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Document 61993CJ0017

Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 14 luglio 1994.
Procedimento penale contro J.J.J. Van der Veldt.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Rechtbank van eerste aanleg di Gand - Belgio.
Divieto di mettere in commercio pane e altri prodotti della panificazione il cui tenore in sale da cucina sia superiore al 2% - Obbligo di riportare determinate indicazioni sull'etichetta - Artt. 30 e 36 del Trattato e direttiva 79/112/CEE.
Causa C-17/93.

Raccolta della Giurisprudenza 1994 I-03537

ECLI identifier: ECLI:EU:C:1994:299

61993J0017

SENTENZA DELLA CORTE (QUINTA SEZIONE) DEL 14 LUGLIO 1994. - PROCEDIMENTO PENALE A CARICO DI J.J.J. VAN DER VELDT. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE: RECHTBANK VAN EERSTE AANLEG GENT - BELGIO. - DIVIETO DI METTERE IN COMMERCIO PANE ED ALTRI PRODOTTI DELLA PANIFICAZIONE IL CUI TENORE IN SALE DA CUCINA SIA SUPERIORE AL 2 % - OBBLIGO DI RIPORTARE DETERMINATE INDICAZIONI SULL'ETICHETTA - ARTT. 30 E 36 DEL TRATTATO E DIRETTIVA 79/112/CEE. - CAUSA C-17/93.

raccolta della giurisprudenza 1994 pagina I-03537


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


++++

1. Libera circolazione delle merci ° Restrizioni quantitative ° Misure di effetto equivalente ° Divieto di mettere in commercio prodotti della panificazione il cui tenore in sale sia superiore al 2% ° Inammissibilità ° Giustificazione ° Tutela della sanità pubblica ° Insussistenza

(Trattato CEE, artt. 30 e 36)

2. Libera circolazione delle merci ° Restrizioni quantitative ° Misure di effetto equivalente ° Disciplina nazionale che vieta, alla stregua della direttiva 79/112, lo smercio di prodotti alimentari sulla cui confezione non sia riportata l' indicazione della denominazione o del numero CEE dei conservanti utilizzati ° Applicazione a prodotti importati da un altro Stato membro che abbia fatto uso di una facoltà di deroga offerta dalla direttiva ° Misura giustificata da considerazioni relative alla tutela dei consumatori ° Ammissibilità

[Trattato CEE, art. 30; direttiva del Consiglio 79/112, artt. 6, n. 5, lett. b), secondo trattino, e 23, n. 1, lett. a)]

Massima


1. L' applicazione della normativa di uno Stato membro, che vieti lo smercio del pane e di altri prodotti della panificazione il cui tenore in sale calcolato sulla materia secca ecceda il limite massimo del 2%, ai prodotti legalmente fabbricati e messi in commercio in un altro Stato membro costituisce una misura d' effetto equivalente ad una restrizione quantitativa ai sensi dell' art. 30 del Trattato.

Qualora lo Stato membro interessato, limitandosi ad avanzare considerazioni di ordine generale anziché indicare dati certi ottenuti da ricerche scientifiche pertinenti, non dimostri che la disciplina in questione è necessaria per la tutela della salute dei consumatori e che essa non oltrepassa i limiti di quanto è necessario per conseguire tale obiettivo, la disciplina in parola non può considerarsi giustificata, alla stregua dell' art. 36 del Trattato, da esigenze di tutela della sanità pubblica.

2. Durante il periodo di vigenza della direttiva 79/112/CEE, in materia di etichettatura e di presentazione dei prodotti alimentari, che costituiva solo la prima tappa di un processo di armonizzazione in tale ambito, uno Stato membro che avesse reso obbligatoria l' indicazione, prescritta dall' art. 6, n. 5, lett. b), secondo trattino, della denominazione specifica o del numero CEE degli ingredienti elencati nell' allegato II della direttiva poteva legittimamente rifiutare, richiamandosi all' esigenza imperativa relativa alla tutela dei consumatori, lo smercio di prodotti provenienti da un altro Stato membro il quale, avendo fatto uso della facoltà concessa dall' art. 23, n. 1, lett. a), della direttiva medesima, si fosse limitato a prescrivere l' indicazione della sola denominazione generica di "conservante".

Infatti, pur rientrando un tale diniego, in linea di principio, nella sfera del divieto sancito dall' art. 30 del Trattato, esso era giustificato alla luce della detta esigenza imperativa in quanto non era sproporzionato rispetto agli scopi perseguiti ed ostacolava nella minor misura possibile l' importazione dei prodotti legalmente fabbricati e messi in commercio in altri Stati membri, atteso che la mera indicazione della denominazione generica di "conservante" è insufficiente, avuto riguardo in particolare alla molteplicità dei conservanti che i prodotti in parola possono contenere, e che l' etichettatura costituisce uno dei mezzi meno restrittivi per la libera circolazione delle merci nella Comunità.

Parti


Nel procedimento C-17/93,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell' art. 177 del Trattato CEE, dal Rechtbank van eerste aanleg di Gand (Belgio) nel procedimento penale dinanzi ad esso promosso nei confronti di

J.J.J. van der Veldt,

domanda vertente sull' interpretazione degli artt. 30 e 36 del Trattato CEE e della direttiva del Consiglio 18 dicembre 1978, 79/112/CEE, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l' etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari destinati al consumatore finale, nonché la relativa pubblicità (GU 1979, L 33, pag. 1),

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta dai signori J.C. Moitinho de Almeida, presidente di sezione, R. Joliet, G.C. Rodríguez Iglesias, F. Grévisse e M. Zuleeg (relatore), giudici,

avvocato generale: M. Darmon

cancelliere: signora D. Louterman-Hubeau, amministratore principale

viste le osservazioni scritte presentate:

° per il signor van der Veldt, dagli avv.ti J.M. van Hille e Ph. Vlaemminck, del foro di Gand,

° per la Commissione delle Comunità europee, dal signor H. van Lier, membro del servizio giuridico, in qualità di agente,

vista la relazione d' udienza,

sentite le osservazioni orali del signor van der Veldt, rappresentato dall' avv. M. Ryckman, del foro di Gand, e della Commissione all' udienza del 20 gennaio 1994,

sentite le conclusioni dell' avvocato generale, presentate all' udienza del 10 marzo 1994,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con ordinanza 15 gennaio 1993, pervenuta nella cancelleria il 20 gennaio seguente, il Rechtbank van eerste aanleg di Gand ha sottoposto alla Corte, ai sensi dell' art. 177 del Trattato CEE, tre questioni pregiudiziali relative all' interpretazione degli artt. 30 e 36 dello stesso Trattato nonché della direttiva del Consiglio 18 dicembre 1978, 79/112/CEE, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l' etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari destinati al consumatore finale, nonché la relativa pubblicità (GU 1979, L 33, pag. 1; in prosieguo: la "direttiva 79/112").

2 Tali questioni sono state sollevate nell' ambito di un procedimento penale promosso nei confronti del signor van der Veldt, imputato per avere, da un lato, messo in commercio sul mercato belga pane il cui tenore in sale non era conforme alla disciplina legislativa di questo Stato e, dall' altro, disatteso l' obbligo di riportare sull' etichetta dei prodotti della panificazione l' indicazione della denominazione specifica o del numero CEE del conservante impiegato.

3 Dalle osservazioni scritte presentate alla Corte dal signor van der Veldt emerge che la società Hema Belgique, alle cui dipendenze il signor van der Veldt dirige un esercizio commerciale in Gand, importa praticamente la totalità dei suoi prodotti, tra i quali il pane e gli altri prodotti della panificazione, dai Paesi Bassi.

4 Da controlli effettuati in date 8 settembre e 29 novembre 1988, mediante ispezione dei prodotti alimentari su campioni di prodotti venduti nell' esercizio commerciale sito in Gand, risultava che il pane conteneva sale in proporzione variabile dal 2,11% al 2,17%, mentre il regio decreto belga 2 settembre 1985, che detta norme in materia di pane e altri prodotti della panificazione (Moniteur belge 7 novembre 1985), adottato in esecuzione della legge 24 gennaio 1977, relativa alla tutela della salute dei consumatori per quanto riguarda i prodotti alimentari e gli altri prodotti (Moniteur belge 8 aprile 1977), ammette un tenore massimo del 2%. Inoltre, la confezione dei prodotti controversi recava la menzione "conservante" e non anche, come prescritto dal regio decreto belga 13 novembre 1986 (Moniteur belge 2 dicembre 1986), adottato esso pure in esecuzione della citata legge 24 gennaio 1977, l' indicazione della denominazione specifica dell' ingrediente utilizzato o del suo numero CEE, nel caso di specie l' "acido propionico" o "E 280".

5 Quest' ultima norma dà attuazione nell' ordinamento belga all' art. 6, n. 5, lett. b), secondo trattino, della direttiva 79/112, ai cui termini

"° gli ingredienti che appartengono ad una delle categorie elencate nell' allegato II sono obbligatoriamente designati con il nome di tale categoria, seguito dal loro nome specifico o dal loro numero CEE".

Tra le categorie espressamente elencate nell' allegato II della direttiva 79/112 figura quella dei conservanti.

6 A norma dell' art. 22, n. 1, secondo trattino, della direttiva 79/112, gli Stati membri dovevano modificare la loro normativa entro i quattro anni successivi alla notificazione della direttiva, al fine di vietare il commercio dei prodotti non conformi alle sue disposizioni. In deroga a questa prescrizione, l' art. 23, n. 1, lett. a), consentiva tuttavia agli Stati membri di non rendere obbligatorie le disposizioni riguardanti l' indicazione, prevista all' art. 6, n. 5, lett. b), secondo trattino, del nome specifico o del numero CEE degli ingredienti appartenenti ad una delle categorie enumerate nell' allegato II. I Paesi Bassi hanno fatto uso di tale facoltà.

7 Questa possibilità di opzione è stata abolita, successivamente ai fatti controversi nella causa principale, con decorrenza dal 20 giugno 1992, dall' art. 2 della direttiva del Consiglio 14 giugno 1989, 89/395/CEE, che modifica la direttiva 79/112 (GU L 186, pag. 17; in prosieguo: la "direttiva 89/395").

8 Poiché i prodotti controversi sono legalmente fabbricati e messi in commercio nei Paesi Bassi, nei quali il tenore massimo in sale consentito per il pane è pari al 2,5% e gli additivi possono essere designati con la semplice indicazione di "conservante", denominazione generica menzionata nell' allegato II dell' Algemeen Aanduidungsbesluit (Warenwet), il Rechtbank van eerste aanleg di Gand ha ritenuto necessario, in via incidentale e pregiudiziale, sottoporre alla Corte le seguenti questioni:

"1) Se una norma legislativa di uno Stato membro che vieti lo smercio del pane il cui tenore massimo in sale calcolato sulla materia secca sia superiore al 2% debba considerarsi restrizione quantitativa o misura d' effetto equivalente ai sensi dell' art. 30 del Trattato CEE, ove risulti dalla stessa norma nazionale che il pane legalmente messo in commercio in un altro Stato membro e avente un tenore in sale calcolato sulla materia secca superiore al 2,5% non può essere importato nel primo Stato membro, in quanto tale tenore in sale supera il limite massimo del 2% in esso vigente.

2) In caso di soluzione affermativa della prima questione e di incompatibilità della detta norma con l' art. 30 del Trattato CEE, se il primo Stato membro di cui sopra possa, in circostanze come quelle sopra descritte, legittimamente valersi della deroga prevista dall' art. 36 del Trattato, a fini di tutela della sanità pubblica, mantenendo in vigore la norma in questione ed eludendo il divieto sancito dall' art. 30 del Trattato CEE.

3) Se, in forza dell' art. 23, n. 1, lett. a), della direttiva del Consiglio 18 dicembre 1978, 79/112/CEE, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l' etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari destinati al consumatore finale, nonché la relativa pubblicità (GU 1979, L 33, pag. 1), gli Stati membri abbiano la facoltà di non rendere obbligatorie le disposizioni relative all' indicazione, prevista all' art. 6, n. 5, lett. b), secondo trattino, della denominazione specifica o del numero CEE degli ingredienti rientranti in una delle categorie elencate nell' allegato II della direttiva (in particolare, i conservanti), così che sia sufficiente il richiamo alla categoria generale.

a) Se uno Stato membro, il quale abbia comunque reso obbligatorie le indicazioni previste all' art. 6, n. 5, lett. b), secondo trattino, possa vietare la vendita di prodotti legalmente messi in commercio in un altro Stato membro, nel quale, in conformità dell' art. 23, n. 1, lett. a), tali indicazioni non siano obbligatorie, prodotti sui quali non figurino le indicazioni prescritte nel primo Stato. In altri termini, se il primo Stato possa legittimamente escludere i prodotti in questione dalla libera circolazione delle merci, la cui portata è definita dall' art. 30 del Trattato CEE.

b) Se tale primo Stato membro possa, ove l' art. 30 del Trattato CEE esplichi piena efficacia nei confronti del prodotto non conforme, escludere l' applicazione di questa norma valendosi dell' art. 36 del Trattato CEE, per il motivo che le indicazioni di cui all' art. 6, n. 5, lett. b), secondo trattino, non figurano sulla confezione, ancorché obbligatorie in questo Stato membro, a differenza dello Stato membro nel quale il prodotto considerato è stato legalmente messo in commercio".

Sulla prima questione

9 Con la prima questione pregiudiziale il giudice nazionale chiede se una normativa di uno Stato membro, la quale vieti lo smercio del pane e di altri prodotti della panificazione il cui tenore in sale calcolato sulla materia secca ecceda il limite massimo del 2%, costituisca una misura d' effetto equivalente ad una restrizione quantitativa ai sensi dell' art. 30 del Trattato, in quanto si applichi altresì nei confronti dei prodotti importati da un altro Stato membro e colà legalmente fabbricati e messi in commercio.

10 Da una giurisprudenza costante risulta che, in difetto di norme comuni o armonizzate in materia di fabbricazione e di smercio del pane e degli altri prodotti della panificazione, spetta agli Stati membri adottare, ciascuno per il proprio territorio, tutte le prescrizioni relative alle caratteristiche della composizione, alla fabbricazione e allo smercio di tali prodotti, sempreché esse non si prestino ad ingenerare discriminazioni nei confronti di prodotti importati o ad ostacolare l' importazione di prodotti provenienti da altri Stati membri (v. sentenze 19 febbraio 1981, causa 130/80, Kelderman, Racc. pag. 527, e 7 febbraio 1984, causa 237/82, Jongeneel Kaas, Racc. pag. 483).

11 L' estensione ai prodotti importati dell' obbligo di attenersi ad un tenore massimo in sale calcolato sulla materia secca può avere l' effetto di precludere, nello Stato considerato, lo smercio del pane e di altri prodotti della panificazione originari di altri Stati membri. Invero, se in questi Stati non sono prescritti identici criteri di fabbricazione, tale estensione comporterà una fabbricazione differenziata in funzione della destinazione del pane o del prodotto della panificazione di cui trattasi e, quindi, un ostacolo alla circolazione dei prodotti in essi legalmente fabbricati e messi in commercio.

12 La prima questione pregiudiziale va pertanto risolta nel senso che l' applicazione della normativa di uno Stato membro, che vieti lo smercio del pane e di altri prodotti della panificazione il cui tenore in sale calcolato sulla materia secca ecceda il limite massimo del 2%, ai prodotti legalmente fabbricati e messi in commercio in un altro Stato membro costituisce una misura d' effetto equivalente ad una restrizione quantitativa ai sensi dell' art. 30 del Trattato.

Sulla seconda questione

13 Con la seconda questione pregiudiziale il giudice nazionale prospetta il quesito se una normativa come quella controversa nella causa principale debba considerarsi giustificata, alla stregua dell' art. 36 del Trattato, da esigenze di tutela della sanità pubblica.

14 La disciplina belga de qua è stata adottata in esecuzione della citata legge 24 gennaio 1977, la quale, come recita il suo titolo, concerne la tutela della salute dei consumatori.

15 Trattandosi di una deroga al principio della libera circolazione delle merci, incombe alle autorità nazionali l' onere di dimostrare che la loro normativa è conforme al principio di proporzionalità, ossia è necessaria per il raggiungimento dell' obiettivo perseguito, nella specie la tutela della sanità pubblica.

16 Al riguardo, il ministero belga della Sanità, nella lettera inviata il 6 agosto 1990 al procuratore del Re di Gand, il cui testo viene integralmente riportato nelle osservazioni del signor van der Veldt, si limita a rilevare che "le autorità belghe responsabili della politica sanitaria ritengono che i limiti massimi fissati dalla legge olandese siano troppo elevati". Infatti, "se si accogliessero i criteri olandesi, l' apporto giornaliero di sale ammonterebbe a 3,1 gr, il che equivarrebbe, senza tener conto dei grandi consumatori di pane, ad un supplemento quotidiano di 0,6 gr di sale per la popolazione media".

17 Simili considerazioni generali non sono atte a dimostrare che un aumento del consumo di sale nelle proporzioni testé menzionate comporti un effettivo pericolo per la salute umana. E' bensì vero che, come la Corte ha già avuto modo di affermare (v. sentenza 6 giugno 1984, causa 97/83, Melkunie, Racc. pag. 2367), l' esistenza di un semplice rischio per i consumatori è sufficiente affinché la normativa sia considerata soddisfare i presupposti dell' art. 36. Tuttavia, tale rischio deve essere valutato non già alla stregua di considerazioni di ordine generale, bensì alla luce di specifiche ricerche scientifiche (v., segnatamente, sentenza della Corte 12 marzo 1987, causa 178/84, Commissione/Germania, Racc. pag. 1227).

18 Non avendo indicato su quali dati scientifici il legislatore belga si sia basato per adottare i provvedimenti controversi, dati che potrebbero giustificare il loro mantenimento in vigore, le autorità belghe non hanno dimostrato la pericolosità per la sanità pubblica insita in un tenore in sale superiore al 2%.

19 Per giunta, il legislatore belga avrebbe potuto, anziché vietare e sanzionare penalmente lo smercio del pane e degli altri prodotti della panificazione il cui tenore in sale è superiore al 2%, prevedere una etichettatura appropriata, idonea ad offrire ai consumatori le auspicate informazioni in ordine alla composizione del prodotto. Questa soluzione, oltre ad essere conforme all' obiettivo della tutela della sanità pubblica, avrebbe dato luogo a restrizioni meno gravi per la libera circolazione delle merci.

20 Discende dalle considerazioni che precedono che le autorità belghe non sono state in grado di dimostrare che la disciplina in questione è necessaria per la tutela della salute dei consumatori e che essa non oltrepassa i limiti di quanto è necessario per conseguire tale obiettivo. La disciplina de qua è quindi contraria al principio di proporzionalità.

21 Ciò premesso, la seconda questione pregiudiziale va risolta nel senso che una disciplina come quella controversa nella causa principale è idonea ad ostacolare gli scambi tra Stati membri e non può considerarsi giustificata, alla stregua dell' art. 36 del Trattato, da esigenze di tutela della sanità pubblica.

Sulla terza questione

22 Con la terza questione pregiudiziale il giudice nazionale chiede in sostanza se, durante il periodo di vigenza della direttiva 79/112, uno Stato membro che aveva reso obbligatoria l' indicazione prescritta dall' art. 6, n. 5, lett. b), secondo trattino, della denominazione specifica o del numero CEE degli ingredienti elencati nell' allegato II della direttiva potesse legittimamente rifiutare, richiamandosi all' esigenza imperativa della tutela del consumatore o ad uno dei motivi menzionati nell' art. 36 del Trattato, lo smercio di prodotti provenienti da un altro Stato membro il quale, avendo fatto uso della facoltà concessa dall' art. 23, n. 1, lett. a), della direttiva medesima, si era limitato a prescrivere l' indicazione della denominazione generica di "conservante".

23 Va anzitutto rilevato che la prescrizione relativa all' indicazione, sulla confezione dei prodotti venduti, della denominazione specifica o del numero CEE del conservante ha l' effetto di rendere più difficile le importazioni degli stessi prodotti originari da altri Stati membri che non prescrivano simile indicazione. Pertanto, conformemente ad una giurisprudenza costante (v., segnatamente, sentenze 11 luglio 1974, causa 8/74, Dassonville, Racc. pag. 837, e 20 febbraio 1979, causa 120/78, Rewe-Zentral, Racc. pag. 649), una prescrizione di questo tipo rientra in via di principio nella sfera del divieto sancito dall' art. 30 del Trattato.

24 Occorre poi ricordare che, in particolare alla luce della sentenza 11 maggio 1989, causa 76/86, Commissione/Germania (Racc. pag. 1021), dagli artt. 30 e seguenti del Trattato discende che una normativa nazionale adottata in difetto di norme comuni o armonizzate, indistintamente applicabile ai prodotti nazionali ed a quelli importati da altri Stati membri nei quali siano legalmente fabbricati e messi in commercio, è compatibile col Trattato medesimo soltanto qualora essa sia necessaria per soddisfare motivi di interesse generale enunciati nell' art. 36 del Trattato ovvero esigenze imperative connesse, in particolare, alla tutela dei consumatori.

25 Infine, dalla sentenza 5 ottobre 1977, causa 5/77, Tedeschi (Racc. pag. 1555), risulta che il ricorso all' art. 36 non è più giustificato soltanto qualora, sulla scorta dell' art. 100 del Trattato CEE, direttive comunitarie prevedano l' integrale armonizzazione delle normative nazionali. Si deve pertanto ammettere che, quando il ravvicinamento delle normative degli Stati membri non sia ancora stato realizzato in un determinato settore, le relative discipline nazionali possano creare ostacoli alla libera circolazione nei limiti in cui tali ostacoli siano giustificati alla stregua dei motivi enunciati nell' art. 36 del Trattato ovvero in base ad esigenze imperative.

26 Nel caso di specie, la direttiva 79/112, come evincesi in particolare dai suoi 'considerando' primo e ottavo, costituisce solo la prima tappa di un processo di armonizzazione tendente alla graduale eliminazione di tutti gli ostacoli alla libera circolazione dei prodotti alimentari risultanti dalle disparità esistenti tra le norme legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in tema di etichettatura di questi prodotti.

27 Poiché la norma controversa nella causa principale è peraltro indistintamente applicabile ai prodotti nazionali e a quelli importati, occorre accertare se essa possa essere giustificata alla stregua di esigenze imperative connesse, nel caso di specie, alla tutela dei consumatori, ovvero in base ad uno dei motivi enunciati nell' art. 36 del Trattato.

28 Come risulta dal sesto 'considerando' della direttiva 79/112 nonché dal secondo 'considerando' della direttiva 89/395, che rende obbligatoria l' indicazione sulla confezione dei prodotti alimentari della denominazione specifica o del numero CEE degli ingredienti, qualsiasi disciplina in materia di etichettatura dei prodotti alimentari deve essere fondata, anzitutto, sulla necessità di informare e tutelare i consumatori. Ciò implica che questi ultimi devono poter conoscere con esattezza tutti i diversi ingredienti utilizzati.

29 Facendo riscontro a queste preoccupazioni, l' imposizione dell' obbligo di indicare sulla confezione del pane e degli altri prodotti della panificazione la denominazione specifica o il numero CEE degli agenti conservativi è dunque intesa a garantire la tutela dei consumatori, che la giurisprudenza della Corte ha riconosciuto costituire un' esigenza imperativa.

30 Siffatto obbligo deve tuttavia essere ottemperato con mezzi non sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti e che ostacolino nella minor misura possibile l' importazione dei prodotti legalmente fabbricati e messi in commercio in altri Stati membri.

31 L' obbligatoria indicazione della denominazione specifica o del numero CEE del conservante soddisfa questi requisiti: la mera indicazione della denominazione generica di "conservante" risulterebbe infatti insufficiente, avuto riguardo in particolare alla molteplicità dei conservanti che i prodotti in parola possono contenere. Inoltre, la Corte ha già affermato (v. sentenza 20 giugno 1991, causa C-39/90, Denkavit, Racc. pag. I-3069, punto 24) che l' etichettatura costituisce uno dei mezzi meno restrittivi per la libera circolazione delle merci nella Comunità.

32 La terza questione pregiudiziale va pertanto risolta nel senso che, durante il periodo di vigenza della direttiva 79/112, uno Stato membro che avesse reso obbligatoria l' indicazione, prescritta dall' art. 6, n. 5, lett. b), secondo trattino, della denominazione specifica o del numero CEE degli ingredienti elencati nell' allegato II della direttiva poteva legittimamente rifiutare, richiamandosi all' esigenza imperativa relativa alla tutela dei consumatori, lo smercio di prodotti provenienti da un altro Stato membro il quale, avendo fatto uso della facoltà concessa dall' art. 23, n. 1, lett. a), della direttiva medesima, si fosse limitato a prescrivere la sola indicazione della denominazione generica di "conservante".

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

33 Le spese sostenute dalla Commissione delle Comunità europee, che ha presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE (Quinta Sezione),

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Rechtbank van eerste aanleg di Gand con ordinanza 15 gennaio 1993, dichiara:

1) L' applicazione della normativa di uno Stato membro, che vieti lo smercio del pane e di altri prodotti della panificazione il cui tenore in sale calcolato sulla materia secca ecceda il limite massimo del 2%, ai prodotti legalmente fabbricati e messi in commercio in un altro Stato membro costituisce una misura d' effetto equivalente ad una restrizione quantitativa ai sensi dell' art. 30 del Trattato CEE.

2) Una disciplina come quella controversa nella causa principale è idonea ad ostacolare gli scambi tra Stati membri e non può considerarsi giustificata, alla stregua dell' art. 36 del Trattato CEE, da esigenze di tutela della sanità pubblica.

3) Durante il periodo di vigenza della direttiva del Consiglio 18 dicembre 1978, 79/112/CEE, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l' etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari destinati al consumatore finale, nonché la relativa pubblicità, uno Stato membro che avesse reso obbligatoria l' indicazione, prescritta dall' art. 6, n. 5, lett. b), secondo trattino, della denominazione specifica o del numero CEE degli ingredienti elencati nell' allegato II della direttiva poteva legittimamente rifiutare, richiamandosi all' esigenza imperativa relativa alla

tutela dei consumatori, lo smercio di prodotti provenienti da un altro Stato membro il quale, avendo fatto uso della facoltà concessa dall' art. 23, n. 1, lett. a), della direttiva medesima, si fosse limitato a prescrivere l' indicazione della sola denominazione generica di "conservante".

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