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Document 32023R2675

Regolamento (UE) 2023/2675 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 novembre 2023, sulla protezione dell’Unione e dei suoi Stati membri dalla coercizione economica da parte di paesi terzi

PE/34/2023/REV/1

GU L, 2023/2675, 7.12.2023, ELI: http://data.europa.eu/eli/reg/2023/2675/oj (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, GA, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

Legal status of the document In force

ELI: http://data.europa.eu/eli/reg/2023/2675/oj

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Gazzetta ufficiale
dell'Unione europea

IT

Serie L


2023/2675

7.12.2023

REGOLAMENTO (UE) 2023/2675 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO

del 22 novembre 2023

sulla protezione dell’Unione e dei suoi Stati membri dalla coercizione economica da parte di paesi terzi

(Testo rilevante ai fini del SEE)

IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 207, paragrafo 2,

vista la proposta della Commissione europea,

previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,

deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (1),

considerando quanto segue:

(1)

A norma dell’articolo 3, paragrafo 5, del trattato sull’Unione europea (TUE), nelle relazioni con il resto del mondo l’Unione afferma e promuove i suoi valori e interessi, contribuendo alla protezione dei suoi cittadini e, tra l’altro, alla solidarietà e al rispetto reciproco tra i popoli nonché alla rigorosa osservanza e allo sviluppo del diritto internazionale, in particolare al rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite («Carta dell’ONU»).

(2)

A norma dell’articolo 21, paragrafo 1, primo comma, TUE, l’azione dell’Unione sulla scena internazionale si fonda su principi quali lo Stato di diritto, l’uguaglianza e la solidarietà e il rispetto dei principi della Carta dell’ONU e del diritto internazionale. A norma dell’articolo 21, paragrafo 1, secondo comma, TUE, l’Unione promuove inoltre soluzioni multilaterali ai problemi comuni.

(3)

A norma degli articoli 1 e 2 della Carta dell’ONU, uno dei fini delle Nazioni Unite è lo sviluppo tra le nazioni di relazioni amichevoli conformemente, tra l’altro, al principio di sovrana uguaglianza.

(4)

L’articolo 21, paragrafo 2, TUE prevede che l’Unione definisca e attui politiche e azioni comuni e operi per assicurare un elevato livello di cooperazione in tutti i settori delle relazioni internazionali, tra l’altro al fine di salvaguardare i suoi valori, i suoi interessi fondamentali, la sua indipendenza e la sua integrità, consolidare e sostenere lo Stato di diritto e i principi del diritto internazionale.

(5)

La dichiarazione relativa ai principi del diritto internazionale concernenti le relazioni amichevoli e la cooperazione fra gli Stati in conformità della Carta delle Nazioni Unite, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 24 ottobre 1970, stabilisce che le relazioni internazionali devono essere condotte in conformità con i principi di sovrana uguaglianza e non intervento. Tale dichiarazione prevede inoltre, in relazione al principio relativo all’obbligo di non intervenire in questioni che rientrano nella giurisdizione nazionale di ciascuno Stato, che nessuno Stato può applicare misure coercitive economiche, politiche o di qualunque altra natura, o incoraggiarne l’uso, per costringere un altro Stato a subordinare l’esercizio dei suoi diritti sovrani e per ottenere da questo vantaggi di qualsiasi genere, il che rispecchia il diritto internazionale consuetudinario ed è pertanto vincolante nelle relazioni tra i paesi terzi, da un lato, e tra l’Unione e i suoi Stati membri, dall’altro. Inoltre, le norme di diritto internazionale consuetudinario in materia di responsabilità dello Stato per atti internazionalmente illeciti si riflettono negli articoli della commissione del diritto internazionale delle Nazioni Unite sulla responsabilità degli Stati per atti internazionalmente illeciti (Articles on the Responsibility of States for Internationally Wrongful Acts – ARSIWA), adottati nel 2001 dalla commissione del diritto internazionale delle Nazioni Unite in occasione della sua cinquantatreesima sessione, e di cui l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha preso atto nella risoluzione 56/83. Tali norme sono vincolanti nelle relazioni tra i paesi terzi, da un lato, e l’Unione e i suoi Stati membri, dall’altro.

(6)

La moderna economia mondiale interconnessa aumenta i rischi di coercizione economica, in quanto fornisce ai paesi maggiori mezzi per tale coercizione, compresi mezzi ibridi. È auspicabile che l’Unione contribuisca alla creazione, allo sviluppo e al chiarimento di quadri internazionali per la prevenzione e l’eliminazione delle situazioni di coercizione economica.

(7)

Pur operando sempre nel quadro del diritto internazionale, è essenziale che l’Unione disponga di uno strumento adeguato per scoraggiare e contrastare la coercizione economica da parte dei paesi terzi al fine di salvaguardare i suoi diritti e interessi e quelli dei suoi Stati membri. Ciò vale in particolare quando paesi terzi interferiscono nelle legittime scelte sovrane dell’Unione o di uno Stato membro applicando o minacciando di applicare misure che incidono sugli scambi o sugli investimenti al fine di impedire o ottenere la cessazione, la modifica o l’adozione di un particolare atto da parte dell’Unione o di uno Stato membro, compresa l’espressione della posizione da parte di un’istituzione, un organo o un organismo dell’Unione o di uno Stato membro. Le misure che incidono sugli scambi o sugli investimenti comprendono non solo azioni adottate nel territorio del paese terzo interessato e che hanno effetti al suo interno, ma anche le azioni lesive delle attività economiche nell’Unione, intraprese dal paese terzo, anche tramite entità controllate o dirette dal paese terzo e che sono presenti nell’Unione. Il termine «paese terzo» dovrebbe essere inteso come comprendente non solo uno Stato terzo, ma anche un territorio doganale separato o un altro soggetto di diritto internazionale, in quanto anche tali entità sono in grado di esercitare coercizione economica. L’uso di tale termine e l’applicazione del presente regolamento non hanno alcuna incidenza sulla sovranità. Inoltre, il presente regolamento dovrebbe essere applicato in conformità della posizione dell’Unione in relazione al paese terzo interessato.

(8)

Il presente regolamento mira a garantire una risposta dell’Unione efficace, efficiente e rapida alla coercizione economica. In particolare, mira a scoraggiare la coercizione economica nei confronti dell’Unione o di uno Stato membro e a consentire all’Unione, in ultima istanza, di contrastare la coercizione economica mediante misure di risposta dell’Unione. Il presente regolamento lascia impregiudicati gli strumenti dell’Unione esistenti e gli accordi internazionali conclusi dall’Unione, nonché le azioni intraprese in virtù degli stessi che sono conformi al diritto internazionale, nel settore della politica commerciale comune, e altre politiche dell’Unione.

(9)

La coercizione economica da parte di paesi terzi può essere diretta contro azioni di politica estera dell’Unione o di uno Stato membro e l’accertamento dell’esistenza di coercizione economica e le relative risposte alla stessa possono avere implicazioni significative per le relazioni con i paesi terzi. È necessario garantire risposte coerenti in settori d’intervento distinti ma correlati. Il presente regolamento lascia impregiudicata un’eventuale azione dell’Unione a norma delle disposizioni specifiche del titolo V, capo 2, TUE, della quale si dovrebbe tenere debitamente conto nel valutare qualsiasi risposta alla coercizione economica esercitata da un paese terzo.

(10)

La coercizione economica nei confronti di uno Stato membro da parte di un paese terzo incide sul mercato interno dell’Unione e sull’Unione nel suo complesso. Gli Stati membri da soli non possono contrastare la coercizione economica da parte di paesi terzi attraverso misure che rientrano nel settore della politica commerciale comune. Data la competenza esclusiva conferita all’Unione dall’articolo 207 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), solo l’Unione è autorizzata ad agire. Inoltre, è possibile che gli Stati membri, in quanto soggetti distinti ai sensi del diritto internazionale, non siano autorizzati a contrastare la coercizione economica dell’Unione da parte di paesi terzi. Pertanto è necessario che gli strumenti per conseguire efficacemente tali obiettivi siano creati a livello dell’Unione. Il presente regolamento lascia impregiudicata la ripartizione delle competenze tra l’Unione e i suoi Stati membri.

(11)

In ottemperanza al principio di proporzionalità, per creare un quadro efficace e globale per l’azione dell’Unione contro la coercizione economica, è necessario e opportuno stabilire norme relative all’esame, all’accertamento e al contrasto della coercizione economica da parte dei paesi terzi. Le misure di risposta dell’Unione dovrebbero essere precedute da un esame dei fatti, da un accertamento dell’esistenza della coercizione economica e, ove possibile e a condizione che il paese terzo si impegni anch’esso in buona fede, da sforzi per trovare una soluzione in cooperazione con il paese terzo interessato. Le eventuali misure istituite dall’Unione dovrebbero essere proporzionate al pregiudizio per l’Unione e non dovrebbero superarlo. I criteri per selezionare ed elaborare le misure di risposta dell’Unione dovrebbero tenere conto in particolare dell’efficacia delle misure di risposta dell’Unione nell’indurre la cessazione della coercizione economica e, se richiesto, della riparazione del pregiudizio per l’Unione, nonché della necessità di evitare o ridurre al minimo gli effetti collaterali, la complessità amministrativa sproporzionata e gli oneri e i costi imposti, in particolare, agli operatori economici dell’Unione, nonché dell’interesse dell’Unione. Il presente regolamento si limita pertanto a quanto necessario per conseguire tali obiettivi, in conformità dell’articolo 5, paragrafo 4, TUE.

(12)

Qualsiasi azione intrapresa dall’Unione sulla base del presente regolamento dovrebbe essere conforme al diritto internazionale, compreso il diritto internazionale consuetudinario. Tra gli accordi internazionali conclusi dall’Unione e dagli Stati membri, l’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) è la pietra angolare del sistema commerciale multilaterale basato su regole. È pertanto importante che l’Unione continui a sostenere tale sistema, imperniato sull’OMC, e, se del caso, a utilizzare il suo sistema di risoluzione delle controversie.

(13)

Il diritto internazionale consuetudinario, come si evince dall’articolo 22 e dagli articoli da 49 a 53 dell’ARSIWA, consente, a determinate condizioni quali la proporzionalità e la notifica preventiva, l’imposizione di contromisure, vale a dire misure che sarebbero altrimenti in contrasto con gli obblighi internazionali della parte lesa nei confronti del paese responsabile di una violazione del diritto internazionale e che mirano a ottenere la cessazione della violazione o il risarcimento della stessa. Di conseguenza, le misure di risposta dell’Unione potrebbero consistere, se necessario, non solo in misure conformi agli obblighi internazionali dell’Unione, ma anche nell’inadempimento degli obblighi internazionali nei confronti del paese terzo interessato, nel caso in cui la coercizione economica del paese terzo costituisca un atto internazionalmente illecito. In base al diritto internazionale, conformemente al principio di proporzionalità, le contromisure devono essere commisurate al pregiudizio subito, tenendo conto della gravità dell’atto internazionalmente illecito e dei diritti in questione. A tale riguardo, ai sensi del diritto internazionale il pregiudizio per l’Unione o uno Stato membro si intende comprensivo del pregiudizio per gli operatori economici dell’Unione all’interno della stessa.

(14)

Qualora la coercizione economica costituisca un atto internazionalmente illecito, l’Unione dovrebbe chiedere al paese terzo interessato, se del caso, oltre alla cessazione della coercizione economica, di riparare qualsiasi pregiudizio per l’Unione, conformemente all’articolo 31 e agli articoli da 34 a 39 dell’ARSIWA. Qualora l’Unione ottenga un risarcimento del pregiudizio per gli operatori dell’Unione, l’Unione potrebbe, se del caso e nella misura del possibile, prendere in considerazione il trasferimento di tale risarcimento agli operatori dell’Unione che hanno subito perdite a causa della coercizione economica.

(15)

A norma del diritto internazionale la coercizione è vietata e costituisce pertanto un atto illecito quando un paese mette in atto misure quali restrizioni agli scambi o agli investimenti tali da indurre un altro paese a compiere od omettere di compiere un’azione rientrante nella sua sovranità senza esservi tenuto a norma del diritto internazionale, e quando la coercizione raggiunge una certa soglia qualitativa o quantitativa, a seconda degli obiettivi perseguiti e dei mezzi impiegati. La Commissione e il Consiglio dovrebbero tenere conto di criteri qualitativi e quantitativi che contribuiscono a determinare se il paese terzo interferisca nelle legittime scelte sovrane dell’Unione o di uno Stato membro e se la sua azione costituisca una coercizione economica che richiede una risposta dell’Unione. Tra tali criteri dovrebbero figurare elementi che caratterizzino, dal punto di vista sia qualitativo che quantitativo, in particolare la forma, gli effetti e lo scopo delle misure che il paese terzo sta attuando. L’applicazione di tali criteri garantirebbe che solo una coercizione economica con un impatto sufficientemente grave o, qualora la coercizione economica consista in una minaccia, che solo una minaccia credibile rientri nell’ambito di applicazione del presente regolamento. Inoltre, la Commissione e il Consiglio dovrebbero esaminare attentamente se il paese terzo persegua una causa legittima, in quanto il suo obiettivo è difendere una preoccupazione riconosciuta a livello internazionale come, tra l’altro, il mantenimento della pace e della sicurezza internazionali, la tutela dei diritti umani, la protezione dell’ambiente o la lotta ai cambiamenti climatici.

(16)

Ai sensi del diritto internazionale consuetudinario gli atti compiuti da paesi terzi si intendono comprensivi di tutte le forme di azione o omissione, comprese le minacce, attribuibili a uno Stato in virtù del diritto internazionale consuetudinario. L’articolo 2, lettera a), e gli articoli da 4 a 11 dell’ARSIWA confermano che il diritto internazionale consuetudinario considera come atto di uno Stato, in particolare: il comportamento di un organo dello Stato, di una persona o di un ente che non è un organo dello Stato ma che è abilitato dal diritto di tale Stato a esercitare prerogative dell’autorità di governo, il comportamento di un organo messo a disposizione di uno Stato da parte di un altro Stato, il comportamento di una persona o di un gruppo di persone che agiscono su istruzione o sotto la direzione o il controllo di tale Stato nel porre in essere quel comportamento, il comportamento di una persona o di un gruppo di persone che esercitano prerogative dell’autorità di governo in caso di assenza o omissione delle autorità ufficiali e in circostanze tali da richiedere l’esercizio di quelle prerogative, nonché il comportamento che lo Stato riconosce e adotta come proprio.

(17)

La Commissione dovrebbe esaminare se una misura di un paese terzo costituisca coercizione economica. La Commissione dovrebbe effettuare tale esame sulla base delle informazioni ricevute da qualsiasi fonte affidabile, compresi le persone fisiche e giuridiche, il Parlamento europeo, uno Stato membro o i sindacati. Al fine di accertare se un paese terzo applichi o minacci di applicare misure che incidono sugli scambi o sugli investimenti e costituiscono una coercizione economica, la valutazione della Commissione e del Consiglio dovrebbe basarsi su fatti.

(18)

Al fine di garantire condizioni uniformi di esecuzione del presente regolamento e in considerazione della natura unica della coercizione economica che incide sugli scambi e sugli investimenti, è opportuno attribuire al Consiglio competenze di esecuzione per accertare la coercizione economica e se sia opportuno chiedere la riparazione del pregiudizio per l’Unione. L’attribuzione di competenze di esecuzione al Consiglio è limitata alle circostanze derivanti dalla coercizione economica e non deve essere considerata un precedente.

(19)

La Commissione, a seguito del suo esame e qualora concluda che la misura del paese terzo costituisce una coercizione economica, dovrebbe presentare al Consiglio una proposta relativa a un atto di esecuzione che stabilisca che la misura del paese terzo soddisfa le condizioni perché sussista una coercizione economica. In tale proposta, la Commissione dovrebbe includere un termine indicativo entro cui valutare se siano soddisfatte le condizioni per l’adozione di misure di risposta dell’Unione. Se opportuno, la Commissione dovrebbe altresì presentare una proposta relativa a un atto di esecuzione del Consiglio in virtù del quale l’Unione richieda al paese terzo di riparare il pregiudizio arrecatole. Inoltre, la coercizione economica può avere un’incidenza sull’Unione o su qualsiasi Stato membro e creare pertanto la necessità di agire rapidamente a norma del presente regolamento e in conformità dei principi dell’Unione di solidarietà tra Stati membri e di leale cooperazione. Di conseguenza, il Consiglio dovrebbe agire rapidamente e compiere tutti gli sforzi necessari per adottare una decisione entro 8 settimane dalla presentazione della proposta da parte della Commissione. Nell’esercizio delle proprie competenze di esecuzione, il Consiglio dovrebbe agire conformemente alle condizioni per l’esistenza della coercizione economica e ai criteri per determinare se sia opportuno richiedere al paese terzo di riparare il pregiudizio per l’Unione.

(20)

Nel tentativo di garantire la cessazione della coercizione economica e, ove richiesto, la riparazione del pregiudizio per l’Unione, l’Unione dovrebbe cercare una soluzione rapida ed equa della questione. Di conseguenza, la Commissione dovrebbe offrire adeguate possibilità di consultazione con il paese terzo interessato e, se questo è pronto ad avviare consultazioni in buona fede, procedervi rapidamente. Nel corso di tali consultazioni, la Commissione dovrebbe impegnarsi a esaminare mezzi quali negoziati diretti, sottoporre la questione a un procedimento di risoluzione delle controversie internazionale o a mediazione, conciliazione o ai buoni uffici di terzi, fatta salva la ripartizione delle competenze tra l’Unione e gli Stati membri. In particolare, allorché il paese terzo sospende la coercizione economica e accetta di sottoporre la questione a un procedimento di risoluzione delle controversie internazionale, è auspicabile che sia concluso, se necessario, un accordo internazionale con il paese terzo in parola. L’accordo internazionale potrebbe essere concluso dall’Unione, in conformità dell’articolo 218 TFUE, o dallo Stato membro interessato.

(21)

L’Unione dovrebbe sostenere i paesi terzi colpiti da coercizione economica identica o simile, o altri paesi terzi interessati, e cooperare con essi. L’Unione dovrebbe partecipare al coordinamento internazionale in tutti i consessi bilaterali, plurilaterali o multilaterali idonei alla prevenzione o all’eliminazione della coercizione economica. La Commissione dovrebbe esprimere la posizione dell’Unione previa consultazione del Consiglio conformemente ai trattati se del caso e, ove opportuno, con la partecipazione degli Stati membri.

(22)

È auspicabile che l’Unione utilizzi in modo proattivo tutti i mezzi di dialogo disponibili con il paese terzo interessato, quali i negoziati, il procedimento di risoluzione delle controversie o la mediazione, e che imponga misure di risposta unicamente nei casi in cui tali mezzi non portino alla cessazione immediata ed effettiva della coercizione economica e, nei casi in cui ciò sia opportuno e richiesto dall’Unione al paese terzo interessato, alla riparazione del pregiudizio per l’Unione e qualora sia necessario agire per tutelare gli interessi e i diritti dell’Unione e dei suoi Stati membri ai sensi del diritto internazionale e agire in tal senso sia nell’interesse dell’Unione. È opportuno che il presente regolamento stabilisca le norme e le procedure applicabili per l’istituzione e l’applicazione di misure di risposta dell’Unione e consenta un’azione rapida ove necessario per preservare l’efficacia di tali misure.

(23)

Le misure di risposta dell’Unione adottate in conformità del presente regolamento dovrebbero essere selezionate e concepite sulla base di criteri oggettivi, tra cui l’efficacia delle misure nell’indurre la cessazione della coercizione economica e, se del caso, la riparazione del pregiudizio per l’Unione, l’assistenza che possono fornire agli operatori economici dell’Unione che sono colpiti da coercizione economica, l’obiettivo di evitare o ridurre al minimo gli effetti economici o di altra natura negativi per l’Unione e l’assenza di oneri e costi amministrativi sproporzionati nell’applicazione delle misure di risposta dell’Unione. È opportuno preservare il contesto degli investimenti e l’economia della conoscenza dell’Unione. È essenziale che la selezione e la concezione delle misure di risposta dell’Unione tengano conto dell’interesse dell’Unione, il che include, tra l’altro, gli interessi delle industrie dell’Unione a monte e a valle e dei consumatori finali dell’Unione. Nel valutare le misure di risposta dell’Unione, la Commissione dovrebbe privilegiare misure che non incidano in maniera sproporzionata sulla certezza del diritto e la prevedibilità delle misure per gli operatori economici, né sull’amministrazione delle pertinenti normative nazionali. Nel valutare le misure di risposta dell’Unione che incidono sulle autorizzazioni, le registrazioni, le licenze o altri diritti ai fini di attività commerciali, la Commissione dovrebbe privilegiare misure che incidano sulle procedure applicate a livello di Unione e basate sul diritto derivato o, se tali misure non sono adatte, misure in settori in cui esiste un’estesa legislazione dell’Unione. Le misure di risposta dell’Unione non dovrebbero interferire con le decisioni amministrative basate sulla valutazione di prove scientifiche. Le misure di risposta dell’Unione dovrebbero essere selezionate da un’ampia gamma di opzioni al fine di consentire l’adozione delle misure più idonee in ogni caso specifico.

(24)

L’Unione dovrebbe poter adottare misure di risposta dell’Unione di portata generale concepite in modo tale da incidere su determinati settori, regioni od operatori del paese terzo interessato. L’Unione dovrebbe altresì poter adottare misure di risposta dell’Unione che si applichino a determinate persone fisiche o giuridiche che sono connesse o collegate al governo del paese terzo e che svolgono o possono svolgere le attività di cui all’articolo 207 TFUE. Tali misure mirate di risposta dell’Unione possono indurre la rapida cessazione della coercizione economica, evitando o riducendo al minimo nel contempo gli effetti negativi di tale coercizione sulle economie degli Stati membri, sugli operatori economici e sui consumatori finali dell’Unione.

(25)

Nell’ambito della risposta dell’Unione intesa a indurre i paesi terzi a cessare la coercizione economica, la Commissione può anche adottare misure a norma di strumenti giuridici, diversi dal presente regolamento, che le conferiscono poteri specifici, ad esempio per quanto riguarda la concessione di finanziamenti dell’Unione o la possibilità di limitare la partecipazione ai programmi quadro di ricerca e innovazione dell’Unione, in conformità delle procedure ivi stabilite. Il presente regolamento lascia impregiudicate le norme e le procedure previste da tali altri strumenti giuridici. La Commissione dovrebbe garantire il coordinamento dell’adozione delle misure di cui all’allegato I con le misure adottate a norma di atti giuridici dell’Unione diversi dal presente regolamento. In particolare, la risposta globale dell’Unione dovrebbe essere proporzionata e non superare il grado di pregiudizio per l’Unione. Fatti salvi eventuali obblighi di comunicazione nei confronti del Parlamento europeo o del Consiglio previsti da tali altri strumenti giuridici, è opportuno che la Commissione tenga informati il Parlamento europeo e il Consiglio in merito alle azioni intraprese nell’ambito di tali strumenti sincronizzati con le misure di risposta dell’Unione.

(26)

Al fine di determinare le misure di risposta dell’Unione è opportuno stabilire norme in materia di origine dei beni o dei servizi e di nazionalità dei prestatori di servizi, degli investimenti e dei titolari di diritti di proprietà intellettuale. Le norme in materia di origine e nazionalità dovrebbero essere determinate alla luce delle norme vigenti in materia di scambi e investimenti non preferenziali applicabili ai sensi del diritto dell’Unione e degli accordi internazionali conclusi dall’Unione.

(27)

Al fine di ottenere la cessazione della coercizione economica in un caso determinato e, ove opportuno, la riparazione del pregiudizio causato, le misure di risposta dell’Unione consistenti in restrizioni agli investimenti esteri diretti o agli scambi di servizi dovrebbero applicarsi solo ai servizi prestati o agli investimenti diretti effettuati all’interno dell’Unione da una o più persone giuridiche stabilite nell’Unione e che sono di proprietà di persone del paese terzo interessato o da loro controllate, ove necessario per garantire l’efficacia delle misure di risposta dell’Unione e in particolare per impedirne l’elusione. La decisione di imporre tali restrizioni dovrebbe essere debitamente motivata negli atti di esecuzione adottati a norma del presente regolamento alla luce dei criteri specificati nello stesso.

(28)

Dopo l’adozione delle misure di risposta dell’Unione, la Commissione dovrebbe valutare costantemente la situazione della coercizione economica, l’efficacia delle misure di risposta dell’Unione e i loro effetti sugli interessi dell’Unione, al fine di adeguarle, sospenderle o abolirle di conseguenza. È pertanto necessario stabilire le norme e le procedure per la modifica, la sospensione e la cessazione delle misure di risposta dell’Unione e le circostanze in cui la loro modifica, sospensione o cessazione sia adeguata.

(29)

È essenziale prevedere opportunità di coinvolgimento dei portatori di interessi, tra cui le imprese, ai fini dell’adozione e della modifica delle misure di risposta dell’Unione e, se del caso, ai fini della loro sospensione e cessazione, in considerazione del potenziale impatto su tali portatori di interessi.

(30)

Alla luce della coercizione economica da parte di paesi terzi, e in particolare della sua frequenza e gravità, la Commissione dovrebbe fornire, ai fini della coerenza con qualsiasi atto giuridico dell’Unione pertinente, un punto di contatto unico per il funzionamento del presente regolamento e di conseguenza agire allo scopo di garantire che l’Unione sia in grado di anticipare meglio la coercizione economica e rispondervi in modo più efficace.

(31)

È importante garantire che il Parlamento europeo e il Consiglio siano informati regolarmente e tempestivamente dei pertinenti sviluppi nell’applicazione del presente regolamento e, se del caso, abbiano la possibilità di scambiare opinioni con la Commissione.

(32)

Al fine di consentire l’adeguamento delle norme di origine o nazionalità per tenere conto dei pertinenti sviluppi degli strumenti internazionali e dell’esperienza acquisita nell’applicazione delle misure previste dal presente regolamento o da altri atti dell’Unione, è opportuno delegare alla Commissione il potere di adottare atti conformemente all’articolo 290 TFUE per la modifica dell’allegato II. È di particolare importanza che durante i lavori preparatori la Commissione svolga adeguate consultazioni, anche a livello di esperti, nel rispetto dei principi stabiliti nell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» del 13 aprile 2016 (2). In particolare, al fine di garantire la parità di partecipazione alla preparazione degli atti delegati, il Parlamento europeo e il Consiglio ricevono tutti i documenti contemporaneamente agli esperti degli Stati membri, e i loro esperti hanno sistematicamente accesso alle riunioni dei gruppi di esperti della Commissione incaricati della preparazione di tali atti delegati.

(33)

È opportuno attribuire alla Commissione competenze di esecuzione al fine di garantire condizioni uniformi di attuazione delle misure di risposta dell’Unione ai sensi del presente regolamento. È altresì opportuno che tali competenze siano esercitate conformemente al regolamento (EU) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (3).

(34)

Per l’adozione delle misure di risposta dell’Unione e la loro modifica, sospensione o cessazione, dato che tali misure determinano la risposta dell’Unione alla coercizione economica che rientra nell’ambito di applicazione del presente regolamento, è opportuno far ricorso alla procedura d’esame. Tenuto conto della natura specifica del presente regolamento e della particolare sensibilità connessa alle misure di risposta dell’Unione, la Commissione non dovrebbe adottare un progetto di atto di esecuzione su eventuali misure di risposta dell’Unione ove il comitato non si pronuncia sul medesimo. Nell’esercizio delle sue competenze di esecuzione, la Commissione dovrebbe prestare particolare attenzione alle soluzioni che godono del più ampio sostegno possibile tra gli Stati membri e, in tutte le fasi della procedura, anche in seno al comitato di appello, trovando soluzioni equilibrate ed evitando di andare contro qualsiasi posizione prevalente tra gli Stati membri, soprattutto per quanto riguarda l’adeguatezza di un progetto di atto di esecuzione.

(35)

Ove sussistano, in casi debitamente giustificati connessi alla modifica o alla sospensione delle misure di risposta dell’Unione, imperativi motivi d’urgenza che richiedano un’azione sollecita per evitare danni irreparabili all’Unione o a uno Stato membro o per garantire la coerenza con il diritto internazionale, è opportuno che la Commissione adotti atti di esecuzione immediatamente applicabili. Tale azione sollecita potrebbe impedire che la coercizione economica provochi o peggiori eventuali danni economici, in particolare al fine di tutelare interessi sensibili e vitali dell’Unione o di uno Stato membro.

(36)

Tutte le azioni intraprese a norma del presente regolamento, tra cui l’adozione di misure di risposta dell’Unione che si applicano a determinate persone fisiche o giuridiche, devono rispettare la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Inoltre, il trattamento dei dati personali a norma del presente regolamento deve essere conforme alle disposizioni applicabili in materia di protezione dei dati personali. Il trattamento di dati personali da parte di funzionari degli Stati membri che ottengono informazioni nel quadro del presente regolamento deve avvenire in conformità del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio (4). Il trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni dell’Unione deve avvenire nel rispetto del regolamento (UE) 2018/1725 del Parlamento europeo e del Consiglio (5).

(37)

La Commissione dovrebbe valutare le misure di risposta dell’Unione adottate a norma del presente regolamento per quanto riguarda la loro efficacia e il loro funzionamento e, ove opportuno, trarre conclusioni ai fini di future misure di risposta dell’Unione. È altresì opportuno che la Commissione riesamini il presente regolamento dopo aver acquisito sufficiente esperienza con la sua applicazione e la sua attuazione, come pure il suo rapporto con altre politiche dell’Unione e con gli strumenti giuridici esistenti, compreso il regolamento (CE) n. 2271/96 del Consiglio (6). Il riesame del presente regolamento dovrebbe riguardare l’ambito di applicazione, il funzionamento, l’efficienza e l’efficacia. La Commissione dovrebbe riferire in merito alla propria valutazione al Parlamento europeo e al Consiglio,

HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

Articolo 1

Oggetto e ambito di applicazione

1.   Il presente regolamento si applica in caso di coercizione economica esercitata da un paese terzo. Esso stabilisce norme e procedure per garantire l’efficace tutela degli interessi dell’Unione e dei suoi Stati membri dalla coercizione economica esercitata da un paese terzo.

2.   Il presente regolamento istituisce un quadro che permette all’Unione di rispondere alla coercizione economica con l’obiettivo di scoraggiarla o di ottenerne la cessazione, e che consente nel contempo all’Unione, in ultima istanza, di contrastarla mediante misure di risposta dell’Unione.

Il presente regolamento istituisce inoltre un quadro che permette all’Unione di chiedere, se del caso, la riparazione del pregiudizio per l’Unione.

3.   Qualsiasi azione intrapresa a norma del presente regolamento deve essere conforme al diritto internazionale e condotta nel contesto dei principi e degli obiettivi dell’azione esterna dell’Unione.

4.   Il presente regolamento si applica fatti salvi gli strumenti dell’Unione esistenti e gli accordi internazionali conclusi dall’Unione, nonché le azioni intraprese in virtù degli stessi che sono conformi al diritto internazionale, nel settore della politica commerciale comune, e altre politiche dell’Unione.

5.   Il presente regolamento non pregiudica la ripartizione delle competenze tra l’Unione e i suoi Stati membri sancita dai trattati.

Articolo 2

Coercizione economica

1.   Ai fini del presente regolamento, si ha coercizione economica allorché un paese terzo applica o minaccia di applicare una misura che incide sugli scambi o sugli investimenti al fine di impedire od ottenere la cessazione, la modifica o l’adozione di un particolare atto da parte dell’Unione o di uno Stato membro, interferendo in tal modo nelle legittime scelte sovrane dell’Unione o di uno Stato membro.

2.   Nel determinare se le condizioni di cui al paragrafo 1 siano soddisfatte, la Commissione e il Consiglio tengono conto di quanto segue:

a)

l’intensità, la gravità, la frequenza, la durata, l’ampiezza e l’entità della misura del paese terzo, incluso il suo impatto sulle relazioni in materia di scambi e investimenti con l’Unione, e la pressione che ne deriva per l’Unione o per uno Stato membro;

b)

se il paese terzo segua un modello di interferenza che cerca di impedire od ottenere particolari atti dell’Unione, di uno Stato membro o di un altro paese terzo;

c)

fino a che punto la misura del paese terzo interferisca con uno spazio di sovranità dell’Unione o di uno Stato membro;

d)

se il paese terzo agisca sulla base di una legittima preoccupazione riconosciuta a livello internazionale;

e)

se e in che modo il paese terzo, prima dell’istituzione o dell’applicazione della misura del paese terzo, abbia compiuto seri tentativi, in buona fede, per risolvere la questione mediante un coordinamento o un procedimento di risoluzione delle controversie internazionali, a livello bilaterale o in una sede internazionale.

Articolo 3

Definizioni

Ai fini del presente regolamento si applicano le definizioni seguenti:

1)

«misura del paese terzo»: qualsiasi azione od omissione che può essere imputata a un paese terzo a norma del diritto internazionale;

2)

«particolare atto»: qualsiasi atto giuridico o di altra natura, inclusa l’espressione di una posizione, da parte di un’istituzione, organo o organismo dell’Unione, di uno Stato membro o di un paese terzo;

3)

«pregiudizio per l’Unione»: un impatto negativo, incluso un danno economico, subito dall’Unione o da uno Stato membro, inclusi gli operatori economici dell’Unione, causato dalla coercizione economica;

4)

«paese terzo»: qualsiasi Stato, territorio doganale a sé stante o altro soggetto di diritto internazionale, diverso dall’Unione o da uno Stato membro.

Articolo 4

Esame delle misure di paesi terzi

1.   La Commissione può esaminare, di propria iniziativa o sulla base di una richiesta debitamente motivata, qualsiasi misura di un paese terzo per accertare se soddisfi le condizioni dell’articolo 2, paragrafo 1.

2.   Quando esamina una misura di un paese terzo, la Commissione agisce rapidamente. L’esame non supera di norma i 4 mesi.

La Commissione procede all’esame sulla base di informazioni documentate raccolte di propria iniziativa o ricevute da qualsiasi fonte attendibile, inclusi uno Stato membro, il Parlamento europeo, gli operatori economici o i sindacati.

Conformemente all’articolo 15, la Commissione garantisce la protezione delle informazioni riservate, compresa, ove necessario, la protezione dell’identità della persona che le fornisce.

La Commissione mette a disposizione del pubblico uno strumento sicuro al fine di agevolare la presentazione di informazioni alla Commissione.

3.   La Commissione informa tempestivamente gli Stati membri sull’avvio dell’esame e sui pertinenti sviluppi riguardanti gli esami in corso.

4.   La Commissione chiede informazioni sull’impatto delle misure del paese terzo, se necessario.

La Commissione può chiedere agli Stati membri di fornire tali informazioni e gli Stati membri rispondono rapidamente a tale richiesta.

Pubblicando un avviso nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea e, se del caso, mediante altri mezzi adeguati di comunicazione pubblica, la Commissione può invitare i portatori di interessi a presentare informazioni. La Commissione specifica un termine entro il quale tali informazioni devono essere presentate, tenendo conto del periodo indicato al paragrafo 2, primo comma.

Se la Commissione pubblica tale avviso, notifica l’avvio dell’esame al paese terzo interessato.

Articolo 5

Accertamento riguardo alla misura del paese terzo

1.   Se, a seguito di un esame effettuato a norma dell’articolo 4, conclude che la misura del paese terzo soddisfa le condizioni dell’articolo 2, paragrafo 1, la Commissione presenta una proposta al Consiglio relativa a un atto di esecuzione con cui stabilisce che la misura del paese terzo soddisfa le condizioni di cui all’articolo 2, paragrafo 1.

In tale proposta la Commissione spiega in che modo tali condizioni sono soddisfatte.

La proposta stabilisce un termine indicativo entro il quale la Commissione deve accertare se le condizioni dell’articolo 8, paragrafo 1, siano soddisfatte. Tale termine non deve superare i 6 mesi, a meno che un termine più lungo debitamente motivato non sia necessario alla luce di specifiche circostanze del caso.

2.   Nella proposta di cui al paragrafo 1 o in una successiva proposta di atto di esecuzione del Consiglio, la Commissione propone, se del caso, che il Consiglio stabilisca che il paese terzo è obbligato a riparare al pregiudizio per l’Unione.

La valutazione dell’opportunità di esigere che il paese terzo ripari il pregiudizio per l’Unione è basata su tutte le circostanze del caso. Tale valutazione è basata, in particolare, sulla natura e sull’entità del danno causato e sull’obbligo generale a norma del diritto internazionale consuetudinario di riparare integralmente il pregiudizio causato da un atto internazionalmente illecito.

3.   Prima di presentare la proposta di cui al paragrafo 1 del presente articolo, se è utile ai fini dell’accertamento di cui al medesimo paragrafo, la Commissione, fatto salvo qualsiasi impegno nei confronti del paese terzo interessato in conformità dell’articolo 6, invita il paese terzo a presentare osservazioni entro un termine prestabilito. Tale termine deve essere ragionevole e non deve ritardare indebitamente la presentazione della proposta di cui al paragrafo 1 del presente articolo.

4.   Prima di presentare la proposta di cui al paragrafo 1 del presente articolo, la Commissione informa il Parlamento europeo delle conclusioni dell’esame condotto in conformità dell’articolo 4.

5.   Il Consiglio adotta gli atti di esecuzione di cui ai paragrafi 1 e 2 deliberando a maggioranza qualificata.

Il Consiglio può modificare le proposte di cui ai paragrafi 1 e 2 deliberando a maggioranza qualificata.

6.   Ai fini del presente articolo il Consiglio agisce rapidamente.

Il Consiglio agisce entro 8 settimane dalla presentazione delle proposte di cui ai paragrafi 1 e 2.

In deroga al secondo comma, il Consiglio può agire dopo tale periodo di otto settimane a condizione che informi la Commissione del ritardo e dei relativi motivi.

Il periodo complessivo di cui dispone il Consiglio per agire non deve superare di norma le 10 settimane dalla presentazione delle proposte di cui ai paragrafi 1 e 2.

Nell’esercizio delle proprie competenze di esecuzione, il Consiglio applica l’articolo 2, paragrafo 1, che stabilisce le condizioni per l’esistenza della coercizione economica, e i criteri enunciati al paragrafo 2, secondo comma, del presente articolo e spiega in che modo tali condizioni sono soddisfatte e i criteri sono applicati.

7.   Gli atti di esecuzione adottati ai sensi del presente articolo sono pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

8.   Il Parlamento europeo è informato di ogni atto di esecuzione proposto o adottato in conformità del presente articolo.

9.   Se il Consiglio adotta un atto di esecuzione di cui al paragrafo 1, la Commissione informa il paese terzo al riguardo e chiede allo stesso di porre immediatamente fine alla coercizione economica.

10.   Se il Consiglio adotta un atto di esecuzione di cui al paragrafo 2, la Commissione chiede al paese terzo di riparare il pregiudizio per l’Unione entro un termine ragionevole.

Articolo 6

Dialogo con il paese terzo

1.   In seguito all’adozione di un atto di esecuzione in conformità dell’articolo 5, la Commissione prevede adeguate possibilità di consultazione con il paese terzo al fine di ottenere la cessazione della coercizione economica e, se richiesto a norma dell’articolo 5, paragrafo 10, la riparazione del pregiudizio per l’Unione.

Se il paese terzo avvia consultazioni con l’Unione in buona fede, la Commissione si impegna in tali consultazioni rapidamente.

Nel corso di tali consultazioni, la Commissione può esaminare opzioni con il paese terzo che comprendono:

a)

i negoziati diretti;

b)

l’assoggettamento della questione a un procedimento di risoluzione delle controversie internazionale;

c)

la mediazione, la conciliazione o i buoni uffici di un soggetto terzo per assistere l’Unione e il paese terzo nei loro sforzi in conformità del presente articolo.

2.   Fatto salvo il paragrafo 1, la Commissione cerca di ottenere la cessazione della coercizione economica sollevando la questione in qualsiasi sede internazionale pertinente dopo aver consultato il Consiglio, ove applicabile conformemente ai trattati.

3.   Dopo l’adozione delle misure di risposta dell’Unione a norma dell’articolo 8, la Commissione rimane disponibile ad avviare consultazioni con il paese terzo, unitamente alla possibile sospensione di qualsiasi misura di risposta dell’Unione a norma dell’articolo 12, paragrafo 2.

Articolo 7

Cooperazione internazionale

La Commissione avvia consultazioni o coopera con qualsiasi paese terzo colpito da coercizione economica identica o simile o con qualsiasi paese terzo interessato, al fine di ottenere la cessazione della coercizione economica, previa consultazione del Consiglio, ove applicabile conformemente ai trattati.

Tali consultazioni e tale cooperazione possono comportare, se del caso:

a)

la condivisione di informazioni ed esperienze pertinenti per facilitare una risposta coerente a tale coercizione economica;

b)

il coordinamento nei pertinenti consessi internazionali;

c)

il coordinamento in risposta alla coercizione economica.

La Commissione invita, se del caso, gli Stati membri a partecipare alle consultazioni e alla cooperazione.

Le consultazioni e la cooperazione non devono ritardare indebitamente la procedura prevista dal presente regolamento.

Articolo 8

Misure di risposta dell’Unione

1.   La Commissione adotta misure di risposta dell’Unione mediante atti di esecuzione qualora siano soddisfatte tutte le condizioni seguenti:

a)

le azioni intraprese a norma degli articoli 5 e 6 non hanno portato, entro un termine ragionevole, alla cessazione della coercizione economica e, se richiesto a norma dell’articolo 5, paragrafo 10, alla riparazione del pregiudizio per l’Unione;

b)

l’adozione di misure di risposta dell’Unione è necessaria per tutelare gli interessi e i diritti dell’Unione e dei suoi Stati membri nel caso particolare, alla luce delle opzioni disponibili;

c)

l’adozione di misure di risposta dell’Unione è nell’interesse dell’Unione, determinato in conformità dell’articolo 9.

Qualora la coercizione economica sia cessata ma il paese terzo non abbia integralmente riparato il pregiudizio per l’Unione, nonostante ciò, gli sia stato richiesto, la Commissione basa la valutazione del soddisfacimento della condizione di cui al primo comma, lettera b), del presente paragrafo su tutte le circostanze del caso. Tale valutazione è basata, in particolare, sulla natura e sull’entità del danno causato e sull’obbligo generale a norma del diritto internazionale consuetudinario di riparare integralmente il pregiudizio causato da un atto internazionalmente illecito.

Gli atti di esecuzione di cui al primo comma del presente paragrafo sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 18, paragrafo 2.

2.   La Commissione seleziona appropriate misure di risposta dell’Unione tra quelle elencate all’allegato I. Essa stabilisce quali di tali misure sono appropriate sulla base dei criteri di selezione e di concezione enunciati all’articolo 11.

Nell’atto di esecuzione di cui al paragrafo 1 del presente articolo la Commissione indica i motivi per i quali ritiene che le condizioni di cui a tale paragrafo siano soddisfatte e i motivi per cui ritiene che le misure di risposta dell’Unione siano appropriate alla luce dei criteri di cui all’articolo 11.

3.   Le misure di risposta dell’Unione sono adottate come:

a)

misure di applicazione generale; o

b)

misure che si applicano a determinate persone fisiche o giuridiche che svolgono o potrebbero svolgere le attività che rientrano nell’articolo 207 TFUE e che sono connesse o collegate al governo del paese terzo.

Le misure di risposta dell’Unione di cui al primo comma, lettera a), possono essere concepite in modo tale da incidere su determinati settori, regioni od operatori del paese terzo in conformità delle norme di origine e nazionalità che figurano nell’allegato II.

4.   Qualora la misura del paese terzo costituisca un atto internazionalmente illecito, le misure di risposta dell’Unione possono consistere in misure che comportano l’inadempimento di obblighi internazionali nei confronti del paese terzo.

5.   La Commissione garantisce il coordinamento dell’adozione delle misure di risposta dell’Unione con le misure che adotta in conformità di atti giuridici dell’Unione diversi dal presente regolamento al fine di rispondere alla coercizione economica.

6.   L’atto di esecuzione di cui al paragrafo 1 stabilisce una data di applicazione differita che non deve essere successiva a 3 mesi dalla data di adozione, a meno che, alla luce di circostanze specifiche, non si preveda una data di applicazione successiva.

La Commissione fissa tale data tenendo conto delle circostanze del caso, per consentire la notifica al paese terzo a norma del paragrafo 7 e al paese terzo di cessare la coercizione economica, nonché, se richiesto, di riparare il pregiudizio per l’Unione.

7.   Al momento dell’adozione dell’atto di esecuzione di cui al paragrafo 1, la Commissione ne dà notifica al paese terzo e:

a)

invita il paese terzo a cessare immediatamente la coercizione economica e, se del caso e se richiesto, a riparare il pregiudizio per l’Unione;

b)

propone di negoziare una soluzione con il paese terzo; e

c)

informa il paese terzo dell’applicazione delle misure di risposta dell’Unione, a meno che la coercizione economica non cessi e, se del caso e se richiesto, il paese terzo non ripari il pregiudizio per l’Unione.

8.   Qualora la Commissione disponga di informazioni attendibili secondo cui la coercizione economica è cessata o il paese terzo ha adottato provvedimenti concreti per cessare la coercizione economica e, se del caso, ha riparato il pregiudizio per l’Unione prima della data di applicazione differita fissata in conformità del paragrafo 6, l’atto di esecuzione di cui al paragrafo 1 prevede un ulteriore rinvio della data di applicazione. Il periodo del rinvio è specificato nell’atto di esecuzione ed è tale da consentire alla Commissione di verificare l’effettiva cessazione della coercizione economica.

Qualora disponga di tali informazioni attendibili, la Commissione pubblica nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea un avviso indicante che dispone di tali informazioni e la data di applicazione dell’atto di esecuzione di cui al paragrafo 1, differita in conformità del primo comma del presente paragrafo.

9.   Se il paese terzo cessa la coercizione economica e, se del caso, ripara il pregiudizio per l’Unione prima della data di applicazione dell’atto di esecuzione di cui al paragrafo 1, la Commissione adotta un atto di esecuzione che abroga il precedente atto di esecuzione.

Tale atto di esecuzione abrogativo è adottato secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 18, paragrafo 2.

10.   Fatti salvi i paragrafi 7, 8 e 9, l’atto di esecuzione di cui al paragrafo 1 può prevedere che le misure di risposta dell’Unione si applichino senza che la Commissione inviti, a norma del paragrafo 7, lettera a), il paese terzo interessato a cessare la coercizione economica o, se del caso, a riparare il pregiudizio per l’Unione, o abbia informato, a norma del paragrafo 7, lettera c), il paese terzo interessato dell’applicazione delle misure di risposta dell’Unione ove, in casi debitamente giustificati, ciò sia necessario per preservare i diritti e gli interessi dell’Unione o di uno Stato membro, in particolare l’efficacia delle misure di risposta dell’Unione.

11.   Fatti salvi i paragrafi 6 e 8, qualora la coercizione economica consista in una minaccia di applicare una misura di un paese terzo che incide sugli scambi o sugli investimenti in conformità dell’articolo 2, paragrafo 1, l’atto di esecuzione di cui al paragrafo 1 del presente articolo si applica dalla data di applicazione di tale misura di un paese terzo.

La Commissione pubblica nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea un avviso indicante la data di applicazione dell’atto di esecuzione di cui al paragrafo 1 del presente articolo.

Articolo 9

Determinazione dell’interesse dell’Unione

La determinazione dell’interesse dell’Unione ad adottare, sospendere, modificare o revocare le misure di risposta dell’Unione si basa su tutte le informazioni disponibili e consiste in una valutazione dei vari interessi in gioco, considerati nel loro insieme. Tali interessi comprendono principalmente la salvaguardia della capacità dell’Unione e dei suoi Stati membri di compiere scelte legittime e sovrane, libere da coercizione economica, e tutti gli altri interessi dell’Unione o degli Stati membri specifici del caso, gli interessi degli operatori economici dell’Unione, comprese le industrie a monte e a valle, e gli interessi dei consumatori finali dell’Unione colpiti o potenzialmente colpiti dalla coercizione economica o dalle misure di risposta dell’Unione.

Articolo 10

Condizioni per l’applicazione delle misure di risposta dell’Unione a determinate persone fisiche o giuridiche

1.   Ai fini dell’articolo 8, paragrafo 3, primo comma, lettera b), una persona fisica o giuridica può essere considerata connessa o collegata al governo del paese terzo se:

a)

tale governo detiene la proprietà effettiva di più del 50 % del capitale proprio di tale persona giuridica, esercita direttamente o indirettamente oltre il 50 % dei diritti di voto di tale persona giuridica o ha il potere di nominare la maggioranza dei suoi amministratori o comunque di dirigerne legalmente l’operato;

b)

tale persona beneficia di diritti o privilegi esclusivi o speciali concessi di diritto o di fatto dal governo del paese terzo interessato, qualora operi in un settore in cui tale governo limita a uno o più il numero di fornitori o acquirenti, o tale governo le consenta, direttamente o indirettamente, di esercitare pratiche che impediscono, limitano o falsano la concorrenza; o

c)

tale persona agisce effettivamente per conto o sotto la direzione ovvero su iniziativa del governo del paese terzo interessato.

2.   Qualora la Commissione abbia motivo di ritenere che una persona fisica o giuridica soddisfi i criteri enunciati all’articolo 8, paragrafo 3, primo comma, lettera b), e valuti l’adozione di misure di risposta dell’Unione nei confronti di tale persona, la informa di quanto segue:

a)

i motivi per cui ritiene che tale persona soddisfi tali criteri;

b)

le misure di risposta dell’Unione che valuta di adottare nei confronti di tale persona;

c)

la possibilità per tale persona di presentare, entro un termine ragionevole, osservazioni sul fatto che essa soddisfi tali criteri.

3.   Ai fini del paragrafo 2 la Commissione pubblica un avviso nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea e, se possibile, notifica direttamente la persona interessata.

In tale avviso la Commissione dà alle altre parti interessate la possibilità di presentare osservazioni.

4.   Ai fini del presente articolo, la Commissione può chiedere tutte le informazioni che ritiene pertinenti, anche richiedendole agli Stati membri.

5.   Fatto salvo l’articolo 12, qualora dopo l’adozione di misure di risposta dell’Unione di cui all’articolo 8, paragrafo 3, primo comma, lettera b), siano presentati alla Commissione nuovi elementi di prova sostanziali, quest’ultima riesamina se le persone interessate continuino a soddisfare i criteri di cui all’articolo 8, paragrafo 3, primo comma, lettera b), e le informa di conseguenza.

Articolo 11

Criteri per la selezione e l’elaborazione delle misure di risposta dell’Unione

1.   Le misure di risposta dell’Unione sono proporzionate e non superano il grado di pregiudizio per l’Unione, tenendo conto della gravità della coercizione economica, del suo impatto economico sull’Unione o su uno Stato membro e dei diritti dell’Unione e dei suoi Stati membri.

2.   La Commissione seleziona ed elabora adeguate misure di risposta dell’Unione sulla base delle informazioni disponibili, comprese quelle raccolte a norma dell’articolo 13, e tenendo conto dell’accertamento effettuato a norma dell’articolo 5, dei criteri di cui all’articolo 2, paragrafo 2, della determinazione dell’interesse dell’Unione a norma dell’articolo 9, di qualsiasi azione pertinente ai sensi della politica estera e di sicurezza comune dell’Unione, nonché dei criteri seguenti:

a)

l’efficacia delle misure di risposta dell’Unione nell’indurre la cessazione della coercizione economica e, se richiesto, la riparazione del pregiudizio per l’Unione;

b)

l’assenza o la riduzione al minimo dell’impatto negativo:

i)

sui soggetti dell’Unione colpiti dalle misure di risposta dell’Unione, in funzione, tra l’altro, della disponibilità di alternative per tali soggetti, ad esempio fonti alternative di approvvigionamento di beni o servizi;

ii)

sul contesto degli investimenti nell’Unione o in uno Stato membro, compreso l’impatto sull’occupazione e sulla politica di sviluppo regionale;

c)

l’assenza o la riduzione al minimo dell’impatto negativo sulla promozione della crescita economica e dell’occupazione attraverso la tutela dei diritti di proprietà intellettuale quale mezzo per promuovere l’innovazione e un’economia della conoscenza nell’Unione o in uno Stato membro;

d)

la capacità di fornire assistenza agli operatori economici dell’Unione colpiti dalla coercizione economica;

e)

l’assenza o la riduzione al minimo degli effetti negativi delle misure di risposta dell’Unione su politiche o obiettivi dell’Unione;

f)

l’assenza di oneri e costi amministrativi sproporzionati nell’applicazione delle misure di risposta dell’Unione;

g)

l’esistenza e la natura di eventuali misure di risposta adottate da paesi terzi colpiti da coercizione economica identica o simile, compreso, se del caso, qualsiasi coordinamento a norma dell’articolo 7;

h)

qualunque criterio pertinente stabilito dal diritto internazionale.

Nel selezionare le misure di risposta dell’Unione, la Commissione privilegia le misure che garantiscono nel modo più efficace la conformità ai criteri enunciati al primo comma, lettere a) e b).

3.   Fatto salvo il paragrafo 2, nella selezione e nell’elaborazione di una misura di risposta adeguata che incida su una procedura con cui un’autorità pubblica dell’Unione concede autorizzazioni, registrazioni, licenze o altri diritti a una persona fisica o giuridica ai fini delle sue attività commerciali, la Commissione valuta l’adozione di misure di risposta dell’Unione nell’ordine gerarchico seguente:

a)

misure che incidono sulle procedure avviate dopo l’entrata in vigore dell’atto di esecuzione di cui all’articolo 8, paragrafo 1;

b)

qualora non siano disponibili le misure di cui alla lettera a) del presente paragrafo, misure che incidono sulle procedure non ancora completate al momento dell’entrata in vigore dell’atto di esecuzione di cui all’articolo 8, paragrafo 1.

Qualora non sia possibile nessuna delle misure di cui al primo comma, in circostanze eccezionali la Commissione può valutare altre misure di risposta ove sia dimostrato, alla luce delle informazioni e delle opinioni raccolte a norma dell’articolo 13, che tali altre misure garantirebbero l’efficacia, senza incidere in modo sproporzionato sulle industrie a monte, sulle industrie a valle o sui consumatori finali, né imporre un onere sproporzionato al processo di amministrazione delle pertinenti regolamentazioni nazionali.

Nella selezione e nell’elaborazione di una misura di risposta dell’Unione di cui al primo comma, la Commissione tiene conto del livello di armonizzazione e privilegia le misure che incidono sulle procedure applicate a livello di Unione o in un settore in cui esiste un’estesa legislazione dell’Unione.

Le misure di risposta dell’Unione di cui al primo comma non interferiscono con le decisioni amministrative delle autorità dell’Unione e degli Stati membri basate sulla valutazione di prove scientifiche.

4.   Ove necessario per conseguire l’obiettivo del presente regolamento, la Commissione può adottare misure di risposta dell’Unione che incidono sull’accesso all’Unione di investimenti esteri diretti o sugli scambi di servizi e che si applicano ai servizi prestati o agli investimenti diretti effettuati all’interno dell’Unione da parte di una o più persone giuridiche stabilite all’interno dell’Unione e di proprietà di persone del paese terzo o da loro controllate.

La Commissione può adottare tali misure di risposta dell’Unione qualora la mancata applicazione di tali misure a tali servizi prestati o investimenti diretti effettuati si riveli insufficiente a conseguire efficacemente l’obiettivo del presente regolamento, in particolare ove l’effetto delle misure di risposta dell’Unione possa essere altrimenti eluso dal paese terzo o dalla persona interessati.

Nel valutare se adottare tali misure di risposta dell’Unione, la Commissione esamina, tra l’altro, i criteri seguenti, oltre a quelli enunciati ai paragrafi 1 e 2:

a)

i modelli degli scambi di servizi e degli investimenti nel settore oggetto delle misure di risposta dell’Unione previste e il rischio di elusione, da parte del paese terzo o della persona interessati, delle misure di risposta dell’Unione che non si applicano ai servizi prestati o agli investimenti diretti effettuati all’interno dell’Unione;

b)

l’effettivo contributo possibile delle misure di risposta dell’Unione di cui al primo comma al fine di ottenere la cessazione della coercizione economica e la riparazione del pregiudizio per l’Unione;

c)

l’esistenza di misure alternative che possano conseguire la cessazione della coercizione economica e la riparazione del pregiudizio per l’Unione e che siano ragionevolmente disponibili e meno restrittive nei confronti degli scambi di servizi o degli investimenti all’interno dell’Unione.

L’adozione di tali misure di risposta dell’Unione è debitamente giustificata nell’atto di esecuzione di cui all’articolo 8, paragrafo 1, alla luce dei criteri enunciati nel presente paragrafo.

Articolo 12

Modifica, sospensione e cessazione delle misure di risposta dell’Unione

1.   La Commissione riesamina regolarmente la coercizione economica e l’efficacia delle misure di risposta dell’Unione e i loro effetti sugli interessi dell’Unione.

2.   Qualora il paese terzo sospenda la coercizione economica, la Commissione sospende l’applicazione delle misure di risposta dell’Unione per la durata della sospensione del paese terzo.

Se il paese terzo e l’Unione o lo Stato membro interessato hanno concluso un accordo, anche sulla base di un’offerta di tale paese terzo, per sottoporre la questione a un procedimento di risoluzione delle controversie di un terzo vincolante a livello internazionale e anche tale paese terzo sospende la coercizione economica, la Commissione sospende l’applicazione delle misure di risposta dell’Unione per la durata del procedimento di risoluzione delle controversie.

Qualora una decisione del procedimento di risoluzione delle controversie o una transazione con il paese terzo richieda l’attuazione da parte del paese terzo, la Commissione sospende l’applicazione delle misure di risposta dell’Unione a condizione che il paese terzo si impegni nell’attuazione di tale decisione o transazione.

La Commissione sospende o riprende l’applicazione delle misure di risposta dell’Unione, se necessario, alla luce dell’interesse dell’Unione determinato a norma dell’articolo 9 o qualora sia necessario per agevolare il proseguimento dell’impegno a norma dell’articolo 6, paragrafo 3, dopo l’adozione delle misure di risposta dell’Unione.

La Commissione sospende o riprende l’applicazione delle misure di risposta dell’Unione mediante atti di esecuzione. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 18, paragrafo 2.

3.   Qualora sia necessario adeguare le misure di risposta dell’Unione tenendo conto degli articoli 2 e 11 o di ulteriori sviluppi, compresa la reazione del paese terzo, la Commissione modifica, se del caso, le misure di risposta dell’Unione mediante atti di esecuzione.

Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 18, paragrafo 2.

4.   La Commissione cessa le misure di risposta dell’Unione in una qualsiasi delle circostanze seguenti:

a)

la coercizione economica è cessata e, se il Consiglio ha deciso di chiedere la riparazione del pregiudizio per l’Unione a norma dell’articolo 5, paragrafo 10, il pregiudizio per l’Unione è stato riparato;

b)

la coercizione economica è cessata, ma il paese terzo non ha riparato il pregiudizio per l’Unione nonostante il Consiglio avesse deciso di chiedere la riparazione del pregiudizio per l’Unione a norma dell’articolo 5, paragrafo 10, salvo che il mantenimento delle misure di risposta dell’Unione sia necessario per conseguire l’obiettivo del presente regolamento, tenuto conto di tutte le circostanze del caso specifico;

c)

è stata raggiunta una soluzione concordata;

d)

una decisione vincolante in un procedimento di risoluzione delle controversie che coinvolge una parte terza internazionale relativo alla questione della coercizione economica richiede la cessazione della misura di risposta dell’Unione;

e)

la cessazione delle misure di risposta dell’Unione è opportuna alla luce dell’interesse dell’Unione determinato a norma dell’articolo 9.

La Commissione cessa le misure di risposta dell’Unione mediante atti di esecuzione. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 18, paragrafo 2.

5.   Per imperativi motivi di urgenza debitamente giustificati, come evitare danni irreparabili all’Unione o a uno Stato membro, o continuare a garantire la coerenza con gli obblighi dell’Unione ai sensi del diritto internazionale a seguito della sospensione o della cessazione della coercizione economica, la Commissione adotta atti di esecuzione immediatamente applicabili al fine di sospendere o modificare le misure di risposta dell’Unione.

Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di cui all’articolo 18, paragrafo 3, e restano in vigore per un periodo non superiore a 2 mesi.

Articolo 13

Raccolta di informazioni relative alle misure di risposta dell’Unione

1.   La Commissione chiede, prima dell’adozione o della modifica di misure di risposta dell’Unione, e può chiedere, prima della sospensione o della cessazione di tali misure, informazioni e opinioni in merito all’impatto economico sugli operatori economici dell’Unione mediante la pubblicazione di un avviso nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea e, se del caso, tramite altri mezzi di comunicazione pubblici adeguati.

L’avviso indica la data entro la quale le informazioni e opinioni devono essere trasmesse alla Commissione.

La Commissione può iniziare la raccolta di informazioni e opinioni di cui al primo comma in qualsiasi momento ritenga opportuno.

2.   Ai fini del paragrafo 1, la Commissione informa e consulta i portatori di interessi, in particolare le associazioni che agiscono a nome degli operatori economici e i sindacati, che potrebbero essere interessati da eventuali misure di risposta dell’Unione, così come le autorità degli Stati membri coinvolte nella preparazione o nell’attuazione della legislazione che disciplina i settori che potrebbero essere interessati da tali misure.

3.   Senza ritardare indebitamente l’adozione di misure di risposta dell’Unione, la Commissione identifica possibili opzioni per eventuali misure di risposta dell’Unione e chiede informazioni e pareri riguardanti in particolare:

a)

l’impatto di tali misure sui soggetti di paesi terzi o sui loro concorrenti, i partner commerciali o i clienti all’interno dell’Unione, nonché gli utenti, i consumatori finali o i lavoratori subordinati all’interno dell’Unione;

b)

l’interazione di tali misure con la pertinente legislazione degli Stati membri;

c)

l’onere amministrativo che tali misure potrebbero causare.

4.   La Commissione tiene nella massima considerazione le informazioni e opinioni raccolte a norma del presente articolo.

Nel presentare un progetto di atto di esecuzione al comitato nel contesto della procedura d’esame di cui all’articolo 18, paragrafo 2, la Commissione fornisce un’analisi delle misure previste e del loro potenziale impatto.

Tale analisi comprende una valutazione approfondita dell’impatto sulle industrie a monte e a valle, così come sui consumatori finali all’interno dell’Unione e, se del caso, evidenzia potenziali impatti sproporzionati.

5.   Ai fini dell’adozione di atti di esecuzione immediatamente applicabili a norma dell’articolo 12, paragrafo 5, la Commissione chiede le informazioni e opinioni in modo mirato ai portatori di interessi pertinenti, a meno che non sussista una situazione eccezionale con imperativi motivi d’urgenza tali per cui la raccolta di informazioni e opinioni non sia possibile o necessaria per ragioni oggettive, ad esempio per garantire il rispetto degli obblighi internazionali dell’Unione.

Articolo 14

Punto di contatto unico

1.   La Commissione mette a disposizione al suo interno un punto di contatto unico per l’applicazione del presente regolamento e il suo coordinamento con tutti gli atti giuridici dell’Unione pertinenti e per raccogliere informazioni e fornire analisi dei costi e dei dati al fine di determinare la natura della coercizione economica.

2.   Ai fini del presente regolamento il punto di contatto unico costituisce, nel pieno rispetto del principio di riservatezza, il principale punto di contatto per le imprese e i portatori di interessi del settore privato dell’Unione colpiti dalla coercizione economica, anche per quanto riguarda l’assistenza da fornire a tali imprese e portatori di interessi nel contesto della coercizione economica in corso.

Articolo 15

Riservatezza

1.   Le informazioni ricevute a norma del presente regolamento sono utilizzate soltanto per lo scopo per il quale sono state fornite, richieste o ottenute.

2.   Il soggetto che fornisce le informazioni di cui al paragrafo 1 può chiedere che siano trattate come riservate. Tale domanda è accompagnata da un riassunto significativo e di carattere non riservato delle informazioni in questione oppure dall’indicazione dei motivi per i quali non è possibile riassumere le informazioni in questione.

3.   Il Parlamento europeo, il Consiglio, la Commissione, gli Stati membri o i loro rispettivi funzionari non divulgano le informazioni riservate ricevute a norma del presente regolamento, salvo autorizzazione espressa del soggetto che le fornisce.

4.   I paragrafi 2 e 3 non ostano a che la Commissione divulghi informazioni generali sotto forma di riassunto significativo, purché tale divulgazione non consenta di conoscere l’identità del soggetto che le ha fornite.

La divulgazione di tali informazioni generali tiene conto del legittimo interesse delle parti interessate a che le loro informazioni riservate non siano divulgate.

5.   I funzionari degli Stati membri sono tenuti al segreto professionale in merito alle informazioni riservate di cui siano venuti a conoscenza nell’esercizio delle loro funzioni in relazione al presente regolamento.

6.   La Commissione fornisce un sistema sicuro e criptato per sostenere la cooperazione diretta e lo scambio di informazioni con i funzionari degli Stati membri.

Articolo 16

Norme di origine e nazionalità

1.   Ai fini del presente regolamento, l’origine di un bene o di un servizio o la nazionalità di un prestatore di servizi, un investimento o un titolare di diritti di proprietà intellettuale sono accertate conformemente all’allegato II.

2.   Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all’articolo 17 per modificare l’allegato II, punti 2 e 3, al fine di tenere conto dei pertinenti sviluppi degli strumenti internazionali e dell’esperienza acquisita nell’applicazione del presente regolamento o di altri atti dell’Unione.

Articolo 17

Esercizio della delega

1.   Il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione alle condizioni stabilite nel presente articolo.

2.   Il potere di adottare atti delegati di cui all’articolo 16, paragrafo 2, è conferito alla Commissione per un periodo di 5 anni a decorrere da 27 dicembre 2023. La Commissione elabora una relazione sulla delega di potere al più tardi 9 mesi prima della scadenza del periodo di cinque anni. La delega di potere è tacitamente prorogata per periodi di identica durata, a meno che il Parlamento europeo o il Consiglio non si oppongano a tale proroga al più tardi 3 mesi prima della scadenza di ciascun periodo.

3.   La delega di potere di cui all’articolo 16, paragrafo 2, può essere revocata in qualsiasi momento dal Parlamento europeo o dal Consiglio. La decisione di revoca pone fine alla delega di potere ivi specificata. Gli effetti della decisione decorrono dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea o da una data successiva ivi specificata. Essa non pregiudica la validità degli atti delegati già in vigore.

4.   Prima dell’adozione dell’atto delegato la Commissione consulta gli esperti designati da ciascuno Stato membro nel rispetto dei principi stabiliti nell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» del 13 aprile 2016.

5.   Non appena adotta un atto delegato, la Commissione ne dà contestualmente notifica al Parlamento europeo e al Consiglio.

6.   L’atto delegato adottato ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 2, entra in vigore solo se né il Parlamento europeo né il Consiglio hanno sollevato obiezioni entro il termine di 2 mesi dalla data in cui esso è stato loro notificato o se, prima della scadenza di tale termine, sia il Parlamento europeo che il Consiglio hanno informato la Commissione che non intendono sollevare obiezioni. Tale termine è prorogato di 2 mesi su iniziativa del Parlamento europeo o del Consiglio.

Articolo 18

Procedura di comitato

1.   La Commissione è assistita da un comitato. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011.

2.   Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011.

Qualora il comitato non esprima alcun parere, la Commissione non adotta il progetto di atto di esecuzione e si applica l’articolo 5, paragrafo 4, terzo comma, del regolamento (UE) n. 182/2011.

3.   Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 8 del regolamento (UE) n. 182/2011, in combinato disposto con il suo articolo 5.

Articolo 19

Relazioni e riesame

1.   Fatto salvo il regolamento (UE) n. 182/2011, la Commissione informa regolarmente e tempestivamente il Parlamento europeo e il Consiglio in merito ai pertinenti sviluppi nell’applicazione del presente regolamento nel corso dell’esame delle misure di paesi terzi compreso il relativo avvio, il dialogo con il paese terzo interessato e la cooperazione internazionale, nonché nel periodo durante il quale sono in vigore le misure di risposta dell’Unione.

Alla luce delle informazioni ricevute, il Parlamento europeo o il Consiglio può invitare la Commissione, se del caso, a uno scambio di opinioni.

Il Parlamento europeo può esprimere il proprio parere con qualsiasi mezzo appropriato.

2.   La Commissione valuta le misure di risposta dell’Unione adottate a norma dell’articolo 8 entro 6 mesi dalla loro cessazione, tenendo conto dei contributi dei portatori di interessi, delle informazioni fornite dal Parlamento europeo e dal Consiglio e di ogni altra informazione pertinente e presenta una relazione di valutazione al Parlamento europeo e al Consiglio.

Tale relazione di valutazione esamina l’efficacia e il funzionamento delle misure di risposta dell’Unione e, se del caso, trae eventuali conclusioni ai fini di future misure di risposta dell’Unione nonché per il riesame del presente regolamento a norma del paragrafo 3.

3.   Non oltre 3 anni dall’adozione del primo atto di esecuzione a norma dell’articolo 5 o entro il 27 dicembre 2028, se precedente, e successivamente ogni 5 anni, la Commissione riesamina il presente regolamento e la sua attuazione e presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio. Ai fini di tale riesame, la Commissione presta particolare attenzione alle questioni che potrebbero sorgere per quanto riguarda il rapporto tra il presente regolamento e altri strumenti dell’Unione esistenti.

Articolo 20

Entrata in vigore

Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri

Fatto a Strasburgo, il 22 novembre 2023

Per il Parlamento europeo

La presidente

R. METSOLA

Per il Consiglio

Il presidente

P. NAVARRO RÍOS


(1)  Posizione del Parlamento europeo del 3 ottobre 2023 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea) e decisione del Consiglio del 23 ottobre 2023.

(2)   GU L 123 del 12.5.2016, pag. 1.

(3)  Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13).

(4)  Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1).

(5)  Regolamento (UE) 2018/1725 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, sulla tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell'Unione e sulla libera circolazione di tali dati, e che abroga il regolamento (CE) n. 45/2001 e la decisione n. 1247/2002/CE (GU L 295 del 21.11.2018, pag. 39).

(6)  Regolamento (CE) n. 2271/96 del Consiglio, del 22 novembre 1996, relativo alla protezione dagli effetti extraterritoriali derivanti dall'applicazione di una normativa adottata da un paese terzo, e dalle azioni su di essa basate o da essa derivanti (GU L 309 del 29.11.1996, pag. 1).


ALLEGATO I

Misure di risposta dell’Unione a norma dell’articolo 8

1.   

L’istituzione di dazi doganali nuovi o maggiorati, incluso il ripristino di dazi doganali al livello della nazione più favorita o l’istituzione di dazi doganali superiori al livello della nazione più favorita, o l’introduzione di eventuali oneri aggiuntivi sull’importazione o l’esportazione di merci, che possono comportare, ove necessario, l’inadempimento degli obblighi internazionali applicabili per quanto riguarda le concessioni tariffarie.

2.   

L’introduzione o l’aumento di restrizioni all’importazione o all’esportazione di merci, comprese, se del caso, le merci soggette al controllo delle esportazioni, siano tali restrizioni rese effettive mediante contingenti, licenze di importazione o di esportazione o altre misure, o l’introduzione o l’aumento di restrizioni al pagamento delle merci, che possono comportare, ove necessario, l’inadempimento degli obblighi internazionali applicabili.

3.   

L’introduzione di restrizioni agli scambi di merci attuate mediante misure applicabili alle merci in transito o misure interne applicabili alle merci, che possono comportare, ove necessario, l’inadempimento degli obblighi internazionali applicabili.

4.   

Le misure seguenti, che possono comportare, ove necessario, l’inadempimento degli obblighi internazionali applicabili in materia di diritto di partecipazione alle procedure di gara nel settore degli appalti pubblici:

a)

l’esclusione dagli appalti pubblici di beni, servizi o di fornitori di beni o prestatori di servizi del paese terzo interessato o l’esclusione dagli appalti pubblici delle offerte il cui valore globale è costituito per oltre il 50 % da beni o servizi originari del paese terzo interessato, a meno che non sia necessaria una percentuale inferiore alla luce delle circostanze eccezionali del caso e purché la percentuale rimanente di beni o servizi non sia coperta da impegni assunti dall’Unione ai sensi dell’accordo sugli appalti pubblici concluso con l’Organizzazione mondiale del commercio o di un altro accordo sugli appalti pubblici concluso tra l’Unione e un paese terzo diverso dal paese terzo interessato; o

b)

l’imposizione di un adeguamento del punteggio (1) per le offerte di beni o servizi del paese terzo interessato o per le offerte di fornitori di beni o prestatori di servizi del paese terzo interessato.

5.   

L’istituzione di misure che incidono sugli scambi di servizi e che possono comportare, ove necessario, l’inadempimento degli obblighi internazionali applicabili relativi agli scambi di servizi.

6.   

L’istituzione di misure che incidono sull’accesso all’Unione di investimenti esteri diretti e che possono comportare, ove necessario, l’inadempimento degli obblighi internazionali applicabili.

7.   

L’imposizione di restrizioni alla protezione dei diritti di proprietà intellettuale o al loro sfruttamento commerciale, in relazione ai titolari di diritti che sono cittadini del paese terzo interessato e che possono comportare, ove necessario, l’inadempimento degli obblighi internazionali applicabili relativi agli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio.

8.   

L’imposizione di restrizioni per le attività bancarie, le attività assicurative, l’accesso ai mercati dei capitali dell’Unione e altre attività di servizi finanziari, che possono comportare, ove necessario, l’inadempimento degli obblighi internazionali applicabili in materia di servizi finanziari.

9.   

L’introduzione o l’aumento di restrizioni alla possibilità di immettere sul mercato dell’Unione merci che rientrano nell’ambito di applicazione di atti giuridici dell’Unione in materia di sostanze chimiche, che possono comportare, ove necessario, l’inadempimento degli obblighi internazionali applicabili.

10.   

L’introduzione o l’aumento di restrizioni alla possibilità di immettere sul mercato dell’Unione merci che rientrano nell’ambito di applicazione di atti giuridici dell’Unione in materia sanitaria e fitosanitaria, che possono comportare, ove necessario, l’inadempimento degli obblighi internazionali applicabili.


(1)  Per adeguamento del punteggio si intende un obbligo per le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti responsabili delle procedure degli appalti pubblici di ridurre relativamente, fatte salve talune eccezioni, il punteggio di un'offerta a seguito della sua valutazione, sulla base dei criteri di aggiudicazione dell'appalto definiti nei pertinenti documenti di gara, di una determinata percentuale. Nei casi in cui il prezzo o il costo sia l'unico criterio di aggiudicazione dell'appalto, l'adeguamento del punteggio è l'aumento relativo, ai fini della valutazione delle offerte, di una determinata percentuale del prezzo proposto da un offerente.


ALLEGATO II

Norme di origine e nazionalità

1.   

L’origine di una merce è determinata conformemente al regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (1).

2.   

L’origine di un servizio, compreso un servizio prestato nel settore degli appalti pubblici, è determinata sulla base della nazionalità della persona fisica o giuridica che lo presta.

Si ritiene che la nazionalità del prestatore del servizio sia:

a)

per le persone fisiche, il paese del quale la persona è cittadina o in cui la persona gode del diritto di residenza permanente;

b)

per le persone giuridiche:

i)

se il servizio non è prestato mediante una presenza commerciale nell’Unione, il paese in cui la persona giuridica è costituita o altrimenti organizzata ai sensi della legislazione di tale paese e nel cui territorio la persona giuridica svolge un’attività commerciale sostanziale;

ii)

se il servizio è prestato mediante una presenza commerciale nell’Unione:

a)

se la persona giuridica svolge un’attività commerciale sostanziale nel territorio dello Stato membro in cui è stabilita tale da avere un legame diretto ed effettivo con l’economia di tale Stato membro, lo Stato membro in cui è stabilita o, se a tale persona si applicano le misure di risposta dell’Unione, la nazionalità o il luogo di residenza permanente della persona fisica o giuridica o delle persone fisiche o giuridiche che hanno la proprietà della persona giuridica nell’Unione o la controllano;

b)

se la persona giuridica che presta il servizio non svolge un’attività commerciale sostanziale tale da avere un legame diretto ed effettivo con l’economia dello Stato membro in cui è stabilita, l’origine delle persone fisiche o giuridiche che ne hanno la proprietà o la controllano.

La persona giuridica è considerata «di proprietà» di persone di un determinato paese se più del 50 % del capitale proprio è di proprietà effettiva di persone di tale paese e «controllata» da persone di un determinato paese se tali persone hanno il potere di nominare la maggioranza dei suoi amministratori o comunque di dirigerne legalmente l’operato.

3.   

La nazionalità di un investimento è:

a)

se l’investimento è effettuato in un’attività commerciale sostanziale nel territorio dello Stato membro in cui è stabilito, tale da avere un legame diretto ed effettivo con l’economia di tale Stato membro, la nazionalità dello Stato membro in cui è stabilito o, se le misure di risposta dell’Unione si applicano alla persona fisica o giuridica che possiede o controlla l’investimento nell’Unione, la nazionalità o il luogo di residenza permanente della persona fisica o giuridica;

b)

se l’investimento non è effettuato in un’attività commerciale sostanziale tale da avere un legame diretto ed effettivo con l’economia dello Stato membro in cui è stabilito, la nazionalità della persona fisica o giuridica che ne ha la proprietà o lo controlla.

L’investimento è considerato «di proprietà» di persone di un determinato paese se più del 50 % del capitale proprio è di proprietà effettiva di persone di tale paese e «controllato» da persone di un determinato paese se tali persone hanno il potere di nominare la maggioranza dei suoi amministratori o comunque di dirigerne legalmente l’operato.

4.   

Per quanto concerne gli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio, il termine «cittadini» va inteso nello stesso senso utilizzato all’articolo 1, paragrafo 3, dell’accordo dell’OMC sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (TRIPS) e nelle sue future modifiche.

In relazione al presente regolamento sono state formulate due dichiarazioni, che figurano nella GU C, C/2023/1340, 7.12.2023, ELI:http://data.europa.eu/eli/C/2023/1340/oj e nella GU C,.C/2023/1341, 7.12.2023, ELI:http://data.europa.eu/eli/C/2023/1341/oj.


(1)  Regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013, che istituisce il codice doganale dell'Unione (GU L 269 del 10.10.2013, pag. 1).


ELI: http://data.europa.eu/eli/reg/2023/2675/oj

ISSN 1977-0707 (electronic edition)


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