24. Questa parte del parere, certo, non riguarda la «sostanza» di diritti di proprietà intellettuale, bensì questioni legate al modo per ottenerne il rispetto. A mio parere tuttavia il Parere 1/94 conferma autorevolmente l'opinione secondo cui, in via di principio, la Comunità può disciplinare tutti gli aspetti della disciplina sulla proprietà intellettuale, nei limiti in cui ciò sia necessario per il perseguimento di uno dei suoi obiettivi. La Corte non lo ha affermato esplicitamente, in quanto il punto era se la Comunità avesse competenza esclusiva (e non semplicemente competenza) per concludere l'accordo TRIPs (18). Ma essa ha dichiarato, in un diverso capitolo del Parere, che (19):

«(...) la Comunità dispone in materia di proprietà intellettuale di una competenza di armonizzazione delle legislazioni nazionali in forza degli artt. 100 e 100a, e può basarsi sull'art. 235 per creare titoli nuovi che si sovrappongono ai titoli nazionali, come ha disposto con il regolamento sul marchio comunitario [regolamento (CEE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU L 11 del 14 gennaio 1994, pag. 1)]».

25. La competenza legislativa della Comunità è stata inoltre confermata espressamente nella causa Ideal Standard (20), in cui la Corte doveva pronunciarsi sull'esistenza per gli Stati membri di un'obbligazione a introdurre una disciplina particolare sui marchi; la norma in questione, che avrebbe impedito la concessione di un marchio nazionale limitato soltanto a una parte della Comunità, riguardava semplicemente la sostanza del diritto. La Corte ha dichiarato:

«Spetta al legislatore comunitario prescrivere agli Stati un obbligo del genere mediante una direttiva emanata in forza dell'art. 100a del Trattato CE, dato che l'eliminazione degli ostacoli dovuti alla territorialità dei marchi nazionali è necessaria per l'instaurazione e il funzionamento del mercato interno, ovvero legiferando direttamente con regolamento emanato in forza della medesima disposizione».

Come osservato in precedenza, non vi è ragione di operare una distinzione, nell'ambito della competenza legislativa della Comunità, tra diritti attinenti al marchio e diritti in materia di brevetto.

26. Di conseguenza non si può affermare che la giurisprudenza della Corte confermi l'opinione del Regno di Spagna secondo cui la Comunità non ha competenza a disciplinare il diritto sostanziale dei brevetti. La conclusione è del tutto coerente con i principi che reggono la ripartizione delle competenze tra la Comunità e gli Stati membri. La Comunità può agire soltanto nei limiti delle competenze che le sono conferite e degli obiettivi che le sono assegnati dal Trattato (v. ora art. 3b del Trattato, aggiunto dal Trattato sull'Unione europea). La più significativa competenza comunitaria cui si pensa in relazione al presente procedimento è sicuramente quella contemplata dall'art. 100a del Trattato che riguarda l'instaurazione e il funzionamento del mercato interno. Mi riferirò nuovamente alla detta disposizione nel prossimo capitolo, in quanto essa è stata utilizzata - e proprio ciò si contesta - come base giuridica del regolamento in esame nel presente procedimento. Osserverò semplicemente in questa fase che l'applicazione dell'art. 100a porta generalmente ad atti di legislazione comunitaria che riguardano i settori più disparati del diritto nazionale, come la protezione dell'ambiente (21), della sanità pubblica, dei consumatori, e anche la tutela della proprietà intellettuale.

27. Non esiste una disposizione rilevante del Trattato che escluda espressamente la competenza legislativa della Comunità in questo settore. In effetti, esistono pochissime disposizioni del genere nel Trattato, la maggioranza delle quali, se non addirittura tutte, sono state aggiunte dal Trattato sull'Unione europea: si vedano per esempio l'art. 127, n. 4 (formazione professionale), l'art. 128, n. 5 (politica culturale), l'art. 129, n. 4 (sanità pubblica), che escludono tutti espressamente «qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri». Non vi sono tuttavia disposizioni analoghe per quanto riguarda la normativa in materia di brevetti, o di proprietà intellettuale in generale.

28. Il Regno di Spagna apparentemente sostiene che l'art. 222 del Trattato dovrebbe essere interpretato nel senso che esclude l'armonizzazione delle norme sostanziali in materia di proprietà intellettuale. Ci si ricorderà che l'art. 222 dispone che il Trattato «lascia del tutto impregiudicato il regime di proprietà esistente negli Stati membri». L'interpretazione di tale disposizione fatta dal Regno di Spagna è secondo me errata. Un argomento analogo era svolto dal governo del Regno Unito nella causa Commissione/Regno Unità (22), nella quale il predetto governo affermava (in ciò sostenuto dal Regno di Spagna) che l'obbligo di fabbricare il prodotto brevettato sul territorio nazionale faceva parte di un regime di proprietà (industriale) ai sensi dell'art. 222 del Trattato, che «le norme connesse all'esistenza stessa dei diritti di proprietà industriale rientrano nella sola competenza del legislatore nazionale» (23), e che pertanto l'art. 30 del Trattato non poteva incidere su tali norme. La Corte ha respinto quell'argomento nei seguenti termini (24):

«(...) le disposizioni del Trattato, e in particolare quelle dell'art. 222 (...), non possono essere interpretate nel senso che riservano al legislatore nazionale, in materia di proprietà industriale e commerciale, il potere di adottare provvedimenti lesivi del principio della libera circolazione delle merci all'interno del mercato comune come esso è contemplato e disciplinato dal Trattato».

E' vero che quel procedimento si riferiva all'applicazione delle norme sostanziali del Trattato al diritto nazionale in materia di brevetti, e non già all'ampiezza della competenza normativa della Comunità nel settore dei brevetti. Tuttavia questa differenza, ai fini del presente procedimento, mi sembra irrilevante. La Corte ha chiarito che l'argomento della competenza nazionale esclusiva per le materie coperte dall'art. 222 del Trattato non è corretto e non vedo perché la stessa conclusione non dovrebbe valere anche per l'esercizio della competenza comunitaria. Se è vero che l'art. 222 del Trattato non impedisce che talune norme nazionali «e in particolare quelle che impongono che i prodotti brevettati vengano prodotti sul territorio nazionale» siano considerate incompatibili con l'art. 30 del Trattato, e di conseguenza illegittime, non vedo in che modo esso possa impedire alla Comunità di esercitare le proprie competenze nel settore dei brevetti.

29. La maggior parte della dottrina sembra concordare sul fatto che l'art. 222 del Trattato esprime sostanzialmente la neutralità del Trattato nei confronti dei «regimi» nazionali della proprietà, ivi compresi i fenomeni quali la nazionalizzazione e la privatizzazione (25). A questo proposito, si può citare l'art. 83 del Trattato CECA:

«L'istituzione della Comunità non pregiudica in alcun modo il diritto di proprietà delle imprese soggette alle disposizioni del presente Trattato».

Nell'art. 222 non appare il riferimento alle imprese, forse perché il Trattato CE si applica anche alle persone fisiche. Ritengo tuttavia che entrambe le disposizioni esprimano un'idea analoga.

30. Nelle sue conclusioni nella causa Hauer/Land Rheinland-Pfalz, l'avvocato generale Capotorti ha esaminato l'art. 222 nell'ambito della relazione tra il diritto fondamentale alla proprietà privata e il diritto comunitario. E' infatti questo secondo me il contesto appropriato per l'applicazione dell'art. 222. L'avvocato generale ha ritenuto che (26):

«(...) le regola espressa nell'art. 222 del Trattato (...) impedisce di ritenere che la proprietà privata sia, nel diritto delle Comunità, più nettamente salvaguardata, o al contrario concepita in modo restrittivo: la verità è che - a parte i limiti esplicitamente posti da qualche dei Trattati, e soprattutto di quello istitutivo della CEEA - l'articolo citato conferma che i Trattati non hanno voluto imporre agli Stati membri o introdurre nell'ordinamento comunitario nessuna nuova concezione o regolamentazione della proprietà».

31. Si può anche osservare che il regolamento controverso non «pregiudica» il regime di proprietà esistente negli Stati membri: esso si limita ad estendere la protezione conferita dal brevetto ai medicinali soggetti ad un'autorizzazione di immissione in commercio. Lo fa per giunta soltanto per compensare la minore durata della protezione effettiva che deriva dall'esigenza di un'autorizzazione di immissione in commercio.

32. Il Consiglio sostiene che la questione della competenza della Comunità non può essere dissociata dalla questione se l'art. 100a costituisca la base giuridica appropriata per l'adozione del regolamento. Ciò è giustissimo, e se il Regno di Spagna non avesse sostenuto che, in via di principio, la Comunità non è competente ad adottare il regolamento controverso, mi sarei limitato ad affrontare la seconda questione, che mi accingo ad affrontare.

Il fondamento giuridico del regolamento

33. Il Regno di Spagna sostiene che il regolamento non può fondarsi legittimamente sull'art. 100a del Trattato, poiché non contribuisce all'instaurazione o al funzionamento del mercato interno e che, ammesso che si ritenga la Comunità competente, il regolamento avrebbe potuto essere adottato solo sulla base dell'art. 235.

34. Il Regno di Spagna asserisce che il regolamento, estendendo la durata della protezione conferita dal brevetto, estende contemporaneamente la compartimentazione del mercato interno, e non elimina le distorsioni della concorrenza, poiché rimarrà possibile invocare l'art. 36 del Trattato. Inoltre, poiché il certificato non può essere dissociato dal brevetto di base, che è disciplinato dalla normativa nazionale, la sua applicazione sarà diversa in ciascuno Stato membro. Una delle differenze di applicazione, secondo il Regno di Spagna, è la durata del brevetto, che dipende dalla data in cui è stata avviata la pratica per il rilascio del brevetto di base. Ne consegue che l'oggetto della protezione garantita dal certificato, come anche la sua durata, possono differire a seconda dello Stato membro.

35. Il Regno di Spagna fa anche riferimento a un giudizio attribuito al servizio giuridico del Consiglio, secondo cui la base giuridica appropriata del regolamento sarebbe l'art. 235 del Trattato. Il Consiglio chiede alla Corte di non prendere in considerazione tale argomento, non avendo il Consiglio autorizzato il Regno di Spagna a rendere pubblico il giudizio in esame, conformemente al proprio regolamento interno. Emerge che il parere espresso dal servizio giuridico del Consiglio si trova regolarmente allegato al verbale della riunione del Consiglio. Il regolamento interno del Consiglio dispone che, salve talune eccezioni, le deliberazioni del Consiglio sono sottoposte al segreto professionale, ma il Consiglio può autorizzare la produzione in giustizia di una copia o di un estratto dei suoi processi verbali (27). Sembra pacifico in ogni caso che, in mancanza di autorizzazione espressa da parte del Consiglio, i pareri espressi dal suo servizio giuridico non debbano essere portati in giudizio dinanzi alla Corte. Ciò arrecherebbe ovviamente pregiudizio all'interesse generale alla formulazione di pareri giuridici indipendenti (28). Nel presente procedimento il Regno di Spagna non ha prodotto alcun documento proveniente dal servizio giuridico del Consiglio, limitandosi a far riferimento nelle sue conclusioni ad una posizione attribuita al servizio giuridico. E' pacifico che si debba applicare lo stesso principio. Va pertanto chiarito che il parere che si sostiene il servizio giuridico del Consiglio abbia espresso deve essere ignorato.

36. Il Regno di Spagna aggiunge che il regolamento non contribuisce al raggiungimento degli obiettivi di cui all'art. 8a (ora 7a) del Trattato, e che in realtà è diretto soltanto a correggere le carenze rivelatesi nella protezione della ricerca farmaceutica. Il Regno di Spagna conclude che, se la Corte ammettesse la competenza della Comunità ad adottare tale legislazione, dichiarando in tal modo non necessario rivedere il Trattato per conferire alla Comunità tale competenza, il regolamento potrebbe essere adottato solo sulla base dell'art. 100 o dell'art. 235 del Trattato, in quanto le dette disposizioni non violano la sovranità nazionale, richiedendo l'unanimità del Consiglio.

37. Sembra evidente comunque che la scelta dell'art. 100 o dell'art. 235 del Trattato come base giuridica per l'adozione di un atto comunitario non dipende da considerazioni attinenti alla sovranità nazionale. La Corte ha coerentemente rilevato, come sottolinea il Consiglio, che (29):

«(...) Nell'ambito del sistema della ripartizione delle competenze comunitarie, la scelta del fondamento giuridico di un atto non può dipendere solo dal convincimento di un'istituzione circa lo scopo perseguito, ma deve basarsi su elementi oggettivi suscettibili di sindacato giurisdizionale».

Tra detti elementi figurano lo scopo e il contenuto dell'atto (30), ma non le considerazioni che attengono alla sovranità nazionale. Tali considerazioni possono determinare la ripartizione delle competenze tra la Comunità e gli Stati membri all'atto di modificare i Trattati; esse non possono comunque incidere sulla scelta del fondamento giuridico di uno specifico atto comunitario.

38. Nella causa Commissione/Consiglio, menzionata al punto precedente, la Corte ha anche dichiarato (31):

«Dalla stessa lettera dell'art. 235 si desume che il valersi di detta norma come base legale di un atto è ammesso solo quando nessun'altra disposizione del Trattato attribuisca alle istituzioni comunitarie la competenza necessaria per l'emanazione dell'atto stesso».

Di conseguenza il ricorso del Regno di Spagna può essere accolto soltanto qualora risulti dimostrato che l'art. 100a del Trattato non attribuisce la competenza ad adottare il regolamento di cui trattasi. E' vero che nel Parere 1/94 la Corte ha dichiarato, come citato in precedenza (32), che la Comunità dispone in materia di proprietà intellettuale di una competenza di armonizzazione delle legislazioni nazionali in forza degli artt. 100 e 100a, e può basarsi sull'art. 235 per creare titoli nuovi che si sovrappongono ai titoli nazionali, come ha disposto con il regolamento sul marchio comunitario (33). Tuttavia, il regolamento controverso in questo procedimento non crea titoli nuovi che si sovrappongono ai titoli nazionali; non era dunque necessario far ricorso all'art. 235.

39. Il Regno di Spagna fa anche riferimento all'art. 100 del Trattato, ma tale articolo autorizza semplicemente il Consiglio a emanare direttive, e non regolamenti, come è stato ritenuto opportuno fare in questo caso nell'intento di ottenere l'uniformità. Il Regno di Spagna non sembra contestare la scelta del regolamento, e non svolge alcun argomento salvo quelli attinenti alla sovranità nazionale, per preferire l'art. 100.

40. Il Consiglio difende la scelta dell'art. 100a. Tale articolo consente alla Comunità di adottare «le misure relative al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri che hanno per oggetto l'instaurazione e il funzionamento del mercato interno». Tali misure dovrebbero mirare al raggiungimento degli obiettivi di cui all'art. 8a del Trattato (ora 7a). Va pertanto verificato: 1) se il regolamento sia una misura relativa al ravvicinamento; 2) se il regolamento abbia per oggetto l'instaurazione e il funzionamento del mercato interno; 3) se il regolamento persegua gli obiettivi dell'art. 8a.

41. Sul primo punto, il Consiglio ricorda che prima dell'adozione del regolamento due Stati membri, Francia e Italia, avevano istituito un certificato complementare per i medicinali, e in un altro Stato membro, Belgio, vi era una proposta in tal senso. Quindi il regolamento, introducendo condizioni uniformi per la concessione di tale certificato, ivi compresa una durata uniforme della protezione accordata, opera un ravvicinamento delle legislazioni nazionali, esistenti o in progetto.

42. Sul secondo punto, il Consiglio fa riferimento alle condizioni di concorrenza nel mercato dei prodotti farmaceutici. Esso cita la causa C-300/89, Commissione/Consiglio, in cui la Corte ha dichiarato (34):

«Per l'attuazione delle libertà fondamentali sancite dall'art. 8a, le disparità tra gli ordinamenti giuridici degli Stati membri richiedono misure di armonizzazione nei settori ove sussiste il rischio che dette disparità creino o mantengano in essere condizioni di concorrenza falsate. Per questo motivo, l'art. 100a attribuisce alla Comunità competenza ad adottare, secondo il procedimento che lo stesso articolo contempla, le misure relative al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri».

Secondo il Consiglio, non si può negare che un certificato complementare abbia un impatto sulle condizioni di concorrenza. Ogni disparità nella concessione di tale certificato è in grado di falsare la concorrenza nel mercato interno se si tiene conto dei noti effetti della tutela conferita dal brevetto sulla concorrenza nel mercato dei prodotti di cui trattasi. Il Consiglio aggiunge che, dal momento che il certificato tutela taluni prodotti, esso in ultima analisi favorisce anche la loro libera circolazione.

43. Muovendo da tali considerazioni il Consiglio sostiene che il regolamento chiaramente contribuisce al perseguimento degli obiettivi dell'art. 8a(ora art. 7a) del Trattato (terzo punto).

44. Questa ragionamento mi sembra convincente, e non è necessario aggiungere molto altro. Spenderò semplicemente qualche parola sull'argomento del Regno di Spagna secondo il quale il regolamento, estendendo la protezione conferita dal brevetto a taluni prodotti, secondo modalità che possono variare da Stato membro a Stato membro, non contribuisce alla libera circolazione delle merci, ma, al contrario, rischia di ostacolarla. Ritengo che anche questo argomento sia mal posto. E' certamente vero che il regolamento non comporta un'armonizzazione completa della protezione conferita dal brevetto ai medicinali; esso non raggiunge neppure la completa armonizzazione della protezione estesa garantita dal certificato complementare, dal momento che tale protezione viene determinata dal diritto nazionale in materia di brevetti. La completa armonizzazione, e l'assoluta libertà di circolazione dei prodotti brevettati può essere raggiunta soltanto istituendo una normativa uniforme in materia di brevetti che sostituisca i regimi di brevetto nazionali, come sottolinea la Commissione. In questa fase dell'integrazione europea, tuttavia, ciò non sembra possibile. Nondimeno il regolamento raggiunge un certo grado di uniformità, nei limiti in cui introduce regole uniformi sulla tutela complementare. I problemi che derivano dalla disparità delle normative nazionali per quanto riguarda i diritti di proprietà intellettuale secondo la normativa dei diversi Stati membri sono illustrati da casi come EMI Electrola/Patricia Im- une Export & Altri (35). Uno degli effetti del certificato istituito dal regolamento, probabilmente il più significativo, è che la tutela conferita dal brevetto nel caso di prodotti coperti dal certificato terminerà nello stesso istante in tutti gli Stati membri in cui il certificato è stato concesso, anche se la domanda di registrazione del brevetto di base è stata presentata in anni diversi. Un esempio può chiarificare questo punto. Supponiamo sia stata presentata una domanda di brevetto nello Stato membro A nel 1990, e nello Stato membro B nel 1991, la cui protezione vale rispettivamente fino al 2010 e fino al 2011. L'autorizzazione di immissione in commercio del prodotto è stata concessa per la prima volta nello Stato membro C nel 1998. In base a questi dati la durata del certificato va calcolata come segue. Nello Stato membro A la durata è di otto (1990/1998) meno cinque anni, e il certificato entra in vigore nel 2010 e scade nel 2013. Nello Stato membro B la durata è di sette (1991/1998) meno cinque anni, e il certificato entra in vigore nel 2011 e, anche in questo caso, scade nel 2013.

45. Una situazione del genere ovviamente contribuisce alla libera circolazione delle merci brevettate più della situazione vigente prima dell'adozione del regolamento, nella quale in alcuni Stati membri esisteva una protezione estesa e in altri non ve n'era alcuna (36). Inoltre, le misure emanate sulla base dell'art. 100a del Trattato non devono contribuire in maniera diretta alla libera circolazione delle merci. Nella citata causa Commissione/Consiglio, la Corte ha dichiarato che una direttiva che impone obblighi in materia di trattamento dei rifiuti dell'industria del biossido di titanio avrebbe dovuto essere adottata sulla base dell'art. 100a del Trattato (37) nonostante il fatto che difficilmente si poteva considerare che tale direttiva contribuisse direttamente alla libera circolazione dei rifiuti o delle merci che li avevano originati.

46. Il Regno di Spagna asserisce infine che il vero obiettivo del regolamento è migliorare la posizione concorrenziale delle società farmaceutiche comunitarie nei mercati mondiali. Tale obiettivo, che sembra sotteso al regolamento, può essere considerato un obiettivo di politica industriale. Non vedo perché ciò non dovrebbe essere consentito. Si può sostenere che considerazioni analoghe sottendono tutto il programma relativo al mercato interno, come è stato concepito nel 1985, e si è spesso affermato che la concorrenza nei mercati mondiali è alla base di tale programma. Vorrei anche sottolineare che, anche se questo atto risale a prima dell'entrata in vigore del Trattato sull'Unione europea, il Trattato CE nella versione attuale contiene un titolo sull'industria, secondo il quale l'azione della Comunità e degli Stati membri dev'essere intesa anche a «favorire un migliore sfruttamento del potenziale industriale delle politiche di innovazione, di ricerca e di sviluppo tecnologico» (art. 130, n. 1). Nell'art. 130, n. 3, si dichiara poi che la Comunità «contribuisce alla realizzazione degli obiettivi di cui al paragrafo 1 attraverso politiche e azioni da essa attuate ai sensi di altre disposizioni del presente Trattato». Non ho dubbi sul fatto che siffatte considerazioni, ora sancite esplicitamente, potessero guidare l'azione della Comunità anche prima dell'entrata in vigore del Trattato sull'Unione europea.

Conclusioni

47. Concludo per il rigetto del ricorso del governo spagnolo. Il Regno di Spagna di conseguenza va condannato a rifondere le spese sostenute dal Consiglio, ai sensi dell'art. 69, § 2, del regolamento di procedura. Tuttavia, ai sensi dell'art. 69, § 4, del medesimo regolamento, il governo francese, il governo greco e la Commissione, intervenienti, dovranno sopportare le spese da essi sostenute.

48. Di conseguenza ritengo che la Corte debba:

1) respingere il ricorso;

2) ingiungere al Regno di Spagna di rifondere le spese sostenute dal Consiglio; e

3) disporre che le spese sostenute, rispettivamente, dal governo francese, dal governo greco e dalla Commissione rimangano a loro carico.

Ac

(1) - GU L 182 del 2 luglio 1992, pag. 1.

(2) - GU n. 22 del 9.12.1965, come modificata, da ultimo dalla direttiva 89/341/CEE (GU L 142, pag. 11).

(3) - GU L 317 del 6.11.1981, pag. 1, come modificata, da ultimo dalla direttiva 90/676/CEE, GU L 373, pag. 15.

(4) - Causa 24/97 (Racc. 1968, pag. 75).

(5) - Causa 78/70 (Racc. 1971, pag. 487).

(6) - Cause riunite 56 e 58/64 (Racc. 1966, pag. 457).

(7) - Causa 4/73 (Racc. 1974, pag. 491, punto 14).

(8) - (Racc. 1992, pag. I-829, punti 16 e 17). V. anche punti 12 e 13 della sentenza della Corte nella causa C-235/89, Commissione/Repubblica italiana (Racc. 1992, pag. I-777), sostanzialmente identici.

(9) - Causa T-69/89, RTE/Commissione (Racc. pag. II-485, punto 102). V. anche causa T-70/89, BBC/Commissione (Racc. 1991, pag. II-535, punto 76). Si è soliti riferirsi a tali cause come alle cause «Magill».

(10) - GU L 290 del 24 novembre 1993, pag. 9.

(11) - Già citata in nota 6.

(12) - Già citata in nota 4.

(13) - Già citata in nota 5.

(14) - Già citate in nota 8.

(15) - Causa 35/76 (Racc. 1976, pag. 1871, punto 24). V. anche causa 5/77, Tedeschi/Denkavit (Racc. 1977, pag. 1555, punto 34); causa 153/78, Commissione/Germania (Racc. 1979, pag<"NOTE", Font = F2, Top Margin = 0.000 inches, Tab Origin = Column> 2555, punto 5).

(16) - Parere 1/94.

(17) - V. punto 104 del Parere.

(18) - V. anche punto 14 del Parere.

(19) - V. punto 59.

(20) - Causa C-9/93, IHT Internationale Heitztechnik/Ideal Standard (Racc. 1994, pag. I-2789, punto 58).

(21) - Confermato dalla Corte nella causa C-300/89, Commissione/Consiglio (Racc. 1991, pag. I-2867).

(22) - Già citata in nota 8.

(23) - V. relazione d'udienza (Racc. 1992, pag. I-843).

(24) - V. punto 18; v. anche punti 8 e 9 delle conclusioni dell'avvocato generale Van Gerven.

(25) - Mégret, Le droit de la CEE, Vol. 15, Bruxelles, 1987, pag. 421; Groeben, Thiesing, Ehlermann, Kommentar zum EWG, Baden-Baden, 1991, pagg. 5577-5578; Smit e Herzog, The Law of the European Economic Community, New-York, pagg. 6-216.61; Grabitz, Kommentar zum EWG-Vertrag, Muenchen, capitolo sull'art. 222.

(26) - Causa 44/79 (Racc. 1979, pag. 3727, punto 7 delle conclusioni).

(27) - All'epoca dei fatti, regolamento interno adottato dal Consiglio il 24 luglio 1979 (79/868/CECA, CEE, Euratom), GU L 268 del 25 ottobre 1979, pag. 1, art. 18; v. ora decisione del Consiglio 6 dicembre 1993, 93/662/CEE, relativa all'adozione del suo regolamento interno, GU L 304 del 10 dicembre 1993, pag. 1, art. 5.

(28) - Si confronti la causa 155/79, AM & S/Commissione (Racc. 1982, pag. 1575, punti 18 e seguenti).

(29) - Causa 45/86, Commissione/Consiglio (Racc. 197, pag. 1493, punto 11). V. anche causa C-300/89, già citata in nota 21 (punto 10).

(30) - Causa C-300/89, già citata in nota 21 (punto 10).

(31) - Causa 45/86, già citata in nota 29 (punto 13).

(32) - V. nota 19.

(33) - Già citata, al punto 24.

(34) - Già citata in nota 21 (punto 15).

(35) - Causa 341/87 (Racc. 1989, pag. 79, punto 10).

(36) - EMI Electrola, già citata in nota 35.

(37) - V. supra, punto 42.

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