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Document 61992TJ0102
Judgment of the Court of First Instance (First Chamber) of 12 January 1995. # VIHO Europe BV v Commission of the European Communities. # Competition - Complaints - Rejection - Agreements, decisions and concerted practices - Groups of companies - Article 85 (1) of the Treaty. # Case T-102/92.
Sentenza del Tribunale di primo grado (Prima Sezione) del 12 gennaio 1995.
Viho Europe BV contro Commissione delle Comunità europee.
Concorrenza - Denuncia - Rigetto - Accordi - Gruppi di imprese - Art. 85, n. 1, del Trattato.
Causa T-102/92.
Sentenza del Tribunale di primo grado (Prima Sezione) del 12 gennaio 1995.
Viho Europe BV contro Commissione delle Comunità europee.
Concorrenza - Denuncia - Rigetto - Accordi - Gruppi di imprese - Art. 85, n. 1, del Trattato.
Causa T-102/92.
Raccolta della Giurisprudenza 1995 II-00017
ECLI identifier: ECLI:EU:T:1995:3
SENTENZA DEL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO (PRIMA SEZIONE) DEL 12 GENNAIO 1995. - VIHO EUROPE BV CONTRO COMMISSIONE DELLE COMUNITA EUROPEE. - CONCORRENZA - DENUNCIA - RIGETTO - ACCORDI - GRUPPI DI IMPRESE - ART. 85, N. 1, DEL TRATTATO. - CAUSA T-102/92.
raccolta della giurisprudenza 1995 pagina II-00017
Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo
++++
1. Ricorso d' annullamento ° Competenza del giudice comunitario ° Ingiunzione nei confronti di un' istituzione ° Inammissibilità
(Trattato CE, art. 173)
2. Concorrenza ° Intese ° Accordi tra imprese ° Nozione ° Accordi tra società madre e società affiliate prive di autonomia ° Esclusione
(Trattato CE, art. 85, n. 1)
3. Procedura ° Ricorso ° Requisiti di forma ° Esposizione sommaria dei motivi dedotti
[Statuto (CEE) della Corte di giustizia, art. 19, primo comma; regolamento di procedura del Tribunale, art. 44, n. 1]
4. Atti delle istituzioni ° Motivazione ° Obbligo ° Portata ° Decisione d' applicazione delle norme sulla concorrenza
(Trattato CE, art. 190)
1. Il giudice comunitario non è competente, nell' ambito di un ricorso di annullamento ex art. 173 del Trattato, ad emanare ingiunzioni nei confronti delle istituzioni comunitarie.
2. Nell' ipotesi in cui la filiale, ancorché munita di personalità giuridica distinta, non determini in modo autonomo la propria condotta sul mercato, bensì applichi le istruzioni impartitele, direttamente o indirettamente, dalla società madre che la controlla al 100%, i divieti sanciti dall' art. 85, n. 1, del Trattato non possono essere applicati alle relazioni tra la filiale e la società madre con cui essa formi una unità economica. La condotta attuata unilateralmente sul mercato da una siffatta unità economica, ancorché consista nel vietare alle filiali di effettuare consegne di prodotti ai clienti stabiliti in Stati membri diversi da quello in cui sia situata la filiale, non può ricadere nella sfera d' applicazione dell' art. 85 ed essere sanzionata a termini di tale disposizione, senza sviare la disposizione stessa dalla sua funzione.
3. Il ricorso deve contenere un' esposizione sommaria dei motivi dedotti. Ciò significa che esso deve chiarire il motivo sul quale il ricorso stesso si basa, di modo che la semplice enunciazione astratta dei motivi non risponde alle prescrizioni dello Statuto della Corte e del regolamento di procedura del Tribunale.
4. La motivazione di una decisione che arreca pregiudizio deve consentire all' interessato di prendere conoscenza delle ragioni del provvedimento adottato, al fine di poter fare eventualmente valere i propri diritti e di verificare la fondatezza o meno della decisione, e al giudice comunitario di esercitare il proprio controllo.
La Commissione, nella motivazione delle decisioni che essa adotta al fine di garantire il rispetto delle norme sulla concorrenza, non è obbligata a prendere posizione su tutti gli argomenti che gli interessati fanno valere a sostegno della loro domanda. E' sufficiente che la Commissione esponga i fatti e le considerazioni giuridiche che hanno un ruolo essenziale nell' adozione della decisione.
Nella causa T-102/92,
Viho Europe BV, società di diritto olandese, con sede a Maastricht (Paesi Bassi), rappresentata dall' avv. Werner Kleinmann, del foro di Stoccarda, con domicilio eletto a Lussemburgo presso lo studio degli avvocati Dupong e associati, 14 A, rue des Bains,
ricorrente,
contro
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai signori Bernd Langeheine e Berend Jan Drijber, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti, assistiti dall' avv. H.J. Freund, del foro di Francoforte sul Meno, con domicilio eletto a Lussemburgo presso il signor Georgios Kremlis, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,
convenuta,
sostenuta da
Parker Pen Ltd, società di diritto inglese, con sede a Newhaven (Regno Unito), rappresentata dall' avv. Carla Hamburger, del foro di Amsterdam, con domicilio eletto a Lussemburgo presso lo studio dell' avv. Marc Loesch, 11, rue Goethe,
interveniente,
avente ad oggetto l' annullamento della decisione della Commissione 30 settembre 1992 con cui è stata respinta la denuncia presentata dalla Viho Europe BV diretta ad ottenere la declaratoria di violazione dell' art. 85, n. 1, del Trattato CEE da parte della Parker Pen Ltd e delle sue filiali (decisione IV/32.725 ° Viho/Parker Pen II),
IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Prima Sezione),
composto dai signori R. Schintgen, presidente, R. García-Valdecasas, H. Kirschner, B. Vesterdorf e C.W. Bellamy, giudici,
cancelliere: H. Jung
vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 3 maggio 1994,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Fatti e procedimento
1 La ricorrente, la società di diritto olandese Viho Europe BV (in prosieguo: la "Viho"), svolge attività nell' ambito del commercio di articoli di cancelleria consistente in vendita all' ingrosso, importazione ed esportazione.
2 La API SpA (in prosieguo: la "API"), società di diritto italiano, vende materiale di cancelleria e dispone di una rete di distribuzione collocata principalmente in Italia. Essa distribuisce in Italia dal 1949 i prodotti fabbricati dalla Parker Pen Ltd.
3 La Herlitz AG (in prosieguo: la "Herlitz"), società di diritto tedesco, produce una larga gamma di articoli di cancelleria e di prodotti connessi ed è anche distributrice di prodotti di altre case, in particolare dei prodotti fabbricati dalla Parker Pen Ltd.
4 La Parker Pen Ltd (in prosieguo: la "Parker"), società di diritto inglese, produce un' ampia gamma di penne e di altri articoli simili che vende in tutta Europa avvalendosi della intermediazione di filiali o di distributori indipendenti. La vendita e lo smercio dei prodotti Parker attraverso la rete delle filiali, nonché la politica delle filiali sotto il profilo della gestione del personale sono affidate ad un ufficio regionale composto da tre direttori, vale a dire un direttore di zona, un direttore finanziario, e un direttore di marketing. Il direttore di zona è membro del consiglio di amministrazione della società madre.
5 Dopo aver inutilmente tentato di avviare relazioni commerciali con la Parker e di ottenere i prodotti Parker a condizioni equivalenti a quelle applicate alle filiali e ai distributori indipendenti della Parker medesima, la Viho presentava, in data 19 maggio 1988, una denuncia ai sensi dell' art. 3 del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d' applicazione degli artt. 85 e 86 del Trattato (GU 1962, n. 13, pag. 204; in prosieguo: il "regolamento n. 17"), in cui contestava alla Parker il fatto di vietare ai suoi distributori l' esportazione dei suoi prodotti, di suddividere il mercato comune in mercati nazionali degli Stati membri e di mantenere sui mercati nazionali prezzi per i prodotti Parker artificiosamente elevati.
6 A seguito di tale denuncia, la Commissione avviava un procedimento amministrativo vertente sulla verifica degli accordi conclusi tra la Parker e i propri distributori indipendenti.
7 Il 22 maggio 1991 la Viho presentava nei confronti della Parker una nuova denuncia, registrata presso la Commissione il 29 maggio seguente, in cui sosteneva che la politica di distribuzione attuata dalla Parker, consistente nell' obbligare le proprie filiali a limitare la distribuzione dei prodotti Parker a territori determinati, costituiva violazione dell' art. 85, n. 1, del Trattato CEE (divenuto Trattato CE, in prosieguo: il "Trattato").
8 A seguito delle osservazioni presentate dalla Parker il 16 aprile e il 31 maggio 1991 in risposta agli addebiti contestatile dalla Commissione il 21 gennaio 1991 nell' ambito dell' istruttoria vertente sugli accordi conclusi tra la stessa Parker e i propri distributori indipendenti, aveva luogo a Bruxelles il 4 giugno 1991 un' udienza alla quale partecipavano i rappresentanti della Viho, dell' API, della Herlitz e della Parker.
9 Nelle osservazioni supplementari presentate il 21 giugno 1991, la Parker, su richiesta della Commissione, ammetteva che, all' interno del proprio gruppo, le richieste di forniture provenienti da clienti locali vengono rinviate alle filiali locali della Parker stessa, atteso che queste ultime si trovano nelle migliori condizioni per potervi rispondere. Per tale motivo, la Viho, società olandese, dopo aver fatto richiesta di forniture presso la filiale tedesca della Parker, sarebbe stata rinviata da quest' ultima alla filiale olandese, incaricata di provvedere alle forniture richieste.
10 Il 5 marzo 1992 la Commissione informava la Viho che, ai sensi dell' art. 6 del regolamento della Commissione 25 luglio 1963, n. 99/63/CEE, relativo alle audizioni previste all' art. 19, nn. 1 e 2, del regolamento n. 17 del Consiglio (GU 1963, n. 127, pag. 2268), essa intendeva respingere la denuncia del 22 maggio 1991 in base al rilievo che le filiali della Parker apparivano totalmente dipendenti dalla Parker Pen UK e che esse non godevano di alcuna reale autonomia. Considerato che il sistema di distribuzione attuato dalla Parker non esulava dai limiti tracciati dalla giurisprudenza della Corte per escludere l' applicazione dell' art. 85, n. 1, del Trattato, la Commissione dichiarava di non ravvisare alcun elemento nel detto sistema di distribuzione che andasse al di là di una normale ripartizione dei compiti all' interno di un gruppo di imprese. Essa faceva inoltre presente che una diversa eventuale conclusione era subordinata alla previa effettuazione di nuove inchieste e di nuove indagini.
11 Nelle osservazioni rivolte alla Commissione il 6 aprile 1992, la Viho contestava che la politica di rinvio attuata dal gruppo Parker, laddove essa priva i terzi della libertà di approvvigionarsi secondo le proprie preferenze all' interno del mercato comune e laddove viene loro imposto di approvvigionarsi esclusivamente presso la filiale del luogo del loro stabilimento, possa costituire un atto puramente interno. Se nulla vieta che un gruppo possa liberamente organizzare la propria distribuzione affidando ad una filiale la distribuzione dei propri prodotti in uno Stato membro, non si potrebbe tuttavia costringere gli acquirenti, senza incorrere in un comportamento illecito, ad approvvigionarsi esclusivamente presso una determinata filiale.
12 Il 15 luglio 1992 la Commissione, rispondendo alla denuncia presentata dalla Viho il 19 maggio 1988, emanava la decisione 92/426/CEE, relativa ad un procedimento in forza dell' art. 85 del Trattato CEE (IV/32.725 ° Viho/Parker Pen; GU L 233, pag. 27), in cui, da un lato, rilevava che la Parker e la Herlitz, includendo il divieto di esportazione in un accordo tra di esse stipulato, avevano violato l' art. 85, n. 1, del Trattato e, dall' altro, infliggeva alla Parker un' ammenda pari a 700 000 ECU e alla Herlitz un' ammenda pari a 40 000 ECU. I ricorsi proposti dalla Herlitz e dalla Parker, rispettivamente il 16 e il 24 settembre 1992, avverso tale decisione sono oggetto delle due sentenze pronunciate dal Tribunale il 14 luglio 1994, Herlitz/Commissione e Parker/Commissione (rispettivamente cause T-66/92 e T-77/92, Racc. pag. II-531 e pag. II-549), passate nel frattempo in giudicato.
La decisione impugnata
13 Il 30 settembre 1992 la Commissione respingeva la denuncia della Viho del 22 maggio 1991. In tale decisione la Commissione dichiarava che il sistema di distribuzione integrata istituito dalla Parker al fine di garantire la vendita dei propri prodotti in Germania, Francia, Belgio, Spagna e Paesi Bassi, per mezzo di filiali stabilite in tali paesi, rispondeva a quei requisiti fissati dalla Corte in presenza dei quali deve essere esclusa l' applicazione dell' art. 85, n. 1, del Trattato, in base al rilievo che "le filiali e la società madre costituiscono un' unica entità economica in cui le filiali non possono stabilire autonomamente la propria condotta sul mercato" e che "l' attribuzione di un' area di vendita determinata ad ognuna delle filiali della Parker non oltrepassa i limiti di quanto è normalmente considerato come indispensabile per assicurare una corretta distribuzione delle funzioni all' interno di un gruppo". La Commissione riteneva inoltre che la Parker potesse legittimamente negare alla Viho prezzi e condizioni analoghi a quelli riconosciuti ai propri distributori indipendenti senza che ciò comportasse la violazione del divieto di accordi.
14 Ciò premesso, con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 30 novembre 1992, la Viho proponeva il presente ricorso.
15 Con lettera 21 aprile 1993, la ricorrente, che non aveva provveduto a presentare la replica nel termine impartito dal Tribunale, chiedeva la fissazione di un nuovo termine ai fini del deposito della relativa memoria.
16 Con ordinanza 12 maggio 1993 del Tribunale veniva disposta la riapertura della fase scritta del procedimento.
17 Con ordinanza 16 settembre 1993 veniva autorizzato l' intervento della Parker a sostegno della Commissione.
18 Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Prima Sezione) decideva di passare alla fase orale senza procedere ad istruttoria.
19 All' udienza del 3 maggio 1994 le parti svolgevano le proprie difese orali e rispondevano ai quesiti del Tribunale.
Conclusioni delle parti
20 La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:
1) annullare la decisione della Commissione 30 settembre 1992;
2) ingiungere alla Commissione di vietare alla Parker, da un lato, di obbligare le proprie filiali situate nei vari Stati membri della Comunità a limitare la vendita dei prodotti Parker al territorio loro assegnato e, dall' altro, di obbligare le filiali medesime a rinviare le richieste di informazioni ai fini di approvvigionamenti o gli ordini provenienti da clienti stabiliti in altri Stati membri alla filiale della Parker situata nello Stato di origine del cliente;
3) ingiungere alla Commissione di obbligare la Parker a fornire i propri prodotti alla ricorrente ai prezzi e alle condizioni applicati ai propri distributori esclusivi indipendenti ovvero alle proprie filiali nei vari Stati membri della Comunità.
21 All' udienza il rappresentante della ricorrente chiedeva la condanna della convenuta alle spese del procedimento.
22 La convenuta conclude che il Tribunale voglia:
1) respingere il ricorso;
2) condannare la ricorrente alle spese del giudizio.
23 La Parker, parte interveniente, conclude che il Tribunale voglia:
1) respingere il ricorso perché irricevibile ovvero infondato;
2) condannare la ricorrente alle spese dell' intervento.
Sulla ricevibilità
Esposizione sommaria degli argomenti delle parti
24 La convenuta solleva eccezione di irricevibilità sulla base del rilievo che il secondo ed il terzo capo delle conclusioni indicate nel ricorso sono volte ad ottenere che il Tribunale ingiunga alla Commissione di vietare alla Parker di limitare l' attività commerciale delle proprie filiali ai mercati nazionali loro assegnati e di obbligare la Parker ad approvvigionare la ricorrente alle stesse condizioni ed agli stessi prezzi praticati nei confronti dei propri distributori esclusivi indipendenti o delle proprie filiali.
25 Richiamandosi alla giurisprudenza della Corte e del Tribunale (v. sentenza della Corte 24 giugno 1986, causa 53/85, AKZO/Commissione, Racc. pag. 1965, punto 23, e sentenza del Tribunale 18 novembre 1992, causa T-16/91, Rendo e a./Commissione, Racc. pag. II-2417, punto 77), la convenuta fa valere che il Tribunale non è competente ad emanare simili ingiunzioni in sede di sindacato di legittimità ai sensi dell' art. 173 del Trattato, essendo in ogni caso la Commissione obbligata, nell' ipotesi di annullamento della decisione impugnata, ad adottare i provvedimenti ex art. 176 del Trattato che l' esecuzione della sentenza comporta.
26 La ricorrente, che ricorda di aver chiesto espressamente nel ricorso l' annullamento della decisione impugnata, afferma la ricevibilità di tutte le proprie domande sulla base del rilievo che i provvedimenti di cui essa ha chiesto l' emanazione alla Commissione sono legittimi e non costituiscono una decisione rientrante nella sfera del potere discrezionale della Commissione medesima. Essa ritiene, conseguentemente, che le proprie domande rientrino nel sindacato di legittimità attribuito al Tribunale.
27 La parte interveniente, che si allinea alle conclusioni della Commissione, ritiene che il secondo e il terzo capo delle conclusioni della ricorrente siano irricevibili, in quanto l' unica conseguenza che può derivare, sotto il profilo civilistico, dalla violazione del divieto previsto dall' art. 85, n. 1, del Trattato, è la nullità dell' accordo ai sensi del n. 2 del medesimo articolo (v. sentenza del Tribunale 18 settembre 1992, causa T-24/90, Automec/Commissione, Racc. pag. II-2223, punto 50).
Il giudizio del Tribunale
28 Si deve ricordare che il Tribunale, secondo propria costante giurisprudenza, non è competente, nell' ambito di un ricorso per annullamento ex art. 173 del Trattato, ad emanare ingiunzioni nei confronti delle istituzioni comunitarie (v., da ultimo, l' ordinanza del Tribunale 29 novembre 1993, causa T-56/92, Koelman/Commissione, Racc. pag. II-1267, punto 18).
29 Ne consegue che il secondo e terzo capo delle conclusioni del ricorso, con cui si chiede che venga ordinato alla Commissione, da un lato, di vietare alla Parker di limitare la distribuzione dei propri prodotti da parte delle proprie singole filiali ai rispettivi territori nazionali e, dall' altro, di obbligare la Parker a fornire alla ricorrente i propri prodotti agli stessi prezzi e alle stesse condizioni praticati nei confronti dei propri distributori esclusivi indipendenti o delle sue filiali, non rientrando nella competenza del giudice comunitario, devono essere, conseguentemente, dichiarati irricevibili.
Sul merito
30 La ricorrente deduce tre motivi a sostegno del ricorso. Il primo motivo attiene alla violazione dell' art. 85, n. 1, del Trattato, il secondo alla violazione del successivo art. 86 ed il terzo alla violazione dell' art. 190 del Trattato medesimo.
Primo motivo: violazione dell' art. 85, n. 1, del Trattato
31 Il motivo attinente alla violazione dell' art. 85, n. 1, del Trattato si articola in due parti. La ricorrente fa valere, anzitutto, che il sistema di distribuzione della Parker, consistente nell' obbligare le filiali a rinviare gli ordinativi provenienti da clienti stabiliti in altri Stati membri alla filiale situata nel paese del rispettivo cliente, persegue lo stesso obiettivo dei divieti espressi di esportazione rivolti ai distributori esclusivi, vale a dire il mantenimento dei mercati nazionali e la compartimentazione degli uni rispetto agli altri al fine di impedire, di limitare o di falsare i meccanismi della concorrenza all' interno del mercato comune. Essa sostiene, inoltre, che tale sistema costituisce una discriminazione collettiva dei contraenti commerciali derivante dall' applicazione, in contrasto con l' art. 85, n. 1, lett. d), di condizioni differenti a prestazioni equivalenti.
In ordine al divieto rivolto alle filiali della Parker di fornire prodotti Parker a clienti stabiliti in Stati membri diversi da quello della filiale
° Esposizione degli argomenti delle parti
32 La ricorrente ricorda che, secondo costante giurisprudenza della Corte, l' art. 85, n. 1, del Trattato non riguarda, in via eccezionale, gli accordi o le pratiche concordate fra imprese appartenenti allo stesso gruppo in quanto società madre e affiliate, qualora sussistano cumulativamente due condizioni. Occorre, in primo luogo, che le imprese interessate costituiscano un' unità economica nell' ambito della quale l' affiliata non disponga di reale autonomia nella determinazione della propria linea d' azione sul mercato, per effetto del permanente controllo della società madre sull' elaborazione delle decisioni e sull' amministrazione della filiale. In secondo luogo, occorre che tali accordi siano unicamente diretti ad assicurare la ripartizione interna dei compiti fra le imprese (v. sentenza della Corte 4 maggio 1988, causa 30/87, Bodson, Racc. pag. 2479, punto 19). Nella specie, il sistema attuato dalla Parker non risponderebbe ad alcuno dei due requisiti che consentirebbero di sfuggire alla sfera di applicazione dell' art. 85, n. 1, del Trattato.
33 Per quanto attiene alla mancanza di autonomia delle filiali della Parker rispetto alla società madre, la ricorrente sostiene che le dette filiali godono di fatto, in quanto costituiscono unità autonome sotto il profilo giuridico, di una certa autonomia ed una certa libertà d' azione per quanto attiene alla distribuzione dei prodotti Parker sui rispettivi territori. Essa ricorda che, secondo la giurisprudenza della Corte, le società giuridicamente indipendenti nell' ambito di uno stesso e unico gruppo costituiscono imprese differenti ai sensi dell' art. 85, n. 1, del Trattato (v. la menzionata sentenza Bodson, punto 20).
34 L' indipendenza economica delle filiali della Parker troverebbe conferma nel fatto che esse praticano prezzi di vendita differenti, che esse applicano condizioni di garanzia differenti, che esse conducono azioni di promozione delle vendite differenti, in periodi diversi e per prodotti diversi, che esse vendono prodotti identici sotto forme differenti, in confezioni ed assortimenti diversi, secondo metodi di distribuzione differenti e secondo criteri di fornitura differenti. Tale disparità dell' offerta sui singoli mercati nazionali non sarebbe conseguenza di istruzioni centralizzate impartite da parte della società madre e la Commissione non avrebbe prodotto la prova del preteso controllo assoluto che la Parker eserciterebbe nei confronti delle proprie filiali.
35 Per quanto attiene alla ripartizione interna dei compiti tra le imprese del gruppo, la ricorrente sostiene che il requisito della ripartizione interna dei compiti costituisce un elemento autonomo necessario affinché una restrizione della concorrenza possa sfuggire al divieto sancito dall' art. 85, n. 1. Essa ritiene che tale requisito non discenda automaticamente dal requisito relativo al controllo della filiale da parte della società madre e dalla mancanza di autonomia della filiale stessa, bensì che debba sussistere quale elemento ulteriore. Ne consegue, secondo la ricorrente, che, anche all' interno di un gruppo di società nel quale la società madre disponga di ampi poteri per impartire istruzioni, un accordo restrittivo della concorrenza non possa considerarsi consentito ove vada al di là di una ripartizione interna dei compiti.
36 La ricorrente aggiunge che, anche ammesso che sussistano un controllo centralizzato da parte della società madre nonché istruzioni dettagliate della società madre in ordine alla condotta che le filiali sono tenute a seguire sui mercati, un controllo la cui unica finalità consista nel conferire una protezione territoriale assoluta ed a garantire in tal modo il mantenimento di mercati nazionali isolati costituisce, in quanto tale, un illecito sotto il profilo giuridico in quanto viola i principi fondamentali del mercato comune e non può conferire all' impresa il privilegio della non applicazione dell' art. 85, n. 1. Nella specie, la protezione territoriale assoluta consisterebbe nel fatto che la società madre Parker non solo si obbliga a fornire i propri prodotti nei singoli Stati membri ad un' unica controparte contrattuale, vale a dire al distributore esclusivo indipendente o alla propria filiale, bensì anche nel fatto che essa assegna anche alle filiali territori nazionali determinati. Una siffatta compartimentazione dei mercati nazionali produrrebbe effetti pregiudizievoli nei confronti dei terzi, impedendo loro di avvalersi della diversità delle offerte al di là delle frontiere nazionali.
37 La ricorrente confuta, infine, la tesi della parte interveniente, secondo cui la Parker sarebbe potuta pervenire allo stesso risultato mediante il proprio personale, facendo valere che, dal momento che la Parker ha scelto un determinato sistema di distribuzione, nella specie un sistema basato su filiali, essa non potrebbe raccoglierne esclusivamente i vantaggi, ma dovrebbe anche assumerne gli inconvenienti. La ricorrente ricorda inoltre che nella sentenza 17 settembre 1985, cause riunite 25/84 e 26/84, Ford/Commissione (Racc. pag. 2725, punto 32), la Corte ha affermato che la Ford, impedendo ai propri distributori tedeschi di seguire una politica di vendita attiva al di fuori della Germania e di fornire veicoli Ford a rivenditori di altri paesi non facenti parte del sistema di distribuzione della Ford, ha violato l' art. 85, n. 1.
38 La convenuta sostiene che la politica di distribuzione attuata dalla Parker non costituisce violazione dell' art. 85, n. 1, del Trattato, trovando applicazione nella specie la giurisprudenza in materia di accordi interni ai gruppi di imprese. Essa osserva, al riguardo, che dalla giurisprudenza non emerge chiaramente se il secondo dei due requisiti menzionati in tale contesto rivesta autonoma importanza e debba sussistere cumulativamente con il primo ovvero se tale secondo requisito non sia altro che la conseguenza logica del primo e rileva che, nella sentenza 11 aprile 1989, causa 66/86, Ahmed Saeed Flugreisen e a. (Racc. pag. 803, punti 35 e 36), la Corte non ha più ripreso il criterio della ripartizione dei compiti. In ogni caso, nella specie non occorrerebbe risolvere la questione del carattere autonomo di tale requisito, atteso che il requisito della ripartizione interna dei compiti è soddisfatto per quello che riguarda la Parker.
39 La convenuta fa valere che l' applicazione o meno dell' art. 85, n. 1, del Trattato dipende dal controllo effettivamente effettuato dalla società madre, laddove le diversità fra le condizioni di vendita praticate dalle singole filiali possono trovare spiegazione nelle differenze esistenti fra i mercati nazionali o tra le abitudini dei consumatori. Nella specie, le filiali possedute al 100% dalla società madre seguirebbero necessariamente la politica tracciata dalla Parker (v. sentenza della Corte 25 ottobre 1983, causa 107/82, AEG/Commissione, Racc. pag. 3151, punto 50).
40 La convenuta si richiama inoltre alla lettera 21 giugno 1991 in cui la Parker descrive, su richiesta della Commissione, le modalità con cui vengono controllate le filiali. Essa osserva che da tale lettera emerge come la Parker diriga la fabbricazione dei propri prodotti e fissi i prezzi di acquisto delle filiali e come le attività di vendita e di marketing delle filiali stesse vengano controllate da un ufficio regionale ("area team") della società madre, che approva e sorveglia il piano annuale delle vendite, fissa gli obiettivi di vendita, gli utili lordi, i costi di vendita ed il "cash flow", fissa la gamma dei prodotti da vendere e controlla le azioni pubblicitarie nonché gli sconti praticati sui prezzi. Essa sarebbe, inoltre, responsabile dell' affidamento dei posti di direzione nell' ambito delle filiali ed eserciterebbe un rigoroso controllo finanziario.
41 La convenuta aggiunge che, a differenza dei distributori indipendenti, non sono le filiali bensì è la società madre Parker che si accolla tutte le spese di distribuzione e sopporta il rischio di un cambiamento delle condizioni economiche, soprattutto delle fluttuazioni monetarie fra gli Stati membri.
42 Per quanto attiene al criterio della ripartizione interna dei compiti, la Commissione fa valere, salvo quanto osservato in ordine alla questione se tale criterio costituisca o meno un elemento autonomo, che il fatto di limitare l' attività commerciale di ogni singola filiale al rispettivo mercato nazionale costituisce una ripartizione interna dei compiti ammissibile alla luce della giurisprudenza della Corte.
43 La convenuta ricorda inoltre che solo le filiali hanno sollevato obiezioni in ordine ad eventuali forniture nei confronti della Viho e non i distributori indipendenti, presso i quali la Viho non aveva alcuna difficoltà a rifornirsi nell' ambito della Comunità. Avendo ricevuto un' offerta da parte della ditta italiana API, la Viho avrebbe semplicemente risposto di essere in grado di fornire essa stessa all' API tutti i prodotti della Parker, atteso che essa possedeva tutta la gamma di tali prodotti. Sarebbe quindi infondata l' affermazione della Viho secondo la quale essa sarebbe stata costretta a rifornirsi presso una sola fonte di approvvigionamento, finendo anzi con l' essere esclusa dal mercato di cui trattasi.
44 In ogni caso, la protezione territoriale delle filiali nell' ambito di un gruppo dovrebbe essere valutata in modo differente rispetto a quella che scaturisce da un accordo concluso fra imprese indipendenti con cui queste mirino a ripartire tra di loro i mercati nazionali. Secondo la convenuta, le sentenze della Corte 31 ottobre 1974, causa 15/74, Centrafarm e De Peijper (Racc. pag. 1147), e causa 16/74 (Racc. pag. 1183), vertenti proprio su una fattispecie di compartimentazione dei mercati, non potrebbero avvalorare l' argomento secondo cui l' art. 85, n. 1, del Trattato deve trovare applicazione nel caso in cui le istruzioni della società madre siano dirette a realizzare una compartimentazione dei mercati nazionali e producano l' effetto di svantaggiare i terzi.
45 La parte interveniente sostiene che, a fronte delle relazioni esistenti fra la società madre Parker e le proprie filiali, di cui essa possiede il 100% delle quote, il gruppo Parker costituisce una vera unità economica nel senso accolto dalla giurisprudenza (v. sentenze Centrafarm e De Peijper, citate, punti 41 e 32) e che, quindi, non si potrebbe parlare, per quanto riguarda la società madre e le proprie filiali, di accordi, pratiche concordate o decisioni di associazioni di imprese ai sensi dell' art. 85, n. 1, del Trattato. Essa osserva che la Parker sarebbe potuta pervenire allo stesso risultato avvalendosi del proprio personale di vendita operante nei singoli Stati membri.
46 Per quanto attiene al requisito della ripartizione interna dei compiti, la parte interveniente sostiene che il proprio sistema di distribuzione è scaturito esclusivamente da considerazioni di ordine interno dirette a impedire la concorrenza tra le proprie filiali. Il fatto che l' attività di vendita sia stata strutturata sulla base delle frontiere nazionali sarebbe frutto di una valutazione economica diretta ad evitare sprechi di energie ed a tener conto in misura ottimale delle specifiche caratteristiche nazionali, in particolare della cultura e della lingua.
° Il giudizio del Tribunale
47 Si deve ricordare, in limine, che, per quanto riguarda il trattamento cui assoggettare, con riguardo all' art. 85, n. 1, del Trattato, gli accordi conclusi nell' ambito di un gruppo di imprese, la Corte ha affermato che "qualora l' affiliata non goda di reale autonomia nella determinazione della propria linea di condotta, va ritenuto che i divieti sanciti dall' art. 85, n. 1, si applicano ai rapporti fra la stessa affiliata e la società madre, che insieme formano un' unità economica" (v. sentenza della Corte 14 luglio 1972, causa 48/69, ICI/Commissione, Racc. pag. 619, punto 134). Parimenti, nella menzionata sentenza Ahmed Saeed Flugreisen e a. (punto 35) la Corte ha affermato che "non è l' art. 85 che va applicato qualora la concertazione di cui trattasi sia opera di imprese che appartengono a uno stesso gruppo in quanto società madre e affiliata e tali imprese costituiscano un' unità economica nell' ambito della quale l' affiliata non dispone di reale autonomia nella determinazione della propria linea d' azione sul mercato", aggiungendo che "il comportamento di una siffatta unità sul mercato può tuttavia ricadere nella sfera di applicazione dell' art. 86". Dalla giurisprudenza del Tribunale emerge inoltre che l' art. 85, n. 1, del Trattato riguarda unicamente i rapporti tra entità economiche in grado di entrare in concorrenza l' una nei confronti dell' altra con esclusione degli accordi e delle pratiche concordate tra imprese appartenenti ad uno stesso gruppo che costituiscano una unità economica (v. sentenza 10 marzo 1992, cause riunite T-68/89, T-77/89 e T-78/89, SIV e a./Commissione, Racc. pag. II-1403, punto 357).
48 Da un lato, è pacifico nella specie che la Parker detiene il 100% del capitale delle proprie filiali stabilite in Germania, Francia, Belgio e nei Paesi Bassi. Dall' altro, dalla descrizione fatta dalla Parker del funzionamento delle proprie filiali, non contestata dalla ricorrente, emerge che le attività di vendita e di marketing delle filiali medesime vengono dirette da un ufficio regionale designato dalla società madre e che controlla, in particolare, gli obiettivi di vendita, gli utili lordi, i costi di vendita, il "cash flow" e le giacenze. Tale ufficio regionale stabilisce anche la gamma dei prodotti da vendere, controlla le attività pubblicitarie e fissa direttive per quanto attiene ai prezzi e agli sconti.
49 Il Tribunale ne trae la conclusione che la Commissione, al punto 2 della decisione, ha legittimamente qualificato il gruppo Parker quale "unità economica in cui le filiali non possono stabilire autonomamente la loro condotta sul mercato".
50 Si deve ricordare inoltre che, secondo la giurisprudenza della Corte, la nozione di impresa, "nell' ambito del diritto della concorrenza, (...) deve essere intesa nel senso che essa si riferisce ad una unità economica dal punto di vista dell' oggetto dell' accordo, anche se, sotto il profilo giuridico, questa unità economica è costituita da più persone, fisiche o giuridiche" (sentenza 12 luglio 1984, causa 170/83, Hydrotherm, Racc. pag. 2999, punto 11). Parimenti il Tribunale ha affermato che "l' art. 85, n. 1, del Trattato (...) si rivolge ad entità economiche, ognuna delle quali costituita da un' organizzazione unitaria di elementi personali, materiali e immateriali, che persegue stabilmente un determinato fine di natura economica, organizzazione che può concorrere alla realizzazione di un' infrazione della stessa disposizione" (v. sentenza 10 marzo 1992, causa T-11/89, Shell/Commissione, Racc. pag. II-757, punto 311). Così, ai fini dell' applicazione delle norme in materia di concorrenza, l' unicità della condotta sul mercato della società madre e delle proprie filiali prevale sulla separazione formale tra tali società derivante dalla loro distinta personalità giuridica.
51 Ne consegue che, in assenza di un concorso di volontà di soggetti economicamente indipendenti, le relazioni nell' ambito di una unità economica non possono dar luogo ad un accordo o una pratica concertata tra imprese, restrittivi della concorrenza ai sensi dell' art. 85, n. 1, del Trattato. Quando, come nella specie, la filiale, ancorché munita di una personalità giuridica distinta, non determini in modo autonomo la propria condotta sul mercato, bensì applichi le istruzioni impartitele, direttamente o indirettamente, dalla società madre che la controlla al 100%, i divieti sanciti dall' art. 85, n. 1, non possono essere applicati alle relazioni tra la filiale e la società madre con cui essa formi una unità economica.
52 Se è pur vero che non può essere escluso che la politica di distribuzione attuata dalla Parker, consistente nel vietare alle proprie filiali di fornire prodotti Parker ai clienti stabiliti in Stati membri diversi da quello in cui sia situata la filiale, può contribuire a mantenere compartimentati e separati i vari mercati nazionali, ponendosi in tal modo in contrasto con uno degli obiettivi fondamentali della realizzazione del mercato comune, resta il fatto che dalla giurisprudenza precedentemente menzionata emerge che una siffatta politica, attuata da unità economica quale il gruppo Parker, in seno al quale le filiali non godano di alcuna autonomia nella determinazione della propria condotta sul mercato, non rientra nella sfera di applicazione dell' art. 85, n. 1, del Trattato.
53 Il Tribunale ne trae quindi la conclusione che la Commissione ha legittimamente ritenuto che "la condotta delle filiali è quindi riferibile alla società madre" e che "il sistema di distribuzione integrata che consente la vendita dei prodotti Parker in Spagna, Francia, Germania, Belgio e nei Paesi Bassi per mezzo di filiali interamente stabilite in tali paesi, risponde ai requisiti fissati dalla Corte di giustizia circa la non-applicazione dell' art. 85".
54 Inutilmente la ricorrente deduce, pertanto, che gli accordi contestati violerebbero l' art. 85, n. 1, in quanto esulerebbero da una ripartizione interna dei compiti nell' ambito del gruppo. Infatti, si deve necessariamente rilevare che l' art. 85, n. 1, alla luce del suo stesso tenore, non riguarda quelle condotte attuate in realtà da un' unità economica. Orbene, non è consentito al Tribunale, con il pretesto che taluni comportamenti, come quelli denunciati dalla ricorrente, possano sfuggire alla normativa in materia di concorrenza, sviare l' art. 85 dalla propria funzione al fine di colmare un' eventuale lacuna nei sistemi di controllo previsti dal Trattato.
55 Ne consegue che la prima parte del motivo attinente alla violazione dell' art. 85, n. 1, del Trattato non può ritenersi fondata.
Sul preteso trattamento discriminatorio nei confronti della Viho con riguardo ai prezzi e alle condizioni di vendita
° Esposizione sommaria degli argomenti delle parti
56 La ricorrente sostiene che, applicando condizioni differenti a prestazioni equivalenti che la Viho era in grado di fornire, la Parker avrebbe violato l' art. 85, n. 1, lett. d), del Trattato. Ricordando che tale articolo, a differenza dell' art. 4, lett. b), del Trattato CECA, non vieta discriminazioni individuali effettuate autonomamente da un' impresa, bensì vieta la discriminazione detta collettiva, discendente da accordi tra imprese o da pratiche concordate tra imprese, la ricorrente fa valere che la disparità di trattamento non risulta da un comportamento isolato della Parker, bensì si inserisce in modo indissociabile nell' intero sistema di distribuzione realizzato dalla Parker nel mercato comune. Per quanto attiene a tale sistema, la ricorrente ritiene che si tratti di un accordo tra imprese o, quanto meno, di pratica concordata il cui oggetto o il cui effetto sia quello di falsare il gioco della concorrenza all' interno del mercato comune per effetto dell' applicazione, nei confronti dei contraenti commerciali, di condizioni differenti a prestazioni equivalenti.
57 La ricorrente sostiene che la Parker, rifiutandosi di riconoscere alla ricorrente i prezzi e le condizioni di vendita praticati nei confronti delle proprie filiali e/o distributori esclusivi indipendenti stabiliti nei vari Stati membri, le abbia riservato lo stesso trattamento di un negoziante che abbia acquistato merce presso una delle filiali o dei distributori esclusivi indipendenti della Parker stessa. Orbene, la ricorrente osserva che, dal punto di vista sia della funzione da essa svolta sia dei quantitativi da essa venduti, essa offre prestazioni analoghe a quelle delle filiali e dei distributori esclusivi indipendenti della Parker e può essere, quindi, direttamente assimilata a questi. La Viho ravvisa nel fatto che non le siano state riconosciute le stesse condizioni applicate alle filiali o ai distributori esclusivi indipendenti della Parker un ostacolo che le impedirebbe di entrare efficacemente in concorrenza nei loro confronti.
58 La convenuta sostiene che nelle relazioni tra la Parker e le proprie filiali non esiste alcun accordo restrittivo del gioco della concorrenza ai sensi dell' art. 85, n. 1, del Trattato. Essa rileva che nel ricorso non si precisa né con quali rappresentanti esclusivi la Parker avrebbe avviato relazioni, né il tipo di accordo che sarebbe stato concluso. Nel ricorso non vengono nemmeno indicati i comportamenti precisi, atteso che la ricorrente si è limitata a fare riferimento al sistema di vendita della Parker o alla politica dei prezzi attuata dalla Parker in generale.
59 Secondo la convenuta, la ricorrente sembra ritenere che la sola circostanza di non potere godere degli stessi prezzi e delle stesse condizioni riconosciute alle filiali o ai distributori esclusivi indipendenti costituisca un ostacolo inammissibile. Orbene, il fabbricante non sarebbe tenuto a garantire ad ogni grossista i prezzi e le condizioni riconosciute alle proprie filiali o ai propri distributori esclusivi indipendenti. Un siffatto obbligo di fornire i propri prodotti a qualsiasi cliente alle stesse condizioni applicate nei confronti delle filiali o dei distributori esclusivi indipendenti potrebbe tutt' al più discendere dalle disposizioni dell' art. 86 del Trattato.
60 La convenuta aggiunge che le differenze di prezzo sono giustificate dal fatto che le filiali o i distributori esclusivi indipendenti svolgono funzioni diverse rispetto a quelle di un normale grossista e sono in linea generale soggette a divieti di concorrenza con riguardo alla vendita di prodotti di altri fabbricanti. Inoltre, tali imprese possono essere eventualmente soggette a sopportare i costi della pubblicità per i prodotti del fabbricante. Secondo la convenuta, non è quindi esatta l' affermazione della Viho secondo cui essa avrebbe subìto un trattamento discriminatorio.
° Il giudizio del Tribunale
61 Si deve ricordare che l' art. 85, n. 1, lett. d), del Trattato vieta gli accordi fra imprese, le decisioni di associazioni di imprese e le pratiche concordate consistenti nell' applicare nei rapporti commerciali con gli altri contraenti, condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, così da determinare per questi ultimi uno svantaggio nella concorrenza. La discriminazione oggetto del divieto di cui all' art. 85, n. 1, deve quindi risultare da un accordo, da una decisione o da una pratica concordata tra entità economiche indipendenti ed autonome e non essere il prodotto di un comportamento unilaterale attuato da una sola impresa.
62 Il Tribunale osserva, anzitutto, che i rapporti intercorrenti tra la Parker e i propri distributori indipendenti restano irrilevanti ai fini della soluzione della presente controversia. In ogni caso, il Tribunale rileva che, nella specie, la ricorrente non ha indicato quale accordo, decisione o pratica concordata tra la Parker ed i propri distributori indipendenti avrebbe determinato la discriminazione.
63 Questo Tribunale ha peraltro già rilevato in precedenza (v. il punto 51) che la Parker e le proprie filiali formano una sola entità economica, la cui condotta unilaterale non rientra nella sfera di applicazione dell' art. 85, n. 1, lett. d), del Trattato. Conseguentemente non sussiste, nella specie, alcuna discriminazione nei confronti della Viho atta ad essere sanzionata ai sensi dell' art. 85, n. 1, lett. d).
64 Ne consegue che anche la seconda parte del motivo attinente alla violazione dell' art. 85, n. 1, del Trattato deve essere respinta.
Il secondo motivo: violazione dell' art. 86 del Trattato
Esposizione sommaria degli argomenti delle parti
65 La ricorrente afferma che la maggior parte dei principali fornitori nel settore degli articoli di cancelleria praticherebbe sistemi di distribuzione analoghi a quelli della Parker. Essa sostiene che, sul mercato, sia i distributori sia i consumatori si trovano, sotto l' aspetto dell' offerta, di fronte ad un comportamento rigido del fabbricante accompagnato da una concorrenza ridotta. Orbene, in presenza di una tale fattispecie, occorrerebbe verificare se l' art. 86 del Trattato non debba trovare applicazione in considerazione della posizione dominante collettiva occupata dai maggiori fabbricanti sul mercato.
66 La ricorrente indica quali principali altri fornitori, nel settore delle matite e delle penne, la Mont Blanc, la Pentel, la Edding, la Pilot e la Henkel e, nel settore delle macchine per ufficio, la Canon, la Minolta, la Toshiba, la NEC e la Mita, affermando che ognuna di esse pratica una politica di rinvio degli ordinativi. Essa si dichiara disposta, su richiesta del Tribunale, a produrre idonea documentazione probatoria.
67 La convenuta osserva che la ricorrente non deduce alcun elemento di fatto o di diritto, né con riguardo alla posizione delle imprese interessate sul mercato, né per quanto attiene un eventuale comportamento uniforme, né infine, in ordine all' esistenza di legami economici fra tali imprese (v. sentenza SIV e a./Commissione, citata, punti 361-366). Essa rileva inoltre che la ricorrente non spiega nemmeno quali elementi dei fascicoli della Commissione evidenzierebbero una posizione dominante e collettiva delle imprese interessate sui mercati di cui trattasi. Infine, la Commissione rileva che, nel corso del procedimento amministrativo, non è stato dedotto alcun elemento sostanziale in tal senso, ragion per cui la Commissione non era tenuta a verificare se sussistesse o meno una posizione dominante collettiva sul mercato. La convenuta ritiene pertanto che il motivo debba essere respinto.
Giudizio del Tribunale
68 Questo Tribunale ricorda che, ai sensi dell' art. 19, primo comma, del Protocollo sullo Statuto (CE) della Corte, da applicare al Tribunale in forza dell' art. 46, primo comma, di detto Statuto, e ai sensi dell' art. 44, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale, il ricorso deve contenere un' esposizione sommaria dei motivi dedotti. Ciò significa che il ricorso deve chiarire il motivo sul quale il ricorso stesso si basa, di modo che la semplice enunciazione astratta dei motivi non risponde alle prescrizioni dello Statuto e del regolamento (v. sentenza Rendo e a./Commissione, citata, punto 130).
69 Il Tribunale rileva che, nella specie, la ricorrente ° che si limita ad affermare, senza fornire alcun' altra precisazione, che gli altri principali fornitori di matite e penne e di altri articoli di cancelleria praticano la stessa politica di distribuzione della Parker ° sostiene che occorre accertare se l' art. 86 del Trattato non debba trovare applicazione per effetto della posizione dominante collettiva che occuperebbero i principali fabbricanti sul mercato di cui trattasi.
70 Orbene, il solo riferimento, contenuto nel ricorso, all' art. 86 del Trattato, in assenza di allegazioni precise attinenti alla posizione sul mercato delle imprese interessate, al loro eventuale comportamento uniforme o ai loro legami economici, non può essere considerato sufficiente con riguardo allo Statuto e al regolamento di procedura.
71 Il Tribunale ritiene, inoltre, che la Commissione non fosse tenuta a procedere ad un' istruttoria relativa ad un' eventuale posizione dominante collettiva dei fabbricanti di articoli di cancelleria, atteso che la denuncia della ricorrente del 22 maggio 1991 non conteneva alcun elemento tale da far sorgere l' obbligo a carico della Commissione di avviare un' istruzione in merito.
72 Conseguentemente il secondo motivo, attinente alla violazione dell' art. 86 del Trattato, deve essere respinto.
Il terzo motivo: violazione dell' art. 190 del Trattato
Esposizione sommaria degli argomenti delle parti
73 La ricorrente contesta alla Commissione di aver insufficientemente motivato la propria decisione avendo omesso di esporre in modo sufficiente gli elementi e le ragioni sulla base dei quali essa aveva escluso che il sistema di distribuzione della Parker ricadesse nella sfera di applicazione dell' art. 85, n. 1, del Trattato.
74 La convenuta respinge la contestazione relativa all' insufficienza di motivazione facendo valere che la decisione consente alla ricorrente di seguire il ragionamento della Commissione ed al Tribunale di esercitare il proprio sindacato (v. sentenza della Corte 26 giugno 1986, causa 203/85, Nicolet Instrument, Racc. pag. 2049, punti 10 e 11). La convenuta ritiene al riguardo che le pagg. 3-5 della decisione indichino in modo chiaro le ragioni che hanno indotto la stessa convenuta a non applicare l' art. 85, n. 1, e quelle che fanno escludere l' obbligo a carico della Parker di riconoscere alla ricorrente gli stessi prezzi e le stesse condizioni praticati nei confronti delle filiali e distributori indipendenti della Parker stessa. La Commissione aggiunge di non essere tenuta ad esaminare tutti i punti di diritto dedotti dalla ricorrente nel corso del procedimento amministrativo (v. sentenza del Tribunale 10 marzo 1992, causa T-9/89, Huels/Commissione, Racc. pag. II-499, punto 332).
Il giudizio del Tribunale
75 Si deve ricordare, anzitutto, che, secondo costante giurisprudenza della Corte e del Tribunale (v. sentenze della Corte 30 settembre 1982, causa 110/81, Roquette Frères/Consiglio, Racc. pag. 3159, punto 24, e del Tribunale 29 giugno 1993, causa T-7/92, Asia Motor France e a./Commissione, Racc. pag. II-669, punto 30), la motivazione di una decisione che arreca pregiudizio deve consentire all' interessato di prendere conoscenza delle ragioni del provvedimento adottato, al fine di poter far eventualmente valere i propri diritti e di verificare la fondatezza o meno della decisione, e al giudice comunitario di esercitare il proprio controllo.
76 Si deve sottolineare, inoltre, che la Commissione, nella motivazione delle decisioni che essa adotta al fine di garantire il rispetto delle norme sulla concorrenza, non è obbligata a prendere posizione su tutti gli argomenti che gli interessati fanno valere a sostegno della loro domanda. E' sufficiente, infatti, che la Commissione esponga i fatti e le considerazioni giuridiche che hanno un ruolo essenziale nell' adozione della decisione (v. sentenze del Tribunale 24 gennaio 1992, causa T-44/90, La Cinq/Commissione, Racc. pag. II-1, punto 35, e Asia Motor France e a./Commissione, citata, punto 31).
77 Orbene, il Tribunale rileva che dalla lettura della decisione controversa emerge come in essa siano indicati gli elementi essenziali di fatto e di diritto assunti a fondamento per respingere la denuncia della ricorrente, consentendo così alla ricorrente stessa di contestarne la fondatezza e al Tribunale di esercitare il proprio sindacato di legittimità. Ne consegue che la decisione controversa non è viziata da alcun difetto di motivazione.
78 Alla luce di tutte le suesposte considerazioni il ricorso deve essere interamente respinto.
Sulle spese
79 A norma dell' art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, il soccombente è condannato alle spese, se ne viene fatta richiesta. La ricorrente è rimasta soccombente e deve essere quindi condannata alle spese.
80 Quanto alle spese sostenute dalla parte interveniente, il Tribunale ritiene che, alla luce delle circostanze della specie, non debba applicarsi l' art. 87, n. 4, del proprio regolamento di procedura, ai sensi del quale la parte interveniente sopporta le proprie spese. La ricorrente è quindi condannata a sopportare anche le spese sostenute dalla parte interveniente.
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Prima Sezione)
dichiara e statuisce:
1) Il ricorso è respinto.
2) Tutte le spese sono poste a carico della ricorrente, ivi comprese quelle sostenute dalla parte interveniente Parker Pen Ltd.