This document is an excerpt from the EUR-Lex website
Document 61989CJ0281
Judgment of the Court of 19 February 1991. # Italian Republic v Commission of the European Communities. # Clearance of EAGGF accounts - 1986 - Expenditure on the colouring of cereals. # Case C-281/89.
Sentenza della Corte del 19 febbraio 1991.
Repubblica italiana contro Commissione delle Comunità europee.
Liquidazione dei conti FEAOG - Esercizio 1986 - Spese di colorazione dei cereali.
Causa C-281/89.
Sentenza della Corte del 19 febbraio 1991.
Repubblica italiana contro Commissione delle Comunità europee.
Liquidazione dei conti FEAOG - Esercizio 1986 - Spese di colorazione dei cereali.
Causa C-281/89.
Raccolta della Giurisprudenza 1991 I-00347
ECLI identifier: ECLI:EU:C:1991:59
SENTENZA DELLA CORTE DEL 19 FEBBRAIO 1991. - REPUBBLICA ITALIANA CONTRO COMMISSIONE DELLE COMUNITA EUROPEE. - LIQUIDAZIONE DEI CONTI FEAOG - ESERCIZIO 1986 - SPESE DI COLORAZIONE DEI CEREALI. - CAUSA C-281/89.
raccolta della giurisprudenza 1991 pagina I-00347
Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo
++++
1. Ricorso per annullamento - Sentenza della Corte - Autorità di cosa giudicata - Portata
2. Agricoltura - FEAOG - Liquidazione dei conti - Rifiuto di prendere a carico le spese risultanti da irregolarità nell' applicazione della normativa comunitaria - Irregolarità attinente al metodo di finanziamento dell' esecuzione della normativa comunitaria - Contestazione da parte dello Stato membro interessato - Onere della prova
(Regolamento (CEE) del Consiglio n. 729/70)
1. L' autorità di cosa giudicata di una sentenza della Corte riguarda unicamente i punti di fatto e di diritto che sono stati effettivamente o necessariamente decisi dalla pronuncia giudiziale.
2. In materia di finanziamento della politica agricola comune da parte del FEAOG, incombe alla Commissione, qualora intenda rifiutare la presa in carico di una spesa dichiarata da uno Stato membro, l' onere di provare l' esistenza di una violazione delle norme comunitarie. Ove la Commissione abbia provato l' esistenza di una siffatta violazione, spetta allora allo Stato membro interessato dimostrare, se del caso, l' errore commesso dalla Commissione circa le conseguenze finanziarie da trarne.
Nel caso particolare in cui non sia possibile operare una distinzione tra l' irregolarità e le sue conseguenze finanziarie, in quanto l' irregolarità è insita nel metodo di finanziamento seguito nella realizzazione dell' operazione prescritta dalla normativa comunitaria, spetta allo Stato membro interessato, il quale dispone di tutte le informazioni relative alle condizioni in cui l' operazione si è svolta, l' onere di provare l' osservanza degli obblighi impostigli.
Nella causa C-281/89,
Repubblica italiana, rappresentata dal prof. Luigi Ferrari Bravo, capo del servizio del contenzioso diplomatico presso il ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, assistito dall' avvocato dello Stato Oscar Fiumara, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo presso la sede dell' Ambasciata d' Italia, 5, rue Marie-Adélaïde,
ricorrente,
contro
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai suoi consiglieri giuridici Dierk Booss e Giuliano Marenco, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il sig. Guido Berardis, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,
convenuta,
avente ad oggetto l' annullamento parziale della decisione della Commissione 26 giugno 1989, 89/418/CEE, recante modifica della decisione 88/630/CEE relativa alla liquidazione dei conti presentati dagli Stati membri per le spese dell' esercizio 1986 finanziate dal Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG), sezione "garanzia" (GU L 192, pag. 33).
LA CORTE,
composta dai signori G.F. Mancini, presidente di sezione, facente funzione di presidente, G.C. Rodríguez Iglesias e M. Díez de Velasco, presidenti di sezione, Sir Gordon Slynn, C.N. Kakouris, R. Joliet e P.J.G. Kapteyn, giudici,
avvocato generale: J. Mischo
cancelliere: D. Louterman, amministratore principale
vista la relazione d' udienza,
sentite le difese orali delle parti all' udienza del 7 novembre 1990,
sentite le conclusioni dell' avvocato generale, presentate all' udienza del 22 novembre 1990,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della Corte il 12 settembre 1989, la Repubblica italiana ha proposto, a norma dell' art. 173, primo comma, del Trattato CEE, un ricorso per l' annullamento parziale della decisione della Commissione 26 giugno 1989, 89/418/CEE, recante modifica della decisione 88/630/CEE relativa alla liquidazione dei conti degli Stati membri per le spese dell' esercizio 1986 finanziate dal Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (in prosieguo: il "FEAOG"), sezione "garanzia" (GU L 192, pag. 33).
2 Il regolamento (CEE) del Consiglio 26 maggio 1983, n. 1322, relativo al trasferimento di 550 000 tonnellate di frumento tenero panificabile detenute dagli organismi d' intervento francese e tedesco, prevede, tra le altre misure, il trasferimento di 450 000 tonnellate di tale frumento dall' organismo d' intervento francese all' omologo italiano ai fini della loro utilizzazione nell' alimentazione animale.
3 L' art. 5, secondo comma, del regolamento (CEE) della Commissione 6 ottobre 1983, n. 2794, relativo alla vendita sul mercato interno di 450 000 tonnellate di frumento tenero panificabile detenute dall' organismo d' intervento italiano e che modifica il regolamento (CEE) n. 1687/76 (GU L 274, pag. 18) dispone che "(...) per agevolare il controllo dell' utilizzazione nell' alimentazione degli animali, l' organismo d' intervento in questione procede ad una colorazione che consenta di identificare il prodotto" e che "la colorazione deve essere effettuata con un minimo di spesa".
4 L' organismo d' intervento italiano, l' Azienda di Stato per gli interventi nel mercato agricolo (in prosieguo: l' "AIMA"), stimava in 6,15 ECU per tonnellata la spesa necessaria per l' operazione di colorazione prescritta dal regolamento n. 2794/83 e ne chiedeva il rimborso al FEAOG (per un totale di 3 682 607 099 LIT).
5 La Commissione riteneva che le spese di colorazione dovessero costituire oggetto di un rimborso forfettario del quale, con decisione 7 giugno 1985, stabiliva l' importo in 1,17 ECU per tonnellata di cereali trattati. Il governo italiano si opponeva a un siffatto metodo di rimborso e proponeva alla Corte di giustizia un ricorso ex art. 173 del Trattato CEE onde ottenere l' annullamento della suddetta decisione. La Corte, con sentenza 4 febbraio 1988, Italia / Commissione (causa 256/85, Racc. pag. 521), accoglieva il ricorso e annullava la decisione 7 giugno 1985 nella parte in cui essa si applicava all' operazione di colorazione contemplata dal regolamento della Commissione n. 2794/83.
6 Al fine di dare esecuzione a questa sentenza, la Commissione, con telex 15 aprile 1988, invitava la Repubblica italiana ed altri Stati membri interessati a comunicarle, entro il 29 aprile 1988, le spese effettivamente sostenute per la colorazione dei cereali durante gli esercizi 1983, 1984, 1985 e 1986, nonché a fornirle la prova che il metodo di colorazione prescelto fosse quello meno costoso. A tale invito l' Italia non dava riscontro.
7 Nel corso di una visita effettuata da funzionari comunitari presso l' AIMA, alla fine del mese di ottobre del 1988, la Commissione riusciva tuttavia ad ottenere alcune informazioni da parte delle autorità italiane. Risultava che le operazioni di colorazione si erano svolte tra il 26 ottobre 1983 e il 6 ottobre 1986 ed erano state compiute singolarmente per conto dell' AIMA dagli assuntori dei servizi di magazzinaggio, mano a mano che il prodotto usciva dal magazzino per essere preso in consegna dagli acquirenti. L' AIMA aveva incaricato del controllo di tali singole operazioni una società privata, che rilasciava per ogni partita smerciata un certificato di colorazione. L' AIMA non aveva mai contattato altre imprese per effettuare operazioni di colorazione.
8 Il 26 novembre 1988, le autorità italiane trasmettevano alla Commissione ulteriori ragguagli corrispondenti alle informazioni già fornite dall' AIMA in due diversi telex, in data 7 gennaio e 5 ottobre 1984, e concernenti la ripartizione delle spese di colorazione.
9 La Commissione riteneva che tutte queste informazioni non comprovassero che il metodo prescelto dall' AIMA fosse stato il meno costoso possibile e che gli obblighi di cui all' art. 5 del regolamento n. 2794/83 non fossero di conseguenza adempiuti. Malgrado le obiezioni delle autorità italiane, la Commissione adottava infine, il 26 giugno 1989, la controversa decisione che imputa al FEAOG le spese dichiarate dalla Repubblica italiana fino ad un importo di 1,17 ECU per tonnellata di cereali colorati.
10 Per una più ampia illustrazione degli antefatti, del procedimento nonché dei motivi e degli argomenti delle parti, si fa rinvio alla relazione d' udienza. Questi elementi del fascicolo sono richiamati solo nella misura necessaria alla comprensione del ragionamento della Corte.
11 Il governo italiano deduce due motivi a sostegno del proprio ricorso. In primo luogo, la Commissione, adottando la decisione impugnata, avrebbe riaperto una questione che la Corte aveva definitivamente deciso con la citata sentenza 4 febbraio 1988 violando così il principio dell' autorità di cosa giudicata. In secondo luogo il governo italiano fa valere che esso ha fornito la prova di una spesa effettiva e che spetta alla Commissione dimostrare concretamente per quali motivi le spese dichiarate non rappresentavano il minor costo possibile.
Sull' autorità di cosa giudicata
12 Il governo italiano sostiene che la Commissione avrebbe dovuto contestare l' importo delle spese dichiarate nel corso del procedimento conclusosi con la citata sentenza 4 febbraio 1988. Essa non potrebbe ora sanare la propria omissione contestando la pertinenza delle spese suddette. L' autorità di cosa giudicata coprirebbe infatti non solo i motivi effettivamente dedotti dalle parti, ma anche gli argomenti che avrebbero potuto essere addotti e non sono stati fatti valere.
13 Secondo la Commissione questo motivo è infondato in quanto nella causa 256/85 la questione era se essa potesse legittimamente disporre il rimborso delle spese di colorazione su base forfettaria. Soltanto dopo una soluzione negativa di tale questione la Commissione poteva sollevare il problema se la colorazione fosse stata effettuata al minimo della spesa. Il punto 18 della motivazione della citata sentenza 4 febbraio 1988 avrebbe d' altronde espressamente lasciato impregiudicata tale questione.
14 Va opportunamente rilevato che l' autorità di cosa giudicata riguarda unicamente i punti di fatto e di diritto che sono stati effettivamente o necessariamente decisi dalla pronuncia giudiziale. Orbene, la sentenza summenzionata non ha deciso la questione se, ai sensi delle norme generali di finanziamento degli interventi effettuati in base alla politica agricola comune, le spese controverse andassero rimborsate forfettariamente o integralmente.
15 La presente controversia riguarda invece un diverso problema, quello cioè dell' entità delle spese dichiarate, sul quale la sentenza 4 febbraio 1988 non si è pronunciata.
16 La censura relativa all' autorità di cosa giudicata va conseguentemente disattesa.
Sull' onere della prova
17 Il governo ricorrente sostiene che l' amministrazione italiana ha correttamente dichiarato di aver sostenuto una spesa effettiva, in linea con le particolari condizioni del mercato in questione in Italia. Spetterebbe pertanto alla Commissione indicare con esattezza le ragioni dell' inaccettabilità della suddetta spesa e in particolare provare che essa non rappresentava il minor costo possibile. Non costituirebbe una valida prova il semplice rinvio al divario esistente tra le spese dichiarate dall' Italia e quelle dichiarate da altri Stati membri.
18 La Commissione sostiene invece che le operazioni di colorazione in Italia non si sono svolte secondo le norme comunitarie. Infatti l' art. 5 del citato regolamento n. 2794/83 impone agli Stati membri un preciso obbligo di risultato: la colorazione dev' essere effettuata con un minimo di spesa. L' osservanza di questa disposizione implica necessariamente un obbligo di confronto. Ora, nella fattispecie, le autorità italiane non hanno effettuato alcun confronto. La Commissione osserva che a fronte di una siffatta irregolarità la giurisprudenza della Corte le consentiva di rifiutare qualsiasi rimborso. Essa asserisce di aver tuttavia preferito prendere in considerazione, per motivi di equità, la spesa che sarebbe risultata da un più efficiente modo di effettuazione della colorazione.
19 Al riguardo, vanno innanzitutto richiamati i principi generali sull' onere della prova in materia di finanziamento della politica agricola comune. Secondo una costante giurisprudenza della Corte, incombe alla Commissione l' onere di provare l' esistenza di una violazione delle norme dell' organizzazione comune dei mercati agricoli (v. sentenze 24 marzo 1988, Regno Unito / Commissione, causa 347/85, Racc. pag. 1749, 2 febbraio 1989, Paesi Bassi / Commissione, causa 262/87, Racc. pag. 225, e 10 luglio 1990, Repubblica ellenica / Commissione, causa C-335/87, Racc. pag. I-2875). Ove la Commissione abbia provato l' esistenza di una siffatta violazione, spetta allora allo Stato membro interessato dimostrare, se del caso, l' errore commesso dalla Commissione circa le conseguenze finanziarie da trarne.
20 Va poi rilevato che la suddetta giurisprudenza postula che possa farsi una distinzione fra l' esistenza dell' irregolarità eventualmente commessa e le sue conseguenze finanziarie. Tuttavia una simile distinzione è impossibile nel caso di specie, nel quale la trasgressione della prescrizione di cui all' art. 5, secondo comma, ultima frase, del citato regolamento n. 2794/83 si ricollega direttamente al metodo di finanziamento dell' operazione di cui trattasi e dunque alle sue conseguenze finanziarie. Come ha osservato l' avvocato generale al punto 16 delle sue conclusioni, la trasgressione consiste proprio nel fatto che il costo dell' operazione controversa non è stato quello minimo. Disponendo lo Stato membro interessato di tutte le informazioni relative alle condizioni in cui l' operazione in parola si è svolta, l' onere di provare l' osservanza della disposizione comunitaria è a suo carico.
21 Occorre pertanto esaminare la questione se l' amministrazione italiana abbia dimostrato che l' operazione di colorazione di cui all' art. 5, secondo comma, del regolamento n. 2794/83 è stata effettuata con un minimo di spesa. Una siffatta prova deve quantomeno comportare la dimostrazione che il metodo di colorazione prescelto fosse meno oneroso rispetto ad altri e che fosse impossibile seguire un metodo diverso.
22 Risulta dagli atti che l' amministrazione italiana ha fornito la prova che l' operazione di colorazione era stata effettuata e ha prodotto l' elenco degli elementi in cui si scompongono i costi di questa operazione: tipo e costi del colorante utilizzato, costi di diluizione, spese per attrezzature e certificazioni nonché spese di uscita dai sili. Tuttavia essa non ha trasmesso alla Commissione alcun elemento atto a dimostrare che le spese così sostenute per l' operazione fossero le meno elevate possibili. Infatti l' amministrazione non ha provato né che il metodo di colorazione seguito fosse il meno costoso rispetto ad altri metodi né che lo stesso metodo, pur presentando taluni vantaggi pratici, fosse l' unico possibile nella fattispecie.
23 Non è stata dunque provata l' osservanza dell' obbligo derivante dall' art. 5, secondo comma, ultima frase, del regolamento n. 2794/83.
24 Dalla giurisprudenza della Corte risulta che, in tale situazione, la Commissione era legittimata a rifiutare l' imputazione delle spese dichiarate al FEAOG ovvero a rimborsare soltanto una parte delle spese dichiarate (v. sentenze 25 novembre 1987, Italia / Commissione, causa 342/85, Racc. pag. 4677, e 24 marzo 1988, Regno Unito / Commissione, precitata). La Commissione dispone in tali casi di un potere discrezionale nel valutare l' importo delle spese che vanno poste a carico del FEAOG. Nella fattispecie, la Commissione aveva il potere di fissare i costi in 1,17 ECU per tonnellata, importo corrispondente alla media ponderata delle spese dichiarate dagli altri Stati membri.
25 Il secondo motivo della ricorrente va pertanto respinto.
Sulle spese
26 A norma dell' art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese. La Repubblica italiana è rimasta soccombente e va quindi condannata alle spese.
Per questi motivi,
LA CORTE
dichiara e statuisce:
1) Il ricorso è respinto.
2) La Repubblica italiana è condannata alle spese.