EUR-Lex Access to European Union law

Back to EUR-Lex homepage

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document C:2010:117E:FULL

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, CE 117, 06 maggio 2010


Display all documents published in this Official Journal
 

ISSN 1725-2466

doi:10.3000/17252466.CE2010.117.ita

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

C 117E

European flag  

Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

53o anno
6 maggio 2010


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

RISOLUZIONI

 

Parlamento europeo
SESSIONE 2008-2009
Sedute dal 24 al 26 marzo 2009
Il processo verbale delle sessioni è stato pubblicato nella GU C 236 E del 1.10.2009.
TESTI APPROVATI

 

Martedì 24 marzo 2009

2010/C 117E/01

Priorità dell’Unione europea per la 64a sessione dell’assemblea generale delle Nazioni Unite
Raccomandazione del Parlamento europeo destinata al Consiglio del 24 marzo 2009 sulle priorità dell’Unione europea per la 64a sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite (2009/2000(INI))

1

2010/C 117E/02

Un anno dopo Lisbona: il partenariato EU-Africa in azione
Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 su Un anno dopo Lisbona: il partenariato Africa-UE in azione (2008/2318(INI))

7

2010/C 117E/03

Contratti OSM
Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sui contratti relativi agli obiettivi di sviluppo del Millennio (OSM) (2008/2128(INI))

15

2010/C 117E/04

Studi artistici nell'Unione europea
Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sugli studi artistici nell'Unione europea (2008/2226(INI))

23

2010/C 117E/05

Dialogo attivo con i cittadini sull’Europa
Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sul dialogo attivo con i cittadini sull’Europa (2008/2224(INI))

27

2010/C 117E/06

Attività dell'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE nel 2008
Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sui lavori dell’Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE nel 2008 (2008/2303(INI))

33

2010/C 117E/07

Migliori prassi nella politica regionale e ostacoli all’utilizzo dei Fondi strutturali
Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulle migliori prassi nel settore della politica regionale e gli ostacoli nell’utilizzo dei Fondi strutturali (2008/2061(INI))

38

2010/C 117E/08

Complementarità e coordinamento della politica di coesione e delle misure per lo sviluppo rurale
Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulla complementarità e il coordinamento della politica di coesione e delle misure di sviluppo rurale (2008/2100(INI))

46

2010/C 117E/09

Lotta contro le mutilazioni sessuali femminili praticate nell'Unione europea
Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulla lotta contro le mutilazioni sessuali femminili praticate nell'UE (2008/2071(INI))

52

2010/C 117E/10

Multilinguismo: una risorsa per l'Europa e un impegno comune
Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sul multilinguismo: una risorsa per l’Europa e un impegno comune (2008/2225(INI))

59

2010/C 117E/11

Libro verde sula coesione territoriale e stato della discussione sulla futura riforma della politica di coesione
Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sul Libro verde sulla coesione territoriale e lo stato della discussione sulla futura riforma della politica di coesione (2008/2174(INI))

65

2010/C 117E/12

Dimensione urbana della politica di coesione
Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulla dimensione urbana della politica di coesione nel nuovo periodo di programmazione (2008/2130(INI))

73

2010/C 117E/13

Attuazione del regolamento sui Fondi strutturali 2007–2013
Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sull'attuazione del regolamento sui Fondi strutturali per il periodo 2007–2013: risultati dei negoziati relativi alle strategie nazionali e ai programmi della politica di coesione (2008/2183(INI))

79

2010/C 117E/14

Iniziativa europea per lo sviluppo del microcredito a sostegno della crescita e dell’occupazione
Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 recante raccomandazioni alla Commissione sull'iniziativa europea per lo sviluppo del microcredito a sostegno della crescita e dell’occupazione (2008/2122(INI))

85

ALLEGATO

89

 

Mercoledì 25 marzo 2009

2010/C 117E/15

Metodo ABB-ABM quale strumento di gestione per l'assegnazione delle risorse di bilancio
Risoluzione del Parlamento europeo del 25 marzo 2009 sul metodo ABB-ABM quale strumento di gestione per l'assegnazione delle risorse di bilancio (2008/2053(INI))

91

2010/C 117E/16

Revisione intermedia del quadro finanziario 2007-2013
Risoluzione del Parlamento europeo del 25 marzo 2009 sulla revisione intermedia del quadro finanziario 2007-2013 (2008/2055(INI))

95

2010/C 117E/17

Accordo di partenariato economico CE-Cariforum
Risoluzione del Parlamento europeo del 25 marzo 2009 sull'accordo di partenariato economico tra gli Stati del Cariforum, da una parte, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altra

101

2010/C 117E/18

Accordo di partenariato economico interinale CE-Côte d'Ivoire
Risoluzione del Parlamento europeo del 25 marzo 2009 sull’Accordo di partenariato economico tra la Côte d'Ivoire, da una parte, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altra

106

2010/C 117E/19

Accordo di partenariato economico interinale CE-Ghana
Risoluzione del Parlamento europeo del 25 marzo 2009 sull’accordo di partenariato economico interinale tra il Ghana, da una parte, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall’altra

112

2010/C 117E/20

Accordo di partenariato economico interinale CE-Stati del Pacifico
Risoluzione del Parlamento europeo del 25 marzo 2009 sull’accordo di partenariato interinale fra gli Stati del Pacifico, da una parte, e la Comunità europea, dall’altra

118

2010/C 117E/21

Accordo di partenariato economico interinale CE-Stati della SADC APE
Risoluzione del Parlamento europeo del 25 marzo 2009 su un accordo di partenariato economico interinale tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e gli Stati della SADC aderenti all'APE, dall'altra

124

2010/C 117E/22

Accordo di partenariato economico CE-Stati dell'Africa orientale e meridionale
Risoluzione del Parlamento europeo del 25 marzo 2009 sull'accordo interinale che istituisce un quadro per un accordo di partenariato economico tra gli Stati dell'Africa orientale e meridionale, da una parte, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altra

129

2010/C 117E/23

Accordo di partenariato economico CE-Stati membri della Comunità dell'Africa orientale
Risoluzione del Parlamento europeo del 25 marzo 2009 sull'accordo che istituisce un quadro per un accordo di partenariato economico tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e gli Stati partner della Comunità dell'Africa orientale, dall'altra

135

2010/C 117E/24

Accordo di partenariato economico interinale CE-Africa centrale
Risoluzione del Parlamento europeo del 25 marzo 2009 sull'accordo di partenariato economico interinale tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l'Africa centrale, dall'altra

141

2010/C 117E/25

Relazioni annuali 2007 della BEI e della BERS
Risoluzione del Parlamento europeo del 25 marzo 2009 sulle relazioni annuali 2007 della Banca europea per gli investimenti e della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (2008/2155(INI))

147

2010/C 117E/26

Avvenire dell'industria automobilistica
Risoluzione del Parlamento europeo del 25 marzo 2009 sul futuro dell'industria automobilistica

157

 

Giovedì 26 marzo 2009

2010/C 117E/27

Libro bianco in materia di azioni di risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust comunitarie
Risoluzione del Parlamento europeo del 26 marzo 2009 sul Libro bianco in materia di azioni di risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust comunitarie (2008/2154(INI))

161

2010/C 117E/28

Accordo di libero scambio UE-India
Risoluzione del Parlamento europeo del 26 marzo 2009 su un accordo di libero scambio tra l’UE e l’India (2008/2135(INI))

166

2010/C 117E/29

Responsabilità sociale delle imprese subappaltanti nelle catene di produzione
Risoluzione del Parlamento europeo del 26 marzo 2009 sulla responsabilità sociale delle imprese subappaltanti nelle catene di produzione (2008/2249(INI))

176

2010/C 117E/30

Prezzi dei prodotti alimentari in Europa
Risoluzione del Parlamento europeo del 26 marzo 2009 sui prezzi dei prodotti alimentari in Europa (2008/2175(INI))

180

2010/C 117E/31

Impatto dell'urbanizzazione estensiva in Spagna sui diritti individuali dei cittadini europei, sull’ambiente e sull’applicazione del diritto comunitario
Risoluzione del Parlamento europeo del 26 marzo 2009 sull’impatto dell’urbanizzazione estensiva in Spagna sui diritti individuali dei cittadini europei, sull’ambiente e sull’applicazione del diritto comunitario (2008/2248(INI))

189

2010/C 117E/32

Stato delle relazioni transatlantiche all’indomani delle elezioni negli Stati Uniti
Risoluzione del Parlamento europeo del 26 marzo 2009 sullo stato delle relazioni transatlantiche all’indomani delle elezioni negli Stati Uniti d’America (2008/2199(INI))

198

2010/C 117E/33

Rafforzamento della sicurezza e delle libertà fondamentali su Internet
Raccomandazione del Parlamento europeo del 26 marzo 2009 destinata al Consiglio sul rafforzamento della sicurezza e delle libertà fondamentali su Internet (2008/2160(INI))

206

2010/C 117E/34

Strategia dell'Unione europea per una migliore demolizione delle navi
Risoluzione del Parlamento europeo del 26 marzo 2009 su una strategia dell'Unione europea per una migliore demolizione delle navi

214

 

III   Atti preparatori

 

Parlamento europeo

 

Martedì 24 marzo 2009

2010/C 117E/35

Accordo CE-Nepal su alcuni aspetti relativi ai servizi aerei *
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulla proposta di decisione del Consiglio concernente la conclusione dell’Accordo tra la Comunità europea e il governo del Nepal su alcuni aspetti relativi ai servizi aerei (COM(2008)0041 – C6-0041/2009 – 2008/0017(CNS))

217

2010/C 117E/36

Trattori agricoli o forestali a ruote (versione codificata) ***I
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a taluni elementi e caratteristiche dei trattori agricoli o forestali a ruote (versione codificata) (COM(2008)0690 – C6-0414/2008 – 2008/0213(COD))

218

2010/C 117E/37

Regime comunitario delle franchigie doganali (versione codificata) *
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulla proposta di regolamento del Consiglio relativo alla fissazione del regime comunitario delle franchigie doganali (versione codificata) (COM(2008)0842 – C6-0019/2009 – 2008/0235(CNS))

219

2010/C 117E/38

Raccolta di informazioni statistiche da parte della Banca centrale europea *
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulla proposta di raccomandazione del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 2533/98 del Consiglio sulla raccolta di informazioni statistiche da parte della Banca centrale europea (13411/2008 – C6-0351/2008 – 2008/0807(CNS))

220

2010/C 117E/39

Prodotti cosmetici (rifusione) ***I
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui prodotti cosmetici (rifusione) (COM(2008)0049 – C6-0053/2008 – 2008/0035(COD))

223

P6_TC1-COD(2008)0035Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 24 marzo 2009 in vista dell’adozione del regolamento (CE) n. …/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sui prodotti cosmetici (rifusione)

224

ALLEGATO

224

2010/C 117E/40

Immissione sul mercato dei biocidi ***I
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 98/8/CE relativa all'immissione sul mercato dei biocidi per quanto riguarda l’estensione di determinati periodi di tempo (COM(2008)0618 – C6-0346/2008 – 2008/0188(COD))

225

P6_TC1-COD(2008)0188Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 24 marzo 2009 in vista dell'adozione della direttiva 2009/…/CE del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 98/8/CE relativa all'immissione sul mercato dei biocidi per quanto riguarda l'estensione di determinati periodi di tempo

225

2010/C 117E/41

Struttura e aliquote delle accise che gravano sui tabacchi lavorati *
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulla proposta di direttiva del Consiglio recante modifica delle direttive 92/79/CEE, 92/80/CEE e 95/59/CE per quanto concerne la struttura e le aliquote delle accise che gravano sui tabacchi lavorati (COM(2008)0459 – C6-0311/2008 – 2008/0150(CNS))

226

 

Mercoledì 25 marzo 2009

2010/C 117E/42

Istruzione consolare comune: elementi biometrici e domande di visto ***II
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 25 marzo 2009 sulla posizione comune del Consiglio in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica dell'Istruzione consolare comune diretta alle rappresentanze diplomatiche e consolari di prima categoria in relazione all'introduzione di elementi biometrici e comprendente norme sull'organizzazione del ricevimento e del trattamento delle domande di visto (5329/1/2009 – C6-0088/2009 – 2006/0088(COD))

232

2010/C 117E/43

Garanzia della Comunità accordata alla BEI ***I
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 25 marzo 2009 sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che accorda alla Banca europea per gli investimenti una garanzia della Comunità in caso di perdite dovute a prestiti e garanzie sui prestiti a favore di progetti realizzati al di fuori della Comunità (COM(2008)0910 – C6-0025/2009 – 2008/0268(COD))

233

P6_TC1-COD(2008)0268Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 25 marzo 2009 in vista dell'adozione della decisione n. …/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio che accorda alla Banca europea per gli investimenti una garanzia della Comunità in caso di perdite dovute a prestiti e garanzie sui prestiti a favore di progetti realizzati al di fuori della Comunità

233

2010/C 117E/44

Prestazioni e sostenibilità del sistema aeronautico europeo ***I
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 25 marzo 2009 sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica dei regolamenti (CE) n. 549/2004, (CE) n. 550/2004, (CE) n. 551/2004 e (CE) n. 552/2004 al fine di migliorare il funzionamento e la sostenibilità del sistema aeronautico europeo (COM(2008)0388 – C6-0250/2008 – 2008/0127(COD))

234

P6_TC1-COD(2008)0127Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 25 marzo 2009 in vista dell'adozione del regolamento (CE) n. …/2009 del Parlamento europee e del Consiglio recante modifica dei regolamenti (CE) n. 549/2004, (CE) n. 550/2004, (CE) n. 551/2004 e (CE) n. 552/2004 al fine di migliorare il funzionamento e la sostenibilità del sistema aeronautico europeo

234

2010/C 117E/45

Aeroporti, gestione del traffico aereo e servizi di navigazione aerea ***I
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 25 marzo 2009 sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 216/2008 per quanto riguarda gli aeroporti, la gestione del traffico aereo e i servizi di navigazione aerea e abroga la direttiva 2006/23/CE del Consiglio (COM(2008)0390 – C6-0251/2008 – 2008/0128(COD))

235

P6_TC1-COD(2008)0128Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 25 marzo 2009 in vista dell’adozione del regolamento (CE) n. …/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica che modifica il regolamento (CE) n. 216/2008 per quanto riguarda gli aeroporti, la gestione del traffico aereo e i servizi di navigazione aerea e abroga la direttiva 2006/23/CE

235

2010/C 117E/46

Nuovi prodotti alimentari ***I
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 25 marzo 2009 sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai nuovi prodotti alimentari e recante modifica del regolamento (CE) n. XXX/XXXX [procedura uniforme] (COM(2007)0872 – C6-0027/2008 – 2008/0002(COD))

236

Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 25 marzo 2009 in vista dell'adozione del regolamento (CE) n. …/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai nuovi prodotti alimentari, recante modifica del regolamento (CE) n. 1331/2008 e che abroga il regolamento (CE) n. 258/97

236

2010/C 117E/47

Sostanze che riducono lo strato di ozono (rifusione) ***I
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 25 marzo 2009 sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulle sostanze che riducono lo strato di ozono (rifusione) (COM(2008)0505 – C6-0297/2008 – 2008/0165(COD))

255

P6_TC1-COD(2008)0165Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 25 marzo 2009 in vista dell'adozione del regolamento (CE) n. …/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sulle sostanze che riducono lo strato di ozono (rifusione)

256

2010/C 117E/48

Accordo di partenariato economico CE/Cariforum ***
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 25 marzo 2009 sulla proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'accordo di partenariato economico tra gli Stati del Cariforum, da una parte, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altra (5211/2009 – COM(2008)0156 – C6-0054/2009 – 2008/0061(AVC))

256

2010/C 117E/49

Accordo di partenariato economico interinale CE/Côte d'Ivoire ***
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 25 marzo 2009 sulla proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'accordo di partenariato economico interinale tra la Côte d'Ivoire, da una parte, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altra (5535/2009 – COM(2008)0439 – C6-0064/2009 – 2008/0136(AVC))

257

 

Giovedì 26 marzo 2009

2010/C 117E/50

Distribuzione di derrate alimentari agli indigenti nella Comunità (modifica del regolamento unico OCM) *
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 26 marzo 2009 sulla proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1290/2005 relativo al finanziamento della politica agricola comune e il regolamento (CE) n. 1234/2007 recante organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli (regolamento unico OCM) per quanto riguarda la distribuzione di derrate alimentari agli indigenti nella Comunità (COM(2008)0563 – C6-0353/2008 – 2008/0183(CNS))

258

Significato dei simboli utilizzati

*

procedura di consultazione

**I

procedura di cooperazione, prima lettura

**II

procedura di cooperazione, seconda lettura

***

parere conforme

***I

procedura di codecisione, prima lettura

***II

procedura di codecisione, seconda lettura

***III

procedura di codecisione, terza lettura

(La procedura di applicazione é fondata sulla base giuridica proposta dalla Commissione)

Emendamenti politici: il testo nuovo o modificato è evidenziato in grassetto corsivo e le soppressioni sono indicate dal simbolo ▐ .

Correzioni e adeguamenti tecnici dei servizi: il testo nuovo o modificato è evidenziato in corsivo semplice e le soppressioni sono indicate dal simbolo ║.

IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

RISOLUZIONI

Parlamento europeo SESSIONE 2008-2009 Sedute dal 24 al 26 marzo 2009 Il processo verbale delle sessioni è stato pubblicato nella GU C 236 E del 1.10.2009. TESTI APPROVATI

Martedì 24 marzo 2009

6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/1


Martedì 24 marzo 2009
Priorità dell’Unione europea per la 64a sessione dell’assemblea generale delle Nazioni Unite

P6_TA(2009)0150

Raccomandazione del Parlamento europeo destinata al Consiglio del 24 marzo 2009 sulle priorità dell’Unione europea per la 64a sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite (2009/2000(INI))

2010/C 117 E/01

Il Parlamento europeo,

vista la proposta di raccomandazione destinata al Consiglio, presentata da Alexander Graf Lambsdorff a nome del gruppo ALDE, sulle priorità dell’Unione europea per la 64a sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite (B6-0034/2009),

vista la raccomandazione del Parlamento europeo del 9 luglio 2008 destinata al Consiglio sulle priorità dell’Unione europea per la 63a sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite (1),

viste le priorità dell’Unione europea per la 63a sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite adottate dal Consiglio il 16 giugno 2008 (9978/2008),

vista la 63a Assemblea generale delle Nazioni Unite, in particolare le seguenti risoluzioni: di tale organo «Cooperazione tra le Nazioni Unite e l’Unione interparlamentare» (2), «Convenzione sul divieto di impiego di armi nucleari» (3), «Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari» (4), «Convenzione sull’interdizione della messa a punto, produzione e immagazzinamento delle armi batteriologiche (biologiche) e tossiniche e sulla loro distruzione» (5), «Moratoria sull’applicazione della pena capitale» (6), «Tutela dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali nella lotta contro il terrorismo» (7), «Situazione dei diritti dell’uomo nella Repubblica democratica popolare di Corea» (8), «Situazione dei diritti dell’uomo nella Repubblica islamica dell’Iran» (9), «Dichiarazione di Doha sul finanziamento dello sviluppo: documento finale della Conferenza internazionale di monitoraggio delle iniziative di finanziamento dello sviluppo per valutare l’attuazione del consenso di Monterrey» (10), «Situazione dei diritti dell’uomo in Myanmar» (11), «Attività per lo sviluppo» (12), «Potenziamento del dipartimento degli affari politici» (13), «Bilancio del programma per il biennio 2008–2009» (14) e «Progetto di bilancio del programma proposto per il biennio 2010–2011» (15),

vista la sua risoluzione del 14 gennaio 2009 sullo sviluppo del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, incluso il ruolo dell’Unione europea (16),

vista la sua risoluzione del 18 dicembre 2008 sulle prospettive di sviluppo per la costruzione della pace e la ricostruzione della nazione nelle situazioni postconflittuali (17),

visti l’articolo 114, paragrafo 3, e l’articolo 90 del suo regolamento,

vista la relazione della commissione per gli affari esteri e il parere della commissione per lo sviluppo (A6-0132/2009),

A.

considerando che, dopo quattro anni, sarebbe opportuno ricordare agli Stati membri delle Nazioni Unite il loro impegno volto a conseguire gli ambiziosi obiettivi del documento finale del vertice mondiale del 2005 approvato a New York il 16 settembre 2005,

B.

considerando che solo un sistema multilaterale globale, efficace e inclusivo è in grado di far fronte alle numerose sfide e minacce interconnesse che nazioni, società e cittadini si trovano ad affrontare, quali quelle alla pace, alla stabilità e alla sicurezza umana, le sfide rappresentate dalla povertà, dal cambiamento climatico, dalla sicurezza energetica e dalle conseguenze della crisi economica e finanziaria a livello mondiale,

C.

considerando che la 63a Assemblea generale delle Nazioni Unite ha preso importanti decisioni su diverse questioni legate al programma di riforma, compresi miglioramenti nella gestione delle risorse umane e nell’amministrazione della giustizia, un parziale rafforzamento del dipartimento per gli affari politici e l’avvio di trattative intergovernative sulla riforma del Consiglio di sicurezza,

D.

considerando che l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato, sulla base di una proposta presentata dalla sua terza commissione, una serie di importanti risoluzioni su un’ampia gamma di questioni relative a diritti umani, questioni sociali e questioni umanitarie, comprese tre risoluzioni per paese e il Protocollo opzionale al Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali,

E.

considerando che, grazie all’iniziativa «Delivering as One» (Agire uniti) e al lavoro dei due copromotori, si sono ottenuti progressi concreti, in maniera pragmatica, nell’attuazione di alcune delle riforme per la coerenza dell’intero sistema delle Nazioni Unite, e considerando la necessità di consolidare i risultati conseguiti e compiere ulteriori progressi nei settori individuati dalla 63a sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite,

F.

considerando che la mancata riforma di organi quali il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e il Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC) potrebbe portare a tentativi, da parte di raggruppamenti informali quali il G8 o il G20, di sostituirsi ad accordi istituzionali globali,

G.

considerando che l’Unione europea deve promuovere quelli che essa considera valori universali assoluti, pur impegnandosi a evitare la polarizzazione delle posizioni,

H.

considerando d’altra parte che la cooperazione tra il Segretariato delle Nazioni Unite e le istituzioni comunitarie non è mai stata così stretta e rispecchia i valori, gli obiettivi e gli interessi condivisi delle due organizzazioni,

I.

considerando che la capacità operativa delle Nazioni Unite nel campo delle attività per la pace e la sicurezza deve essere ulteriormente rafforzata e che la cooperazione tra l’Unione europea e le Nazioni Unite nelle operazioni di mantenimento della pace rappresenta un elemento fondamentale per la pace e la sicurezza globali,

J.

considerando il crescente numero di incidenti mortali fra i membri delle forze di pace delle Nazioni Unite e la necessità di adottare tutte le misure possibili per proteggerli,

K.

considerando che l’Unione europea e gli Stati Uniti sono partner strategici ed è nel loro interesse reciproco affrontare insieme le minacce e le sfide comuni del nuovo scenario globale, sulla base del diritto internazionale e nell’ambito delle istituzioni multilaterali, con particolare riferimento alle Nazioni Unite; considerando che la dichiarazione rilasciata dal nuovo rappresentante permanente degli Stati Uniti alle Nazioni Unite, Susan Rice, sembra indicare un rinnovato impegno a lavorare in maniera costruttiva con le Nazioni Unite,

L.

considerando che l’Unione europea ha indicato, nella sua dichiarazione al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite del 19 settembre 2008, che i quattro punti seguenti del documento finale della Conferenza di revisione di Durban sono inaccettabili (le cosiddette «linee rosse» dell’Unione europea): 1) il fatto di porre l’accento su una regione del mondo in particolare; 2) la riapertura della dichiarazione di Durban del 2001 inserendo un divieto contro la «diffamazione delle religioni», inteso a limitare la libertà di espressione e a imporre la censura propria delle leggi islamiche contro la blasfemia; 3) la definizione di un ordine di priorità tra le vittime e 4) la politicizzazione o la polarizzazione del dibattito,

M.

considerando che, nel contesto dell’aggravarsi della recessione globale, la situazione dei paesi in via di sviluppo potrebbe regredire di decenni, come risultato del crollo dei prezzi delle materie prime, della riduzione dei flussi di investimento, dell’instabilità finanziaria e della diminuzione delle rimesse e che il valore degli attuali impegni dell’Unione europea in materia di aiuto subirà una diminuzione annua di quasi 12 miliardi USD, essendo tali impegni espressi come percentuale del PIL degli Stati membri,

1.

rivolge al Consiglio le seguenti raccomandazioni:

 

L’Unione europea nel contesto delle Nazioni Unite

a)

inserirsi nel sistema delle Nazioni Unite in qualità di mediatore imparziale fra gli interessi e i valori dei diversi gruppi presenti, in modo da promuovere una comprensione comune e una maggiore coesione in relazione ai tre pilastri strettamente interconnessi sui quali si basano le Nazioni Unite, ossia pace e sicurezza, sviluppo economico e sociale e diritti umani;

b)

garantire, insieme alla Commissione, che le questioni legate al programma multilaterale siano affrontate sistematicamente nell’ambito dei dialoghi bilaterali che l’Unione europea e i suoi Stati membri intrattengono con altri paesi e gruppi regionali;

c)

studiare attentamente, con la nuova amministrazione degli Stati Uniti, i modi per rafforzare la cooperazione fra le due parti, a sostegno delle loro comuni priorità nel contesto delle Nazioni Unite;

 

Pace e sicurezza

d)

promuovere il dibattito avviato dal Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, in merito all’attuazione del principio «Responsabilità di proteggere» («Responsibility to Protect», R2P), in modo da ottenere un consenso rafforzato e un’impostazione maggiormente operativa nei confronti di questa pietra miliare della dottrina delle Nazioni Unite, resistendo allo stesso tempo a eventuali tentativi di ridurne la portata;

e)

garantire che il carattere preventivo del principio R2P sia adeguatamente sottolineato nel suddetto dibattito e fare in modo che sia dedicata sufficiente attenzione al sostegno dei paesi vulnerabili e instabili affinché possano sviluppare le capacità necessarie ad accollarsi tale responsabilità, concentrandosi nello specifico sugli attori a livello regionale, che rappresentano gli interlocutori più efficaci nelle situazioni di instabilità;

f)

garantire che il principio R2P sia applicato nelle situazioni di crisi in cui lo Stato interessato non è in grado di proteggere i propri cittadini da genocidi, crimini di guerra, pulizie etniche e crimini contro l’umanità;

g)

incoraggiare l’Unione africana a sviluppare le proprie capacità di gestione delle crisi e invitare i responsabili dell’Unione europea e delle Nazioni Unite a sostenere tale impegno e a intensificare la cooperazione con l’Unione africana riguardo all’instaurazione della pace e della sicurezza nel continente africano;

h)

sollecitare gli Stati membri dell’Unione europea a intraprendere tutti gli sforzi necessari affinché si giunga alla conclusione dei negoziati sulla convenzione globale contro il terrorismo internazionale;

 

Diritti umani

i)

sostenere chiaramente in tutte le risoluzioni discusse e adottate dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite i principi del diritto umanitario internazionale e condannare in maniera inequivocabile qualsiasi violazione degli stessi, in particolare per quanto concerne la sicurezza degli operatori delle Nazioni Unite e di altri operatori umanitari;

j)

rivolgersi ad altri gruppi regionali per promuovere una maggiore consapevolezza e conoscenza dei principi contemplati dalla Dichiarazione sull’orientamento sessuale e l’identità di genere, sostenuta dall’Unione europea e approvata dai 66 Stati membri delle Nazioni Unite;

k)

fare appello al Segretario generale delle Nazioni Unite affinché informi la 65a sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite in merito all’osservanza da parte degli Stati membri del divieto della pena di morte per i minori e includa nella sua relazione informazioni sul numero di minori autori di reati attualmente condannati a morte e il numero di esecuzioni nel corso degli ultimi cinque anni;

l)

nell’ottica della revisione del 2011 del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, avviare un dibattito sottolineando la complementarità tra la terza commissione, organismo intergovernativo dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite a partecipazione universale, e il Consiglio dei diritti umani, la cui composizione è limitata e il cui mandato è maggiormente operativo;

m)

invitare gli Stati membri a riconsiderare la propria partecipazione alla Conferenza di revisione di Durban a Ginevra nell’aprile 2009 qualora la violazione di tutte e quattro le «linee rosse» di cui nella bozza di documento finale del 20 febbraio 2009 fosse confermata nei negoziati successivi che condurranno alla Conferenza;

n)

promuovere e sostenere gli sforzi volti a garantire che il regime sanzionatorio delle Nazioni Unite in materia di terrorismo sia soggetto a procedure trasparenti e giuste, in particolare mediante l’introduzione di una procedura di notifica efficace e di un sistema autonomo di controllo giurisdizionale, in ottemperanza con la giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee;

o)

esortare il Consiglio di sicurezza e la sua commissione antiterrorismo a cooperare con gli organismi competenti per i diritti umani delle Nazioni Unite al fine di monitorare costantemente l’osservanza degli obblighi ai sensi della legislazione internazionale in materia di diritti umani, rifugiati e diritto umanitario;

p)

insistere affinché tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite ratifichino lo statuto di Roma della Corte penale internazionale (CPI), a cominciare dai membri del Consiglio di sicurezza e, in vista della conferenza di revisione della CPI che si terrà quest’anno, sostenere attivamente gli sforzi per raggiungere un accordo sulla definizione ancora pendente di crimine di aggressione e sulle condizioni in base alle quali la Corte può esercitare la propria giurisdizione, come previsto all’articolo 5, paragrafo 2, dello statuto di Roma;

 

Riforma delle Nazioni Unite

q)

promuovere il processo in corso volto a ottenere coerenza tra i progressi ottenuti a livello nazionale nell’attuazione della riforma «Delivering as One» e le diverse pratiche commerciali attuate a livello centrale da agenzie e programmi delle Nazioni Unite, che fino ad ora hanno ostacolato una maggiore cooperazione e un miglior coordinamento sul terreno;

r)

sviluppare il coordinamento a livello di Unione europea, compreso il coordinamento dei donatori, nelle relazioni con agenzie, fondi e programmi delle Nazioni Unite a livello centrale e nazionale, anche partecipando ai fondi multilaterali guidati dalle Nazioni Unite, e ampliare il dialogo, già ben consolidato, con il Segretariato delle Nazioni Unite, in modo da coinvolgere anche agenzie e programmi dell’ONU;

 

Ambiente

s)

promuovere un dibattito sulla prossima Conferenza delle parti della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP15) a Copenaghen nel dicembre 2009 per creare una base consensuale e favorire l’adozione di un nuovo accordo internazionale sui cambiamenti climatici per il periodo post-2012; in tale contesto, far convergere le posizioni a sostegno di un pacchetto tecnologico e finanziario per facilitare l’approvazione di un nuovo accordo vincolante da parte dei paesi in via di sviluppo;

t)

appoggiare l’adozione da parte della prossima Assemblea generale delle Nazioni Unite di una struttura più coerente per la gestione ambientale globale che, come sostenuto dal Consiglio governativo/Forum globale dei ministri dell’Ambiente del Programma ambientale delle Nazioni Unite, rappresenti un sistema di gestione in grado di far fronte alle enormi sfide future;

 

Governance globale

u)

assumere un ruolo guida nell’attuale dibattito sulla governance globale, compresa la governance economica e finanziaria, nell’ottica di rafforzare i mandati e migliorare le pratiche delFondo monetario internazionale e della Banca Mondiale, risollevando allo stesso tempo le attività dell’ECOSOC;

v)

sfruttare i prossimi negoziati intergovernativi sulla riforma del Consiglio di sicurezza, basati sul regolamento dell’Assemblea generale della Nazioni Unite, come un’opportunità per concentrarsi su punti di convergenza e ottenere progressi tangibili in merito al chiarimento delle competenze del Consiglio di sicurezza rispetto agli altri organismi delle Nazioni Unite, all’aggiunta di nuovi membri permanenti e non permanenti (eventualmente su base temporanea) in modo da migliorare la rappresentatività e la legittimità del Consiglio di sicurezza, e alla revisione dei metodi di lavoro del Consiglio di sicurezza;

w)

sottolineare che un seggio dell’Unione europea al Consiglio di sicurezza rimane l’obiettivo a lungo termine dell’Unione europea;

 

Non proliferazione e disarmo

x)

promuovere le condizioni necessarie per il successo della Conferenza di revisione delle parti trattato di non proliferazione delle armi nucleari (NPT) del 2010, in particolare avallando e promuovendo la proposta di convenzione modello sulle armi nucleari; raggiungere un consenso in merito alla proposta di trattato per l’esclusione dei materiali fissili («Fissile Material Cutoff Treaty»); impegnarsi per l’adozione, da parte della Conferenza sul disarmo, di un programma di lavoro concreto per rendere operativo tale organismo; impegnarsi a livello multilaterale e bilaterale con gli Stati membri delle Nazioni Unite per rilanciare la ratifica del trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari e infine incoraggiare ulteriori sforzi per avviare i negoziati riguardo a un trattato sulle armi;

 

Riforma della gestione

y)

sfruttare appieno il proprio effetto leva finanziario all’interno delle Nazioni Unite per garantire che il bilancio per il periodo 2010-2011 soddisfi in maniera migliore le urgenti esigenze operative di questa organizzazione e garantire al Segretario generale dell’ONU maggior discrezione nello stanziamento di risorse umane, in linea con tali esigenze e alla luce della decisione operativa presa dagli organismi competenti delle Nazioni Unite, in particolare il Consiglio di sicurezza e l’Assemblea generale;

z)

nel contesto delle discussioni relative a una revisione dei criteri di valutazione per la ripartizione delle spese delle Nazioni Unite, stabilire un chiaro legame tra una miglior rappresentazione nel contesto dei diversi organi delle Nazioni Unite e una condivisione più equa degli oneri finanziari;

aa)

sviluppare una politica del personale comunitario maggiormente coordinata nel contesto delle Nazioni Unite, con l’obiettivo di incrementare la trasparenza e l’efficienza delle procedure di assunzione e garantire che le condizioni di assunzione continuino comunque a rappresentare un’attrattiva per i cittadini dell’Unione europea;

 

Obiettivi di sviluppo del Millennio (OSM)

ab)

svolgere un ruolo di guida globale agendo da catalizzatore delle azioni internazionali volte ad ottenere risultati in merito alle promesse degli OSM in vista delle crescenti prove a testimonianza del fatto che il mondo non sta tenendo fede alle promesse fatte in relazione agli OSM;

ac)

sostenere l’iniziativa «MDG gap task force» finalizzata al monitoraggio degli impegni assunti a livello internazionale in materia di aiuti, commercio, riduzione del debito e accesso ai medicinali di prima necessità e alla tecnologia;

ad)

sollecitare la rapida organizzazione della conferenza ad alto livello delle Nazioni Unite sulla crisi finanziaria ed economica mondiale e il suo impatto sullo sviluppo, concordata in occasione della conferenza di Doha sul finanziamento allo sviluppo del 2008;

ae)

aprire un dibattito sull’iniziativa di appello all’azione da parte delle imprese («Business call to action») e sugli impegni per il finanziamento e il sostegno degli sforzi tesi al conseguimento degli OSM, ivi incluse le eventuali modalità per affiancare a detta iniziativa un aumento della responsabilità da parte del settore imprenditoriale;

af)

sostenere, congiuntamente a tutte le iniziative descritte, l’adesione ai principi sanciti dalla dichiarazione di Parigi sull’efficienza degli aiuti e al programma d’azione di Accra («Accra Agenda for Action») al fine di migliorare la qualità e la distribuzione degli aiuti;

ag)

sfruttare l’opportunità offerta dalla 64a Assemblea generale delle Nazioni Unite per riferire sui progressi conseguiti verso il rispetto dei parametri di riferimento stabiliti nel calendario di azione dell’Unione europea in materia di OSM;

ah)

invitare la Commissione a riferire in merito ai progressi ottenuti nell’attuazione dei contratti OSM e a incoraggiare altri donatori ad aumentare la quota di aiuti erogati in modo prevedibile e a lungo termine attraverso l’opzione del sostegno di bilancio;

 

Raccomandazioni finali

ai)

esortare gli Stati membri dell’Unione europea a dare seguito agli impegni presi per un multilateralismo più efficace, garantendo la ratifica rapida e sistematica di tutte le convenzioni e i trattati delle Nazioni Unite,

aj)

promuovere la decisione presa dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nella sua summenzionata risoluzione sulla «Cooperazione tra le Nazioni Unite e l’Unione interparlamentare» di prevedere un punto separato all’ordine del giorno provvisorio della 65a Assemblea generale delle Nazioni Unite dedicato alla cooperazione tra l’Organizzazione delle Nazioni Unite, i parlamenti nazionali e l’Unione interparlamentare, a condizione che il titolo del punto all’ordine del giorno includa anche un riferimento alle «assemblee parlamentari regionali», e promuovere un dibattito su come i parlamentari, i parlamenti nazionali e le assemblee parlamentari nazionali possano svolgere un ruolo più attivo in seno alle Nazioni Unite;

*

* *

2.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente raccomandazione al Consiglio e, per conoscenza, alla Commissione.


(1)  Testi approvati, P6_TA(2008)0339.

(2)  A/RES/63/24.

(3)  A/RES/63/75.

(4)  A/RES/63/87.

(5)  A/RES/63/88.

(6)  A/RES/63/168.

(7)  A/RES/63/185.

(8)  A/RES/63/190.

(9)  A/RES/63/191.

(10)  A/RES/63/239.

(11)  A/RES/63/245.

(12)  A/RES/63/260.

(13)  A/RES/63/261.

(14)  A/RES/63/264 A-C.

(15)  A/RES/63/266.

(16)  Testi approvati, P6_TA(2009)0021.

(17)  Testi approvati, P6_TA(2008)0639.


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/7


Martedì 24 marzo 2009
Un anno dopo Lisbona: il partenariato EU-Africa in azione

P6_TA(2009)0151

Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 su Un anno dopo Lisbona: il partenariato Africa-UE in azione (2008/2318(INI))

2010/C 117 E/02

Il Parlamento europeo,

vista la strategia congiunta Africa-UE («strategia congiunta») e il primo piano d’azione (2008-2010) per l’attuazione del partenariato strategico Africa-UE adottati dall’Unione europea e dai Capi di Stato e di governo africani a Lisbona l’8 e il 9 dicembre 2007,

vista la comunicazione della Commissione intitolata «Un anno dopo Lisbona: il partenariato Africa-UE in azione» (COM(2008)0617),

viste le conclusioni del Consiglio «affari generali e relazioni esterne» del 10 novembre 2008 su «Un anno dopo Lisbona: il partenariato Africa-UE in azione»,

vista la relazione congiunta sui progressi compiuti nell’attuazione della strategia comune Africa-UE e del primo piano d’azione (2008-2010) adottata dalla troika ministeriale Africa-UE ad Addis Abeba, Etiopia, il 21 novembre 2008,

vista la nota del 17 dicembre 2008 inviata dalla commissione ad hoc del Parlamento panafricano per le relazioni con il Parlamento europeo e dalla delegazione ad hoc del Parlamento europeo per le relazioni con il Parlamento panafricano alle presidenze in carica dell’Unione africana (UA) e dell'Unione europea, alla Commissione europea e alla Commissione dell'Unione africana sul ruolo del Parlamento panafricano e del Parlamento europeo nell’attuazione e nel monitoraggio della strategia congiunta,

vista la sua risoluzione del 25 ottobre 2007 sulla situazione attuale delle relazioni Africa-UE (1),

vista la sua risoluzione del 17 novembre 2005 su una strategia di sviluppo per l’Africa (2),

visto l'Accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP), da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altro, firmato a Cotonou il 23 giugno 2000 (3) e modificato a Lussemburgo il 25 giugno 2005 (4) («Accordo di Cotonou»),

visto il regolamento (CE) n. 1905/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, che istituisce uno strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo (5),

visti gli articoli dal 177 al 181 del trattato CE,

visto l’articolo 45 del suo regolamento,

visti la relazione della commissione per lo sviluppo e il parere della commissione per il commercio internazionale (A6-0079/2009),

A.

considerando che l’obiettivo dell’eliminazione della povertà deve rimanere assolutamente al centro della strategia congiunta,

B.

considerando che metà della popolazione africana vive ancora in povertà e che l’Africa è l’unico continente che non sta compiendo progressi verso gli obiettivi di sviluppo del millennio, segnatamente per quanto concerne la riduzione della povertà, la mortalità infantile, la salute materna e la lotta contro l’HIV/AIDS e la malaria,

C.

considerando che la strategia congiunta mira ad andare «oltre lo sviluppo», «oltre l’Africa» e «oltre le istituzioni» per coprire una gamma più ampia di questioni africane e globali rispetto al passato, quali l’energia, il cambiamento climatico e la sicurezza, e per coinvolgere uno spettro di attori istituzionali più ampio,

D.

considerando che, nel corso dell’ultimo anno, è stata definita buona parte dell’architettura istituzionale nonché metodi di lavoro innovativi della strategia congiunta UE-Africa, ma che i progressi reali registrati in tale ambito sono pochi,

E.

considerando che, nonostante il riconoscimento esplicito nella strategia congiunta del ruolo fondamentale del Parlamento panafricano e del Parlamento europeo per la revisione del progressi compiuti e per l’orientamento politico del partenariato, questi devono ancora essere coinvolti in modo significativo e strutturale nell'istituzione, adattamento e monitoraggio della strategia congiunta,

F.

considerando che la partecipazione della società civile e delle autorità locali, in particolare di quelle africane, all’attuazione della strategia congiunta è stata minima,

G.

considerando che i finanziamenti per l'attuazione della strategia congiunta sono stati molto limitati e che in effetti le risorse necessarie per il finanziamento erano già del tutto programmate prima dell’approvazione della strategia congiunta,

H.

considerando che l’inclusione del Fondo europeo di sviluppo nel bilancio comunitario, richiesta più volte dal Parlamento, garantirebbe una maggiore coerenza politica nonché un controllo parlamentare delle spese legate allo sviluppo,

I.

considerando che la quota di commercio globale dell’Africa sta diminuendo e che l’Africa viene esclusa dalle opportunità offerte dalla globalizzazione,

J.

considerando che la fuga illecita di capitali fa perdere ogni anno alle economie africane miliardi di euro e che la «fuga dei cervelli» priva il continente di buona parte della capacità intellettuale essenziale per il suo sviluppo futuro,

K.

considerando che la produzione alimentare e la sicurezza alimentare in Africa non costituiscono più delle priorità politiche e che gli investimenti in tali settori sono drasticamente diminuiti nell’ultimo decennio, con conseguenze potenzialmente disastrose, come evidenziato dalla recente crisi dei prezzi alimentari,

L.

considerando che l’Africa è sottorappresentata nelle organizzazioni internazionali e nei forum multilaterali che decidono su molte delle questioni da cui dipende il futuro del continente,

M.

considerando che la relazione durevole UE-Africa assume un significato nuovo con l’emergere di donatori non tradizionali i cui programmi e le cui priorità per l’Africa presentano nuovi rischi e sfide,

N.

considerando che è essenziale individuare le sinergie ed evitare la sovrapposizione tra le istituzioni della strategia congiunta e quelle delle relazioni esistenti, come l’accordo di Cotonou, la strategia euromediterranea e il partenariato strategico Sudafrica-UE,

O.

considerando che la revisione dell’accordo di Cotonou del 2009 cercherà di chiarire la relazione futura degli ACP con l’UA,

P.

considerando che è scarso il livello di consapevolezza degli obiettivi e delle azioni della strategia congiunta e considerando che, soprattutto in Africa, la consapevolezza pubblica del partenariato strategico Africa-UE e l’adesione allo stesso sono collegati direttamente alla capacità della strategia congiunta di conseguire risultati tangibili e immediati per migliorare gli standard di vita della popolazione africana,

Q.

considerando che il partenariato dovrebbe tenere in considerazione il fatto che, sebbene un «partenariato su base paritaria» significhi che l’UE e l’UA sono uguali in termini di partecipazione alle discussioni e all’impostazione politica, la dura realtà è che entrambi i continenti e le loro istituzioni sono ancora ben lontani dall’essere uguali in termini di sviluppo istituzionale, di capacità decisionale e di risorse,

Istituzione di un’architettura Africa-UE

1.

accoglie positivamente il fatto che, a un anno di distanza dall’approvazione della strategia congiunta, le principali componenti dell'architettura istituzionale per la sua attuazione siano in vigore e abbiano iniziato a funzionare, avvalendosi di un piano d’azione che prevede dei risultati e delle tempistiche, e che ci siano stati dei progressi verso l'attuazione della strategia congiunta e dei suoi partenariati tematici; deplora però che, alla fine del primo anno di attuazione, alcuni partenariati stiano ancora definendo i metodi di lavoro e non abbiano ancora stabilito risultati, tempistiche e dotazioni di bilancio;

2.

accoglie con favore il fatto che, durante il primo anno dopo la firma della strategia congiunta UE-Africa, l’Unione europea e l’UA si siano incontrate più spesso di quanto fosse successo in passato;

3.

invita le Commissioni UE e UAe gli Stati membri dell’Unione europea e dell’UA a completare in modo prioritario l’architettura istituzionale sviluppando le componenti parlamentari, della società civile e delle autorità locali che devono guidare e sostenere il processo garantendone la trasparenza, l'appropriazione e la legittimità democratica;

4.

accoglie con favore la creazione di gruppi nell'Unione europea incaricati dell'attuazione che vedono la partecipazione degli Stati membri interessati non solo perché il finanziamento della strategia congiunta dipende in larga parte dai contributi degli Stati membri, ma anche perché il coinvolgimento diretto degli Stati membri contribuirà ad accrescere la consapevolezza, la continuità e la sostenibilità delle azioni previste dal piano di azione;

5.

esorta le istituzioni della strategia congiunta a concentrarsi pienamente sui risultati necessari, considerato che il primo piano d’azione dura meno di tre anni (2008-2010);

Ruolo dei parlamenti

6.

ribadisce la richiesta alla Commissione europea e alla Commissione dell’Unione africana di intraprendere le misure necessarie per coinvolgere il Parlamento europeo e il Parlamento panafricano nell’attuazione, nel monitoraggio e nella fornitura di orientamenti politici per la strategia congiunta, in linea con il loro status di componenti fondamentali della sua architettura istituzionale;

7.

sottolinea il ruolo svolto dagli organismi interparlamentari del Parlamento europeo e dei parlamenti africani, fra cui l’assemblea parlamentare paritetica ACP-UE e l’assemblea parlamentare Euromed nel promuovere la pace e la sicurezza, il buon governo e la democrazia, nonché nel fungere da piattaforme efficaci in termini di cooperazione e di gestione di questioni di interesse comune;

8.

prende atto del fatto che l’undicesimo incontro della troika ministeriale Africa-UE ha approvato la prima relazione annuale sui progressi compiuti nell’attuazione della strategia congiunta e nel suo primo piano di azione, al quale l’Unione europea ha collaborato con la summenzionata comunicazione della Commissione;

9.

si rammarica tuttavia che tale relazione sia stata elaborata senza alcuna consultazione o contributo ufficiale da parte del Parlamento europeo e del Parlamento panafricano;

10.

propone che i presidenti del parlamento panafricano e del Parlamento europeo partecipino sistematicamente e intervengano ai vertici UE-Africa per presentare le conclusioni di tali parlamenti relativamente all’attuazione del piano d’azione, avanzando altresì proposte in merito agli orientamenti futuri della strategia congiunta;

11.

chiede che immediatamente prima della Troika ministeriale di primavera i membri di quest'ultima svolgano uno scambio di opinioni con i rappresentanti degli organi competenti del parlamento panafricano e del Parlamento europeo, nel corso del quale i due parlamenti possano presentare i loro suggerimenti e raccomandazioni sull'ultima relazione annuale congiunta sui progressi compiuti; propone che la discussione sui suggerimenti e le raccomandazioni dei parlamenti sia iscritta all'ordine del giorno della suddetta riunione della Troika ministeriale; si aspetta che la successiva relazione annua congiunta - adottata nel corso della successiva Troika ministeriale d'autunno - indichi come sia stato tenuto conto di questi suggerimenti e raccomandazioni; chiede che i rappresentanti parlamentari incontrino anch'essi i ministri della Troika a margine della riunione autunnale della Troika;

12.

ritiene che i parlamenti panafricano ed europeo dovrebbero partecipare a un livello adeguato sia ai gruppi di esperti congiunti sia alla task force UA-UE;

13.

accoglie positivamente il fatto che la Commissione europea abbia stabilito nel 9° FES un programma di sostegno di 55 milioni EUR per rafforzare le capacità delle istituzioni dell'Unione africa; afferma ancora una volta che parte di tale bilancio deve essere impiegato per il rafforzamento della capacità amministrativa e operativa del Parlamento panafricano ed esorta le Commissioni a elaborare i piani d’azione per l’utilizzo di queste linee di bilancio in stretta consultazione con il Parlamento panafricano e in cooperazione con il Parlamento europeo;

14.

raccomanda che la parte del bilancio destinata al Parlamento panafricano sia direttamente da questo amministrata, una volta che il Parlamento panafricano si sia dotato della necessaria capacità amministrativa e abbia adempiuto agli obblighi prescritti dal regolamento finanziario CE (in particolare il suo articolo 56) (6) che consente alla Commissione di fare eseguire il bilancio da una gestione centralizzata e indiretta;

15.

invita la Commissione europea e la Commissione dell’UA a semplificare le procedure per garantire che il dialogo con i parlamenti sia diretto ed effettivo e non gravato da ritardi inaccettabili, prendendo in debita considerazione le loro specificità procedurali;

16.

esorta ancora una volta a iscrivere nel bilancio il Fondo europeo di sviluppo e chiede al tempo stesso alla Commissione di informare il Parlamento europeo e il Parlamento panafricano in merito a tutte le fasi del processo di bilancio;

Società civile e attori non statali

17.

ritiene che per far sì che la strategia congiunta costituisca un partenariato al servizio dell’individuo con un’ampia base e gamma di attività, essa dovrà coinvolgere efficacemente la società civile e le autorità locali e facilitare la loro partecipazione efficace al lavoro degli organismi incaricati dell’attuazione;

18.

dato che dal piano d’azione emerge che tutti i partenariati UE-Africa sono aperti a una vasta gamma di azioni, deplora che si dia tanto rilievo alle azioni statali; sottolinea l'esigenza di potenziare e chiarire maggiormente il contributo e l’impegno nel processo dei parlamenti e degli attori non statali, quali le organizzazioni della società civile, le autorità locali e gli altri attori non statali;

19.

accoglie positivamente il Consiglio economico, sociale e culturale africano (ECOSOCC) come strumento per costruire un partenariato tra i governi africani e la società civile; è tuttavia preoccupato del basso livello di partecipazione della società civile africana nell’attuazione della strategia congiunta e invita a realizzare sforzi immediati, in particolare da parte africana, per istituire, in stretta cooperazione con le parti interessate, delle procedure per l'identificazione, la mappatura e l'effettiva partecipazione degli attori non statali africani rappresentativi;

20.

esorta la Commissione europea a sviluppare adeguati strumenti per lo sviluppo delle capacità delle organizzazioni africane della società civile finalizzati, nello specifico, a potenziare la loro capacità di contribuire all’attuazione della Strategia comune;

Partenariato

21.

rileva che la strategia congiunta deve inoltre affrontare questioni che, sebbene appartengano formalmente a una diversa architettura istituzionale, hanno una profonda influenza sul futuro dell’Africa e determinano la relazione tra i due continenti, come gli accordi di partenariato economico e le relazioni tra i raggruppamenti regionali degli accordi di partenariato economico e altri raggruppamenti regionali presenti in Africa (comprese le comunità economiche regionali), la seconda revisione dell’accordo di Cotonou, la strategia euromediterranea, il partenariato strategico UE-Sudafrica, il rapporto dell’Africa con i nuovi attori globali quali la Cina e il Brasile;

22.

ritiene che lo sviluppo economico, sociale e ambientale sostenibile possa realizzarsi soltanto nei paesi che offrono garanzie di pace, democrazia e diritti umani;

23.

esorta la Commissione europea, il Consiglio e la parte Africa a garantire che vi sia coerenza tra questa strategia e le altre politiche che possono avere un impatto negativo sulla promozione di un nuovo partenariato strategico UE-Africa, in particolare le politiche commerciali, ambientali, migratorie e agricole; sottolinea che il dialogo politico tra l’Unione europea e l’Africa dovrebbe riguardare tali questioni;

24.

evidenzia che, per combattere in modo efficace la povertà, lotta che rimane al centro della strategia congiunta, il partenariato strategico UE-Africa deve aiutare a stimolare uno sviluppo economico e sociale sostenibile, attrarre gli investimenti esteri, promuovere un commercio internazionale equo e contribuire a creare le condizioni alle quali i paesi africani possano gradualmente adeguarsi per trovare un loro posto nell’economia globale;

Pace e sicurezza

25.

si compiace dei progressi compiuti nell'ambito del partenariato per la pace e la sicurezza; prende atto del dialogo UA-UE sulle situazioni di crisi in Africa e oltre; sottolinea che tale dialogo deve affrontare tutte le questioni relative alla pace e alla sicurezza dalla prevenzione e risoluzione dei conflitti alla ricostruzione successiva ai conflitti e le attività di pacificazione, compreso un dialogo approfondito sull’attuazione del principio della «responsabilità di proteggere»;

26.

invita a dare la corretta priorità all’attuazione dell’architettura di pace e di sicurezza africana; evidenzia ancora una volta che il Fondo europeo di sviluppo (FES) non è una fonte di finanziamento adeguata per la futura reintegrazione del Fondo per la pace in Africa; ritiene che la spesa del FES debba rispettare i criteri fissati dal Comitato di assistenza allo sviluppo dell’OCSE (OCSE/CAS) per l’aiuto pubblico allo sviluppo; ribadisce l’invito a cercare una soluzione definitiva per il finanziamento del Fondo per la pace in Africa;

27.

accoglie con favore il fatto che a settembre 2008 il Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon abbia istituito un gruppo UA-ONU di personalità illustri per individuare le modalità di sostegno della comunità internazionale alle operazioni di mantenimento della pace dell’UA con mandato ONU;

Governance e diritti dell’uomo

28.

rileva che il concetto di governance va oltre la semplice lotta alla corruzione e deve dimostrare quanto bene funzioni una società, tramite il mantenimento della legge e dell’ordine, il rispetto e la promozione attiva dei diritti dell’uomo, la lotta contro la corruzione, la creazione di ricchezza, la distribuzione trasparente ed equa della ricchezza, e i servizi sociali e sanitari essenziali; sottolinea che gli attori esterni non devono valutare la governance esclusivamente sulla base di criteri imposti dall’esterno, ma piuttosto sulla base di valori e standard reciprocamente concordati e condivisi;

29.

mette in luce l’importanza di una democrazia sostenibile che includa il buon governo e le elezioni democratiche al fine di promuovere lo sviluppo delle capacità parlamentari, il coinvolgimento della società civile e delle autorità locali nel dialogo politico;

30.

sottolinea che la governance deve essere migliorata su entrambi i fronti: non costituisce una priorità soltanto in Africa ma anche in Europa, che deve migliorare la governance e la responsabilità in termini di impegno a fornire assistenza e migliore coordinamento dei donatori al fine di prendere maggiormente in considerazione i cosiddetti «Stati orfani» di aiuti; sottolinea che i parlamenti nazionali e continentali, gli attori non statali e le autorità locali svolgono un ruolo chiave in tale ambito;

31.

esorta a sostenere maggiormente le iniziative africane esistenti, quali il meccanismo africano di valutazione inter pares (APRM), che ad oggi costituisce l’impegno più serio da parte dei paesi africani per migliorare la governance nel continente, e i vari strumenti messi in atto dall’UA, che incrementeranno l’appropriazione africana del processo;

32.

manifesta seria preoccupazione per il fatto che «i profili di governance» sviluppati dalla Commissione per ogni paese ACP, alla base della programmazione dell’aiuto allo sviluppo in relazione ai fondi aggiuntivi pari a 2 700 milioni EUR previsti dal 10 FES, siano stati preparati senza alcun elemento partecipativo; sottolinea che l’ammissibilità ai fondi aggiuntivi dei paesi beneficiari è stata valutata secondo una serie di criteri di cui uno soltanto direttamente legato agli obiettivi di sviluppo del millennio; manifesta sgomento per il fatto che i «profili» della Commissione europea rischiano di minare il processo APRM; esorta la Commissione europea a consultare e informare il Parlamento europeo e il Consiglio circa il seguito dato e l’attuazione di questi fondi onde accertarsi che vengano stanziati a favore delle iniziative di governance al fine di sostenere l’agenda UA per la governance e il processo APRM;

33.

invita al dialogo nell’ambito del partenariato di governance e dei diritti umani per affrontare il problema dell’impunità delle violazioni dei diritti dell’uomo, esaminando le migliori pratiche in base alla legge nazionale e internazionale, compreso il lavoro dei tribunali penali internazionali istituiti in Sierra Leone e in Ruanda;

Commercio, sviluppo economico e integrazione regionale

34.

considera che, per quanto concerne il partenariato per il commercio e per l’integrazione regionale, nelle giuste condizioni, l’aumento delle attività commerciali sia uno stimolo essenziale alla crescita economica, a condizione che le politiche commerciali siano coerenti con gli obiettivi di sviluppo; accoglie pertanto con favore l’obiettivo del partenariato di sostenere l’integrazione regionale africana e di potenziare le capacità commerciali del continente;

35.

auspica in una rapida conclusione del round per lo sviluppo di Doha dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC), ma insiste sul fatto che esso debba rimanere essenzialmente un «ciclo per lo sviluppo» inteso a promuovere l’integrazione delle nazioni africane nell’economia globale, a ridurre efficacemente le sovvenzioni agricole che alterano i mercati e ad abolire le sovvenzioni alle esportazioni agricole;

36.

ritiene che l’Unione europea dovrebbe aiutare gli Stati africani a garantire l’autosufficienza della loro agricoltura e a promuovere i servizi essenziali e le industrie nazionali vulnerabili;

37.

afferma che gli accordi di partenariato economico siglati con gli Stati africani devono essere i primi e più importanti strumenti per uno sviluppo che rispetti le diverse capacità e livelli di sviluppo e abilità di ciascun beneficiario;

38.

sottolinea il fatto che gli accordi di partenariato economico devono promuovere e non minare l’integrazione regionale africana; sostiene gli sforzi dell’UA per rafforzare le comunità economiche regionali che rappresentano gli elementi costitutivi fondamentali dell’integrazione regionale del continente;

39.

chiede fermamente che la Commissione europea e gli Stati membri onorino i propri impegni per la fornitura entro il 2010 di almeno 2 000 milioni EUR all’anno in concreti aiuti al commercio, la maggior parte dei quali devono essere destinati all’Africa; invita a fissare e a fornire tempestivamente la quota delle risorse destinate agli aiuti agli scambi; sottolinea che questi fondi dovrebbero rappresentare risorse aggiuntive e non un mero «intervento cosmetico» sul fondo FES;

40.

invita il partenariato a trattare la più ampia agenda di aiuti al commercio, compreso lo sviluppo delle infrastrutture, la promozione dello sviluppo industriale e una migliore regolamentazione che preveda regole di origine più semplici e di facile impiego;

41.

invita il partenariato ad affrontare inoltre gli aspetti economici che, sebbene non siano necessariamente correlati al commercio, hanno conseguenze importanti per le economie africane, quali la necessità di intraprendere azioni per arrestare l’illecita fuga di capitali e per promuovere la regolamentazione internazionale dei paradisi fiscali;

42.

auspica che la Strategia comune riconosca e sostenga il ruolo dei migranti e delle varie diaspore a favore dello sviluppo dei propri paesi di origine, promuovendo i loro investimenti in questi paesi e riducendo il costo dei trasferimenti;

Questioni chiave per lo sviluppo

43.

afferma che, per quanto concerne il partenariato sugli obiettivi di sviluppo del millennio, anche con aiuti più abbondanti e migliori sarà difficile raggiungere tali obiettivi, e invita pertanto gli Stati membri dell'Unione europea a mantenere gli impegni recentemente confermati alla conferenza di Doha sul finanziamento allo sviluppo, nonché al forum di alto livello sull’efficacia degli aiuti di Accra, in particolare per quanto concerne il volume di tali aiuti, la coerenza politica, l’appropriazione, la trasparenza e la divisione del lavoro tra donatori;

44.

rileva che la sanità di base e l’educazione primaria e secondaria sono catalizzatori cruciali per raggiungere gli obiettivi di sviluppo del millennio; di conseguenza incoraggia i paesi africani a fare in modo che tali settori siano una delle priorità principali nelle loro strategie di riduzione della povertà; invita il partenariato a promuovere tale sviluppo, alla luce dell’impegno della Commissione europea a spendere almeno il 20 % del bilancio comunitario per gli aiuti in tali settori; esorta la Commissione a estendere l’impegno al Fondo europeo di sviluppo; ribadisce che tutti gli sforzi in tal senso dovrebbero includere le persone con disabilità; accoglie con favore, a tale proposito, i risultati della prima riunione del gruppo congiunto di esperti ed esorta le parti interessate a garantire che si realizzino progressi nell’anno a venire;

45.

esorta la Commissione a intraprendere azioni urgenti finalizzate a realizzare gli impegni presi in ambito sanitario per quanto concerne le conclusioni e le raccomandazioni contenute nella relazione della Corte dei conti europea, datata gennaio 2009, sul tema «L’aiuto allo sviluppo fornito dalla CE ai servizi sanitari nell’Africa subsahariana»; sottolinea che, nel corso della 10a revisione intermedia del FES, è importante incrementare gli aiuti forniti dalla Commissione europea al settore sanitario nell’Africa subsahariana al fine di mantenere fede all’impegno degli obiettivi di sviluppo del millennio in ambito sanitario;

46.

esorta gli Stati membri dell’UE e dell’UAnione europea ad attribuire maggiore importanza alla sicurezza e alla sovranità alimentare africana e a promuovere azioni intese a incrementare la produttività e la competitività dell’agricoltura, in particolare la produzione alimentare per i mercati locali e la promozione di «corridoi verdi» attorno alle città;

47.

esorta gli Stati membri a inserire nei dibattiti, nell’ambito e al di là della Strategia comune, la questione dell’equa distribuzione della ricchezza derivante dallo sfruttamento delle risorse naturali; insiste sul fatto che gli introiti nazionali derivanti dalle risorse naturali dovrebbero essere prioritariamente stanziati in maniera più equa al fine di soddisfare le esigenze di base della popolazione, segnatamente nel settore sanitario, dell’istruzione, della conservazione delle risorse naturali e dell'ambiente, contribuendo in tal modo a perseguire gli obiettivi di sviluppo del millennio (MDG);

48.

manifesta preoccupazione per il fatto che il recente periodo di crescita record dell’Africa subirà un’inversione di tendenza a causa del rallentamento economico globale e sottolinea che il continente potrebbe regredire di decenni in conseguenza del crollo dei prezzi delle materie prime, della riduzione dei flussi di investimenti, dell’instabilità finanziaria e del calo delle rimesse;

Altri aspetti della strategia

49.

ricorda che, per quanto concerne il cambiamento climatico, i paesi sviluppati ne sono i principali responsabili, ma l’impatto negativo di tale cambiamento ricade invece principalmente sui paesi in via di sviluppo; afferma pertanto che sono necessari nuovi finanziamenti per far sì che gli Stati africani non siano costretti a pagare un prezzo sproporzionato per adattarsi a tali effetti o per ridurli; sostiene inoltre la dichiarazione congiunta UE-Africa sul cambiamento climatico presentata nel dicembre 2008 a Poznan in occasione della Conferenza dei firmatari della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico;

50.

richiede che, nel contesto del partenariato per la migrazione e l’occupazione, venga individuata una soluzione giusta e funzionale al problema della «fuga dei cervelli» che priva molte nazioni africane di un gran numero di lavoratori qualificati, in particolare nel settore sanitario;

51.

auspica che il nuovo sistema della «carta blu» europea eviti che la manodopera qualificata dei paesi in via di sviluppo si esaurisca in settori in cui questi paesi presentano carenza di manodopera, in particolare i settori sanitario e dell’istruzione;

52.

esorta la Commissione europea a utilizzare il partenariato UE-Africa per fornire sostegno ai paesi africani affinché applichino la flessibilità prevista dalla dichiarazione di Doha sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (TRIPS) e sulla sanità pubblica al fine di promuovere l’accesso ai farmaci essenziali a costi abbordabili in Africa;

53.

esorta entrambe le parti, per quanto concerne il partenariato per la scienza e la tecnologia, ad adoperarsi al fine di colmare il divario digitale intensificando la cooperazione nell’ambito dello sviluppo e del trasferimento tecnologico, segnatamente in materia di telefonia e di Internet;

54.

auspica che la strategia congiunta sia caratterizzata da misure specifiche finalizzate a migliorare le opportunità per le donne, i bambini e le persone disabili in Africa, in quanto nei paesi in via di sviluppo questi gruppi fanno fronte a difficoltà estremamente serie;

55.

sottolinea che, per permettere alla strategia congiunta di andare «oltre l'Africa», con una maggiore cooperazione UE-Africa nell’ambito degli enti internazionali e nei negoziati multilaterali su questioni quali il commercio, i diritti umani e i cambiamenti climatici, l’Unione europea e l’Africa devono lavorare per rendere più democratiche e rappresentative le istituzioni internazionali come la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale e l’OMC, garantendo in questo modo che l’Africa possa esercitare un’influenza proporzionata alle sue dimensioni e al suo status;

56.

esorta nuovamente le istituzioni europee a creare uno strumento finanziario specifico per l’attuazione della strategia congiunta, centralizzando tutte le fonti di finanziamento esistenti in modo chiaro, prevedibile e programmabile; si chiede fino a che punto la strategia congiunta riuscirà a perseguire le proprie nobili ambizioni o a fornire un effettivo valore aggiunto senza ricorrere a nuovi finanziamenti o addirittura alla riprogrammazione dei finanziamenti esistenti;

57.

esorta i governi europei e africani a informare in modo più efficace e sistematico i propri cittadini circa le azioni e i risultati della strategia congiunta nonché a promuovere una maggiore copertura mediatica;

Uno sguardo al futuro

58.

auspica che vi sia un coinvolgimento significativo del Parlamento europeo e del Parlamento panafricano nonché delle organizzazioni della società civile e delle autorità locali, sulla base dell’esperienza del vertice UE-Africa tenutosi a Lisbona l’8 e il 9 dicembre 2007, nel periodo di avvicinamento al terzo vertice Africa-UE nel 2010 e che partecipino attivamente al vertice stesso;

59.

esorta le commissioni e le presidenze dell’Unione europea e dell’UA ad accogliere le proposte di cui sopra finalizzate a rafforzare la partecipazione parlamentare all’attuazione e al monitoraggio della strategia congiunta;

60.

mira a generare, all’interno del Parlamento europeo, il coordinamento e la sinergia necessaria tra tutti gli enti per sostenere l’attuazione e il monitoraggio della strategia congiunta; ribadisce, a tale proposito, la sua intenzione di trasformare la delegazione ad hoc per le relazioni con il Parlamento panafricano in una delegazione interparlamentare a pieno titolo;

*

* *

61.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi e parlamenti degli Stati membri, al Comitato economico e sociale europeo, al Consiglio economico, sociale e culturale africano, alla Commissione UA, al Consiglio esecutivo UA, al Parlamento panafricano, al Consiglio dei ministri ACP e all’Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE.


(1)  GU C 263 E del 16.10.2008, pag. 633.

(2)  GU C 280 E del 18.11.2006, pag. 475.

(3)  GU L 317 del 15.12.2000, pag. 3.

(4)  GU L 209 dell'11.8.2005, pag. 27.

(5)  GU L 378 del 27.12.2006, pag. 41.

(6)  Regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio, del 25 giugno 2002, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (GU L 248 del 16.9.2002, pag. 1).


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/15


Martedì 24 marzo 2009
Contratti OSM

P6_TA(2009)0152

Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sui contratti relativi agli obiettivi di sviluppo del Millennio (OSM) (2008/2128(INI))

2010/C 117 E/03

Il Parlamento europeo,

vista la dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite, del 18 settembre 2000, con la quale la comunità internazionale si è impegnata a raggiungere gli obiettivi di sviluppo del millennio (OSM) per dimezzare la povertà nel mondo entro il 2015, dichiarazione che è stata riaffermata in occasione di varie conferenze delle Nazioni Unite, in particolare alla Conferenza di Monterrey sul finanziamento dello sviluppo,

visti gli impegni assunti dagli Stati membri in occasione del Consiglio europeo di Barcellona del 15 e 16 marzo 2002,

vista la sua risoluzione del 20 giugno 2007«A metà percorso verso gli obiettivi di sviluppo del Millennio» (1),

vista la dichiarazione comune del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio, del Parlamento europeo e della Commissione sulla politica di sviluppo dell'Unione europea dal titolo «Il consenso europeo» (2), firmata il 20 dicembre 2005,

visto il «pacchetto OSM» della Commissione, del 2005,

vista la comunicazione della Commissione dal titolo «Accelerare i progressi verso la realizzazione degli obiettivi di sviluppo del Millennio – finanziamento dello sviluppo ed efficacia degli aiuti» (COM(2005)0133),

vista la relazione annuale della Commissione dal titolo «Onorare le promesse dell'Europa per quanto riguarda il finanziamento dello sviluppo» (COM(2007)0164),

vista la comunicazione della Commissione dal titolo «Gli aiuti dell'UE: dare di più, meglio e più rapidamente» (COM(2006)0087),

vista la sua risoluzione del 23 settembre 2008 sul seguito dato alla Conferenza di Monterrey del 2002 sul finanziamento dello sviluppo (3),

visti i risultati e il documento finale sul seguito dato alla conferenza internazionale sul finanziamento dello sviluppo per riesaminare la realizzazione del consenso di Monterrey (Doha, Qatar, 29 novembre - 2 dicembre 2008) (4),

vista la sua risoluzione del 22 maggio 2008 sul seguito dato alla Dichiarazione di Parigi del 2005 sull'efficacia degli aiuti (5),

visto il documento della Commissione del 19 giugno 2007 dal titolo «Il contratto OSM, un approccio per un aiuto finanziario a più lungo termine e più prevedibile»,

visto il nuovo partenariato strategico Africa-UE,

vista la sua risoluzione del 25 ottobre 2007 sulla situazione delle relazioni UE-Africa (6),

vista la dichiarazione di Parigi sull'efficacia degli aiuti, del 2 marzo 2005, e le conclusioni del forum di alto livello di Accra, tenutosi dal 2 al 4 settembre 2008, sul seguito dato a tale dichiarazione,

vista la sua risoluzione del 6 aprile 2006 sull'efficacia degli aiuti e sulla corruzione nei paesi in via di sviluppo (7),

vista la sua risoluzione del 4 settembre 2008 sulla mortalità materna in vista dell'evento di alto livello sugli Obiettivi di sviluppo del Millennio del 25 settembre 2008 (8),

visto il documento della Commissione dal titolo «The Aid Delivery Methods. Guidelines of the Programming, Design & Management of General Budget Support» (9),

viste le disposizioni dell'accordo di Cotonou del 23 giugno 2000, in particolare l'articolo 58 successivo alla revisione del 2005, che enumera le istituzioni ammesse al finanziamento,

viste le indicazioni di buone prassi dell'OCSE in materia di aiuti finanziari, in «Armonizzare l'aiuto per rafforzarne l'efficacia» (10),

vista la relazione speciale della Corte dei conti n. 2/2005 sugli aiuti al bilancio a titolo del FES a favore dei paesi ACP: la gestione del piano «riforma delle finanze pubbliche» da parte della Commissione, corredata delle risposte della Commissione (11),

vista la relazione speciale della Corte dei conti n. 10/2008 sull'aiuto allo sviluppo fornito dalla CE ai servizi sanitari nell'Africa subsahariana, accompagnata dalle risposte della Commissione,

vista la relazione «Valutazione generale dell'aiuto finanziario - relazione di sintesi», IDD and Associates, maggio 2006 (12),

vista la sua risoluzione del 16 febbraio 2006 sui nuovi meccanismi di finanziamento dello sviluppo nel quadro degli obiettivi di sviluppo del Millennio (13),

vista la firma della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità del 13 dicembre 2006, firmata dalla Comunità europea e dagli Stati membri,

visto l'articolo 45 del suo regolamento,

visti la relazione della commissione per lo sviluppo (A6-0085/2009),

A.

considerando che nell'aderire alla dichiarazione del Millennio per lo sviluppo del 2000, l'Unione europea si è impegnata, insieme all'intera comunità internazionale, a dimezzare la povertà estrema nel mondo entro il 2015, concentrando i propri sforzi sugli otto Obiettivi di sviluppo del Millennio,

B.

considerando che secondo stime recenti sono ancora circa 1,4 miliardi le persone che vivono al di sotto della soglia di povertà (ossia 1,25 dollari USA al giorno), oltre un quarto cioè della popolazione dei paesi in via di sviluppo,

C.

considerando i nuovi impegni presi nel 2007 dalla Commissione e dagli Stati membri dell'Unione europea per contribuire significativamente a colmare il ritardo accumulato nel perseguire gli Obiettivi,

D.

considerando che la mancanza di accesso alle cure mediche e ai servizi di base provoca la morte di milioni di persone e perpetua il circolo vizioso della povertà, mentre l'accesso a tali cure e all'istruzione di base costituisce un diritto umano di cui i governi devono garantire il rispetto e la realizzazione,

E.

considerando la possibilità per i contratti OSM di porsi come uno degli strumenti idonei ad affrontare le sfide poste nei paesi in via di sviluppo dalla crisi alimentare mondiale, in particolare nel settore agricolo,

F.

considerando che, nonostante i numerosi sforzi compiuti finora, la maggior parte dei paesi in via di sviluppo non dispone delle risorse necessarie per raccogliere le sfide cui si trova di fronte in materia di sanità e di istruzione e che è quindi indispensabile ottenere un aiuto esterno,

G.

considerando che il Parlamento europeo è chiamato a concedere il discarico relativo al Fondo europeo di sviluppo (FES),

H.

considerando l'intenzione della Commissione di aumentare in modo significativo l'utilizzo dell'aiuto finanziamento nel corso del decimo FES per migliorare l'efficacia degli aiuti e realizzare gli obiettivi che si è posta,

I.

considerando che gli insegnanti e gli operatori del settore sanitario nei paesi in via di sviluppo lavorano attualmente in condizioni deplorevoli, che per raggiungere gli OSM sono necessari circa due milioni d'insegnanti e oltre quattro milioni di operatori del settore sanitario e che adeguati livelli di aiuti finanziari nell’ambito di un contratto OSM consentirebbero la loro assunzione e la loro formazione,

J.

considerando che la frequente carenza di personale del settore sanitario e di insegnanti è resa più grave dalla fuga di cervelli predisposta dai paesi ricchi,

K.

considerando l'intenzione dell'Unione europea di continuare ad aumentare le proprie spese in materia di aiuti finanziari, in particolare attraverso l'incremento significativo dell'aiuto settoriale per la sanità e l'istruzione, soprattutto nei paesi africani,

L.

considerando che i contratti OSM vogliono ottenere risultati concreti nell'ambito degli OSM in materia di sanità e di istruzione di base, ma che altri settori prioritari potrebbero diventare, anch'essi, oggetto di un contratto OSM,

M.

considerando che secondo la posizione ufficiale del Parlamento sull'aiuto allo sviluppo, espressa nella summenzionata risoluzione del 16 febbraio 2006 sul nuovo meccanismo di finanziamento per lo sviluppo nell'ambito degli obiettivi del Millennio, occorre che «(…) l'aumento della quantità proceda di pari passo con un aumento della qualità, vale a dire che l'efficacia degli aiuti deve essere migliorata attraverso la regola delle 3 C, coordinamento, complementarità e coerenza, nonché riducendo i costi di transazione degli aiuti, migliorando i meccanismi di aiuto più prevedibili e sostenibili, aumentando la rapidità di consegna degli aiuti, svincolando ulteriormente questi ultimi, ricercando soluzioni per oneri debitori insostenibili, promuovendo la buona governance e lottando nei modi opportuni contro la corruzione, nonché aumentando la capacità di assorbimento dei beneficiari degli aiuti»,

N.

considerando che un flusso di aiuti prevedibile e a lungo termine può contribuire direttamente ed efficacemente alla realizzazione concreta delle strategie di eliminazione della povertà, definite negli OSM,

O.

considerando che a dispetto degli impegni presi a Monterrey (2002), a Gleneagles (2005), a Parigi (2005) e ad Accra (2008) per migliorare la quantità e la qualità dell'aiuto allo sviluppo, diversi Stati membri dell'Unione europea continuano a non concedere tutto l'aiuto che si erano impegnati a prestare, e che quando viene erogato una parte di esso risulta inadeguata,

P.

considerando che nel 30 % dei casi sembrano verificarsi dei ritardi nell'erogazione degli aiuti finanziari forniti dalla Commissione per via dell'eccessiva pesantezza delle procedure amministrative,

Q.

considerando che la mancanza di prevedibilità degli aiuti finanziari scaturisce in particolare dal carattere annuale della maggior parte delle condizioni cui è soggetta la loro concessione, e che questa mancanza di prevedibilità costringe talvolta i paesi beneficiari ad impiegare gli aiuti prima ancora che questi siano effettivamente concessi e senza la certezza che un giorno lo saranno,

R.

considerando che la mancanza di prevedibilità dell’aiuto europeo allo sviluppo riguarda anche i paesi beneficiari caratterizzati da un sufficiente grado di certezza giuridica e da un quadro normativo stabile,

S.

considerando che la Commissione è il principale donatore multilaterale di aiuti allo sviluppo, che essa è uno dei primi donatori ad aver fornito aiuti finanziari e fa sempre più ricorso a questa forma di sostegno, che negli ultimi anni ha rappresentato un quinto degli aiuti da essa forniti,

T.

considerando che, se gli aiuti finanziari costituiscono già uno degli strumenti che consentono di migliorare il sostegno dell'Unione europea, essi risulterebbero ancora più efficaci se fossero più prevedibili e concessi per un periodo più lungo,

U.

considerando che l'aiuto finanziario attualmente erogato dalla Commissione è programmato per un periodo di tre anni, che si riduce a un anno con talune agenzie,

V.

considerando che la proposta di contratto OSM non ha implicazioni di bilancio e che il contratto OSM non è un nuovo strumento, ma una modalità di realizzazione degli strumenti esistenti,

W.

considerando che nell'attuale situazione, lo status del documento della Commissione sui contratti OSM non è chiaro,

X.

considerando che la Commissione ritiene oggi che sia giunto il momento di dare forma concreta alla nozione di contratto legato a risultati tangibili nell'ambito degli OSM, in luogo della verifica annuale delle tradizionali condizionalità di ogni donatore,

Y.

considerando che la durata del contratto comporta un impegno finanziario che assicuri una maggiore prevedibilità da parte del paese donatore in cambio di un impegno più marcato da parte del paese beneficiario in materia di risultati concreti da raggiungere,

Z.

considerando che la Commissione ha previsto di concludere una prima serie di contratti OSM per un periodo di 6 anni, vale a dire fino alla fine del decimo FES,

AA.

considerando che la proposta della Commissione di concludere contratti per una durata di 6 anni va ben oltre l'attuale tendenza degli altri finanziatori a livello mondiale,

AB

considerando che la Commissione ha esortato gli Stati membri a cofinanziare i contratti OSM per mezzo di contributi aggiuntivi al FES su base volontaria,

AC.

considerando che i contratti OSM, che rientrano nello strumento di aiuto finanziario generale elaborato sulla base dei criteri stabiliti nell'accordo di Cotonou, non richiedono alcuna modifica delle decisioni concernenti i programmi in corso e le differenti modalità di attuazione dell’aiuto finanziario generale; che i contratti OSM non implicano l'istituzione di un nuovo strumento finanziario e continuano pertanto a basarsi sulle disposizioni in tema di aiuti finanziari contenute nell'accordo di Cotonou e, allo stesso modo, i contratti OSM rimangono compatibili con le linee guida interne recentemente definite in tema di aiuti finanziari generale,

AD.

considerando che i criteri di ammissibilità per il contratto OSM includono il rispetto dell'articolo 9 dell'accordo di Cotonou sui diritti dell'uomo, i principi democratici e lo stato di diritto,

AE.

considerando che un aiuto finanziario efficace dovrebbe consentire ai suoi beneficiari di finanziare le proprie strategie e programmi molto concreti di miglioramenti dell'accesso a servizi pubblici efficienti nei settori della sanità e dell'istruzione,

AF.

considerando che la Commissione non ha mantenuto gli impegni di coinvolgere, in modo sistematico, i parlamentari e i rappresentanti delle organizzazioni della società civile nei suoi dialoghi con i governi dei paesi in via di sviluppo e che, inoltre, viene oggi ampiamente riconosciuto che, per essere efficace, lo sviluppo dovrebbe essere completamente nelle mani dei governi, ma anche dei parlamenti e delle organizzazioni della società civile dei paesi in via di sviluppo,

AG.

considerando che la Commissione ha previsto che i paesi ammissibili sono quelli che avranno ottenuto risultati soddisfacenti a livello macroeconomico e di gestione di bilancio nell'attuazione degli aiuti finanziari e che la Commissione si distingue in ciò dagli altri fornitori di aiuti finanziari, come l’FMI o la Banca Mondiale, che subordinano il rispettivo aiuto a numerose condizioni in contrasto con il principio di appropriazione da parte del paese beneficiario,

AH.

considerando che molti dei paesi che hanno un bisogno urgente di aiuti più consistenti e efficaci per accelerare i progressi lungo il cammino verso gli OSM non soddisfano i criteri attualmente definiti dalla Commissione per la conclusione di un contratto OSM,

AI.

considerando che, nella loro forma attuale, i contratti OSM si rivolgono unicamente ai paesi ACP,

AJ.

considerando che gli aiuti finanziari erogati dalla Commissione soffrono di una grave mancanza di trasparenza e di «appropriazione» da parte dei paesi poveri e che solo rare volte gli accordi di finanziamento sono resi pubblici,

AK.

considerando che il principio fondamentale dell'aiuto allo sviluppo è fornire aiuti a coloro che ne hanno più bisogno e là dove possono essere utilizzati nel modo più efficiente,

AL.

considerando a titolo d'esempio che nel Burkina Faso nessuno era al corrente dei negoziati in corso per un contratto OSM tra il Burkina Faso e la Commissione, e che attualmente non è disponibile alcuna informazione al riguardo sul sito della delegazione della Commissione nel Burkina Faso,

AM.

considerando che nell'ambito del consenso europeo per lo sviluppo, l'Unione si è impegnata ad adottare un approccio basato sui risultati e sull'utilizzo di indicatori di prestazioni,

AN.

considerando la necessità per la Commissione di continuare a subordinare il suo aiuto finanziario ai risultati registrati da parte dei paesi beneficiari in materia di parità di genere e di promozione dei diritti delle donne,

AO.

considerando che in materia di aiuti finanziari sono già stati conclusi accordi tra la Commissione e il Burkina Faso (2005-2008), l’Etiopia (2003-2006), il Ghana (2007-2009), il Kenya (2004-2006), il Madagascar (2005-2007), il Malawi (2006-2008), il Mali (2003-2007), il Mozambico (2006-2008), la Tanzania (2006-2008), l’Uganda (2005-2007) e lo Zambia (2007-2008),

AP.

considerando che nel mondo vi sono circa 650 milioni di persone disabili, l'80 % delle quali vivono in paesi in via di sviluppo e che tra queste una persona su cinque vive sotto la soglia della povertà estrema; considerando altresì che queste persone costituiscono uno dei gruppi più importanti di poveri e di esclusi e che sono vittime di molteplici discriminazioni e raramente hanno accesso alle cure di base e all'istruzione,

AQ.

considerando che nel quadro degli obblighi generali e in particolare dell'articolo 32 della summenzionata convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, i firmatari di tale convenzione sono obbligati a tener conto della disabilità nelle loro attività di cooperazione allo sviluppo,

AR.

considerando che gli OSM non saranno raggiunti entro il 2015 se non si terrà debitamente conto dell'inclusione e della partecipazione delle persone con disabilità,

AS.

considerando che la relazione sull'attuazione del partenariato Africa-UE del 22 novembre 2008, in particolare il paragrafo 37, sottolinea la mancanza flagrante di azioni intraprese a favore delle persone con disabilità negli sforzi per il raggiungimento degli OSM,

Obiettivi del Millennio - cooperazione allo sviluppo

1.

ribadisce che l'aiuto allo sviluppo dovrebbe essere basato sui bisogni e sui risultati conseguiti e che la politica di aiuto allo sviluppo dovrebbe essere concepita in cooperazione con i paesi beneficiari;

2.

ribadisce che, per raggiungere gli OSM, i paesi donatori devono rispettare tutti i loro impegni e migliorare la qualità dell'aiuto che forniscono;

3.

insiste sulla necessità di sviluppare nuovi meccanismi per un aiuto più prevedibile e meno volatile;

4.

rammenta l'obiettivo della dichiarazione di Abuja, che fissa al 15 % del bilancio nazionale la spesa del settore sanitario e l'obiettivo della campagna mondiale per l'istruzione, che prevede il 20 % del bilancio nazionale per il settore dell'istruzione;

Settori prioritari

5.

chiede alla Commissione di continuare a legare il suo aiuto nei settori della sanità e dell'istruzione, in particolare della sanità di base e dell'istruzione primaria ai risultati registrati in tali settori, e di precisare, inoltre, l'importanza che sarà attribuita alle prestazioni registrate in tali settori rispetto a un insieme più completo di indicatori e come intenda valutare i progressi realizzati i tali settori;

Efficacia dell'aiuto - Stabilità e prevedibilità

6.

chiede alla Commissione di migliorare la prevedibilità dell'aiuto finanziario grazie all'esecuzione di contratti OSM e all'estensione dei principi che derivano da tali contratti a un maggior numero di paesi, oltre che all'aiuto finanziario settoriale;

7.

rammenta alla Commissione la necessità di ridurre significativamente i ritardi inutili provocati dal peso eccessivo delle sue procedure amministrative;

8.

chiede ai governi dei paesi in via di sviluppo di aumentare la loro spesa per la sanità fino al 15 % del bilancio nazionale in conformità alla Dichiarazione di Abuja, e la loro spesa per l'istruzione fino al 20 % del bilancio nazionale come richiesto dalla campagna mondale per l'istruzione;

Aiuto al bilancio

9.

chiede alla Commissione di assicurare livelli elevati di spesa sotto forma di aiuto finanziario, perseguendo nel contempo l'obiettivo di aumentare in modo significativo l'aiuto finanziario nel settore sociale dei paesi ACP e di incrementare l'aiuto finanziario settoriale nelle altre regioni;

Contratti OSM

10.

osserva con interesse che la proposta di contratti OSM della Commissione assicura un livello minimo garantito di aiuti (70 % dell'impegno totale) ai paesi ammessi;

11.

esprime, tuttavia, la sua delusione circa il fatto che il documento relativo ai contratti OSM non specifica alcun calendario per la realizzazione di tali contratti, che sono stati concepiti principalmente per coprire il periodo di sei anni del decimo FES e chiede quindi alla Commissione di fornire un calendario preciso;

12.

osserva che il contratto OSM ha come obiettivo principale di contribuire al miglioramento dell'efficacia dell'aiuto e all'accelerazione dei progressi compiuti verso la realizzazione degli OSM per i paesi che ne hanno più bisogno;

13.

chiede alla Commissione di adottare una comunicazione che formalizzi l'iniziativa del contratto OSM e di estendere tale iniziativa ai paesi non ACP che soddisfano i criteri di ammissibilità;

Parlamenti e società civile - Appropriazione - Trasparenza

14.

invita la Commissione e i paesi beneficiari a vigilare sul coinvolgimento dei loro parlamenti e della società civile, comprese le organizzazioni di persone disabili, in tutte le fasi del dialogo sull'aiuto finanziario, anche ai fini dell'elaborazione, della realizzazione e della valutazione del programma stabilito nei contratti OSM;

15.

sottolinea che invece di imporre condizioni unilaterali ai beneficiari, i donatori dovrebbero promuovere il buon governo, la democrazia e la stabilità nei paesi beneficiari servendosi di criteri trasparenti stabiliti in cooperazione con questi paesi;

16.

ritiene che, nell'interesse della trasparenza, le condizioni per l'esborso della quota variabile dell’aiuto dovrebbero basarsi sui risultati, nella misura in cui ciò incoraggi i donatori e i beneficiari ad analizzare l'impatto reale del denaro speso e aumenti la trasparenza nell'utilizzo dei fondi pubblici;

17.

invita la Commissione a vigilare periodicamente sui risultati dei suoi programmi e a condividere tali risultati con il Parlamento;

18.

raccomanda che la Commissione lavori al rafforzamento del dialogo tra i donatori e i beneficiari, in particolare per determinare i bisogni reali e i settori in cui l'aiuto sia necessario;

19.

chiede che l'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE svolga un ruolo più attivo nella definizione delle priorità, nella negoziazione dei contratti OSM e in tutti gli altri stadi del processo;

Criteri di selezione - Creatività e flessibilità

20.

chiede alla Commissione di condizionare il suo aiuto finanziario ai risultati raggiunti nell'ambito del buon governo e della trasparenza, ma anche in materia di difesa e rispetto dei diritti umani, in particolare quelli dei più poveri e degli emarginati come le persone disabili, le minoranze, le donne e i bambini, e di vigilare affinché l'aiuto finanziario non sia speso in settori diversi da quelli definiti nel contratto OSM;

21.

ribadisce che i programmi indicativi nazionali dovrebbero essere definiti con la collaborazione dei parlamenti dei paesi interessati, dell'Assemblea parlamentare paritetica e della società civile;

22.

osserva che la proposta relativa ai contratti OSM non fa menzione di quali paesi faranno oggetto della prima tornata di contratti OSM e osserva che, nella loro forma attuale, i contratti OSM riguardano unicamente i paesi ACP;

23.

deplora che la politica dell'Unione europea in tema di aiuto finanziario a favore dei paesi in via di sviluppo sia sempre più soggetta alle condizioni imposte dal FMI, alle quali viene subordinato l'ottenimento degli aiuti per lo sviluppo dell'Unione europea; ritiene, inoltre, che tale condizionalità sia in contraddizione con la politica dei paesi beneficiari per quanto riguarda il principio di appropriazione;

24.

pone l'accento sul bisogno di sviluppare altri approcci in tema di aiuto finanziario per i paesi che non soddisfano i requisiti di ammissibilità ai contratti OSM, in particolare per i paesi colpiti da situazioni di fragilità; sottolinea, inoltre, che è evidente che i paesi che si trovano in condizioni di maggiore fragilità non hanno la capacità di soddisfare gli attuali criteri di ammissibilità;

25.

raccomanda che i contratti OSM siano messi a disposizione anche dei paesi che rientrano nell'ambito di applicazione dello strumento di finanziamento della cooperazione per lo sviluppo;

26.

chiede alla Commissione di spiegare chiaramente in che modo ha previsto che i contratti OSM proposti si integrino ad altre modalità di distribuzione degli aiuti;

27.

mette in guardia contro il pericolo di ricorrere indiscriminatamente e in modo eccessivo a contratti OSM, che verrebbero visti come l'unica modalità realmente efficace di distribuzione degli aiuti ed esorta pertanto la Commissione a scegliere i meccanismi di distribuzione più adatti a ogni singola iniziativa;

28.

chiede alla Commissione di rafforzare la capacità dei parlamenti dei paesi beneficiari di partecipare alle procedure di bilancio e la capacità dei parlamenti e della società civile di impegnarsi nell'elaborazione delle politiche nazionali, fornendo maggiore sostegno finanziario, insistendo sulla partecipazione ai dialoghi politici con i paesi beneficiari e concentrandosi su indicatori di gestione delle finanze pubbliche tesi a responsabilizzare maggiormente i governi nei confronti dei loro cittadini;

Valutazione - Indicatori di prestazione

29.

invita la Commissione, in collaborazione con i paesi partner, a collegare ogni contratto OSM a una serie di indicatori di prestazioni in modo da valutare i progressi ottenuti nell'esecuzione del contratto, indicatori che dovranno inoltre quantificare l'inclusione di persone e bambini disabili;

Dimensione di genere

30.

attira l'attenzione della Commissione sull'assoluta necessità di continuare a subordinare il suo aiuto finanziario ai risultati ottenuti dai paesi beneficiari in materia di parità di genere e di promozione dei diritti della donna, e chiede che gli indicatori di prestazione vengano rafforzati sotto tale aspetto nei contratti OSM per ricomprendere anche i diritti della donna e i diritti delle persone disabili; chiede anche alla Commissione di rafforzare gli indicatori di prestazione in materia di parità di genere legati all'aiuto finanziario e di allargarli ad altre sfere come i diritti delle persone con disabilità e i diritti delle donne, in particolare per quanto riguarda la promozione dell’accesso di tutte le donne a un’informazione e a servizi di salute sessuale e genetica globale, il miglioramento dell’accesso e il rafforzamento del ricorso ai metodi di pianificazione familiare, la promozione concreta dell’istruzione e l’emancipazione delle donne, nonché la lotta contro le discriminazioni e a favore della parità tra i sessi;

*

* *

31.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione, al Consiglio ACP e ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e dei paesi ACP.


(1)  GU C 146 E del 12.6.2008, pag. 232.

(2)  GU C 46 del 24.02.2006, pag. 1.

(3)  Testi approvati, P6_TA(2008)0420.

(4)  A/Conf.212/L.1/Rev1 del 9 dicembre 2008.

(5)  Testi approvati, P6_TA(2008)0237.

(6)  GU C 263 E del 16.10.2008, pag. 633.

(7)  GU C 293 E del 2.12.2006, pag. 316.

(8)  Testi approvati, P6_TA(2008)0406.

(9)  Pubblicato in inglese nel gennaio 2007 dalla Commissione, AIDCO - DEV - RELEX.

(10)  DAC Reference Document, volume 2, 2006.

(11)  GU C 249 del 7.10.2005, pag. 1.

(12)  IDD and Associates, maggio 2006.

(13)  GU C 290 E del 29.11.2006, pag. 396.


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/23


Martedì 24 marzo 2009
Studi artistici nell'Unione europea

P6_TA(2009)0153

Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sugli studi artistici nell'Unione europea (2008/2226(INI))

2010/C 117 E/04

Il Parlamento europeo,

visti gli articoli 149 e 151 del trattato CE,

vista la raccomandazione 2006/962/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, relativa a competenze chiave per l'apprendimento permanente (1),

vista la decisione n. 1350/2008/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativa all'Anno europeo della creatività e dell'innovazione (2009) (2),

viste le conclusioni del Consiglio del 24 e 25 maggio 2007, relative al contributo dei settori culturale e creativo al conseguimento degli obiettivi di Lisbona, e le conclusioni del Consiglio del 21 e 22 maggio 2008,

vista la relazione congiunta 2008 del Consiglio e della Commissione sull'attuazione del programma di lavoro «Istruzione e formazione 2010« – «L'apprendimento permanente per la conoscenza, la creatività e l'innovazione« (3),

vista la sua risoluzione del 7 giugno 2007 sullo statuto sociale degli artisti (4),

vista la sua risoluzione del 10 aprile 2008 su un'agenda europea per la cultura in un mondo in via di globalizzazione (5),

vista la sua risoluzione del 10 aprile 2008 sulle industrie culturali in Europa (6),

viste le raccomandazioni contenute nella convenzione dell'UNESCO sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali, del 20 ottobre 2005,

visto l'articolo 45 del suo regolamento,

vista la relazione della commissione per la cultura e l'istruzione (A6-0093/2009),

A.

considerando che l'Unione europea, secondo lo spirito del suo motto «Unita nella diversità«, dovrebbe riconoscere la sua storia comune e che è grazie all'intrinseca universalità della storia dell'arte europea che tale obiettivo può essere raggiunto,

B.

considerando che la scuola deve tornare ad essere la principale sede della democratizzazione dell'accesso alla cultura,

C.

considerando che l'educazione artistica e culturale, di cui l'educazione all'immagine è parte, è di importanza cruciale nel sistema educativo degli Stati membri,

D.

considerando che l'educazione artistica e culturale è una componente fondamentale della formazione dei bambini e dei giovani, in quanto contribuisce allo sviluppo della libera volontà, della sensibilità e dell'apertura verso gli altri; che essa rappresenta un aspetto cruciale delle pari opportunità e la condizione essenziale di un'autentica democratizzazione dell'accesso alla cultura,

E.

considerando che, per raccogliere la sfida della democratizzazione dell'accesso alla cultura, occorre promuovere una coscienza artistica a tutti i livelli e a tutte le età, riconoscere l'importanza delle attività artistiche amatoriali e di gruppo e promuovere l'accesso all'istruzione in campo artistico,

F.

considerando che, purtroppo, gli imperativi economici inducono troppo spesso gli Stati membri a dare meno spazio alle arti nella politica generale dell'istruzione,

G.

considerando che l'educazione artistica costituisce il fondamento della formazione professionale nel settore dell'arte e incoraggia la creatività nonché lo sviluppo fisico e intellettuale in tale ambito, favorendo legami più stretti e proficui tra istruzione, cultura e arte,

H.

considerando che le scuole e i centri di istruzione artistica e di progettazione contribuiscono a sviluppare filosofie, a creare nuovi stili e movimenti artistici e ad aprire le porte verso altri mondi culturali, rafforzando in tal modo l'immagine dell'Unione europea nel mondo,

I.

considerando che la formazione è molto importante per il successo dei professionisti del settore artistico e creativo,

J.

considerando che gli studi artistici orientati allo sviluppo della carriera e della professione richiedono, oltre al talento, una solida base culturale che può essere acquisita dagli studenti soltanto attraverso un percorso formativo multidisciplinare e sistematico, e che ciò accresce le opportunità occupazionali in questo settore, in quanto consente di acquisire una cultura generale, metodi di ricerca, capacità imprenditoriali ed economiche nonché competenze in vari ambiti di attività legati al mondo artistico contemporaneo,

K.

considerando che il potenziale economico e occupazionale rappresentato dalle imprese e dalle industrie impegnate in attività creative, culturali e artistiche nell'Unione europea influisce in modo sensibile sullo sviluppo del settore artistico,

L.

considerando che la rivoluzione tecnologica è all'origine di una maggiore competitività sia all'interno dei singoli paesi che tra di essi e che per tale motivo le capacità intellettuali e la creatività rivestono grande importanza nell'ambito della strategia di Lisbona,

M.

considerando che la rapida e continua evoluzione che caratterizza le nostre società impone capacità di adattamento, flessibilità, creatività, innovazione e comunicazione maggiori in ambito lavorativo, e che tali qualità dovrebbero essere stimolate dai sistemi di istruzione e di formazione dei vari Stati membri, in linea con gli obiettivi del summenzionato programma «Istruzione e formazione 2010«,

N.

considerando che è opportuno tener conto delle notevoli disparità esistenti tra gli Stati membri per ciò che concerne i modelli di insegnamento artistico,

O.

considerando che la globalizzazione e la maggiore mobilità dei cittadini, al pari dei successivi allargamenti dell'Unione europea, hanno reso l'educazione alla cultura e alla diversità un fattore importante per la preservazione delle identità e la promozione della comprensione interculturale e interreligiosa; considerando che è necessario continuare a perseguire anche dopo il 2008 gli obiettivi previsti dall'Anno europeo del dialogo interculturale in materia di sensibilizzazione e di promozione della cultura,

1.

ritiene che l'educazione artistica debba fare obbligatoriamente parte dei programmi di insegnamento scolastico a tutti i livelli, al fine di favorire la democratizzazione dell'accesso alla cultura;

2.

sottolinea quanto sia importante inserire sia nei programmi scolastici che in quelli di formazione professionale e apprendimento permanente, corsi intesi a stimolare e sviluppare la creatività a tutte le età nel quadro del processo di apprendimento permanente;

3.

rammenta che l'educazione artistica e culturale mira, tra l'altro, a contribuire all'educazione civica e contribuisce al potenziamento della capacità di elaborazione del pensiero e allo sviluppo intellettuale, emotivo e fisico della persona;

4.

riconosce, nel quadro dell'Anno europeo della creatività e dell'innovazione 2009, il ruolo delle arti come importante fattore di innovazione nella società e nell'economia;

5.

richiama l'attenzione del Consiglio e degli Stati membri sul ruolo della cultura europea e della sua eterogeneità quale fattore d'integrazione e sull'importanza dell'istruzione artistica e culturale a livello europeo, nonché della salvaguardia dei valori culturali tradizionali delle varie regioni;

6.

rileva che il numero di studenti di discipline artistiche interessati a proseguire gli studi in uno Stato membro diverso da quello di appartenenza è in costante aumento, e, pertanto, incoraggia gli Stati membri a coordinare a livello dell'Unione europea le rispettive politiche in materia di educazione artistica, a scambiarsi le migliori prassi e a rafforzare la mobilità sia degli studenti che degli insegnanti in questo settore;

7.

propone di accrescere la mobilità dei professionisti del settore artistico prestando maggiore attenzione al tema del riconoscimento delle qualifiche; ritiene che tale risultato debba essere raggiunto incoraggiando gli istituti di formazione e i datori di lavoro a far riferimento al Quadro europeo delle qualifiche, in modo da rendere comparabili a livello europeo le competenze e le qualifiche nel settore;

8.

sollecita a tal proposito la Commissione a collaborare con gli Stati membri nella definizione di un quadro di mobilità per gli europei impegnati in attività artistiche e creative, ponendo l'accento in particolare sulla mobilità dei giovani artisti e degli studenti di materie artistiche;

9.

ferma restando la competenza degli Stati membri in tale materia, ritiene opportuno un coordinamento delle politiche in materia di educazione artistica a livello dell'Unione europea, in particolare per quanto concerne:

la definizione della natura, del contenuto e della durata degli studi artistici per le diverse categorie di destinatari,

il legame tra educazione artistica, creatività e innovazione,

l'efficacia delle politiche in materia di eduzione artistica dal punto di vista del loro impatto socioeconomico,

l'equilibrio fra studio teorico e iniziazione alla pratica di una disciplina artistica onde evitare un insegnamento astratto,

l'applicazione e lo sviluppo di metodi e strategie di insegnamento artistico in linea con le esigenze della società dell'informazione,

la formazione di un corpo docente specializzato e di «tecno-artisti« esperti dei nuovi mezzi di comunicazione accanto a quella degli insegnanti specializzati tradizionali;

10.

invita il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri a:

riconoscere quanto sia importante promuovere l'educazione artistica e la creatività nel contesto di un'economia basata sulla conoscenza, in conformità della strategia di Lisbona,

definire il ruolo dell'educazione artistica quale strumento pedagogico essenziale per valorizzare la cultura in un mondo globalizzato e multiculturale,

mettere a punto strategie comuni per promuovere politiche in materia di educazione artistica e di formazione di insegnanti specializzati in tale disciplina,

riconoscere l'importanza del ruolo svolto dagli artisti nella società e la necessità di prevedere competenze specifiche per l'insegnamento artistico nell'ambito del processo di istruzione,

incoraggiare i rappresentanti nazionali del gruppo di lavoro sull'istruzione e la cultura recentemente costituito nel quadro del metodo di coordinamento aperto per la cultura a discutere il ruolo delle arti nei vari contesti educativi (formale, informale e non formale) e a tutti i livelli di istruzione (da quello prescolare fino ed oltre la formazione professionale dispensata negli istituti superiori di insegnamento artistico) nonché la formazione necessaria agli insegnanti specializzati,

incoraggiare i rappresentanti nazionali dei gruppi di lavoro sull'industria culturale previsti dal metodo di coordinamento aperto a dare centralità al tema della formazione professionale e dello sviluppo professionale continuo di artisti, dirigenti, insegnanti, facilitatori e di altri operatori culturali,

invitare i soggetti interessati della società civile a condividere le proprie conoscenze ed esperienze in questo settore, in riferimento al processo avviato nell'ambito del metodo di coordinamento aperto,

migliorare l'offerta formativa destinata ai professionisti dell'arte riconoscendo gli studi artistici superiori a tutti e tre i livelli indicati nel processo della dichiarazione di Bologna (laurea, master, dottorato), accrescendo quindi la mobilità degli artisti all'interno dell'Unione europea,

introdurre disposizioni specifiche per la promozione dell'educazione artistica nel quadro del programma pluriennale per la cultura,

riconoscere l'importanza delle attività artistiche amatoriali e di gruppo;

11.

insiste sul fatto che l'insegnamento della storia dell'arte deve prevedere anche incontri con artisti e visite a luoghi di cultura, onde stimolare la curiosità e la capacità di riflessione degli studenti;

12.

ribadisce che, nell'introdurre la dimensione artistica nei programmi d'insegnamento, è importante utilizzare le risorse offerte dalle nuove tecnologie della comunicazione e dell'informazione e da Internet, quali canali di insegnamento moderno e adeguati alla realtà contemporanea;

13.

sottolinea in proposito il contributo essenziale di progetti quali Europeana, la biblioteca digitale europea;

14.

raccomanda la creazione congiunta di un portale europeo per l'educazione artistica e culturale e l'inclusione dell'educazione artistica nei programmi scolastici degli Stati membri, affinché siano garantiti lo sviluppo e la promozione del modello culturale europeo, particolarmente apprezzato a livello internazionale;

15.

chiede al Consiglio, alla Commissione e agli Stati membri di monitorare i progressi realizzati nell'introduzione dell'educazione artistica nei programmi scolastici e suggerisce in particolare alla Commissione di promuovere gli studi necessari a produrre dati affidabili concernenti l'impatto dell'insegnamento di tale disciplina sul livello d'istruzione e competenze degli studenti dell'Unione europea;

16.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione e ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.


(1)  GU L 394 del 30.12.2006, pag. 10.

(2)  GU L 348 del 24.12.2008, pag. 115.

(3)  GU C 86 del 5.4.2008, pag. 1.

(4)  GU C 125 E del 22.5.2008, pag. 223.

(5)  Testi approvati, P6_TA(2008)0124.

(6)  Testi approvati, P6_TA(2008)0123.


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/27


Martedì 24 marzo 2009
Dialogo attivo con i cittadini sull’Europa

P6_TA(2009)0154

Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sul dialogo attivo con i cittadini sull’Europa (2008/2224(INI))

2010/C 117 E/05

Il Parlamento europeo,

vista la dichiarazione comune del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione intitolata «Insieme per comunicare l’Europa» (1), firmata il 22 ottobre 2008,

vista la comunicazione della Commissione del 2 aprile 2008 intitolata «Debate Europe – Valorizzare l’esperienza del Piano D per la democrazia, il dialogo e il dibattito» (Piano D) (COM(2008)0158),

vista la comunicazione della Commissione del 24 aprile 2008 intitolata «Comunicare l’Europa tramite gli audiovisivi» (SEC(2008)0506),

vista la comunicazione della Commissione del 21 dicembre 2007 intitolata «Comunicare l’Europa via Internet – Coinvolgere i cittadini» (SEC(2007)1742),

visto il documento di lavoro della Commissione del 3 ottobre 2007 intitolato «Proposta relativa ad un Accordo interistituzionale Insieme per comunicare l’Europa» (COM(2007)0569),

vista la decisione n. 1904/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, che istituisce, per il periodo 2007-2013, il programma «Europa per i cittadini» mirante a promuovere la cittadinanza europea attiva (2),

vista la comunicazione della Commissione del 1o febbraio 2006 intitolata «Libro bianco su una politica europea di comunicazione» (COM(2006)0035),

vista la comunicazione della Commissione del 13 ottobre 2005 intitolata «Il contributo della Commissione al periodo di riflessione e oltre: Un Piano D per la democrazia, il dialogo e il dibattito» (COM(2005)0494),

vista la sua risoluzione del 16 novembre 2006 sul Libro bianco su una politica europea di comunicazione (3),

vista la sua risoluzione del 12 maggio 2005 sull’attuazione della strategia d’informazione e di comunicazione dell’Unione europea (4),

visto l’articolo 45 del suo regolamento,

visti la relazione della commissione per la cultura e l’istruzione e i pareri della commissione per gli affari costituzionali, della commissione per gli affari esteri, della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, della commissione per lo sviluppo regionale, della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere e della commissione per le petizioni (A6-0107/2009),

A.

considerando che un’Unione europea democratica e trasparente richiede maggior dialogo tra i cittadini e le istituzioni europee, compreso il Parlamento, ma anche una discussione ininterrotta sull’Europa a livello sia europeo che nazionale e locale,

B.

considerando che dopo il rifiuto del progetto di trattato che stabilisce una costituzione per l’Europa in Francia e nei Paesi Bassi, il 53,4 % del popolo irlandese ha votato contro la ratifica del trattato di Lisbona in un referendum; considerando altresì che quando le persone hanno una comprensione inadeguata delle politiche dell’Unione europea o dei trattati è più probabile che vi si oppongano,

C.

considerando che il sondaggio 69 dell’Eurobarometro ha evidenziato che il 52 % dei cittadini dell’Unione crede che l’adesione del proprio paese all’Unione europea sia stata una scelta positiva, mentre solo il 14 % è convinto del contrario,

D.

considerando che la conoscenza dell’Unione europea, delle sue politiche e del suo funzionamento, ma anche dei diritti garantiti dai trattati sarà fondamentale per il ripristino della fiducia dei cittadini nelle istituzioni europee,

E.

considerando che nel 2004 è stato nominato, per la prima volta, un commissario specifico per la strategia di comunicazione, nonostante non sia stata ancora adottata una politica in materia di comunicazione a causa della mancanza di una base giuridica adeguata nei trattati,

Opinione pubblica

1.

rammenta che i sondaggi mostrano che più sono bassi il grado di istruzione e la ricchezza dei cittadini dell’Unione, più aumenta la probabilità che essi si oppongano a un’ulteriore integrazione europea, un fatto che indica che l’ideale europeo, a dispetto di tutti gli sforzi compiuti finora, raggiunge soprattutto la fascia sociale europea colta e abbiente; considera essenziale alla realizzazione dei principi e dei valori del progetto dell’Unione europea un dialogo attivo tra l’Unione europea e i suoi cittadini, ma riconosce che finora esso non è stato molto efficace;

2.

deplora che, nonostante gli sforzi e le buone idee della Commissione, si sia conseguito solo un successo molto modesto nell’accrescere la conoscenza e l’interesse dei cittadini dell’Unione per le tematiche europee, cosa che è stata messa, purtroppo, in risalto dall’esito del referendum svoltosi in Irlanda;

3.

rimarca che è particolarmente importante creare rapporti di comunicazione coesi con contenuti mirati, sia tra l’Unione europea e le regioni con caratteristiche particolari, sia tra l’Unione europea e determinati gruppi sociali;

4.

osserva che, secondo recenti sondaggi, una vasta maggioranza di europei vuole che l’Unione europea si esprima con una sola voce sulle questioni di politica estera; sottolinea che una dichiarazione in tal senso è stata inserita, su richiesta dei cittadini dell’Unione, nelle raccomandazioni/lettera aperta dei partecipanti alla conferenza conclusiva dei sei progetti dei cittadini relativi al Piano D del 9 dicembre 2007; rileva che le 27 raccomandazioni contenute in tale lettera aperta includono anche una richiesta all’Unione di un’azione più efficace nel settore della politica e della coesione sociali, in particolare al fine di ridurre le disparità salariali e promuovere la parità tra uomini e donne e, più in generale, di accordare un’attenzione specifica alle questioni connesse alla parità, che vengono spesso trascurate; suggerisce che è quindi altresì importante riflettere su quanto viene comunicato attraverso le azioni e operare un confronto per verificare in che misura il messaggio trasmesso attraverso le azioni si discosta da quello che l’Unione europea vuole trasmettere ai suoi cittadini;

5.

ricorda che la maggioranza delle donne ha votato «no» negli ultimi referendum sull’Unione europea: il 56 % in Francia (Eurobarometro Flash 171), il 63 % nei Paesi Bassi (Eurobarometro Flash 172) e il 56 % in Irlanda (Eurobarometro Flash 245); ritiene che tale voto negativo sia dovuto, fra l’altro, al mancato coinvolgimento delle istituzioni comunitarie nelle politiche che riguardano direttamente le donne e che sono alla base della persistente disparità fra donne e uomini, quali le politiche in materia di conciliazione della vita professionale e familiare o in materia di assistenza alle persone dipendenti;

Aspetti costituzionali e interistituzionali

6.

sottolinea la necessità di concludere rapidamente il processo di ratifica del trattato di Lisbona, che rafforzerà ulteriormente la trasparenza dell’Unione europea e il coinvolgimento dei cittadini nei processi decisionali; ricorda in questo ambito le nuove opportunità che il trattato di Lisbona concederebbe alla democrazia partecipativa, in particolar modo nell’ambito dell’iniziativa dei cittadini;

7.

sottolinea la necessità di iniziative coordinate e di un’azione comune da parte di tutte le istituzioni dell’Unione europea e degli Stati membri, per dialogare con i cittadini dell’Unione sulle tematiche europee; accoglie favorevolmente la summenzionata dichiarazione comune del 22 ottobre 2008 che stabilisce obiettivi chiari per il miglioramento della comunicazione nell’Unione europea da parte del Parlamento, del Consiglio, della Commissione e degli Stati membri ; ritiene che essa potrebbe essere più ambiziosa, in quanto il Parlamento stesso aveva chiesto un accordo interistituzionale tra tutte le istituzioni sulla politica della comunicazione;

8.

ritiene che le istituzioni dell’Unione europea dovrebbero avviare ulteriori discussioni sull’Europa, e attuare immediatamente i concetti enunciati nella summenzionata dichiarazione comune, nella comunicazione della Commissione del 1o febbraio 2006 e nel documento di lavoro della Commissione del 3 ottobre 2007;

9.

condivide la posizione della Commissione nel considerare la democrazia partecipativa uno strumento in grado di integrare utilmente la democrazia rappresentativa; sottolinea, tuttavia, che la democrazia partecipativa non significa soltanto prestare ascolto ai cittadini, ma anche fornire loro strumenti utili per influenzare la politica europea; osserva che, per conseguire tali obiettivi, le istituzioni dovranno aprirsi maggiormente e adottare approcci in grado di consentire, ogniqualvolta si discutano questioni concernenti l’Unione europea, l’effettiva partecipazione dei cittadini e delle loro organizzazioni in tutte le fasi di discussione; sottolinea inoltre l’esigenza di garantire al pubblico il più ampio accesso possibile ai documenti elaborati dalle istituzioni quale condizione indispensabile per esercitare influenza;

10.

sottolinea l’importanza ed il valore del processo di consultazione quale efficace strumento per coinvolgere i cittadini, permettendo loro di fornire direttamente il loro apporto al processo politico a livello di Unione europea; invita la Commissione ad adottare ulteriori iniziative per diffondere tempestivamente informazioni sulle future consultazioni dell’Unione europea attraverso i mezzi di comunicazione e le altre sedi appropriate a livello nazionale, regionale e locale, ad ampliare la gamma dei pareri dei soggetti interessati sentiti nel corso delle consultazioni sulla legislazione comunitaria e a pubblicizzare maggiormente su Internet le consultazioni sulle politiche e le iniziative dell’Unione europea in modo da garantire che tutte le parti interessate, in particolare le piccole e medie imprese e le organizzazioni locali non governative (ONG), siano coinvolte nel dibattito; sottolinea l’importanza dei rappresentanti della società civile, ad esempio le reti di professionisti e consumatori a tutti i livelli, da quello transnazionale a quello locale, che costituiscono piattaforme per uno scambio di opinioni informato sulle politiche dell’Unione europea, contribuendo in tal modo ad una migliore qualità della normativa; riconosce i problemi di attuazione e applicazione della normativa e incoraggia i consumatori e le imprese ad esercitare i propri diritti e ad informare le istituzioni dell’Unione europea dei problemi esistenti;

11.

ritiene che le istituzioni dell’Unione europea e gli Stati membri dovrebbero coordinare i loro sforzi di comunicazione e creare un partenariato con la società civile al fine di sfruttare le possibili sinergie; sottolinea la necessità di un coordinamento fra le istituzioni e l’opportunità di istituire rapporti fra i canali televisivi della Commissione e del Parlamento; invita la Commissione a migliorare la cooperazione e il coordinamento fra i suoi rappresentanti negli Stati membri e gli Uffici di informazione del Parlamento; chiede alle rappresentanze della Commissione e del Parlamento negli Stati membri di migliorare la cooperazione in materia di consultazione dei cittadini, condivisione con i cittadini di informazioni, conoscenze e idee sull’Unione europea, nonché possibilità per gli elettori di incontrare i deputati del Parlamento europeo eletti nei diversi paesi e funzionari dell’Unione europea;

12.

si compiace del fatto che la Commissione sostenga il ruolo del Parlamento e dei partiti politici europei e riconosce la necessità di colmare il divario esistente tra le politiche nazionali e quelle europee, specialmente durante le campagne elettorali europee;

13.

invita le tre principali istituzioni a prevedere l’organizzazione di discussioni aperte comuni in grado di integrare i dibattiti aperti del Parlamento attraverso la trattazione di temi relativi ai problemi quotidiani dei consumatori rafforzando così la fiducia di questi ultimi nel mercato interno e nella protezione di cui godono; rileva che gli intergruppi del Parlamento stanno svolgendo pienamente il loro ruolo di intermediari dei cittadini, un ruolo che collega effettivamente la sfera politica e la società civile;

14.

prende atto con soddisfazione del fatto che la Commissione ha recepito molti suggerimenti precedentemente avanzati dal Parlamento, quali i forum dei cittadini in ambito sia comunitario che nazionale, un ruolo più importante da riservare alle organizzazioni della società civile e l’uso innovativo dei nuovi mezzi di comunicazione;

Aspetti locali

15.

invita la Commissione a estendere il suo dialogo a tutti i livelli adattando il proprio messaggio ai vari gruppi di destinatari in base alla loro estrazione sociale; propone di rafforzare il dialogo tra l’Unione europea e i suoi cittadini fornendo ad ognuno le stesse informazioni, con modalità adeguate ai singoli gruppi di destinatari, e facilitando il dibattito con e tra cittadini informati; ritiene che le istituzioni dell’Unione europea dovrebbero integrare nelle loro politiche le conclusioni dei dibattiti locali organizzati sotto l’egida del Piano D, nonché tenere in considerazione le aspettative che i cittadini nutrono nei confronti dell’Unione europea quando questa decide sulle nuove normative;

16.

invita gli Stati membri a lanciare efficaci campagne di comunicazione sull’Unione europea a tutti i livelli, nazionale, regionale e locale; invita la Commissione a diffondere le migliori prassi individuate nell’ambito di tali campagne e propone la creazione di un sistema di comunicazione permanente ed interattivo tra le istituzioni dell’Unione europea ed i cittadini, mediante regolari campagne di tipo locale e regionale da parte dell’Unione europea, l’aiuto dei media regionali e la partecipazione attiva della società civile, delle ONG, delle camere di commercio, dei sindacati e delle organizzazioni professionali;

17.

sottolinea che la politica di coesione dell’Unione europea rappresenta un punto fermo della solidarietà sociale e dell’integrazione europea; ritiene, pertanto, che i cittadini dovrebbero essere messi al corrente degli sforzi e degli effetti specifici delle politiche dell’Unione europea sulla loro vita quotidiana, mettendo in evidenza il contributo dell’Unione europea e i benefici del progetto comune europeo; auspica in questo contesto che le autorità locali assolvano più efficacemente i propri obblighi di informazione in merito agli aiuti ricevuti dall’Unione europea; sottolinea altresì che l’impegno dei rappresentanti eletti locali e regionali è essenziale per sviluppare la formazione e l’informazione; plaude al riguardo all’istituzione di un programma Erasmus per i rappresentanti eletti locali e regionali;

18.

sottolinea che il coinvolgimento dei partner nella preparazione e attuazione dei programmi operativi, ai sensi dell’articolo 11 del regolamento generale sui Fondi strutturali (FSE) 2007-2013, contribuisce in maniera significativa a promuovere la politica di coesione dell’Unione europea e ad avvicinarla ai cittadini; rileva che tali partner hanno l’opportunità unica di rendersi conto per esperienza diretta dei problemi reali che preoccupano più profondamente i cittadini; invita pertanto la Commissione a garantire che il principio del partenariato sia correttamente applicato a livello nazionale, regionale e locale; sottolinea l’importanza per le autorità nazionali e regionali di avvalersi delle attuali possibilità finanziarie previste dai FSE, al fine di migliorare le competenze di questi partner, in particolare per quanto concerne la formazione; nota l’importante ruolo che i fondi strutturali hanno svolto nel promuovere la cooperazione transfrontaliera attraverso programmi e progetti comunitari, che ha incoraggiato lo sviluppo di una cittadinanza attiva e di una democrazia partecipativa; invita la Commissione a continuare a fornire sostegno e lavorare in partenariato con tali progetti e programmi;

19.

sottolinea, nel contesto delle prossime elezioni europee, l’esigenza di un’informazione a livello locale e regionale rivolta ai cittadini, in particolare ai giovani e a coloro che votano per la prima volta; in un contesto più generale, pone in evidenza l’importanza di coinvolgere i deputati al Parlamento europeo, in cooperazione con gli eletti a livello regionale e locale, nel processo di consultazione dei cittadini nelle rispettive regioni, dal momento che rappresentano la voce dell’opinione pubblica nell’Unione europea; sostiene gli sforzi profusi dal Comitato delle regioni per rafforzare la consultazione a livello regionale e per includere in tale processo le reti regionali e i principali attori locali e regionali, onde incoraggiare un dibattito al livello di base che tenga conto delle loro opinioni e dei loro interessi;

20.

insiste sulla necessità di una maggiore partecipazione dei suoi deputati alla comunicazione con i cittadini dell’Unione, nonché di modifiche nell’organizzazione del lavoro del Parlamento, tali da consentire che il dialogo tra i deputati e i cittadini si svolga ad un livello quanto più locale possibile; auspica che, in parallelo con le campagne dei partiti politici, i deputati al Parlamento europeo saranno strettamente coinvolti «sul terreno» nella campagna elettorale europea;

21.

esorta la Commissione ad avviare campagne d’informazione su scala ridotta a livello locale con il coinvolgimento degli attori locali, a promuovere attività che consentano una migliore informazione dei cittadini riguardo ai paesi di origine degli immigrati, ma anche ad informare meglio gli immigrati sui diritti e doveri connessi alla cittadinanza dell’Unione, quale modo più efficace e significativo di conseguire i citati obiettivi di comunicazione, nonché a proseguire gli sforzi compiuti nel quadro dell’Anno europeo del dialogo interculturale 2008;

Istruzione, mezzi di comunicazione e tecnologie dell’informazione e della comunicazione, cittadinanza attiva

22.

sottolinea l’importanza di introdurre la politica e la storia europea nei programmi scolastici di ciascuno Stato membro al fine di rafforzare i valori europei nonché di sviluppare i dipartimenti di studi europei nelle università; chiede alla Commissione di fornire un sostegno finanziario per la promozione di tali progetti; invita gli Stati membri a promuovere l’istituzione di un corso sulla storia dell’integrazione europea e sul funzionamento dell’Unione europea al fine di gettare le basi di una conoscenza europea comune;

23.

sottolinea il particolare ruolo dell’educazione civica quale fattore essenziale per la promozione della cittadinanza attiva; nota l’esigenza di sostenere un modello attivo di educazione civica che offra ai giovani l’opportunità di entrare in contatto diretto con la vita politica, con i rappresentanti politici a livello nazionale, locale ed europeo, con i rappresentanti delle ONG e con le iniziative civiche; propone che la Commissione sostenga progetti pilota che promuovano un siffatto modello di educazione civica negli Stati membri;

24.

raccomanda che programmi come Erasmus, Leonardo da Vinci, Grundtvig e Comenius siano promossi più efficacemente attraverso una comunicazione più diffusa e organizzata in modo da incoraggiare il maggior numero possibile di persone a prendervi parte, aumentare la partecipazione dei cittadini meno abbienti e agevolare la loro mobilità all’interno dell’Unione europea; richiama l’attenzione sul fatto che proprio questi programmi hanno un’eco molto positiva presso i giovani e danno un importante contributo al successo dell’integrazione europea;

25.

accoglie positivamente la summenzionata comunicazione della Commissione del 21 dicembre 2007, che stabilisce obiettivi chiari per trasformare il sito web Europa in un sito web 2.0 orientato ai servizi; sollecita la Commissione a completare la costruzione del nuovo sito entro il 2009 e ritiene che il nuovo sito web debba offrire ai cittadini un forum per condividere le loro opinioni e partecipare a sondaggi online, nel cui ambito tutte le ONG, le istituzioni pubbliche e i singoli individui possano condividere le loro esperienze di progetti di comunicazione dell’Unione europea; invita la Commissione a raccogliere e pubblicare in tale pagina web le esperienze dei beneficiari delle attività finanziate nell’ambito del Piano D;

26.

accoglie favorevolmente l’idea di «EU Tube», poiché con quasi 1,7 milioni di visitatori, costituisce uno strumento unico con cui comunicare le politiche dell’Unione europea ai giovani utenti di Internet; invita inoltre la Commissione a preparare orientamenti per campagne Internet efficienti e a condividerli con le altre istituzioni dell’Unione europea;

27.

invita la Commissione a sfruttare meglio il materiale audiovisivo disponibile su «Europa via Satellite», creando rapporti con i canali televisivi locali e i mezzi di comunicazione comunitari interessati a ricevere questo materiale per trasmetterlo, al fine di raggiungere un pubblico più vasto;

28.

ritiene che la rete Europe Direct sia uno strumento importante per rispondere alle domande dei cittadini attraverso la posta elettronica o il numero telefonico gratuito da tutta l’Unione europea e che sarebbe opportuno pubblicizzare ulteriormente tale strumento;

29.

giudica la protezione dei consumatori e il mercato interno quali settori della massima importanza per comunicare l’Europa ai consumatori e alle imprese; invita gli Stati membri a moltiplicare gli sforzi volti a comunicare i benefici del mercato unico a livello nazionale, regionale e locale; chiede alla Commissione e agli Stati membri di promuovere e rafforzare la comunicazione e l’informazione interattive, al fine di realizzare un dialogo efficace tra consumatori, imprese e istituzioni mediante i vari strumenti elettronici della tecnologia più recente, e di contribuire allo sviluppo del commercio elettronico;

30.

chiede alla Commissione di rafforzare, potenziando le proprie risorse umane e finanziarie, gli sforzi di coordinamento nel settore della formazione e dell’informazione dei consumatori sui loro diritti e doveri; invita gli Stati membri a incrementare le risorse finanziarie e umane assegnate alla rete dei Centri europei dei consumatori, al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica e garantire l’applicazione dei diritti dei consumatori dell’Unione europea e sollecita gli Stati membri, in considerazione dell’attuale crisi finanziaria mondiale e dell’aumento dei livelli di indebitamento dei consumatori, ad adoperarsi per migliorare il livello di alfabetizzazione finanziaria dei consumatori stessi, in particolare per quanto riguarda i loro diritti e doveri, come pure i loro mezzi di ricorso in materia di risparmio e prestiti;

31.

invita gli Stati membri ad incrementare le risorse finanziarie e umane destinate alla rete SOLVIT che consente di risolvere gratuitamente i problemi relativi all’ applicazione erronea o mancata delle norme comunitarie; chiede alla Commissione di accelerare la semplificazione dei vari servizi di informazione e consulenza sul mercato unico; sostiene quindi il concetto, presentato nella comunicazione della Commissione del 20 novembre 2007 dal titolo «Un mercato unico per l’Europa del XXI secolo» (COM (2007)0724), di approccio integrato per la fornitura di servizi di assistenza connessi al mercato unico, attraverso la creazione di un portale unico; prende atto delle iniziative della Commissione sulla riduzione degli oneri amministrativi e su «legiferare meglio»; chiede in particolare miglioramenti per sostenere le piccole e medie imprese, che rappresentano un’importante fonte di occupazione in Europa;

32.

rileva che un Anno europeo del volontariato sarebbe un’opportunità ideale per collegare ai cittadini le istituzioni dell’Unione europea; ricorda che in tutta l’Unione europea i volontari sono oltre 100 milioni, e invita la Commissione a preparare il terreno perché il 2011 sia dichiarato «Anno europeo del volontariato» presentando non appena possibile una proposta legislativa adeguata in tal senso;

33.

sottolinea l’importanza di tenere in considerazione le opinioni dei cittadini riguardo all’Europa come attore mondiale, tenendo conto, in particolare, del ruolo sempre più significativo assunto al riguardo dal Parlamento europeo; incoraggia pertanto i suoi deputati e i membri del Consiglio a partecipare alle visite dei membri della Commissione in relazione al Piano D in considerazione del fatto che esse svolgono una funzione di rilievo nello stabilire un contatto con i parlamenti nazionali, la società civile, i dirigenti d’impresa, i leader sindacali e le autorità locali e regionali degli Stati membri;

34.

si compiace del fatto che il mondo in generale sta dimostrando un interesse sempre maggiore per il progetto europeo e che l’Unione europea e i suoi cittadini, dal canto loro, stanno acquisendo maggiore consapevolezza dei vantaggi derivanti dalla condivisione della propria esperienza sopranazionale con altri paesi e regioni, in particolare con i vicini dell’Unione europea; invita pertanto la Commissione a sviluppare, tramite le sue delegazioni presso i paesi terzi, metodi per raggiungere i cittadini di questi paesi e informarli sulle opportunità nell’Unione europea, ad esempio per quanto concerne i programmi dei mezzi di comunicazione e altri tipi di programmi incentrati sulla cultura, l’istruzione, l’apprendimento linguistico, la mobilità o gli scambi, come Erasmus Mundus;

35.

osserva che, soprattutto nel quadro dell’aumento delle presenze di cittadini di paesi terzi sul territorio dell’Unione europea e dell’emergere di società multiculturali, cui anch’essi hanno contribuito, occorre compiere maggiori sforzi per provvedere all’integrazione degli immigrati nell’Unione europea, assicurando loro un concreto accesso alle informazioni sulle implicazioni della cittadinanza dell’Unione, ad esempio rafforzando i partenariati tra i diversi livelli di amministrazione (locale, regionale e nazionale) e i soggetti non governativi (ad esempio datori di lavoro, società civile e associazioni per i migranti, mezzi di comunicazione e organizzazioni non governative a sostegno dei migranti); ritiene che un’integrazione riuscita favorirà l’ulteriore sviluppo di una consapevolezza multiculturale europea basata sulla tolleranza, sul dialogo e sull’uguaglianza;

36.

invita la Commissione a promuovere programmi e campagne (quali «Il mondo visto dalle donne») al fine di incoraggiare una maggiore attività sociale, politica e culturale delle donne, tenendo conto del ruolo delle donne nel dialogo intragenerazionale e ai fini della sostenibilità e prosperità della società; esorta quindi a una migliore informazione delle ragazze e delle donne in merito al concetto di cittadinanza europea e ai diritti ad essa connessi, segnatamente nelle regioni socialmente e geograficamente isolate; sottolinea che il fine di tali campagne di sensibilizzazione dovrebbe essere una maggiore partecipazione delle donne alla vita politica e al processo decisionale; sottolinea la necessità di promuovere misure volte a eliminare il divario digitale di genere affinché le donne possano beneficiare, a pari condizioni, degli strumenti di partecipazione al dialogo sull’Europa; si congratula con la Commissione per la scelta dei progetti da co-finanziare, ai sensi del Piano D, da parte delle sue rappresentanze, che includono molti progetti gestiti da organizzazioni di donne e molti progetti che coinvolgono le donne; sottolinea l’esigenza di promuovere la partecipazione dei cittadini in ambiti quali la violenza di genere o la tratta degli esseri umani, dato che in tali ambiti il coinvolgimento della società risulta indispensabile al fine di progredire nella risoluzione dei problemi; riconosce le competenze delle donne in materia di risoluzione dei problemi e dei conflitti ed esorta la Commissione a potenziare la partecipazione delle donne a task force e gruppi di lavoro dedicati a questioni di vita familiare, custodia dei bambini, istruzione, ecc.;

*

* *

37.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio europeo, alla Commissione, al Consiglio, alla Corte di giustizia delle Comunità europeee, alla Corte dei conti, al Comitato delle regioni, al Comitato economico e sociale europeo e ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.


(1)  GU C 13 del 20.1.2009, pag. 3.

(2)  GU L 378 del 27.12.2006, pag. 32.

(3)  GU C 314 E del 21.12.2006, pag. 369.

(4)  GU C 92 E del 20.4.2006, pag. 403.


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/33


Martedì 24 marzo 2009
Attività dell'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE nel 2008

P6_TA(2009)0155

Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sui lavori dell’Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE nel 2008 (2008/2303(INI))

2010/C 117 E/06

Il Parlamento europeo,

visto l'accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico, da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altro, firmato a Cotonou il 23 giugno 2000 (1) (accordo di Cotonou),

visto il regolamento dell'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE (APP), adottato il 3 aprile 2003 (2), modificato da ultimo a Port Moresby (Papua-Nuova Guinea) il 28.11.2008 (3),

visto il regolamento (CE) n. 1905/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 che istituisce uno strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo (4),

vista la dichiarazione di Kigali (Ruanda) adottata dall'APP il 22 novembre 2007 per gli accordi di partenariato economico (APE) orientati allo sviluppo (5),

vista la dichiarazione di Port Moresby, adottata il 28 novembre 2008, sulla crisi finanziaria e alimentare mondiale (6),

viste le risoluzioni adottate dall'APP nel 2008:

sulle conseguenze sociali e ambientali dei programmi di adeguamento strutturale (7),

sulle esperienze dal processo di integrazione regionale europea pertinenti ai paesi ACP (8),

sulle questioni di sicurezza alimentare nei paesi ACP e il ruolo della cooperazione ACP-UE (9),

sulla situazione in Kenya (10),

sulla protezione dei civili nel corso delle operazioni di mantenimento della pace da parte delle Nazioni Unite e delle organizzazioni regionali (11),

sull'efficacia degli aiuti e la definizione dell'aiuto pubblico allo sviluppo (12),

sulle conseguenze sociali del lavoro minorile e le strategie per combattere il lavoro minorile (13),

sulla situazione in Mauritania (14),

sulla situazione in Zimbabwe (15),

visto il comunicato dell'APP di Windhoek (Namibia) del 29 aprile 2008 (16),

visto il comunicato dell'APP di Port Vila (Vanuatu) del 1o dicembre 2008 (17),

vista la dichiarazione dell'Ufficio di presidenza dell'APP del 25 novembre 2008 sulla Presidenza francese dell'UE (18),

visto il Consenso europeo sugli aiuti umanitari siglato il 18 dicembre 2007 (19),

visto l'articolo 45 del proprio regolamento,

vista la relazione della commissione per lo sviluppo (A6-0081/2009),

A.

considerando la firma dell'APE con alcune regioni o paesi ACP nel corso del 2008 e le discussioni tenute in seno all'APP nel marzo 2008 a Lubiana (Slovenia) e nel novembre 2008 a Port Moresby, sullo stato di avanzamento dei negoziati in merito all'APE,

B.

considerando l'approvazione del summenzionato regolamento (CE) n. 1905/2006, che prevede programmi tematici applicabili anche ai paesi ACP nonché un programma di misure di accompagnamento a favore dei paesi ACP aderenti al protocollo dello zucchero,

C.

considerando l'impegno, assunto dal commissario per lo sviluppo e gli aiuti umanitari in occasione della sessione dell'APP tenutasi nel giugno 2007 a Wiesbaden, di sottoporre i documenti strategici nazionali e regionali per i paesi ACP (periodo 2008-2013) all'esame democratico dei parlamenti, ed esprimendo soddisfazione per l'attuazione di detto impegno,

D.

considerando che il nuovo riesame dell'accordo di Cotonou, previsto per il 2010, rappresenta un'occasione importante per sviluppare la dimensione regionale dell'APP e per rafforzare non solo il controllo parlamentare al livello delle regioni ACP, ma anche per consolidare il ruolo e le attività della stessa APP in quanto istituzione,

E.

considerando il notevole successo delle due riunioni regionali dell'APP tenutesi in Namibia e nel Vanautu nel 2008, grazie alle quali è stato possibile adottare i comunicati di Windhoek e di Port Vila di cui sopra,

F.

considerando che la situazione nello Zimbabwe si è ulteriormente aggravata nel corso del 2008 nonostante le elezioni del luglio 2008 ma esprimendo soddisfazione per l'accordo raggiunto sull'approvazione di una risoluzione sullo Zimbabwe nel quadro della 16asessione dell'APP tenutasi a Port Moresby,

G.

considerando il persistere del conflitto nella Repubblica democratica del Congo (RDC) e le gravi e ripetute violazioni dei diritti umani che ne discendono, e ricordando la necessità di aiuti umanitari efficaci e di un rafforzato impegno da parte della comunità internazionale,

H.

considerando i lavori del parlamento panafricano (PPA) e la formalizzazione di relazioni tra il Parlamento europeo e il PPA, nonché l'intenzione, espressa dal Presidente del Parlamento europeo nel suo intervento nel corso della decima sessione del PPA del 28 ottobre 2008, di istituire una delegazione interparlamentare per la prossima legislatura,

I.

considerando lo svolgimento quasi congiunto della 16asessione dell'APP a Port Moresby e della conferenza internazionale sul finanziamento dell'aiuto allo sviluppo tenutasi a Doha, che ha costretto numerosi membri del Parlamento europeo ad una scelta difficile,

J.

considerando gli eccellenti contributi, rispettivamente, della Presidenza slovena dell'Unione europea (da gennaio a giugno 2008) e del governo della Papua-Nuova Guinea alle sessioni dell'APP tenutesi a Lubiana e a Port Moresby citate in precedenza,

K.

considerando le missioni di studio dell'Ufficio di presidenza dell'APP effettuate nel 2008:

nella Repubblica delle Seicelle e

in Suriname, a Saint Vincent e a Saint Lucie,

1.

esprime soddisfazione per il fatto che l'APP abbia continuato a offrire nel 2008 un quadro per un dialogo aperto, democratico e approfondito sul negoziato dell'APE tra l'Unione Europea e i paesi ACP;

2.

sottolinea le preoccupazioni espresse dall'APP in merito a vari elementi dei negoziati, sia sul piano formale sia su quello sostanziale; ricorda che il dibattito continua a seguito dell'adozione dell'APE con il Cariforum («Forum dei Paesi ACP dei Caraibi») e della conclusione di accordi interinali con paesi di altre regioni;

3.

accoglie con favore la risposta positiva del nuovo Commissario per il commercio, in linea con le dichiarazioni del presidente della Commissione, alla richiesta di diversi paesi e regioni ACP di riesaminare i contenziosi;

4.

sottolinea la necessità di un rigoroso controllo parlamentare sia durante i negoziati sia nel quadro dell'applicazione degli APE; deplora che l'azione e il ruolo dell'APP siano minacciati dalla prospettiva dell'istituzione di un nuovo organo, vale a dire la commissione parlamentare, nel quadro dell'APE, in mancanza di chiarezza riguardo alle relazioni tra detto organo e l'APP; chiede che la commissione parlamentare operi nel quadro dell’APP al fine di evitare una proliferazione di riunioni costosa e problematica, avvalendosi del sistema di riunioni regionali dell’APP, nonché per beneficiare dell’esperienza dell’APP e promuovere una sinergia tra tutte le regioni degli APE; sottolinea quanto sia auspicabile che questa commissione operi in maniera flessibile, al fine di far tesoro delle esperienze in materia di questioni commerciali e di sviluppo dei deputati del Parlamento europeo che partecipano all'esame dell’APE nelle commissioni;

5.

sottolinea in particolare il ruolo cruciale dei parlamenti dei paesi ACP, degli attori non statali e dei poteri locali nel monitoraggio e nella gestione degli APE e chiede alla Commissione di garantire la loro partecipazione al processo di negoziazione in corso, la qual cosa implica un'agenda chiara per proseguire i negoziati, accettata dai paesi ACP e dall'Unione europea e fondata su un approccio partecipativo;

6.

sottolinea la preoccupazione dell'APP riguardo alle ripercussioni dell'attuale crisi finanziaria e si compiace dell'adozione da parte dell'APP della dichiarazione di Port Moresby, citata in precedenza, sulla crisi mondiale finanziaria e alimentare e invita l'APP a discutere con regolarità in merito a tale argomento;

7.

accoglie con favore l'impegno, assunto dal commissario per lo sviluppo e gli aiuti umanitari nell'ambito della sessione dell'APP di Kigali di cui sopra, di sottoporre i documenti strategici nazionali e regionali per i paesi ACP (periodo 2008-2013) all'esame democratico dei parlamenti e si congratula per il lavoro già compiuto da alcuni parlamenti dei paesi ACP nell'ambito dell'analisi di tali documenti;

8.

rammenta, a tale proposito, la necessità di coinvolgere strettamente i parlamenti nel processo democratico e nelle strategie nazionali di sviluppo e sottolinea il loro ruolo fondamentale per quanto riguarda l'attuazione, il seguito e il controllo delle politiche di sviluppo;

9.

invita i parlamenti dei paesi ACP a esigere dai rispettivi governi nonché dalla Commissione di essere coinvolti nel processo di preparazione della messa in atto dei documenti strategici nazionali e regionali relativi alla cooperazione tra l'Unione e i loro paesi (periodo 2008-2013);

10.

esorta la Commissione a fornire tutte le informazioni disponibili ai parlamenti dei paesi ACP e a prestare loro assistenza nell'ambito dell'attività di controllo democratico, in particolare offrendo sostegno alle capacità;

11.

è favorevole all’integrazione del Fondo europeo di sviluppo (FES) nel bilancio dell’Unione europea al fine di rafforzare la coerenza, la trasparenza e l’efficacia della politica di cooperazione allo sviluppo e di garantirne il controllo democratico; sottolinea che anche l'integrazione del FES nel bilancio dell'Unione costituisce una risposta pertinente alle difficoltà di esecuzione e di ratifica dei FES futuri;

12.

invita i parlamenti a esercitare un rigoroso controllo parlamentare per quanto attiene al FES; sottolinea la posizione privilegiata dell'APP nell'ambito di tale dibattito ed esorta l'APP nonché i parlamenti ACP a partecipare attivamente, in particolare nell'ambito del riesame dell'accordo di Cotonou previsto per il 2010; insiste affinché l’APP partecipi all’insieme del processo di negoziazione di tale revisione;

13.

nota con soddisfazione il carattere sempre più parlamentare e quindi politico dell'APP, nonché la maggiore incisività dell'impegno dei suoi membri e della qualità dei suoi dibattiti, il che contribuisce in misura determinante al partenariato ACP-UE;

14.

ritiene che le risoluzioni dell'APP sulla situazione in Kenya e in Zimbabwe, menzionate in precedenza, siano esempi significativi del dialogo rafforzato;

15.

invita l’APP a continuare a vigilare sulla situazione in Sudan, e in particolare nel Darfur, segnatamente valutando la posizione dell’Unione europea e dei paesi ACP per quanto concerne i mandati d'arresto della Corte penale internazionale;

16.

invita l'APP a continuare a vigilare sulla situazione in Somalia, che mette in pericolo la vita dei cittadini somali, costituisce una minaccia per la sicurezza della regione ed è fonte di instabilità mondiale a motivo dei crescenti fenomeni di criminalità, estremismo e pirateria;

17.

invita l'APP a proseguire il dibattito sulla preoccupante situazione in Zimbabwe, dove le elezioni svolte nel luglio 2008 non hanno portato alla restaurazione della democrazia e il contesto economico rappresenta una vera minaccia per la salute e la vita di milioni di cittadini, nonché per la stabilità della regione;

18.

esorta l'APP a continuare a contribuire all'azione di sensibilizzazione della comunità internazionale sui conflitti che dilaniano la parte orientale della RDC, a promuovere una soluzione politica negoziata alla crisi e a sostenere qualsiasi intervento possa essere proposto nel quadro di una soluzione negoziata;

19.

invita l'APP a proseguire e ad approfondire il dialogo con il PPA e con i parlamenti delle organizzazioni regionali in considerazione dell'importanza dell'integrazione regionale per la pace e lo sviluppo dei paesi ACP;

20.

deplora il fatto che l'APP non sia stata consultata adeguatamente in occasione dell'elaborazione della strategia congiunta UE-Africa e auspica che l'APP venga attivamente coinvolta nell'attuazione di tale strategia;

21.

si compiace del fatto che le riunioni regionali, previste nell'accordo di Cotonou e nel regolamento dell'APP, abbiano avuto luogo a partire dal 2008; ritiene che tali riunioni consentano un effettivo scambio di opinioni su importanti aspetti regionali, tra cui la prevenzione e la risoluzioni dei conflitti, e che le politiche europee contribuiscano al rafforzamento delle coesioni regionali; sottolinea che tali riunioni si svolgono in un momento particolarmente opportuno nel quadro del negoziato, della conclusione e dell'attuazione degli APE e devono costituire una priorità; si congratula con gli organizzatori delle due riunioni, estremamente riuscite, tenutesi in Namibia e nel Vanautu ed è a favore dell'organizzazione delle prossime riunioni nel 2009 nelle regioni dei Caraibi e dell'Africa occidentale;

22.

sollecita l'APP a rafforzare il ruolo della propria commissione per gli affari politici onde trasformarla in un'autentica sede di prevenzione e risoluzione dei conflitti, nel quadro del partenariato ACP-UE e a generalizzare, a tal fine, i confronti sulle situazioni d'emergenza proprie di un paese; si compiace del lavoro compiuto nel settore della protezione dei civili nell'ambito delle operazioni di mantenimento della pace nonché dell'intenzione di impegnarsi a fondo sul versante della governance nei paesi ACP;

23.

si compiace altresì per la relazione della commissione per gli affari politici dell'APP sulle esperienze del processo d'integrazione regionale europea pertinenti per i paesi ACP – adottata a Lubiana nel marzo 2008 – che evidenzia i vantaggi fondamentali dell’integrazione, quali la pace e la sicurezza, la prevenzione della degenerazione di conflitti potenziali in conflitti armati, la prosperità, il benessere, la democrazia e il rispetto dei diritti umani;

24.

prende atto con soddisfazione dell'intenzione espressa dalla commissione per lo sviluppo economico, le finanze e il commercio dell'APP di avviare un'analisi dei documenti strategici regionali per le regioni ACP;

25.

sottolinea il ruolo svolto dalla commissione per gli affari sociali e l'ambiente dell'APP nell'area del lavoro minorile nonché l'intenzione di analizzare la situazione sociale dei giovani nei paesi ACP;

26.

si compiace altresì per la relazione della commissione per gli affari sociali e l’ambiente sulle ripercussioni sociali e ambientali dei programmi di adeguamento strutturale – adottata a Lubiana – la quale sostiene l'idea che la pratica di subordinare i prestiti della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale (FMI) alle condizioni di politica economica ha avuto delle ripercussioni sociali e ambientali disastrose sui paesi ACP e andrebbe pertanto sostituita da una politica di prestiti specifica per ogni singolo paese tesa a ridurre la povertà;

27.

invita l'APP a esigere di essere strettamente coinvolta nel processo di riesame dell'accordo di Cotonou che verrà intrapreso nel 2009, al fine di garantire il rafforzamento futuro del ruolo e delle attività dell'APP;

28.

prende nota con soddisfazione della crescente partecipazione alle sessioni dell'APP di attori non statali, partecipazione messa in luce nel corso del dibattito che ha portato alla summenzionata dichiarazione di Port Moresby del novembre 2008 sulle crisi finanziaria ed alimentare mondiali, nonché nella relazione dei partner economici e sociali sugli APE, presentata nell'ambito dell'APP tenutasi a Lubiana;

29.

auspica, oltre alla relazione annuale sull’attività dell’APP ACP-UE, l’elaborazione di una riflessione congiunta tra il segretariato dei paesi ACP e il Parlamento europeo sulle condizioni di funzionamento dell’APP, in particolare il voto per collegio separato, la parità di trattamento dei parlamentari nonché le missioni congiunte d’inchiesta e di osservazione delle elezioni;

30.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, al Consiglio ACP, all'Ufficio di presidenza dell'APP, ai governi e ai parlamenti della Slovenia e della Papua-Nuova Guinea.


(1)  GU L 317 del 15.12.2000, pag. 3.

(2)  GU C 231 del 26.9.2003, pag. 68.

(3)  ACP-UE/100.291/08/def.

(4)  GU L 378 del 27.12.2006, pag. 41.

(5)  GU C 58 dell'1.3.2008, pag. 44.

(6)  GU C 61 del 16.3.2009, pag. 42.

(7)  GU C 271 del 25.10.2008, pag. 20.

(8)  GU C 271 del 25.10.2008, pag. 27.

(9)  GU C 271 del 25.10.2008, pag. 32.

(10)  GU C 271 del 25.10.2008, pag. 37.

(11)  GU C 61 del 16.3.2009, pag. 19.

(12)  GU C 61 del 16.3.2009, pag. 26.

(13)  GU C 61 del 16.3.2009, pag. 31.

(14)  GU C 61 del 16.3.2009, pag. 37.

(15)  GU C 61 del 16.3.2009, pag. 40.

(16)  APP 100.288.

(17)  APP 100.452.

(18)  APP 100.448.

(19)  Dichiarazione comune del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio, del Parlamento europeo e della Commissione europea, intitolata «Consenso europeo sull'aiuto umanitario» (GU C 25 del 30.1.2008, pag. 1).


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/38


Martedì 24 marzo 2009
Migliori prassi nella politica regionale e ostacoli all’utilizzo dei Fondi strutturali

P6_TA(2009)0156

Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulle migliori prassi nel settore della politica regionale e gli ostacoli nell’utilizzo dei Fondi strutturali (2008/2061(INI))

2010/C 117 E/07

Il Parlamento europeo,

visto il programma URBACT, avviato nel quadro dell'iniziativa URBAN, che agevola e sviluppa le buone pratiche e gli scambi di esperienze di oltre 200 città dell'Unione europea,

vista la sua risoluzione del 21 ottobre 2008 sulla governance e il partenariato a livello nazionale e regionale e per progetti di politica regionale (1),

visto il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio, dell'11 luglio 2006, recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione (2),

visto il regolamento (CE) n. 1080/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale (3),

visti gli articoli 158 e 159 del trattato CE,

viste le conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo tenutosi a Lisbona il 23 e 24 marzo 2000,

vista la comunicazione della Commissione del 19 giugno 2008 intitolata «Quinta relazione intermedia sulla coesione economica e sociale - Regioni in crescita, Europa in crescita» (COM(2008)0371),

vista la comunicazione della Commissione del 6 ottobre 2008 intitolata «Libro verde sulla coesione territoriale - Fare della diversità territoriale un punto di forza» (COM(2008)0616),

vista la comunicazione della Commissione dell'8 novembre 2006 intitolata «Regioni per il cambiamento economico» (COM(2006)0675),

visto lo studio della sua Unità tematica Politiche strutturali e di coesione intitolato «Le buone pratiche nel settore della politica regionale e gli ostacoli nell’utilizzo dei Fondi strutturali»,

tenuto conto dell’audizione pubblica del 17 luglio 2008 organizzata dalla sua commissione per lo sviluppo regionale,

visto l'articolo 45 del suo regolamento,

visti la relazione della commissione per lo sviluppo regionale e il parere della commissione per i bilanci (A6-0095/2009),

A.

considerando che la politica di coesione è uno dei più importanti settori d'azione nell'Unione europea, non soltanto in considerazione della sua dotazione finanziaria, ma anche e soprattutto perché costituisce un pilastro fondamentale nel processo d’integrazione europea e per la sua importanza per la coesione sociale, economica e territoriale dell'Unione europea e per lo sviluppo delle sue 268 regioni, riducendo i deficit e le disparità di sviluppo e migliorando la vita di tutti i cittadini dell'Unione europea,

B.

considerando che le regioni dell’Unione europea si trovano di fronte a sfide largamente simili, il cui impatto tuttavia differisce grandemente da regione a regione date le specificità delle regioni per quanto riguarda il carattere (ad esempio regioni insulari o montane) e la popolazione: globalizzazione e ristrutturazioni economiche accelerate che ne derivano, apertura delle relazioni commerciali, conseguenze della rivoluzione tecnologica, cambiamenti climatici, sviluppo dell’economia basata sulla conoscenza, evoluzione demografica, calo demografico e aumento dell'immigrazione,

C.

considerando che i migliori risultati, che rafforzano la base di conoscenze e migliorano la competitività, sono spesso raggiunti nell'ambito di progetti svolti in cooperazione tra settore pubblico, imprese, settore dell'istruzione e attori locali,

D.

considerando che la politica di coesione non è in grado di sviluppare appieno il proprio potenziale per superare tali sfide poiché i potenziali richiedenti, per accedere al sostegno dei fondi strutturali dell’Unione europea, si trovano di fronte a grossi ostacoli, quali:

eccessiva burocrazia,

regolamentazioni troppo numerose e complesse, in certi casi disponibili unicamente on-line, il che esclude molti potenziali beneficiari di questi fondi dall'accesso a tali risorse,

frequenti modifiche, da parte di certi Stati membri, dei criteri di ammissibilità e della documentazione richiesta,

mancanza di trasparenza dei processi decisionali e dei regimi di cofinanziamento, e ritardi nei pagamenti,

amministrazione centrale lenta e macchinosa negli Stati membri e applicazione delle norme in una maniera che dilata ulteriormente la burocrazia e fa sì che le informazioni siano fornite in modo inadeguato,

insufficiente capacità amministrativa decentrata e diversità dei modelli di amministrazione regionale negli Stati membri, che ostacolano la disponibilità di dati comparativi e lo scambio di migliori prassi,

inadeguatezza dei meccanismi di coordinamento interregionale,

assenza di un sistema funzionante di cooperazione fra autorità nazionali, regionali e locali,

E.

considerando che parecchi degli attuali errori nel settore della politica di coesione sono riconducibili a questi ostacoli esistenti,

F.

considerando che i ritardi nell'attuazione della politica strutturale sono dovuti in parte all'eccessiva rigidità delle procedure, e che pertanto occorre considerare l'opportunità di una loro semplificazione e di una chiara divisione di responsabilità e competenze fra l'Unione europea, gli Stati membri e le autorità locali e regionali,

1.

sottolinea che, sebbene si debba tener conto del valore aggiunto della diffusione delle migliori prassi presso la generalità del pubblico in termini di migliore comunicazione e rapporto costi-benefici, i tentativi di introdurre tali prassi nella politica regionale dell'Unione europea dovrebbero rivolgersi soprattutto alle autorità di gestione, guidandole nell'elaborazione delle norme che disciplinano l'accesso alle risorse strutturali, in modo che gli scambi di informazioni e di esperienze possano contribuire a un deciso miglioramento della qualità dei progetti, fornendo soluzioni a problemi comuni e permettendo di scegliere interventi più efficaci e mirati;

2.

rileva la necessità di semplificare le procedure per l 'attuazione dei progetti e programmi nel quadro dei fondi strutturali, specialmente per quanto riguarda i sistemi di gestione e di controllo; accoglie pertanto con favore, a tale riguardo, il pacchetto di revisione normativa dei Fondi strutturali messo a punto in risposta all'attuale crisi finanziaria; attende con impazienza le ulteriori proposte della Commissione in materia, che dovranno essere annunciate entro i prossimi mesi;

Eliminazione degli ostacoli

3.

esorta la Commissione, allo scopo di eliminare gli ostacoli citati, ad assumere, fra l'altro, le seguenti iniziative:

impostare a lungo termine i criteri di valutazione dei progetti cofinanziati dai fondi strutturali dell’Unione europea;

per i progetti innovativi, sviluppare criteri di valutazione specifici - adeguati alla natura innovativa dei progetti - che in sostanza ammettano un margine di errore più ampio, anziché valutarli con gli stessi criteri applicati ad altri tipi di progetti;

ridurre dagli attuali dieci anni a tre anni la durata massima dell’obbligo di conservare la documentazione relativa al progetto per i controlli da parte della Commissione;

elaborare speciali misure d'intervento e nuovi indicatori qualitativi per le regioni con determinate specificità geografiche, come le regioni montane e a bassa densità di popolazione e le regioni ultraperiferiche, di confine e insulari, e adattare di conseguenza la scala territoriale degli interventi, al fine di promuovere la coesione territoriale nell'Unione europea;

semplificare il sistema dei controlli e cercare di introdurre un sistema di controllo unico;

adattare le norme in materia di pubblici appalti in modo da semplificarle e armonizzarle;

coordinare con gli Stati membri le disposizioni sull'ammissibilità delle spese;

assicurare in maggior misura gli anticipi ai beneficiari;

migliorare il coordinamento delle misure attuate e cofinanziate nel quadro della politica di coesione e nel quadro della PAC II (sviluppo delle zone rurali);

rendere più flessibili i programmi di assistenza tecnica;

introdurre meccanismi per promuovere la cooperazione in rete e facilitare la gestione di progetti in gruppo;

alleviare gli oneri amministrativi creati da questi progetti e limitarli in proporzione alle dimensioni del progetto;

semplificare, chiarire ed accelerare l'iter dei progetti e renderli maggiormente orientati ai risultati;

incoraggiare attivamente gli Stati membri a creare un sistema efficace di cooperazione e di condivisione delle responsabilità fra i livelli nazionale, regionale e locale;

facilitare l'accesso ai fondi grazie a una più stretta cooperazione con i governi nazionali per ridurre i tempi burocratici;

predisporre un calendario per l'adozione di iniziative volte a rimuovere gli ostacoli e a migliorare le possibilità di accesso ai fondi;

4.

raccomanda alla Commissione di procedere inoltre a sviluppare un approccio concertato, accessibile a tutti, riguardo allo scambio interregionale delle migliori prassi, onde consentire agli attori che partecipano alla politica di coesione di usufruire delle esperienze altrui;

5.

rimarca espressamente che l'individuazione delle migliori prassi non deve portare ad appesantimenti amministrativi per i richiedenti e i promotori di progetti;

6.

chiede che nell'utilizzazione dei fondi strutturali le formalità amministrative siano ridotte al minimo e non aumentino inutilmente a causa delle diverse condizioni imposte dagli Stati membri;

7.

ribadisce il proprio sostegno alla prassi volte a garantire che ogni Stato membro produca una dichiarazione di affidabilità nazionale annuale che copra i fondi comunitari in gestione condivisa, e chiede che tale prassi sia generalizzata;

Criteri generali e tematici per individuare le migliori prassi

8.

si compiace dell’approccio definito nel quadro dell’iniziativa «Regioni per il cambiamento economico», che prevede, in primo luogo, di individuare e pubblicizzare le migliori prassi col conferimento del premio annuale «REGIO STARS» e, in secondo luogo, di istituire un sito internet per le migliori prassi; richiama l'attenzione sul fatto che, con il solo Internet, l'efficacia di tale iniziativa risulterebbe limitata;

9.

critica la scarsa trasparenza delle basi oggettive utilizzate dalla Commissione per individuare le migliori prassi;

10.

invita la Commissione, alla luce dell’ampio uso del concetto di «migliori prassi», a cui di frequente si affiancano i concetti di «buone prassi» o di «success stories», a definire una serie di criteri specifici per la politica di coesione, che consentano di distinguere queste «migliori prassi» da quelle relative ad altri progetti;

11.

raccomanda alla Commissione di tener conto, nell'individuazione delle migliori prassi, dei seguenti aspetti:

qualità del progetto,

garanzia del principio del partenariato,

sostenibilità della misura in questione,

contributo positivo alla parità delle opportunità e all'integrazione della dimensione di genere,

carattere innovativo del progetto,

approccio integrato fra le politiche settoriali e territoriali dell'Unione euroepa,

uso efficace delle risorse,

durata del progetto prima dell'attuazione,

attivazione del progetto nei tempi e nei modi prestabiliti,

impulso significativo per la regione o per l'intera Unione europea,

impatto sull'occupazione,

vantaggi per le PMI,

agevolazione della messa in rete e della cooperazione territoriale fra regioni,

trasferibilità del progetto, ovvero sua applicabilità in altre regioni del'Unione europea,

valore aggiunto delle attività nel quadro delle politiche dell'Unione europea,

impatto positivo del progetto sui cittadini, sulle regioni e gli Stati membri e sulla società nel suo complesso;

12.

sottolinea che tutti i criteri per l'individuazione delle migliori prassi devono essere chiaramente misurabili e affidabili, così da evitare frizioni, effetti indesiderati e giudizi soggettivi che rischierebbero di compromettere l'intera procedura di classificazione dei progetti sulla base dei criteri stessi; invita pertanto la Commissione a descrivere chiaramente il contenuto di detti criteri e il modo in cui vanno applicati;

13.

raccomanda che, sulla base dell’analisi di numerosi progetti relativi a diverse regioni dell’Unione europea, si prendano in considerazione fattori supplementari per identificare le migliori prassi in settori della politica di coesione che sono di particolare rilievo per lo sviluppo sia di singole regioni che dell’Unione europea nel suo insieme e che mostrano una marcata varietà di approcci in termini di attuazione;

14.

raccomanda, con riferimento al settore «ricerca e sviluppo/innovazione», di considerare i seguenti fattori:

investimenti qualitativamente significativi nella scienza e nella ricerca,

legami fra economia, mondo accademico e istituti di ricerca, con un particolare accento sul rafforzamento delle PMI, anche come strumento per far decollare lo sviluppo territoriale,

legami fra istituti scientifici e istituti di ricerca,

sviluppo e/o innovazione riguardanti tecnologie orientate al futuro e/o loro applicazioni pratiche,

utilizzazione delle nuove tecnologie in settori tradizionali,

applicazione nell'industria,

soluzioni in settori chiave per l'Unione europea, per esempio, ecologia ed energia;

15.

raccomanda, con riferimento al settore «ambiente, clima e politica energetica sostenibile», di considerare i seguenti fattori:

misure di protezione per zone particolarmente a rischio, adeguate alle specificità locali (sensibilità), in particolare per le acque,

conservazione e uso efficiente delle risorse scarse,

approccio responsabile all’uso delle risorse,

misure per risolvere il problema della povertà energetica,

rilevante aumento dell’efficienza energetica,

rilevante riduzione del consumo di energia,

aumento della quota di fonti energetiche rinnovabili,

misure per ridurre le emissioni di CO2,

metodi e/o procedimenti per la conservazione delle risorse scarse o in pericolo;

16.

raccomanda, con riferimento al settore «creazione di posti di lavoro di qualità», di considerare i seguenti fattori:

miglioramento delle condizioni di lavoro,

aumento del numero di posti di lavoro di qualità,

creazione sostenibile di posti di lavoro rivolti al futuro,

garanzia di pari accesso al mercato del lavoro per ambo i generi,

aumento della produttività,

aumento della competitività,

creazione di posti di lavoro indipendenti dalla collocazione territoriale, come nel campo dell’«e-business»,

interventi per una maggiore specializzazione della forza lavoro,

uso dei mezzi moderni d'informazione e comunicazione,

conciliazione della vita familiare e lavorativa,

interventi a favore delle fasce più vulnerabili della popolazione (ad esempio giovani, donne, persone con disabilità, immigrati, disoccupati di lunga durata, disoccupati di età superiore ai 45 anni, persone che non hanno ricevuto un'istruzione formale),

migliore accessibilità e disponibilità di trasporti, telecomunicazioni, istruzione e servizi sanitari;

17.

raccomanda, con riferimento al settore «apprendimento permanente», di considerare i seguenti fattori:

miglioramento qualitativo degli standard formativi e aumento quantitativo dell'offerta di formazione, con particolare riferimento alle opportunità per le componenti di popolazione più svantaggiate o a rischio (ad esempio giovani, donne, persone con disabilità, immigrati, disoccupati di lunga durata, disoccupati di età superiore ai 45 anni, persone prive di istruzione scolastica),

stretto collegamento fra istruzione, formazione e vita lavorativa,

progetti di formazione specificamente adeguati alle esigenze, sia in termini qualitativi che quantitativi,

introduzione e utilizzo di tecnologie e procedure moderne,

misure per stimolare e mantenere la disponibilità alla formazione,

maggiore utilizzazione delle opportunità di formazione,

formazione linguistica permanente;

18.

raccomanda, con riferimento al settore «sviluppo urbano integrato», di considerare i seguenti fattori:

politica integrata a lungo termine per il trasporto pubblico locale, la circolazione di pedoni e biciclette e l'uso dell'automobile, in un'ottica di efficace integrazione fra le diverse modalità di trasporto, sia pubbliche che private,

gestione efficiente del traffico,

promozione dello sviluppo economico delle città,

aumento degli investimenti imprenditoriali, misure tese a incentivare e a mantenere il livello dell'occupazione - ponendo soprattutto l'accento sull'occupazione e l'imprenditoria giovanile - e a migliorare la vita sociale,

rigenerazione e integrazione di quartieri degradati e di aree deindustrializzate,

migliore qualità della vita nei centri urbani, ad esempio disponibilità e accessibilità dei servizi pubblici,

creazione di spazi verdi e di aree ricreative e maggiore efficienza nell'uso delle risorse idriche ed energetiche, specialmente nel settore abitativo,

servizi e strutture per le persone con disabilità,

promozione di iniziative volte a creare legami tra la popolazione, e soprattutto i giovani, e le loro città,

presa in considerazione dello spazio di vita costituito dal territorio urbano, suburbano e rurale prossimo alla città,

riduzione dell'utilizzo eccessivo dei terreni grazie a una ben maggiore rivalorizzazione dei terreni inutilizzati ed evitando lo sviluppo urbano incontrollato,

migliore accessibilità delle attrezzature urbane e di trasporto per le persone a mobilità ridotta,

maggiore interazione fra centri urbani e aree rurali,

impiego di un approccio integrato;

19.

raccomanda, con riferimento al settore «evoluzione demografica», di considerare i seguenti fattori:

accesso universale ai servizi,

rafforzamento delle misure tese ad attrarre i lavoratori qualificati,

maggiore coinvolgimento delle fasce più vulnerabili della popolazione migliorando istruzione e formazione,

misure in materia di orario di lavoro flessibile,

misure per semplificare la vita dei genitori che lavorano consentendo loro di conciliare vita familiare e vita lavorativa,

misure per favorire l'agevole integrazione dei migranti,

esigenze speciali delle persone con disabilità e degli anziani,

contributo al mantenimento dei livelli demografici (in aree soggette a calo demografico);

20.

raccomanda, con riferimento al settore «cooperazione transfrontaliera», di considerare i seguenti fattori:

incremento della qualità e della quantità dei contatti transfrontalieri,

creazione di reti permanenti o di meccanismi di cooperazione a lungo termine,

armonizzazione dei diversi sistemi e procedure,

coinvolgimento di nuovi partner,

creazione di autonomia finanziaria,

trasferimento e scambio permanenti di conoscenze a livello transfrontaliero,

sfruttamento comune delle potenzialità delle regioni partner,

collegamenti infrastrutturali fra regioni partner;

21.

raccomanda, con riferimento al settore «partenariati pubblico-privato», di considerare i seguenti fattori:

miglioramento qualitativo della realizzazione del progetto in termini di efficacia e redditività,

accelerazione dei tempi di attuazione del progetto,

meccanismo trasparente di distribuzione del rischio,

migliore gestione del progetto,

accresciuta partecipazione delle autorità e degli operatori locali e regionali ai partenariati pubblico-privato,

regole di condotta chiare e trasparenti per le attività di imprese ed enti del settore pubblico;

22.

invita la Commissione a tener conto della necessità di favorire le migliori prassi in materia di meccanismi di finanziamento, in particolar modo quelli dei partenariati pubblico-privato e quelli che beneficiano del sostegno della Banca europea per gli investimenti e del Fondo europeo per gli investimenti;

23.

è consapevole del fatto che è estremamente difficile che un progetto soddisfi contemporaneamente tutti i criteri summenzionati; invita pertanto la Commissione a redigere un elenco di tali criteri in ordine di priorità, prima di applicarli, e a stabilire quali debbano avere maggiore priorità, in modo da facilitare la designazione dei progetti meritevoli come migliori prassi; sottolinea la necessità di utilizzare i criteri sulle migliori prassi stabiliti di comune accordo in maniera aperta e trasparente, il che consentirà una migliore gestione, accettazione e comparabilità di tali prassi e consentirà di evitare la confusione con altri concetti simili;

24.

invita la Commissione, in vista del futuro utilizzo dei termini «migliori prassi», «buone prassi» e «success stories», a elaborare una chiara e trasparente suddivisione o graduazione di tali concetti ai fini della descrizione dei progetti;

Scambio delle migliori prassi

25.

invita la Commissione a organizzare e coordinare lo scambio di migliori prassi attraverso una rete di regioni, e a creare a tale scopo un sito web pubblico contenente le informazioni essenziali sui progetti in tutte le lingue della Comunità;

26.

raccomanda alla Commissione di istituire, nel contesto dell’attuale quadro amministrativo, un ufficio specifico nell’ambito della Direzione generale Politica regionale, che organizzi, in collaborazione con questa rete delle regioni, la valutazione, la raccolta e lo scambio delle migliori prassi, e funga da punto di contatto permanente sia per l'offerta che per la domanda, con l’obiettivo di instaurare un scambio a lungo termine, continuo, affidabile ed efficace, delle migliori prassi nel settore della politica di coesione; invita la Commissione a diffondere in tutti i suoi servizi questa cultura delle buone prassi;

27.

propone in tale ambito che i meccanismi di valutazione analizzino e prendano in considerazione metodologie affidabili già sperimentate; ritiene che occorra dare particolare enfasi alla cooperazione con una rete di autorità regionali e agenzie specializzate, che sono la fonte principale del materiale primario di migliori prassi per la valutazione;

28.

rammenta che, mentre l'Unione europea fornisce finanziamenti e buone prassi, spetta ai responsabili nazionali, regionali e locali trarne profitto; accoglie con favore in tale ambito l'istituzione di un programma Erasmus per i rappresentanti eletti locali e regionali;

29.

raccomanda che la Commissione si avvalga degli strumenti del Comitato delle regioni, in particolare la Piattaforma di monitoraggio su Lisbona e la Rete di monitoraggio della sussidiarietà per lo scambio delle migliori prassi fra regioni e Stati membri, al fine di identificare e determinare insieme gli obiettivi, programmare gli interventi e infine procedere a una valutazione comparativa dei risultati della politica di coesione;

*

* *

30.

incarica il proprio Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.


(1)  Testi approvati, P6_TA(2008)0492.

(2)  GU L 210 del 31.7.2006, pag. 25.

(3)  GU L 210 del 31.7.2006, pag. 1.


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/46


Martedì 24 marzo 2009
Complementarità e coordinamento della politica di coesione e delle misure per lo sviluppo rurale

P6_TA(2009)0157

Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulla complementarità e il coordinamento della politica di coesione e delle misure di sviluppo rurale (2008/2100(INI))

2010/C 117 E/08

Il Parlamento europeo,

visti gli articoli 158 e 159 del trattato CE,

visto il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio, dell'11 luglio 2006, recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione (1), in particolare l'articolo 9,

visto il regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio, del 20 settembre 2005, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) (2),

vista la decisione 2006/702/CE del Consiglio, del 6 ottobre 2006, sugli orientamenti strategici comunitari in materia di coesione (3),

vista la decisione 2006/144/CE del Consiglio, del 20 febbraio 2006, relativa agli orientamenti strategici comunitari per lo sviluppo rurale (periodo di programmazione 2007-2013) (4),

vista l'Agenda territoriale dell'Unione europea e il primo programma d'azione per l'attuazione dell'agenda territoriale dell'Unione europea,

visto il Libro verde della Commissione, del 6 ottobre 2008, dal titolo «Coesione territoriale - Fare della diversità territoriale un punto di forza» (COM(2008)0616),

visto lo studio dell'Osservatorio in rete dell'assetto territoriale europeo (ORATE) dal titolo «Il futuro del territorio: scenari territoriali per l'Europa»,

visto l'articolo 45 del suo regolamento,

visti la relazione della commissione per lo sviluppo regionale e il parere della commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale (A6-0042/2009),

A.

considerando che la nozione di zone rurali è stata definita dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico e che tale definizione comprende elementi quali la bassa densità demografica e la mancanza di accesso ai servizi, che tale definizione viene utilizzata dalla Commissione per identificare e delineare gli obiettivi di sviluppo di tali zone,

B.

considerando che le zone rurali differiscono notevolmente da uno Stato membro all'altro e che, mentre in talune regioni e in taluni Stati membri le zone rurali hanno conosciuto una crescita demografica ed economica, gli abitanti di molte di queste zone stanno migrando verso zone urbane o stanno cercando di riqualificarsi, creando così sfide immense per le zone rurali,

C.

considerando che le zone rurali coprono fino all'80 % del territorio dell'Unione europea,

D.

considerando che le zone rurali intermedie, che sono caratterizzate da una struttura economica simile a quella delle aree urbane adiacenti, differiscono dalle zone prevalentemente rurali, periferiche o isolate,

E.

considerando che uno degli obiettivi di sviluppo dell'Unione consiste nel promuovere il progresso economico e sociale e un elevato livello di occupazione nonché nel raggiungere uno sviluppo equilibrato e sostenibile,

F.

considerando che la coesione economica, sociale e territoriale dell'Unione europea può essere rafforzata attraverso lo sviluppo economico, la promozione delle opportunità occupazionali nelle zone rurali e urbane e garantendo la parità di accesso ai servizi pubblici,

G.

considerando che la riforma della politica strutturale per gli anni 2007-2013 ha determinato cambiamenti a livello della struttura dei Fondi e nei criteri di ripartizione degli aiuti a titolo di questa politica, nonché la creazione del nuovo Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) legato alla politica agricola comune (PAC) e sganciato dalla politica di coesione,

H.

considerando che già in passato i programmi LEADER hanno dimostrato come si possa promuovere con successo lo sviluppo delle regioni mediante gli strumenti di politica regionale,

I.

considerando che è di importanza cruciale per il successo del FEASR assicurare la complementarità fra le attività cofinanziate dal FEASR e quelle cofinanziate dai Fondi strutturali per far sì che gli aiuti provenienti da vari fondi, in particolare dal Fondo europeo per lo sviluppo regionale (FESR), dal Fondo di coesione e dal Fondo sociale europeo (FSE) siano adeguatamente coordinati e ne sia garantita la complementarità,

J.

considerando che la creazione del FEASR, la separazione dei finanziamenti di sviluppo regionale dalla politica di coesione e dalla prospettiva più ampia di sviluppo regionale non deve far sì che taluni obiettivi (ad esempio protezione dell'ambiente, trasporti e istruzione) siano doppioni o vengano semplicemente trascurati,

K.

considerando che il costante trasferimento di risorse tra il Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e il FEASR porta ad incertezze di pianificazione sia per gli agricoltori che per i promotori di progetti di sviluppo rurale,

L.

considerando che a causa delle restrizioni di bilancio c'è il rischio che i mezzi disponibili nell'ambito del FESR vengano utilizzati in gran parte per rafforzare la competitività economica concentrata nei centri urbani più importanti o nelle regioni più dinamiche, mentre le risorse del FEASR sono principalmente destinate al miglioramento della competitività dell'agricoltura - settore che continua a rappresentare il motore dell'economia delle zone rurali - nonché al sostegno delle attività non agricole e dello sviluppo delle piccole e medie imprese (PMI) in tali aree, donde la necessità di un più stretto coordinamento per assicurare una copertura totale delle aree in questione,

M.

considerando che le PMI, soprattutto le microimprese e le imprese artigiane, svolgono un ruolo essenziale per il mantenimento della vita economica e sociale nelle campagne e per la garanzia della loro stabilità,

N.

considerando che gli obiettivi della politica di sviluppo rurale non devono essere in contraddizione con quelli di Lisbona, fintantoché tale sviluppo si basa sul meccanismo della competitività relativa (migliore rapporto costo/efficienza), in particolare nell'industria locale di trasformazione agroalimentare e in relazione allo sviluppo delle PMI e delle infrastrutture e dei servizi come il turismo, l'istruzione o la protezione dell'ambiente,

O.

considerando l'opportunità di riconoscere il rapporto naturale che intercorre fra politica agricola e politica di sviluppo rurale e la loro complementarità,

1.

ritiene che i criteri tradizionali utilizzati per distinguere le zone rurali da quelle urbane (più scarsa densità demografica e livello di urbanizzazione) potrebbero non essere sempre sufficienti per dare una visione completa della situazione; ritiene pertanto che si debba esplorare anche la possibilità di aggiungere altri criteri e chiede alla Commissione di presentare un’analisi e proposte concrete in materia;

2.

è convinto che, date le disparità considerevoli tra le zone rurali nei vari Stati membri, e poiché queste rappresentano fino all'80 % circa del territorio dell'Unione europea, è necessario adottare ed attuare un approccio adeguato mirato e integrato per il loro sviluppo durevole, teso a livellare le disparità esistenti e a promuovere il dinamismo economico delle zone sia urbane che rurali; sottolinea la necessità di destinare adeguati finanziamenti alle azioni corrispondenti;

3.

ricorda a tale proposito che tutte le regioni dell'Unione europea nel suo insieme, comprese le zone rurali e remote, dovrebbero in linea di principio beneficiare delle medesime opportunità di sviluppo per evitare di aggravare l'esclusione territoriale delle aree più svantaggiate;

4.

sottolinea che in numerose zone rurali le difficoltà di accesso ai servizi pubblici, la mancanza di lavoro e la piramide di età riducono il potenziale di sviluppo, soprattutto per i giovani e le donne;

5.

osserva che, in alcune zone, non esistono alternative a determinate forme di produzione agricola, che in molti casi devono essere sostenute a ogni costo per motivi ambientali e di politica regionale, soprattutto in regioni agricole isolate o montane colpite dalla desertificazione;

6.

ricorda che il Consiglio europeo di Göteborg, del 15 e 16 giugno 2001, ha ampliato gli obiettivi di Lisbona ai concetti di durabilità e di coesione e che la politica di sviluppo rurale mira per l'appunto a pervenire a un'agricoltura sostenibile, al mantenimento di attività rurali non agricole, alla valorizzazione dei potenziali di sviluppo locale, alla protezione dell'ambiente, all'assetto equilibrato dei territori e allo sviluppo delle PMI;

7.

è convinto che una corretta attuazione della politica di sviluppo rurale, in vista dello sviluppo sostenibile a lungo termine delle zone rurali, esige che si tenga conto delle risorse naturali e delle specificità delle regioni, tra cui la protezione, il potenziamento e la gestione del patrimonio rurale, e lo sviluppo di collegamenti e interazioni con le zone urbane;

8.

sottolinea inoltre l'importanza di valutare aree di attività economica alternativa e le opportunità che derivano da quelle aree per la diversificazione delle attività occupazionali della popolazione;

9.

ritiene che, per affrontare le sfide future, le zone rurali necessitino di una politica di sviluppo equilibrata che integri tutti gli attori economici e sociali, comprese le piccole e microimprese attive nei settori della produzione e dei servizi, dato il loro ruolo nello sviluppo locale integrato;

10.

ritiene che, per quanto riguarda i nuovi Stati membri, la politica di sviluppo rurale debba essere finalizzata al miglioramento dell'efficienza dell'agricoltura e alla riduzione del divario di sviluppo economico tra campagna e città, sostenendo tra l'altro le attività non agricole, obiettivo conseguibile anche tramite i Fondi strutturali;

11.

plaude alle ambizioni stabilite durante la Seconda conferenza europea sullo sviluppo rurale svoltasi a Salisburgo nel 2003, ma deplora il fatto che i finanziamenti concessi nel quadro del secondo pilastro della PAC attraverso le ultime prospettive finanziarie siano stati ridotti in modo significativo, rischiando l'inefficacia e creando una divisione tra agricoltori e residenti rurali;

12.

sottolinea l'esigenza di elaborare una strategia di sviluppo rurale coerente a lungo termine, allo scopo di favorire un utilizzo quanto più possibile efficiente ed efficace di tutti i finanziamenti disponibili;

13.

invita gli Stati membri e le autorità regionali a formulare, in cooperazione con la Commissione e d'intesa con le autorità competenti e le organizzazioni che rappresentano la società civile, una strategia trasparente di sviluppo rurale sostenibile di lungo periodo ai livelli nazionale e regionale, intesa a individuare chiaramente le priorità e gli obiettivi in materia di sviluppo rurale e garantire l’adeguamento, il coordinamento e la complementarità degli aiuti provenienti dalle varie fonti di finanziamento disponibili;

14.

invita la Commissione, gli Stati membri e le autorità regionali ad associare direttamente le organizzazioni rappresentative delle PMI, delle microimprese e delle imprese artigiane all'identificazione di tali priorità, onde rispondere al meglio alle esigenze e alle attese di dette imprese;

15.

riconosce l'enorme importanza del ruolo di identificazione e soluzione di problemi specifici nelle zone rurali svolto dalla politica di sviluppo rurale e ritiene che l'istituzione del FEASR per il secondo pilastro della PAC rappresenti un tentativo di darsi un’impostazione flessibile, strategica, tematica ed integrata per dare risposta alla diversità di situazioni e di proporzioni delle sfide che le zone rurali dell’Unione europea si trovano ad affrontare, e di semplificare le procedure di finanziamento e far sì che i finanziamenti siano concentrati su queste aree;

16.

ricorda che agli Stati membri è stato chiesto di preparare, per il corrente periodo di programmazione, due documenti strategici: un piano strategico nazionale per lo sviluppo rurale (FEASR) e un quadro strategico nazionale di riferimento per la politica regionale (Fondi strutturali); ricorda anche che gli Stati membri sono stati invitati ad attivare sinergie e ad istituire meccanismi di coordinamento operativo tra i vari fondi; si rammarica tuttavia che in tale processo ci si sia preoccupati soprattutto di assicurare la delimitazione rispettiva dei vari fondi e programmi anziché attivarne sinergie;

17.

ritiene che l’efficienza della politica di sviluppo rurale si potrà ottenere solo se le misure attuate a titolo del FEASR e della politica di sviluppo regionale vengono coordinate e sono complementari, in modo da evitare doppi finanziamenti e lacune; nota con preoccupazione l'insufficiente coordinamento fra codeste azioni nel corso dell’attuale periodo di programmazione nei singoli Stati membri; chiede pertanto alla Commissione di proporre riforme volte a garantire un migliore coordinamento programmatico e una migliore attuazione delle misure cofinanziate nel quadro della politica di coesione e della PAC; riconosce che la riforma post 2013 della PAC e dei Fondi strutturali dell'Unione europea offrirà un’opportunità di riesaminare la relazione tra sviluppo rurale, da un lato, e politica agricola e politica di coesione, dall’altro;

18.

riconosce che il ruolo principale della politica di sviluppo rurale è di continuare a mantenere la popolazione nelle campagne con un tenore di vita dignitoso;

19.

considera che l'approccio volto a separare lo sviluppo rurale dalla politica di coesione con la creazione del FEASR va sorvegliato da vicino per valutarne il vero impatto sullo sviluppo delle zone rurali; nota che il nuovo sistema è stato introdotto nel 2007 e che è pertanto troppo presto per trarre conclusioni sul futuro di questa politica comunitaria;

20.

sottolinea che una delle priorità della politica di sviluppo rurale è di proporre misure che non costringano la gente delle campagne ad abbandonare l'agricoltura e che contribuiscano anche a promuovere la competitività delle imprese, l'agricoltura biologica e, ad esempio, prodotti e bevande tradizionali di alta qualità;

21.

nota con interesse che l'Asse 3 e l'Asse 4 (LEADER) del secondo pilastro della PAC (politica di sviluppo rurale), che rappresentano il 15 % del totale della spesa del FEASR, riguardano attività extra-agricole rivolte principalmente alla diversificazione delle economie rurali; ritiene, data la natura degli interventi finanziati a titolo di questi Assi, simili ad alcune azioni finanziate dai Fondi strutturali, che vi sia il rischio di una sovrapposizione di politiche;

22.

sottolinea tuttavia la necessità di tener conto soprattutto delle prospettive degli addetti al settore agricolo, che devono restare il target privilegiato delle misure di sostegno a titolo della politica di sviluppo rurale;

23.

sottolinea l'importanza del sostegno dato ai giovani agricoltori per farli restare sulla loro terra, anche se non dediti esclusivamente alla produzione agricola, mediante incentivi per lo sviluppo e anche per altre attività quali l'agriturismo e mediante il rafforzamento delle PMI nelle zone rurali;

24.

ritiene che gli obiettivi principali della politica di sviluppo rurale possano essere ottenuti soltanto se questa politica riceve adeguati finanziamenti da utilizzare conformemente alle priorità stabilite per le zone rurali e che i fondi raccolti attraverso la modulazione debbano essere ridistribuiti alle comunità agricole attive;

25.

è dell'avviso che il coordinamento della politica strutturale con gli interventi di sviluppo rurale permetta di realizzare progetti ad alto valore aggiunto europeo; vede in tale coordinamento un'opportunità di valorizzazione duratura delle zone rurali, ad esempio tramite interventi infrastrutturali o misure di protezione ambientale;

26.

chiede alla Commissione di presentare dati e stime dettagliate relative all'utilizzazione del FEASR e dei Fondi strutturali nelle zone rurali e di esaminare le sinergie realizzabili tra FEASR e Fondi strutturali in termini di finanziamenti disponibili per le zone rurali;

27.

invita la Commissione a valutare se i programmi di politica regionale possano permettere di offrire agli agricoltori un reddito certo, ad esempio affidando loro attività di protezione dell'ambiente, di conservazione della natura e di tutela del paesaggio;

28.

sottolinea che le principali sfide in materia di coesione territoriale restano lo sviluppo sostenibile, il livello di reddito per abitante, l’accessibilità, l'accesso ai beni e ai servizi pubblici e lo spopolamento delle campagne e che sostenere attività economiche in regioni rurali costituisce il mezzo più efficace di affrontarle;

29.

chiede alla Commissione e agli Stati membri di tenere conto sistematicamente delle zone rurali nelle politiche dell'Unione europea e di offrire adeguato sostegno a progetti di sviluppo del capitale umano, in particolare attraverso l’offerta di opportunità di formazione per imprenditori agricoli e non agricoli nelle zone rurali, con particolare accento sulle giovani donne, con l’obiettivo di promuovere l’occupazione e la creazione di posti di lavoro;

30.

sottolinea che lo sviluppo nelle zone rurali richiede una maggiore attenzione e un più forte sostegno per la preservazione del paesaggio naturale ed agricolo, l'ecoturismo, la produzione e l'utilizzo di energia rinnovabile ed iniziative locali come i piani di approvvigionamento locale di prodotti alimentari di qualità e i mercati di agricoltori locali;

31.

richiama l’attenzione sul ruolo che svolgono le PMI nello sviluppo rurale e il contributo da esse fornito alla convergenza ai livelli regionale e locale; invita la Commissione, gli Stati membri e le autorità regionali e locali a porre l'accento sul rafforzamento della competitività assistendo anche altri settori produttivi, e a incoraggiare lo spirito d'impresa nelle zone rurali sopprimendo segnatamente gli ostacoli amministrativi e giuridici, fornendo infrastrutture IT adeguate e incrementando gli incentivi per l'avvio di nuove attività imprenditoriali, nonché offrire maggiore supporto alle attività non agricole promuovendo la diversificazione economica in queste aree;

32.

ancora una volta richiama l'attenzione del Consiglio, della Commissione, degli Stati membri e delle autorità locali sull'immensa posta in gioco rappresentata dall'annunciata scomparsa di diversi milioni di piccole imprese nelle zone rurali con tutte le conseguenze per l'occupazione e dunque per la stabilità delle aree rurali stesse; chiede che vengano adottate misure a tutti i livelli in stretta cooperazione con le parti economiche e sociali;

33.

riconosce che le difficoltà connesse all'attuazione dello sviluppo rurale attengono alle interferenze tra le politiche settoriali e la politica di coesione territoriale e tra le loro rispettive dimensioni economiche e sociali, oltre che ai numerosi modelli organizzativi di ripartizione delle competenze e al coordinamento delle azioni a livello degli Stati membri; a questo proposito sottolinea ancora una volta la necessità di creare sinergie tra il FEASR e i Fondi strutturali e di coesione e invita la Commissione ad assistere le autorità nazionali, regionali e locali nel rendersi adeguatamente conto delle possibilità offerte da questi strumenti finanziari; chiede agli Stati membri di garantire il dialogo tra autorità di gestione in modo da creare sinergie tra gli interventi dei differenti fondi e potenziarne l’efficacia;

34.

è del parere che, preliminarmente alla riforma del finanziamento rurale, la Commissione debba svolgere una valutazione dettagliata di tutte le politiche settoriali che hanno un impatto sulle zone rurali, in particolare la PAC e la politica regionale, nell'ambito della coesione territoriale e che venga definita una serie di buone pratiche attinenti alla politica di sviluppo rurale nel suo insieme;

35.

invita il Consiglio a convocare una sessione informale e congiunta dei ministri competenti per l'agricoltura e la politica regionale per discutere sui migliori mezzi di coordinamento tra politica di coesione e misure di sviluppo rurale, e ad invitare a detta sessione gli organi consultivi dell'Unione europea (Comitato delle regioni e Comitato economico e sociale europeo), come pure i rappresentanti delle autorità regionali e locali;

36.

chiede alla Commissione di creare un gruppo di lavoro ad alto livello entro il 2011 come parte del controllo dello «stato di salute» della PAC (Health Check) che presenti proposte per garantire il futuro dell'economia rurale e di quanti vivono nelle zone rurali dopo il 2013;

37.

invita la Commissione ad istituire o consolidare una reale governance e una partnership a tutti i livelli, coinvolgendo direttamente tutte le parti interessate, comprese le PMI e le microimprese, e le parti economiche e sociali, al fine di definire le priorità di azione più adatte alle esigenze di sviluppo delle zone rurali;

38.

osserva che il processo di sviluppo rurale deve essere riconciliato con gli interessi delle aree suburbane e strettamente coordinato con la promozione dello sviluppo urbano, e insiste sul fatto che le sinergie fra politiche di sviluppo rurale ed urbano non sono né adeguate né efficaci;

39.

riconosce il potenziale della comunità rurale nell’apportare un contributo positivo all'ambiente attraverso una partecipazione ad attività ecocompatibili e allo sviluppo di fonti energetiche alternative come i biocombustibili, in particolare se si considerano le quattro nuove sfide enunciate nel quadro della verifica dello stato di salute della PAC (Health Check), tra cui la biodiversità e le energie rinnovabili;

40.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.


(1)  GU L 210 del 31.7.2006, pag. 25.

(2)  GU L 277 del 21.10.2005, pag. 1.

(3)  GU L 291 del 21.10.2006, pag. 11.

(4)  GU L 55 del 25.2.2006, pag. 20.


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/52


Martedì 24 marzo 2009
Lotta contro le mutilazioni sessuali femminili praticate nell'Unione europea

P6_TA(2009)0161

Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulla lotta contro le mutilazioni sessuali femminili praticate nell'UE (2008/2071(INI))

2010/C 117 E/09

Il Parlamento europeo,

visti gli articoli 2, 3 e 5 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, adottata nel 1948,

visti gli articoli 2, 3 e 26 del Patto internazionale delle Nazioni Unite sui diritti civili e politici del 1966,

visto in particolare l'articolo 5, lettera a) della Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne (CEDAW), adottata nel 1979,

visti l'articolo 2, paragrafo 1, l'articolo 19, paragrafo 1, l'articolo 24, paragrafo 3, e gli articoli 34 e 39 della Convenzione relativa ai diritti dei bambini, adottata il 20 novembre 1989 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite,

vista la Convenzione dell'ONU contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani e degradanti del 1989,

vista la Carta africana sui diritti e il benessere del fanciullo del 1990,

visti l'articolo 1, l'articolo 2, lettera f), l'articolo 5, l'articolo 10, lettera c), e gli articoli 12 e 16 della raccomandazione n. 19 del Comitato delle Nazioni Unite sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne, adottata nel 1992,

visti la Dichiarazione e il Programma d'azione di Vienna, adottati dalla Conferenza mondiale sui diritti dell'uomo del giugno 1993,

vista la Dichiarazione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite sull'eliminazione della violenza nei confronti delle donne, primo strumento internazionale relativo ai diritti dell'uomo che riguarda esclusivamente la violenza contro le donne, adottata nel dicembre 1993,

visti la Dichiarazione e il Programma d'azione della Conferenza internazionale delle Nazioni Unite su popolazione e sviluppo, adottati al Cairo il 13 settembre 1994,

viste la Dichiarazione e la Piattaforma d'azione di Pechino, adottate dalla Conferenza mondiale sulle donne il 15 settembre 1995,

vista la sua risoluzione del 15 giugno 1995 sulla Quarta conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulle donne: Lotta per l'uguaglianza, lo sviluppo e la pace (1),

vista la sua risoluzione del 13 marzo 1997 sulla violazione dei diritti della donna (2),

visto il Protocollo facoltativo alla Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne adottata il 12 marzo 1999 dalla Commissione delle Nazioni Unite per la condizione femminile,

vista la risoluzione della commissione per le pari opportunità del Consiglio d'Europa sulle mutilazioni genitali femminili (MGF) del 12 aprile 1999,

vista la sua posizione del 16 aprile 1999 sulla proposta modificata di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ad un programma d'azione comunitario (il programma DAPHNE) (2000-2004) sulle misure dirette a prevenire la violenza contro i bambini, gli adolescenti e le donne (3),

vista la sua risoluzione del 18 maggio 2000 sul seguito dato alla Piattaforma d'azione di Pechino (4),

vista la sua risoluzione del 15 giugno 2000 sui risultati della sessione speciale dell'Assemblea generale delle Nazioni unite «Donne 2000: uguaglianza di genere, sviluppo e pace per il XXI secolo (5-9 giugno 2000)» (5),

visti l'accordo di associazione ACP-UE (Accordo di Cotonou), firmato il 23 giugno 2000, e l'allegato Protocollo finanziario,

vista la proclamazione congiunta della Carta dei diritti fondamentali, da parte di Consiglio, Parlamento europeo e Commissione, in occasione del Consiglio europeo di Nizza il 7 dicembre 2000,

vista la sua decisione del 14 dicembre 2000 di includere le MGF nell'ambito dell'articolo B5-802 del bilancio 2001 per il programma DAPHNE,

vista la risoluzione 1247(2001) del 22 maggio 2001 dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa sulle MGF,

vista la relazione sulle MGF, adottata il 3 maggio 2001 dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa,

vista la sua precedente risoluzione del 20 settembre 2001 sulle mutilazioni genitali femminili (6),

vista la risoluzione 2003/28 della commissione «diritti dell'uomo» delle Nazioni Unite, del 22 aprile 2003, nella quale si proclama il 6 febbraio Giornata internazionale della «tolleranza zero» nei confronti delle mutilazioni genitali femminili,

visti gli articoli 2, 5, 6 e 19 del Protocollo aggiuntivo alla Carta africana dei diritti umani e dei popoli, conosciuto anche come «Protocollo di Maputo», del 2003, entrato in vigore il 25 novembre 2005,

vista la petizione 298/2007, presentata dall'onorevole Cristiana Muscardini il 27 marzo 2007,

vista la sua risoluzione del 16 gennaio 2008 su una strategia dell'Unione europea sui diritti dei minori (7),

visti gli articoli 6 e 7 del trattato UE sul rispetto dei diritti dell'uomo (principi generali) e gli articoli 12 e13 del trattato CE (non discriminazione),

visto l'articolo 45 del suo regolamento,

vista la relazione della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere (A6-0054/2009),

A.

considerando che, secondo i dati rilevati dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), dai 100 ai 140 milioni di donne e bambine nel mondo hanno subìto mutilazioni genitali e, ogni anno, in base alle cifre fornite dall'OMS e dal Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA), dai 2 ai 3 milioni di donne sono potenzialmente esposte al rischio di subire queste pratiche gravemente invalidanti,

B.

considerando che ogni anno circa 180 000 donne emigrate in Europa subiscono o rischiano di subire MGF,

C.

considerando che, secondo l'OMS, queste pratiche sono diffuse in almeno 28 paesi africani, in alcuni paesi asiatici e in Medio Oriente,

D.

considerando che la violenza contro le donne, comprese le MGF, ha origine da strutture sociali fondate sulla disuguaglianza fra i sessi e su rapporti di forza, dominio e controllo squilibrati, in cui la pressione sociale e familiare è alla base della violazione di un diritto fondamentale come il rispetto dell'integrità personale,

E.

considerando che le mutilazioni sessuali imposte alle bambine meritano una severa condanna e costituiscono una palese violazione delle normative internazionali e nazionali a tutela dei minori e dei loro diritti,

F.

considerando che l'OMS ha identificato quattro tipi di MGF, che vanno dalla clitoridectomia (ablazione parziale o totale del clitoride) all'escissione (ablazione del clitoride e delle piccole labbra), che rappresenta circa l'85 % delle MGF, fino alla forma più estrema, ovvero l'infibulazione (ablazione totale del clitoride e delle piccole labbra nonché della superficie interna delle grandi labbra e cucitura della vulva per lasciare soltanto una stretta apertura vaginale) e l'introcisione (punture, perforazioni o incisioni del clitoride o delle labbra),

G.

considerando che qualsiasi forma di MGF, di qualsiasi grado, costituisce un atto di violenza contro le donne che determina una violazione dei loro diritti fondamentali, in particolare il diritto all'integrità personale e fisica e alla salute mentale, come pure della salute sessuale e riproduttiva, e che tale violazione non può in nessun caso essere giustificata dal rispetto delle diverse tradizioni culturali o da cerimonie di iniziazione,

H.

considerando che in Europa sono circa 500 000 le donne che hanno subito MGF, pratica consueta soprattutto nelle famiglie di immigrati e rifugiati, e che a tale scopo le bambine sono persino rinviate nel loro paese d'origine,

I.

considerando che le MGF provocano gravissimi danni irreparabili, a breve e a lungo termine, alla salute fisica e mentale delle donne e delle bambine che le subiscono, in quanto costituiscono una grave aggressione all'integrità psicofisica, che può arrivare in alcuni casi a provocare la morte; considerando altresì che l'uso di strumenti rudimentali e l'assenza di precauzioni antisettiche comportano effetti collaterali dannosi, tanto che i rapporti sessuali e il parto possono risultare dolorosi, gli organi subiscono danni irreparabili e possono manifestarsi complicazioni come emorragie, stato di shock, infezioni, trasmissione del virus dell'AIDS, tetano, tumori benigni, nonché gravi complicazioni in caso di gravidanza e parto,

J.

considerando che le MGF, che rappresentano una violazione dei diritti delle donne e delle bambine sanciti da numerose convenzioni internazionali, sono vietate dal diritto penale degli Stati membri e violano i principi della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,

K.

considerando che la sua risoluzione del 16 gennaio 2008 sollecita gli Stati membri ad adottare disposizioni specifiche in materia di MGF, volte a perseguire chi compie tali pratiche sui minori,

L.

considerando che la Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne esige che gli Stati firmatari adottino le misure necessarie per modificare o abolire le leggi, le consuetudini e le pratiche esistenti che rappresentano una discriminazione contro le donne, e prendano tutti i provvedimenti atti a modificare i modelli di comportamento socio-culturali degli uomini e delle donne, allo scopo di giungere all'eliminazione dei pregiudizi e delle pratiche consuetudinarie o di ogni altro tipo basate sull'idea dell'inferiorità o della superiorità dell'uno o dell'altro sesso o sulla concezione stereotipata dei ruoli maschile e femminile,

M.

considerando che la Convenzione sui diritti del fanciullo, adottata nel 1989, stabilisce che gli Stati firmatari si impegnano a rispettare i diritti sanciti dalla Convenzione stessa e a garantirne il rispetto a favore di tutti i bambini che rientrano nella loro giurisdizione, senza alcuna distinzione e indipendentemente dal sesso, e si impegnano altresì ad adottare tutte le misure efficaci e opportune al fine di abolire le pratiche tradizionali che recano pregiudizio alla salute dei bambini,

N.

considerando che la Carta africana sui diritti e il benessere del fanciullo raccomanda agli Stati firmatari di eliminare pratiche sociali e culturali dannose per il benessere, la dignità, la normale crescita e il normale sviluppo del bambino,

O.

considerando che il paragrafo 18 della Dichiarazione e del Programma d'azione di Vienna, adottati nel giugno 1993, dichiara che i diritti umani delle donne e delle bambine sono una parte inalienabile, integrale e indivisibile dei diritti umani universali,

P.

considerando che l'articolo 2 della Dichiarazione delle Nazioni Unite del 1993 sull'eliminazione delle violenze nei confronti delle donne fa esplicito riferimento alle MGF e ad altre pratiche tradizionali recanti pregiudizio alle donne,

Q.

considerando che l'articolo 4 di tale Dichiarazione prevede che gli Stati sono tenuti a condannare la violenza nei confronti delle donne e a non invocare consuetudini, tradizioni o considerazioni religiose per sottrarsi all'obbligo di eliminarla,

R.

considerando che il Programma d'azione della Conferenza internazionale delle Nazioni Unite sulla popolazione e lo sviluppo, svoltasi al Cairo nel 1994, invita i governi ad abolire le MGF laddove esistono e a dare sostegno alle ONG e alle istituzioni religiose che lottano per eliminare tali pratiche,

S.

considerando che la Piattaforma d'azione approvata in occasione della quarta Conferenza delle Nazioni Unite a Pechino invita i governi a rafforzare le leggi, riformare le istituzioni e promuovere norme e pratiche volte ad eliminare la discriminazione contro le donne, rappresentata fra l'altro dalle MGF,

T.

considerando che l'Accordo di partenariato ACP-UE (Accordo di Cotonou) è fondato su principi universali simili e contiene disposizioni contro le MGF (articolo 9 sugli elementi essenziali dell'Accordo, e articoli 25 e 31 rispettivamente sullo sviluppo sociale e sulle questioni di genere),

U.

considerando che la relazione adottata il 3 maggio 2001 dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa chiede il divieto delle MGF e le considera un trattamento inumano e degradante ai sensi dell'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo; considerando inoltre che, in base alla relazione, la difesa delle culture e delle tradizioni deve trovare il proprio limite nel rispetto dei diritti fondamentali e nella proibizione di pratiche che si avvicinano alla tortura,

V.

considerando che, nel quadro di una politica europea comune su immigrazione e asilo, il Consiglio e la Commissione riconoscono che le MGF costituiscono una violazione dei diritti dell'uomo; considerando altresì che un numero crescente di domande di asilo da parte di genitori è giustificato dal fatto che essi possono essere minacciati, nel loro paese di origine, per aver rifiutato di acconsentire a che la loro figlia subisse una MGF,

W.

considerando che, purtroppo, riconoscere ai genitori lo status di richiedenti asilo non garantisce che la loro figlia non correrà il rischio di subire una MGF, un atto che, in alcuni casi, viene effettuato dopo che la famiglia si è stabilita nello Stato membro di accoglienza,

X.

considerando che in una dichiarazione del 5 febbraio 2008 i Commissari europei Ferrero-Waldner e Michel hanno denunciato chiaramente il carattere inaccettabile di queste pratiche sia nell'Unione europea sia nei paesi terzi, e hanno sottolineato che la violazione dei diritti delle donne non può in alcun caso essere giustificata in nome del relativismo culturale o delle tradizioni,

Y.

considerando che i centri e le istituzioni nazionali per i giovani e le famiglie possono offrire alle famiglie un aiuto tempestivo, in modo da agire preventivamente contro le MGF,

1.

condanna fermamente le MGF in quanto violazione dei diritti fondamentali dell'uomo e feroce attentato all'integrità psicofisica di donne e bambine, e le considera quindi un grave reato agli occhi della società;

2.

chiede alla Commissione e agli Stati membri di elaborare una strategia globale e piani d'azione volti a bandire le MGF nell'Unione europea e di predisporre a tal fine, mediante meccanismi giuridici, amministrativi, preventivi, educativi e sociali, in particolare la diffusione capillare di informazioni sui vigenti meccanismi di protezione a disposizione di gruppi vulnerabili, misure che consentano alle vittime reali e potenziali di ottenere una tutela efficace;

3.

insiste sulla necessità di esaminare, caso per caso, ogni domanda di asilo presentata da genitori a motivo del fatto che essi subiscono minacce nel loro paese di origine per aver rifiutato di acconsentire a che la loro figlia subisse una MGF e di assicurare che dette domande siano sostenute da un insieme di elementi che tengano conto della qualità della domanda, della personalità e della credibilità del richiedente asilo, nonché della validità dei motivi che sottendono tale domanda;

4.

insiste sul fatto che le donne e le bambine che hanno ottenuto l'asilo nell'Unione europea perché esposte alla minaccia di mutilazioni dovrebbero, in via preventiva, sottoporsi periodicamente a controlli da parte delle autorità sanitarie e/o di medici, al fine di proteggerle dal rischio che le MGF vengano effettuate in un secondo tempo nell'Unione europea; ritiene che tale misura non sarebbe in alcun modo discriminatoria nei confronti di tali donne e bambine, ma rappresenterebbe un modo per garantire la messa al bando nell'Unione europea delle MGF;

5.

chiede che tale strategia globale venga accompagnata da programmi educativi nonché dall'organizzazione di campagne di sensibilizzazione nazionali e internazionali;

6.

sostiene l'iniziativa promossa da Europol volta a coordinare un incontro tra le forze di polizia europee per intensificare la lotta alle MGF, affrontare le tematiche relative al basso tasso di denunce e alla difficoltà nel reperire prove e testimonianze nonché a perseguire in modo efficace i responsabili dei reati; invita a tal fine gli Stati membri ad esaminare possibili misure aggiuntive per la tutela delle vittime allorché si presentano;

7.

rileva che fra le misure previste per l'eliminazione di pratiche dannose quali le MGF dal già citato Protocollo di Maputo figurano: l'opera di sensibilizzazione nei confronti dell'opinione pubblica tramite l'informazione, l'istruzione formale e informale e le campagne di solidarietà, il divieto, tramite leggi e relative sanzioni, di qualsiasi forma di MGF, anche in caso di intervento da parte di personale medico, il sostegno alle vittime tramite i servizi sanitari, l'assistenza giuridica e il sostegno psicologico nonché la formazione professionale e la protezione delle donne che corrono il rischio di essere sottoposte a pratiche pregiudizievoli o ad ogni altra forma di violenza, abuso o intolleranza;

8.

chiede agli Stati membri di quantificare il numero di donne che hanno subìto MGF e di quelle che sono a rischio in ciascun paese europeo, tenendo presente che per molti paesi non ci sono ancora dati disponibili né una raccolta di dati armonizzata;

9.

invita a creare un «protocollo sanitario europeo» di monitoraggio e una banca dati sul fenomeno, utili a fini statistici e per interventi mirati d'informazione alle comunità immigrate coinvolte;

10.

invita gli Stati membri a raccogliere dati scientifici che potrebbero essere di supporto all'OMS per i suoi interventi di sostegno all'eliminazione delle MGF in Europa e in tutti gli altri continenti;

11.

invita la Commissione ad inserire, nei suoi negoziati e nei suoi accordi di cooperazione con i paesi interessati, una clausola per eradicare le MGF;

12.

caldeggia la creazione di una raccolta delle migliori pratiche a vari livelli e un'analisi del loro impatto (possibilmente attraverso i progetti finanziati e i risultati ottenuti nel quadro di DAPHNE III), nonché un'ampia diffusione di tali dati, ricorrendo altresì al patrimonio di esperienze pratiche e teoriche degli esperti;

13.

segnala che i centri e le istituzioni nazionali svolgono un ruolo essenziale nell'individuazione delle vittime e nell'adozione di misure precauzionali contro la pratica delle MGF;

14.

chiede di rafforzare le reti europee esistenti per la prevenzione delle pratiche tradizionali nocive, per esempio prevedendo corsi di formazione per le ONG, le associazioni non profit territoriali e gli operatori del settore, e di promuovere la creazione di tali reti;

15.

accoglie con favore gli importanti contributi forniti da numerose ONG nazionali e internazionali, da istituti di ricerca, dalla rete europea per la prevenzione delle MGF in Europa e dalle persone impegnate che, grazie ai finanziamenti erogati, fra l'altro, dalle agenzie delle Nazioni Unite e a titolo del programma DAPHNE, attuano numerosi progetti allo scopo di sensibilizzare nonché prevenire ed eliminare le MGF; è persuaso che la creazione di reti tra le ONG e le organizzazioni operanti a livello di comunità sul piano nazionale, regionale e internazionale è senza dubbio fondamentale per riuscire a sradicare tali pratiche e scambiarsi informazioni ed esperienze;

16.

segnala che l'articolo 10 della direttiva 2004/83/CE del Consiglio (8), recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta, specifica che gli aspetti di genere possono essere presi in considerazione, ma che questi di per sé non comportano l'applicazione dell'articolo 10;

17.

invita sia l'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali sia l'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere a svolgere un ruolo di guida, tramite i loro rispettivi piani di lavoro pluriennali e/o annuali nella lotta alle MGF; ritiene che queste agenzie possano intraprendere azioni prioritarie di ricerca e/o sensibilizzazione che potrebbero portare a una migliore conoscenza a livello europeo del fenomeno delle MGF;

18.

considera indispensabile che i paesi interessati si impegnino ad organizzare forum di dialogo, a riformare le norme giuridiche tradizionali, ad affrontare nelle scuole il tema delle MGF e ad incentivare la collaborazione con le donne non mutilate;

19.

sollecita l'Unione europea e gli Stati membri a collaborare, nell'interesse dei diritti umani, dell'integrità personale, della libertà di coscienza e del diritto alla salute, per armonizzare la legislazione esistente e, qualora essa non si dimostri adeguata, a proporre una legislazione specifica in materia;

20.

invita gli Stati membri ad attuare le disposizioni legislative in vigore in materia di MGF o ad inserirle fra le disposizioni legislative che sanzionano le lesioni personali gravissime, qualora tali pratiche siano messe in atto all'interno dell'Unione europea, e a favorire la prevenzione e la lotta al fenomeno attraverso la giusta conoscenza dello stesso da parte delle figure professionali coinvolte (tra cui gli operatori sociali, gli insegnanti, le forze di polizia e i professionisti del settore sanitario), affinché sappiano riconoscerne i casi, nonché ad adoperarsi per raggiungere il maggior grado di armonizzazione tra le leggi vigenti nei 27 Stati membri;

21.

invita gli Stati membri a imporre ai medici di base, ai medici e al personale sanitario operante negli ospedali l'obbligo di riferire alle autorità sanitarie e/o alle forze di polizia i casi di MGF;

22.

invita gli Stati membri ad adottare disposizioni legislative specifiche sulle MGF oppure, in base alla vigente legislazione, a perseguire penalmente chiunque metta in atto tali pratiche;

23.

invita l'Unione europea e gli Stati membri a perseguire, condannare e punire tali pratiche, applicando una strategia globale che tenga conto della dimensione normativa, sanitaria, sociale e di integrazione delle popolazioni immigrate; chiede, in particolare, di introdurre nelle pertinenti direttive sull'immigrazione la previsione di reato per chi commette mutilazioni genitali, nonché di prevedere adeguate sanzioni contro chi si rende colpevole di tale reato, se le pratiche in questione sono state compiute all'interno dell'Unione europea;

24.

chiede che vengano creati tavoli tecnici permanenti di armonizzazione e di raccordo tra gli Stati membri e tra gli Stati membri e le istituzioni africane; ritiene che la composizione di tali tavoli dovrebbe coinvolgere specialisti della tematica e rappresentanti delle maggiori organizzazioni femminili europee ed africane;

25.

esorta a respingere con convinzione la pratica della «puntura alternativa» ed ogni tipo di medicalizzazione, proposte come soluzione di mediazione tra la circoncisione del clitoride e il rispetto di tradizioni identitarie, poiché ciò significherebbe soltanto giustificare e accettare la pratica della MGF nel territorio dell'Unione europea; ribadisce l'assoluta e forte condanna delle MGF, in quanto non esiste alcuna ragione di carattere sociale, economico, etnico, sanitario o di altro tipo che possa giustificarle;

26.

chiede che le MGF siano eliminate attraverso politiche di sostegno e di integrazione a favore delle donne e dei nuclei familiari portatori di tradizioni che includono tali mutilazioni, affinché, nella fermezza delle leggi, nel rispetto dei diritti dell'uomo fondamentali e del diritto all'autodeterminazione sessuale femminile, le donne siano protette da qualsiasi forma di abuso e violenza;

27.

afferma che le motivazioni addotte da numerose comunità a favore del mantenimento di pratiche tradizionali dannose per la salute delle donne e delle bambine non hanno alcuna giustificazione;

28.

chiede agli Stati membri di:

considerare come reato qualsiasi forma di MGF, indipendentemente dal fatto che l'interessata abbia dato o meno il suo consenso, e di punire chiunque aiuti, inciti, consigli o dia sostegno a una altra persona nella realizzazione di uno qualsiasi di questi atti sul corpo di una donna o di una bambina,

perseguire, processare e punire qualsiasi residente che abbia commesso il reato di MGF, anche qualora tale reato sia stato commesso al di fuori delle loro frontiere (extraterritorialità del reato),

prendere misure legislative che diano ai giudici o ai pubblici ministeri la possibilità di adottare misure cautelari e preventive qualora vengano a conoscenza di casi di donne o bambine che corrono il rischio di essere mutilate;

29.

invita gli Stati membri ad attuare una strategia preventiva di azione sociale per proteggere le minorenni, senza stigmatizzare le comunità di immigrati, attraverso programmi pubblici e servizi sociali volti tanto a prevenire tali pratiche (tramite formazione, istruzione e sensibilizzazione delle comunità a rischio), quanto ad assistere le vittime che le hanno subite, offrendo sostegno psicologico e sanitario, ivi comprese, ove possibile, cure mediche gratuite per riparare i danni; li invita altresì a considerare che, secondo quanto previsto dalla normativa sulla protezione dell'infanzia, la minaccia o il rischio che una minorenne possa subire una MGF può giustificare l'intervento dell'autorità pubblica;

30.

invita gli Stati membri ad elaborare orientamenti per gli operatori sanitari, gli educatori e gli assistenti sociali, allo scopo di informare e istruire i padri e le madri, in modo rispettoso e se necessario con l'assistenza di interpreti, in merito agli enormi rischi che le MGF comportano e al fatto che tali pratiche sono un reato negli Stati membri e a collaborare e finanziare le attività delle reti e delle ONG che prestano la loro opera di educazione, sensibilizzazione e mediazione in merito alle MGF, in stretto contatto con le famiglie e le comunità;

31.

invita gli Stati membri a diffondere informazioni precise e comprensibili a una popolazione non alfabetizzata, in particolare attraverso i consolati degli Stati membri in occasione del rilascio dei visti; è del parere che i servizi di immigrazione siano tenuti a comunicare, al momento dell'arrivo nel paese di accoglienza, i motivi alla base del divieto di legge, affinché le famiglie comprendano che la proibizione dell'atto tradizionale non va assolutamente intesa come un'aggressione culturale, ma come una protezione giuridica nei confronti di donne e bambine; ritiene che le famiglie debbano essere informate delle conseguenze penali, fra cui sono anche previste pene detentive, qualora venga constatata la mutilazione;

32.

chiede di migliorare la posizione giuridica delle donne e delle bambine nei paesi in cui si pratica la MGF, onde rafforzare la fiducia nelle proprie capacità, l'iniziativa e la responsabilità individuale delle donne;

33.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.


(1)  GU C 166 del 3.7.1995, pag. 92.

(2)  GU C 115 del 14.4.1997, pag. 172.

(3)  GU C 219 del 30.7.1999, pag. 497.

(4)  GU C 59 del 23.2.2001, pag. 258.

(5)  GU C 67 del 1.3.2001, pag. 289.

(6)  GU C 77 E del 28.3.2002, pag. 126.

(7)  GU C 41 E del 19.2.2009, pag. 24.

(8)  GU L 304 del 30.9.2004, pag. 12.


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/59


Martedì 24 marzo 2009
Multilinguismo: una risorsa per l'Europa e un impegno comune

P6_TA(2009)0162

Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sul multilinguismo: una risorsa per l’Europa e un impegno comune (2008/2225(INI))

2010/C 117 E/10

Il Parlamento europeo,

visti gli articoli 149 e 151 del trattato CE,

visti gli articoli 21 e 22 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,

vista la Convenzione dell'UNESCO del 2003 per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale,

visti la comunicazione della Commissione del 18 settembre 2008 intitolata «Il multilinguismo: una risorsa per l’Europa e un impegno comune» (COM(2008)0566) e il documento di lavoro dei servizi della Commissione che la accompagna (SEC(2008)2443, SEC(2008)2444 e SEC(2008)2445),

vista la comunicazione della Commissione del 13 aprile 2007 dal titolo «Quadro per l'indagine europea sulle competenze linguistiche» (COM(2007)0184),

visti il documento di lavoro della Commissione del 15 novembre 2007 dal titolo «Relazione sull'attuazione del piano d'azione ’Promuovere l'apprendimento delle lingue e la diversità linguistica’» (COM(2007)0554) e il documento di lavoro della Commissione che lo accompagna (SEC(2007)1222),

vista la sua risoluzione del 10 aprile 2008 su un’agenda europea per la cultura in un mondo in via di globalizzazione (1),

vista la sua risoluzione del 15 novembre 2006 su una nuova strategia quadro per il multilinguismo (2),

vista la sua risoluzione del 27 aprile 2006 sulla promozione del multilinguismo e dell'apprendimento delle lingue nell'Unione europea: indicatore europeo di competenza linguistica (3),

vista la sua risoluzione del 4 settembre 2003 sulle raccomandazioni alla Commissione sulle lingue europee regionali e meno diffuse – le lingue delle minoranze nell'UE – in considerazione dell'allargamento e della pluralità culturale (4),

vista la decisione n. 1934/2000/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 luglio 2000, che istituisce l'Anno europeo delle lingue 2001 (5),

viste le conclusioni della presidenza del Consiglio europeo di Barcellona del 15 e 16 marzo 2002,

viste le conclusioni del Consiglio «Istruzione, gioventù e cultura» del 21 e 22 maggio 2008 e in particolare quelle relative al multilinguismo,

viste le conclusioni del 20 novembre 2008 del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, sulla promozione della diversità culturale e del dialogo interculturale nelle relazioni esterne dell'Unione e dei suoi Stati membri (6),

visti il parere del Comitato delle regioni sul multilinguismo, del 18 e 19 giugno 2008 (7), e il parere del Comitato economico e sociale europeo del 18 settembre 2008,

visto l’articolo 45 del suo Regolamento,

visti la relazione della commissione per la cultura e l’istruzione e il parere della commissione per l’occupazione e gli affari sociali (A6-0092/2009),

A.

considerando che la diversità linguistica e culturale ha un impatto significativo sulla vita quotidiana dei cittadini dell'Unione europea, in conseguenza della penetrazione mediatica, della crescente mobilità, delle migrazioni e dell'avanzare della globalizzazione,

B.

considerando che l'acquisizione di una gamma diversificata di competenze linguistiche è ritenuta cruciale per tutti i cittadini dell'Unione europea in quanto permette loro di trarre pieno vantaggio dai benefici economici, sociali e culturali derivanti dalla libera circolazione all'interno dell'Unione e nelle relazioni della stessa con paesi terzi,

C.

considerando la crescente importanza del multilinguismo sia nell'ambito delle relazioni tra gli Stati membri, sia in quello della convivenza all'interno delle nostre società multiculturali, sia in quello delle politiche comuni dell'Unione,

D.

considerando la necessità di valorizzare il multilinguismo attraverso strumenti riconosciuti come il Quadro comune europeo di riferimento per le lingue (CEFR) e altri,

E.

considerando che alcune lingue europee costituiscono un legame fondamentale nelle relazioni con i paesi terzi e tra popoli e nazioni delle più svariate regioni del mondo,

F.

considerando che gli articoli 21 e 22 della Carta dei diritti fondamentali riconoscono la diversità linguistica come un diritto dei cittadini e che il multilinguismo dovrebbe mirare anche a incoraggiare il rispetto per la diversità e la tolleranza, per prevenire l'insorgere di eventuali conflitti, attivi o passivi, tra le diverse comunità linguistiche all'interno degli Stati membri,

1.

si compiace della presentazione della comunicazione della Commissione sul multilinguismo e dell’attenzione riservata alla stessa dal Consiglio;

2.

riafferma le posizioni precedentemente assunte in relazione al multilinguismo e alla diversità culturale;

3.

ribadisce la necessità di riconoscere la parità tra le lingue ufficiali dell’Unione europea in tutti gli aspetti dell'attività pubblica;

4.

ritiene che la diversità linguistica dell'Europa costituisca una risorsa culturale di grande importanza e che sarebbe errato se l'Unione europea si limitasse a una sola lingua principale;

5.

considera fondamentale il ruolo delle istituzioni comunitarie nell’assicurare il rispetto del principio della parità linguistica, sia nelle relazioni tra gli Stati membri e all'interno delle stesse istituzioni dell'Unione europea, sia in quelle che i cittadini dell'Unione europea intrattengono con le amministrazioni nazionali e le istituzioni e gli organismi comunitari e internazionali;

6.

ricorda che la rilevanza del multilinguismo non si esaurisce negli aspetti economici e sociali e che va prestata attenzione anche alla creazione e alla trasmissione di contenuti culturali e scientifici e all'importanza della traduzione, sia letteraria che tecnica, nella vita dei cittadini e nello sviluppo dell'Unione europea a lungo termine; ricorda inoltre, non da ultimo, il ruolo svolto dalle lingue nella formazione e nel consolidamento dell'identità;

7.

sottolinea il carattere trasversale del multilinguismo che incide fortemente sulla vita dei cittadini europei; esorta pertanto gli Stati membri ad integrare il multilinguismo, oltre che nell'ambito dell'istruzione, anche nelle politiche in materia di apprendimento permanente, inclusione sociale, occupazione, mezzi di comunicazione e ricerca;

8.

considera cruciale l’istituzione di programmi specifici di sostegno alla traduzione e la costituzione di reti di banche dati terminologiche multilingue;

9.

ricorda che le tecnologie dell'informazione e della comunicazione devono essere utilizzate per promuovere il multilinguismo e mette pertanto l'accento sul ruolo e l'impiego di norme internazionali adeguate, quali ISO 10646 che consente la rappresentazione degli alfabeti di tutte le lingue, nei sistemi amministrativi e nei mezzi di comunicazione europei e degli Stati membri;

10.

propone di istituire una giornata europea del traduttore e dell'interprete o prendere in considerazione e valorizzare tali professioni nel quadro della giornata europea delle lingue che si celebra ogni anno il 26 settembre;

11.

afferma che è essenziale salvaguardare il multilinguismo nei paesi o nelle regioni in cui convivono due o più lingue ufficiali;

12.

mette in evidenza l'importanza di garantire, negli Stati membri ove coesistono lingue ufficiali diverse, la piena intelligibilità reciproca tra le varie lingue, in particolare negli ambiti di interesse per le persone anziane e nei settori della giustizia, della sanità, dell'amministrazione e dell'occupazione;

13.

incoraggia l'apprendimento di una seconda lingua dell'Unione europea da parte dei funzionari che nell'ambito delle loro attività professionali vengono a contatto con cittadini di altri Stati membri;

14.

ritiene necessario e appropriato creare opportunità di apprendimento delle lingue straniere in età adulta, attraverso programmi di formazione professionale e di apprendimento permanente finalizzati allo sviluppo personale e professionale;

15.

sottolinea l’importanza fondamentale di accordare particolare attenzione e sostegno a scuola agli alunni che non possono ricevere un’istruzione nella propria lingua madre e accoglie con grande favore la proposta della Commissione di promuovere «la lingua materna più altre due lingue» in ambito scolastico;

16.

deplora che la Commissione non abbia istituito ad oggi né un programma pluriennale sulla diversità linguistica e l'apprendimento delle lingue né un'agenzia europea per la diversità linguistica e l'apprendimento delle lingue, come invece invocato nella richiamata risoluzione adottata dal Parlamento a larga maggioranza in data 4 settembre 2003;

17.

ribadisce altresì l'importanza di un buon apprendimento delle lingue ufficiali dello Stato ospitante in vista della piena integrazione degli immigrati e delle loro famiglie e sottolinea la necessità che i governi nazionali promuovano efficacemente dei corsi speciali di lingue, in particolare per le donne e gli anziani; invita gli Stati membri ad agire in maniera responsabile nei confronti degli immigrati, mettendo a loro disposizione i mezzi necessari per apprendere la lingua e la cultura del paese ospitante allo stesso tempo permettendo loro e incoraggiandoli a mantenere la loro lingua;

18.

ricorda che, per tali ragioni, è fondamentale garantire, in tale prospettiva, un'istruzione di qualità, che includa una pertinente formazione degli insegnanti;

19.

ritiene doveroso valorizzare, nell'ambito dell'istruzione prescolare, l'apprendimento delle lingue, soprattutto della lingua nazionale del paese in cui il bambino frequenta la scuola;

20.

ritiene che i bambini, nel loro stesso interesse, dovrebbero essere in grado di parlare la lingua del paese in cui vivono affinché non divengano oggetto di discriminazioni negli anni dell'istruzione e della successiva formazione e siano in grado di partecipare a tutte le attività su base paritaria;

21.

propone agli Stati membri di esaminare la possibilità di effettuare scambi del personale docente a diversi livelli formativi, affinché le varie materie scolastiche possano essere insegnate in più lingue e ritiene che tale possibilità possa essere sfruttata, in particolare, nelle regioni di confine, migliorando di conseguenza la mobilità dei lavoratori e la conoscenza delle lingue da parte dei cittadini;

22.

considera di fondamentale importanza promuovere la mobilità e gli scambi tra insegnanti e studenti; sottolinea che il flusso di professori di lingue nell'Unione europea permetterà di garantire un contatto reale tra il maggior numero possibile di docenti e l’ambiente in cui vivono i nativi delle lingue dagli stessi insegnate;

23.

invita la Commissione e gli Stati membri a favorire la mobilità professionale degli insegnanti e la cooperazione tra scuole di diversi paesi volta alla realizzazione di progetti didattici tecnologicamente e culturalmente innovativi;

24.

promuove e sostiene l'introduzione su base non obbligatoria delle lingue madri minoritarie, locali e straniere nei programmi scolastici e/o nel quadro di attività extrascolastiche aperte a tutti;

25.

invita il Consiglio a produrre ogni anno una relazione sui progressi del multilinguismo nei sistemi educativi formali e non formali, nella formazione professionale e nella formazione degli adulti negli Stati membri, prestando attenzione al rapporto tra la prevalenza delle lingue nazionali, regionali e minoritarie e l'immigrazione;

26.

ribadisce il suo tradizionale impegno nel promuovere l'apprendimento linguistico, il multilinguismo e la diversità linguistica nell'Unione europea, anche con riferimento alle lingue regionali e minoritarie, che sono un patrimonio culturale da salvaguardare e coltivare; ritiene che il multilinguismo sia essenziale per una comunicazione efficace e rappresenti uno strumento per facilitare la comprensione tra le persone e di conseguenza l’accettazione delle differenze e delle minoranze;

27.

raccomanda agli Stati membri di includere nei programmi scolastici lo studio facoltativo di una terza lingua straniera a partire dal livello della scuola secondaria;

28.

sottolinea l'importanza dello studio delle lingue dei paesi vicini quale strumento di agevolazione delle comunicazioni, di miglioramento della comprensione reciproca all'interno dell'Unione europea, nonché di rafforzamento dell'Unione europea;

29.

raccomanda di sostenere l'apprendimento delle lingue dei paesi e delle regioni vicini, soprattutto nelle zone di frontiera;

30.

ribadisce l'importanza di promuovere e sostenere lo sviluppo di strategie e modelli pedagogici innovativi per l'insegnamento delle lingue, al fine di promuovere l'acquisizione delle competenze linguistiche e di sviluppare la sensibilizzazione e la motivazione dei cittadini;

31.

propone di istituire, ad ogni livello formativo e a prescindere dall'ambiente geografico, la presenza di insegnanti di lingue straniere qualificati;

32.

invita a consultare le federazioni e le associazioni europee degli insegnanti di lingue moderne in materia di programmi e metodologie da applicare;

33.

ribadisce l'importanza delle politiche di incentivo alla lettura e alla diffusione della creazione letteraria per il conseguimento degli obiettivi citati;

34.

accoglie con favore i progetti della Commissione relativi al lancio, attraverso i mezzi di comunicazione di massa e le nuove tecnologie, di campagne di informazione e sensibilizzazione sui vantaggi offerti dall'apprendimento delle lingue; esorta la Commissione a fare riferimento ai risultati delle consultazioni sull'apprendimento delle lingue da parte dei figli di migranti e l'insegnamento della lingua e della cultura del paese d'origine nel paese ospitante;

35.

raccomanda e sostiene il ricorso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione in quanto strumenti indispensabili per l’insegnamento delle lingue;

36.

ribadisce la priorità politica attribuita all'acquisizione delle competenze linguistiche attraverso l'apprendimento di altre lingue dell'Unione europea, una delle quali dovrebbe essere la lingua di un paese vicino e l'altra una «lingua franca» internazionale: ritiene che ciò fornirebbe ai cittadini competenze e qualifiche per poter partecipare alla società democratica, in termini di cittadinanza attiva, occupabilità e conoscenza di altre culture;

37.

suggerisce inoltre che sia garantito un livello sufficiente di multilinguismo nei media e nei contenuti messi a disposizione su Internet e, soprattutto, nella politica linguistica di siti e portali europei e legati all'Unione europea, dove il multilinguismo europeo deve essere pienamente rispettato, quanto meno per ciò che riguarda le 23 lingue ufficiali dell'Unione;

38.

rileva che l’utilizzo dei sottotitoli nei programmi televisivi faciliterà l’apprendimento e la pratica delle lingue dell’Unione europea e una migliore comprensione del background culturale delle produzioni audiovisive;

39.

invita l'Unione europea a trarre vantaggio dall'impiego delle lingue europee nelle sue relazioni esterne ed esorta altresì a sviluppare ulteriormente tale risorsa nell'ambito del dialogo culturale, economico e sociale con il resto del mondo al fine di rafforzare e valorizzare il ruolo dell’Unione europea sulla scena internazionale e di favorire i paesi terzi, nello spirito della politica di sviluppo promossa dall'Unione europea;

40.

propone che il Consiglio organizzi in collaborazione con la società civile una prima conferenza europea sulla diversità linguistica ai fini di una discussione approfondita in materia, nel quadro della raccomandazione del gruppo internazionale di esperti di lingue autoctone delle Nazioni Unite adottata nella relazione del Forum permanente sulle questioni indigene (relazione sulla settima sessione (E/2008/43));

41.

è convinto che nel contesto dell'apprendimento permanente vada offerto supporto sufficiente ad aiutare i cittadini di tutti i gruppi di età a sviluppare e migliorare le loro competenze linguistiche in modo continuativo, offrendo loro accesso a un insegnamento linguistico adatto o ad altri servizi che rendano più facili le comunicazioni, compreso l'insegnamento linguistico in età precoce, allo scopo di migliorarne l'inclusione sociale e le prospettive occupazionali e di benessere;

42.

invita la Commissione e gli Stati membri a promuovere misure che facilitino l'apprendimento linguistico dei soggetti che vivono in situazioni svantaggiate, degli appartenenti a minoranze etniche e dei migranti, per consentire a tali persone di imparare la lingua o le lingue del paese e/o della regione ospitante e quindi di integrarsi nella società combattendo l'esclusione sociale; sottolinea la necessità che i migranti possano utilizzare la loro lingua principale per sviluppare le loro competenze linguistiche; esorta gli Stati membri di conseguenza a incoraggiare l'uso della lingua principale di una persona oltre all'apprendimento della o delle lingue nazionali;

43.

ritiene opportuno promuovere maggiormente la proiezione internazionale delle lingue europee nel mondo, in considerazione del fatto che esse costituiscono un valore aggiunto del progetto europeo, in quanto svolgono un ruolo chiave nell'ambito dei legami linguistici, storici e culturali esistenti tra l'Unione europea e i paesi terzi e nello spirito della promozione dei valori democratici in tali paesi;

44.

è del parere che le imprese dell'Unione europea, e in particolare le PMI, debbano poter contare su un sostegno concreto a favore dell'apprendimento e dell'utilizzo delle lingue che faciliti loro l'accesso ai mercati internazionali, in particolare quelli emergenti;

45.

sottolinea il diritto dei consumatori di ricevere le informazioni relative ai prodotti commercializzati sul mercato del paese di residenza nella o nelle lingue ufficiali del luogo;

46.

richiama l'attenzione in particolare sui potenziali pericoli del divario comunicativo tra individui con culture diverse e la barriera sociale tra persone che parlano più lingue e persone che ne parlano una sola; richiama l'attenzione sul fatto che la carenza di competenze linguistiche continua a costituire un grave ostacolo all'integrazione sociale e sul mercato del lavoro dei lavoratori di altra nazionalità in molti Stati membri; esorta la Commissione e gli Stati membri pertanto ad adottare iniziative volte a ridurre il divario esistente tra i cittadini che parlano più lingue, i quali hanno più opportunità all'interno dell'Unione europea, e le persone che parlano una sola lingua cui invece molte opportunità sono precluse;

47.

ritiene opportuno fornire sostegno all'apprendimento delle lingue dei paesi terzi anche all'interno dell'Unione europea;

48.

chiede che gli indicatori di competenza linguistica includano, entro il più breve tempo possibile, tutte le lingue ufficiali dell'Unione europea, fatta salva la possibilità di estenderli ad altre lingue parlate nell'Unione europea;

49.

ritiene che la raccolta di dati dovrebbe includere test relativi a quattro aree di competenza linguistica, ovvero comprensione della lingua scritta, comprensione della lingua parlata, espressione scritta ed espressione orale;

50.

esorta la Commissione e gli Stati membri a intensificare gli sforzi tesi a promuovere una maggiore cooperazione tra Stati membri attraverso l'utilizzo del metodo di coordinamento aperto, onde facilitare lo scambio di esperienze e buone prassi nell'ambito del multilinguismo, tenendo conto anche degli effetti economici positivi registrati, ad esempio, in imprese che praticano il multilinguismo;

51.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.


(1)  Testi approvati, P6_TA(2008)0124.

(2)  GU C 314 E del 21.12.2006, pag. 207.

(3)  GU C 296 E del 6.12.2006, pag. 271.

(4)  GU C 76 E del 25.3.2004, pag. 374.

(5)  GU L 232 del 14.9.2000, pag. 1.

(6)  GU C 320 del 16.12.2008, pag. 10.

(7)  GU C 257 del 9.10.2008, pag. 30.


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/65


Martedì 24 marzo 2009
Libro verde sula coesione territoriale e stato della discussione sulla futura riforma della politica di coesione

P6_TA(2009)0163

Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sul Libro verde sulla coesione territoriale e lo stato della discussione sulla futura riforma della politica di coesione (2008/2174(INI))

2010/C 117 E/11

Il Parlamento europeo,

vista la quinta relazione intermedia della Commissione, del 19 giugno 2008, sulla coesione economica e sociale – Regioni in crescita, Europa in crescita (COM(2008)0371) («la quinta relazione intermedia»),

visto il Libro verde della Commissione, del 6 ottobre 2008, sulla coesione territoriale – Fare della diversità territoriale un punto di forza (COM(2008)0616) («il Libro verde»),

visto il documento di lavoro dei servizi della Commissione del 14 novembre 2008 dal titolo «Regioni 2020 - valutazione delle sfide future per le regioni dell'Unione europea» (SEC(2008)2868) («la relazione della Commissione sulle regioni nella prospettiva del 2020»),

visti l'articolo 158, l'articolo 159 e l'articolo 299, paragrafo 2, del trattato CE,

vista la quarta relazione della Commissione, del 30 maggio 2007, sulla coesione economica e sociale (COM(2007)0273),

viste l'Agenda territoriale dell'Unione europea - Verso un’Europa più competitiva e sostenibile composta da regioni diverse (Agenda territoriale), la Carta di Lipsia sulle città europee sostenibili (Carta di Lipsia) e il Primo programma d'azione per l'attuazione dell'Agenda territoriale,

viste le sue risoluzioni del 21 febbraio 2008, rispettivamente sulla quarta relazione sulla coesione economica e sociale (1) («la risoluzione sulla quarta relazione intermedia») e sul seguito dell'Agenda territoriale e della Carta di Lipsia – Verso un programma d'azione europeo per lo sviluppo spaziale e la coesione territoriale (2), e vista la sua risoluzione del 21 ottobre 2008 sulla governance e il partenariato (3),

visti la relazione dell'Osservatorio in rete dell'assetto del territorio europeo (ORATE), sul futuro del territorio e gli scenari territoriali per l'Europa (relazione ORATE), e lo studio a cura del Parlamento europeo sulle disparità regionali, la coesione e le possibili strategie per il futuro,

viste le conclusioni della conferenza sulla coesione territoriale e sul futuro della politica di coesione tenutasi a Parigi il 30 e 31 ottobre 2008,

vista la sua risoluzione del 28 settembre 2005 sul ruolo della coesione territoriale nello sviluppo regionale (4),

visto l'articolo 45 del suo regolamento,

vista la relazione della commissione per lo sviluppo regionale (A6-0083/2009),

A.

considerando che il trattato di Lisbona, il quale include la coesione territoriale fra gli obiettivi fondamentali dell'Unione europea accanto alla coesione economica e sociale, non è ancora stato ratificato da tutti gli Stati membri,

B.

considerando che il concetto di coesione territoriale è stato implicito nella politica di coesione sin dagli albori di tale politica ed è alla base del suo sviluppo; considerando altresì che il trattato di Lisbona e il Libro verde hanno reso tale concetto più esplicito ed evidente,

C.

considerando che la politica di coesione dell'Unione europea resta un pilastro fondamentale del processo di integrazione europea nonché una delle politiche dell'Unione di maggior successo poiché agevola la convergenza fra regioni sempre più diverse e promuove la crescita e l'occupazione; che la politica di coesione dell'Unione europea è l'espressione più visibile, tangibile e quantificabile della solidarietà ed equità europea e che la coesione territoriale si basa sugli stessi principi, in quanto parte integrante della politica di coesione dell'Unione europea,

D.

considerando che, malgrado gli importanti progressi realizzati nell'Unione europea in termini di convergenza, le più recenti relazioni sulla coesione denotano una tendenza all'acuirsi delle disparità fra le regioni dell'Unione europea, ad esempio sotto il profilo dell'accessibilità, soprattutto nelle regioni dell'Unione europea strutturalmente svantaggiate, ma anche a livello intraregionale e nei territori dell'Unione europea, il che potrebbe dar luogo a segregazione territoriale e allargare il divario tra i livelli di prosperità delle varie regioni dell'Unione europea,

E.

considerando che la politica di coesione dell'Unione europea è già riuscita in alcuni casi a creare importanti sinergie con altre politiche comunitarie allo scopo di accrescerne l'impatto sul territorio a vantaggio dei cittadini dell'Unione e che, ad esempio, le sinergie fra la politica di coesione e la ricerca e l'innovazione o la strategia di Lisbona, così come le sinergie a livello transfrontaliero, hanno prodotto risultati positivi tangibili che vanno confermati e ampliati,

Stato della discussione sul futuro della politica di coesione dell'Unione europea

1.

condivide le principali conclusioni della consultazione pubblica sul futuro della politica di coesione dell'Unione europea, espresse nella quinta relazione intermedia; si compiace del forte interesse per la discussione già dimostrato dai vari soggetti interessati dalla politica regionale, in particolare dagli enti locali e regionali;

2.

plaude al fatto che tali conclusioni corrispondono in larga misura alla posizione espressa nella sua risoluzione sulla quarta relazione intermedia; ricorda che detta risoluzione ha rappresentato il primo contributo del Parlamento al dibattito pubblico;

3.

osserva che le posizioni espresse nella succitata risoluzione sulla quarta relazione intermedia includono le raccomandazioni seguenti: in primo luogo, la necessità di respingere qualunque tentativo di ri-nazionalizzazione e l'impegno a favore di una politica dell'Unione europea unica, flessibile e in grado di adattarsi alla scala di intervento più appropriata che dovrebbe anche saper affrontare sfide comuni quali la globalizzazione, il cambiamento climatico e demografico (inclusi l'invecchiamento della popolazione, i fenomeni migratori e lo spopolamento), la povertà e l'approvvigionamento energetico; in secondo luogo, la ferma convinzione che la politica di coesione dell'Unione dovrebbe abbracciare tutte le regioni dell'Unione, comprese quelle con particolari caratteristiche geografiche, e creare un valore aggiunto per tutti; in terzo luogo, la necessità di fissare delle priorità per quanto riguarda la spesa a titolo delle azioni e delle politiche strutturali dell'Unione europea e l'approvazione, pur con riserve, di un sistema di preassegnazione delle risorse («earmarking»); in quarto luogo, la necessità di sinergie e di un approccio integrato fra le diverse politiche settoriali al fine di raggiungere risultati ottimali per la crescita e lo sviluppo sul territorio;

4.

ritiene che la coesione territoriale sia un elemento fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi perseguiti dalla politica di coesione dell'Unione europea in quanto rafforza sia la coesione economica che quella sociale; sottolinea che la coesione territoriale contribuisce efficacemente a colmare i divari di sviluppo esistenti non solo fra gli Stati membri e le regioni, ma anche al loro interno; ritiene pertanto che la futura riforma della politica regionale dell'Unione europea debba integrare le conclusioni della discussione sul Libro verde;

Valutazione del Libro verde sulla coesione territoriale

5.

si compiace del fatto che la Commissione abbia adottato il Libro verde, in risposta a una richiesta di vecchia data del Parlamento, e approva senza riserve la decisione di procedere comunque all'analisi della «coesione territoriale», da tempo in primo piano nel quadro di qualunque dibattito sulla politica regionale, anche se il trattato di Lisbona non è ancora stato ratificato;

6.

ritiene tuttavia che il Libro verde manchi di ambizione, in quanto omette di proporre una definizione chiara di coesione territoriale o di indicare obiettivi al riguardo e non aumenta in misura significativa la comprensione di questo nuovo concetto, di modo che esso possa contribuire efficacemente ad attenuare le disparità socio-economiche fra le regioni; rileva inoltre con rammarico che il Libro verde non spiega in che modo la coesione territoriale sarà integrata nel quadro esistente della politica di coesione o attraverso quali strumenti metodologici o quali risorse cesserà di essere un quadro di principi per trasformarsi in un meccanismo operativo da applicare sul campo nel corso del prossimo periodo di programmazione;

7.

accoglie con favore l'analisi contenuta nel Libro verde, che definisce tre concetti chiave che dovrebbero costituire la base dello sviluppo della coesione territoriale: concentrazione, collegamento e cooperazione; ritiene che tali concetti possano contribuire al superamento di alcuni ostacoli di fondo che si frappongono allo sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile dell'Unione europea, quali gli effetti negativi connessi alla concentrazione delle attività economiche, in particolare in alcune capitali nazionali e regionali, le disparità nelle condizioni d'accesso a mercati e servizi dovute alla distanza o alla concentrazione, la mancanza di infrastrutture e le divisioni imposte dai confini non solo fra gli Stati membri, ma anche fra le regioni;

8.

ritiene che il Libro verde non tenga debitamente conto degli impegni formulati nell'Agenda territoriale e nella Carta di Lipsia, che conferiscono alla coesione territoriale una prospettiva strategica ed operativa, in particolare per quanto riguarda il principio del policentrismo o il nuovo partenariato tra aree urbane e zone rurali; ritiene che tali obiettivi debbano occupare una posizione centrale nel dibattito sulla coesione territoriale;

9.

accoglie con favore l'avvio della consultazione pubblica sulla coesione territoriale, come richiesto dal Libro verde; ritiene che il successo di qualunque consultazione pubblica sia direttamente collegato a una partecipazione quanto più ampia possibile delle diverse parti coinvolte e della società civile; chiede alle autorità competenti a livello locale, regionale e nazionale di diffondere senza indugio le informazioni pertinenti al fine di accrescere la consapevolezza dell'importanza di questo nuovo concetto;

10.

reputa che il coordinamento di tutte le politiche settoriali dell'Unione europea con un forte impatto territoriale sia essenziale ai fini dello sviluppo della coesione territoriale e del rafforzamento della coesione economica e sociale; constata pertanto con rammarico che nel Libro verde l'analisi si esaurisca in un'elencazione di tali politiche dell'Unione europea, senza avanzare proposte su come migliorarne le sinergie e neppure indicare metodi mediante i quali misurare l'impatto territoriale delle politiche in parola;

11.

condivide la scelta di non includere nel Libro verde o nella discussione pubblica alcun riferimento a eventuali implicazioni finanziarie e di bilancio della coesione territoriale; ritiene che tale analisi potrebbe risultare prematura fintanto che il concetto stesso non sarà stato definito con chiarezza e compreso pienamente da tutte le parti interessate; reputa tuttavia che qualsiasi dibattito su tale tema sia inseparabile dal processo globale di negoziazione e pianificazione della futura politica di coesione dell'Unione europea; chiede che l'esito di tale dibattito funga da base per il prossimo quadro finanziario;

12.

ritiene che l'esistenza di una politica regionale europea forte e dotata di idonei mezzi finanziari sia una condizione indispensabile per affrontare i futuri allargamenti e per conseguire la coesione sociale, economica e territoriale in un'Unione europea allargata;

Analisi del concetto di coesione territoriale

13.

approva la posizione del Libro verde, secondo cui la coesione territoriale consiste, sulla base del principio delle pari opportunità, nel garantire lo sviluppo policentrico dell'Unione europea nel suo complesso nonché lo sviluppo equilibrato e sostenibile di territori con caratteristiche e peculiarità differenti, salvaguardando nel contempo la loro diversità; condivide altresì l'idea che la coesione territoriale dovrebbe garantire che i cittadini possano sfruttare appieno e sviluppare le risorse e il potenziale delle proprie regioni; sottolinea il fatto che la coesione territoriale è un concetto orizzontale alla base dello sviluppo dell'Unione europea; è fermamente convinto del fatto che la coesione territoriale dovrebbe contribuire in modo efficace a colmare il divario tra le regioni dell'Unione e al loro interno, prevenendo in questo modo la prospettiva di asimmetrie; afferma che la coesione territoriale possiede sia una dimensione terrestre che una dimensione marittima;

14.

ritiene che la coesione territoriale sia un concetto autonomo, che fornisce un concreto valore aggiunto alla coesione economica e sociale e che dà una risposta alle sfide crescenti cui sono confrontate le regioni dell'Unione europea; sottolinea che le tre componenti della coesione (economica, sociale e territoriale) dovrebbero essere complementari e rafforzarsi a vicenda, mantenendo tuttavia obiettivi distinti all'interno di un unico concetto integrato; crede pertanto che non debbano esistere né rapporti gerarchici né compromessi fra tali componenti; sottolinea la necessità di integrare la coesione territoriale nel quadro attuale senza determinare una frammentazione settoriale della politica di coesione dell'Unione europea;

15.

accoglie con favore le conclusioni della relazione ORATE sui futuri scenari di sviluppo del territorio europeo di qui al 2030, da cui emergono dati concreti a sostegno della discussione politica sulla configurazione delle politiche nazionali e comunitarie, al fine di creare gli strumenti più opportuni per fronteggiare i nuovi problemi aventi un elevato impatto locale o regionale, come l'evoluzione demografica, la concentrazione urbana, i movimenti migratori e il cambiamento climatico, e sviluppare condizioni ottimali per garantire ai cittadini una buona qualità della vita;

16.

sottolinea che uno degli obiettivi principali della coesione territoriale consiste nel garantire che il progresso e la crescita di un determinato territorio generino benefici per l'intera regione e per tutto il territorio dell'Unione europea; reputa, a tale proposito, che i centri di eccellenza e i poli di ricerca e innovazione possano rappresentare una soluzione per assicurare il successo economico, la realizzazione di scoperte scientifiche, l'innovazione tecnologica, l'occupazione e lo sviluppo regionale e sollecita una maggiore interazione e un più intenso trasferimento di conoscenze fra tali centri, le università, le organizzazioni rappresentative delle imprese e le imprese stesse, anche le più piccole; invita la Commissione a presentare una valutazione dell'impatto dei cluster e dei centri di eccellenza sulle aree circostanti;

17.

sottolinea che la nozione di coesione territoriale abbraccia anche la coesione intra-territoriale e propone di dare priorità a politiche che promuovano un vero sviluppo territoriale policentrico, in modo da allentare la pressione sulle capitali e stimolare l'emergere di poli secondari; osserva che questo dovrebbe anche essere un modo per controbilanciare gli effetti negativi che la concentrazione produce sulle città quali la congestione, l'inquinamento, l'esclusione sociale e la povertà o la conseguente urbanizzazione incontrollata, che incide sulla qualità della vita degli abitanti; ritiene che a tale riguardo non si debbano trascurare il sostegno alle aree rurali e l'importante ruolo svolto dalle città di piccole e medie dimensioni situate nelle zone rurali;

18.

sottolinea il contributo fondamentale del mercato interno alla coesione economica, sociale e territoriale; pone l'accento sull'importanza dei servizi pubblici in rapporto allo sviluppo economico e sociale sostenibile nonché sulla necessità di un accesso equo, a livello sociale e regionale, ai servizi di interesse generale, e in particolare all'istruzione e alla sanità; sottolinea al riguardo che, ai fini di un «accesso equo», non è rilevante solo la distanza geografica, ma rivestono importanza cruciale anche la disponibilità e l'accessibilità dei servizi in questione; ritiene che, alla luce del principio di sussidiarietà e del diritto comunitario in materia di concorrenza, la responsabilità di definire, organizzare, finanziare e monitorare i servizi di interesse generale dovrebbe competere alle autorità locali, regionali e nazionali; reputa tuttavia che la discussione sulla coesione territoriale debba includere una riflessione sull'equo accesso ai servizi da parte dei cittadini;

19.

constata che il Libro verde riconosce le grandi sfide in termini di sviluppo cui sono confrontate tre tipologie particolari di regioni con caratteristiche geografiche specifiche, ossia le regioni montuose, insulari e scarsamente popolate; non intende sminuire l'importante ruolo che la coesione territoriale può svolgere per la soluzione dei loro problemi, ma reputa che essa non debba rivolgersi esclusivamente alle regioni caratterizzate da handicap geografici; ritiene peraltro che sia necessario esaminare con attenzione particolare come compensare gli handicap di tali regioni e permettere loro di trasformare il potenziale regionale in risorse ed opportunità effettive e stimolare quello sviluppo che è di importanza vitale anche per l'Unione europea nel suo complesso;

20.

rileva che anche altre regioni sono confrontate a problemi politici specifici in termini di sviluppo economico e sociale, accessibilità e competitività, problemi che toccano le regioni ultraperiferiche di cui all'articolo 299, paragrafo 2 del trattato CE, le regioni di confine, le regioni periferiche, le regioni costiere e quelle che subiscono il fenomeno dello spopolamento; ritiene, in particolare, che l'elemento specifico della lontananza debba essere riconosciuto quale caratteristica geografica peculiare e sollecita un'attenzione politica particolare nei confronti delle regioni in questione; rileva i problemi specifici che i piccoli Stati membri insulari, ossia Cipro e Malta, incontrano nel loro sviluppo;

21.

ritiene che la coesione territoriale non debba limitarsi agli effetti della politica regionale dell'Unione europea sul territorio europeo, ma dovrebbe concentrarsi anche sulla dimensione territoriale di altre politiche comunitarie settoriali con un forte impatto territoriale; sottolinea l'importanza, nel contesto della coesione territoriale, del miglioramento delle sinergie fra le diverse politiche dell'Unione europea al fine di coordinarne e massimizzarne l'impatto sul territorio; osserva tuttavia che tutte le politiche dell'Unione europea manterranno sempre la propria autonomia e che tale processo non implica una gerarchia fra le varie politiche;

Raccomandazioni per il futuro della coesione territoriale

22.

si aspetta che dalla consultazione pubblica emerga una definizione chiara e sufficientemente flessibile della nozione di coesione territoriale, che sarà concordata, condivisa e compresa da tutte le parti interessate sul campo e porterà chiarezza e trasparenza riguardo a tale concetto; prende atto, a tale proposito, della proposta di definizione presentata dalla Presidenza francese del Consiglio; reputa tuttavia che la coesione territoriale debba obbedire al principio di sussidiarietà in tutti i settori; ritiene inoltre che, per definire e comprendere meglio la coesione territoriale, sia necessario stabilire definizioni comuni di concetti quali «territorio», «zona rurale» e «zona montana»;

23.

ritiene che la futura definizione di coesione territoriale dovrebbe incentrarsi su un certo numero di elementi, fra cui il concetto che la coesione territoriale va al di là della coesione economica e sociale e che il suo carattere orizzontale e il suo approccio integrato stimolano un'azione che abbraccia più territori e travalica i confini; reputa che l'obiettivo della coesione territoriale sia quello di ridurre le disparità tra gli Stati membri e le regioni e che essa debba garantire lo sviluppo armonioso e sostenibile di aree geografiche con differenti caratteristiche e specificità analizzando in che modo debbano essere strutturate la politica di coesione dell'Unione europea e le altre politiche settoriali per rispondere al meglio alla situazione locale; sottolinea che qualsiasi futura definizione dovrebbe anche chiarire che la coesione territoriale deve concentrarsi principalmente sulla buona governance, anche per quanto riguarda i partenariati tra pubblico e privato e con i soggetti della società civile, offrendo ai cittadini dell'Unione opportunità eque in termini di condizioni di vita e di qualità di vita;

24.

esorta fortemente la Commissione a procedere alla pubblicazione di un Libro bianco sulla coesione territoriale al termine del processo di consultazione; ritiene che tale Libro bianco possa essere determinante ai fini di una definizione chiara e del consolidamento del concetto di coesione territoriale e del suo valore aggiunto per la politica di coesione, nonché dovrebbe proporre misure politiche e provvedimenti concreti per contribuire a risolvere i crescenti problemi che le regioni dell'Unione europea si trovano ad affrontare, integrando successivamente tali misure e provvedimenti nel pacchetto legislativo sui Fondi strutturali per il periodo successivo al 2013 e nel relativo quadro finanziario; ritiene che nel Libro bianco sia opportuno includere anche una dichiarazione introduttiva sulle possibili implicazioni finanziarie e di bilancio della coesione territoriale;

25.

accoglie con favore la pubblicazione del documento della Commissione sulle regioni nella prospettiva del 2020 e invita la Commissione a integrare nel suo Libro bianco sulla coesione territoriale i risultati emersi e le analisi contenute in tale documento di lavoro, in particolare per quanto concerne la descrizione della coesione economica, sociale e territoriale;

26.

ritiene che i tre concetti di concentrazione, collegamento e cooperazione, sui quali si basa l'analisi della coesione territoriale del Libro verde, debbano essere ulteriormente sviluppati e tradotti in opzioni politiche concrete; sollecita la Commissione a spiegare in che modo tali concetti saranno integrati nel quadro legislativo per il periodo successivo al 2013;

27.

chiede un significativo rafforzamento dell'obiettivo di cooperazione territoriale europea per il prossimo periodo di programmazione; è convinto del valore aggiunto di tale obiettivo per l'Unione europea, non da ultimo in considerazione della partecipazione diretta delle autorità regionali e locali alla pianificazione e all'attuazione dei pertinenti programmi di cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale; ritiene tuttavia che ciò non dovrebbe avvenire a scapito degli altri due obiettivi; sottolinea inoltre, a tale fine, l'importanza dello sviluppo integrato dei bacini marittimi così come della dimensione transfrontaliera e dei pertinenti programmi operativi della politica europea di vicinato, il che riveste particolare rilevanza nella prospettiva di futuri allargamenti dell'Unione europea;

28.

ritiene che la coesione territoriale debba svilupparsi come concetto orizzontale e costituire la base di tutte le azioni e le politiche dell'Unione europea; crede che l'evoluzione dei principi dello sviluppo sostenibile e della protezione ambientale debba fungere da esempio per integrare la coesione territoriale nello sviluppo futuro di tutte le politiche comunitarie pertinenti, dal momento che l'elemento della coesione territoriale deve essere presente in tutte le politiche attinenti alla coesione; ritiene tuttavia che questa dimensione orizzontale della coesione territoriale non debba ridursi a un quadro generico ed astratto di valori; invita l'Unione europea a prendere tutte le misure necessarie per tradurre la coesione territoriale in proposte legislative e strategiche;

29.

rammenta l'importanza del mainstreaming della prospettiva di genere, delle pari opportunità e delle speciali esigenze delle persone disabili e dei cittadini anziani in tutte le fasi dell'attuazione e valutazione della politica di coesione dell'Unione europea;

30.

sottolinea la necessità di elaborare ulteriori indicatori di qualità, nel contesto della coesione territoriale, allo scopo di migliorare la progettazione e attuazione delle politiche corrispondenti sul territorio, tenendo conto delle diverse caratteristiche territoriali; invita pertanto la Commissione a realizzare senza indugio gli studi del caso e a vagliare la possibilità di definire nuovi indicatori affidabili, esaminando come incorporarli nel sistema di valutazione delle disparità regionali;

31.

nota che il PIL è stato l'unico criterio per determinare l'ammissibilità delle regioni dell'obiettivo 1 (Convergenza), mentre è già stato possibile utilizzare altri indicatori per le regioni ammissibili ai sensi dell'obiettivo Competitività regionale e occupazione; manifesta preoccupazione per il fatto che l'innegabile aumento della convergenza fra i paesi spesso maschera crescenti disparità fra le regioni e al loro interno, per cui insiste sulla necessità di un'analisi approfondita della validità del PIL quale principale criterio di ammissibilità per ottenere aiuti a titolo dei Fondi strutturali;

32.

ritiene che il problema delle disparità intraregionali nell'ambito delle regioni NUTS II possa essere meglio osservato a livello NUTS III; invita pertanto la Commissione a esaminare in che misura sia possibile ovviare in futuro al problema delle disparità interne delle regioni NUTS II definendo le zone ammissibili al livello NUTS III; sottolinea che, nel contesto della coesione territoriale, è importante che gli Stati membri stabiliscano in sede di concezione e attuazione dei programmi a titolo dei Fondi strutturali quali siano le unità territoriali corrispondenti al livello di intervento appropriato; raccomanda dunque a tale fine che, all'inizio di ogni periodo di programmazione, si proceda a un'analisi spaziale dell'intero territorio dell'Unione europea;

33.

ritiene che, per poter meglio coordinare l'impatto territoriale delle politiche settoriali dell'Unione europea, sia necessario migliorare la comprensione e la misurazione di tale impatto; sollecita pertanto la Commissione a procedere a una valutazione dell'impatto territoriale delle suddette politiche e ad estendere agli aspetti territoriali gli attuali meccanismi di valutazione di impatto, ad esempio la valutazione ambientale strategica; invita altresì la Commissione a proporre modalità concrete per creare sinergie fra tali politiche territoriali e settoriali e ad effettuare una valutazione del contributo delle strategie di Lisbona-Göteborg alla coesione territoriale;

34.

rinnova una sua vecchia richiesta, concernente la messa a punto di una strategia comunitaria globale per le regioni con caratteristiche geografiche specifiche, che consenta loro di affrontare in modo più efficace i problemi e le sfide cui sono confrontate; ritiene che una strategia di portata comunitaria debba porre l'accento sulla dimensione territoriale della politica di coesione ed occuparsi di come adeguare le politiche dell'Unione europea alle risorse e alle esigenze specifiche di tali territori; sottolinea che l'applicazione di una siffatta strategia è uno dei presupposti essenziali dello sviluppo economico e sociale dei territori in questione; ritiene che la definizione di nuovi indicatori ai fini di una migliore descrizione della situazione e dei problemi sul terreno sia estremamente importante per applicare con successo una strategia dell'Unione europea in questo ambito;

35.

sottolinea tuttavia che l'elaborazione di ulteriori indicatori e lo svolgimento di valutazioni territoriali non dovrebbero comportare un incremento della burocrazia o maggiori ritardi nell'attuazione delle nuove politiche e azioni a sostegno della coesione territoriale e ribadisce la necessità di risultati diretti che siano il frutto dell'integrazione della coesione territoriale nel prossimo pacchetto di programmi dei Fondi strutturali;

36.

rammenta il ruolo fondamentale svolto dalle piccole imprese e medie imprese (PMI), dalle microimprese e dalle imprese artigiane per la coesione economica, sociale e territoriale e richiama l'attenzione sulla loro importanza ai fini dell'aumento della competitività e dell'occupazione nelle regioni interessate; invita pertanto la Commissione ad analizzare in modo specifico l'impatto e l'efficacia dei Fondi strutturali e delle politiche europee a favore delle PMI nelle regioni, come pure le difficoltà amministrative e finanziarie incontrate da queste imprese;

37.

invita altresì la Commissione, gli Stati membri e le regioni a perseguire una politica attiva di sostegno all'innovazione e alla competitività delle imprese e tale da consentire una mutua cooperazione fra le industrie, il settore pubblico, le scuole e le università, nonché a garantire che le organizzazioni che rappresentano le PMI possano partecipare direttamente alla definizione delle politiche territoriali;

38.

sollecita gli Stati membri a intensificare i propri sforzi per il conseguimento degli obiettivi della rubrica 4 del Primo programma d'azione per l'attuazione dell'Agenda territoriale dell'Unione europea, creando conoscenze sulla coesione territoriale e sulla pianificazione spaziale sostenibile, elaborando prospettive e realizzando analisi d'impatto, e riconosce il ruolo centrale dell'ORATE in tale processo;

39.

osserva che il cambiamento climatico avrà ripercussioni significative per la coesione territoriale; chiede che la Commissione analizzi le conseguenze negative del cambiamento climatico nelle varie regioni, dal momento che l'impatto previsto nell'Unione europea non dovrebbe essere uniforme; ritiene che la coesione territoriale debba tener conto degli obiettivi in materia di cambiamento climatico e stimolare nel territorio dell'Unione europea modelli di sviluppo sostenibili; riconosce tuttavia che il cambiamento climatico dovrebbe essere affrontato anche, in larga misura, nell'ambito delle altre politiche dell'Unione europea;

40.

nota con grande interesse che la quinta relazione intermedia contiene per la prima volta un esplicito riferimento alle «regioni in transizione», collocate fra le «regioni dell'obiettivo convergenza» e le «regioni dell'obiettivo competitività e occupazione»; riconosce la necessità di considerare separatamente tali territori, attualmente ripartiti fra i due obiettivi come regioni «phasing in» e «phasing out»; chiede alla Commissione, nel contesto della coesione territoriale, di istituire un sistema più esauriente di assistenza graduale transitoria alle regioni che presto supereranno la soglia del 75 % del PIL dell'Unione europea, onde fornire a tali regioni uno status più chiaro e maggiore sicurezza nel loro sviluppo; ritiene che sia necessario istituire un meccanismo di transizione anche per gli Stati membri che escono dall'ambito d'applicazione del Fondo di coesione;

41.

ritiene che un approccio integrato avrà maggiori probabilità di successo se le autorità locali e regionali, nonché le parti interessate, tra cui le parti economiche e sociali e le altre parti ai sensi dell'articolo 11 del regolamento (CE) del Consiglio n. 1083/2006, dell'11 luglio 2006, recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione (5), che possono fornire una visione comprensiva e un'analisi dei bisogni e delle caratteristiche specifiche di un determinato territorio, saranno coinvolte fin dall'inizio nella definizione e nell'attuazione delle strategie di sviluppo di ciascun territorio; invita la Commissione a elaborare orientamenti per aiutare gli Stati membri e le autorità regionali e locali ad attuare tale approccio integrato nel modo più efficiente e a istituire partenariati efficaci per la messa a punto delle strategie future per i territori in questione;

42.

riconosce che la coesione territoriale dovrebbe portare a un miglioramento della governance della politica di coesione; condivide la posizione in base alla quale occorrono parametri territoriali diversi per problemi differenti e che pertanto l'istituzione di veri partenariati fra tutti i soggetti coinvolti nello sviluppo locale e regionale, a livello di Unione europea, nazionale, regionale e locale, rappresenta un prerequisito del processo di pianificazione della coesione territoriale; invita pertanto la Commissione e gli Stati membri a compiere tutti gli sforzi possibili per lo sviluppo di tale governance territoriale multi-livello; ritiene che la coesione territoriale dovrebbe concentrarsi sull'individuazione del livello territoriale adeguato per affrontare ogni politica o provvedimento in un modo quanto più vicino possibile ai cittadini;

43.

sottolinea che le politiche europee, e più in particolare la politica di coesione dell'Unione europea, hanno trasformato la governance da un sistema spesso centralizzato in un sistema integrato e a più livelli; invita le parti interessate, le autorità pubbliche e i cittadini a dar forma a una governance territoriale basata su un approccio integrato multisettoriale, territoriale e ascendente, così da rispondere in modo coerente ed efficace a una stessa esigenza dei propri cittadini o utenti su un territorio corrispondente a tale esigenza; rammenta al riguardo le proficue esperienze di iniziative dell'Unione europea come Urban I e Urban II per le aree urbane e LEADER per le aree rurali;

44.

rammenta che i problemi nell'attuazione della politica strutturale sono in parte dovuti all'eccessiva rigidità e complessità delle procedure e che occorre pertanto considerare la possibilità di una loro semplificazione e di una chiara divisione delle competenze fra l'Unione europea, gli Stati membri e gli enti regionali e locali; ritiene che la governance territoriale dipenderà fortemente dalla definizione di tali regole chiare; rinnova l'invito rivolto alla Commissione affinché essa presenti senza indugi un pacchetto di proposte concrete al riguardo;

45.

raccomanda che, alla luce della crescente importanza che la coesione territoriale ha acquisito nel contesto non soltanto della politica regionale ma anche di altre politiche settoriali dell'Unione europea, le strutture informali che hanno per lungo tempo disciplinato la coesione e la pianificazione territoriale in seno al Consiglio siano sostituite da riunioni ministeriali formali cui partecipino i ministri responsabili della politica regionale nell'Unione europea; ritiene che questo sviluppo istituzionale in seno al Consiglio possa assicurare un miglior flusso di informazioni e la rapida evoluzione della politica di coesione territoriale;

46.

sollecita gli Stati membri ad avviare una riflessione su come meglio consolidare e applicare la nozione di coesione territoriale nei programmi e nelle politiche nazionali; ritiene, in tale contesto, che i principi di base dello sviluppo policentrico e delle partnership tra aree urbane e zone rurali, unitamente alla piena attuazione della rete Natura 2000, dovrebbero già essere parte integrante della loro pianificazione regionale;

*

* *

47.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.


(1)  Testi approvati, P6_TA(2008)0068.

(2)  Testi approvati, P6_TA(2008)0069.

(3)  Testi approvati, P6_TA(2008)0492.

(4)  GU C 227 E del 21.9.2006, pag. 509.

(5)  GU L 210 del 31.7.2006, pag. 25.


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/73


Martedì 24 marzo 2009
Dimensione urbana della politica di coesione

P6_TA(2009)0164

Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulla dimensione urbana della politica di coesione nel nuovo periodo di programmazione (2008/2130(INI))

2010/C 117 E/12

Il Parlamento europeo,

visti gli articoli 158 e 159 del trattato CE,

visto il primo programma d’azione per l’attuazione dell’agenda territoriale dell’Unione europea («Primo programma d’azione»), adottato al consiglio informale dei ministri responsabili per la pianificazione territoriale e lo sviluppo, tenutosi a Ponta Delgada (Azzorre) il 23 e 24 novembre 2007,

vista l’Agenda territoriale dell’Unione Europea - Verso un’Europa più competitiva e sostenibile composta da regioni diverse (Agenda territoriale) e la carta di Lipsia sulle città europee sostenibili (Carta di Lipsia), entrambe adottate al Consiglio informale dei ministri responsabili per la pianificazione territoriale e lo sviluppo urbano, tenutosi a Lipsia il 24 e 25 maggio 2007,

visto l’accordo di Bristol, adottato al Consiglio informale dei ministri sulle comunità sostenibili, tenutosi a Bristol il 6 e 7 dicembre 2005,

visto l’«acquis urbano» adottato al Consiglio informale dei ministri responsabili per la coesione territoriale, tenutosi a Rotterdam il 29 novembre 2004,

vista la nuova Carta di Atene del 2003, proclamata a Lisbona il 20 novembre 2003 in occasione del Consiglio europeo degli urbanisti e la sua visione del futuro delle città europee,

visto il programma d’azione di Lille, adottato al Consiglio informale dei ministri responsabili per l’urbanismo, tenutosi a Lille il 3 novembre 2000,

visto lo schema di sviluppo dello spazio europeo (SSSE), adottato al Consiglio informale dei ministri responsabili per la pianificazione territoriale, tenutosi a Potsdam l’11 maggio 1999,

vista la Carta delle città europee verso la sostenibilità, approvata alla Conferenza europea sulle città sostenibili, tenutasi ad Aalborg, in Danimarca, il 27 maggio 1994,

vista la comunicazione della Commissione, del 6 ottobre 2008, dal titolo «il Libro verde sulla coesione territoriale: trasformare la diversità territoriale in un punto di forza» (COM(2008)0616),

vista la comunicazione della Commissione, del 19 giugno 2008, dal titolo «Quinta relazione sulla coesione economica e sociale: regioni in crescita, Europa in crescita» (COM(2008)0371),

vista la comunicazione della Commissione, del 14 maggio 2008, dal titolo «I risultati delle trattative relative alle strategie e ai programmi delle politiche di coesione per il periodo di programmazione 2007-2013» (COM(2008)0301),

vista la comunicazione della Commissione, del 30 maggio 2007, dal titolo «Quarta relazione sulla coesione economica e sociale» (COM(2007)0273),

vista la guida della Commissione «La dimensione urbana nelle politiche comunitarie per il periodo 2007-2013», adottata il 24 maggio 2007,

visto il documento di lavoro della Commissione «La dimensione territoriale e urbana nei quadri di riferimento strategici nazionali e nei programmi operativi (2007 – 2013): una prima valutazione», del maggio 2007,

vista la comunicazione della Commissione, del 13 luglio 2006, dal titolo «La politica di coesione e le città: il contributo delle città e degli agglomerati urbani alla crescita e all'occupazione all'interno delle regioni» COM(2006)0385),

vista la decisione 2006/702/CE del Consiglio, del 6 ottobre 2006, sulle linee guida della strategia comunitaria sulla coesione (1),

vista la comunicazione della Commissione, del 5 luglio 2005, dal titolo «La politica di coesione a supporto della crescita e dell’occupazione: orientamenti strategici comunitari, 2007-2013» (COM(2005)0299),

vista la comunicazione della Commissione, del 14 giugno 2002, dal titolo «La programmazione dei fondi strutturali 2000-2006: una valutazione iniziale dell’iniziativa urbana» (COM(2002)0308),

vista la comunicazione della Commissione, del 6 maggio 1997, dal titolo «La problematica urbana» (COM(1997)0197),

visti i risultati del programma (Osservatorio in rete dell'assetto del territorio europeo) 2006 e il programma ORATE approvato per il 2013,

visti i risultati dei progetti pilota urbani (1989-1999), l’iniziativa comunitaria URBAN I (1994-1999) e URBAN II (2000-2006),

viste le informazioni della banca dati dell’Audit urbano che fornisce dati statistici a partire da 330 indicatori in 358 città europee,

vista la sua risoluzione del 21 febbraio 2008 sul seguito dell’agenda territoriale e della Carta di Lipsia: «Verso un programma di azione europeo per lo sviluppo spaziale e la coesione territoriale» (2),

vista la sua risoluzione del 10 maggio 2007 sugli alloggi e la politica regionale (3),

vista la sua risoluzione del 13 ottobre 2005 sulla dimensione urbana nel contesto dell’allargamento (4),

visto l'articolo 45 del suo regolamento,

vista la relazione della commissione per lo sviluppo regionale (A6-0031/2009),

A.

considerando che, sebbene le questioni urbanistiche rientrino nell’ambito delle responsabilità delle autorità nazionali, regionali e locali, le aree urbane svolgono comunque un ruolo centrale nell’attuazione effettiva delle strategie di Lisbona e Göteborg e sono quindi considerate un’importante priorità nel contesto della politica di coesione, della quale sono responsabili le istituzioni dell’Unione europea,

B.

considerando che gli obiettivi dell’Unione europea sanciti nella carta di Lipsia sono volti ad assicurare un approccio integrato all’attuazione delle politiche di sviluppo urbano al fine di creare zone urbane di elevata qualità, di modernizzare le reti dei trasporti, dell’energia e dell’informazione, e di incoraggiare l’apprendimento permanente, la formazione e l’innovazione, in particolare nelle città e nelle aree interne più svantaggiate,

C.

considerando che il processo di elaborazione di una «check-list» flessibile, adattabile e dinamica per l'attuazione della Carta di Lipsia – condizione preliminare fondamentale per rispondere ai bisogni particolarmente variegati delle diverse città europee – avviata già dalla Presidenza francese, da un lato, e l'ulteriore elaborazione, da parte di ogni Stato membro, di piani di sviluppo urbano integrato, dall'altro, possono rivelarsi utilissimi per fornire informazioni sulle diverse situazioni e permettere quindi l'attuazione di iniziative calibrate su obiettivi precisi,

D.

considerando la necessità di operare una distinzione tra città e aree urbane,

E.

considerando che nonostante l’80 % dei 492 milioni di cittadini dell’Unione europea vive nelle città, l’Unione si caratterizza per il suo sviluppo policentrico, e che esistono tuttavia delle differenze significative tra gli Stati membri in merito alla distribuzione demografica nelle zone urbane, suburbane e rurali e anche i problemi connessi alla rappresentanza piuttosto scarsa degli interessi e delle necessità della popolazione urbana nei programmi operativi dei fondi strutturali,

F.

considerando che le aree urbane generano tra il 70 e l'80 per cento del PIL comunitario e che le città sono riconosciute come centri di innovazione e motore dello sviluppo regionale, nazionale e comunitario,

G.

considerando, tuttavia, che le città sono responsabili di oltre il 75 % del consumo mondiale di energia e che generano l'80 % dei gas ad effetto serra a motivo della produzione di energia, del traffico, delle industrie e del riscaldamento,

H.

considerando che la tendenza all'inurbamento è amplificata dalle migrazioni interne verso le capitali e le altre metropoli; che la crescita della popolazione che ne risulta rappresenta un immenso fardello per le città che si ingrandiscono, dato che devono gestire la crescita esponenziale dei bisogni in termini di trattamento dei rifiuti, alloggi, istruzione ed occupazione e considerando che questa tendenza in aumento all’inurbamento costituisce una grande sfida per le aree rurali che devono far fronte alla perdita di capitale umano, manodopera, consumatori e studenti,

I.

considerando che il recente allargamento dell’Unione europea ha portato ad un aumento straordinario delle disparità regionali e del numero di città interessate dal fenomeno di degrado urbano,

J.

considerando che, malgrado i diversi contesti politici, istituzionali e costituzionali degli Stati membri, le città comunitarie si trovano di fronte a sfide e opportunità comuni, cosa che sottolinea la necessità di dati statistici dettagliati e di cooperazione reciproca e lo scambio di buone prassi in modo che le città europee possano far fronte alla concorrenza internazionale,

K.

considerando che lo sviluppo territoriale dell’Unione europea è chiamato ad affrontare le sfide di una ristrutturazione economica, delle notevoli fluttuazioni sul mercato del lavoro, di congestionamento del traffico e di trasporti inaccessibili, della limitatezza del territorio utilizzabile in seguito all’espansione urbana, dell’invecchiamento e del calo della popolazione, dello spopolamento delle zone rurali e dei piccoli centri a vantaggio delle grandi agglomerazioni urbane, dell’esclusione sociale, dei crescenti tassi di criminalità, della ghettizzazione di alcuni quartieri urbani, di bassi redditi familiari, del peggioramento della qualità della vita nelle zone più svantaggiate, degli insufficienti parcheggi e aree di svago, dell'inquinamento ambientale, della gestione dell'acqua, dei rifiuti e dei residui nonché dell'esigenza di garantire l’approvvigionamento e l’utilizzazione efficace dell’energia,

L.

considerando che una governance coordinata e in particolare una governance elettronica con il supporto di tutti i soggetti partecipanti potrebbero attenuare notevolmente i problemi esistenti, permettendo di affrontare il fenomeno dell’espansione urbana in modo integrato, prendendo in considerazione le aree suburbane e quelle situate in prossimità delle zone rurali, e in linea con l’approccio moderno alla pianificazione urbana, che comprende ad esempio una crescita intelligente, una nuova pianificazione urbana e un’urbanizzazione attenta,

M.

considerando che le attività per lo sviluppo urbano promuovono in particolare la partecipazione delle piccole e medie imprese (PMI), in particolare nel settore dei servizi, e che la politica di coesione è sempre più tesa alla promozione dei vantaggi competitivi delle città,

N.

considerando che le PMI, in particolare le piccole e micro imprese nonché le attività artigianali e commerciali, rappresentano una risorsa fondamentale per il mantenimento delle attività nei centri urbani e dell'equilibrio nei quartieri cittadini, e che le politiche urbane in materia di trasporti, di attività commerciali, di transazione fondiaria e di rilancio delle strutture abitative o, al contrario, l'assenza di politiche equilibrate in questi settori hanno spesso determinato la scomparsa delle attività economiche e la rarefazione delle attività di servizi alle persone,

O.

considerando l'opportunità di continuare a rafforzare il partenariato tra le zone urbane e le zone rurali, dato che le prime sono vocate ad assolvere ad un ruolo importante nello sviluppo armonioso e integrato delle loro periferie in un'ottica di coesione territoriale e di sviluppo regionale equilibrato,

1.

sottolinea l’importanza di uno sviluppo urbano sostenibile e del contributo delle aree urbane allo sviluppo regionale e invita la Commissione a valutare, a misurare, a creare dei benchmark e a discutere periodicamente dell’impatto delle politiche comunitarie sulla situazione economica e sociale - in particolare per quanto riguarda i problemi dell'istruzione e sanitari - nonché sulla situazione sanitaria, ambientale, dei trasporti e della sicurezza nelle aree urbane;

2.

deplora che gli Stati membri siano invitati e non obbligati ad inserire lo sviluppo urbano sostenibile tra le priorità strategiche; esprime, di conseguenza, la sua preoccupazione per il fatto che alcuni Stati membri non prendano nella dovuta considerazione la questione della dimensione urbana nell'attuazione della politica di coesione, e invita la Commissione e gli Stati membri, in cooperazione con le autorità regionali e locali, ad analizzare e valutare l’impatto del mainstreaming dell’iniziativa URBAN e a procedere ad un monitoraggio e controllo periodico dell’utilizzo dei fondi comunitari nelle aree urbane;

3.

richiama l'attenzione sulle esperienze positive dell'iniziativa comunitaria URBAN in termini di partenariato, procedura integrata e approccio ascendente in quanto hanno contribuito ampiamente all'efficacia e all'adeguatezza dei progetti sostenuti; chiede che tali conquiste siano prese in considerazione nella dimensione urbana dell'aiuto fornito dai fondi strutturali e che meccanismi analoghi siano ripresi nel finanziamento generale disponibile per lo sviluppo urbano sostenibile onde permettere ad un maggior numero di città di beneficiarne;

4.

è del parere che sarebbe inopportuno e anche problematico adottare una definizione comune di «aree urbane» e del termine «urbano» in generale, essendo difficile raggruppare la varietà di situazioni presenti all’interno degli Stati membri e delle regioni; ritiene pertanto che la definizione e la designazione obbligatorie delle aree urbane debbano rimanere di competenza degli Stati membri, in conformità con il principio di sussidiarietà in base ai comuni indicatori europei;

5.

invita gli Stati membri ad adottare tutte le misure necessarie a sostenere le loro capitali e le altre metropoli negli sforzi da esse spiegati per far fronte alle nuove sfide derivanti dall'inurbamento e dall'aumento della popolazione, in particolare in termini di gestione dei rifiuti, degli alloggi, dell'occupazione e dell'istruzione; a un livello più generale ritiene che le fluttuazioni demografiche provocano sfide sia per le zone rurali che per quelle urbane connesse con il mercato della manodopera e anche con i settori dell'istruzione e della riqualificazione di ex lavoratori colpiti dalla disoccupazione e connessi anche con lo spopolamento delle aree rurali;

6.

ritiene, in tale contesto, e tenendo conto dell'evidenza che, per natura, i diversi meccanismi costituzionali degli Stati membri non sono compatibili con metodologie armonizzate malgrado l'efficacia dei vari livelli di governance, che sarebbe utile che gli Stati membri definissero, se del caso attraverso consultazioni pubbliche, caso per caso, la dimensione urbana quale essi la concepiscono, per rafforzare l'armonizzazione interna ed accrescere l'interazione con la Commissione;

7.

sottolinea che, nelle città, gli Stati membri hanno facoltà di delegare la gestione dei Fondi strutturali destinati all'attuazione di azioni miranti a realizzare uno sviluppo urbano sostenibile; considera che la subdelega abbia un duplice valore aggiunto: da un lato sarebbe molto più efficiente per la crescita regionale ed europea che le città si assumessero l’intera responsabilità dalla pianificazione all’attuazione dell’azione intrapresa, rispondendo alle rigorose sfide locali e, d’altro lato, costituirebbe un importante strumento per migliorare la capacità amministrativa della gestione locale; si rammarica, tuttavia, del fatto che l’opportunità rappresentata dallo strumento della subdelega, ove possibile attraverso lo stanziamento di fondi a favore delle autorità municipali nell’ambito dei programmi operativi finanziati dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), non sia stata sinora pienamente utilizzata e ritiene opportuno valutare la possibilità di fare delle aree urbane un intermediario e di incoraggiare tale azione nel contesto della governance multilivello nel prossimo periodo di programmazione; ritiene inoltre che la dimensione urbana e il meccanismo della subdelega dovrebbero rivestire carattere obbligatorio nell’ambito delle politiche regionali; è tuttavia opportuno evitare che il trasferimento di competenze comporti la frammentazione della politica regionale, e quindi il metodo utilizzato per la subdelega deve essere definito attentamente;

8.

evidenzia l’importanza di un approccio integrato alla pianificazione e allo sviluppo urbano; propone che qualsiasi sostegno pubblico allo sviluppo urbano debba basarsi su piani di sviluppo integrati; chiede che l'approccio integrato divenga quanto prima, e comunque entro il prossimo periodo di programmazione, una condizione vincolante per la concessione di risorse dei fondi strutturali e di prestiti della Banca europea per gli investimenti; invita la Commissione a elaborare delle linee guida che contengano raccomandazioni ed esempi di buona prassi in materia di piani di sviluppo urbano integrato e a favorire anche lo scambio di buone pratiche tra le autorità nazionali, regionali e locali;

9.

invita gli Stati membri ad accordare, nei loro quadri strategici di riferimento e programmi operativi nazionali, la priorità al finanziamento di progetti che realizzino piani di gestione urbana sostenibile;

10.

raccomanda che i piani di gestione urbana sostenibile includano almeno alcuni dei seguenti elementi: il piano dei rifiuti, la mappa dei rumori e i piani d'azione, i programmi locali di inquinamento atmosferico ed ambientale, le prospettive di crescita demografica, la richiesta di nuove zone urbanizzate, il recupero dei terreni incolti e degli edifici abbandonati, la riabilitazione dei quartieri in declino e delle zone deindustrializzate, la disponibilità e l'accessibilità dei servizi pubblici, la struttura urbana e la proporzione di zone verdi, le facilitazioni per le persone disabili, la valorizzazione del patrimonio culturale, storico e naturale, la stima del fabbisogno di acqua ed elettricità e il loro utilizzo efficiente, la disponibilità di trasporti pubblici, la gestione efficace del traffico, l'integrazione dei gruppi vulnerabili (migranti, minoranze, persone con basse qualifiche, persone disabili, donne, ecc.), disponibilità di alloggi dignitosi a prezzi accessibili e i piani di lotta contro la delinquenza;

11.

è del parere che sarà possibile elaborare dei piani di sviluppo urbano integrato soltanto se si potrà disporre di risorse sufficienti destinate alla promozione di uno sviluppo urbano sostenibile e, conseguentemente, raccomanda che le risorse disponibili siano impiegate per la realizzazione di interventi specifici; propone lo stanziamento, nell’ambito dell’assegnazione dei fondi strutturali, di una quota minima per ogni abitante delle aree urbane per tutto il periodo di programmazione, il cui importo va fissato ad un livello tale che il suo frazionamento non rappresenti un onere irrealistico per le regioni;

12.

ribadisce l’impellente necessità di promuovere la governance urbana verticale ed orizzontale e richiama l’attenzione degli Stati membri sulla pressante necessità di adottare un approccio integrato nell’attuazione delle politiche per lo sviluppo urbano (che tratta questioni fondamentalmente connesse alla vita quotidiana dei cittadini quali i trasporti, i servizi pubblici, la qualità della vita, i posti di lavoro e le attività economiche locali, la sicurezza ecc.), coinvolgendo i governi nazionali, le autorità regionali e locali e tutti gli altri soggetti partecipanti pubblici e privati, sulla base del principio di partenariato;

13.

riconosce la difficoltà delle autorità urbane nel conciliare i domini dei finanziamenti del Fondo sociale europeo (FSE) con la promozione dello sviluppo sociale ed economico e i finanziamenti dell’FESR con la programmazione degli investimenti alle infrastrutture; ritiene che il principio «programma unico, fondo unico» andrebbe rivisto e che le autorità locali e regionali dovrebbero sfruttare meglio le sinergie connesse con gli aiuti FESR e FSE rafforzando la promozione integrata; nel lungo termine, esorta la Commissione a valutare la possibilità di effettuare una fusione dei due fondi se ciò potesse garantire la semplificazione delle procedure;

14.

è a favore dell’idea del principio rotativo del programma JESSICA e dell’utilizzo del suo potenziale per la promozione economica delle aree urbane e ritiene che la politica regionale da perseguire durante il prossimo periodo di programmazione debba avvalersi di più dei meccanismi di ingegneria finanziaria come i crediti rotativi, in grado di offrire prestiti vantaggiosi, invece di contare unicamente su sovvenzioni, come avviene ora;

15.

prende atto del potenziale sviluppo urbano del settore privato e ritiene opportuno un ricorso sistematico a partenariati pubblici-privati onde promuove l'istituzione di schemi e progetti di finanziamento innovativo per affrontare i principali problemi socioeconomici delle aeree urbane, in particolare per la costruzione di infrastrutture e di alloggi; ricorda che tale approccio richiede regole di condotta chiare e trasparenti, in particolare per quanto riguarda l'azione degli enti pubblici, dovendo questi adottare, in base al principio di sussidiarietà, decisioni strategiche sulla scelta di metodi per la fornitura di servizi, la definizione di specifiche e il mantenimento di un certo livello di controllo;

16.

mette in evidenza gli aspetti amministrativi e relativi all'attuazione della dimensione urbana e chiede un maggior impegno al fine di semplificare la normativa che disciplina la politica di coesione e lo snellimento generale delle procedure burocratiche in materia di gestione e controllo dei fondi e dei singoli progetti;

17.

nota che, oltre alla politica di coesione, vi sono altre politiche comunitarie che prevedono un sostegno finanziario alle aree urbane e pertanto chiede alla Commissione di elaborare e di proporre un maggior coordinamento delle politiche interessate, che riunirebbe tutte le risorse stanziate dall’Unione europea a favore delle aree urbane, tenendo così conto della politica di coesione e garantendo al contempo l'attuazione concreta di un approccio integrato;

18.

ritiene che le strutture di governance esistenti negli Stati membri siano inadeguate a favorire una cooperazione orizzontale e sollecita la Commissione europea a promuovere il principio di struttura di gestione intersettoriale;

19.

chiede che vengano impiegate le attuali risorse finanziarie, umane e organizzative in modo più efficiente per creare e rafforzare le reti tessute da metropoli e città nell’ambito di uno sviluppo urbano sostenibile, dato il ruolo centrale svolto dai centri urbani nella cooperazione territoriale; sottolinea a tale riguardo la necessità di disporre di infrastrutture atte a sostenere il mantenimento di caratteristiche particolari (ad esempio risorse storiche), la modernizzazione (ad esempio poli di innovazione), la crescita economica (ad esempio PMI) e le attività stagionali ed esorta inoltre la Commissione a rafforzare la posizione delle aree urbane nell’ambito dell’iniziativa «Regioni per il cambiamento economico»;

20.

nota che una buona applicazione della politica di sviluppo regionale e una strategia di sviluppo territoriale sostenibile richiedono misure equilibrate a favore delle zone urbane, suburbane e rurali e di conseguenza influenzano lo sviluppo della reale coesione regionale; ribadisce il fatto che la politica di sviluppo rurale ha un impatto territoriale significativo e che non è stata ancora raggiunta una sufficiente integrazione tra le politiche urbane e quelle di sviluppo rurale; sottolinea la necessità di una forte sinergia tra suddette politiche al fine di far emergere il vero potenziale di sviluppo e la promozione di aree attrattive e concorrenziali; invita gli Stati membri e le regioni ad avvalersi dello strumento dei partenariati urbani-rurali per giungere allo sviluppo territoriale equilibrato da essi perseguito;

21.

esorta la Commissione a sviluppare e ad aggiornare regolarmente l’audit urbano e, al contempo, a fornire informazioni sulla situazione del divario urbano-rurale in tutti gli Stati membri, al fine di delineare un quadro chiaro della situazione e individuare gli interventi specifici da attuare per uno sviluppo rurale e urbano equilibrato;

22.

raccomanda l'istituzione, da parte della Commissione e degli Stati membri, di un gruppo europeo di alto livello sullo sviluppo urbano e l'applicazione del metodo aperto di coordinamento alla politica di sviluppo urbano a livello di Unione europea;

23.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione, nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.


(1)  GU L 291 del 21.10.2006, pag. 11.

(2)  Testi approvati, P6_TA(2008)0069.

(3)  GU C 76 E del 27.3.2008, pag. 124.

(4)  GU C 233 E del 28.9.2006, pag. 127.


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/79


Martedì 24 marzo 2009
Attuazione del regolamento sui Fondi strutturali 2007–2013

P6_TA(2009)0165

Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sull'attuazione del regolamento sui Fondi strutturali per il periodo 2007–2013: risultati dei negoziati relativi alle strategie nazionali e ai programmi della politica di coesione (2008/2183(INI))

2010/C 117 E/13

Il Parlamento europeo,

visto il trattato CE e in particolare l'articolo 2 e l'articolo 3, paragrafo 2,

vista la comunicazione della Commissione del 14 maggio 2008 sui risultati dei negoziati relativi alle strategie e ai programmi della politica di coesione per il periodo di programmazione 2007-2013 (COM(2008)0301),

visti il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio, dell'11 luglio 2006, recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione (1) (regolamento generale sul FESR, sul FSE e sul Fondo di coesione),

vista la decisione 2006/702/CE del Consiglio, del 6 ottobre 2006, sugli orientamenti strategici comunitari in materia di coesione (2) (orientamenti strategici in materia di coesione),

visti i risultati dei negoziati relativi alle strategie e ai programmi della politica di coesione per il periodo di programmazione 2007-2013 – Schede per Stato membro,

vista la quarta relazione sulla coesione economica e sociale (COM(2007)0273) («quarta relazione sulla coesione»),

vista la proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1083/2006 sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione, per quanto riguarda alcune disposizioni relative alla gestione finanziaria (COM(2008)0803),

vista la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1080/2006 relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale per quanto riguarda l'ammissibilità degli investimenti a favore dell'efficienza energetica e delle energie rinnovabili nell'edilizia abitativa (COM(2008)0838),

vista la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1081/2006 relativo al Fondo sociale europeo per estendere i tipi di costi ammissibili a un contributo dell’FSE (COM(2008)0813),

vista la sua risoluzione del 21 ottobre 2008 sulla governance e il partenariato a livello nazionale e regionale e per progetti di politica regionale (3),

visto l'articolo 45 del suo regolamento,

vista la relazione della commissione per lo sviluppo regionale e i pareri della commissione per l'industria, la ricerca e l'energia e della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere (A6-0108/2009),

A.

considerando che la Commissione ha pubblicato la summenzionata comunicazione sulla base dei risultati dei negoziati con gli Stati membri sui quadri di riferimento strategico nazionali e sui programmi operativi,

B.

considerando che, in conformità dell'articolo 158 del trattato, al fine di rafforzare la sua coesione economica e sociale, la Comunità mira a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni ed il ritardo delle regioni meno favorite o insulari, comprese le aree rurali,

C.

considerando che gli ultimi due allargamenti dell'Unione europea hanno comportato un notevole ampliamento delle disparità regionali nella Comunità che occorre affrontare in modo adeguato al fine di promuovere uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile,

D.

considerando che le recenti relazioni in materia di coesione denotano una tendenza all’aggravamento delle disparità territoriali fra le regioni dell’Unione europea e, a livello subregionale, delle disparità caratterizzate da fenomeni quali la segregazione territoriale, risultate nell'emergere di una certa forma di ghettizzazione, e il costante declino di alcune aree remote e prevalentemente agricole,

E.

considerando che nell'ottobre 2006 il Consiglio ha adottato i summenzionati orientamenti strategici in materia di coesione, quale quadro indicativo per gli Stati membri ai fini dell'elaborazione dei quadri di riferimento strategico nazionali e dei programmi operativi per il periodo 2007-2013,

F.

considerando che le tre priorità indicate negli orientamenti strategici in materia di coesione intendono rendere l’Europa e le sue regioni più attraenti per gli investimenti e l’occupazione, promuovere la conoscenza e l’innovazione a favore della crescita e creare posti di lavoro migliori e più numerosi,

G.

considerando che tradurre tali priorità in programmi operativi dovrebbe consentire alle regioni di affrontare le sfide della globalizzazione, dei cambiamenti strutturali, demografici e climatici e di rafforzare lo sviluppo sostenibile,

H.

considerando notevoli diversità nel modo in cui gli Stati membri hanno attuato le summenzionate priorità nell'ambito dei rispettivi programmi operativi, a seconda dell'obiettivo di sviluppo regionale, convergenza o competitività e occupazione regionale in cui rientra ciascuna specifica regione,

I.

considerando che il regolamento generale sul FESR, sul FSE e sul Fondo di coesione prevede che gli Stati membri che hanno aderito all'Unione europea anteriormente al 1o maggio 2004 stanzino il 60 % della spesa totale destinata all'obiettivo «convergenza» e il 75 % della spesa destinata all'obiettivo «competitività regionale e occupazione» a priorità correlate alla strategia di Lisbona; considerando inoltre che agli Stati membri che hanno aderito all'Unione europea il 1o maggio 2004 o successivamente è stato consigliato di adottare lo stesso approccio,

J.

considerando che la sostenibilità, la prevenzione di ogni tipo di discriminazione, il buon governo e l'applicazione del principio di partenariato, insieme a una forte capacità istituzionale e amministrativa, sono elementi essenziali per una riuscita attuazione della politica di coesione,

K.

considerando che la politica di coesione deve essere sufficientemente forte e flessibile al fine di svolgere un importante ruolo nel quadro degli sforzi dell'Unione volti a contrastare gli effetti dell'attuale crisi economica globale,

1.

riconosce gli sforzi compiuti da tutti gli Stati membri per inserire nei propri programmi operativi le tre priorità indicate negli orientamenti strategici in materia di coesione, che corrispondono agli obiettivi dell'agenda di Lisbona,

2.

rileva l’avvio piuttosto lento del nuovo periodo di programmazione in molti Stati membri, che potrebbe compromettere l'utilizzo efficace dei fondi; si dichiara tuttavia fiducioso che gli impegni assunti durante il negoziato e il processo di approvazione dei programmi operativi saranno rispettati nell’interesse delle regioni e dell’Unione nel suo insieme;

Mitigare le disparità regionali

3.

constata la determinazione degli Stati membri nell'affrontare le specifiche esigenze territoriali imputabili all'ubicazione geografica e allo sviluppo economico e istituzionale, mediante l'elaborazione di strategie volte a ridurre gli squilibri intraregionali e interregionali; ricorda a tale proposito le misure proposte dagli Stati membri per affrontare le particolari sfide relative allo sviluppo di regioni con caratteristiche geografiche specifiche, quali le zone montuose, insulari e ultraperiferiche, le città di confine periferiche, le regioni con problemi di spopolamento e le regioni di confine; ribadisce che uno sviluppo sano sul piano economico e ambientale e la riduzione delle disparità regionali restano i principali obiettivi della politica regionale dell'Unione europea;

4.

si rammarica che in molti quadri di riferimento strategici nazionali e in molti programmi operativi non siano sufficientemente applicati e documentati i principi della sostenibilità, della parità delle opportunità e della non discriminazione, nonché del partenariato; critica il fatto che ciononostante la Commissione abbia approvato programmi operativi che presentavano tali carenze e non abbia insistito affinché gli Stati membri o le regioni apportassero miglioramenti;

5.

rileva che l’esperienza passata ha dimostrato che la convergenza tra i paesi può mascherare un divario crescente tra le regioni e al loro interno; nota inoltre che tali disparità regionali e locali sono osservabili sotto diverse angolature, ossia in termini di occupazione, produttività, reddito, livello di istruzione e capacità di innovazione; sottolinea altresì l'importanza della dimensione territoriale della coesione per superare tali problemi;

Politica di coesione e attuazione dell'agenda di Lisbona

6.

apprezza gli sforzi compiuti dalle autorità nazionali volti a garantire che lo stanziamento medio della spesa per la realizzazione dell'agenda di Lisbona costituisca il 65 % dei fondi disponibili nelle regioni dell'obiettivo «convergenza» e l'82 % nelle regioni dell'obiettivo «competitività regionale e occupazione», il che di fatto supera quanto richiesto inizialmente;

7.

è convinto che in questo settore siano necessari molti più investimenti; è del parere che, alla luce della revisione di medio periodo dell'attuazione dei Fondi strutturali, vadano adottati orientamenti comunitari più severi e destinate risorse finanziarie maggiori a favore di questi obiettivi e più specificamente che almeno il 5 % dei Fondi strutturali debba necessariamente essere speso per il miglioramento dell'efficienza energetica delle abitazioni esistenti; a questo proposito chiede alla Commissione di dare seguito alle conclusioni del Consiglio «Competitività» del 9-10 ottobre 2008 sull'efficienza energetica; sottolinea il ruolo chiave e il potenziale di sviluppo che rappresentano le energie rinnovabili per le regioni dell'Unione europea sia in termini di creazione di posti di lavoro che di promozione dello sviluppo locale sostenibile;

8.

incoraggia le regioni nei loro sforzi intesi a conseguire gli obiettivi di Lisbona attraverso un'attuazione completa ed efficace dei propri programmi operativi; invita anche la Commissione a monitorare da vicino la loro attuazione al fine di garantire la traduzione nella pratica degli obiettivi nonché di informare il Parlamento riguardo ai problemi emersi;

9.

è del parere che le risorse finanziarie destinate alle reti transeuropee di energia siano insufficienti, dal momento che tali reti sono essenziali per il completamento del mercato interno dell'energia;

10.

rammenta il ruolo importante svolto in particolare dalle piccole imprese e microimprese, in particolare quelle artigiane, per la coesione economica, sociale e territoriale mediante il loro rilevante contributo alla crescita e all'occupazione; chiede pertanto una politica attiva di sostegno a tutte le forme di innovazione di tali imprese e sollecita la Commissione a creare opportunità di mutua cooperazione fra le aziende, il settore pubblico, le scuole e le università, al fine di creare gruppi regionali di innovazione nello spirito della Strategia di Lisbona;

Far fronte alla globalizzazione e ai cambiamenti strutturali

11.

apprezza il fatto che tutti gli Stati membri abbiano destinato un importo significativo dei propri stanziamenti finanziari totali agli investimenti nell’attività di ricerca e sviluppo e innovazione, nello sviluppo di un'economia di servizi basata sulla conoscenza, nella promozione dell'imprenditorialità e dei servizi di sostegno alle imprese, nonché nell'attività di assistere le imprese e i lavoratori ad adattarsi a nuove condizioni; nota che, per la maggior parte delle regioni dell'obiettivo «convergenza» dell'Unione, la garanzia dell'accessibilità continua a rappresentare un problema rilevante, in quanto esse devono affrontare la questione della mancanza di infrastrutture di trasporto;

12.

è convinto che la politica industriale debba essere sostenuta attraverso i Fondi strutturali allo scopo di incrementare la competitività degli Stati membri e dell'Unione; appoggia pertanto la priorità nella politica di coesione volta a sbloccare il potenziale delle imprese, in particolare delle PMI;

Cambiamenti demografici e mercati del lavoro più inclusivi

13.

si congratula con gli Stati membri per il loro impegno ad attribuire priorità agli investimenti intesi a rafforzare la partecipazione al mondo del lavoro, a garantire le pari opportunità e quindi a sostenere le iniziative promosse dal FSE e dal programma PROGRESS per il periodo 2007-2013, che mirano a contribuire ad eliminare la discriminazione e a migliorare la situazione delle donne sul mercato del lavoro; accoglie con favore le misure adottate dagli Stati membri nei loro programmi finanziati dal FSE intese a potenziare le competenze e combattere la povertà e l’esclusione sociale; sottolinea l'importanza e la necessità di perseverare negli sforzi a favore dell'occupazione dato l'aggravarsi della crisi economica, tenendo particolarmente conto delle specifiche esigenze delle persone disabili e dei cittadini anziani in ogni fase dell’attuazione e della valutazione della politica di coesione;

14.

è favorevole al «principio del partenariato» applicato dalla Commissione nella politica di coesione e invita la Commissione a coinvolgere le organizzazioni femminili a livello locale e nazionale nella sua negoziazione e attuazione;

Far fronte alle sfide dello sviluppo sostenibile, dei cambiamenti climatici e dell'energia

15.

ritiene che tutti i programmi operativi dovrebbero contemplare misure intese a proteggere l'ambiente, contrastare il cambiamento climatico e promuovere l'efficienza energetica e apprezza gli impegni assunti dagli Stati membri per affrontare tali questioni, destinando loro circa un terzo del bilancio totale della politica di coesione; reputa tuttavia che gli specifici stanziamenti a favore della lotta al cambiamento climatico e della promozione dell'efficienza energetica non siano sufficienti a rispondere alle reali esigenze;

16.

ritiene essenziale lo sviluppo di poli di competitività attraverso i Fondi strutturali, visto che essi offrono un notevole potenziale per la creazione di posti di lavoro ben remunerati e la generazione di crescita ma anche per ridurre la pressione sulle grandi conurbazioni; a questo riguardo si compiace della continuazione del programma URBAN, ritenendo necessarie la rivitalizzazione delle zone urbane e il ripristino delle vecchie infrastrutture urbane;

17.

sottolinea che i regolamenti relativi ai Fondi strutturali stabiliscono che gli Stati membri e la Commissione devono garantire che la parità fra uomini e donne e l'integrazione della prospettiva di genere siano promosse nelle varie fasi di esecuzione di tali fondi;

18.

invita gli Stati membri a fornire ai cittadini, alle autorità locali e non governative e alle organizzazioni femminili tutte le informazioni relative alle possibilità di finanziamento, e in particolare informazioni concernenti programmi specifici, l'idoneità al cofinanziamento a partire dai Fondi strutturali, le regole di cofinanziamento e di rimborso nonché dove trovare gli inviti a presentare proposte nel quadro del periodo di programmazione 2007-2013;

19.

invita gli Stati membri a garantire che gli eccessivi ostacoli di tipo amministrativo non scoraggino le organizzazioni non governative, in particolare quelle che si occupano del sostegno alle donne in situazioni economiche sfavorevoli, alle donne migranti, alle donne appartenenti a minoranze etniche, alle donne disabili, alle donne con persone dipendenti a carico e alle donne vittime di violenze e torture, dal presentare domanda per ottenere il finanziamento dei progetti;

20.

osserva che esiste una sostanziale differenza tra gli Stati membri dell'Unione europea a 15 stati e quelli dell'Unione europea a 12 stati sul versante delle risorse stanziate nell'ambito della protezione ambientale e riconosce che per i nuovi Stati membri è essenziale destinare risorse molto più consistenti per il conseguimento degli obiettivi dell’Unione relativi all'ambiente, al clima e alla biodiversità, quali stabiliti dall'acquis comunitario;

21.

sottolinea l'importanza di consolidare le capacità di cooperazione e di effettivo assorbimento dei fondi disponibili utilizzando tutti i mezzi possibili, tra cui scambi delle migliori prassi, campagne di informazione, azioni comuni, scambi di nuova tecnologia e sviluppo di partenariati, in quanto ciò contribuirà all'efficace attuazione dei programmi di cooperazione avviati e in particolare all'aumento della capacità di assorbimento dei nuovi Stati membri;

22.

ritiene che in tempi di crisi economica gli Stati membri dovrebbero pensare a conseguire sinergie fra la protezione dell'ambiente e la creazione di posti di lavoro, secondo quanto indicato negli orientamenti strategici in materia di coesione, e destinare maggiori risorse a progetti che promuovono un’economia «verde», posti di lavoro «verdi» e un’innovazione «verde»;

Rafforzare la governance a più livelli e il partenariato

23.

ritiene che la governance a più livelli e il principio di partenariato siano elementi fondamentali per la legittimità dei programmi operativi e per la loro trasparenza ed efficacia durante la fase di programmazione e, in particolare, nell'ambito del processo di attuazione; accoglie pertanto con favore gli sforzi compiuti da tutti gli Stati membri, conformemente ai loro specifici quadri istituzionali e alle rispettive tradizioni, volti a rafforzare il principio di partenariato nei programmi per l'attuale periodo, ai sensi dell'articolo 11 del regolamento generale sul FESR, sul FSE e sul Fondo di coesione; raccomanda in particolare ai nuovi Stati membri, che hanno scarsa esperienza nel creare partenariati efficaci di rafforzare costantemente i principi di partenariato e di trasparenza nell'ambito dell'attuazione dei programmi operativi;

24.

invita gli Stati membri a evitare eccessivi ritardi nel rimborso dei costi relativi a progetti portati a termine, osservando che l’insolvenza dovuta a tali ritardi spesso impedisce ai beneficiari – soprattutto autorità locali e organizzazioni senza scopi di lucro – di avviare ulteriori iniziative specifiche al loro settore di attività;

25.

sottolinea che i ritardi nell'attuazione della politica strutturale sono dovuti in parte all'eccessiva rigidità delle procedure e che queste andrebbero pertanto semplificate, introducendo una chiara divisione delle responsabilità e delle competenze fra l'Unione europea, gli Stati membri e gli enti locali e regionali;

26.

invita gli Stati membri a cooperare strettamente con gli enti locali e regionali durante la fase di programmazione dei quadri strategici di riferimento nazionali, onde garantire un'attuazione ottimale delle strategie nazionali e realizzare pienamente gli ideali sottesi al governo multilivello;

27.

sottolinea la necessità di promuovere la cooperazione fra i settori pubblico e privato sotto forma di partenariati pubblico-privato, per portare avanti un numero elevato di progetti di importanza chiave e moltiplicare in tal modo gli effetti degli investimenti;

28.

rileva la necessità di una valutazione del coordinamento e della complementarità dei programmi dei Fondi strutturali con i programmi di sviluppo rurale; osserva che l'esperienza acquisita sul campo indica che le sinergie fra i due tipi di programmi non sono sufficientemente sfruttate;

Sviluppare le capacità istituzionali

29.

apprezza la maggiore consapevolezza dell'importanza di rafforzare la capacità istituzionale e amministrativa per l'efficace attuazione delle politiche pubbliche e per la gestione dei fondi dell'Unione europea; esorta a compiere sforzi sostanziali in tutte le regioni della convergenza, al fine di potenziare la capacità istituzionale e rafforzare la professionalità delle autorità pubbliche;

30.

sottolinea la necessità di concentrare la coesione politica anche sulle zone rurali, visto che la coesione territoriale può essere raggiunta soltanto sviluppando un equilibrio urbano/rurale;

Integrazione delle politiche efficaci, miglioramento delle conoscenze e diffusione delle buone prassi

31.

apprezza in particolare l'integrazione da parte dei nuovi Stati membri dei risultati delle iniziative comunitarie URBAN ed EQUAL nei programmi operativi per il periodo 2007-2013; approva gli forzi compiuti dagli Stati membri volti a mettere in atto piani integrati per lo sviluppo urbano sostenibile, in quanto città e centri urbani sono sedi di industrie, responsabili della crescita economica e della creazione di posti di lavoro; ritiene inoltre che occorrerebbe sfruttare appieno le potenzialità dei programmi di cooperazione territoriale europea, come pure gli strumenti Jessica, Jaspers, Jeremie e Jasmine, al fine di accelerare lo sviluppo e registrare tassi di crescita più elevati;

32.

invita gli Stati membri a tener conto dell'impatto sulle donne e della dimensione di genere in tutti i progetti dei Fondi strutturali;

Conclusioni

33.

ritiene che non si possa formulare alcun giudizio di merito riguardo al modo in cui gli Stati membri hanno deciso di applicare il quadro fornito dagli orientamenti strategici in materia di coesione nell'ambito dell'elaborazione dei propri quadri strategici nazionali di riferimento e dei programmi operativi; apprezza il fatto che tutti gli Stati membri abbiano compiuto notevoli sforzi, in ogni fase, al fine di realizzare le priorità della politica di coesione, nel contesto delle loro esigenze e restrizioni specifiche;

34.

ritiene che la trasparenza nell'assegnazione dei finanziamenti e lo snellimento amministrativo che agevoli l'accesso all'informazione dei potenziali beneficiari dei Fondi strutturali rappresentino prerequisiti chiave per giungere agli obiettivi globali della politica di coesione;

35.

esorta gli Stati membri a rafforzare le procedure che istituiscono al fine di garantire il ricorso a un approccio integrato pienamente operativo per l'attuazione della politica di coesione, garantendo in tal modo di tenere in debito conto tutti gli aspetti di un particolare programma operativo;

36.

incoraggia la Commissione nel suo impegno ad assicurare che gli Stati membri gestiscano sistemi di controllo efficaci affinché la spesa comunitaria sia oggetto di una sana gestione finanziaria;

37.

constata che l'attuale crisi economica globale ha creato una nuova situazione in tutti gli Stati membri che richiede di riesaminare ed eventualmente adattare le priorità di investimento; accoglie con favore le summenzionate proposte della Commissione che modificano i regolamenti al fine di rispondere alle esigenze dell'Unione in queste circostanze eccezionali e ribadisce la propria posizione secondo cui la politica di coesione è cruciale per la ripresa economica, su tutto il territorio dell'Unione; respinge pertanto qualsiasi tentativo di rinazionalizzare la politica;

*

* *

38.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione, nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.


(1)  GU L 210 del 31.7.2006, pag. 25.

(2)  GU L 291 del 21.10.2006, pag. 11.

(3)  Testi approvati, P6_TA(2008)0492.


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/85


Martedì 24 marzo 2009
Iniziativa europea per lo sviluppo del microcredito a sostegno della crescita e dell’occupazione

P6_TA(2009)0166

Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 recante raccomandazioni alla Commissione sull'iniziativa europea per lo sviluppo del microcredito a sostegno della crescita e dell’occupazione (2008/2122(INI))

2010/C 117 E/14

Il Parlamento europeo,

vista la comunicazione della Commissione del 20 dicembre 2007 sull'iniziativa europea per lo sviluppo del microcredito a sostegno della crescita e dell’occupazione (COM(2007)0708),

vista la sua risoluzione dell'11 luglio 2007 sulla politica dei servizi finanziari per il periodo 2005-2010 – Libro bianco (1), in particolare il paragrafo 35,

vista la raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese (2),

vista la comunicazione della Commissione del 20 luglio 2005 intitolata «Azioni comuni per la crescita e l'occupazione - Il programma comunitario di Lisbona» (COM(2005)0330),

vista la comunicazione della Commissione del 5 luglio 2005 intitolata «Politica di coesione a sostegno della crescita e dell'occupazione: linee guida della strategia comunitaria per il periodo 2007-2013» (COM(2005)0299),

vista la comunicazione della Commissione dell'11 dicembre 2007 intitolata «Gli Stati membri e le regioni realizzano la strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione mediante la politica di coesione dell’UE 2007-2013» (COM(2007)0798),

vista la comunicazione della Commissione dell'11 dicembre 2007 intitolata «Proposta di programma comunitario di Lisbona 2008-2010» (COM(2007)0804),

vista la decisione n. 1639/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 2006, che istituisce un programma quadro per la competitività e l'innovazione (2007-2013) (3),

vista la comunicazione della Commissione del 25 giugno 2008 dal titolo «Una corsia preferenziale per la piccola impresa - Alla ricerca di un nuovo quadro fondamentale per la Piccola Impresa (un “Small Business Act” per l’Europa)» (COM(2008)0394),

vista la direttiva 2006/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativa all'accesso all'attività degli enti creditizi ed al suo esercizio (rifusione) (4), e la proposta della Commissione del 1o ottobre 2008 di una direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE per quanto riguarda gli enti creditizi collegati a organismi centrali, taluni elementi dei fondi propri, i grandi fidi, i meccanismi di vigilanza e la gestione delle crisi (COM(2008)0602),

vista la direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo (5),

visto il regolamento (CE) n. 1998/2006 della Commissione, del 15 dicembre 2006, relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato agli aiuti d'importanza minore («de minimis») (6),

visto il regolamento (CE) n. 1535/2007 della Commissione, del 20 dicembre 2007, relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti «de minimis» nel settore della produzione dei prodotti agricoli (7),

vista la direttiva 2004/17/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali (8),

vista la direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (9),

vista la sua dichiarazione dell’8 maggio 2008 sul microcredito (10),

visto l'articolo 192, secondo comma, del trattato CE,

visti gli articoli 39 e 45 del suo regolamento,

vista la relazione della commissione per i problemi economici e monetari e i pareri della commissione per i bilanci, della commissione per l'industria, la ricerca, l'energia, della commissione giuridica e della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere (A6-0041/2009),

A.

considerando che la Commissione definisce attualmente come microcredito un prestito di importo pari o inferiore a 25 000 EUR, e che la raccomandazione 2003/361/CE stabilisce che una microimpresa è un’impresa che occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2 000 000 EUR; considerando che dette definizioni non sembrano pertinenti per tutti i mercati nazionali e non consentono di stabilire una chiara distinzione tra microcrediti e microprestiti alle microimprese, microcredito per i mutuatari non finanziabili dalle banche e microcredito per le microimprese finanziabili dalle banche,

B.

considerando che il difficile accesso ad appropriate forme di finanziamento viene spesso considerato come un ostacolo assai importante all'imprenditorialità, e che nell'Unione europea vi è una domanda potenziale significativa per il microcredito che non è ancora stata soddisfatta,

C.

considerando che la Commissione non ha dato seguito alla richiesta, formulata nella risoluzione del Parlamento dell'11 luglio 2007, di predisporre un piano d'azione per il microfinanziamento, di coordinare diverse misure programmatiche e di fare un uso ottimale delle migliori prassi, nell'Unione europea e nei paesi terzi,

D.

considerando che nel 2008 il Parlamento ha votato per il secondo anno consecutivo una dotazione finanziaria per garantire la continuità del progetto pilota «Promozione di un contesto più favorevole al microcredito in Europa» e che, benché la summenzionata comunicazione della Commissione del 20 dicembre 2007 non faccia riferimento a tale dotazione, essa potrebbe essere utilmente destinata alla costituzione di fondi propri da usarsi come capitale di avviamento,

E.

considerando che diverse sono le caratteristiche che differenziano il microcredito dal credito ordinario, ivi compreso il credito alle piccole e medie imprese; considerando che le imprese che desiderano ottenere credito ordinario sono generalmente servite dalle diverse tipologie di istituzioni finanziarie; considerando che occorre tenere presente l'importanza del fine ultimo dell'inclusione di tutti i cittadini nel sistema finanziario ufficiale,

F.

considerando che il microcredito comporta costi d'esercizio più elevati a causa delle ridotte dimensioni del prestito, della mancanza di (sufficienti) garanzie e degli alti costi di gestione,

G.

considerando che l'attività di microcredito presenta elementi innovativi e soggettivi, come requisiti alternativi in termini di garanzie o la non necessità delle stesse e una valutazione del merito creditizio non tradizionale, e che esso viene spesso concesso non solo per la realizzazione di profitti, ma anche per fini di coesione allorché si tratta dell'integrazione o reintegrazione di persone svantaggiate nella società,

H.

considerando che i microcrediti sono per definizione di modesta entità ma che la loro possibilità di «riciclo» (concessione di ulteriori prestiti dopo il rimborso) per via della loro durata generalmente breve, ne moltiplica l'impatto; considerando che si deve porre attenzione all'obiettivo di reintegrare i beneficiari nel circuito bancario tradizionale,

I.

considerando che una varietà di soggetti erogatori è in grado di offrire microcrediti o di semplificare l’accesso ai finanziamenti, quali i fornitori di servizi finanziari informali (prestiti privati interpersonali autorizzati), organizzazioni i cui membri siano proprietari (per esempio, le cooperative di credito), organizzazioni non governative, mutue ed enti di previdenza, istituti finanziari per lo sviluppo delle comunità locali, banche e fondi di garanzia, casse di risparmio, banche cooperative e commerciali, e considerando che una cooperazione tra i vari soggetti erogatori potrebbe essere proficua,

J.

considerando che vi è la necessità di riconoscere l'unicità strutturale di determinati fornitori di servizi finanziari esistenti nell'Unione europea, come le unioni di credito che sono istituzioni finanziarie non bancarie che impiegano i depositi dei soci per microprestiti, e che tale unicità non dovrebbe escluderli a priori dai pertinenti programmi di finanziamento per il microcredito,

K.

considerando che l’attuale crisi finanziaria e le sue possibili ripercussioni sull’economia nel suo insieme mostrano gli inconvenienti dei prodotti finanziari complessi e la necessità di esaminare vie per migliorare l’efficienza e porre in essere ogni possibile canale di finanziamento quando le imprese hanno un accesso ridotto al capitale causato dalla crisi di liquidità, in particolare nelle regioni economicamente e socialmente svantaggiate e che, al contempo, sottolineano l’importanza delle istituzioni che incentrano la loro attività sullo sviluppo locale e che hanno uno stretto legame con il territorio ed offrono servizi bancari inclusivi a tutti gli attori economici,

L.

considerando che dovrebbe essere promosso lo spirito imprenditoriale,

M.

considerando che si dovrebbe compiere il massimo sforzo al fine di ridurre al minimo necessario gli oneri normativi che gravano sulle microimprese e considerando che la Commissione è invitata ad agire di conseguenza,

N.

considerando che i limiti massimi per gli interessi possono dissuadere i mutuanti dal concedere microcredito se tali restrizioni impediscono loro la copertura dei costi di finanziamento,

O.

considerando che il sostegno al microcredito potrebbe svolgere un ruolo di primo piano nella strategia di Lisbona rivista,

P.

considerando che in un numero non trascurabile di casi coloro che intendono accedere ai fondi della politica di coesione dell’Unione europea per costituire piccole imprese familiari potrebbero avere difficoltà nell'assicurarsi il necessario cofinanziamento,

Q.

considerando che le persone svantaggiate, come i disoccupati (di lungo periodo), i beneficiari di sussidi, gli immigrati, i membri di minoranze etniche come i rom, le persone attive nell'economia informale o che vivono in aree rurali socialmente svantaggiate e le donne, che vogliono realizzare microimprese dovrebbero essere oggetto di un'iniziativa dell’Unione Europea sul microcredito,

R.

considerando che, anche se nella misura del possibile la partecipazione privata dovrebbe essere garantita, l'attività di microcredito richiede l'intervento pubblico,

S.

considerando che esistono diverse iniziative dell'Unione europea che contengono disposizioni per il supporto al microcredito e che sarebbe proficuo un approccio ottimizzato e più mirato, che raggruppi tali iniziative nel quadro di un unico sistema,

T.

considerando che la possibilità di beneficiare del supporto all’imprenditoria (formazione, addestramento e sviluppo delle capacità) è un elemento essenziale per i fondatori di microimprese, e che la formazione dovrebbe essere obbligatoria per coloro che beneficiano di microcrediti, e considerando che l’educazione finanziaria dei consumatori e un’erogazione responsabile di prestiti dovrebbero costituire una parte importante delle politiche di tutti gli istituti microfinanziari (MFI),

U.

considerando che i beneficiari potenziali dei microcrediti dovrebbero godere di adeguata assistenza legale per quanto riguarda, tra l'altro, la conclusione del contratto di credito, l’avvio dell’attività, il recupero dei crediti, l’acquisizione e lo sfruttamento dei diritti di proprietà intellettuale e industriale, in particolare quando la microimpresa in questione intenda o abbia la possibilità di fare affari in altri Stati membri nell'Unione europea,

V.

considerando che l'accesso ai dati creditizi dei potenziali mutuatari faciliterebbe la concessione di microcredito,

W.

considerando che occorre promuovere la ricerca e lo scambio delle migliori pratiche riguardanti il microcredito, ad esempio per quanto riguarda le metodologie innovative di concessione, tutela e attenuazione del rischio e il grado di efficacia di tali approcci nell'ambito dell'Unione Europea anche in rapporto alle categorie di destinatari,

X.

considerando che il ruolo degli intermediari dovrebbe essere esaminato a fondo allo scopo di prevenire gli abusi e di considerare altri metodi per stabilire credibilità presso i mutuatari (per esempio, attraverso gruppi di sostegno reciproco),

Y.

considerando che dovrebbe essere definito un quadro comunitario per gli MFI non bancari, e che la Commissione dovrebbe sviluppare un meccanismo di supporto al microcredito che rimanga neutrale fra tali fornitori di microcredito,

Z.

considerando che le persone che non hanno dimora stabile o non posseggono documenti d'identità personali non dovrebbero essere escluse dal microcredito in virtù della normativa relativa alla prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo,

AA.

considerando che le regole comunitarie di concorrenza dovrebbero essere adattate al fine di ridurre gli ostacoli alla concessione di microcredito,

AB.

considerando che le norme comunitarie in materia di appalti pubblici dovrebbero favorire i beneficiari di microcredito,

1.

chiede alla Commissione di presentargli, sulla base degli articoli 44, 47, paragrafo 2 e 95 del trattato CE, una o più proposte legislative che coprano le questioni trattate nelle raccomandazioni particolareggiate esposte in appresso;

2.

conferma che tali raccomandazioni rispettano il principio di sussidiarietà e i diritti fondamentali dei cittadini;

3.

ritiene che le incidenze finanziarie della proposta o delle proposte richieste dovrebbero essere eventualmente coperte mediante gli stanziamenti di bilancio dell'Unione europea;

4.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione e le raccomandazioni particolareggiate figuranti in allegato alla Commissione e al Consiglio nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.


(1)  GU C 175 E del 10.7.2008, pag. 392.

(2)  GU L 124 del 20.5.2003, pag. 36.

(3)  GU L 310 del 9.11.2006, pag. 15.

(4)  GU L 177 del 30.6.2006, pag. 1.

(5)  GU L 309 del 25.11.2005, pag. 15.

(6)  GU L 379 del 28.12.2006, pag. 5.

(7)  GU L 337 del 21.12.2007, pag. 35.

(8)  GU L 134 del 30.4.2004, pag. 1.

(9)  GU L 134 del 30.4.2004, pag. 114.

(10)  Testi approvati, P6_TA(2008)0199.


Martedì 24 marzo 2009
ALLEGATO

ALLEGATO ALLA RISOLUZIONE: RACCOMANDAZIONI DETTAGLIATE SUL CONTENUTO DELLA PROPOSTA RICHIESTA

1.     Raccomandazione 1: sulla sensibilizzazione in materia di microcredito

Il Parlamento europeo ritiene che l’atto legislativo da adottare dovrebbe avere l’obiettivo di disciplinare la materia nel modo seguente:

(a)

La Commissione dovrebbe prevedere l’introduzione del concetto di microcredito nelle statistiche e nella legislazione relative alle istituzioni finanziarie. Le statistiche sul microcredito dovrebbero tenere conto delle cifre relative al PIL pro capite negli Stati membri distinguendo tra imprese a carattere individuale o familiare e imprese con dipendenti non appartenenti alla famiglia, al fine di favorire una discriminazione positiva a favore delle prime.

(b)

La Commissione dovrebbe invitare gli Stati membri a standardizzare la presentazione statistica dei microcrediti, compresa la raccolta e analisi dei dati disaggregati per genere, età e origine etnica;

(c)

La Commissione dovrebbe elaborare una strategia di comunicazione allo scopo di promuovere il lavoro autonomo come alternativa al salariato, in particolare come modo di sfuggire alla disoccupazione per le categorie svantaggiate di destinatari.

(d)

La Commissione dovrebbe invitare gli Stati membri ad introdurre incentivi di natura fiscale per la partecipazione privata nel settore del microcredito.

(e)

La Commissione dovrebbe invitare gli Stati membri a restringere l’applicazione di limiti massimi per gli interessi applicati al credito al consumo; gli Stati membri dovrebbero comunque poter applicare un meccanismo capace di escludere tassi d’interesse eccezionalmente elevati.

(f)

La Commissione dovrebbe vagliare, alla luce della recente crisi dei crediti subprime, i vantaggi e gli svantaggi delle forme dirette di microcredito rispetto agli strumenti di credito cartolarizzato.

(g)

La Commissione dovrebbe disporre che gli Stati membri analizzino e riferiscano specificamente sugli sforzi compiuti ed i risultati ottenuti nel campo del microcredito nelle loro relazioni annuali sui programmi nazionali di riforma connessi agli orientamenti integrati per la crescita e l’occupazione previsti nella strategia di Lisbona rivista. La Commissione dovrebbe affrontare esplicitamente il tema del microcredito nella sua relazione annuale sullo stato di avanzamento.

2.     Raccomandazione 2: sul finanziamento UE

Il Parlamento europeo ritiene che l’atto legislativo da adottare dovrebbe avere l’obiettivo di disciplinare i seguenti punti:

(a)

La Commissione dovrebbe provvedere al finanziamento o cofinanziamento di progetti relativi ai seguenti punti, a condizione che tali forme di finanziamento abbiano lo scopo specifico di promuovere la disponibilità di microcredito per tutte le persone e le imprese che non abbiano accesso diretto al credito, abitualmente definite dagli Stati membri, nell’ambito della loro giurisdizione, quali gruppi bersaglio svantaggiati (come la comunità rom, gli immigrati, le persone che vivono in aree rurali svantaggiate, le persone che si trovano in situazioni di lavoro precario e le donne):

(i)

il rilascio di garanzie per gli erogatori di microcredito da parte di fondi nazionali o dell’Unione europea;

(ii)

la prestazione di servizi a sostegno delle imprese come servizi aggiuntivi per i beneficiari di microcredito, da parte sia degli erogatori di microcredito sia di terzi, che dovrà includere una formazione mirata obbligatoria con periodiche valutazioni rivolta ai beneficiari, con la possibilità che detta formazione sia finanziata mediante i Fondi strutturali;

(iii)

la ricerca e lo scambio delle migliori pratiche di gestione, per esempio per quel che riguarda garanzie collaterali alternative, metodologie non tradizionali di valutazione del merito creditizio, sistemi di scoring (punteggio di affidabilità) e ruolo degli intermediari;

(iv)

la creazione di un sito web in cui i potenziali beneficiari di microcredito possano presentare i propri progetti a coloro che sono disposti a prestare denaro per sostenerli; nonché

(v)

la creazione di un database a livello di Unione europea che includa le informazioni creditizie sia positive che negative riguardanti i beneficiari di microcredito.

(b)

Al fine di evitare sovrapposizioni, la Commissione dovrebbe:

(i)

designare un’unica entità di coordinamento che riunisca tutte le attività finanziarie nell’Unione europea connesse al microcredito; nonché

(ii)

finanziare o cofinanziare i progetti soltanto qualora essi possono essere associati al mantenimento dei diritti di sicurezza sociale quali l’assegno di disoccupazione e l’aiuto al reddito, in base all’analisi del fornitore di servizi alle imprese, che dovrebbe tener conto dei risultati dell’impresa e dello standard di vita minimo nel paese.

3.     Raccomandazione 3: su un quadro armonizzato dell’Unione europea per gli MFI non bancari

Il Parlamento europeo ritiene che l’atto legislativo da adottare dovrebbe avere l’obiettivo di disciplinare la materia nel modo seguente:

La Commissione dovrebbe proporre atti legislativi che forniscano un quadro a livello europeo per gli MFI bancari e non bancari. Il quadro degli MFI non bancari dovrebbe includere:

(a)

una chiara definizione di erogatori di microcredito, che stabilisca che questi non accettano depositi e non si possono pertanto considerare istituzioni finanziarie ai sensi della direttiva 2006/48/CE;

(b)

la capacità di condurre esclusivamente attività di erogazione di credito;

(c)

la capacità di concedere nuovamente crediti; nonché

(d)

regole armonizzate e basate su criteri di rischio per quanto concerne l’autorizzazione, la registrazione, la comunicazione di informazioni e la vigilanza prudenziale.

4.     Raccomandazione 4: sulla direttiva 2005/60/CE

Il Parlamento europeo ritiene che l’atto legislativo da adottare dovrebbe avere l’obiettivo di disciplinare la materia nel modo seguente:

La Commissione dovrebbe, in sede di revisione della direttiva 2005/60/CE, assicurare che le disposizioni ivi contenute non siano d’ostacolo nell’accesso al microcredito a quelle persone che non dispongano di un indirizzo permanente o di documenti d’identità personali, prevedendo una deroga speciale alle disposizioni riguardanti gli obblighi di diligenza nei confronti della clientela.

5.     Raccomandazione 5: sulle regole comunitarie di concorrenza

Il Parlamento europeo ritiene che l’atto legislativo da adottare dovrebbe avere l’obiettivo di disciplinare la materia nel modo seguente:

(a)

La Commissione, in sede di revisione delle norme sugli aiuti de minimis, dovrebbe prevedere:

(i)

la differenziazione dei limiti degli aiuti de minimis fra uno Stato membro e l’altro allorché si tratta di supporto finanziario per gli erogatori di microcredito,

(ii)

l’abolizione della discriminazione nella concessione di aiuti de minimis alle imprese del settore agricolo, se l’aiuto viene concesso nel quadro del microcredito; nonché

(iii)

la riduzione degli oneri amministrativi se l’aiuto viene concesso nel quadro del microcredito.

(b)

La Commissione dovrebbe sancire che il ruolo svolto dagli erogatori di microcredito non bancari, e se del caso il sostegno pubblico che tali istituzioni ricevono, sono in linea con le regole comunitarie di concorrenza.

(c)

La Commissione dovrebbe applicare norme che consentano il trattamento preferenziale ai beni e servizi forniti dai beneficiari di microcredito nelle procedure pubbliche di appalto.


Mercoledì 25 marzo 2009

6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/91


Mercoledì 25 marzo 2009
Metodo ABB-ABM quale strumento di gestione per l'assegnazione delle risorse di bilancio

P6_TA(2009)0173

Risoluzione del Parlamento europeo del 25 marzo 2009 sul metodo ABB-ABM quale strumento di gestione per l'assegnazione delle risorse di bilancio (2008/2053(INI))

2010/C 117 E/15

Il Parlamento europeo,

visto l'articolo 45 del suo regolamento,

vista la relazione della commissione per i bilanci (A6-0104/2009),

A.

considerando che le istituzioni dell'Unione europea hanno adottato la gestione per attività (ABM, Activity Based Management), il bilancio per attività (ABB, Activity Based Budgeting) e il ciclo di pianificazione e programmazione strategica (SPP, Strategic Planning and Programming Cycle), a seguito del Libro bianco sulla riforma del 2000 («riforma Kinnock»), quali elementi di un nuovo impegno per una gestione maggiormente orientata sui risultati per quanto riguarda la Commissione e i programmi dell'Unione europea in generale,

B.

considerando che, nella pratica, tali nozioni sono state pertanto introdotte durante il mandato della Commissione Prodi e nel quadro dei suoi obiettivi strategici quinquennali per il periodo 2000-2005, che comprendevano sia un ciclo SPP annuale, sia un ciclo ABM-ABB corrispondente sul versante delle risorse,

C.

considerando che l'obiettivo ultimo di tale processo era, ovviamente, quello di garantire, attraverso un miglior collegamento tra le politiche e il processo di assegnazione delle risorse, che le scarse risorse provenienti dai contribuenti fossero utilizzate nel miglior modo possibile in vista del conseguimento di una serie di priorità politiche concordate, il che significava che le istituzioni dell’Unione europea dovevano porre in essere i meccanismi per raggiungere tale obiettivo in modo non burocratico ed efficiente,

D.

considerando che la riforma mirava nel contempo ad accrescere l'efficienza della gestione e dell'esecuzione, a offrire una maggior libertà d'azione e a definire più chiaramente le responsabilità e gli obblighi di rendicontazione individuali,

E.

considerando che l'autorità di bilancio ha naturalmente attribuito la massima importanza all'utilizzazione ottimale di risorse scarse e ritiene ora che sia giunto il momento di fare il punto sui progressi compiuti finora e di imprimere nuovo slancio ad alcuni miglioramenti supplementari, che potrebbero dotare le istituzioni dell'Unione europea di sistemi di alta qualità orientati sui risultati,

F.

considerando che si sono già verificati cambiamenti significativi di carattere positivo per quanto riguarda l'approccio globale e la mentalità con cui si guarda a tali questioni, ma che, allo stesso tempo, vi è ancora un considerevole margine per ulteriori miglioramenti nella gestione delle risorse esistenti,

Osservazioni generali

1.

ritiene che l'attuazione dell'ABM-ABB sia stata un successo e abbia prodotto un importante cambiamento culturale in seno alla Commissione, contribuendo nel contempo a chiarire le responsabilità e gli obblighi di rendicontazione a livello individuale e rendendo la gestione più efficace e trasparente e maggiormente orientata sui risultati;

2

richiama l'attenzione sul fatto che vi è ancora il rischio reale di una burocratizzazione della Commissione a causa della proliferazione di norme gravose e procedure farraginose; chiede pertanto che si sviluppino ulteriormente le procedure e la gestione a tutti i livelli dei servizi della Commissione;

3.

ritiene che gli obiettivi strategici quinquennali della Commissione – che in ultima analisi costituiscono il fondamento politico della sua programmazione globale – e il modo in cui essi vengono tradotti ogni anno nella strategia politica annuale (SPA) dovrebbero essere meglio collegati al quadro finanziario pluriennale (QFP), al fine di ottimizzarne i tempi e l'adozione nel quadro di una strategia coerente dotata delle risorse corrispondenti, e ritiene pertanto che il QFP stesso dovrebbe coprire un periodo di cinque anni;

4.

è dell'avviso che, attualmente, i programmi dell'Unione europea sono sottoposti ad ampie verifiche sotto il profilo dei controlli e della legalità, ma che purtroppo non viene riservata la stessa attenzione ai risultati concreti ottenuti nel periodo di programmazione; ritiene che in sede di valutazione delle prestazioni annuali globali della Commissione, anche nell'ambito della procedura di discarico, si dovrebbe prestare un'attenzione molto maggiore ai risultati ottenuti;

Responsabilità

5.

sottolinea che è fondamentale un'identificazione e ripartizione chiara delle responsabilità affinché le politiche dell'Unione europea producano risultati e le risorse di bilancio siano utilizzate in modo proficuo; sottolinea che la responsabilità politica spetta ai membri della Commissione; sottolinea parimenti che essi sono inoltre pienamente responsabili, davanti al Parlamento, dell'attuazione di una gestione sana ed efficace, nei rispettivi dipartimenti e a livello della Commissione nel suo complesso; sottolinea che per garantire il successo sono fondamentali buone relazioni tra le istituzioni, improntate a uno spirito di apertura e fiducia reciproca;

6.

ritiene della massima importanza che, in quanto organo esecutivo responsabile, la Commissione disponga di mezzi e di un margine di manovra adeguati, ma reputa altresì che essa debba riferire con estrema chiarezza in merito agli obiettivi raggiunti e all'utilizzo delle risorse umane e finanziarie assegnate; ritiene meno importante – dal punto di vista di un'autorità di bilancio – sapere con esattezza come gli obiettivi siano stati raggiunti e quali siano le modalità di funzionamento interne della Commissione; è dunque fautore di un maggior grado di autonomia al riguardo; invita la Commissione ad analizzare l'attuale ciclo ABB-SPP per accertarsi che esso sia coerente con quanto indicato e a presentare le proposte di modifica che possano risultare pertinenti;

7.

è dell’avviso che la Commissione dovrebbe stabilire indicatori quantitativi e qualitativi chiari per misurare il conseguimento degli obiettivi politici e amministrativi, rendendoli comparabili nel tempo;

8.

ricorda che anche ai direttori generali delle DG della Commissione (ordinatori delegati) incombono responsabilità amministrative e di gestione, quali definite dalle pertinenti disposizioni dello statuto dei funzionari e dal principio della sana gestione finanziaria contenuto nel regolamento finanziario, segnatamente per quanto concerne l'attuazione efficiente, efficace e, ovviamente, giuridicamente corretta dei programmi e delle politiche;

9.

ritiene che, nella maggior parte dei settori, il problema di una catena delle responsabilità chiara – che non deve avere troppi livelli, né essere eccessivamente burocratica – può essere ancora la causa della mancanza di un senso di «responsabilità» su questioni specifiche all'interno della Commissione; auspica orientamenti chiari in proposito per quanto riguarda l'esecuzione dei programmi e/o del bilancio e la misura in cui la questione della gestione per attività e del bilancio per attività influenzano la materia;

10.

accoglie favorevolmente, a questo proposito, ogni ulteriore attività intesa a chiarire le responsabilità dei singoli attori e ad accrescere il senso di responsabilità all'interno dell'organizzazione; ritiene altresì, sempre a questo proposito, che possa rivelarsi di fondamentale importanza utilizzare e integrare in modo efficace l'ABB-ABM quale «strumento di successo», in luogo di considerarlo un aggravio amministrativo; invita la Commissione a continuare su questa strada e a presentare adeguate proposte per proseguire in tal senso;

Feedback

11.

ritiene che il modo in cui i risultati e le risorse assegnate vengono sintetizzati e presentati praticamente nelle relazioni annuali d'attività lasci ancora a desiderare, se confrontato al tempo dedicato ad attività amministrative collegate alla presentazione degli obiettivi e delle risorse necessarie nelle fasi preparatorie, ossia SPA, piani di gestione annuali (PGA) e schede di attività; reputa necessari ulteriori progressi a questo proposito, attraverso i quali i servizi collettivi della Commissione assumano in modo positivo la «responsabilità» del processo;

12.

sottolinea la necessità reale che vengano presentate relazioni migliori e di facile lettura sui risultati, affinché il Parlamento possa svolgere i propri compiti legislativi, di bilancio e di audit; ritiene che, nel quadro della procedura annuale di bilancio, dovrebbe essere messa a disposizione del Parlamento europeo e del Consiglio una versione più stringata delle relazioni annuali d'attività pertinenti e della corrispondente relazione di sintesi, in cui figurino anche i risultati e i costi;

13.

giudica una grave carenza il fatto che, sinora, con la SPA e le informazioni di bilancio ad essa parallele che confluiscono nel progetto preliminare di bilancio (PPB) sono state introdotte nuove priorità senza identificare «priorità negative», con la conseguenza che nell'intero ciclo vi è la tendenza ad aggiungere una priorità dopo l'altra senza prendere decisioni politiche in merito a questioni che, dato il carattere limitato delle risorse disponibili provenienti dai contribuenti, occorre ridimensionare per dar spazio alle priorità fondamentali; sottolinea che tale prassi è in netta contraddizione con i principi basilari della riforma; constata con preoccupazione che i limiti rigidi del QFP lasciano un margine di manovra molto scarso;

14.

prende atto delle proposte intese a migliorare la coerenza tra i piani di gestione annuali e le schede di attività pubblicate con il PPB, in modo da ridurre l'onere amministrativo del processo di pianificazione e programmazione strategica, mantenendo nel contempo il collegamento tra gli obiettivi e i «risultati» misurati; ritiene che il PGA debba essere rivisto e chiede alla Commissione di intervenire con rapidità;

15.

non è ancora convinto, di conseguenza, del fatto che il processo SPP-ABM tenga conto in maniera adeguata delle «lezioni del passato» e dei risultati precedenti nonché delle modalità per integrare tali informazioni nel sistema in vista degli anni a venire; osserva che questa problematica è collegata anche al modo in cui la vasta gamma di studi e valutazioni effettuati dalla Commissione viene presa in considerazione e influenza, come dovrebbe essere, il processo di assegnazione delle risorse; propone pertanto di esigere più chiaramente, negli orientamenti per le valutazioni, un collegamento con le revisioni dei programmi e con la procedura di bilancio; propone inoltre di includere nella relazione annuale di attività un capitolo dedicato alle «lezioni del passato»;

16.

ritiene che il ciclo SPP-ABM dovrebbe includere anche una valutazione dei rischi collegati al conseguimento degli obiettivi politici prefissati;

17.

ritiene che, come proposta pratica per migliorare i risultati dei programmi dell'UE, sia necessario utilizzare meglio gli attuali cicli di gestione e di bilancio in sede di elaborazione del nuovo bilancio; osserva che, in termini tecnici, ciò significa che, per l'attuale procedura (bilancio 2010), le relazioni annuali d'attività per il 2008 e la relativa relazione di sintesi - contenenti i risultati e indicanti se gli obiettivi sono stati raggiunti – dovranno essere disponibili in tempo utile ed essere utilizzate in modo più ampio in tutte le proposte formulate dalla Commissione nel corso del 2009; sottolinea l'auspicio che si traggano «conseguenze sistematiche» dai progressi realizzati quanto alle priorità e agli obiettivi precedenti; critica il fatto che, da un esercizio all'altro, non venga prestata attenzione adeguata a quanto è stato fatto in relazione a priorità e obiettivi e al modo in cui tutto ciò dovrebbe riflettersi sugli anni a venire;

18.

valuta positivamente i miglioramenti avvenuti a livello delle schede d'attività presentate con il PPB per giustificare le risorse richieste; deplora tuttavia il fatto che, a volte, le informazioni non siano ancora della qualità richiesta per motivare, ad esempio, un aumento della dotazione di bilancio, così come si rammarica del fatto che, sinora, l'autorità di bilancio non abbia ritenuto opportuno premiare le «buone prestazioni» e, viceversa, mantenere immutata o addirittura ridurre la dotazione dei dipartimenti che presentano risultati inadeguati;

A livello dei servizi della Commissione

19.

ritiene che gli obiettivi e i programmi a lungo termine, ossia il QFP e gli obiettivi strategici quinquennali, così come la SPA, debbano essere illustrati meglio e collegati all'attività delle singole DG e dei singoli servizi, in quanto elementi importanti per motivare i membri dell'organico e far sentire loro che essi partecipano agli obiettivi prioritari dell'organizzazione nel suo complesso e che contribuiscono alla loro realizzazione; chiede pertanto alla Commissione di collegare più chiaramente le priorità positive e negative nei PGA e nelle relazioni annuali di attività con gli obiettivi pluriennali e strategici globali;

20.

ritiene altresì che, sfortunatamente, nel complesso non vi sia un vero tentativo di valutare gli obiettivi strategici in termini di progressi realizzati; reputa, ad esempio, che si potrebbe effettuare una revisione intermedia del modo in cui gli obiettivi strategici sono stati raggiunti, e che ogni DG potrebbe partecipare al processo indicando le misure prese, le risorse utilizzate e la misura in cui ciò ha contribuito al raggiungimento degli obiettivi globali; sottolinea che, per poter realizzare praticamente tutto ciò, anche gli obiettivi e gli indicatori utilizzati per misurare i risultati dovrebbero essere definiti, per quanto possibile, in tale contesto strategico;

21.

sottolinea che, in ultima analisi, una siffatta partecipazione costituisce anche la chiave di una gestione responsabile delle risorse ai livelli operativi ed è inoltre un elemento fondamentale, ad esempio, per incoraggiare le unità a individuare metodi di lavoro efficienti, conseguire risparmi ove possibile, cooperare con altri servizi, ecc.;

22.

ritiene che occorra sviluppare l'ABB-ABM in modo da consentire una maggiore trasparenza e una precisazione della ripartizione delle responsabilità tra le funzioni centrali della Commissione e quelle decentralizzate e da fornire orientamenti chiari - punto, questo, particolarmente importante - circa cifre e costi relativi al personale/alle risorse assegnati a funzioni di sostegno amministrativo e di coordinamento, incluso il sostegno allo stesso ciclo ABB-ABM, per contribuire in questo modo a trovare il giusto equilibrio tra approccio centralizzato e approccio decentrato;

Osservazioni conclusive

23.

chiede alla Commissione di integrare maggiormente e razionalizzare il ciclo SPP-ABM, affinché al momento dell'assegnazione delle risorse umane e finanziarie si possa tener conto dei risultati effettivamente ottenuti nell'esecuzione delle politiche e delle attività; sottolinea che ciò dovrebbe tradursi anche nell'individuazione di eventuali «priorità negative»;

24.

ritiene che si dovrebbe prendere maggiormente in considerazione la possibilità di trasformare la SPA in un esercizio che consenta di tenere sistematicamente conto dei risultati degli anni precedenti, contribuendo in tal modo anche alla riduzione dell'onere amministrativo per la Commissione;

25.

sottolinea che sarebbe necessario anche semplificare e migliorare la presentazione del contenuto di documenti fondamentali del processo SPP-ABM, come le relazioni annuali d'attività e le relazioni di sintesi della Commissione, affinché rispondano maggiormente alle esigenze dell'autorità di bilancio e di discarico;

26.

insiste sul fatto che tale evoluzione non dovrebbe tradursi in un aumento del carico di lavoro amministrativo; invita pertanto la Commissione a effettuare un'analisi dettagliata dei costi amministrativi del ciclo SPP-ABM, onde individuare le possibilità di semplificazione amministrativa, e a verificare attentamente l'adeguatezza delle risorse umane assegnate, soprattutto per quanto riguarda le attività di programmazione e budgettizzazione;

27.

invita la Commissione a comunicargli i risultati di tale analisi nel quadro della prossima relazione di screening, nonché ad informarlo in merito alle misure attuate e ai progressi realizzati rispetto alle richieste avanzate nella presente risoluzione anteriormente alla prima lettura in Parlamento del bilancio 2010;

28.

ritiene che sia opportuno dare maggior rilievo alla definizione di criteri qualitativi che devono essere rispettati dalle informazioni sui risultati conseguiti;

29.

chiede altresì alla Commissione di mantenerlo informato sulle misure prese per valutare e migliorare l'efficienza e l'efficacia organizzativa, in particolare con riferimento alla ripartizione delle funzioni di sostegno amministrativo e di coordinamento tra il livello centrale e i livelli operativi all'interno della Commissione;

30.

sottolinea che il collegamento tra relazioni annuali d'attività, SPA e PPB della Commissione dovrebbe essere più chiaro e che si dovrebbe promuovere l'armonizzazione delle attività di programmazione e budgetizzazione in una prospettiva pluriennale, collegando meglio tra loro QFP, piano strategico della Commissione e SPA;

31.

ritiene che tali miglioramenti renderebbero l'ABB-ABM uno strumento efficace ai fini di un bilancio orientato sui risultati e promuoverebbero all'interno della Commissione una cultura della responsabilità e della rendicontazione;

32.

ritiene che il Parlamento dovrebbe esaminare in che modo utilizza le informazioni sui risultati conseguiti, tratte dai documenti SPP-ABM, al fine di rafforzare il dialogo con la Commissione;

*

* *

33.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/95


Mercoledì 25 marzo 2009
Revisione intermedia del quadro finanziario 2007-2013

P6_TA(2009)0174

Risoluzione del Parlamento europeo del 25 marzo 2009 sulla revisione intermedia del quadro finanziario 2007-2013 (2008/2055(INI))

2010/C 117 E/16

Il Parlamento europeo,

visto il trattato CE, in particolare gli articoli da 268 a 280,

visto il processo in corso per la ratifica del trattato di Lisbona,

visto l'accordo interistituzionale (AII) del 17 maggio 2006 tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione sulla disciplina di bilancio e la sana gestione finanziaria (1),

vista la sua risoluzione dell'8 giugno 2005 sulle sfide e i mezzi finanziari dell'Unione allargata nel periodo 2007-2013 (2),

visto il documento di lavoro della Commissione del 3 novembre 2008 dal titolo «Riformare il bilancio, cambiare l'Europa» (SEC(2008)2739),

visti i risultati della Conferenza sul tema «Riformare il bilancio, cambiare l'Europa», organizzata dalla Commissione il 12 novembre 2008,

viste le sue risoluzioni del 13 dicembre 2007 sul progetto di bilancio generale dell'Unione europea per il 2008 (tutte le sezioni) (3) e del 18 dicembre 2008 sul progetto di bilancio generale dell'Unione europea per il 2009 (tutte le sezioni) (4),

vista la sua risoluzione del 29 marzo 2007 sul futuro delle risorse proprie dell'Unione europea (5),

vista la sua risoluzione del 12 dicembre 2007 sulla proposta modificata di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica dell'accordo interistituzionale del 17 maggio 2006 sulla disciplina di bilancio e la sana gestione finanziaria con riguardo al quadro finanziario pluriennale (6),

vista la sua posizione del 4 dicembre 2008 sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce uno strumento di risposta rapida all'impennata dei prezzi alimentari nei paesi in via di sviluppo (7),

vista la sua risoluzione del 21 febbraio 2008 sulla quarta relazione sulla coesione economica e sociale (8),

vista la sua risoluzione del 12 marzo 2008 sulla «valutazione dello stato di salute» della PAC (9),

viste le conclusioni dei Consigli europei del 15 e 16 dicembre 2005, del 21 e 22 giugno 2007 e dell'11 e 12 dicembre 2008,

vista la risposta della Corte dei conti europea alla comunicazione della Commissione «Riformare il bilancio, cambiare l'Europa» (SEC(2007)1188),

visto l'articolo 45 del suo regolamento,

visti la relazione della commissione per i bilanci e i pareri della commissione per gli affari esteri, della commissione per lo sviluppo, della commissione per il controllo dei bilanci, della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, della commissione per lo sviluppo regionale e della commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale (A6-0110/2009),

A.

considerando che il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione hanno approvato l'AII del 17 maggio 2006 sulla disciplina di bilancio e la sana gestione finanziaria («AII del 17 maggio 2006») dopo intense trattative basate sulla posizione negoziale assunta dal Parlamento europeo l'8 giugno 2005 alla luce di un'approfondita analisi delle esigenze volta ad individuare le priorità politiche, nonché sull'accordo raggiunto dagli Stati membri nel 2005,

B.

considerando che l'AII del 17 maggio 2006 stabilisce che la Commissione preparerà, entro la fine del 2009, una relazione sul funzionamento dell'AII ed invita la Commissione a procedere a una revisione generale ed approfondita comprendente tutti gli aspetti relativi alle spese dell'Unione europea, compresa la politica agricola comune, e alle risorse, inclusa la correzione per il Regno Unito, e a presentarla nel 2008-2009,

C.

considerando che nel settembre 2007 la Commissione ha avviato un'ampia consultazione pubblica, alla quale sono pervenuti più di 300 contributi, e che il 12 novembre 2008 ha organizzato una conferenza sul tema «Riformare il bilancio, cambiare l'Europa», che ha costituito il primo passo del processo di revisione,

D.

considerando che la Commissione intende presentare una comunicazione sui principali orientamenti che dovrebbero informare il nuovo quadro finanziario al più tardi nell'autunno 2009 e che essa dovrebbe presentare una relazione sul funzionamento dell'AII del 17 maggio 2006 (seconda fase del processo), mentre le proposte per il prossimo quadro finanziario pluriennale (QFP) e AII saranno presentate dalla nuova Commissione (terza fase) nel corso del 2010,

E.

considerando che il processo di ratifica del trattato di Lisbona non è stato ancora completato,

F.

considerando che le disposizioni finanziarie del trattato di Lisbona stabiliscono che il QFP sarà giuridicamente vincolante ai sensi del trattato sul funzionamento dell'Unione europea e avrà una durata di «almeno cinque anni»,

G.

considerando che il trattato di Lisbona prevede un ampliamento delle competenze dell'Unione europea, che potrebbe comportare un certo numero di nuove politiche per le quali potrebbero rendersi necessari basi giuridiche e finanziamenti appropriati,

H.

considerando che le istituzioni dovrebbero assicurare che il calendario del prossimo quadro finanziario garantisca la legittimità democratica e, per quanto possibile, la corrispondenza con i mandati della Commissione e del Parlamento, tenendo conto dell'eventuale proroga e adeguamento dell'attuale QFP sino al 2015/2016,

I.

considerando che la designazione di una nuova Commissione e le audizioni previste in tale contesto dovrebbero consentire al Parlamento neoeletto di consultare e valutare i nuovi Commissari sulla base delle loro rispettive priorità politiche e delle risorse finanziarie ritenute necessarie a tal fine,

J.

considerando che la valutazione intermedia dei programmi legislativi in corso, prevista nel 2010-2011, dovrebbe costituire una base importante per le successive valutazioni dei programmi in corso e delle priorità future, e che di essa si dovrebbe tener conto nell'ambito di un'eventuale proroga e adeguamento dell'attuale quadro finanziario sino alla fine del 2015/2016,

1.

ricorda che il Parlamento ha contribuito in ampia misura alla definizione del QFP 2007-2013 e dell'AII del 17 maggio 2006, assicurando parallelamente la continuità della legislazione comunitaria con l'avvio di un gran numero di programmi pluriennali; ritiene che la maggior parte delle raccomandazioni contenute nella relazione del Parlamento siano ancora valide in quanto basate su un approccio dal basso che coniuga i doveri e le promesse con le necessarie risorse di bilancio; in tale contesto, ritiene che alcuni principi fondamentali e orientamenti basati sull'esperienza passata dovrebbero essere trasmessi al nuovo Parlamento;

Un approccio in tre fasi

2.

si compiace dell'iniziativa assunta dalla Commissione di organizzare un'ampia consultazione aperta volta ad individuare nuove idee e tendenze emergenti; ricorda tuttavia che, entro i limiti imposti dalle prerogative proprie di ciascuna istituzione, il Parlamento si riserva di vagliare altre soluzioni e riflessioni sulla base delle consultazioni e delle audizioni da esso pianificate;

3.

ritiene che, nel corso degli ultimi due anni dall'entrata in vigore dell'attuale QFP (2007-2013) e dell'AII del 17 maggio 2006, siano stati realizzati alcuni progressi nel quadro dei tre pilastri indicati dal Parlamento nella sua risoluzione del 17 maggio 2006 sulla conclusione di un accordo interistituzionale (10): conciliare priorità politiche ed esigenze finanziarie, ammodernare la struttura del bilancio e migliorare la qualità dell'esecuzione del bilancio dell'Unione europea; rileva tuttavia che vi è ancora un margine di miglioramento, dato, ad esempio, dall'applicazione della già approvata dichiarazione di affidabilità (déclaration d'assurance, DAS), dalla semplificazione delle norme e dall'ottimizzazione dell'utilizzo dei fondi già stanziati ma largamente sottoutilizzati;

4.

ribadisce di essere consapevole del fatto che nell'accordo finale non si è trovata una soluzione per diverse carenze, ad esempio l'introduzione di dichiarazioni di gestione nazionali e regionali; sottolinea che era emersa le necessità di finanziamenti supplementari per le priorità politiche dell'UE, in particolare per Galileo, l'Istituto europeo di tecnologia (IET) e lo Strumento alimentare, e che una soluzione è stata trovata grazie all'utilizzo di strumenti offerti dall'AII del 17 maggio 2006; osserva che lo stesso Consiglio non è stato in grado di applicare l'accordo del Consiglio europeo volto a destinare 5 000 000 000 EUR del bilancio dell'Unione europea al piano di rilancio e di sostegno della congiuntura; ritiene che agli attuali QFP e AII sarà necessario apportare ulteriori adeguamenti sulla base di una revisione adeguata e ambiziosa;

5.

rileva che occorre distinguere fra la revisione di alcuni programmi nell'ambito dell'attuale QFP - basata sulla valutazione intermedia della legislazione prevista nel 2010-2011, sulle sfide attuali derivanti da un finanziamento insufficiente delle rubriche 4 e 1a, nonché sulle nuove sfide, quali l'energia, il cambiamento climatico, la cittadinanza, la libertà, la sicurezza e la giustizia, la lotta contro la criminalità organizzata transfrontaliera, la politica estera e di sicurezza comune (PESC) e altre politiche legate alle nuove competenze previste dal trattato di Lisbona - e la preparazione del nuovo QFP; rileva che in caso di proroga dell'attuale QFP un'ambiziosa revisione intermedia costituirebbe un presupposto più che mai necessario;

6.

fa presente che l'attuale situazione e una serie di incertezze connesse al processo di ratifica del trattato di Lisbona, da un lato, e la fine dell'attuale legislatura, l'esito delle elezioni europee e la costituzione della nuova Commissione nell'attuale contesto economico, dall'altro, non consentiranno di assumere posizioni dettagliate in vista di una revisione ambiziosa nei prossimi mesi; sottolinea tuttavia che un'ambiziosa revisione dovrebbe essere una priorità urgente del nuovo Parlamento e della nuova Commissione;

7.

ritiene pertanto che una revisione intermedia realistica dovrebbe svolgersi in tre fasi:

(a)

(i)

soluzione del problema dei deficit e dei residui nell'ambito delle procedure annuali di bilancio, possibilmente grazie ad una maggiore flessibilità e, se necessario, utilizzando una parte del margine residuo al di sotto del massimale delle risorse proprie,

(ii)

analisi della valutazione intermedia,

(b)

(i)

preparazione dell'eventuale proroga e adeguamento dell'attuale QFP sino al 2015/2016, in modo da assicurare un'agevole transizione verso un sistema di QFP della durata di cinque anni, che attribuirebbe a ciascun Parlamento e a ciascuna Commissione, durante i loro rispettivi mandati, la responsabilità politica per ogni QFP,

(ii)

eventuali adeguamenti e proroghe dei programmi in corso, secondo quanto previsto dalla legislazione (2010-2011), in linea con l'eventuale proroga del QFP, come già richiesto in varie occasioni dal Parlamento,

(c)

preparazione del prossimo QFP che entrerà in vigore nel 2016/2017; questa fase sarà di competenza del Parlamento eletto nel 2014;

Principi generali

8.

ricorda che il massimale delle risorse proprie rappresenta l'1,31 % dell'RNL dell'Unione europea in impegni e l'1,24 % dell'RNL in pagamenti; ricorda altresì che ogni anno rimangono inutilizzati margini significativi al di sotto del massimale stabilito dal quadro finanziario, specialmente per gli stanziamenti di pagamento (8 300 000 000 EUR nel 2007, 13 000 000 000 EUR nel 2008, 7 800 000 000 EUR nel 2009); segnala inoltre i cospicui margini esistenti tra il massimale del QFP e quello delle risorse proprie dell'Unione europea (11) (36 600 000 000 EUR nel 2010, 44 200 000 000 EUR nel 2011, 45 000 000 000 EUR nel 2012 e 50 600 000 000 EUR nel 2013) (12);

9.

conferma la propria posizione, espressa nella summenzionata risoluzione del 29 marzo 2007 nella quale ha sottolineato che «il legame politico tra riforma delle entrate e revisione delle spese è inevitabile e perfettamente ragionevole»; ritiene che i due processi dovrebbero svolgersi in parallelo con l'obiettivo di convergere in una riforma globale e integrata per un nuovo sistema di finanziamento e di spesa dell'Unione europea al più tardi per il QFP in vigore dal 2016/2017, il che significa che il lavoro preparatorio, inclusa la ratifica, dovrà essere svolto in anticipo; chiede che sia valutato un sistema in base al quale i benefici e gli oneri degli Stati membri si attestino, in linea generale, a un livello più adeguato;

10.

ritiene che l'entità delle risorse dell'Unione europea non debba essere influenzata dall'attuale crisi economica mondiale, anche se l'RNL degli Stati membri cesserà di avere un andamento in continua crescita; è convinto pertanto che la spesa dell'Unione europea dovrebbe concentrarsi su politiche che presentano un chiaro valore aggiunto europeo, pienamente in linea con i principi di sussidiarietà, proporzionalità e solidarietà; ricorda che l'entità di tale valore aggiunto risiede in larga misura, in tempi di crisi, nel principio fondamentale della solidarietà tra i popoli europei;

11.

sottolinea che una sana gestione finanziaria, una migliore gestione da parte degli Stati membri e della Commissione e la conciliazione delle priorità politiche con le esigenze finanziarie dovrebbero rimanere una priorità per i prossimi anni e che tale obiettivo andrebbe perseguito individuando preventivamente le priorità positive e negative invece di applicare massimali autoimposti; ritiene pertanto che il QFP dovrebbe essere caratterizzato da una maggiore flessibilità; ribadisce che le sfide che l'Unione europea si trova ad affrontare (crisi alimentare, energetica e finanziaria) raramente sono state così rilevanti nel corso della sua storia; è del parere che una risposta autenticamente comunitaria a tali crisi richieda misure legislative e di bilancio internazionali;

12.

ritiene, dal momento che le priorità politiche dell'Unione sono in costante evoluzione a causa della globalizzazione, dei cambiamenti demografici, dello sviluppo tecnologico, dell'esigenza di garantire fonti affidabili e diversificate di approvvigionamento energetico nonché del cambiamento climatico, che sia indispensabile riesaminare e ottimizzare la spesa dell'Unione europea al fine di ottenere il maggior valore aggiunto possibile e di accrescere al massimo l'efficacia della sua azione;

13.

è convinto che una maggiore flessibilità all'interno e fra le rubriche sia assolutamente necessaria ai fini delle capacità di funzionamento dell'Unione, non solo per far fronte alle nuove sfide dell'UE ma anche per agevolare il processo decisionale all'interno delle Istituzioni; si attende che la Commissione assuma importanti iniziative in questo senso nelle proposte che presenterà prossimamente sulla base della dichiarazione n. 1 dell'AII del 17 maggio 2006;

14.

ricorda che, al punto 21, l'AII recita: «il quadro finanziario può essere riveduto […] per far fronte a situazioni non previste in origine, nel rispetto del massimale delle risorse proprie»; critica ancora una volta il comportamento irrazionale del Consiglio, che continua a contrastare il ricorso a tale possibilità di revisione;

15.

rinnova l'auspicio di vedere un miglioramento rapido e tangibile nell'attuazione, da parte degli Stati membri e della Commissione, delle politiche comunitarie e, in particolare, della politica di coesione; si attende che l'impegno assunto congiuntamente dalla Commissione e dal Consiglio per conto degli Stati membri nel novembre 2008 semplifichi le procedure (in particolare dei sistemi di gestione e di controllo) in modo da accelerare i pagamenti ed abbia un impatto positivo sui prossimi bilanci; è pronto ad adottare misure politiche ed amministrative se l'attuale situazione dovesse rimanere immutata; fa presente che la semplificazione delle procedure deve essere una priorità anche in altre aree, per esempio nelle politiche in materia di ricerca e innovazione e in quelle a favore delle PMI;

16.

rileva la necessità di attribuire un'elevata priorità a una gestione efficace della spesa dell'UE; rileva altresì la particolare importanza di un'assegnazione dei fondi basata su criteri oggettivi e su una valutazione continua delle relative prestazioni; ritiene che da tale punto di vista sia opportuno incentivare partenariati pubblico-privati (PPP) forti ed efficienti;

17.

si rammarica del ritardo nella riflessione sulla riforma del sistema di finanziamento del bilancio dell'Unione europea, resa ancora più urgente dalla crisi economica; deplora, in particolare, il fatto che non si sia saputa sfruttare l'occasione offerta dall'attuazione del sistema di aggiudicazione dei diritti di emissione dei gas a effetto serra per aprire il dibattito politico di fondo sull'assegnazione delle nuove risorse pubbliche introdotte tramite le decisioni dell'Unione; insiste affinché tale dibattito abbia luogo nell'ambito della revisione intermedia dell'attuale QFP;

18.

osserva che gli Stati membri, nei rispettivi bilanci nazionali, tengono conto della maggior parte degli obiettivi dell'Unione; insiste affinché gli stanziamenti così mobilitati siano contabilizzati e pubblicati in ogni Stato membro, in modo da misurare meglio gli sforzi di ognuno di essi e valutare più attentamente gli importi da prevedere nel bilancio dell'UE in quei settori in cui gli sforzi degli Stati membri devono essere incoraggiati o integrati;

Osservazioni specifiche

19.

è determinato a reperire finanziamenti adeguati per nuove o ulteriori politiche che possano derivare dall'eventuale entrata in vigore del trattato di Lisbona (ad esempio politiche in materia di energia e spazio, ricerca nella rubrica 1a; cooperazione giudiziaria nell'ambito della rubrica 3a; gioventù, sport, politica dell'informazione e della comunicazione, sanità pubblica nella rubrica 3b; aiuto umanitario, servizio europeo per l'azione esterna nella rubrica 4);

20.

ricorda che le rubriche 1a, 3 e 4 sono già sottofinanziate nell'attuale QFP; sottolinea che politiche supplementari non dovrebbero alterare l'equilibrio fra le principali categorie dell'attuale QFP, né compromettere le priorità esistenti; ribadisce inoltre che, se alcuni Stati membri dovessero continuare ad insistere sull'«approccio dell'1 %», non vi saranno modalità di bilancio per finanziare le nuove priorità,; approccio che non dovrebbe essere ccettabile per il Consiglio e, in particolar modo per il Parlamento;

21.

ritiene che il fatto di dotare l'Unione delle risorse necessarie per realizzare la sua ambizione politica nei settori della sicurezza energetica e della lotta contro il cambiamento climatico dovrebbe costituire oggetto di una revisione a breve termine, indipendentemente dall'entrata in vigore del trattato di Lisbona; è pronto a considerare la possibilità di creare un fondo specifico a tal fine; sottolinea che tale tematica dovrà essere anche una delle massime priorità del prossimo QFP, magari attraverso un accordo globale sulle modalità di finanziamento delle politiche in materia di cambiamento climatico; valuta, in una prospettiva di lungo termine, la creazione di una nuova categoria che raggruppi tutte le politiche di bilancio riguardanti la lotta contro il cambiamento climatico;

22.

sottolinea la necessità di una strategia coerente in tale ambito e rileva l'esigenza di prevenire le ripercussioni sul clima nell'ambito di tutti i principali programmi, ad esempio quelli in materia di agricoltura, coesione, trasporti e reti energetiche, nonché dei programmi di sviluppo;

23.

ribadisce la propria disponibilità ad avviare negoziati con il Consiglio sulle proposte della Commissione volte a finanziare progetti in materia di energia e reti (banda larga) nel contesto del piano di ripresa dell'Unione europea;

24.

sottolinea che l'attuale contesto di rallentamento economico non deve essere usato come pretesto per frenare gli investimenti nelle tecnologie ecocompatibili, ma piuttosto come un'opportunità per incrementarli;

25.

insiste sul perseguimento dell'obiettivo consistente nell'aumentare la spesa per la ricerca e l'innovazione al 3 % dell'RNL dell'Unione europea entro il 2010; sottolinea che la ricerca scientifica, le infrastrutture scientifiche, lo sviluppo tecnologico e l'innovazione sono elementi centrali della strategia di Lisbona e fattori chiave per la crescita, la creazione di posti di lavoro, lo sviluppo sostenibile e la competitività dell'Unione europea;

26.

sottolinea come l'istruzione, la cultura e i programmi per la gioventù possano ravvicinare l'Europa ai suoi cittadini, promuovendo altresì la diversità culturale e la comprensione reciproca, senza contare il ruolo che l'istruzione riveste sia rispetto al conseguimento degli obiettivi di Lisbona che nel coniugare le competenze con le nuove sfide e opportunità derivanti dalla crisi finanziaria ed economica e dal cambiamento climatico;

27.

ricorda che la rubrica 4 «L'UE come attore globale» rimane cronicamente sottofinanziata; chiede alla Commissione di presentare proposte per assicurare finanziamenti a lungo termine che consentano di realizzare gli obiettivi di sviluppo del Millennio, per onorare gli impegni derivanti da un accordo internazionale sul cambiamento climatico indipendente dagli aiuti allo sviluppo, per prevenire i conflitti e promuovere i diritti umani e le libertà fondamentali, per attuare una politica di vicinato credibile, e, in relazione alla PESC/PESD, (prevedendo adeguate procedure di discarico) per evitare i ricorrenti e interminabili negoziati con il Consiglio durante le procedure annuali di bilancio; evidenzia che le nuove esigenze dovrebbero essere finanziate con risorse aggiuntive;

28.

ricorda gli impegni assunti dagli Stati membri nel 2005 per realizzare, entro il 2015, l'obiettivo di destinare lo 0,7 % dell'RNL dell'Unione europea all'aiuto pubblico allo sviluppo (APS); ritiene che il sostegno del bilancio comunitario possa rappresentare un valido incentivo per gli Stati membri ad attenersi a tale obiettivo; ribadisce la sua volontà di integrare il Fondo europeo di sviluppo nel bilancio generale, così da migliorarne la trasparenza in relazione alle pertinenti procedure decisionali controllate dal Parlamento;

29.

invita, per ragioni di trasparenza, il Parlamento che sarà eletto nel 2009 a includere nella struttura di bilancio regolare i fondi che attualmente operano al di fuori di quest'ultimo;

*

* *

30.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.


(1)  GU C 139 del 14.6.2006, pag. 1.

(2)  GU C 124 E del 25.5.2006, pag. 373.

(3)  GU C 323 E del 18.12.2008, pag. 454.

(4)  Testi approvati, P6_TA(2008)0622.

(5)  GU C 27 E del 31.1.2008, pag. 214.

(6)  GU C 323 E del 18.12.2008, pag. 263.

(7)  Testi approvati, P6_TA(2008)0576.

(8)  Testi approvati, P6_TA(2008)0068.

(9)  Testi approvati, P6_TA(2008)0093.

(10)  GU C 297 E del 7.12.2006, pag. 182.

(11)  Decisione 2000/597/CE, Euratom del Consiglio, del 29 settembre 2000, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee (GU L 253 del 7.10.2000, pag. 42).

(12)  1,24 % per il massimale delle risorse proprie rispetto al massimale del QFP basato sulle stime dell'RNL dell'UE a 27 per il 2009.


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/101


Mercoledì 25 marzo 2009
Accordo di partenariato economico CE-Cariforum

P6_TA(2009)0175

Risoluzione del Parlamento europeo del 25 marzo 2009 sull'accordo di partenariato economico tra gli Stati del Cariforum, da una parte, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altra

2010/C 117 E/17

Il Parlamento europeo,

viste le sue risoluzioni del 25 settembre 2003 sulla Quinta conferenza ministeriale dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) di Cancun (1), del 12 maggio 2005 sulla valutazione del ciclo di negoziati di Doha a seguito della decisione del Consiglio generale dell’OMC del 1o agosto 2004 (2), del 1o dicembre 2005 sulla preparazione della Sesta conferenza ministeriale dell’Organizzazione mondiale del commercio a Hong Kong (3), del 23 marzo 2006 sull’impatto sullo sviluppo degli accordi di partenariato economico (APE) (4), del 4 aprile 2006 sulla valutazione del round di Doha a seguito della Conferenza ministeriale dell’OMC a Hong Kong (5), del 1o giugno 2006 su commercio e povertà: definire politiche commerciali per massimizzare il contributo del commercio alla riduzione della povertà (6), del 7 settembre 2006 sulla sospensione dei negoziati sull’Agenda di Doha per lo sviluppo (7) (ADS), del 23 maggio 2007 sugli accordi di partenariato economico (8), del 12 luglio 2007 sull’Accordo TRIPS e l’accesso ai farmaci (9), del 12 dicembre 2007 sugli accordi di partenariato economico (10) e la sua posizione del 5 giugno 2008 sulla proposta di regolamento del Consiglio relativo all’applicazione di un sistema di preferenze tariffarie generalizzate per il periodo dal 1o gennaio 2009 al 31 dicembre 2011 e che modifica i regolamenti (CE) n. 552/97 e (CE) n. 1933/2006 e i regolamenti (CE) n. 964/2007 e (CE) n. 1100/2006 della Commissione (11),

vista la sua risoluzione del 26 settembre 2002 sulle sue raccomandazioni alla Commissione in ordine ai negoziati relativi agli accordi di partenariato economico con gli Stati e le regioni dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP) (12),

vista la sua risoluzione del 5 febbraio 2009 sull'impatto degli accordi di partenariato economico (APE) sullo sviluppo (13),

visto l’accordo di partenariato economico tra gli Stati del Cariforum, da una parte, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall’altra,

vista la dichiarazione congiunta sulla firma dell’accordo di partenariato economico,

visto l'accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP), da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altro, firmato a Cotonou il 23 giugno 2000 (Accordo di Cotonou),

viste le conclusioni del Consiglio «Affari generali e Relazioni esterne» dell'aprile 2006, ottobre 2006, maggio 2007, ottobre 2007, novembre 2007 e maggio 2008,

vista la comunicazione della Commissione del 23 ottobre 2007 sugli accordi di partenariato economico (COM(2007)0635),

visto l'Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (GATT), in particolare l'articolo XXIV,

vista la dichiarazione ministeriale della Quarta sessione della Conferenza ministeriale dell’OMC, adottata il 14 novembre 2001 a Doha,

vista la dichiarazione ministeriale della Sesta sessione della Conferenza ministeriale dell’OMC, adottata il 18 dicembre 2005 a Hong Kong,

viste la relazione e le raccomandazioni della task force sugli aiuti al commercio, adottate dal Consiglio generale dell’OMC il 10 ottobre 2006,

vista la dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite, dell’8 settembre 2000, che fissa gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (OSM) definiti di concerto dalla comunità internazionale per eliminare la povertà,

visto il comunicato di Gleneagles, approvato l'8 luglio 2005 dal G8,

visto l'articolo 108, paragrafo 5, in combinato disposto con l'articolo 103, paragrafo 2, del suo regolamento,

A.

considerando che dal 1o gennaio 2008 le relazioni commerciali precedentemente intervenute tra l’Unione europea e i paesi ACP – che accordavano a questi ultimi un accesso preferenziale ai mercati dell'Unione europea su base non reciproca – non sono più conformi alle norme dell’OMC,

B.

considerando che gli APE sono accordi compatibili con l’OMC, tesi a sostenere l'integrazione regionale e a favorire la graduale integrazione delle economie dei paesi ACP nell'ambito dell'economia mondiale, promuovendone quindi lo sviluppo sociale ed economico sostenibile e contribuendo agli sforzi globali volti a eliminare la povertà nei paesi ACP,

C.

considerando che gli APE andrebbero utilizzati per costruire un rapporto a lungo termine nel quale il commercio sostenga lo sviluppo,

D.

considerando che l’attuale crisi finanziaria ed economica fa sì che la politica commerciale assuma un ruolo quanto mai rilevante nei paesi in via di sviluppo,

E.

considerando che la complessità e l’ampiezza degli impegni previsti dagli accordi potrebbero avere un impatto molto rilevante a livello nazionale e regionale,

F.

considerando che l’APE condizionerà inevitabilmente la portata e il contenuto dei futuri accordi tra il Cariforum e altri partner commerciali nonché la posizione della regione nei negoziati,

G.

considerando che ogni Stato del Cariforum segue un calendario di liberalizzazione distinto, con un certo livello di sovrapposizione tra i paesi che con il tempo confluisce in un calendario regionale; considerando che la Comunità dei Caraibi(CARICOM) mira a creare un mercato unico entro il 2015,

H.

considerando che l’impatto assoluto delle norme commerciali fissate dall'APE potrebbe essere molto più significativo della soppressione delle tariffe,

I.

considerando che il miglioramento delle norme commerciali deve essere accompagnato da un maggiore sostegno all'assistenza in materia commerciale,

J.

considerando che la strategia dell'Unione europea sugli aiuti al commercio si propone di sostenere le capacità dei paesi in via di sviluppo di trarre vantaggio da nuove opportunità commerciali,

K.

considerando che, in base all’ultima frase dell'articolo 139, paragrafo 2, dell'accordo, «Nessuna disposizione del presente accordo può essere interpretata come inibitoria della capacità delle parti e degli Stati del Cariforum firmatari di promuovere l'accesso ai medicinali»,

L.

considerando che l’APE contempla una dichiarazione sulla cooperazione allo sviluppo, ma non prevede impegni di finanziamento giuridicamente vincolanti,

1.

sottolinea che gli APE non possono essere considerati soddisfacenti a meno che non raggiungano i seguenti obiettivi: offrire ai paesi ACP un sostegno per lo sviluppo sostenibile, promuovere la loro partecipazione al commercio mondiale, rivitalizzare il commercio tra l'Unione europea e i paesi ACP e promuovere la diversificazione economica dei paesi ACP;

2.

ricorda che l’APE deve sostenere gli obiettivi, le politiche e le priorità di sviluppo degli Stati del Cariforum, non soltanto a livello della struttura e dei contenuti dell’accordo stesso, bensì anche nelle modalità e nello spirito della sua attuazione;

3.

osserva che l’APE dovrebbe contribuire al raggiungimento degli OSM;

4.

invita la Commissione a chiarire la sua posizione in merito all'obiettivo dichiarato dell'Unione europea di scoraggiare gli esistenti paradisi fiscali; ricorda a questo proposito che otto dei quattordici Stati Cariforum firmatari dell'accordo di partenariato economico sono elencati dall'OCSE quali paradisi fiscali e che l'accordo di partenariato economico Cariforum prevede la liberalizzazione dei conti correnti per tutti i residenti (articolo 122), la liberalizzazione in conto capitale per gli investitori (articolo 123) e un'attività transfrontaliera quasi illimitata dei servizi finanziari, compresa la trattazione di strumenti derivati «fiduciari» e «fuori borsa» (articolo 103, B-6);

5.

sottolinea che lo scopo principale dell'APE CE-Cariforum è contribuire, attraverso gli obiettivi di sviluppo, la riduzione della povertà e il rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo, al raggiungimento degli OSM;

6.

invita la Commissione a impegnarsi al massimo per la ripresa dei negoziati ADS e per garantire che gli accordi sulla liberalizzazione degli scambi commerciali continuino a promuovere lo sviluppo nei paesi poveri;

7.

è convinto che gli APE completi dovrebbero essere complementari ad un accordo sull'ADS e non un'alternativa per i paesi ACP;

8.

sottolinea l'importanza del commercio intra-regionale e la necessità di aumentare i legami commerciali regionali al fine di garantire una crescita sostenibile nella regione; sottolinea l'importanza della cooperazione e della congruenza tra le diverse entità regionali;

9.

manifesta la sua preoccupazione per il fatto che, nonostante il mandato concesso dalla Commissione per la negoziazione dell'APE, approvato dal Consiglio il 17 giugno 2002, in cui si stabilisce che durante i negoziati si terranno presenti gli interessi specifici delle regioni ultraperiferiche della Comunità, e che a tal riguardo gli APE potrebbero prevedere, in particolare, misure specifiche per aiutare i prodotti di tali regioni in vista di una loro inclusione a breve termine nel commercio interregionale, conformemente alle disposizioni dell'OMC, non si siano tenuti sufficientemente presenti gli interessi delle regioni ultraperiferiche nel caso di numerosi aspetti che sono stati comunicati alla Commissione dai consigli regionali, per cui l'inclusione a breve termine delle regioni ultraperiferiche nel commercio interregionale è stata trascurata;

10.

incoraggia un ulteriore abbassamento dei dazi doganali tra i paesi in via di sviluppo e i gruppi regionali, che oggi vanno dal 15 al 25 per cento del valore commerciale, per promuovere ulteriormente il commercio sud-sud, la crescita economica e l'integrazione regionale;

11.

ricorda che l'esistenza di un vero mercato regionale rappresenta una base essenziale per una riuscita attuazione dell'APE e che l’integrazione e la cooperazione regionali sono fondamentali per lo sviluppo sociale ed economico degli Stati del Cariforum;

12.

sottolinea che l’attuazione dell’accordo deve tenere in debito conto i processi di integrazione in seno al Cariforum, ivi compresi i compiti e gli obiettivi del mercato e dell’economia unici della Caricom (CSME) quali delineati nel trattato modificato di Chaguaramas;

13.

riconosce che gli Stati del Cariforum membri della Caricom hanno assunto impegni in settori che non hanno ancora visto una definizione nell’ambito del CSME o una piena attuazione; tra questi figurano i servizi finanziari e di altro genere, gli investimenti, la concorrenza, gli appalti pubblici, il commercio elettronico, la proprietà intellettuale, la libera circolazione delle merci e l’ambiente; chiede di avere debita considerazione del CSME nell'attuazione delle disposizioni in questi settori, conformemente all'articolo 4, paragrafo 3, dell'APE CE-Cariforum;

14.

esorta i paesi interessati a fornire informazioni chiare e trasparenti circa la loro situazione economica e politica e il loro sviluppo, al fine di migliorare la cooperazione con la CE;

15.

invita la Commissione a chiarire l'effettiva distribuzione dei fondi in tutta la regione ACP derivante dall'impegno prioritario di spesa assunto nel quadro dell'aumento del bilancio destinato agli aiuti al commercio;

16.

insiste sul fatto che, conformemente ai principi di Parigi sull'efficacia degli aiuti, gli aiuti devono essere orientati alla domanda, e invita pertanto i paesi ACP a indicare quali ulteriori fondi APE sono necessari, in particolare per quanto riguarda i quadri normativi, le misure di salvaguardia, la facilitazione degli scambi, il supporto all'adeguamento alle norme internazionali in materia sanitaria e fitosanitaria e di proprietà intellettuale, e la composizione del meccanismo di controllo dell'APE;

17.

ricorda l'adozione, nell'ottobre 2007, della strategia dell'Unione europea in materia di aiuti al commercio e il relativo impegno di aumentare gli aiuti complessivi correlati al commercio fino a 2 miliardi EUR (2 000 000 000) l'anno entro il 2010 (1 miliardo EUR da parte della Comunità e 1 miliardo EUR da parte degli Stati membri); insiste affinché gli Stati del Cariforum ricevano una quota adeguata ed equa;

18.

chiede alla Commissione di chiarire la distribuzione di fondi nella regione, e agli Stati membri dell'Unione europea di definire ulteriori finanziamenti dopo gli impegni di bilancio per il periodo 2008-2013;

19.

chiede che venga presto definita e prevista una ripartizione equa delle risorse degli aiuti agli scambi; sottolinea che la Commissione e gli Stati membri dell'Unione europea devono garantire che tali fondi rappresentino risorse addizionali e non costituiscano semplicemente una nuova presentazione dei finanziamenti del Fondo europeo di sviluppo, ed inoltre che siano conformi alle priorità Cariforum e che la loro erogazione avvenga per quanto possibile mediante il Fondo per lo sviluppo regionale in modo tempestivo, prevedibile e armonizzato con i calendari di esecuzione dei piani di sviluppo strategico nazionali e regionali; raccomanda alla Commissione e gli Stati Cariforum di fare un uso efficiente di questi fondi per compensare l’eventuale perdita del gettito doganale e di rispondere alle esigenze in materia di concorrenza e di promozione dello sviluppo;

20.

invita la Commissione a chiarire quali fondi sono supplementari rispetto ai finanziamenti del decimo Fondo europeo di sviluppo; chiede alla stessa Commissione di garantire che tutte le disposizioni sulla cooperazione allo sviluppo, compresi i relativi finanziamenti, trovino un’applicazione rapida, adeguata ed efficace;

21.

osserva che per le Bahamas, Antigua e Barbuda, la perdita di entrate doganali risultante dalla liberalizzazione del commercio è anticipata; accetta che, per altri Stati del Cariforum, una percentuale considerevole delle esportazioni dell'Unione europea è già realizzata in assenza di barriere commerciali o che gran parte della liberalizzazione abbia luogo negli anni 10-15 del calendario di attuazione;

22.

sottolinea che, se necessario, modifiche sostanziali delle norme di origine dovrebbero accompagnare l’iniziativa «senza dazi, senza quote» (DFQF) se si vuole produrre un significativo aumento delle esportazioni di merci; in tale contesto si compiace delle recenti dichiarazioni della Commissione secondo cui le norme di origine potrebbero essere migliorate ai sensi dell'articolo 10 conformemente al principio di cumulo;

23.

chiede alla Commissione di riferire regolarmente al Parlamento sul numero delle richieste di licenze e delle liti nel quadro del PCT (Patent Cooperation Treaty); invita la Commissione a riferire regolarmente sull’attuazione degli impegni di trasferimenti di tecnologia contenuti nell’accordo; sollecita la Commissione a non cercare di armonizzare i criteri dei diritti di proprietà intellettuale oltre a quanto è adeguato al livello di sviluppo degli Stati Cariforum; sottolinea l’importanza di aiutare i paesi Cariforum a controllare i comportamenti anticoncorrenziali del settore farmaceutico;

24.

invita pertanto i negoziatori di un eventuale APE completo a rendere pienamente conto della gestione trasparente delle risorse naturali e a definire le prassi eccellenti necessarie a garantire che i paesi ACP possano trarre i massimi benefici da tali risorse;

25.

sollecita la Commissione a garantire che le disposizioni riguardanti l’applicazione dei diritti di proprietà intellettuale non vengano utilizzate per distorcere la concorrenza legittima dei fornitori di prodotti farmaceutici generici e/o per impedire agli enti governativi competenti di acquistare forniture generiche;

26.

riconosce la necessità di un capitolo sulla difesa del commercio con garanzie bilaterali; invita entrambe le parti ad evitare inutili impieghi di tali garanzie;

27.

reputa opportuno l'inserimento nell'APE completo di un capitolo sulla cooperazione allo sviluppo riguardante la cooperazione nel commercio di beni, la competitività sul lato dell'offerta, le infrastrutture a supporto delle imprese, gli scambi di servizi, i problemi legati al commercio, la costruzione delle capacità istituzionali, e gli aggiustamenti fiscali; invita ambo le parti ad attenersi all'impegno concordato di concludere i negoziati in materia di concorrenza e appalti pubblici soltanto allorché sarà stata costituita una sufficiente capacità;

28.

sottolinea che l'APE dovrebbe tener conto degli interessi specifici delle piccole e medie imprese di entrambe le parti;

29.

invita l’Unione europea ad applicare il principio della nazione più favorita (NPF) tra tutti i gruppi ACP subregionali;

30.

riconosce l'applicazione selettiva del trattamento di NPF all’Unione europea da parte del Cariforum e di altri gruppi subregionali;

31.

tenuto conto delle disposizioni che riguardano i trattamenti speciali e differenziati contenute nell'articolo 5 dell'APE e allo scopo di raggiungere l'obiettivo della riduzione della povertà, idonei indicatori di sviluppo dell'APE dovranno servire tre scopi fondamentali: dare impulso all'attuazione degli impegni APE da parte degli Stati del Cariforum, o qualificarli come beneficiari di deroghe; monitorare l'impatto dell'attuazione dell'APE sullo sviluppo sostenibile e sulla riduzione della povertà; verificare che siano soddisfatti gli impegni CE, in particolare l'erogazione e l'effettiva prestazione dell'aiuto finanziario e tecnico promesso;

32.

sottolinea l’esigenza di utilizzare indicatori di sviluppo per misurare i risultati sociali ed economici previsti (quali la riduzione della povertà, migliori tenori di vita e apertura dell’economia) nel quadro dell’attuazione dell’APE;

33.

osserva il profondo divario tra i livelli di spesa pubblica per gli aiuti all'agricoltura e il sostegno finanziario e tecnico;

34.

rileva che tale situazione penalizza gli agricoltori dei paesi ACP diminuendo la loro competitività sia a livello nazionale che all'estero, in quanto i loro prodotti sono più costosi in termini reali rispetto a quelli sovvenzionati dell'Unione europea e degli USA;

35.

sostiene pertanto le concordate esclusioni di linee tariffarie incentrate sui prodotti agricoli e su alcuni prodotti agricoli trasformati, dato che si basano soprattutto sulla necessità di proteggere le industrie nascenti o i prodotti sensibili in questi paesi;

36.

chiede che siano creati meccanismi di controllo appropriati e trasparenti - con un'influenza e un ruolo chiari - al fine di monitorare l'impatto degli APE, con una maggiore responsabilizzazione dei paesi ACP e un'ampia consultazione delle parti interessate;

37.

chiede alla Commissione di sostenere la creazione di un meccanismo indipendente di monitoraggio in seno agli Stati del Cariforum dotato delle risorse necessarie per condurre le analisi indispensabili per determinare il livello di conseguimento degli obiettivi dell’APE;

38.

reputa importante che l'attuazione degli APE comprenda la creazione di un adeguato sistema di monitoraggio coordinato dalla commissione parlamentare competente con la partecipazione di membri della commissione per il commercio internazionale e della commissione per lo sviluppo, in modo da garantire un giusto equilibrio tra l'esigenza del mantenimento del ruolo guida della commissione per il commercio internazionale e quella della coerenza globale per le politiche in materia di commercio e sviluppo; è del parere che detta commissione parlamentare dovrebbe operare in modo flessibile e coordinare attivamente il proprio lavoro con quello dell'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE;

39.

sottolinea il ruolo fondamentale dei parlamenti del Cariforum e degli attori non statali nel monitoraggio e nella gestione degli APE; rileva che il loro effettivo coinvolgimento richiede un'agenda chiara e inclusiva concordata tra l'Unione europea e gli Stati del Cariforum;

40.

chiede al Consiglio europeo di consultare i consigli regionali delle regioni ultraperiferiche dell'Unione europea situate ai Caraibi (Martinica, Guadalupa e Guyana francese) prima della ratifica dell'APE tra gli Stati del Cariforum e gli Stati membri dell'Unione europea;

41.

valuta positivamente la dichiarazione congiunta summenzionata ed il fatto che, entro un massimo di cinque anni dalla data della firma e, successivamente, ad intervalli quinquennali, l'accordo sarà sottoposto a una revisione completa e obbligatoria tesa a determinarne l’impatto, in riferimento anche ai costi e alle conseguenze della sua attuazione; osserva che le parti si sono impegnate, se necessario, a modificare le disposizioni dell’accordo e ad adeguarne l'applicazione; chiede al Parlamento e ai parlamenti del Cariforum di partecipare a qualsiasi revisione dell'APE;

42.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e dei paesi ACP, al Consiglio dei ministri ACP-UE e all'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE.


(1)  GU C 77 E del 26.3.2004, pag. 393.

(2)  GU C 92 E del 20.4.2006, pag. 397.

(3)  GU C 285 E del 22.11.2006, pag. 126.

(4)  GU C 292 E dell'1.12.2006, pag. 121.

(5)  GU C 293 E del 2.12.2006, pag. 155.

(6)  GU C 298 E dell'8.12.2006, pag. 261.

(7)  GU C 305 E del 14.12.2006, pag. 244.

(8)  GU C 102 E del 24.4.2008, pag. 301.

(9)  GU C 175 E del 10.7.2008, pag. 591.

(10)  GU C 323 E del 18.12.2008, pag. 361.

(11)  Testi approvati, P6_TA(2008)0252.

(12)  GU C 273 E del 14.11.2003, pag. 305.

(13)  Testi approvati, P6_TA(2009)0051.


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/106


Mercoledì 25 marzo 2009
Accordo di partenariato economico interinale CE-Côte d'Ivoire

P6_TA(2009)0176

Risoluzione del Parlamento europeo del 25 marzo 2009 sull’Accordo di partenariato economico tra la Côte d'Ivoire, da una parte, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altra

2010/C 117 E/18

Il Parlamento europeo,

visto l'Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (GATT), in particolare l'articolo XXIV,

visto l'accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP), da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altro, firmato a Cotonou il 23 giugno 2000 (accordo di Cotonou),

vista la dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite, dell'8 settembre 2000, che fissa gli obiettivi di sviluppo del Millennio (OSM) quali criteri definiti di concerto dalla comunità internazionale per l'eliminazione della povertà,

vista la dichiarazione ministeriale della Quarta sessione della Conferenza ministeriale dell’Organizzazione mondiale del commercio, adottata il 14 novembre 2001 a Doha,

vista la sua risoluzione del 25 settembre 2003 sulla Quinta Conferenza ministeriale dell'OMC di Cancun (1),

vista la sua risoluzione del 12 maggio 2005 sulla valutazione del ciclo di negoziati di Doha a seguito della decisione del Consiglio generale dell'OMC del 1o agosto 2004 (2),

visto il comunicato di Gleneagles, approvato l'8 luglio 2005 dal G8,

vista la sua risoluzione del 1o dicembre 2005 sulla preparazione della Sesta conferenza ministeriale dell'Organizzazione mondiale del commercio a Hong Kong (3),

vista la dichiarazione ministeriale della Sesta sessione della Conferenza ministeriale dell’OMC, adottata il 18 dicembre 2005 a Hong Kong,

vista la sua risoluzione del 23 marzo 2006 sull'impatto sullo sviluppo degli accordi di partenariato economico (APE) (4),

vista la sua risoluzione del 4 aprile 2006 sulla valutazione del round di Doha a seguito della Conferenza ministeriale dell’OMC a Hong Kong (5),

vista la sua risoluzione del 1o giugno 2006 su commercio e povertà: definire politiche commerciali per massimizzare il contributo del commercio alla riduzione della povertà (6),

vista la sua risoluzione del 7 settembre 2006 sulla sospensione dei negoziati sull'agenda di Doha per lo sviluppo (7),

viste la relazione e le raccomandazioni della task force sugli aiuti al commercio, adottate dal Consiglio generale dell’OMC il 10 ottobre 2006,

viste le sue risoluzioni del 23 maggio 2007 (8) e del 12 dicembre 2007 (9) sugli accordi di partenariato economico,

vista la comunicazione della Commissione, del 23 ottobre 2007, sugli accordi di partenariato economico (COM(2007)0635),

viste le conclusioni del Consiglio «Affari generali e relazioni esterne» (CAGRE) dell’aprile 2006, dell'ottobre 2006, del maggio 2007, dell'ottobre 2007, del novembre 2007 e del maggio e giugno 2008,

vista la sua posizione del 5 giugno 2008 sulla proposta di regolamento del Consiglio relativo all'applicazione di un sistema di preferenze tariffarie generalizzate per il periodo dal 1o gennaio 2009 al 31 dicembre 2011 e che modifica i regolamenti (CE) n. 552/97 e (CE) n. 1933/2006 e i regolamenti (CE) n. 964/2007 e (CE) n. 1100/2006 della Commissione (10),

visto l'accordo di partenariato economico interinale fra la Côte d'Ivoire, da una parte, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall’altra,

visto l'articolo 108, paragrafo 5, in combinato disposto con l'articolo 103, paragrafo 2, del suo regolamento,

A.

considerando che le relazioni commerciali precedentemente intercorse tra l’Unione europea e i paesi ACP fino al 31 dicembre 2007 – che accordavano a questi ultimi un accesso preferenziale ai mercati dell'Unione europea su una base di non reciprocità – sono state oggetto di una deroga alle regole dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC),

B.

considerando che gli accordi di partenariato economico (APE) sono accordi compatibili con l'OMC, atti a sostenere l'integrazione regionale e a favorire la graduale integrazione delle economie dei paesi ACP nell'economia mondiale, promuovendone quindi lo sviluppo sociale ed economico sostenibile e contribuendo agli sforzi globali volti a eliminare la povertà e a creare ricchezza nei paesi ACP,

C.

considerando che gli accordi di partenariato economico interinali (APEI) sono per loro natura accordi compatibili con l'OMC, che prevedono impegni sostanziali, sugli scambi di merci, intesi a evitare l'interruzione degli scambi commerciali fra i paesi ACP e l'Unione europea, e che essi andrebbero considerati una soluzione temporanea mentre sono in corso negoziati per concludere un accordo di partenariato economico (APE) completo con la regione dell'Africa occidentale,

D.

considerando che le regole commerciali contenute negli APEI dovrebbero essere accompagnate da un maggiore sostegno all'assistenza in materia commerciale, come ad esempio il consolidamento delle capacità amministrative e misure volte a promuovere il buon governo,

E.

considerando che, secondo l'indice di percezione della corruzione pubblicato nel 2008 da Transparency International, la Côte d'Ivoire si colloca al 151o posto su 163,

F.

considerando che la strategia dell'Unione europea in materia di aiuti al commercio ha come obiettivo di sostenere la capacità dei paesi in via di sviluppo di trarre vantaggio da nuove opportunità commerciali,

G.

considerando che nel quadro dei negoziati APE alcuni paesi ACP, al fine di garantire che tutti gli esportatori fossero trattati alla stessa stregua dei partner commerciali più favoriti, hanno richiesto l'inclusione di una clausola della nazione più favorita (NPF), che stabilisce dazi doganali sulle importazioni dei beni normali e non discriminatori,

H.

considerando che esiste una concorrenza limitata tra le economie dell'Unione europea e quelle dei paesi ACP in quanto la maggior parte delle esportazioni dell'Unione europea interessa principalmente prodotti che i paesi ACP non producono, ma di cui hanno bisogno sia per il consumo diretto sia come contributo per l'industria nazionale; considerando che non è questo il caso del commercio di prodotti agricoli, dove i sussidi all'esportazione dell'Unione europea rappresentano un serio ostacolo per i produttori ACP nei settori agricolo, zootecnico e lattiero-caseario e perturbano e spesso distruggono i mercati, sia locali che regionali, e che l'Unione europea dovrebbe quindi abolire progressivamente senza indugio ogni tipo di sussidio all'esportazione,

I.

considerando che la Comunità europea e i paesi ACP hanno negoziato norme di origine nuove, migliori e più flessibili che, se attuate in modo adeguato e tenendo nel debito conto i loro ridotti livelli di capacità, si riveleranno potenzialmente molto vantaggiose per i paesi ACP,

1.

sottolinea che gli APE non possono essere considerati soddisfacenti finché non raggiungono tre obiettivi: promuovere lo sviluppo sostenibile dei paesi ACP, promuovere la loro partecipazione al commercio mondiale e rafforzare il processo di regionalizzazione;

2.

sottolinea che lo scopo principale dell'accordo è contribuire, attraverso il commercio e lo sviluppo, la riduzione della povertà, il rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo al raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del millennio;

3.

ricorda che, sebbene l'accordo interinale sia compatibile con l'OMC e possa essere considerato come un primo passo in questo processo, esso può non rappresentare necessariamente il preludio a un APE «completo»;

4.

raccomanda di adottare un approccio flessibile e pragmatico nei negoziati in corso relativi a un APE completo; a tale riguardo invita la Commissione in particolare a tener conto della richiesta della Côte d'Ivoire per quanto riguarda gli aspetti dell'accordo relativi allo sviluppo; accoglie con favore a tale riguardo le conclusioni del CAGRE del maggio 2008;

5.

chiede alla Commissione di tener conto di eventuali richieste della Côte d'Ivoire di rinegoziare qualsiasi disposizione inerente alle questioni controverse che intenda emendare o eliminare;

6.

invita la Commissione a monitorare attentamente gli sviluppi economici connessi all'accordo; appoggia pertanto l'intenzione della Commissione di esaminare tutti gli elementi dell'accordo nel corso dei negoziati relativi a un APE completo; sottolinea che l'APE completo dovrebbe contenere una clausola di revisione e una valutazione d'impatto globale, da realizzare entro 3-5 anni dalla firma dell'accordo al fine di determinare l'impatto socioeconomico dell'accordo stesso, compresi i costi e le conseguenze della sua applicazione; chiede che il Parlamento sia partecipe ad ogni revisione dell'accordo;

7.

ribadisce che gli APE devono essere compatibili con le norme dell'OMC che non contengono impegni di liberalizzazione o obblighi normativi in materia di servizi, tutela dei diritti di proprietà intellettuale e le cosiddette «questioni di Singapore»;

8.

esorta a istituire, per quanto concerne i servizi, un quadro normativo durante il periodo transitorio che intercorre tra l'accordo interinale e l'APE completo; invita a garantire, ove possibile, la presenza di una fornitura di servizi universale ivi compresi i servizi pubblici essenziali; riafferma in tale contesto la propria risoluzione del 4 settembre 2008 sul commercio dei servizi (11);

9.

ritiene che un APE completo deve contenere un capitolo sul dialogo politico e difesa dei diritti umani;

10.

auspica che quanto prima in Côte d'Ivoire vi sia un governo responsabile ed eletto democraticamente; accoglie pertanto con favore tutti i preparativi completati dalla commissione elettorale indipendente (CEI), ma esorta la CEI a rendere pubblico quanto prima un calendario elettorale nuovo e realistico; ritiene che il sostegno del Parlamento a un APE completo UE-Côte d'Ivoire deve considerare se si siano svolte elezioni democratiche e se sia al potere un governo eletto democraticamente; richiede di essere consultato quanto prima;

11.

elogia i firmatari dell'accordo per aver agevolato l'avanzamento delle riforme in materia doganale con la regione dell'Africa occidentale, in particolare considerando che in tale regione la Côte d'Ivoire rappresenta una delle economie più avanzate e più ricche e ricopre un ruolo di leader nello sviluppo commerciale ed economico;

12.

accoglie con favore lo sviluppo di un'unione doganale tra i paesi dell'Africa occidentale, in particolare considerando i benefici che potrebbero derivare per la Côte d'Ivoire dalla sincronizzazione della regione dell'Africa occidentale grazie a un mercato più ampio, a maggiori scambi commerciali e a maggiori opportunità per la creazione di economie di scala;

13.

ricorda che il commercio intra-regionale rappresenta una piccola parte degli scambi commerciali della Côte d'Ivoire ed evidenzia la necessità di aumentare i legami commerciali regionali al fine di garantire la crescita sostenibile nella regione; invita pertanto la Commissione a tenere in debita considerazione le politiche della Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (ECOWAS);

14.

sottolinea che il potenziale futuro APE regionale con l'Africa occidentale non deve in alcun modo mettere in pericolo la coesione né indebolire l'integrazione regionale di questi paesi;

15.

ritiene che l'APE completo dovrebbe promuovere le esportazioni di prodotti lavorati attraverso norme di origine più semplici e migliorate, segnatamente in settori chiave quali il tessile, la pesca e l'agricoltura;

16.

invita l'Unione europea a prestare una maggiore e più adeguata assistenza tecnica e amministrativa alla Côte d'Ivoire, includendo il settore privato e la società civile, al fine di facilitare l'adattamento dell'economia del paese a seguito della conclusione dell'APEI;

17.

ricorda l'adozione, nell'ottobre 2007, della strategia dell'Unione europea in materia di aiuti al commercio e il relativo impegno di aumentare gli aiuti complessivi correlati al commercio fino a 2 miliardi (2 000 000 000) EUR l'anno entro il 2010 (1 miliardo EUR da parte della Comunità e 1 miliardo EUR da parte degli Stati membri); ribadisce che la Côte d'Ivoire deve ricevere una quota adeguata ed equa; invita a stabilire e a fornire tempestivamente la percentuale degli aiuti per le risorse commerciali; sottolinea che tali fondi dovrebbero essere risorse aggiuntive e non un mero riconfezionamento del Fondo europeo di sviluppo (FES), che dovrebbero essere conformi alle priorità della Côte d'Ivoire e che dovrebbero essere stanziati in modo tempestivo, prevedibile e in linea con la tabella di esecuzione dei piani strategici di sviluppo nazionali e regionali; si oppone a qualsiasi forma di condizionalità relativamente alla ratifica di questo APE in materia di concessione dell'aiuto europeo e invita la Commissione a garantire che l'accesso ai fondi del decimo FES sia mantenuto indipendente dai risultati e dal ritmo dei negoziati;

18.

sottolinea l'importanza della gestione trasparente delle risorse naturali in quanto indispensabili per lo sviluppo; esorta i negoziatori dell'APE definitivo a dar pienamente conto di tale meccanismo e a suggerire le migliori prassi affinché la Costa d'Avorio possa trarre il massimo vantaggio da tali risorse; riafferma in tale contesto le opinioni espresse nella propria risoluzione del 13 marzo 2007 sulla responsabilità sociale delle imprese (12) ed esorta la Commissione a garantire che le imprese transnazionali europee che hanno mezzi di produzione nei paesi ACP si conformino alle norme OIL, agli accordi in materia sociale e ambientale e agli accordi internazionali al fine di raggiungere un equilibrio su scala mondiale tra crescita economica e standard sociali e ambientali più elevati;

19.

invita le autorità della Côte d'Ivoire a incoraggiare e a proteggere le piccole e medie imprese (PMI) alla luce della firma dell'APEI; elogia l'APEI per aver concesso alle PMI un termine di 15 anni per adeguarsi ai cambiamenti;

20.

ritiene che lo sviluppo delle risorse umane della regione sia di fondamentale importanza per garantire i benefici derivanti da un sistema commerciale rivisto e incoraggia lo sviluppo di incentivi per mantenere e attirare lavoratori qualificati e preparati per la forza lavoro della Côte d'Ivoire;

21.

esprime il proprio incessante sostegno a favore di un accordo di partenariato economico completo fra la Comunità europea e la Côte d'Ivoire; ritiene che le questioni chiave che devono essere negoziate siano le seguenti:

i)

regole per la protezione di importanti nuove industrie a fini di sviluppo;

ii)

il settore chiave dei negoziati per il diritto di proprietà intellettuale che riguardi non solo prodotti tecnologici occidentali ma anche la biodiversità e la conoscenza tradizionale; inoltre i negoziati sul diritto di proprietà intellettuale non devono andare al di là delle norme OMC e non richiedere obblighi TRIPS+ ai membri OMC dell'Africa occidentale o ai non membri OMC dell'Africa occidentale;

iii)

una clausola sui diritti umani;

iv)

un capitolo sulla protezione della biodiversità e della foresta del Golfo di Guinea, che rafforzi i meccanismi FLEGT;

v)

consentire imposte laddove plausibile ai fini dello sviluppo;

vi)

la trasparenza degli appalti pubblici con l'apertura a contraenti dell'Unione europea innescata in un momento opportuno per le esigenze della Côte d'Ivoire;

vii)

visti di lavoro che devono essere accessibili ai cittadini della Côte d'Ivoire per periodi di almeno 24 mesi per consentire loro di lavorare in qualità di assistenti e di svolgere professioni analoghe;

22.

deplora che molti prodotti, compresi il cemento, la benzina e le automobili, il cui costo di importazione più basso può rivelarsi di gran lunga più importante della catena del valore per gli imprenditori locali e per le nuove industrie, siano stati esclusi dalla liberalizzazione;

23.

sottolinea che qualsiasi APE completo deve includere disposizioni relative agli standard fondamentali in materia di buon governo, trasparenza e rispetto dei diritti umani;

24.

ritiene che un APE completo estenderà appieno i propri vantaggi ai cittadini della Côte d'Ivoire solamente in presenza, nel paese, di un governo responsabile ed eletto democraticamente; auspica che in Côte d'Ivoire vi sia in tempo utile un tale governo;

25.

ritiene importante che l'attuazione degli APE debba prevedere la creazione di un opportuno sistema di controllo, coordinato dalla commissione parlamentare competente, con la partecipazione di membri della commissione per il commercio internazionale e della commissione per lo sviluppo, garantendo un idoneo equilibrio tra salvaguardia del ruolo guida della commissione per il commercio internazionale e coerenza globale delle politiche in materia di commercio e sviluppo; ritiene che detta commissione parlamentare debba operare in maniera flessibile e coordinarsi attivamente con l'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE (APP); ritiene che tale monitoraggio dovrebbe iniziare dopo l'adozione di ogni APE interinale;

26.

invita il Consiglio e la Commissione ad informare tempestivamente il Parlamento durante il processo negoziale transitorio;

27.

esorta la Commissione a fornire valide alternative che garantiscano l'accesso al mercato per quei paesi che non intendono sottoscrivere l'APE completo;

28.

sottolinea, in particolare, il ruolo cruciale dei parlamenti ACP e degli attori non statali nel monitoraggio e nella gestione degli APE e invita la Commissione a promuoverne il coinvolgimento nell'iter negoziale in corso; sottolinea che ciò comporta la definizione di un programma preciso tra l'Unione europea e i paesi ACP basato su un approccio partecipativo;

29.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e dei paesi ACP, al Consiglio dei ministri ACP-UE e all'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE.


(1)  GU C 77 E del 26.3.2004, pag. 393.

(2)  GU C 92 E del 20.4.2006, pag. 397.

(3)  GU C 285 E del 22.11.2006, pag. 126.

(4)  GU C 292 E dell'1.12.2006, pag. 121.

(5)  GU C 293 E del 2.12.2006, pag. 155.

(6)  GU C 298 E dell'8.12.2006, pag. 261.

(7)  GU C 305 E del 14.12.2006, pag. 244.

(8)  GU C 102 E del 24.4.2008, pag. 301.

(9)  GU C 323 E del 18.12.2008, pag. 361.

(10)  Testi approvati, P6_TA(2008)0252.

(11)  Testi approvati, P6_TA(2008)0407.

(12)  GU C 301 E del 13.12.2007, pag. 45.


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/112


Mercoledì 25 marzo 2009
Accordo di partenariato economico interinale CE-Ghana

P6_TA(2009)0177

Risoluzione del Parlamento europeo del 25 marzo 2009 sull’accordo di partenariato economico interinale tra il Ghana, da una parte, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall’altra

2010/C 117 E/19

Il Parlamento europeo,

viste le sue risoluzioni del 25 settembre 2003 sulla Quinta conferenza ministeriale dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) di Cancun (1), del 12 maggio 2005 sulla valutazione del ciclo di negoziati di Doha a seguito della decisione del Consiglio generale dell’OMC del 1o agosto 2004 (2), del 1o dicembre 2005 sulla preparazione della Sesta conferenza ministeriale dell’Organizzazione mondiale del commercio a Hong Kong (3), del 23 marzo 2006 sull’impatto sullo sviluppo degli accordi di partenariato economico (APE) (4), del 4 aprile 2006 sulla valutazione del round di Doha a seguito della Conferenza ministeriale dell’OMC a Hong Kong (5), del 1o giugno 2006 su commercio e povertà: definire politiche commerciali per massimizzare il contributo del commercio alla riduzione della povertà (6), del 7 settembre 2006 sulla sospensione dei negoziati sull’agenda di Doha per lo sviluppo (7) (ADS), del 23 maggio 2007 sugli accordi di partenariato economico (8), del 12 dicembre 2007 sugli accordi di partenariato economico (9) e la sua posizione del 5 giugno 2008 sulla proposta di regolamento del Consiglio relativo all’applicazione di un sistema di preferenze tariffarie generalizzate per il periodo dal 1o gennaio 2009 al 31 dicembre 2011 e che modifica i regolamenti (CE) n. 552/97 e (CE) n. 1933/2006 nonché i regolamenti (CE) n. 964/2007 e (CE) n. 1100/2006 della Commissione (10),

visto l’accordo di partenariato economico interinale fra il Ghana, da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall’altro,

visto l’accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP), da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall’altro, firmato a Cotonou il 23 giugno 2000 (accordo di Cotonou),

viste le conclusioni del Consiglio Affari generali e relazioni esterne (CAGRE) di aprile 2006, ottobre 2006, maggio 2007, ottobre 2007, novembre 2007, maggio 2008 e novembre 2008,

vista la comunicazione della Commissione del 23 ottobre 2007 sugli accordi di partenariato economico (COM(2007)0635),

visto l’Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (GATT), in particolare l’articolo XXIV,

vista la dichiarazione ministeriale della Sesta sessione della Conferenza ministeriale dell’OMC, adottata il 18 dicembre 2005 a Hong Kong,

viste la relazione e le raccomandazioni della task force sugli aiuti al commercio, adottate dal Consiglio generale dell’OMC il 10 ottobre 2006,

vista la dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite, dell’8 settembre 2000, che fissa gli Obiettivi di sviluppo del Millennio (OSM) definiti di concerto dalla comunità internazionale per eliminare la povertà,

visto il comunicato di Gleneagles, approvato l’8 luglio 2005 dal G8,

vista la dichiarazione ministeriale della Quarta sessione della Conferenza ministeriale dell’OMC, adottata il 14 novembre 2001 a Doha,

visti l’articolo 108, paragrafo 5, in combinato disposto con l’articolo 103, paragrafo 2, del suo regolamento,

A.

considerando che le relazioni commerciali precedentemente intercorse tra l’Unione europea e i paesi ACP fino al 31 dicembre 2007 – che accordavano a questi ultimi un accesso preferenziale ai mercati comunitari su base non reciproca – non erano conformi alle norme dell’OMC,

B.

considerando che gli APE sono accordi compatibili con l’OMC, tesi a sostenere l’integrazione regionale e a favorire la graduale integrazione delle economie dei paesi ACP nell’ambito dell’economia mondiale, promuovendone quindi lo sviluppo sociale ed economico sostenibili e contribuendo agli sforzi globali volti a eliminare la povertà nei paesi ACP,

C.

considerando che le norme dell’OMC non richiedono che i paesi APE intraprendano la liberalizzazione nei settori dei servizi, degli investimenti, degli appalti pubblici, dei diritti di proprietà intellettuale, della concorrenza, della facilitazione degli scambi, della tutela dei dati, della circolazione di capitali o della governance fiscale, e che i negoziati al riguardo dovrebbero avvenire solo quando entrambe le parti saranno disponibili a farlo; che gli obiettivi dichiarati di promozione dello sviluppo e di riduzione della povertà previsti dagli APE vanno raggiunti attraverso una liberalizzazione degli scambi attuata in modo graduale e idoneamente concepito sulla base dei parametri di valutazione dello sviluppo che possono contribuire a promuovere la diversificazione del mercato, la crescita economica e lo sviluppo,

D.

considerando che, nelle sue conclusioni del 26-27 maggio 2008, il Consiglio Affari generali e relazioni esterne ha sottolineato la necessità di adottare un approccio flessibile garantendo al contempo un progresso adeguato e ha invitato la Commissione a sfruttare ogni livello di flessibilità e asimmetria compatibile con l’OMC per tenere conto delle diverse esigenze e dei vari livelli di sviluppo dei paesi e delle regioni ACP,

E.

considerando che i precedenti sistemi di preferenze commerciali non sono stati in grado di contribuire a migliorare in modo determinante la situazione economica in questi paesi,

F.

considerando che gli accordi di partenariato economico interinali (APEI) sono accordi sugli scambi di merci, intesi a evitare scompensi negli scambi commerciali fra i paesi ACP e l’Unione europea, e che essi andrebbero considerati una soluzione temporanea finché saranno in corso i negoziati per concludere un accordo di partenariato economico globale con la regione dell’Africa occidentale,

G.

considerando che l’impatto globale delle norme commerciali fissate dall’APE potrebbe essere molto più significativo rispetto alla soppressione dei dazi,

H.

considerando che, ai sensi dell’articolo 37, paragrafo 6, dell’accordo di Cotonou, i paesi ACP sono liberi di valutare alternative agli APE,

I.

considerando che gli APEI sono un primo passo verso gli APE completi,

J.

considerando che l’Unione europea offre ai paesi ACP un accesso integralmente esente da contingentamenti e dazi ai propri mercati, con periodi transitori per il riso (2010) e lo zucchero (2015),

K.

considerando che i livelli di capacità tra i diversi paesi ACP, nonché tra i paesi ACP e l’Unione europea differiscono notevolmente,

L.

considerando che esiste una concorrenza limitata tra le economie dell’Unione europea e quelle dei paesi ACP in quanto la maggior parte delle esportazioni UE interessa prodotti che i paesi ACP non producono, ma di cui hanno bisogno sia per il consumo diretto che per alimentare per l’industria nazionale,

M.

considerando che, in conseguenza dell’attuale crisi finanziaria ed economica, la politica commerciale sarà più importante che mai per il mondo in via di sviluppo, affinché possa sfruttare appieno le opportunità del commercio internazionale,

N.

considerando che la clausola della nazione più favorita (NPF), che fissa dazi normali e non discriminatori per le importazioni di merci, è inserita nei testi APE con l’obiettivo di garantire che tutti gli esportatori siano trattati come l’esportatore più favorito,

O.

considerando che la Comunità europea e i paesi ACP hanno negoziato nuove norme di origine, perfezionate, potenzialmente in grado di garantire notevoli vantaggi ai paesi ACP se attuate correttamente e tenendo nella dovuta considerazione i livelli ridotti di capacità di tali paesi,

P.

considerando che la strategia dell’Unione europea sugli aiuti al commercio si propone di sostenere le capacità dei paesi in via di sviluppo di trarre vantaggio da nuove opportunità commerciali,

Q.

considerando che l’APE completo condizionerà inevitabilmente l’ambito di applicazione e il contenuto dei futuri accordi tra i paesi ACP e altri partner commerciali nonché la posizione negoziale della regione,

R.

considerando che la bilancia commerciale tra l’Unione europea e la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (ECOWAS) è equilibrata in termini di scambi commerciali tra le regioni,

S.

considerando che il Ghana è membro dell’ECOWAS la quale è composta di 15 paesi; considerando che i singoli Stati della regione variano notevolmente quanto a dimensioni e a livello del PIL,

T.

considerando che 12 dei 15 paesi che compongono l’ECOWAS sono considerati paesi meno avanzati (PMA),

U.

considerando che il Ghana, la Costa d’Avorio e la Nigeria non sono classificati come PMA; che quindi potenziali difficoltà potrebbero derivare dalla disparità dei livelli di risorse e capacità di governo nel gruppo regionale ECOWAS dovute al fatto che la maggioranza dei suoi membri è classificata tra i PMA,

1.

ribadisce il parere che, se concepiti in modo adeguato, gli APE rappresentano un’opportunità per imprimere nuovo slancio alle relazioni commerciali ACP-UE, promuovere la diversificazione economica e l’integrazione regionale nonché per ridurre la povertà nei paesi ACP;

2.

riconosce i vantaggi che la conclusione dell’APEI tra la Comunità europea da un lato, e gli Stati ACP, dall’altro, ha avuto per gli esportatori, ampliando le possibilità di esportazione verso l’Unione europea dopo la scadenza del trattamento tariffario preferenziale previsto dall’accordo di Cotonou il 31 dicembre 2007, mantenendo e ampliando così sostanzialmente le possibilità di esportazione del Ghana verso l’Unione europea, grazie alla piena apertura del mercato e al miglioramento delle norme di origine;

3.

si compiace del fatto che la Comunità europea offra ai paesi ACP una completa esenzione dai dazi doganali e un accesso al mercato dell’Unione europea esente da quote per la maggior parte dei prodotti, al fine di sostenere la liberalizzazione degli scambi tra i paesi ACP e l’Unione europea;

4.

sottolinea che l’APE con il Ghana non deve in nessun caso mettere in pericolo la coesione o indebolire l’integrazione regionale dell’ECOWAS;

5.

ricorda che, sebbene l’accordo interinale sia compatibile con l’OMC e possa essere considerato come un primo passo in questo processo, esso può non rappresentare necessariamente il preludio a un APE completo;

6.

ricorda che le regole dell’OMC non esigono né vietano accordi sui servizi o sulle cosiddette «questioni di Singapore»;

7.

prende atto dell’istituzione di periodi di transizione nell’ambito dell’APEI per le piccole e medie imprese (PMI), per consentire loro di adattarsi ai cambiamenti derivanti dall’accordo, e sollecita le autorità degli stati interessati a continuare a sostenere gli interessi delle PMI nei loro negoziati per un APE completo;

8.

esorta i paesi ACP a portare avanti il processo di liberalizzazione e incoraggia l’estensione di tali riforme oltre il commercio e i beni, al fine di aumentare la liberalizzazione degli scambi nell’ambito dei servizi;

9.

esorta la Commissione a non esercitare pressioni indebite sul Ghana per indurlo ad accettare gli impegni di liberalizzazione nel settore dei servizi pubblici e le cosiddette «questioni di Singapore»;

10.

chiede che l’Unione europea fornisca una maggiore e adeguata assistenza sia alle autorità dei paesi ACP sia al settore privato, al fine di agevolare la transizione delle economie dopo la firma dell’APEI;

11.

invita la Commissione e gli Stati membri a chiarire l’effettiva distribuzione dei fondi in tutta la regione ACP in base all’impegno di spesa prioritaria assunto nel quadro dell’aumento del bilancio destinato agli aiuti al commercio;

12.

ricorda che nell’ottobre 2007 è stata adottata la strategia dell’Unione europea in materia di aiuti al commercio, con l’impegno di aumentare l’assistenza collettiva dell’Unione europea in campo commerciale a 2 miliardi (2 000 000 000) EUR l’anno entro il 2010 (di cui 1 miliardo EUR dalla Comunità e 1 miliardo EUR dagli Stati membri); insiste affinché la regione dell’Africa occidentale riceva un contributo equo e appropriato;

13.

chiede che sia rapidamente determinata e costituita la quota di risorse destinate all’aiuto al commercio; sottolinea che tali fondi dovranno essere costituiti da risorse supplementari e non essere il risultato di un mero rimaneggiamento dei finanziamenti del Fondo europeo di sviluppo (FES), che gli stessi fondi dovranno conformarsi alle priorità del Ghana e che la loro erogazione dovrà essere puntuale, prevedibile e in armonia con i calendari di esecuzione dei piani strategici di sviluppo nazionali e regionali; si oppone a qualsiasi forma di condizionalità relativamente agli APE in materia di concessione dell’aiuto europeo e invita la Commissione a garantire che l’accesso ai fondi del decimo FES sia mantenuto indipendente dall’esito e dal ritmo dei negoziati;

14.

esorta i paesi interessati a fornire informazioni chiare e trasparenti circa la loro situazione economica e politica e il loro sviluppo, al fine di migliorare la cooperazione con l’Unione europea;

15.

sottolinea l’importanza di una gestione trasparente delle risorse naturali in quanto chiave per lo sviluppo; esorta i negoziatori dell’APE completo a dar pienamente conto di tale meccanismo e a delineare le migliori prassi affinché il Ghana possa trarre il massimo vantaggio da tali risorse; ribadisce in tale contesto la sua risoluzione del 13 marzo 2007 sulla responsabilità sociale delle imprese: un nuovo partenariato (11) e chiede alla Commissione di far sì che le imprese transnazionali con sede nell’Unione europea e dotate di impianti di produzione in paesi ACP rispettino le norme fondamentali dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, i patti sociali e ambientali nonché gli accordi internazionali per conseguire un equilibrio globale tra crescita economica ed elevati standard sociali ed ambientali;

16.

evidenzia l’importanza del commercio intra-regionale e la necessità di aumentare i legami commerciali regionali al fine di garantire una crescita sostenibile nella regione; sottolinea l’importanza della cooperazione e della congruenza tra le diverse entità regionali;

17.

incoraggia un ulteriore abbassamento dei dazi doganali tra i paesi in via di sviluppo e i gruppi regionali, che oggi vanno dal 15 al 25 per cento del valore commerciale, per promuovere ulteriormente il commercio sud-sud, la crescita economica e l’integrazione regionale;

18.

accoglie con favore lo sviluppo di un’unione doganale nel gruppo dell’Africa occidentale e gli sforzi in atto per la creazione di un’unione monetaria, in particolare considerando i benefici che le imprese potrebbero trarre dalla sincronizzazione della regione dell’Africa occidentale grazie ad un mercato più ampio, all’incremento degli scambi commerciali e delle opportunità per la creazione di economie di scala;

19.

chiede meccanismi di controllo appropriati e trasparenti - con un’influenza e un ruolo chiari - al fine di monitorare l’impatto degli APE, con una maggiore responsabilizzazione dei paesi ACP e un’ampia consultazione dei soggetti interessati; sottolinea che occorre procedere ad una revisione completa dell’APEI stipulato entro cinque anni dalla firma, relativamente al relativo impatto socioeconomico, inclusi i costi e le conseguenze dell’attuazione, consentendo modifiche alle disposizioni dell’accordo e adeguamenti alla sua applicazione;

20.

insiste sul fatto che, conformemente ai principi di Parigi sull’efficacia degli aiuti, gli aiuti devono, tra l’altro, essere orientati alla domanda, e invita pertanto i paesi ACP a specificare a qual fine sono necessari finanziamenti supplementari legati agli APE, in particolare per quanto concerne i quadri regolamentari, le misure di salvaguardia, la facilitazione degli scambi, il supporto all’adeguamento alle norme internazionali in materia sanitaria e fitosanitaria e di proprietà intellettuale, e la composizione del meccanismo di controllo dell’APE;

21.

invita la Commissione a impegnarsi al massimo per la ripresa dei negoziati sull’Agenda di Doha per lo sviluppo e per garantire che gli accordi sulla liberalizzazione degli scambi commerciali continuino a promuovere lo sviluppo nei paesi poveri;

22.

è convinto che gli APE completi dovrebbero essere complementari a un accordo sull’ADS e non costituire una alternativa per i paesi ACP;

23.

riconosce la necessità di un capitolo sulla difesa degli scambi con garanzie bilaterali; invita entrambe le parti ad evitare inutili impieghi di tali garanzie; invita la Commissione ad accettare, nel quadro di negoziati continui volti alla conclusione di un APE completo, una revisione delle salvaguardie contenute nell’APE interinale al fine di garantire un utilizzo adeguato, trasparente e rapido qualora siano rispettati i relativi criteri di applicazione;

24.

rileva l’ampio divario tra i livelli di spesa pubblica per le sovvenzioni ed il sostegno all’agricoltura: mentre l’Unione europea spende 55 miliardi EUR all’anno e gli USA 55 miliardi USD all’anno, dagli anni Ottanta il Ghana non ha concesso sovvenzioni ai propri agricoltori/produttori agricoli;

25.

ritiene che, nonostante l’accesso privilegiato al mercato dell’Unione europea per i prodotti agricoli del Ghana, l’APE non è in grado di generare uno sviluppo della produzione agricola del Ghana se le capacità di produzione non saranno rafforzate e modernizzate con investimenti tecnici e finanziari;

26.

rileva che tale situazione penalizza gli agricoltori dei paesi ACP diminuendone la competitività sia a livello nazionale che all’estero, in quanto i loro prodotti sono più costosi in termini reali rispetto a quelli sovvenzionati dell’Unione europea e degli USA;

27.

sostiene pertanto le concordate esclusioni di linee tariffarie incentrate sui prodotti agricoli e su alcuni prodotti agricoli trasformati, dato che si basano soprattutto sulla necessità di proteggere le industrie nascenti o i prodotti sensibili in questi paesi;

28.

rileva che il Ghana ha ottenuto esclusioni di linee tariffarie per il pollame e altre carni, pomodori, cipolle, zucchero, tabacco e birra;

29.

sottolinea che l’APE completo dovrebbe incoraggiare le esportazioni di beni trasformati mediante l’introduzione di norme d’origine migliorate e semplificate, in particolare in settori chiave come l’agricoltura;

30.

riconosce che l’APEI contiene già un capitolo sulla cooperazione allo sviluppo (Titolo 2) riguardante la cooperazione allo sviluppo, l’adeguamento fiscale, la competitività sul lato dell’offerta e le infrastrutture per la promozione delle imprese, che va applicato pienamente; sottolinea l’urgenza di concludere, nel quadro degli accordi regionali completi, capitoli sui servizi, sugli investimenti e sulle norme commerciali; invita entrambe le parti a rispettare l’impegno assunto di concludere negoziati in materia di concorrenza e appalti pubblici soltanto quando sarà stata costituita una capacità adeguata;

31.

sottolinea che qualsiasi APE completo dovrà altresì includere disposizioni in materia di buona governance, trasparenza nelle cariche politiche e diritti umani;

32.

osserva che gli APE devono contribuire al raggiungimento degli OSM;

33.

invita le parti negoziali a includere accordi vincolanti per quanto riguarda gli investimenti, la concorrenza e gli appalti pubblici, che potrebbero promuovere il Ghana come sede di affari ed investimenti, e rileva che, dal momento che tali norme saranno applicate universalmente, esse andranno a beneficio sia dei consumatori che delle amministrazioni pubbliche locali;

34.

rileva l’importanza del contributo degli attori non statali e di altri soggetti interessati nella regione ECOWAS, così come dell’analisi degli effetti degli APE, che contribuirà a costruire il vero partenariato necessario per il loro monitoraggio;

35.

chiede la predisposizione di una rapida procedura di ratifica affinché i paesi partner possano fruire dei vantaggi dell’APEI senza indebiti ritardi;

36.

raccomanda di adottare un approccio flessibile, individuale e pragmatico nei negoziati in corso relativi a un APE completo; invita a tale riguardo la Commissione a tenere soprattutto in considerazione la richiesta avanzata dal Ghana in merito agli aspetti dell’accordo inerenti allo sviluppo; accoglie con favore, a tale proposito, le conclusioni del CAGRE del maggio 2008;

37.

incoraggia le parti negoziali a concludere i negoziati, come previsto, nel corso del 2009; incoraggia le parti ad adottare le misure necessarie per poter essere in grado di concludere un APE completo fra i paesi ACP e l’Unione europea prima della fine del 2009, come previsto;

38.

sottolinea che l’APE completo dovrebbe contemplare una clausola di revisione e una valutazione d’impatto globale, da eseguirsi entro 3-5 anni dalla firma dell’accordo; chiede che il Parlamento europeo e il Parlamento del Ghana siano coinvolti in ogni revisione dell’accordo;

39.

sottolinea in particolare il ruolo cruciale dei parlamenti ACP e degli attori non statali nel monitoraggio e nella gestione degli APE e invita la Commissione a garantirne il coinvolgimento nelle procedure di negoziazione in corso; ritiene che ciò richieda un programma preciso tra l’Unione e i paesi ACP basato su un approccio partecipativo;

40.

ritiene importante che l’attuazione degli APE debba prevedere la creazione di un opportuno sistema di monitoraggio che sia coordinato dalla commissione parlamentare competente e coinvolga membri della commissione per il commercio internazionale e della commissione per lo sviluppo, garantendo un idoneo equilibrio tra salvaguardia del ruolo guida della commissione per il commercio internazionale e coerenza globale delle politiche in materia di commercio e sviluppo; ritiene che detta commissione parlamentare dovrebbe operare in maniera flessibile e coordinarsi attivamente con l’Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE; ritiene che tale monitoraggio dovrebbe iniziare dopo l’adozione di ogni APE interinale;

41.

ribadisce che il Parlamento europeo deve essere pienamente informato e coinvolto durante il processo negoziale di transizione;

42.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e degli Stati ACP, al Consiglio dei ministri ACP-UE e all’Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE.


(1)  GU C 77 E del 26.3.2004, pag. 393.

(2)  GU C 92 E del 20.4.2006, pag. 397.

(3)  GU C 285 E del 22.11.2006, pag. 126.

(4)  GU C 292 E dell’1.12.2006, pag. 121.

(5)  GU C 293 E del 2.12.2006, pag. 155.

(6)  GU C 298 E dell’8.12.2006, pag. 261.

(7)  GU C 305 E del 14.12.2006, pag. 244.

(8)  GU C 102 E del 24.4.2008, pag. 301.

(9)  GU C 323 E del 18.12.2008, pag. 361.

(10)  Testi approvati, P6_TA(2008)0252.

(11)  GU C 301 E del 13.12.2007, pag. 45.


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/118


Mercoledì 25 marzo 2009
Accordo di partenariato economico interinale CE-Stati del Pacifico

P6_TA(2009)0178

Risoluzione del Parlamento europeo del 25 marzo 2009 sull’accordo di partenariato interinale fra gli Stati del Pacifico, da una parte, e la Comunità europea, dall’altra

2010/C 117 E/20

Il Parlamento europeo,

viste le sue risoluzioni del 25 settembre 2003 sulla Quinta conferenza ministeriale dell’Organizzazione mondiale del commercio di Cancún (1), del 12 maggio 2005 sulla valutazione del ciclo di negoziati di Doha a seguito della decisione del Consiglio generale dell’OMC del 1o agosto 2004 (2), del 1o dicembre 2005 sulla preparazione della Sesta conferenza ministeriale dell’Organizzazione mondiale del commercio a Hong Kong (3), del 23 marzo 2006 sull’impatto sullo sviluppo degli accordi di partenariato economico (APE) (4), del 4 aprile 2006 sulla valutazione del round di Doha a seguito della Conferenza ministeriale dell’OMC a Hong Kong (5), del 1o giugno 2006 su commercio e povertà: definire politiche commerciali per massimizzare il contributo del commercio alla riduzione della povertà (6), del 7 settembre 2006 sulla sospensione dei negoziati sull'agenda di Doha per lo sviluppo (7) (ADS), del 23 maggio 2007 sugli accordi di partenariato economico (8), del 12 dicembre 2007 sugli accordi di partenariato economico (9) e la sua posizione del 5 giugno 2008 sulla proposta di regolamento del Consiglio relativo all'applicazione di un sistema di preferenze tariffarie generalizzate per il periodo dal 1o gennaio 2009 al 31 dicembre 2011 e che modifica i regolamenti (CE) n. 552/97 e (CE) n. 1933/2006 nonché i regolamenti (CE) n. 964/2007 e (CE) n. 1100/2006 della Commissione (10),

visto l’accordo di partenariato economico interinale fra gli Stati del Pacifico, da una parte, e la Comunità europea, dall’altra,

visto l’accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP), da una parte, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall’altra, firmato a Cotonou il 23 giugno 2000 («accordo di Cotonou»),

viste le conclusioni del Consiglio Affari generali e relazioni esterne (CAGRE) di aprile 2006, ottobre 2006, maggio 2007, ottobre 2007, novembre 2007 e maggio 2008,

vista la comunicazione della Commissione del 23 ottobre 2007 sugli accordi di partenariato economico (COM(2007)0635),

visto l'Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (GATT), in particolare l'articolo XXIV,

vista la dichiarazione ministeriale della Quarta sessione della Conferenza ministeriale dell’OMC, adottata il 14 novembre 2001 a Doha,

vista la dichiarazione ministeriale della Sesta sessione della Conferenza ministeriale dell’OMC, adottata il 18 dicembre 2005 a Hong Kong,

viste la relazione e le raccomandazioni della task force sugli aiuti al commercio, adottate dal Consiglio generale dell’OMC il 10 ottobre 2006,

vista la dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite, dell’8 settembre 2000, che fissa gli Obiettivi di sviluppo del Millennio (OSM) definiti di concerto dalla comunità internazionale per eliminare la povertà,

visto il comunicato di Gleneagles, approvato l'8 luglio 2005 dal G8,

visto l'articolo 108, paragrafo 5, in combinato disposto con l'articolo 103, paragrafo 2, del suo regolamento,

A.

considerando che dal 1o gennaio 2008 le relazioni commerciali precedentemente intercorse tra l’Unione europea e i paesi ACP – che accordavano a questi ultimi un accesso preferenziale ai mercati dell'Unione europea su base non reciproca – non sono più conformi alle norme dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC),

B.

considerando che gli APE sono accordi compatibili con l’OMC, tesi a sostenere l'integrazione regionale e a favorire la graduale integrazione delle economie dei paesi ACP nell'ambito dell'economia mondiale, promuovendone quindi lo sviluppo sociale ed economico sostenibile e contribuendo agli sforzi globali volti a eliminare la povertà nei paesi ACP,

C.

considerando che gli APE dovrebbero essere utilizzati per costruire una relazione a lungo termine in cui il commercio sostenga lo sviluppo,

D.

considerando che gli EPA interinali (APEI) sono accordi sugli scambi di merci tesi ad evitare l’interruzione degli scambi commerciali fra i paesi ACP e l'Unione europea,

E.

considerando che l’attuale crisi finanziaria ed economica fa sì che la politica commerciale assuma un ruolo quanto mai rilevante nei paesi in via di sviluppo,

F.

considerando che l’APEI si concentra sullo scambio di merci e sulla compatibilità OMC,

G.

considerando che le norme dell'OMC non richiedono ai paesi APE di assumersi impegni di liberalizzazione nel settore dei servizi, né glielo vietano,

H.

considerando che l’impatto a livello nazionale e regionale degli impegni previsti negli accordi potrebbe risultare molto rilevante,

I.

considerando che finora dei 14+1 (Timor est) Stati ACP del Pacifico hanno siglato l'APEI soltanto la Papua Nuova Guinea e la Repubblica delle Isole Figi,

J.

considerando che l’APEI condizionerà probabilmente la portata e il contenuto dei futuri accordi siglati fra la Papua Nuova Guinea e la Repubblica delle Isole Figi e gli altri partner commerciali nonché la posizione della regione nell’ambito dei negoziati,

K.

considerando che vi è una concorrenza limitata tra l'Unione europea e gli Stati del Pacifico, dal momento che la grande maggioranza delle esportazioni dell'Unione europea consiste in beni che gli Stati del Pacifico non producono, ma di cui necessitano per i loro consumi diretti o come mezzi di produzione per le industrie nazionali,

L.

considerando che, nell'attuale situazione politica che vede le Figi governate da una giunta militare, ogni accordo APE a pieno titolo dovrebbe essere subordinato a una roadmap concordata per elezioni democratiche, approvata da tutte le forze politiche figiane rilevanti,

M.

considerando che il Consiglio ha chiesto l'immediato e pieno ripristino della democrazia e un ritorno quanto più rapido possibile al governo civile,

N.

considerando che il raggruppamento regionale ACP del Pacifico è costituito da 14 Stati insulari ampiamente disseminati più Timor est con una popolazione che nel complesso è inferiore a 8 milioni di abitanti e che negli Stati del Pacifico, più che in qualsiasi altra regione, sono evidenti le notevoli differenze in termini di dimensioni e caratteristiche, ad esempio il più grande, Papua Nuova Guinea, è tremila volte più grande di Niue, il più piccolo,

O.

considerando che la pesca e le connesse attività economiche ed industriali presentano un grandissimo potenziale per un futuro aumento delle esportazioni,

P.

considerando che nuove norme commerciali devono essere accompagnate da un maggiore sostegno all'assistenza in materia commerciale,

Q.

considerando che la strategia dell'Unione europea sugli aiuti al commercio si propone di sostenere le capacità dei paesi in via di sviluppo di trarre vantaggio da nuove opportunità commerciali,

R.

considerando che l'Unione europea e i paesi ACP hanno negoziato norme di origine migliori, nuove e più flessibili che, se attuate in modo adeguato e tenendo nel debito conto i loro ridotti livelli di capacità, risulteranno molto vantaggiose per i paesi ACP,

S.

considerando che il calendario dei negoziati in corso per il passaggio da un APE interinale a un APE a pieno titolo tra l'Unione europea e gli Stati del Pacifico si fonda sul presupposto che l'accordo venga concluso entro la fine del 2009,

1.

sottolinea che tali accordi possono considerarsi soddisfacenti solo se conseguono tre obiettivi, ossia: dare impulso allo sviluppo sostenibile dei paesi ACP, promuovere la loro partecipazione al commercio mondiale e rafforzare il processo di regionalizzazione;

2.

sottolinea che lo scopo principale dell'accordo è contribuire, attraverso gli obiettivi di sviluppo, la riduzione della povertà e il rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo, al raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del millennio e conseguire gli obiettivi seguenti: offrire ai paesi ACP un sostegno per lo sviluppo sostenibile, promuovere la loro partecipazione al commercio mondiale, rafforzare il processo di regionalizzazione, rivitalizzare il commercio tra l'Unione europea e i paesi ACP e promuovere la diversificazione economica dei paesi ACP;

3.

sottolinea che, per proteggersi dalle potenziali conseguenze negative derivanti dall'apertura delle economie degli Stati del Pacifico, l'Unione europea deve fornire sostegno per garantire vantaggi reali attraverso le preferenze commerciali e costruire lo sviluppo economico e sociale;

4.

ritiene che tale APE debba promuovere e incoraggiare il commercio, la crescita economica, l'integrazione regionale e la diversificazione economica nonché la riduzione della povertà;

5.

incoraggia le parti negoziali a concludere i negoziati, come previsto, nel corso del 2009; incoraggia le parti ad adottare tutte le misure necessarie per poter concludere, come previsto, un APE completo tra i paesi ACP e l'Unione europea entro la fine del 2009;

6.

riconosce l'importanza e i vantaggi di stipulare accordi tra l'Unione europea e i suoi partner ACP che siano compatibili con le norme dell'OMC poiché, in assenza di tali accordi, le nostre relazioni commerciali e il loro sviluppo subirebbero forti scompensi; rileva che ciò è emerso nei vantaggi avuti dagli esportatori grazie all'incremento degli scambi con l'Unione europea dopo la scadenza, il 31 dicembre 2007, del trattamento tariffario preferenziale previsto dall'accordo di Cotonou;

7.

si compiace del fatto che l'Unione europea offra ai paesi ACP una completa esenzione dai dazi doganali e un accesso al mercato dell'Unione europea esente da quote per la maggior parte dei prodotti, al fine di sostenere la liberalizzazione del commercio tra i paesi ACP e l'Unione europea;

8.

rileva che la firma dell'APEI costituisce un passo necessario verso una crescita sostenibile in questa regione nel suo complesso, e sottolinea l'importanza di continui negoziati per concludere un accordo globale che incoraggi l'aumento degli scambi, degli investimenti e dell'integrazione regionale;

9.

accoglie con favore l'istituzione di periodi di transizione nell'ambito dell'APEI per le piccole e medie imprese (PMI), in modo che si adattino ai cambiamenti posti in atto dall'accordo, e sollecita le autorità degli Stati del Pacifico a continuare a sostenere gli interessi delle PMI nei loro negoziati per un APE completo;

10.

esorta la Commissione a non esercitare pressioni sugli Stati del Pacifico per accettare impegni di liberalizzazione relativamente ai servizi e alle cosiddette «questioni di Singapore»;

11.

esorta i paesi ACP a portare avanti il processo di liberalizzazione, a estendere tali riforme oltre il commercio e i beni e ad aumentare la liberalizzazione del commercio e dei servizi;

12.

chiede la creazione di un solido contesto normativo nel caso in cui siano condotti negoziati sui servizi, onde garantire la fornitura del servizio universale e l'esclusione dal quadro negoziale dei servizi pubblici essenziali;

13.

chiede che l'Unione europea fornisca un'assistenza accresciuta e adeguata sia alle autorità dei paesi ACP sia al settore privato, al fine di agevolare la transizione delle economie dopo la firma dell'APEI;

14.

esorta i paesi interessati a fornire informazioni chiare e trasparenti sulla situazione politica ed economica e sul processo di sviluppo, al fine di migliorare la cooperazione con la Commissione;

15.

invita pertanto i negoziatori di un eventuale APE completo a rendere pienamente conto della gestione trasparente delle risorse naturali e a delineare le prassi eccellenti necessarie a garantire che i paesi in questione possano trarre i massimi benefici da tali risorse;

16.

sottolinea l'importanza del commercio intra-regionale e la necessità di aumentare i legami commerciali regionali al fine di garantire una crescita sostenibile nella regione; sottolinea l'importanza della cooperazione e della congruenza tra le diverse entità regionali;

17.

incoraggia un ulteriore abbassamento dei dazi doganali tra i paesi in via di sviluppo e i gruppi regionali, che oggi vanno dal 15 al 25 per cento del valore commerciale, per promuovere ulteriormente il commercio sud - sud, la crescita economica e l'integrazione regionale;

18.

invita la Commissione a impegnarsi al massimo per la ripresa dei negoziati sull'ADS e per garantire che gli accordi sulla liberalizzazione degli scambi commerciali continuino a promuovere lo sviluppo nei paesi poveri;

19.

è convinto che gli APE a pieno titolo dovrebbero essere complementari ad un accordo sull'ADS e non un'alternativa per i paesi ACP;

20.

riconosce la necessità di un capitolo sulla difesa del commercio con garanzie bilaterali; invita entrambe le parti ad evitare inutili impieghi di tali garanzie; invita la Commissione, nell'ambito dei negoziati continui intesi a concludere un APE completo, ad accettare una revisione delle misure di salvaguardia contenute nell'APE interinale per garantire un utilizzo appropriato, trasparente e rapido, a condizione che siano soddisfatti i criteri di applicazione;

21.

è favorevole alle esenzioni dai dazi che sono state concordate per i prodotti agricoli e taluni prodotti agricoli trasformati, dal momento che sono intese per lo più a tutelare le industrie nascenti o prodotti sensibili nei paesi interessati;

22.

chiede una rapida procedura di ratifica, al fine di mettere a disposizione dei paesi partner i profitti derivanti dell'APEI senza inutili ritardi;

23.

ricorda che, sebbene l’accordo interinale possa essere considerato la prima fase del processo, in termini giuridici si tratta di un accordo internazionale totalmente indipendente, che può anche non portare automaticamente a un APE a pieno titolo o alla firma dello stesso da parte di tutti i firmatari iniziali dell'APEI;

24.

invita la Commissione ad offrire la massima flessibilità nei negoziati in corso, come indicato nelle conclusioni raggiunte sulla questione dal CAGRE del maggio e del novembre 2008;

25.

chiede alla Commissione di tener conto delle richieste degli Stati del Pacifico di rinegoziare, per l'APE completo, alcune questioni rimaste controverse nell'APE interinale che intende emendare o eliminare;

26.

rileva che la Papua Nuova Guinea e la Repubblica delle Isole Figi finora sono stati gli unici membri della regione del Pacifico a siglare l’accordo, mentre altri membri del raggruppamento regionale del Pacifico, avendo scarsi volumi di scambi commerciali con l'Unione europea, hanno scelto di non firmare;

27.

ricorda che un vero mercato regionale è la base fondamentale per attuare con successo gli APE e che l'integrazione regionale e la cooperazione sono indispensabili per lo sviluppo sociale ed economico degli Stati del Pacifico;

28.

rileva che è necessario garantire che l’APEI non indebolisca né gli interessi politici né l’atteggiamento dell’opinione pubblica della regione del Pacifico nei confronti dell’integrazione economica;

29.

sottolinea quindi che nella fase di attuazione dell'APEI e di negoziato per un APE a pieno titolo occorre tenere conto dei processi di integrazione nella regione del Pacifico;

30.

raccomanda di adottare un approccio flessibile, asimmetrico e pragmatico nei negoziati in corso relativi a un APE a pieno titolo; chiede alla Commissione, in questo contesto, di tener conto in particolare delle richieste degli Stati del Pacifico interessati dagli aspetti di sviluppo dell'accordo; accoglie con favore, a tale proposito, le conclusioni del CAGRE di maggio 2008;

31.

rileva che l’accordo potrebbe anche avere ripercussioni sulle relazioni fra la regione del Pacifico e i suoi partner commerciali più vicini e più importanti, l’Australia e la Nuova Zelanda, e che è necessario garantire che le attuali clausole dell’accordo non rappresentino un ostacolo per i futuri accordi commerciali con tali paesi;

32.

riconosce che un capitolo sulla cooperazione allo sviluppo è stato incluso nell'APE completo riguardante la cooperazione nel commercio di beni, la competitività delle forniture, le infrastrutture per la promozione delle imprese, il commercio nel settore dei servizi, i problemi legati al commercio, la costituzione delle capacità istituzionali e gli adeguamenti fiscali; invita entrambe le parti a rispettare il proprio impegno concordato di concludere negoziati in materia di concorrenza e appalti pubblici soltanto quando sarà stata costituita una capacità adeguata;

33.

ricorda che l’APE deve sostenere gli obiettivi, le politiche e le priorità di sviluppo degli Stati del Pacifico, non solo in termini di struttura e contenuti ma anche nei modi e nello spirito della sua attuazione;

34.

osserva che l’APE dovrebbe contribuire al raggiungimento degli OSM;

35.

riconosce l'applicazione selettiva da parte dell'Unione europea del principio della nazione più favorita tra tutti i gruppi ACP subregionali;

36.

ricorda che, nell'ottobre 2007, è stata adottata la strategia dell'Unione europea in materia di aiuti al commercio, con l'impegno di aumentare l'assistenza collettiva dell'Unione europea in campo commerciale a 2 miliardi (2 000 000 000) EUR l'anno entro il 2010 (1 miliardo EUR dalla Comunità e 1 miliardo EUR dagli Stati membri); ribadisce la necessità che la regione del Pacifico riceva una quota adeguata ed equa;

37.

chiede che la quota di risorse destinate all'aiuto al commercio sia tempestivamente determinata e costituita; ricorda che l’APE deve sostenere gli obiettivi, le politiche e le priorità di sviluppo degli Stati del Pacifico, non solo in termini di struttura e di contenuti, ma anche nei modi e nello spirito della sua attuazione;

38.

invita la Commissione, in considerazione degli impegni presi dal Consiglio nel settembre 2007 relativamente agli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (TRIPS) e all'accesso ai farmaci, a non negoziare disposizioni TRIPS-plus farmaceutiche che incidano su salute pubblica e accesso ai medicinali nell'APE a pieno titolo, ad astenersi dal chiedere l'adesione o l'accettazione degli obblighi del Trattato sulla cooperazione in materia di brevetti e del Trattato sul diritto dei brevetti, ad astenersi dall'inserire i termini della direttiva 2004/48/CE (11) e dall'introdurre discipline come la protezione delle banche dati non originali nell'APE a pieno titolo;

39.

manifesta il proprio incessante sostegno a un accordo di partenariato economico globale fra la Comunità e la regione del Pacifico, incluso il settore fondamentale di negoziati sui diritti di proprietà intellettuale che contemplino non solo i prodotti tecnologici occidentali ma anche la biodiversità e le conoscenze tradizionali;

40.

chiede adeguati e trasparenti meccanismi di controllo, con un ruolo e un'influenza chiari, per verificare l'impatto degli APE con maggiore partecipazione ACP e un'ampia consultazione dei soggetti interessati;

41.

ritiene importante che l'attuazione degli APE debba prevedere la creazione di un opportuno sistema di controllo, coordinato dalla commissione parlamentare competente, cui dovranno partecipare membri della commissione per il commercio internazionale e della commissione per lo sviluppo, garantendo un idoneo equilibrio tra salvaguardia del ruolo guida della commissione per il commercio internazionale e coerenza globale delle politiche in materia di commercio e sviluppo; reputa che tale commissione parlamentare debba operare in modo flessibile e in coordinamento attivo con l'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE; ritiene che tale controllo dovrebbe iniziare dopo l'adozione di ogni APE interinale;

42.

sottolinea, in particolare, il ruolo fondamentale dei parlamenti ACP e la partecipazione degli attori non statali nel monitoraggio e nella gestione degli APE e invita la Commissione a promuoverne il coinvolgimento nell'iter negoziale in corso; ciò implica la definizione di un'agenda chiara tra l'Unione europea e i paesi ACP basata su un approccio partecipativo;

43.

sottolinea che l'APE a pieno titolo dovrebbe contenere una clausola di revisione e prevedere una valutazione d'impatto globale, da realizzare entro 3-5 anni dalla firma dell'accordo al fine di determinare l'impatto socioeconomico dell'accordo stesso, compresi i costi e le conseguenze della sua applicazione; chiede che il Parlamento europeo e i Parlamenti degli Stati del Pacifico siano associati a ogni revisione dell'accordo;

44.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e dei paesi ACP, al Consiglio dei ministri ACP-UE e all'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE.


(1)  GU C 77 E del 26.3.2004, pag. 393.

(2)  GU C 92 E del 20.4.2006, pag. 397.

(3)  GU C 285 E del 22.11.2006, pag. 126.

(4)  GU C 292 E del 1.12.2006, pag. 121.

(5)  GU C 293 E del 2.12.2006, pag. 155.

(6)  GU C 298 E del 8.12.2006, pag. 261.

(7)  GU C 305 E del 14.12.2006, pag. 244.

(8)  GU C 102 E del 24.4.2008, pag. 301.

(9)  GU C 323 E del 18.12.2008, pag. 361.

(10)  Testi approvati, P6_TA(2008)0252.

(11)  Direttiva 2004/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale (GU L 157 del 30.4.2004, p. 45).


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/124


Mercoledì 25 marzo 2009
Accordo di partenariato economico interinale CE-Stati della SADC APE

P6_TA(2009)0179

Risoluzione del Parlamento europeo del 25 marzo 2009 su un accordo di partenariato economico interinale tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e gli Stati della SADC aderenti all'APE, dall'altra

2010/C 117 E/21

Il Parlamento europeo,

vista la sua risoluzione del 25o settembre 2003 sulla Quinta conferenza ministeriale dell'Organizzazione mondiale per il commercio di Cancún (1),

vista la sua risoluzione del 12 maggio 2005 sulla valutazione del ciclo di negoziati di Doha a seguito della decisione del Consiglio generale dell'OMC del 1o agosto 2004 (2),

vista la sua risoluzione del 1o dicembre 2005 sulla preparazione della Sesta conferenza ministeriale dell'Organizzazione mondiale del commercio a Hong Kong (3),

vista la sua risoluzione del 23 marzo 2006 sull'impatto sullo sviluppo degli accordi di partenariato economico (APE) (4),

vista la sua risoluzione del 4 aprile 2006 sulla valutazione del round di Doha a seguito della Conferenza ministeriale dell'OMC a Hong Kong (5),

vista la sua risoluzione del 1o giugno 2006 su commercio e povertà: definire politiche commerciali per massimizzare il contributo del commercio alla riduzione della povertà (6),

vista la sua risoluzione del 7 settembre 2006 sulla sospensione dei negoziati sull'agenda di Doha per lo sviluppo (7) (ADS),

vista la sua risoluzione del 23 maggio 2007 sugli accordi di partenariato economico (8),

vista la sua risoluzione del 12 dicembre 2007 sugli accordi di partenariato economico (9),

vista la sua posizione del 5 giugno 2008 sulla proposta di regolamento del Consiglio relativo all'applicazione di un sistema di preferenze tariffarie generalizzate per il periodo dal 1o gennaio 2009 al 31 dicembre 2011 e che modifica i regolamenti (CE) n. 552/97 e (CE) n. 1933/2006 nonché i regolamenti (CE) n. 964/2007 e (CE) n. 1100/2006 della Commissione (10),

visto l'accordo di partenariato economico interinale tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e gli Stati della SADC (Comunità per lo sviluppo dell'Africa australe) aderenti all'APE, dall'altra,

visto l'accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP), da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altro, firmato a Cotonou il 23 giugno 2000 («accordo di Cotonou»),

viste le conclusioni del Consiglio Affari generali e relazioni esterne (CAGRE) di aprile 2006, ottobre 2006, maggio 2007, ottobre 2007, novembre 2007 e maggio 2008,

vista la comunicazione della Commissione del 23 ottobre 2007 sugli accordi di partenariato economico (COM(2007)0635),

visto l'Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (GATT), in particolare l'articolo XXIV,

vista la dichiarazione ministeriale della Quarta sessione della Conferenza ministeriale dell’OMC, adottata il 14 novembre 2001 a Doha,

visto l'articolo 108, paragrafo 5, in combinato disposto con l'articolo 103, paragrafo 2, del suo regolamento,

A.

considerando che dal 1o gennaio 2008 le relazioni commerciali precedentemente intercorse tra l’Unione europea e i paesi ACP – che accordavano a questi ultimi un accesso preferenziale ai mercati dell'Unione europea su base non reciproca – non sono più conformi alle norme dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC),

B.

considerando che gli APE sono accordi compatibili con l’OMC, tesi a sostenere l'integrazione regionale e a favorire la graduale integrazione delle economie dei paesi ACP nell'economia mondiale, promuovendone quindi lo sviluppo sociale ed economico sostenibile e contribuendo agli sforzi globali volti a eliminare la povertà nei paesi ACP,

C.

considerando che l’attuale crisi finanziaria ed economica fa sì che la politica commerciale assuma un ruolo quanto mai rilevante nei paesi in via di sviluppo,

D.

considerando che i precedenti sistemi di preferenze commerciali non sono stati in grado di contribuire a migliorare in modo determinante la situazione economica in questi paesi,

E.

considerando che gli accordi di partenariato economico interinali (APEI) sono accordi sugli scambi di merci tesi a evitare squilibri negli scambi commerciali fra i paesi ACP e la Comunità europea; considerando che tali accordi contengono molte disposizioni controverse,

F.

considerando che l'Unione europea offre ai paesi ACP un accesso ai mercati dell'Unione europea totalmente esente da quote e dazi, con periodi di transizione per il riso (2010) e lo zucchero (2015),

G.

considerando che una liberalizzazione degli scambi opportunamente concepita può promuovere la diversificazione del mercato, la crescita economica e lo sviluppo,

H.

considerando che nel quadro dei negoziati APE alcuni paesi ACP, al fine di garantire che tutti gli esportatori fossero trattati alla stessa stregua del partner commerciale più favorito, hanno richiesto la clausola della nazione più favorita (NPF), che stabilisce dazi doganali sulle importazioni dei beni, normali e non discriminatori,

I.

considerando che esiste una concorrenza limitata tra le economie dell'Unione europea e quelle dei paesi ACP in quanto la maggior parte delle esportazioni dell'Unione europea interessa prodotti che i paesi ACP non producono, ma di cui hanno bisogno per il consumo diretto o come fattori di produzione per l'industria nazionale; considerando che ciò non si applica al commercio di prodotti agricoli, dove le sovvenzioni all'esportazione erogate dall'Unione europea rappresentano un serio ostacolo per i produttori ACP nei settori agricolo, zootecnico e lattiero-caseario, in quanto perturbano e spesso distruggono i mercati, sia locali che regionali, e che l'Unione europea dovrebbe smantellare senza indugio tutte le forme di sovvenzioni all'esportazione,

J.

considerando che l'Unione europea e gli Stati della SADC hanno negoziato nuove norme perfezionate in materia di origine, in particolare per quanto concerne i prodotti tessili, l'abbigliamento, la pesca e alcuni prodotti agricoli, norme potenzialmente in grado di garantire notevoli vantaggi agli Stati della SADC, se applicate correttamente e tenendo nella dovuta considerazione i ridotti livelli di capacità di tali paesi; che è opportuno sottolineare che, se gli APE devono incoraggiare il cumulo regionale e promuovere gli investimenti, sono necessarie norme di origine più semplici e migliori per consentire alle imprese dei paesi ACP di esportare beni lavorati e cogliere le nuove opportunità di mercato offerte dagli APE,

1.

ribadisce la propria convinzione che gli APE dovrebbero essere basati sulle esigenze dei paesi ACP e concepiti al fine di rilanciare le relazioni commerciali ACP-UE, promuovere lo sviluppo e la diversificazione economica, nonché l'integrazione regionale, la riduzione della povertà e il rispetto dei diritti umani fondamentali in tali paesi, e quindi, in generale, contribuire al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del millennio (OSM);

2.

sottolinea che, nell'assicurare forme di tutela dalle potenziali conseguenze negative derivanti dall'apertura delle economie degli Stati della SADC, l'Unione europea deve fornire sostegno per garantire vantaggi reali attraverso le preferenze commerciali e contribuire allo sviluppo economico e sociale;

3.

riconosce i vantaggi che la firma dell'accordo di partenariato economico interinale ha avuto per gli esportatori mantenendo invariate le condizioni relative alle esportazioni verso l'Unione europea dopo la scadenza, il 31 dicembre 2007, del trattamento tariffario preferenziale previsto dall'accordo di Cotonou, ed evitando in tal modo i danni che avrebbero potuto subire gli esportatori dei paesi ACP se fossero stati costretti a operare in regimi commerciali meno favorevoli;

4.

si compiace del fatto che la Comunità europea offra ai prodotti dei paesi ACP un accesso al mercato dell'Unione europea totalmente esente da dazi doganali e quote, al fine di sostenere la liberalizzazione del commercio tra i paesi ACP e l'Unione europea;

5.

valuta positivamente le conclusioni del Consiglio di maggio, giugno e novembre 2008, che sottolineano la necessità di sostenere i processi di integrazione regionale in corso e di promuovere lo sviluppo, e chiede alla Commissione di rispettare tale mandato durante i negoziati; in questo contesto sottolinea l'importanza di impedire la disgregazione dell'Unione doganale Sudafricana (SACU);

6.

considera la firma degli APEI un passo necessario verso una crescita sostenibile in queste regioni, nell'insieme e singolarmente, sottolineando nel contempo l'importanza di proseguire i negoziati per un accordo generale che promuova gli scambi commerciali, gli investimenti e l'integrazione regionale;

7.

chiede che l'Unione europea fornisca un'assistenza maggiore e adeguata sia alle autorità dei paesi ACP che al settore privato, al fine di agevolare la transizione delle economie dopo la firma dell'APEI;

8.

ritiene che l'attuale accordo interinale non lascia spazio né dedica un'attenzione specifica ai temi della sovranità alimentare e del diritto al cibo e non favorisce strumenti agricoli e di politica commerciale che consentano la regolamentazione del mercato e la produzione di un'agricoltura familiare sostenibile; sottolinea che questi argomenti devono essere posti al centro dei negoziati al fine di garantire la coerenza della politica commerciale e di tutte le altre politiche dell'Unione europea per quanto riguarda la sovranità alimentare e il diritto al cibo;

9.

invita la Commissione e gli Stati membri a chiarire l'effettiva distribuzione dei fondi in tutta la regione ACP in base all'impegno di spesa prioritaria assunto nel quadro dell'aumento del bilancio destinato agli aiuti al commercio; ricorda l'adozione, nell'ottobre 2007, della strategia dell'Unione europea in materia di aiuti al commercio e il relativo impegno ad aumentare gli aiuti complessivi correlati al commercio fino a 2 miliardi (2 000 000 000) EUR l'anno entro il 2010 (1 miliardo EUR da parte della Comunità e 1 miliardo EUR da parte degli Stati membri); insiste affinché la regione della SADC riceva un contributo equo e appropriato;

10.

chiede che la quota di risorse destinate all'aiuto al commercio sia tempestivamente determinata e accantonata; sottolinea che tali fondi dovrebbero essere risorse aggiuntive e non un mero riconfezionamento dei finanziamenti del Fondo europeo di sviluppo (FES), che dovrebbero essere conformi alle priorità degli Stati della SADC e che dovrebbero essere erogati in modo tempestivo, prevedibile e in linea con il calendario di esecuzione dei piani strategici di sviluppo nazionali e regionali; si oppone a qualsiasi forma di condizionalità concernente gli APE in materia di concessione dell'aiuto europeo e invita la Commissione a garantire che l'accesso ai fondi del decimo FES sia mantenuto indipendente dall'esito e dall'andamento dei negoziati;

11.

invita pertanto i negoziatori di qualsiasi APE a pieno titolo ad assumersi pienamente la responsabilità della gestione trasparente delle risorse naturali e a illustrare le migliori prassi necessarie affinché i paesi ACP possano trarre il massimo profitto da tali risorse;

12.

invita la Commissione a garantire che le società transnazionali site nell'Unione europea con strutture produttive nei paesi ACP osservino i criteri essenziali dell'OIL, le convenzioni ambientali e sociali e gli accordi internazionali al fine di giungere ad un equilibrio globale tra la crescita economica e più elevati criteri ambientali e sociali;

13.

evidenzia l'importanza del commercio intra-regionale e la necessità di rafforzare i legami commerciali regionali al fine di garantire una crescita sostenibile nella regione; sottolinea l'importanza della cooperazione e della coerenza tra le diverse entità regionali; chiede alla Commissione di non compromettere la dimensione regionale;

14.

ritiene importante che l'attuazione degli APE debba prevedere la creazione di un opportuno sistema di controllo, coordinato dalla commissione parlamentare competente, cui dovranno partecipare membri della commissione per il commercio internazionale e della commissione per lo sviluppo, garantendo un idoneo equilibrio tra salvaguardia del ruolo guida della commissione per il commercio internazionale e coerenza globale delle politiche in materia di commercio e sviluppo; detta commissione parlamentare deve operare in maniera flessibile e coordinarsi attivamente con l'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE (APP); ritiene che tale controllo debba essere avviato dopo l'adozione di ogni APEI;

15.

invita la Commissione a impegnarsi al massimo per la ripresa dei negoziati sull'ADS e per garantire che gli accordi sulla liberalizzazione degli scambi commerciali continuino a promuovere lo sviluppo nei paesi poveri;

16.

è convinto che APE a pieno titolo dovrebbero integrare un accordo sulla ADS e non essere considerati un'alternativa ad esso;

17.

conviene sulla necessità e sull'importanza del capitolo concernente la difesa commerciale con misure di salvaguardia bilaterali; invita la Commissione ad accettare, nell'ambito dei negoziati in corso in vista della conclusione di un APE completo, una revisione delle clausole di salvaguardia contenute nell'APE interinale per garantire un utilizzo appropriato, trasparente e rapido a condizione che siano soddisfatti i criteri per l'applicazione di tali clausole;

18.

è favorevole alle esenzioni dalle linee tariffarie concordate per i prodotti agricoli e taluni prodotti agricoli lavorati, dal momento che sono intese per lo più a tutelare le industrie nascenti o prodotti sensibili nei paesi interessati;

19.

chiede alla Commissione di mostrare flessibilità rispetto alle preoccupazioni espresse da Angola, Namibia e Sudafrica riguardo a questioni come la clausola della NPF, l'imposizione sulle esportazioni e la tutela delle industrie nascenti;

20.

incoraggia le parti negoziali ad adottare un approccio flessibile, asimmetrico e pragmatico nei negoziati in corso al fine di giungere a un'APE regionale soddisfacente per entrambe le parti, senza fissare scadenze irrealistiche e consentendo ai paesi SADC di rinegoziare qualsiasi disposizione su questioni controverse che desiderino emendare o ritirare;

21.

nota con approvazione i progressi fatti nel corso dei negoziati tecnici del marzo 2009 a Swakopmund in Namibia e si compiace che la Commissione abbia accettato che le questioni controverse vengano risolte prima della firma dell'APE interinale; chiede che i problemi irrisolti quali la clausola MFN, la definizione giuridica delle parti e i temi residui sull'accesso ai mercati agricoli siano risolti in modo da consentire a tutti i membri del Gruppo SADC APE di firmare l'APE interinale;

22.

prende atto dell'inserimento, nell'APEI UE-paesi della SADC, di un capitolo dedicato alla cooperazione allo sviluppo nell'ambito degli scambi di prodotti, della competitività dal lato dell'offerta, delle infrastrutture a favore delle imprese, degli scambi di servizi, delle questioni commerciali, del rafforzamento delle capacità istituzionali e degli adeguamenti fiscali; invita entrambe le parti a rispettare l'impegno concordemente assunto a concludere negoziati in materia di concorrenza e appalti pubblici soltanto quando saranno state create capacità adeguate; invita la Commissione a cooperare strettamente con gli Stati della SADC al fine di conseguire gli obiettivi indicati nel capitolo sulla cooperazione allo sviluppo;

23.

sottolinea che qualsiasi APE completo deve contenere anche disposizioni riguardanti una definizione comunemente accettata di buona governance, la trasparenza nelle cariche politiche e i diritti umani, conformemente agli articoli 11 ter, 96 e 97 dell'accordo di Cotonou nonché disposizioni a favore delle categorie più vulnerabili come agricoltori locali e donne;

24.

rileva che il calendario degli attuali negoziati concernenti la transizione dall'APE interinale all'APE finale tra l'Unione europea e i paesi SADC opera sul presupposto che l'accordo sarà concluso entro il 2009; esorta la Commissione a non fare pressioni indebite sui paesi SADC perché accettino impegni di liberalizzazione e obblighi regolamentari nei servizi e nei cosiddetti «temi di Singapore»;

25.

chiede che, qualora siano avviati negoziati sui servizi, venga definito un solido contesto normativo che garantisca la fornitura universale dei servizi;

26.

sostiene gli sforzi profusi da ambo le parti per garantire la partecipazione attiva del Sudafrica all'intero processo negoziale; riconosce che la partecipazione del Sudafrica è di fondamentale importanza per promuovere la coesione economica, l'integrazione regionale e l'ulteriore sviluppo delle relazioni commerciali e d'investimento tra questa regione e l'Unione europea; invita la Commissione a mantenere e sviluppare tale associazione nell'ambito del negoziato su un APE completo e a pieno titolo;

27.

prende atto dell'intenzione della regione della SADC di partecipare alla creazione di un nuovo spazio di libero scambio con la Comunità dell'Africa orientale e il Mercato comune per l'Africa orientale e australe (COMESA); invita la Commissione a seguire gli eventuali sviluppi in questo ambito al fine di garantirne la piena compatibilità con l'APE;

28.

accoglie con favore l'inclusione di una clausola di riesame nell'ambito dell'APEI UE-SADC, in virtù della quale entro cinque anni dalla sottoscrizione dell'accordo, e successivamente ogni cinque anni, l'accordo sarà oggetto di un approfondito riesame, comprendente tra l'altro un'analisi dei costi e delle conseguenze dell'attuazione degli impegni commerciali sottoscritti; ove necessario, occorre modificare le disposizioni dell'accordo e la loro applicazione in riferimento alle norme e procedure dell'OMC e conformemente ad esse;

29.

incoraggia le parti a concludere come previsto nel corso del 2009 i negoziati su un APE a pieno titolo;

30.

insiste affinché il Parlamento sia pienamente informato e associato al processo negoziale di transizione; auspica che ciò avvenga attraverso un trilogo informale attivo con il Consiglio e la Commissione; chiede al Consiglio di riferire quanto prima al Parlamento a tale riguardo;

31.

sottolinea, in particolare, il ruolo cruciale dei parlamenti ACP e degli attori non statali nel monitoraggio e nella gestione degli APE e invita la Commissione a garantirne il coinvolgimento nell'iter negoziale in corso; ciò implica la definizione di un'agenda chiara tra l'Unione europea e i paesi ACP basata su un approccio partecipativo;

32.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e dei paesi ACP, al Consiglio dei ministri ACP-UE e all'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE.


(1)  GU C 77 E del 26.3.2004, pag. 393.

(2)  GU C 92 E del 20.4.2006, pag. 397.

(3)  GU C 285 E del 22.11.2006, pag. 126.

(4)  GU C 292 E dell'1.12.2006, pag. 121.

(5)  GU C 293 E del 2.12.2006, pag. 155.

(6)  GU C 298 E dell'8.12.2006, pag. 261.

(7)  GU C 305 E del 14.12.2006, pag. 244.

(8)  GU C 102 E del 24.4.2008, pag. 301.

(9)  GU C 323 E del 18.12.2008, pag. 361.

(10)  Testi approvati, P6_TA(2008)0252.


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/129


Mercoledì 25 marzo 2009
Accordo di partenariato economico CE-Stati dell'Africa orientale e meridionale

P6_TA(2009)0180

Risoluzione del Parlamento europeo del 25 marzo 2009 sull'accordo interinale che istituisce un quadro per un accordo di partenariato economico tra gli Stati dell'Africa orientale e meridionale, da una parte, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altra

2010/C 117 E/22

Il Parlamento europeo,

viste le sue risoluzioni del 25 settembre 2003 sulla Quinta conferenza ministeriale dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) di Cancún (1), del 12 maggio 2005 sulla valutazione del ciclo di negoziati di Doha a seguito della decisione del Consiglio generale dell’OMC del 1o agosto 2004 (2), del 1o dicembre 2005 sulla preparazione della Sesta conferenza ministeriale dell’Organizzazione mondiale del commercio a Hong Kong (3), del 23 marzo 2006 sull’impatto sullo sviluppo degli accordi di partenariato economico (APE) (4), del 4 aprile 2006 sulla valutazione del round di Doha a seguito della Conferenza ministeriale dell’OMC a Hong Kong (5), del 1o giugno 2006 su commercio e povertà: definire politiche commerciali per massimizzare il contributo del commercio alla riduzione della povertà (6), del 7 settembre 2006 sulla sospensione dei negoziati sull'agenda di Doha per lo sviluppo (7) (ADS), del 23 maggio 2007 sugli accordi di partenariato economico (8), del 12 dicembre 2007 sugli accordi di partenariato economico (9) e la sua posizione del 5 giugno 2008 sulla proposta di regolamento del Consiglio relativo all'applicazione di un sistema di preferenze tariffarie generalizzate per il periodo dal 1o gennaio 2009 al 31 dicembre 2011 e che modifica i regolamenti (CE) n. 552/97 e (CE) n. 1933/2006 nonché i regolamenti (CE) n. 964/2007 e (CE) n. 1100/2006 della Commissione (10),

visto l'accordo di partenariato economico interinale fra Comore, Madagascar, Maurizio, Seicelle, Zimbabwe, Zambia, da un lato, e la Comunità europea, dall'altro,

visto l’accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP), da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall’altro, firmato a Cotonou il 23 giugno 2000 («accordo di Cotonou»),

viste le conclusioni del Consiglio Affari generali e relazioni esterne di aprile 2006, ottobre 2006, maggio 2007, ottobre 2007, novembre 2007 e maggio 2008,

vista la comunicazione della Commissione del 23 ottobre 2007 sugli accordi di partenariato economico (COM(2007)0635),

visto l'Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (GATT), in particolare l'articolo XXIV,

vista la dichiarazione ministeriale della Quarta sessione della Conferenza ministeriale dell’OMC, adottata il 14 novembre 2001 a Doha,

vista la dichiarazione ministeriale della Sesta sessione della Conferenza ministeriale dell’OMC, adottata il 18 dicembre 2005 a Hong Kong,

viste la relazione e le raccomandazioni della task force sugli aiuti al commercio, adottate dal Consiglio generale dell’OMC il 10 ottobre 2006,

vista la dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite, dell’8 settembre 2000, che fissa gli obiettivi di sviluppo del millennio (OSM), definiti di concerto dalla comunità internazionale per l’eliminazione della povertà,

visto il comunicato di Gleneagles, approvato l'8 luglio 2005 dal G8,

visto l'articolo 108, paragrafo 5, in combinato disposto con l'articolo 103, paragrafo 2, del suo regolamento,

A.

considerando che le relazioni commerciali precedentemente intercorse tra l’Unione europea e i paesi ACP fino al 31 dicembre 2007 – che accordavano a questi ultimi un accesso preferenziale ai mercati dell'Unione europea su base non reciproca – non erano conformi alle norme dell’OMC,

B.

considerando che gli APE sono accordi compatibili con l’OMC tesi a sostenere l'integrazione regionale e a favorire la graduale integrazione delle economie degli ACP nell'economia mondiale, promuovendone quindi lo sviluppo sociale ed economico sostenibile e contribuendo agli sforzi globali volti a eliminare la povertà e le malattie nei paesi ACP,

C.

considerando che l'attuale crisi finanziaria ed economica fa sì che una politica commerciale equa e orientata allo sviluppo assuma un ruolo quanto mai rilevante nei paesi in via di sviluppo,

D.

considerando che i precedenti sistemi di preferenze commerciali non sono stati in grado di contribuire a migliorare in modo determinante la situazione economica in questi paesi,

E.

considerando che gli accordi di partenariato economico interinali (APEI) sono accordi sugli scambi di merci tesi a evitare l’interruzione degli scambi commerciali fra i paesi ACP e l'Unione europea,

F.

ricorda che gli APEI sono accordi internazionali assolutamente indipendenti, compatibili con l'OMC e che possono essere considerati come un primo passo nel processo verso APE completi,

G.

considerando che l'Unione europea offre ai paesi ACP un accesso totalmente esente da quote e da dazi ai mercati dell'Unione europea, sin dal primo anno, ad eccezione del riso (2010) e dello zucchero (2015),

H.

considerando che i livelli di capacità tra i paesi ACP e l'Unione europea variano notevolmente,

I.

considerando che fra le economie dell'Unione europea e quelle dei paesi ACP la concorrenza è limitata, dal momento che la stragrande maggioranza delle esportazioni dell'Unione europea consiste di beni che i paesi ACP non producono, ma di cui necessitano per il consumo diretto o come mezzi di produzione per le industrie nazionali,

J.

considerando che una liberalizzazione degli scambi opportunamente concepita può promuovere la diversificazione del mercato, la crescita economica e lo sviluppo,

K.

considerando che la clausola della nazione più favorita (NPF), che fissa una tariffa normale e non discriminatoria per le importazioni di merci è stata chiesta da alcuni paesi ACP nell'ambito dei negoziati APE con l'obiettivo di garantire che tutti gli esportatori siano trattati come l'esportatore commerciale più favorito,

L.

considerando che sono state negoziate tra l'Unione europea e i paesi ACP norme di origine nuove e migliori che possono apportare ai paesi ACP notevoli benefici se attuate adeguatamente e con la dovuta considerazione per i loro ridotti livelli di capacità,

M.

considerando che il miglioramento delle norme commerciali deve essere accompagnato da un maggiore sostegno all'assistenza in materia commerciale,

N.

considerando che la strategia dell'Unione europea sugli aiuti al commercio si propone di sostenere le capacità dei paesi in via di sviluppo di trarre vantaggio da nuove opportunità commerciali,

O.

considerando che un APE completo condizionerà inevitabilmente l'ambito di applicazione e il contenuto dei futuri accordi tra i paesi ACP e altri partner commerciali nonché la posizione negoziale della regione,

P.

considerando che il gruppo di Stati dell'Africa orientale e meridionale (ESA) rientranti nei paesi ACP è composto di Stati che variano notevolmente quanto alle dimensioni e al livello del PIL nell'intera regione,

Q.

considerando che il gruppo di Stati dell'Africa orientale e meridionale (ESA) è costituito da 5 Stati con una popolazione complessiva di 33,5 milioni di abitanti, che ciascuno di tali Stati si differenzia dagli altri in termini di dimensioni e caratteristiche, e che il Madagascar, lo Stato più grande, ha una popolazione di 250 volte superiore alle Seicelle, lo Stato più piccolo,

R.

considerando che la regione ESA, comprendente la Comunità dell'Africa orientale (EAC) e il gruppo ESA, può essere unificata non appena i suddetti gruppi sono disposti a farlo,

1.

ribadisce il parere che, se concepiti in modo appropriato e accompagnati da politiche efficaci orientate allo sviluppo, gli APE rappresentano un'opportunità per rilanciare le relazioni commerciali ACP-UE, promuovere la diversificazione economica e l'integrazione regionale degli ACP e per ridurre la povertà in tali paesi;

2.

sottolinea che gli APE possono considerarsi soddisfacenti solo se conseguono tre obiettivi, ossia: offrire ai paesi ACP il sostegno necessario per lo sviluppo sostenibile, promuovere la loro partecipazione al commercio mondiale e rafforzare il processo di regionalizzazione;

3.

sottolinea che lo scopo principale dell'accordo è contribuire, attraverso gli obiettivi di sviluppo, la riduzione della povertà e il rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo, al raggiungimento degli OSM;

4.

riconosce i vantaggi che la firma degli APEI tra l'Unione europea da un lato, e i relativi paesi, dall'altro, ha avuto per gli esportatori, mantenendo lo status quo per quanto concerne le esportazioni verso l'Unione europea dopo la scadenza del trattamento tariffario preferenziale previsto dall'accordo di Cotonou, il 31 dicembre 2007, e mantenendo e ampliando così sostanzialmente le possibilità di esportazione verso l'Unione europea per i paesi ESA, attraverso la piena apertura del mercato nonché attraverso il miglioramento delle norme di origine;

5.

riconosce l'importanza di stipulare accordi tra l'Unione europea e i suoi partner ACP che siano compatibili con le norme dell'OMC poiché, in assenza di tali accordi, le relazioni commerciali reciproche e lo sviluppo dei paesi ACP partner subiranno forti scompensi;

6.

si compiace del fatto che la Comunità europea offra ai paesi ACP un'esenzione completa dai dazi doganali e un accesso al mercato dell'Unione europea esente da quote per i loro prodotti, al fine di sostenere la liberalizzazione del commercio tra i paesi ACP e l'Unione europea;

7.

considera la firma degli APEI un passo necessario verso una crescita sostenibile in queste regioni nel loro insieme, e sottolinea l'importanza di negoziare senza interruzione per giungere a un accordo completo che incoraggi l'aumento degli scambi, degli investimenti e dell'integrazione regionale;

8.

invita la Commissione a vigilare affinché la regione dell’ESA possa rinegoziare, se lo desidera, tutte le disposizioni inerenti a questioni controverse che intende modificare o ritirare;

9.

accoglie con favore l'istituzione di periodi di transizione nell'ambito dell'APEI per le piccole e medie imprese (PMI), in modo che si adattino ai cambiamenti posti in atto dall'accordo, e sollecita le autorità degli Stati interessati a continuare a sostenere gli interessi delle PMI nei loro negoziati per un APE completo;

10.

sottolinea che lo squilibrio esistente tra le economie dell'Unione europea e dei paesi ESA è sostanziale e che non potrà mai essere colmato ricorrendo alle sole politiche di libero scambio, le quali potranno ridurlo soltanto parzialmente;

11.

esorta i paesi ACP a promuovere il processo di liberalizzazione e incoraggia l'estensione di tali riforme al di là degli scambi di merci, al fine di aumentare anche la liberalizzazione degli scambi nel settore dei servizi;

12.

chiede che l'Unione europea fornisca un'assistenza accresciuta e adeguata sia alle autorità dei paesi ACP sia al settore privato, al fine di agevolare la transizione delle economie dopo la firma dell'APEI e che assicuri l'adozione di misure volte a proteggere i gruppi vulnerabili (gli anziani, i disabili, le ragazze madri) durante il periodo di transizione economica;

13.

invita la Commissione e gli Stati membri a chiarire l'effettiva distribuzione dei fondi in tutta la regione ACP derivante dall'impegno prioritario di spesa assunto nel quadro dell'aumento del bilancio destinato agli aiuti al commercio;

14.

chiede che la quota di risorse destinate all'aiuto al commercio sia rapidamente determinata e costituita;

15.

ricorda l’adozione, nell’ottobre 2007, di una strategia dell’Unione europea in materia di aiuti al commercio, caratterizzata dall’impegno di incrementare il volume degli aiuti collettivi dell’Unione europea al commercio arrivando a 2 miliardi (2 000 000 000) EUR l'anno entro il 2010 (1 miliardo EUR da parte della Comunità e 1 miliardo EUR da parte degli Stati membri); ribadisce la necessità che la regione dell’Africa occidentale riceva una quota adeguata ed equa;

16.

esorta i paesi interessati a fornire informazioni chiare e trasparenti circa la loro situazione economica e politica e il loro sviluppo, al fine di migliorare la cooperazione con l'Unione europea;

17.

invita pertanto i negoziatori di qualsiasi APE completo ad assumersi pienamente la responsabilità della gestione trasparente delle risorse naturali e a illustrare le migliori prassi necessarie affinché i paesi interessati possano trarre il massimo profitto da tali risorse, inclusa la lotta alla fuga illecita di capitali;

18.

sottolinea l'importanza del commercio intraregionale e la necessità di rafforzare i legami commerciali regionali al fine di garantire una crescita sostenibile nella regione; sottolinea l'importanza della cooperazione e della congruenza tra le diverse entità regionali; chiede che tutti gli accordi tra l'Unione europea e i paesi ESA non debbano contraddirsi a vicenda od ostacolare l'integrazione regionale in questa regione più ampia;

19.

chiede che siano creati meccanismi di controllo appropriati e trasparenti - con un'influenza e un ruolo chiari - al fine di monitorare l'impatto degli APE, con una maggiore responsabilizzazione dei paesi ACP e un'ampia consultazione delle parti interessate, inclusa la società civile; sottolinea la necessità di una revisione completa degli APE interinali stipulati con i paesi ESA entro cinque anni dalla firma degli stessi, relativamente al loro impatto socioeconomico, inclusi i costi e le conseguenze dell'attuazione, lasciando spazio per gli emendamenti alle disposizioni degli accordi e per gli adeguamenti alla loro applicazione;

20.

ritiene importante che l'attuazione degli APE debba prevedere la creazione di un opportuno sistema di controllo, coordinato dalla commissione parlamentare competente, cui dovranno partecipare membri della commissione per il commercio internazionale e della commissione per lo sviluppo, garantendo un idoneo equilibrio tra salvaguardia del ruolo guida della commissione per il commercio internazionale e coerenza globale delle politiche in materia di commercio e sviluppo; reputa che detta commissione parlamentare debba operare in maniera flessibile e coordinare attivamente i propri lavori con quelli l'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE (APP); ritiene che tale controllo dovrebbe iniziare dopo l'adozione di ogni APEI;

21.

sottolinea in particolare il ruolo cruciale dei parlamenti ACP e degli attori non statali dei paesi ACP nel controllo e nella gestione degli APE, e chiede che la Commissione faciliti la loro partecipazione ai negoziati in corso, la qual cosa implica la definizione di un calendario preciso per i negoziati tra i paesi ACP e l'Unione europea basato su un approccio partecipativo;

22.

insiste sul fatto che, conformemente ai principi di Parigi sull'efficacia degli aiuti, gli aiuti devono essere orientati anche alla domanda, e invita pertanto i paesi ACP a presentare, eventualmente con un'appropriata assistenza da parte dell'Unione europea, proposte dettagliate, con l'indicazione dei costi, relative alle modalità e alle finalità dei finanziamenti supplementari legati agli APE, in particolare per quanto riguarda i quadri regolamentari, le misure di salvaguardia, la facilitazione degli scambi, il supporto all'adeguamento alle norme internazionali in materia sanitaria e fitosanitaria e di proprietà intellettuale, e la composizione dei meccanismi di controllo degli APE;

23.

esprime il proprio sostegno permanente alla conclusione di un APE completo tra la Comunità europea e i paesi ESA, incluso il settore fondamentale dei negoziati sul diritto di proprietà intellettuale, che contempli non solo i prodotti tecnologici occidentali, ma anche la biodiversità e le conoscenze tradizionali;

24.

chiede alla Commissione di fare tutto il possibile per la ripresa dei negoziati sull'agenda di Doha per lo sviluppo (DDA) e per garantire che gli accordi di liberalizzazione degli scambi promuovano lo sviluppo nei paesi poveri;

25.

è convinto che gli APE completi dovrebbero essere complementari a un accordo sulla DDA e non costituire un'alternativa;

26.

riconosce la necessità e l'importanza di un capitolo sulla difesa del commercio con garanzie bilaterali; invita le due parti ad evitare di ricorrere abusivamente a tali misure di salvaguardia; invita la Commissione ad accettare, nell'ambito dei negoziati in corso in vista della conclusione di un APE completo, una revisione delle clausole di salvaguardia contenute nell'APE interinale per garantire un utilizzo appropriato, trasparente e rapido a condizione che siano soddisfatti i criteri per l'applicazione di tali clausole;

27.

ritiene che l'APE completo dovrebbe incoraggiare le esportazioni di beni lavorati mediante l'introduzione di norme d'origine migliorate e semplificate, in particolare in settori chiave quali l'industria tessile e l'agricoltura;

28.

sostiene pertanto le esclusioni di linee tariffarie concordate e incentrate sui prodotti agricoli e su alcuni prodotti agricoli trasformati, dato che si basano soprattutto sulla necessità di proteggere le industrie nascenti o i prodotti sensibili in questi paesi e ricorda l'impegno dell'Unione europea nell'ambito del ciclo di Doha per lo sviluppo al fine di eliminare gradualmente gli aiuti all'esportazione dei prodotti agricoli;

29.

osserva che il calendario dei negoziati in corso per il passaggio dagli APE interinali a quelli completi tra l'Unione europea e la regione dell'ESA si basa sul presupposto che l'accordo verrà concluso entro la fine del 2009; esorta vivamente la Commissione a non esercitare eccessive pressioni sulla regione dell’ESA per indurla ad accettare la liberalizzazione e a tener conto, a tale riguardo, delle posizioni dei parlamenti dell’ESA;

30.

reputa opportuno effettuare una distinzione fra servizi commerciali e servizi pubblici; evidenzia la necessità di far sì che i servizi pubblici essenziali o che rivestono un ruolo importante ai fini della conservazione della diversità culturale rimangano fuori dal quadro dei negoziati;

31.

prende nota del fatto che un capitolo sulla cooperazione allo sviluppo è stato incluso nell'APE completo, riguardante la cooperazione nel commercio di beni, la competitività delle forniture, le infrastrutture per la promozione delle imprese, gli scambi di servizi, i problemi legati al commercio, la costruzione delle capacità istituzionali, e gli adeguamenti fiscali; invita entrambe le parti a rispettare il proprio impegno concordato a concludere negoziati in materia di concorrenza e appalti pubblici, tenendo conto della capacità dei paesi ESA;

32.

sottolinea che qualsiasi APE completo deve includere anche disposizioni in materia di buona governance, trasparenza nelle cariche politiche e diritti umani, in conformità agli articoli 11 ter, 96 e 97 dell'accordo di Cotonou;

33.

incoraggia la Commissione ad affrontare le cosiddette «questioni controverse», quali l'applicazione dell'accordo agli scambi commerciali, la clausola della nazione più favorita (NPF), le tasse sulle esportazioni, le garanzie e le norme d'origine, nel contesto dei negoziati per il raggiungimento di un APE regionale completo, con modalità favorevoli agli interessi dell'Unione europea e dei suoi cittadini e a sostegno di uno sviluppo sostenibile nell'Unione europea e nei paesi ACP;

34.

sottolinea l'importanza di un APE completo per sostenere le relazioni tra regione e regione attraverso l'armonizzazione degli accordi commerciali tra i paesi ACP e la Comunità europea;

35.

esprime la profonda preoccupazione che l'attuale situazione nello Zimbabwe, per quanto riguarda i diritti umani, la democrazia e l'economia, rappresenti una seria minaccia per i cittadini in loco e un onere gravoso per la collaborazione attuale e futura tra l'Unione europea e lo Zimbabwe;

36.

accoglie con favore lo sviluppo di un'unione doganale nel gruppo ESA e gli sforzi che si stanno compiendo per la creazione di un'unione monetaria, in particolare considerando i benefici per le imprese che potrebbero derivare dalla sincronizzazione della regione dell'ESA grazie ad un mercato più ampio, maggiori scambi commerciali e migliori opportunità per la creazione di economie di scala;

37.

invita le parti negoziali a includere accordi vincolanti in materia di appalti pubblici, investimenti e concorrenza, che potrebbero promuovere i paesi ESA come sede di affari ed investimenti, e rileva che, dal momento che tali norme saranno applicate universalmente, esse andranno a beneficio sia dei consumatori che delle amministrazioni pubbliche locali e contribuiranno quindi ad attirare attività economiche e investimenti;

38.

chiede una rapida procedura di ratifica, al fine di mettere immediatamente a disposizione dei paesi partner i vantaggi dell'APEI;

39.

incoraggia le parti a portare a termine i negoziati per un APE completo tra i paesi ESA e la Comunità europea, facendo in modo che i vantaggi reciproci di tale accordo siano chiaramente riconosciuti da entrambe le parti;

40.

insiste affinché il Parlamento europeo sia pienamente informato e coinvolto durante il processo negoziale di transizione; auspica che ciò avvenga attraverso un trilogo informale attivo con il Consiglio e la Commissione; chiede al Consiglio di informare il Parlamento europeo al più presto;

41.

riconosce la condizione degli abitanti dell'arcipelago delle Chagos, forzati ad abbandonare le proprie isole e che vivono attualmente in condizioni di povertà nelle isole Maurizio e Seicelle, riguardo alla qual situazione l'Unione europea dovrebbe operare per il raggiungimento di una soluzione per gli abitanti delle Chagos per consentirne il ritorno alle loro legittime isole natali;

42.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e degli Stati ACP, al Consiglio dei ministri ACP-UE e all’Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE.


(1)  GU C 77 E del 26.3.2004, pag. 393.

(2)  GU C 92 E del 20.4.2006, pag. 397.

(3)  GU C 285 E del 22.11.2006, pag. 126.

(4)  GU C 292 E dell'1.12.2006, pag. 121.

(5)  GU C 293 E del 2.12.2006, pag. 155.

(6)  GU C 298 E dell'8.12.2006, pag. 261.

(7)  GU C 305 E del 14.12.2006, pag. 244.

(8)  GU C 102 E del 24.4.2008, pag. 301.

(9)  GU C 323 E del 18.12.2008, pag. 361.

(10)  Testi approvati, P6_TA(2008)0252.


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/135


Mercoledì 25 marzo 2009
Accordo di partenariato economico CE-Stati membri della Comunità dell'Africa orientale

P6_TA(2009)0181

Risoluzione del Parlamento europeo del 25 marzo 2009 sull'accordo che istituisce un quadro per un accordo di partenariato economico tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e gli Stati partner della Comunità dell'Africa orientale, dall'altra

2010/C 117 E/23

Il Parlamento europeo,

viste le sue risoluzioni del 25 settembre 2003 sulla quinta Conferenza ministeriale dell’OMC di Cancún (1), del 12 maggio 2005 sulla valutazione del ciclo di negoziati di Doha a seguito della decisione del Consiglio generale dell’OMC del 1o agosto 2004 (2), del 1o dicembre 2005 sulla preparazione della Sesta conferenza ministeriale dell’Organizzazione mondiale del commercio a Hong Kong (3), del 23 marzo 2006 sull’impatto sullo sviluppo degli accordi di partenariato economico (APE) (4), del 4 aprile 2006 sulla valutazione del round di Doha a seguito della Conferenza ministeriale dell’OMC a Hong Kong (5), del 1o giugno 2006 su commercio e povertà: definire politiche commerciali per massimizzare il contributo del commercio alla riduzione della povertà (6), del 7 settembre 2006 sulla sospensione dei negoziati sull’agenda di Doha per lo sviluppo (7) (ADS), del 23 maggio 2007 sugli accordi di partenariato economico (8), del 12 luglio 2007 sull’Accordo TRIPS e l’accesso ai farmaci (9), del 12 dicembre 2007 sugli accordi di partenariato economico (10) e la sua posizione del 5 giugno 2008 sulla proposta di regolamento del Consiglio relativo all’applicazione di un sistema di preferenze tariffarie generalizzate per il periodo dal 1o gennaio 2009 al 31 dicembre 2011 e che modifica i regolamenti (CE) n. 552/97, (CE) n. 1933/2006 e i regolamenti (CE) n. 964/2007 e (CE) n. 1100/2006 della Commissione (11),

visto l’accordo di partenariato economico tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e gli Stati partner della Comunità dell'Africa orientale (CAO), dall’altra,

visto l'accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP), da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altro, firmato a Cotonou il 23 giugno 2000 (Accordo di Cotonou),

viste le conclusioni del Consiglio Affari generali e relazioni esterne di aprile 2006, ottobre 2006, maggio 2007, ottobre 2007, novembre 2007 e maggio 2008,

vista la comunicazione della Commissione, del 23 ottobre 2007, sugli accordi di partenariato economico (COM(2007)0635),

visto l’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (GATT), con particolare riferimento al suo articolo XXIV,

vista la dichiarazione ministeriale della Quarta sessione della Conferenza ministeriale dell’Organizzazione mondiale del commercio, adottata il 14 novembre 2001 a Doha,

vista la dichiarazione ministeriale della Sesta sessione della Conferenza ministeriale dell’Organizzazione mondiale del commercio, adottata il 18 dicembre 2005 a Hong Kong,

viste la relazione e le raccomandazioni della task force sugli aiuti al commercio, adottate dal Consiglio generale dell’OMC del 10 ottobre 2006,

vista la dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite, dell’8 settembre 2000, che fissa gli Obiettivi di sviluppo del Millennio (OSM) definiti di concerto dalla comunità internazionale per eliminare la povertà,

visto il comunicato di Gleneagles, approvato l'8 luglio 2005 dal G8,

visto l'articolo 108, paragrafo 5, in combinato disposto con l'articolo 103, paragrafo 2, del regolamento,

A.

considerando che gli APE dovrebbero essere compatibili con l’OMC e volti a sostenere l'integrazione regionale e a favorire la graduale integrazione delle economie dei paesi ACP nell'economia mondiale, promuovendone quindi lo sviluppo sociale ed economico sostenibile e contribuendo agli sforzi globali volti a eliminare la povertà nei paesi ACP,

B.

considerando che le norme dell'OMC non richiedono ai paesi APE di assumersi impegni di liberalizzazione nel settore dei servizi,

C.

considerando che gli APE dovrebbero essere utilizzati per costruire una relazione a lungo termine in cui il commercio sostenga lo sviluppo,

D.

considerando che l’attuale crisi economica e finanziaria implica che le relazioni basate su una politica commerciale equa rivestiranno un’importanza più che mai determinante per i paesi in via di sviluppo,

E.

considerando che l’APE interinale (APEI) si concentra sullo scambio di merci e sulla compatibilità OMC,

F.

considerando che l'APEI avrà un impatto fondamentale sulla futura evoluzione dello sviluppo delle politiche economiche, sociali e ambientali degli Stati partner della CAO e dei loro partner commerciali in Africa orientale e meridionale,

G.

considerando che gli Stati partner della CAO hanno istituito un'unione doganale nel 2005 e stanno lavorando verso la creazione di un mercato comune entro il 2010, di un'unione monetaria entro il 2012 e di una federazione politica di Stati dell'Africa orientale,

H.

considerando la probabilità esistente che l’APEI possa condizionare la portata e il contenuto dei futuri accordi tra gli Stati della CAO e gli altri partner commerciali nonché la posizione della regione nei negoziati,

I.

considerando che vi è una concorrenza limitata tra l'Unione europea e i paesi ACP, dal momento che la stragrande maggioranza delle esportazioni dell'Unione europea consiste in beni che i paesi ACP non producono, ma di cui necessitano per i loro consumi diretti o come mezzi di produzione per le industrie nazionali, considerando che non è questo il caso del commercio di prodotti agricoli, dove i sussidi all'esportazione dell'Unione europea rappresentano un serio ostacolo per i produttori ACP nei settori agricolo, zootecnico e lattiero-caseario e perturbano e spesso distruggono i mercati, sia locali che regionali, e quindi esorta l'Unione europea ad abolire progressivamente ogni tipo di sussidi all'esportazione senza indugio,

J.

considerando che gli Stati partner della CAO hanno indicato che auspicano la rinegoziazione di un certo numero di questioni incluse nell'APEI,

K.

considerando che nessuno dei programmi di liberalizzazione prevede che un paese cominci a rimuovere una qualsiasi tariffa positiva fino al 2015; che gli Stati partner della CAO dispongono di 24 anni per completare il processo di liberalizzazione dell'APEI,

L.

considerando che gli impegni commerciali devono essere accompagnati da un maggiore sostegno all'assistenza in materia commerciale,

M.

considerando che l'obiettivo della strategia dell'Unione europea sugli aiuti al commercio è quello di sostenere la capacità dei paesi in via di sviluppo di trarre vantaggio da nuove opportunità commerciali e di compensare i costi di adeguamento e l'eventuale impatto negativo della liberalizzazione degli scambi,

N.

considerando che in un potenziale EPA definitivo nulla dovrebbe compromettere la capacità degli Stati partner della CAO di promuovere l'accesso ai medicinali,

1.

ritiene che l’APEI debba contribuire al rilancio del commercio tra i paesi ACP e l'Unione europea, a una maggiore crescita economica, all'integrazione regionale e alla diversificazione economica nonché alla riduzione della povertà e al raggiungimento degli OSM; sollecita pertanto un'applicazione flessibile che tenga pienamente conto delle limitazioni di capacità degli Stati partner della CAO;

2.

sottolinea che tali accordi non possono essere considerati soddisfacenti, a meno che non raggiungano tre obiettivi: offrire ai paesi ACP il sostegno necessario per uno sviluppo sostenibile, promuovere la loro partecipazione al commercio mondiale e rafforzare il processo di regionalizzazione; sottolinea che, contestualmente al raggiungimento della protezione dalle conseguenze negative derivanti dall'apertura delle economie degli Stati partner della CAO, l'Unione europea deve fornire il sostegno necessario per garantire vantaggi reali attraverso le preferenze commerciali, nonché con la creazione dello sviluppo economico e sociale;

3.

ribadisce il parere che, se concepiti in modo appropriato, gli APE rappresentano un'opportunità per rilanciare le relazioni commerciali ACP-UE, promuovere la diversificazione economica e l'integrazione regionale degli ACP e ridurre la povertà in tali paesi;

4.

incoraggia le parti negoziali a portare a termine i negoziati nel corso del 2009 e ad adottare tutte le misure necessarie per poter concludere un APE completo tra i paesi ACP e l'Unione europea entro la fine del 2009, come previsto;

5.

riconosce i vantaggi che la firma dell'APEI ha avuto per gli esportatori, ampliando le possibilità di esportazione verso l'Unione europea dopo la scadenza, il 31 dicembre 2007, del trattamento tariffario preferenziale previsto dall'accordo di Cotonou ed evitando così il danno che avrebbe potuto essere arrecato agli esportatori ACP se fossero stati costretti ad operare nell'ambito di sistemi commerciali meno favorevoli;

6.

si compiace che l'Unione europea stia offrendo ai paesi ACP un'esenzione completa dai dazi doganali e un accesso al mercato dell'Unione europea esente da quote per la maggior parte dei prodotti;

7.

sottolinea che l'APEI è un accordo sul commercio dei prodotti volto a mantenere e ad ampliare sostanzialmente le possibilità di esportazione verso l'Unione europea per gli Stati partner della CAO, sia attraverso un pieno accesso al mercato sia attraverso il miglioramento delle norme di origine;

8.

sottolinea che la firma dell'APEI rappresenta un passo necessario verso la crescita sostenibile dell'intera regione e ribadisce l'importanza di proseguire i negoziati verso un accordo completo che incoraggi un aumento degli scambi commerciali, degli investimenti e dell'integrazione regionale;

9.

ribadisce che gli APE devono essere compatibili con le norme dell'OMC che non impongono obblighi di liberalizzazione o vincoli normativi in materia di servizi, tutela dei diritti di proprietà intellettuale e le cosiddette «questioni di Singapore»;

10.

auspica l'istituzione di un quadro normativo nel corso della transizione da un'APE interinale a uno pieno in materia di servizi; sollecita passi volti a garantire, ove possibile, la presenza di una fornitura di servizi universale, ivi compresi i servizi pubblici essenziali; riafferma in detto contesto le posizioni espresse il 4 settembre 2008 sul commercio nel settore dei servizi (12);

11.

ricorda che un vero mercato regionale rappresenta una base essenziale per una riuscita attuazione dell'APEI e che l’integrazione e la cooperazione regionali sono fondamentali per lo sviluppo sociale ed economico degli Stati partner della CAO;

12.

richiede che gli accordi tra l'Unione europea e i paesi della regione dell'Africa orientale e meridionale non siano in contraddizione tra loro o ostacolino l'integrazione regionale in questa vasta regione;

13.

prende atto della definizione di periodi di transizione nell'ambito dell'APEI per le piccole e medie imprese (PMI), affinché possano adattarsi ai cambiamenti messi in atto dall'accordo ed esorta le autorità degli Stati partner della CAO a continuare a sostenere gli interessi delle PMI nei negoziati verso un APE completo;

14.

chiede che l'Unione europea fornisca un'assistenza maggiore e adeguata alle autorità dei paesi ACP e al settore privato, al fine di agevolare la transizione delle loro economie dopo la firma dell'APEI;

15.

sostiene pertanto l'accordo raggiunto riguardo alle esclusioni di linee tariffarie incentrate sui prodotti agricoli e su alcuni prodotti agricoli trasformati, dato che si basano soprattutto sulla necessità di proteggere le industrie nascenti o i prodotti sensibili in questi paesi;

16.

invita la Commissione a chiarire l'effettiva distribuzione dei fondi in tutta la regione ACP derivante dall'impegno prioritario di spesa assunto nel quadro dell'aumento del bilancio destinato agli aiuti al commercio;

17.

esorta i paesi interessati a fornire informazioni chiare e trasparenti sulla situazione politica ed economica, nonché sullo sviluppo in questi paesi, al fine di migliorare la cooperazione con la Commissione;

18.

riconosce che un capitolo sulla cooperazione allo sviluppo è stato incluso nell'APE completo, riguardante la cooperazione nel commercio di beni, la competitività delle forniture, le infrastrutture per la promozione delle imprese, gli scambi di servizi, i problemi legati al commercio, la costruzione delle capacità istituzionali e gli adeguamenti fiscali; invita entrambe le parti a rispettare il proprio impegno concordato a concludere negoziati in materia di concorrenza e appalti pubblici soltanto quando sarà stata costituita una capacità adeguata;

19.

ricorda che l’APE deve sostenere gli obiettivi, le politiche e le priorità di sviluppo degli Stati partner della CAO, non solo in termini di struttura e di contenuti, ma anche nei modi e nello spirito della sua attuazione;

20.

ricorda che nell’ottobre 2007 è stata approvata la strategia dell’Unione europea in materia di aiuti al commercio, con l’impegno di aumentare l’assistenza collettiva dell’Unione europea in campo commerciale a 2 miliardi (2 000 000 000) EUR l’anno entro il 2010 (1 miliardo EUR dalla Comunità e 1 miliardo EUR dagli Stati membri); insiste affinché gli Stati partner della CAO ricevano un contributo equo e appropriato;

21.

chiede che sia rapidamente determinata e costituita la quota di risorse destinate all'aiuto al commercio; sottolinea che tali fondi dovranno essere costituiti da risorse supplementari e non essere il risultato di un mero rimaneggiamento dei finanziamenti del FES, che gli stessi fondi dovranno conformarsi alle priorità della Comunità dell'Africa orientale e che la loro erogazione dovrà essere puntuale, prevedibile e in armonia con i calendari di esecuzione dei piani strategici di sviluppo nazionali e regionali; si oppone a qualsiasi forma di condizionalità relativamente agli APE in materia di concessione dell'aiuto europeo e invita la Commissione a garantire che l'accesso ai fondi del decimo FES sia mantenuto indipendente dall'esito e dal ritmo dei negoziati;

22.

chiede alla Commissione di chiarire le modalità di distribuzione di fondi nella regione e agli Stati membri di definire ulteriori finanziamenti successivamente agli impegni di bilancio per il periodo 2008-2013;

23.

invita la Commissione - in considerazione degli impegni assunti dal Consiglio nel settembre 2007 sugli aspetti connessi commercio dei diritti di proprietà intellettuale (accordo TRIPS e accesso ai farmaci) - a non negoziare disposizioni dell'accordo TRIPS+ relative ai prodotti al farmaceutici che incidono sulla salute pubblica e l'accesso ai medicinali nell'APE definitivo, ad astenersi dal chiedere l'adesione al trattato di cooperazione in materia di brevetti e al trattato sul diritto dei brevetti, o dall'accettare gli obblighi da essi imposti, ad astenersi dall'incorporare i termini della direttiva 2004/48/CE sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale e a non introdurre discipline come la protezione di banche dati non originali nell'APE definitivo;

24.

sollecita i negoziatori di qualsiasi APE completo ad assumersi pienamente la responsabilità della gestione trasparente delle risorse naturali e a illustrare le migliori prassi necessarie affinché i paesi ACP possano trarre il massimo profitto da tali risorse;

25.

sottolinea che qualsiasi APE completo deve includere anche disposizioni in materia di buona governance, trasparenza nelle cariche politiche e diritti umani;

26.

sottolinea l'importanza del commercio intra-regionale e la necessità di aumentare i legami commerciali regionali al fine di garantire una crescita sostenibile nella regione; sottolinea l'importanza della cooperazione e della congruenza tra le diverse entità regionali;

27.

incoraggia l'ulteriore riduzione delle tariffe tra i paesi in via di sviluppo e i gruppi regionali, che rappresentano attualmente dal 15 al 25 % del valore degli scambi, al fine di promuovere ulteriormente il commercio sud-sud, la crescita economica e l'integrazione regionale;

28.

chiede alla Commissione di fare tutto il possibile per avviare nuovamente i negoziati sull'ADS e per garantire che gli accordi sulla liberalizzazione degli scambi continuino a promuovere lo sviluppo nei paesi poveri;

29.

è convinto che gli APE completi dovrebbero essere complementari a un accordo sull'ADS e non un'alternativa per i paesi ACP;

30.

riconosce la necessità di un capitolo sulla difesa del commercio con garanzie bilaterali; invita entrambe le parti ad evitare inutili abusi di tali garanzie; invita la Commissione ad accettare, nell'ambito dei negoziati in corso in vista della conclusione di un APE completo, una revisione delle salvaguardie contenute nell'APE interinale per garantire un utilizzo appropriato, trasparente e rapido, purché siano soddisfatti i relativi criteri di applicazione;

31.

chiede una rapida procedura di ratifica, al fine di mettere a disposizione dei paesi partner i profitti derivanti dell'APEI senza inutili ritardi;

32.

ricorda che, sebbene l’APEI possa essere considerato una prima fase del processo, in termini giuridici si tratta di un accordo internazionale totalmente indipendente che può anche non rappresentare necessariamente il preludio di un APE definitivo;

33.

sottolinea che il possibile consenso del Parlamento a un APEI non definisce a priori la sua posizione per quanto concerne l’eventuale assenso nei confronti di un APE definitivo, dal momento che la procedura di conclusione fa riferimento a due accordi internazionali diversi;

34.

ricorda che la CAO è l'unica regione in cui tutti i membri hanno aderito all'APEI e offerto identici programmi di liberalizzazione; rileva che questi devono essere valutati periodicamente e rivisti, se si dimostreranno troppo onerosi per l'attuazione;

35.

rileva che l’APEI eserciterà probabilmente un'influenza sulle relazioni fra la regione e i suoi partner commerciali più prossimi, e che è necessario assicurare che le attuali clausole dell’accordo aiutino a facilitare i futuri accordi commerciali;

36.

invita la Commissione a considerare la richiesta avanzata dalla Comunità dell'Africa orientale di rinegoziare, per l'APE completo, talune questioni controverse dell'APE interinale che desidera modificare o ritirare;

37.

esorta i paesi ACP a promuovere il processo di liberalizzazione e incoraggia l'estensione di tali riforme al di là degli scambi e delle merci nonché un aumento della liberalizzazione degli scambi e dei servizi;

38.

osserva che l’APE deve contribuire al raggiungimento degli OSM;

39.

prende atto del fatto che, nell'ambito dei negoziati APE, alcuni Stati ACP, allo scopo di garantire che tutti gli esportatori ricevano lo stesso trattamento del partner commerciale più favorito, hanno chiesto l'introduzione della clausola della NPF, che stabilisce una tariffa normale, non discriminatoria, per i beni importati;

40.

accoglie con favore la negoziazione di nuove norme d'origine più flessibili e migliorate tra l'Unione europea e i paesi ACP, che potrebbero potenzialmente offrire vantaggi notevoli ai paesi ACP se attuate in modo corretto e con la dovuta considerazione dei ridotti livelli di capacità;

41.

sottolinea che le esportazioni di prodotti minerari o di legname non devono compromettere la fragilità di un ecosistema il cui ruolo è fondamentale a livello continentale e che meccanismi di retribuzione dei servizi ambientali forniti dagli Stati partner dell'Africa orientale devono essere inclusi nell'APE;

42.

ritiene importante che durante l'attuazione degli APE sia creato un appropriato sistema di monitoraggio, coordinato dalla commissione parlamentare pertinente e con la partecipazione dei membri della commissione per il commercio internazionale e della commissione per lo sviluppo, a garanzia di un adeguato equilibrio tra il mantenimento del ruolo di guida della commissione per il commercio internazionale e una coerenza globale delle politiche in materia di commercio e sviluppo; questa commissione parlamentare dovrebbe operare in maniera flessibile e coordinarsi attivamente con l'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE; ritiene che dette attività di monitoraggio dovrebbero avere inizio dopo l'adozione di ciascun APEI;

43.

sottolinea, in particolare, il ruolo cruciale dei parlamenti ACP e degli attori non statali nel monitoraggio e nella gestione degli APE e invita la Commissione a garantirne il coinvolgimento nelle procedure di negoziazione in corso; ciò implica la definizione di un'agenda chiara tra l'Unione europea e i paesi ACP basata su un approccio partecipativo;

44.

chiede che siano creati meccanismi di controllo appropriati e trasparenti - con un'influenza e un ruolo chiari - al fine di monitorare l'impatto degli APE, con una maggiore responsabilizzazione dei paesi ACP e un'ampia consultazione delle parti interessate;

45.

accoglie con favore l'inclusione di una clausola di revisione nell'APEI che prevede l'esecuzione di una revisione globale dell'accordo entro cinque anni dalla data della firma e a intervalli successivi di cinque anni, inclusa un'analisi dei costi e delle conseguenze dell'attuazione degli impegni commerciali; se necessario, le disposizioni dell'accordo dovranno essere emendate e dovranno essere apportate modifiche alla loro applicazione, in ottemperanza e in linea con le disposizioni e le procedure dell'OMC;

46.

chiede al Consiglio di consultare il Parlamento prima di prendere una decisione sull'applicazione provvisoria di accordi internazionali, come nel caso degli APE, qualora sia prevista la procedura del parere conforme, a fronte della possibilità che il Parlamento possa successivamente respingere un accordo internazionale, con la conseguente sospensione della sua applicazione provvisoria;

47.

incarica il proprio Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e dei paesi ACP, al Consiglio dei ministri ACP-UE e all’Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE.


(1)  GU C 77 E del 26.3.2004, pag. 393.

(2)  GU C 92 E del 20.4.2006, pag. 397.

(3)  GU C 285 E del 22.11.2006, pag. 126.

(4)  GU C 292 E dell'1.12.2006, pag. 121.

(5)  GU C 293 E del 2.12.2006, pag. 155.

(6)  GU C 298 E dell'8.12.2006, pag. 261.

(7)  GU C 305 E del 14.12.2006, pag. 244.

(8)  GU C 102 E del 24.4.2008, pag. 301.

(9)  GU C 175 E del 10.7.2008, pag. 591.

(10)  GU C 323 E del 18.12.2008, pag. 361.

(11)  Testi approvati, P6_TA(2008)0252.

(12)  Testi approvati, P6_TA(2008)0407.


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/141


Mercoledì 25 marzo 2009
Accordo di partenariato economico interinale CE-Africa centrale

P6_TA(2009)0182

Risoluzione del Parlamento europeo del 25 marzo 2009 sull'accordo di partenariato economico interinale tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l'Africa centrale, dall'altra

2010/C 117 E/24

Il Parlamento europeo,

viste le sue risoluzioni del 25 settembre 2003 sulla Quinta Conferenza ministeriale dell'OMC (Organizzazione mondiale del commercio) di Cancún (1), del 12 maggio 2005 sulla valutazione del ciclo di negoziati di Doha a seguito della decisione del Consiglio generale dell’OMC del 1o agosto 2004 (2), del 1o dicembre 2005 sulla preparazione della Sesta conferenza ministeriale dell’Organizzazione mondiale del commercio a Hong Kong (3), del 23 marzo 2006 sull’impatto sullo sviluppo degli accordi di partenariato economico (APE) (4), del 4 aprile 2006 sulla valutazione del round di Doha a seguito della Conferenza ministeriale dell’OMC a Hong Kong (5), del 1o giugno 2006 su commercio e povertà: definire politiche commerciali per massimizzare il contributo del commercio alla riduzione della povertà (6), del 7 settembre 2006 sulla sospensione dei negoziati sull'agenda di Doha per lo sviluppo (7) (ADS), del 23 maggio 2007 sugli accordi di partenariato economico (8), del 12 dicembre 2007 sugli accordi di partenariato economico (9) e la sua posizione del 5 giugno 2008 sulla proposta di regolamento del Consiglio relativo all'applicazione di un sistema di preferenze tariffarie generalizzate per il periodo dal 1o gennaio 2009 al 31 dicembre 2011 e che modifica i regolamenti (CE) n. 552/97 e (CE) n. 1933/2006 e i regolamenti (CE) n. 964/2007 e (CE) n. 1100/2006 della Commissione (10),

visto l'accordo di partenariato economico interinale tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l'Africa centrale, dall'altra,

visto l'accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP), da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altro, firmato a Cotonou il 23 giugno 2000 (accordo di Cotonou),

viste le conclusioni del Consiglio «Affari generali e relazioni esterne» (CAGRE) dell'aprile 2006, ottobre 2006, maggio 2007, ottobre 2007, novembre 2007 e maggio 2008,

vista la comunicazione della Commissione del 23 ottobre 2007 sugli accordi di partenariato economico (COM(2007)0635),

visto l'Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (GATT), in particolare l'articolo XXIV,

viste le dichiarazioni ministeriali adottate il 14 novembre 2001 durante la Quarta sessione della Conferenza ministeriale dell'OMC a Doha e il 18 dicembre 2005 durante la Sesta sessione della Conferenza ministeriale dell'OMC a Hong Kong,

vista la strategia comune per l'aiuto al commercio adottata dal Consiglio dell'Unione europea il 15 ottobre 2007,

viste la relazione e le raccomandazioni della task force sugli aiuti al commercio, adottate dal Consiglio generale dell'OMC il 10 ottobre 2006,

vista la Dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite, dell’8 settembre 2000, che fissa gli Obiettivi di sviluppo del Millennio (OSM) quali criteri definiti di concerto dalla comunità internazionale per eliminare la povertà,

visti gli impegni comunitari in materia di aiuto pubblico allo sviluppo (APS), assunti nel quadro del «Consenso di Monterrey», adottato dalle Nazioni Unite il 22 marzo 2002 durante la Conferenza internazionale sul finanziamento dello sviluppo, del comunicato di Gleneagles, approvato dal G8 l'8 luglio 2005, delle conclusioni del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio sugli APE, adottate il 27 maggio 2008 a Addis Abeba, e della dichiarazione di Doha sul finanziamento dello sviluppo, adottata dalle Nazioni Unite il 2 dicembre 2008 durante la Conferenza internazionale di seguito sul finanziamento dello sviluppo per la revisione dell'attuazione del Consenso di Monterrey,

visto il programma d'azione di Accra, adottato il 4 settembre 2008 dagli Stati partecipanti al terzo Forum ad alto livello sull'efficacia degli aiuti,

visto l'articolo 108, paragrafo 5, in combinato disposto con l'articolo 103, paragrafo 2, del suo regolamento,

A.

considerando che, non essendo stato possibile raggiungere un accordo regionale con tutti i paesi dell'Africa centrale entro la fine del 2007, la Comunità europea e il Camerun hanno siglato, il 17 dicembre 2007, un accordo di partenariato economico (APE) interinale; considerando che tale accordo è stato firmato a Yaoundé il 15 gennaio 2009,

B.

considerando che gli obiettivi principali di tale accordo, come di tutti gli APE, devono essere lo sviluppo economico e sociale sostenibile e l'eradicazione della povertà, nonché il sostegno all'integrazione regionale e la promozione della partecipazione delle economie dei paesi ACP all'economia mondiale,

C.

considerando che la Commissione continua a negoziare in parallelo un accordo con tutti gli Stati dell'Africa centrale,

D.

considerando la diversità dei profili economici e sociali degli otto Stati dell'Africa centrale, di cui sei non hanno sbocco al mare e cinque fanno parte del gruppo dei paesi meno sviluppati (PMS) e beneficiano del libero accesso al mercato europeo nel quadro dell'iniziativa «Tutto tranne le armi»,

E.

considerando che l'apertura di tali paesi alle esportazioni europee dev'essere accompagnata da un aiuto allo sviluppo e da un'assistenza tecnica sostanziale,

F.

considerando che la Commissione e gli Stati membri si sono impegnati, nell'ottobre 2007, a fornire ciascuno annualmente 1 miliardo (1 000 000 000) EUR supplementari a titolo dell'iniziativa per l'aiuto al commercio, al fine di sostenere i paesi in via di sviluppo nel miglioramento delle loro capacità commerciali, a prescindere dal fatto che abbiano o meno firmato APE, e considerando che alla regione dell'Africa centrale dovrebbe pertanto essere destinata una parte giusta ed equa di tali importi,

G.

considerando che fra l'economia dell'Unione europea e quella del Camerun la concorrenza è finora limitata, dal momento che le esportazioni dell'Unione europea consistono in beni che il Camerun non produce, ma di cui necessita o per il consumo diretto o quali fattori di produzione per l'industria nazionale; considerando che questo non è il caso per quanto riguarda il commercio dei prodotti agricoli, poiché le sovvenzioni alle esportazioni dell’Unione europea rappresentano un grave ostacolo per i paesi ACP produttori nel settore agricolo, dell’allevamento e dei prodotti lattiero-caseari, sconvolgendo e, spesso, distruggendo i mercati sia locali che regionali, e che l'Unione europea dovrebbe pertanto procedere senza indugio a porre gradualmente termine a tutti i tipi di sovvenzioni all'esportazione; considerando che il possibile aumento delle esportazioni dell'Unione europea verso il Camerun in seguito all'APE interinale (APEI) non deve ostacolare la produzione locale e le industrie nascenti, poiché gli APE devono contribuire a diversificare le economie ACP,

1.

sottolinea che tali accordi possono considerarsi soddisfacenti solo se conseguono i seguenti obiettivi: offrire ai paesi ACP un sostegno per lo sviluppo sostenibile; promuovere la loro partecipazione al commercio mondiale; rafforzare il processo di regionalizzazione; rivitalizzare il commercio tra l'Unione europea e i paesi ACP; promuovere la diversificazione economica dei paesi ACP;

2.

insiste particolarmente sulla ragion d'essere originaria di tali accordi: lo sviluppo, la riduzione della povertà e il contributo alla realizzazione degli OSM;

3.

ritiene che la realizzazione di questi obiettivi richiederà la protezione mirata dei paesi ACP da talune possibili conseguenze negative dell'applicazione degli APE, mediante un sostegno che permetta loro di trarre reale beneficio dalle preferenze commerciali e mediante la promozione del loro sviluppo economico e sociale; invita la Commissione e gli Stati membri a fornire un'assistenza maggiore e adeguata al fine di agevolare la transizione economica dopo la sigla degli APE interinali (APEI);

4.

esorta le parti negoziali a concludere i negoziati come previsto nel corso del 2009; le incoraggia ad adottare ogni possibile misura per essere in grado di concludere, come previsto, un APE globale tra i paesi ACP e l'Unione europea entro la fine del 2009;

5.

riconosce che le norme OMC richiedevano la conclusione di un accordo entro il 31 dicembre 2007; osserva tuttavia che la Commissione ha insistito per la conclusione di APE globali entro tale data, mentre limitando l'accordo alle sole merci sarebbe stato possibile rispettare gli impegni della Comunità europea dinanzi all'OMC;

6.

ritiene che chiedere un tasso dell'80 % di liberalizzazione degli scambi significhi interpretare l'articolo XXIV del GATT senza tenere sufficientemente conto del fatto che l'Unione europea negozia con alcuni dei paesi più poveri del mondo, che presentano livelli di sviluppo diversi e settori sensibili;

7.

riconosce i vantaggi che la firma dell'APEI ha avuto per gli esportatori, ampliando le possibilità di esportare verso l'Unione europea dopo la scadenza, il 31 dicembre 2007, del trattamento tariffario preferenziale previsto dall'accordo di Cotonou, ed evitando in tal modo i danni che avrebbero potuto subire gli esportatori ACP se fossero stati costretti a operare in regimi commerciali meno favorevoli;

8.

si compiace del fatto che l'Unione europea offre ai paesi ACP un accesso al mercato dell'Unione europea completamente esente da dazi doganali e da contingenti per la maggior parte dei prodotti, per sostenere la liberalizzazione del commercio tra i paesi ACP e l'Unione europea;

9.

rileva che, se l'accordo fosse confermato, l'adeguamento dell'economia camerunese richiederebbe sforzi considerevoli nonché sostanziosi aiuti e assistenza tecnica da parte dell’Unione europea;

10.

ritiene che, nonostante l'accesso privilegiato al mercato europeo per i prodotti agricoli camerunesi, l'APE possa portare a uno sviluppo della produzione agricola camerunese solo se la capacità produttiva è rafforzata e resa più moderna grazie a investimenti tecnici e finanziari;

11.

rileva che l'ampio divario esistente fra l'Unione europea e le economie ACP in fatto di livelli di spesa pubblica per le sovvenzioni all'agricoltura penalizza gli agricoltori dei paesi ACP, riducendo la loro competitività sia a livello nazionale che all'estero, in quanto i loro prodotti sono più costosi in termini reali;

12.

sostiene pertanto le esclusioni concordate di linee tariffarie, incentrate sui prodotti agricoli e su alcuni prodotti agricoli trasformati, dato che si basano principalmente sulla necessità di proteggere le industrie nascenti o i prodotti sensibili in questi paesi;

13.

ritiene che, per garantire la sicurezza alimentare del Camerun e della regione, sia necessario predisporre una politica di sostegno di lungo termine per l'agricoltura locale, comprendente strumenti di politica commerciale che consentono di regolare il mercato e di proteggere un'agricoltura familiare sostenibile; ritiene altresì che la capacità di intervento pubblico in tale ambito non dovrebbe essere limitata; sottolinea che questi aspetti devono essere posti al centro dei negoziati, al fine di garantire la coerenza della politica commerciale e di tutte le politiche dell'Unione europea in relazione alla sovranità alimentare e al diritto all'alimentazione;

14.

sollecita i negoziatori di ogni APE globale a rendere pienamente conto della gestione trasparente delle risorse naturali e a illustrare le migliori prassi necessarie affinché i paesi interessati possano trarre il massimo profitto da tali risorse;

15.

invita la Commissione a chiarire l'effettiva distribuzione, nell'intera regione ACP, dei fondi derivanti dagli impegni di spesa prioritaria nell'ambito della dotazione rafforzata per l'aiuto al commercio;

16.

chiede che sia rapidamente determinata e costituita la quota delle risorse destinate all'aiuto al commercio; sottolinea che questi fondi dovrebbero rappresentare risorse supplementari e non un mero rimaneggiamento dei finanziamenti FES, che essi dovrebbero essere conformi alle priorità della regione dell'Africa centrale e che la loro erogazione dovrebbe essere tempestiva, prevedibile e conforme ai calendari di esecuzione dei piani di sviluppo strategico nazionali e regionali; si oppone a qualsiasi forma di condizionalità legata alla firma degli APE in materia di concessione dell'aiuto europeo e invita la Commissione a garantire che l'accesso ai fondi del decimo FES sia mantenuto indipendente dall'esito e dall'andamento dei negoziati;

17.

ritiene che il calendario degli impegni e degli esborsi dei finanziamenti dell'Unione europea vada rispettato, secondo quanto concordato nei programmi indicativi regionali e nazionali, essendo tali finanziamenti essenziali per accompagnare i paesi ACP nel processo di liberalizzazione;

18.

ricorda che il Parlamento ha chiesto più volte che il FES fosse integrato nel bilancio dell'Unione europea; condanna l'uso del FES come prima fonte di finanziamento del Fondo regionale APE quando si attendevano finanziamenti supplementari; sottolinea che gli importi assegnati a titolo del Programma indicativo nazionale per il Camerun e del Programma indicativo regionale sono insufficienti per permettere l'adeguamento dell'economia camerunese che la firma dell'APE implicherebbe;

19.

sottolinea che i finanziamenti dell'Unione europea dovranno contribuire tanto all'adeguamento delle economie dei paesi ACP quanto a compensare le perdite di entrate doganali; invita la Commissione a rendere noti al più presto i suoi metodi di calcolo dell'impatto fiscale netto degli APE;

20.

afferma che, conformemente ai principi enunciati nella dichiarazione di Parigi sull'efficacia degli aiuti, gli aiuti devono essere tra l'altro orientati alla domanda, e invita pertanto i paesi ACP a specificare i finanziamenti supplementari legati agli APE necessari, in particolare, per quanto concerne i quadri regolamentari, le misure di salvaguardia, la facilitazione degli scambi, il sostegno per l'adeguamento alle norme internazionali in materia sanitaria e fitosanitaria e di proprietà intellettuale, e la composizione del meccanismo di controllo dell'APE;

21.

esorta i paesi interessati a fornire informazioni chiare e trasparenti sulla loro situazione economica e politica e sul loro sviluppo, al fine di migliorare la cooperazione con la Commissione;

22.

sottolinea l'importanza degli scambi intraregionali e la necessità di aumentare i legami commerciali regionali al fine di garantire una crescita sostenibile nella regione; sottolinea l'importanza della cooperazione e della congruenza tra le diverse entità regionali;

23.

incoraggia un ulteriore abbassamento dei dazi doganali tra i paesi in via di sviluppo e i gruppi regionali, che oggi vanno dal 15 al 25 % del valore degli scambi, per promuovere ulteriormente il commercio Sud-Sud, la crescita economica e l'integrazione regionale;

24.

sottolinea che il futuro APE con l'Africa centrale non deve in alcun caso mettere in pericolo la coesione o indebolire l'integrazione regionale di tali paesi;

25.

invita la Commissione a impegnarsi al massimo per la ripresa dei negoziati sull'agenda di Doha per lo sviluppo e per garantire che gli accordi sulla liberalizzazione degli scambi commerciali continuino a promuovere lo sviluppo nei paesi poveri;

26.

è convinto che gli APE globali debbano essere complementari ad un accordo sull'ADS e non costituire un'alternativa per i paesi ACP;

27.

ritiene che le incertezze riguardo all'esito dei negoziati del ciclo di Doha e alla risoluzione della controversia sulle banane in seno all'OMC esigano una vigilanza particolare e un'azione prioritaria dell'Unione europea per salvaguardare il futuro del settore bananiero in Camerun e nella regione dell'Africa centrale;

28.

valuta favorevolmente le misure di salvaguardia previste nell'accordo, ma sottolinea che i meccanismi stabiliti per farvi ricorso sono complessi, il che potrebbe limitare le possibilità di applicarle; invita le due parti ad evitare l'abuso di tali misure di salvaguardia; invita la Commissione ad accettare, nell'ambito dei negoziati in corso in vista della conclusione di un APE completo, una revisione delle salvaguardie contenute nell'APE interinale per garantire un utilizzo appropriato, trasparente e rapido, purché siano soddisfatti i relativi criteri di applicazione;

29.

sottolinea la necessità di una valutazione dell'impatto globale dell'APE, dopo la sua attuazione, da parte dei parlamenti nazionali, del Parlamento europeo e della società civile; chiede un’eventuale revisione del calendario di liberalizzazione, qualora ciò fosse necessario;

30.

chiede che venga sostenuta la produzione e l'esportazione di prodotti trasformati a maggior valore aggiunto, in particolare semplificando e rendendo più flessibili le regole in materia di origine, che devono tener conto delle differenze di sviluppo industriale tra l'Unione europea e i paesi ACP nonché tra questi ultimi;

31.

apprezza l'istituzione nell'ambito dell'APEI di periodi transitori per le piccole e medie imprese (PMI), così che esse possano adattarsi ai cambiamenti posti in atto dall'accordo, e sollecita le autorità degli Stati interessati a continuare a sostenere gli interessi delle PMI nei loro negoziati per un APE globale;

32.

chiede che l'Unione europea fornisca alle autorità dei paesi ACP e al settore privato un'assistenza maggiore e adeguata al fine di agevolare la transizione economica dopo la firma dell'APEI;

33.

sottolinea che l'APE regionale non può essere una semplice trasposizione dell'APEI con il Camerun; ricorda che il Camerun non è rappresentativo della diversità degli otto paesi della regione, i quali non hanno le stesse priorità e necessità quanto a calendari di liberalizzazione, periodi transitori ed elenchi di prodotti sensibili; chiede che l'APE regionale sia dotato della flessibilità sufficiente per tener conto di queste specificità;

34.

ritiene che l'attuale offerta della regione dell'Africa centrale di liberalizzare il 71 % dei suoi scambi nell'arco di 20 anni, con un periodo preparatorio di cinque anni, non sia compatibile con le disposizioni dell'OMC, che prevedono una liberalizzazione dell'80 % nell'arco di 15 anni;

35.

raccomanda un approccio flessibile, asimmetrico e pragmatico nei negoziati in corso per un APE a pieno titolo; chiede alla Commissione, in tale contesto, di tener conto in modo particolare della richiesta della regione dell'Africa centrale riguardante gli aspetti dell'accordo relativi allo sviluppo; accoglie con favore a tale riguardo le conclusioni del CAGRE del maggio 2008;

36.

invita la Commissione a rispondere senza condizioni e in modo flessibile alle richieste dei paesi ACP di rivedere le questioni controverse degli APEI, tra cui la definizione di «substantially all trade» («sostanzialmente tutti gli scambi commerciali»), la clausola della nazione più favorita (NPF), gli obblighi riguardanti l'eliminazione delle tasse all'esportazione, la clausola di standstill (sospensione) e le salvaguardie bilaterali e speciali;

37.

chiede che, nel caso in cui Stati dell'Africa centrale che non fanno parte dei PMS non desiderino firmare un APE, la Commissione esamini tutte le alternative possibili per dotarli di un nuovo quadro commerciale conforme alle regole dell'OMC;

38.

ricorda che gli APE dovrebbero essere compatibili con le regole dell'OMC, che non esigono né vietano impegni di liberalizzazione sui servizi né sulle cosiddette «questioni di Singapore»;

39.

chiede alla Commissione di non includere negli APE disposizioni in materia di proprietà intellettuale, che ostacolerebbero l'accesso ai medicinali essenziali; invita l'Unione europea ad utilizzare il quadro degli APE per aiutare i paesi ACP ad applicare le flessibilità previste dalla dichiarazione di Doha sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (TRIPS) e la salute pubblica;

40.

insiste affinché gli APE includano capitoli rafforzati sullo sviluppo per la realizzazione degli OSM e per la promozione e il rafforzamento dei diritti sociali e umani fondamentali;

41.

sottolinea che qualsiasi APE globale deve includere anche disposizioni in materia di buon governo, trasparenza nelle cariche politiche e diritti umani;

42.

insiste affinché il Parlamento sia tenuto regolarmente informato e partecipi attivamente al processo di negoziazione degli APE; ricorda al riguardo il ruolo di controllo e di allerta del Parlamento nonché la volontà dei suoi membri di dare impulso a un dialogo più approfondito tra le istituzioni europee e i rappresentanti dei paesi ACP e della società civile;

43.

raccomanda che, prima di esprimere il suo parere conforme, il Parlamento europeo prenda in considerazione, pur mantenendo un certo livello di flessibilità, i pareri dei parlamenti dei paesi ACP sui risultati dei negoziati relativi all'APE;

44.

chiede meccanismi di controllo appropriati e trasparenti - che abbiano un ruolo e un'incidenza chiari - per monitorare l'impatto degli APE, con una maggiore responsabilizzazione dei paesi ACP e un'ampia consultazione delle parti interessate;

45.

sottolinea in particolare il ruolo cruciale dei parlamenti ACP e degli attori non statali nel monitoraggio e nella gestione degli APE, e chiede che la Commissione garantisca il loro coinvolgimento nelle procedure negoziali in corso; ritiene che a tal fine occorra un'agenda chiaramente definita per i negoziati futuri, da concordarsi tra i paesi ACP e l'Unione europea e basata su un approccio partecipativo;

46.

ritiene importante che l'attuazione degli APE preveda la creazione di un opportuno sistema di controllo, coordinato dalla commissione parlamentare competente, con la partecipazione di membri della commissione per il commercio internazionale e della commissione per lo sviluppo, garantendo un idoneo equilibrio tra salvaguardia del ruolo guida della commissione per il commercio internazionale e coerenza globale delle politiche in materia di commercio e sviluppo; è del parere che questa commissione parlamentare dovrebbe operare in maniera flessibile e coordinarsi attivamente con l'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE; ritiene che detto controllo dovrebbe avere inizio dopo l'adozione di ciascun APE interinale;

47.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi e parlamenti degli Stati membri e dei paesi ACP, al Consiglio dei ministri ACP-UE e all'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE.


(1)  GU C 77 E del 26.03.2004, pag. 393.

(2)  GU C 92 E del 20.04.2006, pag. 397.

(3)  GU C 285 E del 22.11.2006, pag. 126.

(4)  GU C 292 E dell'1.12.2006, pag. 121.

(5)  GU C 293 E del 2.12.2006, pag. 155.

(6)  GU C 298 E dell'8.12.2006, pag. 261.

(7)  GU C 305 E del 14.12.2006, pag. 244.

(8)  GU C 102 E del 24.4.2008, pag. 301.

(9)  GU C 323 E del 18.12.2008, pag. 361.

(10)  Testi approvati, P6_TA(2008)0252.


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/147


Mercoledì 25 marzo 2009
Relazioni annuali 2007 della BEI e della BERS

P6_TA(2009)0185

Risoluzione del Parlamento europeo del 25 marzo 2009 sulle relazioni annuali 2007 della Banca europea per gli investimenti e della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (2008/2155(INI))

2010/C 117 E/25

Il Parlamento europeo,

vista la relazione annuale 2007 della Banca europea per gli investimenti (BEI),

vista la relazione annuale 2007 della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS),

visti gli articoli 9, 266 e 267 del trattato CE e il protocollo n. 11 sullo statuto della BEI,

visto l'accordo del 29 maggio 1990 che istituisce la BERS,

visti gli articoli 230 e 232 del trattato CE sul ruolo della Corte di giustizia,

visto l'articolo 248 del trattato CE sul ruolo della Corte dei conti,

vista la decisione 2006/1016/CE del Consiglio, del 19 dicembre 2006, che accorda alla Banca europea per gli investimenti una garanzia della Comunità in caso di perdite dovute a prestiti e garanzie sui prestiti a favore di progetti realizzati al di fuori della Comunità (1),

vista la sentenza della Corte di giustizia del 6 novembre 2008 sul fondamento giuridico della decisione 2006/1016/CE (2),

vista la decisione 2008/847/CE del Consiglio, del 4 novembre 2008, sull’ammissibilità dei paesi dell’Asia centrale ai sensi della decisione 2006/1016/CE che accorda alla Banca europea per gli investimenti una garanzia della Comunità in caso di perdite dovute a prestiti e garanzie sui prestiti a favore di progetti realizzati al di fuori della Comunità (3),

vista la decisione 97/135/CE del Consiglio, del 17 febbraio 1997, relativa alla sottoscrizione, da parte della Comunità europea, di ulteriori azioni della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo a seguito della decisione di raddoppio di tale capitale (4),

vista la revisione delle risorse del capitale (CRR3) della BERS approvata nel 2006 e destinata a coprire il periodo 2006-2010,

vista la relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sulle operazioni di assunzione e di concessione di prestiti effettuate dalle Comunità europee nel 2007 (COM(2008)0590),

vista la sua risoluzione del 22 aprile 2008 sulla relazione annuale 2006 della Banca europea per gli investimenti (5),

vista la sua risoluzione del 15 febbraio 2007 sulla relazione annuale 2005 della BEI (6),

vista la sua risoluzione del 16 gennaio 2003 sulle attività della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (7),

vista la risoluzione dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa del 24 giugno 2008 sulla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo: un partner importante per il cambiamento nei paesi in transizione,

visto l'accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico, da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall’altro, firmato a Cotonou il 23 giugno 2000 (8) (accordo di Cotonou),

vista la dichiarazione comune del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio, del Parlamento europeo e della Commissione sulla politica di sviluppo dell'Unione europea: «Il consenso europeo» (9),

viste le conclusioni del Consiglio del 14 maggio 2008 su un quadro per gli investimenti nei Balcani occidentali: rafforzare la coerenza degli strumenti finanziari esistenti per la regione al fine di sostenere la crescita e la stabilità,

vista la proposta di regolamento della Commissione del 21 maggio 2008 che modifica il regolamento (CE) n. 1638/2006 del 24 ottobre 2006 recante disposizioni generali che istituiscono uno strumento europeo di vicinato e partenariato (COM(2008)0308),

vista la sentenza della Corte di giustizia del 10 luglio 2003 sulle competenze investigative dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) presso la BEI (10),

visto l’accordo tripartito concluso tra la Corte dei conti, la BEI e la Commissione relativo alle modalità di controllo da parte della Corte dei Conti, basato sull’articolo 248, paragrafo 3, del trattato CE e rinnovato nel luglio 2007,

visto il protocollo d’intesa del 15 dicembre 2006 tra la Commissione, la BEI e la BERS sulla cooperazione nell'Europa orientale e nel Caucaso meridionale, in Russia e in Asia centrale,

visto il protocollo d'intesa del 27 maggio 2008 tra la Commissione europea e la Banca europea per gli investimenti finalizzato a migliorare il coordinamento delle politiche dell'Unione europea in materia di prestiti esterni,

visto il protocollo firmato il 16 settembre 2008 dalla BEI, dalla Commissione e dalle autorità nazionali competenti, relativo alla partecipazione al Centro europeo di consulenza per i partenariati pubblico-privati,

visto il piano di attività 2008-2010 della BEI, approvato dal consiglio di amministrazione il 20 novembre 2007,

viste le consultazioni pubbliche avviate nel 2008 dalla BEI in merito alla propria dichiarazione sui principi e gli standard ambientali e sociali,

vista la politica ambientale e sociale della BERS, approvata dal consiglio di amministrazione il 12 maggio 2008,

vista la politica sulle operazioni in materia di energia della BERS, approvata dal consiglio di amministrazione l'11 luglio 2006,

vista l'analisi del settore energetico condotta della BEI e approvata dal consiglio di amministrazione il 31 gennaio 2006,

vista la nota informativa della BEI del 5 giugno 2007 dal titolo «Il contributo rafforzato della BEI alla politica energetica dell’Unione europea», approvata dal consiglio dei governatori nel giugno 2007,

viste le conclusioni della riunione della Presidenza del Consiglio europeo di Bruxelles dell’11 e 12 dicembre 2008 per quanto riguarda le questioni economiche e finanziarie,

vista la relazione della BEI del maggio 2008 dal titolo «Risultati e conclusioni della consultazione delle PMI nel 2007/2008» e il conseguente ammodernamento e rafforzamento del sostegno del gruppo BEI alle PMI dell'Unione europea,

vista la dichiarazione della BEI del 18 marzo 2008 sulle norme e i principi ambientali e sociali;

viste le conclusioni del Consiglio Ecofin del 7 ottobre 2008 e del 2 dicembre 2008 sul ruolo della BEI nel sostegno alle PMI,

vista la comunicazione della Commissione del 29 ottobre 2008 dal titolo «Dalla crisi finanziaria alla ripresa – Un quadro d’azione europeo» (COM(2008)0706),

vista la comunicazione della Commissione del 26 novembre 2008 dal titolo “Un piano europeo di ripresa economica» (COM(2008)0800),

visto l'articolo 45 del suo regolamento,

visti la relazione della commissione per i problemi economici e monetari e il parere della commissione per il controllo dei bilanci (A6-0135/2009),

A.

considerando che la BEI è stata istituita nel 1957 dal trattato di Roma e che gli Stati membri hanno sottoscritto in qualità di azionisti un capitale di 165 miliardi EUR,

B.

considerando che dal 1963 la BEI effettua operazioni in paesi terzi a sostegno delle politiche esterne della Comunità,

C.

considerando che la BERS è stata istituita nel 1991 e che i suoi azionisti, che includono 61 paesi terzi, la Comunità europea e la BEI, detengono complessivamente un capitale di 20 miliardi EUR,

D.

considerando che gli Stati membri, la Comunità europea e la BEI detengono il 63 % delle azioni della BERS,

E.

considerando che l'obiettivo statutario della BEI è di contribuire, facendo appello al mercato dei capitali e alle risorse proprie, allo sviluppo equilibrato e costante del mercato comune nell'interesse della Comunità,

F.

considerando che, nel contesto delle attuali turbolenze finanziarie, contraddistinte da una forte mancanza di liquidità e di crediti per le imprese, la BEI dovrebbe assumere un ruolo di spicco nei piani di rilancio dell'economia dell'Unione europea e degli Stati membri,

G.

considerando che l'obiettivo statutario della BERS è di contribuire al progresso e alla ricostruzione economici, nonché favorire la transizione verso economie aperte e orientate al mercato e promuovere l'iniziativa privata e l'attività imprenditoriale nei paesi dell'Europa centrale e orientale che riconoscono e applicano i principi della democrazia multipartitica, del pluralismo e dell'economia di mercato,

H.

considerando che sarebbe opportuno accentuare e potenziare il ruolo della BEI quale emittente di obbligazioni tripla A molto sicure per i mercati internazionali dei capitali,

I.

considerando che, ai sensi dell'articolo 11 dell'accordo che istituisce la BERS, quest'ultima è tenuta a destinare almeno il 60 % dei suoi investimenti al settore privato,

J.

considerando che, conformemente all'accordo che istituisce la BERS, il consiglio dei governatori sottopone a revisione il capitale sociale della BERS a intervalli non superiori a cinque anni e che la prossima revisione è prevista per il 2010,

K.

considerando che il 1o ottobre 2008 è stato creato un comitato direttivo composto di nove «saggi» incaricati di controllare e gestire la valutazione del riesame intermedio dei prestiti esterni della BEI, conformemente alla decisione 2006/1016/CE,

L.

considerando che il riesame intermedio dovrà avvenire in stretta concertazione con il Parlamento, sulla base della decisione 2006/1016/CE,

M.

considerando che la decisione 2006/1016/CE sul mandato di prestiti esterni della BEI prevede per il periodo 2007-2013 uno stanziamento di 25,8 miliardi EUR, così suddivisi per regioni: paesi in fase di preadesione, Croazia e Turchia comprese: 8,7 miliardi EUR; paesi del Mediterraneo: 8,7 miliardi EUR; Europa orientale, Caucaso meridionale e Federazione russa: 3,7 miliardi EUR; America Latina: 2,8 miliardi EUR; Asia: 1 miliardo EUR; Repubblica del Sudafrica: 0,9 miliardi EUR,

N.

considerando che nel 2007 la BEI ha concesso prestiti a sostegno degli obiettivi politici dell'Unione europea per un valore di 47,8 miliardi EUR, destinando 41,4 miliardi EUR ai paesi dell'Unione europea e dell'EFTA e 6,4 miliardi EUR ai paesi partner e ai paesi in via di adesione,

O.

considerando che nel 2007 la distribuzione geografica delle attività di prestito della BEI nei paesi terzi era la seguente: Asia e America latina: 925 milioni EUR; Europa orientale, Caucaso meridionale e Russia: 230 milioni EUR; paesi del Mediterraneo: 1 438 milioni EUR; paesi in fase di preadesione: 2 870 milioni EUR; paesi ACP: 756 milioni EUR; Sudafrica: 113 milioni EUR,

P.

considerando che nel 2007 la BERS ha registrato un volume d'affari annuale pari a 5,6 miliardi EUR, destinati a 353 progetti in 29 paesi nell'Europa centrale e negli Stati baltici (11), nell'Europa sudorientale (12), nella CSI occidentale e nel Caucaso (13) nonché in Russia e nell'Asia centrale (14),

Q.

considerando che nel 2007 gli investimenti della BERS in Russia sono aumentati fino a raggiungere 2,3 miliardi EUR (con un portafoglio totale per la Russia di 5,7 miliardi EUR) a copertura di 83 progetti e a concorrenza del 42 % degli impegni annuali della BERS (a fronte del 38 % nel 2006),

R.

considerando che gli investimenti azionari della BERS sono passati da 1 miliardo EUR nel 2006 a 1,7 miliardi EUR nel 2007 e che la quota di partecipazioni nel volume d’affari annuale della Banca è passata dal 20 % nel 2006 al 30 % nel 2007,

S.

considerando che il 28 ottobre 2008 il consiglio dei governatori della BERS ha deciso di annoverare la Turchia tra i destinatari degli investimenti della BERS e che quest'ultima prevede un investimento di 450 milioni EUR entro la fine del 2010,

T.

considerando che la BEI finanzia progetti in Turchia dal 1965 e che ha investito circa 10 miliardi EUR in tutti i settori chiave dell'economia della Turchia,

U.

considerando che, nel quadro dell'accordo di Cotonou, la BEI non solo eroga prestiti mediante risorse proprie, ma finanzia anche operazioni nei paesi ACP tramite uno strumento d'investimento in capitale di rischio finanziato a titolo del Fondo europeo di sviluppo,

V.

considerando che la strategia di finanziamento della BEI dovrebbe contribuire all’obiettivo generale dello sviluppo e del consolidamento della democrazia e dello Stato di diritto e all’obiettivo e all’osservanza degli accordi internazionali sull’ambiente che hanno sottoscritto la Comunità europea o i suoi Stati membri,

W.

considerando che la Commissione, gli Stati membri, i paesi partner della politica europea di vicinato (PEV), le istituzioni finanziarie internazionali (IFI) e le istituzioni finanziarie regionali e bilaterali europee stanno collaborando, nell'ambito del Fondo d'investimento per la politica di vicinato, allo scopo di destinare finanziamenti supplementari a progetti infrastrutturali concernenti prevalentemente i settori dell'energia, dei trasporti e dell'ambiente in tutti i paesi della PEV,

X.

considerando che il gruppo BEI continua a sostenere attivamente le PMI sia con prestiti che con capitale di rischio e garanzie sui prestiti, in questi ultimi due casi attraverso il Fondo europeo per gli investimenti,

Obiettivi e attività della BEI

1.

accoglie con favore la relazione annuale 2007 della BEI, in particolare per quanto riguarda da un lato le operazioni di finanziamento che ha effettuato nell'Unione europea concentrandosi su sei priorità politiche (garantire la coesione economica e sociale; attuare l'iniziativa “Innovazione 2000”, sviluppare reti di accesso e trasporto transeuropee, sostenere le piccole e medie imprese, tutelare e valorizzare l'ambiente, garantire un'energia sostenibile, competitiva e sicura) e dall'altro l'esercizio del suo mandato di prestiti esterni nei paesi terzi;

2.

accoglie con favore l’obiettivo della BEI di affrontare, fra l’altro, la sfida del cambiamento climatico nelle sue attività di finanziamento all’interno dell’Unione europea; ricorda, al riguardo, che è necessario fissare ulteriori criteri di finanziamento legati al rispetto dell'ambiente, in linea con gli obiettivi strategici dell'Unione europea di ridurre le emissioni di gas a effetto serra; sollecita la BEI a concentrare le proprie attività di prestito nel campo dell’energia e dell'efficienza energetica, dell’energia rinnovabile e degli investimenti di ricerca e sviluppo in questi due settori; inoltre invita la BEI a definire e divulgare una metodologia per valutare l’incidenza sul clima dei progetti finanziati nonché l’insieme dei criteri di valutazione che consentono alla BEI di rifiutare progetti a causa del loro impatto negativo sul clima;

3.

osserva che la BEI è la sola istituzione finanziaria fondata sul trattato e che la maggioranza delle sue operazioni è concentrata su progetti negli Stati membri, ma che essa sta assumendo un ruolo sempre più importante anche nei paesi terzi, come previsto dalla decisione 2006/1016/CE;

4.

rileva che la BEI è sinora intervenuta nei paesi terzi perseguendo gli obiettivi politici fissati dal Consiglio; ritiene che le attività di prestito della BEI debbano essere caratterizzate da: coerenza, nella sua sfera di competenza, tra i vari paesi; un approccio semplice tra i diversi attori e strumenti dell'Unione europea; flessibilità per quanto riguarda la capacità dell'Unione europea di affrontare situazioni estremamente eterogenee in vari paesi; coerenza nel conseguimento degli obiettivi del millennio; responsabilità, sia pubblica sia nei confronti del Parlamento, per quanto riguarda l'impiego e l'efficienza dei finanziamenti concessi dall'Unione europea;

5.

ribadisce la propria convinzione che gli investimenti nei trasporti pubblici siano un importante aspetto del piano di risanamento economico dell'Unione europea; ribadisce altresì, in tale contesto, la convinzione che la BEI abbia il potenziale per rivestire un ruolo chiave nella trasformazione dei trasporti europei dal punto di vista ambientale, ma reputa che si debbano affrontare con urgenza vari aspetti del suo portafoglio; esorta pertanto la Banca ad aumentare sostanzialmente il sostegno alle ferrovie, ai trasporti pubblici urbani, al trasporto intermodale e alla gestione dei trasporti;

6.

ritiene che le attività della BEI debbano altresì riflettere gli obiettivi e gli impegni assunti dall’Unione europea nel contesto delle Nazioni Unite (come il protocollo di Kyoto); invita pertanto la BEI a riferire annualmente al Parlamento europeo in merito all’attuazione degli obiettivi dell’Unione europea e delle Nazioni Unite nelle operazioni che compie nei paesi in via di sviluppo;

7.

osserva con soddisfazione che negli ultimi anni la BEI ha sistematicamente dato seguito alle raccomandazioni del Parlamento; raccomanda che il seguito dato sia comunicato al pubblico nel quadro della relazione annuale della BEI;

8.

esorta la BEI a controllare meglio e a rendere trasparente la natura e la destinazione finale dei suoi prestiti globali a sostegno delle PMI;

9.

per quanto attiene alla supervisione della BEI:

a)

ricorda che la BEI, le cui funzioni sono politicamente definite, non è sottoposta alla tradizionale vigilanza prudenziale; ritiene che sia comunque necessaria una supervisione dei metodi di lavoro della BEI;

b)

propone di rafforzare il comitato di verifica della BEI, aggiungendo ai tre membri titolari e ai tre osservatori due membri provenienti dalle autorità nazionali di vigilanza;

c)

accoglie con favore la collaborazione tecnica tra la BEI e l’autorità nazionale di vigilanza a Lussemburgo, ma ne chiede il potenziamento;

d)

chiede alla Commissione e agli Stati membri di valutare le possibilità di un'ampia revisione degli accordi in materia di supervisione delle attività finanziarie della BEI, la quale in futuro potrebbe avvenire nel quadro di un sistema europeo di vigilanza prudenziale, al fine di controllare la qualità della situazione finanziaria della BEI e di garantire un'accurata misurazione dei suoi risultati nonché il rispetto delle regole di buona condotta della professione;

10.

accoglie con favore l’elaborazione e la pubblicazione delle politiche operative settoriali della BEI nei settori dell’energia, dei trasporti e dell’acqua nel 2007 e le considera un grande passo verso una maggiore trasparenza delle attività di prestito della BEI;

11.

plaude alla revisione della politica di divulgazione al pubblico della BEI, per tenere conto delle pertinenti disposizioni del regolamento Aarhus (15); esprime apprezzamento per la pubblicazione della relazione generale 2007 concernente la valutazione delle operazioni della BEI e incoraggia quest'ultima a sviluppare le attività del suo servizio di valutazione delle operazioni;

12.

accoglie con favore la revisione della dichiarazione della BEI sulle norme e i principi ambientali e sociali; ritiene che la BEI debba assegnare sufficienti risorse all'attuazione della dichiarazione rivista nonché elaborare una relazione sul suo funzionamento;

13.

sottolinea che la BEI dovrebbe adottare una politica di “tolleranza zero» nei confronti delle frodi e della corruzione e al riguardo si compiace della revisione della sua politica antifrode e delle sue politiche di lotta alla corruzione, al riciclaggio dei capitali e al finanziamento del terrorismo; esprime tuttavia preoccupazione per il fatto che tali politiche sembrino rimanere prevalentemente passive; ribadisce l’invito, già rivolto alla BEI, di prevedere, in sede di attuazione di tali politiche, misure intese a:

a)

introdurre un meccanismo amministrativo di esclusione delle società riconosciute colpevoli di corruzione dalla BEI o da altre banche multilaterali di sviluppo;

b)

attuare una politica di protezione degli informatori; nonché

c)

garantire un rafforzamento della sua funzione investigativa e una valorizzazione del ruolo preventivo ed esplorativo di tale funzione;

14.

apprezza l’esistenza di un comitato etico ad hoc (che si occupa principalmente di questioni postoccupazionali) e di un responsabile indipendente in materia di conformità; chiede, tuttavia, di essere informato sullo status e le attività svolte concretamente da quest’ultimo;

15.

si congratula con la BEI per aver sottoscritto, a Washington, nell'ottobre 2007 una “dichiarazione di orientamento» sul governo societario nei mercati emergenti; osserva che tale dichiarazione è stata firmata anche dagli istituti di finanziamento dello sviluppo e che essa pone il governo societario al centro delle loro attività di promozione dello sviluppo sostenibile per i paesi emergenti;

16.

è soddisfatto dell’approvazione da parte del Comitato di gestione della BEI del meccanismo di trattamento dei reclami; rinnova, tuttavia, l’invito già rivolto alla BEI a rivedere il proprio sistema interno di reclami e a pubblicare nuovi orientamenti al meccanismo di ricorso, valide per tutte le operazioni finanziate dalla BEI;

17.

prende atto del parere favorevole dell’audit esterno e delle conclusioni della relazione annuale del comitato di verifica; rinnova, alla luce dell’attuale crisi finanziaria ed economica, la sua richiesta di sottoporre la BEI alle stesse norme prudenziali applicate agli istituti di credito e a un'effettiva vigilanza prudenziale;

Obiettivi e attività della BERS

18.

accoglie con favore la relazione annuale 2007 della BERS, in particolare il fatto che quest'ultima abbia concentrato le proprie attività d'investimento in paesi con economie in fase iniziale o intermedia di transizione; si compiace dei progressi compiuti dalla BERS per quanto riguarda il finanziamento di progetti nell'ambito della sua iniziativa per l'energia sostenibile, che dovrebbe dare priorità ai progetti energetici che presentano un interesse per l’Unione europea;

19.

rileva che la BERS opera principalmente in paesi terzi, ma che talune attività continuano ad essere importanti anche negli Stati membri;

20.

osserva altresì che, rispetto al 1991, il contesto regionale e internazionale in cui opera la BERS è profondamente mutato e che il suo mandato deve adattarsi alle nuove circostanze, in quanto le attività della BERS si adeguano alle condizioni del mercato e sono dislocate sempre più a sud e a est;

21.

riconosce altresì che il contesto operativo è caratterizzato da una complessità sempre maggiore dovuta a un clima imprenditoriale più difficile, nel quale l'esperienza delle controparti locali tende a diminuire e le preoccupazioni per l'integrità tendono a emergere con maggiore frequenza;

22.

ritiene che la BERS debba rafforzare le proprie attività di assistenza tecnica e di consulenza per promuovere validi criteri di buon governo e garantire la gestione adeguata dei progetti a livello locale nei paesi vicini dell’Unione europea;

23.

accoglie con favore il progresso compiuto dalla BERS nel 2008 nell’introdurre la dimensione di genere; sollecita entrambe le due banche a rafforzare l’integrazione della dimensione di genere nelle rispettive strutture istituzionali e politiche esterne;

Cooperazione tra la BEI e la BERS e con altre istituzioni finanziarie internazionali, regionali e nazionali

24.

osserva che sempre più spesso la BEI e la BERS finanziano operazioni nelle stesse regioni geografiche esterne all'Unione europea, segnatamente nell'Europa orientale, nel Caucaso meridionale, in Russia, nei Balcani occidentali e, a breve termine, anche in Turchia;

25.

osserva che, nei paesi in cui operano entrambe, le modalità di cooperazione tra la BEI e la BERS sono attualmente tre: nell'Europa orientale si applica un protocollo d'intesa che conferisce alla BERS il ruolo di capofila e prevede, in linea generale, investimenti comuni; nei Balcani occidentali si sta verificando un passaggio da operazioni concorrenti o parallele a una cooperazione basata sull'utilizzo congiunto dei fondi; altrove, come ad esempio nel caso della la cooperazione in Turchia, esiste un accordo basato sulla definizione di aree di competenza specifiche e comuni e sulla designazione della banca capofila, caso per caso;

26.

osserva che gli obiettivi, le competenze e il modus operandi delle due banche sono diversi e che non è semplice tracciare una linea che separi l'erogazione di prestiti al settore pubblico da quella al settore privato; rileva che sono sempre più numerosi i settori in cui entrambe le banche sviluppano competenze, segnatamente il finanziamento delle PMI, l'energia e i cambiamenti climatici nonché i progetti relativi ai partenariati pubblico-privato (PPP); sottolinea al riguardo la necessità di una cooperazione rafforzata;

27.

è del parere che le attività della BEI e della BERS nei paesi in cui entrambe intervengono non dovrebbero essere in competizione, bensì completarsi, sfruttando reciprocamente i vantaggi comparativi di ciascuna banca ed evitando costi di duplicazione per i clienti;

28.

raccomanda pertanto, al fine di strutturare più efficacemente la cooperazione tra la BEI e la BERS nei paesi in cui entrambe sono operative:

a)

che entrambe le banche suddividano le attività in maniera più funzionale puntando a una maggiore specializzazione, al fine di concentrarsi sui rispettivi ambiti di competenza e punti di forza;

b)

che la BEI si specializzi nel finanziamento di infrastrutture e progetti privati e pubblici su larga scala, compresi gli investimenti legati ai PPP e gli investimenti esteri diretti da parte di imprese dell'Unione europea, e che la BERS si specializzi maggiormente negli investimenti su scala ridotta, nello sviluppo istituzionale, nelle privatizzazioni, nell'agevolazione degli scambi, nei mercati finanziari e negli investimenti azionari diretti, al fine di promuovere standard inerenti al governo societario;

c)

che vengano definiti i tipi di progetti, settori e prodotti che risultano potenzialmente interessanti per entrambe le banche, che potrebbero consentire loro di incrementare la condivisione di conoscenze e risorse, segnatamente il finanziamento delle PMI e che potrebbero potenziare gli investimenti finalizzati a combattere i cambiamenti climatici, puntando ad esempio sull'energia da fonti rinnovabili e diminuendo le emissioni di gas a effetto serra; che in tali aree di interesse comune venga adottato un approccio pragmatico e caso per caso, che preveda sia la designazione di una banca capofila per ciascun progetto di cofinanziamento, al fine di evitare duplicazioni, sia il reciproco riconoscimento delle procedure quale condizione preliminare; che in tale contesto i progetti finanziati rispettino i criteri dell'Unione europea concernenti, ad esempio, la lotta ai cambiamenti climatici o il rispetto dei diritti sociali, indipendentemente dalla banca designata come capofila (BEI o BERS);

d)

che vengano applicati chiari meccanismi di cooperazione in entrambe le banche sia a livello gerarchico sia in loco;

e)

che le due banche elaborino una proposta concreta sullo sviluppo di una cooperazione più coerente, che includa una riflessione su criteri comuni a vantaggio degli azionisti, delle parti interessate e dei paesi beneficiari;

f)

che le due banche presentino periodicamente alla Commissione una relazione sulla loro cooperazione;

g)

che la Commissione presenti al Parlamento e al Consiglio una relazione annuale sulla valutazione dell'impatto e dell'efficacia delle operazioni di finanziamento effettuate dalla BEI e dalla BERS e del contributo di ciascuna al conseguimento degli obiettivi di politica estera dell'Unione europea, nonché sulla collaborazione reciproca e con altre istituzioni finanziarie; nonché

h)

che sono organizzate in Parlamento audizioni annuali dei presidenti di entrambe le banche e del Commissario per gli affari economici e monetari;

29.

raccomanda che, a lungo termine, gli azionisti della BEI prendano in considerazione un aumento della partecipazione della BEI al capitale della BERS, ad esempio nel contesto di un aumento di capitale oppure nel caso in cui un azionista della BERS preveda di ritirare la propria partecipazione nella banca; ritiene che, a lungo termine, ciò potrebbe favorire una migliore coerenza delle politiche e la specializzazione delle due banche da un punto di vista funzionale e geografico;

30.

è del parere che sarebbe auspicabile evitare qualsiasi sovrapposizione degli strumenti di assistenza esterna dell'Unione europea; esorta a rafforzare la cooperazione con le istituzioni o le agenzie per lo sviluppo regionali e nazionali nell'Unione europea, al fine di assicurare un efficace finanziamento evitando sovrapposizioni e duplicazioni nonché di garantire un approccio coerente e una migliore visibilità all'impatto dell'Unione europea; a tale riguardo, sostiene la possibilità di una delega reciproca e del reciproco riconoscimento delle procedure;

31.

ricorda l’importanza dell'accordo stipulato nel «Consenso europeo», in base al quale sarebbe opportuno rafforzare le sinergie fra i programmi sostenuti dalla BEI e da altre istituzioni finanziarie e quelli finanziati dalla Comunità, così da garantire un impatto ottimale per i paesi beneficiari; sottolinea la necessità di prestare particolare attenzione agli interessi dei beneficiari in tale contesto;

32.

riconosce che la BEI e la BERS devono collaborare con altre istituzioni finanziarie internazionali o regionali, quali la Banca mondiale, la Banca asiatica di sviluppo e la Banca africana di sviluppo onde operare più efficacemente in regioni molto distanti dall'Unione europea ed evitare sovrapposizioni e duplicazioni indesiderate nelle attività di finanziamento; ritiene tuttavia che la BEI dovrebbe assumere un ruolo predominante nella promozione degli obiettivi ambientali, sociali e di sviluppo dell’Unione europea fra le varie banche e istituzioni multinazionali di sviluppo;

33.

rileva che le banche e le istituzioni multinazionali di sviluppo esercitano un'influenza positiva sui paesi in via di sviluppo; ritiene che sia necessario analizzare ulteriormente tale influenza e prendere in considerazione ulteriori attività alla luce degli obiettivi e delle operazioni del Fondo europeo di sviluppo (FES); suggerisce di annoverare tra i costi di investimento ammissibili nel quadro del mandato esterno della BEI il finanziamento della proprietà fondiaria subordinato al conseguimento di obiettivi ambientali e sociali, in quanto si tratta di un fattore fondamentale per lo sviluppo endogeno, soprattutto nei paesi africani;

Impatto delle turbolenze finanziarie globali sulla BEI e sulla BERS

34.

sottolinea l’importante ruolo che il piano europeo di ripresa economica ha attribuito alla BEI, segnatamente per quanto concerne l’aumento dei finanziamenti a favore delle PMI, delle fonti di energia rinnovabili e dei trasporti puliti; accoglie con favore la decisione della BEI di aumentare il proprio volume totale di prestiti del 30 % (15 miliardi EUR) nel 2009 e nel 2010 nonché la decisione di aumentare il capitale sottoscritto della BEI di circa 67 miliardi EUR, per portarlo a 232 miliardi EUR, in linea con la strategia di Lisbona; esorta tuttavia gli Stati membri ad aumentare ulteriormente il capitale della BEI, in modo da garantire che la sua capacità di prestito soddisfi il fabbisogno finanziario a medio termine di industrie ed imprese, ove necessario per favorire un’occupazione verde e sostenibile; sottolinea che i fondi supplementari dovrebbero mirare a produrre effetti a lungo termine; ritiene che un incremento delle responsabilità richieda sia risorse umane e finanziarie adeguate sia un aumento della trasparenza e della responsabilità delle attività della BEI;

35.

incoraggia il rafforzamento degli accordi di condivisione dei rischi fra le banche commerciali e la BEI nel finanziare le PMI; si appella tuttavia alla vigilanza nell’uso dei prestiti della BEI da parte delle banche commerciali e auspica l'elaborazione di un codice di condotta in materia per le banche commerciali e la BEI; osserva altresì che l'elenco delle banche intermediarie della BEI necessita di un aggiornamento;

36.

ritiene che la BEI e la Commissione dovrebbero accelerare l’attuazione di progetti negli Stati membri e nei settori maggiormente colpiti dalla crisi; reputa in proposito che sia importante avvalersi dell’esperienza acquisita da programmi di assistenza tecnica come Jaspers, Jeremie, Jessica and Jasmine, al fine di velocizzare la distribuzione di aiuti strutturali;

37.

constata che l’Unione europea ha chiesto alla BEI di accelerare il sostegno ai progetti PPP in risposta alla crisi finanziaria; sollecita la BEI e la BERS a realizzare tali progetti solo quando sono finanziariamente sostenibili e comportano benefici reali; ritiene al riguardo che sia necessario migliorare i criteri per valutarne la trasparenza, la redditività e la fattibilità;

38.

invita gli Stati membri ad avvalersi appieno di strumenti come il capitale di rischio, i prestiti globali e il microcredito offerti dai programmi e dai meccanismi di finanziamento della BEI;

39.

osserva che le attività di erogazione e di assunzione di prestiti da parte della BEI sono aumentate progressivamente sia all’interno sia all’esterno dell’Unione europea e che costituiscono attualmente lo strumento principale di erogazione e assunzione di prestiti a livello dell'Unione europea; rileva altresì la grande richiesta, anche da parte dell'Asia, di obbligazioni emesse dalla BEI; esorta pertanto la BEI, in veste di banca pubblica a orientamento politico, e i suoi governatori ad avvalersi al massimo di questo potenziale di erogazione emettendo in particolare obbligazioni in euro sul mercato globale, in modo da sostenere obiettivi a lungo termine e attenuare il rallentamento economico sia nell'Unione europea sia nei paesi vicini;

40.

invita fermamente la Commissione e la BEI ad esaminare congiuntamente strategie per superare la stretta creditizia nell’economia reale con l’aiuto di nuovi strumenti finanziari innovativi;

41.

accoglie con favore la decisione della BERS di aumentare nel 2009 il suo volume d’affari annuale del 20 % circa fino ad approssimativamente 7 miliardi EUR, così da alleviare l’attuale crisi economica e finanziaria; osserva che la metà del miliardo di EUR previsto in spese supplementari nel 2009 è destinato all’Europa centrale ed orientale;

42.

sottolinea che, a causa delle condizioni restrittive attualmente applicate nel settore creditizio, il ruolo di entrambe le banche è valorizzato sia nell'Unione europea sia nei paesi terzi; invita le due banche a mantenere i rispettivi impegni nei confronti dei paesi terzi anche in tempi di difficoltà economiche;

43.

suggerisce, previo esame approfondito dell'impatto della crisi finanziaria sull'economia reale, di invitare la BEI a incrementare il sostegno ai nuovi Stati membri; sottolinea inoltre l'importanza di coinvolgere il settore privato nel ripristinare la stabilità di queste economie; esprime apprezzamento per il potenziamento delle attività della BERS nei nuovi Stati membri e il recente piano d'azione congiunto delle istituzioni finanziarie internazionali per sostenere i sistemi bancari e le attività di prestito a favore dell'economia reale nell'Europa centrale e orientale, elaborato dalla BERS, dalla BEI, dal Fondo europeo per gli investimenti e dal gruppo della Banca mondiale per sostenere il sistema bancario e l'economia reale nell'Europa centrale e orientale; raccomanda, tuttavia, di procedere a tempo debito a una revisione della definizione di «paesi di transizione» e a una valutazione del ritiro delle attività della BERS all'interno dell'Unione europea;

44.

osserva con soddisfazione che l'esposizione della BEI e della BERS alle turbolenze finanziarie è piuttosto limitata, anche se nel 2008 la BERS ha registrato la prima perdita del decennio in seguito al declino dei mercati azionari;

Impatto della sentenza della Corte di giustizia sul mandato esterno della BEI

45.

accoglie con favore la sentenza della Corte di giustizia del 6 novembre 2008 sul fondamento giuridico della decisione 2006/1016/CE;

46.

raccomanda che il Parlamento, il Consiglio e la Commissione pervengano rapidamente a un accordo alla luce di tale sentenza, onde garantire il pieno rispetto delle prerogative del Parlamento, da un lato, e la continuità delle operazioni esterne di finanziamento della BEI, dall'altro; sottolinea pertanto che questo rapido accordo costituisce una soluzione temporanea con una scadenza precisa, sino al riesame intermedio nel 2010;

47.

è del parere che sia indispensabile adottare una decisione in sostituzione della decisione 2006/1016/CE, conformemente alla sentenza della Corte di giustizia; riconosce che l'attuale revisione intermedia delle operazioni esterne di prestito della BEI e degli accordi di cooperazione, da concludersi nel 2010, deve permettere un reale dibattito di fondo sugli obiettivi dell’Unione e le risorse a disposizione della BEI, nel cui ambito il Parlamento assumerà appieno il suo ruolo di colegislatore; invita la Commissione a tenere pienamente conto delle raccomandazioni espresse nella presente risoluzione nel quadro dell'elaborazione di una nuova proposta di decisione sul mandato di prestiti esterni della BEI successiva alla revisione intermedia;

48.

raccomanda che il comitato direttivo termini i propri lavori all’inizio del 2010 e invita il presidente del comitato a presentare subito dopo al Parlamento e al Consiglio una relazione sulle conclusioni raggiunte; attende con interesse le conclusioni del comitato direttivo e lo invita a tenere conto delle raccomandazioni incluse nella presente risoluzione e nelle precedenti risoluzioni del Parlamento; chiede che il comitato direttivo informi regolarmente il Parlamento in merito ai progressi compiuti;

*

* *

49.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione, nonché alla Banca europea per gli investimenti, alla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo e ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.


(1)  GU L 414 del 30.12.2006, pag. 95.

(2)  Causa C-155/07, Parlamento europeo/Consiglio dell'Unione europea, non ancora pubblicata nella Raccolta.

(3)  GU L 301 del 12.11.2008, pag. 13.

(4)  GU L 52 del 22.2.1997, pag. 15.

(5)  Testi approvati, P6_TA(2008)0132.

(6)  GU C 287 E del 29.11.2007, pag. 544.

(7)  GU C 38 E del 12.2.2004, pag. 313.

(8)  GU L 317 del 15.12.2000, pag. 3.

(9)  GU C 46 del 24.2.2006, pag. 1.

(10)  Causa C-15/00, Commissione delle Comunità europee/Banca europea per gli investimenti, Racc. 2003, pag. I-7281.

(11)  Croazia, Repubblica ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica slovacca e Slovenia.

(12)  Albania, Bosnia e Erzegovina, Bulgaria, ex Repubblica iugoslava di Macedonia, Montenegro, Romania e Serbia.

(13)  Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Moldova e Ucraina.

(14)  Kazakstan, Repubblica del Kirghizistan, Mongolia, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan.

(15)  Regolamento (CE) n. 1367/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 settembre 2006, sull’applicazione alle istituzioni e agli organi comunitari delle disposizioni della convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (GU L 264 del 25.9.2006, pag. 13).


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/157


Mercoledì 25 marzo 2009
Avvenire dell'industria automobilistica

P6_TA(2009)0186

Risoluzione del Parlamento europeo del 25 marzo 2009 sul futuro dell'industria automobilistica

2010/C 117 E/26

Il Parlamento europeo,

viste le conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo di Lisbona del 23 e 24 marzo 2000,

vista la comunicazione del 2 febbraio 2005 del presidente Barroso intitolata «Lavorare insieme per la crescita e l'occupazione - Il rilancio della strategia di Lisbona» (COM(2005)0024),

viste le conclusioni e la relazione finale del Gruppo ad alto livello CARS 21, del 12 dicembre 2005, e le conclusioni del CARS 21 della Conferenza ad alto livello di revisione intermedia, del 29 ottobre 2008,

vista la sua risoluzione del 15 gennaio 2008 su «CARS 21: Un quadro normativo competitivo nel settore automobilistico» (1),

viste le conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo del 15 e 16 ottobre 2008,

vista la comunicazione della Commissione del 29 ottobre 2008 intitolata «Dalla crisi finanziaria alla ripresa - Un quadro d'azione europeo» (COM(2008)0706),

vista la comunicazione della Commissione del 26 novembre 2008 intitolata «Un piano europeo di ripresa economica» (COM(2008)0800),

vista la sua posizione definita in prima lettura il 17 dicembre 2008 in vista dell'adozione della proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che definisce i livelli di prestazione in materia di emissioni delle autovetture nuove nell'ambito dell'approccio comunitario integrato finalizzato a ridurre le emissioni di CO2 dei veicoli leggeri (2),

viste le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione del 4 febbraio 2009 sull'impatto della crisi finanziaria sull'industria automobilistica,

viste le conclusioni del Consiglio Competitività del 5 e 6 marzo 2009 sull'industria automobilistica,

vista la comunicazione della Commissione del 25 febbraio 2009 intitolata «Far fronte alla crisi dell'industria automobilistica europea» (COM(2009)0104),

viste le conclusioni della riunione dei ministri dell'Industria europei con il Vicepresidente della Commissione Günter Verheugen sulla situazione del settore automobilistico, svoltasi a Bruxelles il 16 gennaio 2009,

viste le statistiche pubblicate il 29 gennaio 2009 dall'Associazione europea dei costruttori di automobili sulle vendite di veicoli nel 2008,

visto l'articolo 103, paragrafo 4, del suo regolamento,

A.

considerando che l'Europa sta vivendo una crisi finanziaria ed economica profonda e senza precedenti, con tassi di disoccupazione elevati e la perdita di migliaia di posti di lavoro in tutti i principali settori industriali,

B.

considerando che, in questo momento, il mercato finanziario europeo non sta funzionando correttamente, in particolare per quanto concerne le attività di erogazione prestiti,

C.

considerando che dell'attuale crisi risentono in modo particolare il comparto automobilistico europeo e le industrie dell'indotto, un settore chiave dell'economia europea che contribuisce all'occupazione, all'innovazione e alla competitività di tutto il sistema economico,

D.

considerando che il settore automobilistico dell'Unione europea presenta una sovraccapacità strutturale e che per il 2009 si prevede un ulteriore calo significativo della domanda, e quindi della produzione, di autoveicoli, il che aumenterà inevitabilmente la pressione sui livelli di occupazione e d'investimento nell'Unione europea,

E.

considerando che il settore automobilistico europeo costituisce il principale investitore privato in ricerca e sviluppo (R&S) nell'Unione europea e che i produttori europei di automobili e di veicoli commerciali devono sostenere livelli elevati di investimenti in considerazione degli obblighi normativi e di mercato, in particolare al fine di garantire il passaggio a un parco circolante caratterizzato da basse emissioni,

F.

considerando che il pacchetto legislativo relativo alle energie rinnovabili e al cambiamento climatico, adottato nel dicembre 2008, svolgerà un ruolo fondamentale nella promozione di investimenti verdi miranti a risparmi energetici nel settore automobilistico,

G.

considerando che l'industria automobilistica europea dà lavoro, direttamente o indirettamente, a 12 milioni di persone, pari al 6 % degli occupati nell'Unione europea, e che oggigiorno milioni di questi posti di lavoro – molti dei quali sono altamente qualificati e non dovrebbero andare persi – sono a rischio,

H.

considerando che l'applicazione di tecnologie più verdi nel settore automobilistico offre un considerevole potenziale di creazione di posti di lavoro,

I.

considerando che l'industria automobilistica europea è fondamentale per l'economia dell'Unione europea, dato il suo effetto moltiplicatore per altri settori e altre industrie e, in particolare, per centinaia di migliaia di piccole e medie imprese (PMI),

J.

considerando che alcuni Sati membri hanno cominciato a varare misure nazionali di aiuto all'industria automobilistica,

K.

considerando che la principale responsabilità nel fronteggiare la crisi è dell'industria,

L.

considerando che la Commissione sta negoziando l'ulteriore liberalizzazione degli scambi commerciali nel quadro del Doha Round, nonché un accordo di libero scambio con la Corea del Sud,

1.

riconosce che l'attuale crisi economica e finanziaria ha messo sotto forte pressione l'industria automobilistica, il che si riflette in una drastica flessione della domanda di autoveicoli ma anche in una sovraccapacità di produzione e in difficoltà di accesso al credito e ai finanziamenti, uniti a problemi strutturali anteriori alla crisi;

2.

sottolinea che si tratta di una crisi a livello europeo; richiama quindi l'attenzione sull'importanza che riveste l'adozione, da parte degli Stati membri, di iniziative coerenti e coordinate a favore dell'industria automobilistica europea e chiede un vero quadro d'azione europeo che preveda passi concreti in vista dell'adozione, a livello sia dell'Unione europea che degli Stati membri, delle misure decisive necessarie;

3.

rileva con crescente preoccupazione che alcune delle misure a breve termine adottate a livello nazionale dagli Stati membri potrebbero contribuire alla distorsione della concorrenza nel mercato interno, danneggiando la competitività a lungo termine, e invita dunque gli Stati membri a fare in modo che le nuove misure siano coerenti, efficaci e coordinate;

4.

valuta positivamente, in tale contesto, il quadro di riferimento temporaneo per la valutazione degli aiuti di Stato definito nell'ambito del piano europeo di ripresa economica;

5.

si compiace degli sforzi intrapresi dalla Commissione per dare una risposta politica efficace alle difficoltà di General Motors Europe e dei suoi fornitori attraverso il coordinamento degli sforzi degli Stati membri interessati, comprese l'organizzazione dell'incontro ministeriale del 13 marzo 2009 e la ricerca di una soluzione equa e giusta al problema dei diritti di proprietà intellettuale;

6.

invita il Consiglio e la Commissione ad accelerare, semplificare ed accrescere il sostegno finanziario destinato al settore automobilistico, segnatamente per il tramite della Banca europea per gli investimenti (BEI), nonché concedendo garanzie di Stato per prestiti a basso tasso di interesse; sollecita il Consiglio e la Commissione a chiedere la semplificazione della procedura amministrativa per la richiesta di prestiti; ritiene che tale sostegno finanziario, in particolare attraverso lo strumento dei prestiti, dovrebbe contribuire a stimolare la domanda di nuovi veicoli, a vantaggio della crescita economica, dell'ambiente e della sicurezza stradale;

7.

insiste affinché la BEI presti sufficiente attenzione alle PMI legate al settore automobilistico onde mantenere il loro accesso al credito e sollecita gli Stati membri ad aumentare la capacità di prestito della BEI per mantenerla all'altezza delle necessità finanziarie di medio termine del settore automobilistico;

8.

insiste sul fatto che tutte le iniziative finanziarie o fiscali, compresi i programmi di rottamazione, devono sostenere e accelerare le necessarie trasformazioni tecnologiche del settore, segnatamente a livello dell'efficienza energetica dei motori e della riduzione delle emissioni, nel pieno rispetto della legislazione recentemente adottata;

9.

ribadisce che le politiche, sia a livello dell'Unione europea che a livello nazionale, dovrebbero contribuire ad affrontare la fase di ristrutturazione e di riconversione in cui si trovano l'industria automobilistica e il suo indotto, a causa di un contesto imprenditoriale estremamente competitivo, e invita il settore a sviluppare una strategia commerciale coerente e a procedere agli adeguamenti in questione in modo socialmente responsabile, in stretta cooperazione con i sindacati;

10.

sottolinea la necessità di coinvolgere pienamente i sindacati nelle discussioni in corso e chiede alla Commissione di sostenere, in particolare nel contesto della crisi attuale, un autentico dialogo sociale europeo;

11.

chiede alla Commissione di garantire l'uso ottimale dei Fondi europei disponibili a sostegno dell'occupazione quali il Fondo di coesione, i Fondi strutturali, il Fondo sociale e il Fondo di adeguamento alla globalizzazione), nel contesto dell'attuazione equilibrata di tutte le «priorità di Lisbona», e di agevolare, migliorare e velocizzare l'accesso a detti Fondi; ritiene che essi dovrebbero contribuire a programmi di formazione e di riqualificazione dei lavoratori in una fase precoce, nell'eventualità che sia necessario procedere a riduzioni dell'orario di lavoro;

12.

ribadisce che l'industria automobilistica deve continuare a investire in programmi di R&S intesi a fornire le migliori soluzioni in termini di qualità, sicurezza e prestazioni ambientali al fine di creare un quadro competitivo sostenibile, e invita dunque la Commissione ad agevolare, migliorare e velocizzare in tale contesto l'accesso agli strumenti dell'Unione europea a sostegno della R&S e dell'innovazione, come il settimo Programma di ricerca e sviluppo tecnologico;

13.

invita la Commissione a elaborare orientamenti e raccomandazioni per misure volte a incoraggiare in modo coordinato il rinnovamento del parco circolante, quali programmi di rottamazione e altri incentivi di mercato che hanno effetti positivi e di breve termine sulla domanda di nuovi autoveicoli e che sono intesi a rinvigorire il mercato del leasing automobilistico; invita la Commissione a monitorare le misure nazionali già applicate al riguardo per evitare distorsioni sul mercato interno;

14.

conferma la necessità di approfondire il dialogo e le discussioni in corso con i paesi terzi e con i principali partner commerciali dell'Unione europea sul futuro del settore automobilistico e invita pertanto la Commissione a seguire attentamente l'evoluzione nei paesi terzi, in particolare negli Stati Uniti e in Asia, per garantire parità di condizioni sul piano internazionale, astenendosi dall'adottare misure protezionistiche e discriminatore sul mercato automobilistico mondiale;

15.

invita la Commissione a garantire un accordo equilibrato ed equo tra l'Unione europea e la Corea del Sud prima della conclusione dell'accordo di libero scambio;

16.

accoglie favorevolmente il processo CARS 21 che definisce una politica industriale a lungo termine su scala europea; invita la Commissione a porre in atto, a controllare e a riesaminare di continuo questo piano strategico di lungo termine al fine di garantire la competitività futura del settore automobilistico europeo e un'occupazione sostenibile in questo segmento;

17.

invita la Commissione ad applicare pienamente i principi della strategia «Legiferare meglio» e quindi ad effettuare una valutazione approfondita dell'impatto della nuova legislazione comunitaria sui veicoli a motore, in linea con le raccomandazioni CARS 21, assicurando in questo modo al settore automobilistico la certezza e la prevedibilità del diritto;

18.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.


(1)  GU C 41 E del 19.2.2009, pag. 1.

(2)  Testi approvati, P6_TA(2008)0614.


Giovedì 26 marzo 2009

6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/161


Giovedì 26 marzo 2009
Libro bianco in materia di azioni di risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust comunitarie

P6_TA(2009)0187

Risoluzione del Parlamento europeo del 26 marzo 2009 sul Libro bianco in materia di azioni di risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust comunitarie (2008/2154(INI))

2010/C 117 E/27

Il Parlamento europeo,

visto il Libro bianco della Commissione, del 2 aprile 2008, in materia di «azioni di risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust comunitarie» (COM(2008)0165) (il Libro bianco),

vista la sua risoluzione del 25 aprile 2007 sul Libro verde in materia di azioni di risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust comunitarie (1),

vista la comunicazione della Commissione, del 13 marzo 2007, dal titolo «Strategia per la politica dei consumatori dell’UE 2007-2013. Maggiori poteri per i consumatori, più benessere e tutela più efficace» (COM(2007)0099),

visti il regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l'applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (2), il regolamento (CE) n. 773/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli 81 e 82 del trattato CE (3) e il regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio, del 20 gennaio 2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese («regolamento comunitario sulle concentrazioni») (4),

visti la comunicazione della Commissione relativa all'immunità dalle ammende o alla riduzione del loro importo nei casi di cartelli tra imprese (5) e il regolamento (CE) n. 622/2008 della Commissione (6), del 30 giugno 2008, concernente la transazione nei procedimenti relativi ai cartelli,

visto l’articolo 45 del suo regolamento,

visti la relazione della commissione per i problemi economici e monetari e i pareri della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori e della commissione giuridica (A6-0123/2009),

A.

considerando che la politica di concorrenza incrementa l’efficienza economica dell’Unione europea e offre un contributo decisivo per il raggiungimento degli obiettivi della strategia di Lisbona,

B.

considerando che la Corte di giustizia delle Comunità europee ha stabilito che, per garantire la piena efficacia dell'articolo 81 del trattato, soggetti e imprese possano intentare azioni legali per ottenere il risarcimento del danno subito a causa di una violazione delle norme comunitarie in materia di concorrenza,

C.

considerando che le azioni risarcitorie sono soltanto uno degli elementi di un sistema efficace di applicazione delle norme da parte dei privati e che meccanismi di risoluzione alternativa sono, in circostanze adeguate, una valida alternativa ai meccanismi di risarcimento collettivo, offrono la possibilità di transazioni extragiudiziali eque e rapide e il loro utilizzo deve essere sostenuto,

D.

considerando che le questioni affrontate nel Libro bianco riguardano tutte le categorie di vittime, tutti i tipi di violazione degli articoli 81 e 82 del trattato CE e tutti i settori dell'economia,

E.

considerando che ogni proposta per l'introduzione di meccanismi di risarcimento collettivo per violazione delle norme comunitarie in materia di concorrenza dovrebbe affiancarsi, e non sostituirsi, alle forme alternative di tutela già presenti in alcuni Stati membri (come ad esempio le azioni rappresentative e i cd. «test cases»),

F.

considerando che l'obiettivo delle azioni di risarcimento dei danni a titolo del diritto privato è di risarcire pienamente le vittime per il danno subito e che devono essere rispettati i principi di responsabilità extracontrattuale che vietano l'arricchimento senza causa e il risarcimento multiplo e impediscono danni punitivi,

G.

considerando che l'applicazione della normativa in materia di concorrenza, da parte della Commissione e delle autorità competenti degli Stati membri ricade nell'ambito del diritto pubblico e che sono relativamente esigue le azioni di risarcimento presentate da privati presso i tribunali nazionali, benché numerosi Stati membri abbiano adottato, o intendano adottare, provvedimenti volti ad agevolare le azioni di risarcimento dei privati in caso di violazione della normativa comunitaria in materia di concorrenza,

H.

considerando che l'avvio di un'azione privata di risarcimento danni dovrebbe completare e favorire, ma non sostituire, l’applicazione delle norme di concorrenza da parte delle autorità garanti della concorrenza e che pertanto occorre incrementare le capacità delle autorità garanti della concorrenza, affinché possano efficacemente perseguire le violazioni delle norme in materia di concorrenza,

I.

considerando che, indipendentemente dalle modalità di risoluzione della controversia, è essenziale che siano previste delle procedure e dei meccanismi di tutela perché tutte le parti possano godere di un trattamento equo e che, al contempo, non vi siano abusi di tale sistema, come verificatosi in altri ordinamenti giuridici, in particolare, negli Stati Uniti,

J.

considerando che per ogni proposta riguardante un settore che non è di competenza esclusiva della Comunità, la Commissione deve tenere conto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità,

1.

accoglie con favore il Libro bianco e sottolinea che le norme comunitarie in materia di concorrenza e, in particolare, la loro effettiva applicazione richiedono che le vittime delle violazioni delle norme comunitarie in materia di concorrenza abbiano il diritto di chiedere un risarcimento per i danni subiti;

2.

rileva che fino a questo momento la Commissione non ha specificato qual è la base giuridica delle misure proposte e che occorre esaminare ulteriormente la questione di una base per gli interventi proposti a livello di procedure nazionali per danni extracontrattuali e diritto processuale nazionale,

3.

è del parere che alcuni ostacoli a un efficace ristoro delle vittime delle violazioni delle norme comunitarie in materia di concorrenza, come i danni di massa e i danni diffusi, le asimmetrie informative e gli altri problemi relativi all’esercizio del diritto a un’azione risarcitoria, non riguardino soltanto le procedure relative al diritto comunitario in materia di concorrenza ma anche settori come ad esempio quello della responsabilità per danno da prodotti difettosi e altre azioni concernenti i consumatori;

4.

ricorda che i singoli consumatori, ma anche le piccole imprese, in particolare quelle che hanno subito un danno diffuso e di valore relativamente basso, sono spesso scoraggiati dall'intentare azioni individuali per danni a causa dei costi, ritardi, incertezze, rischi ed oneri che ne possono derivare; sottolinea, in questo contesto, che le azioni risarcitorie collettive, che consentono l'aggregazione di singole azioni di risarcimento dei danni imputabili a violazioni delle norme comunitarie in materia di concorrenza e accrescono la capacità delle vittime di accedere alla giustizia, rappresentano un importante deterrente; accoglie in tal senso con favore la proposta della Commissione di istituire dei meccanismi per migliorare le azioni risarcitorie collettive evitando al contempo un eccesso di contenzioso;

5.

sottolinea che alla fine del 2008 la Direzione generale per la salute e i consumatori della Commissione ha pubblicato i risultati di due studi sui meccanismi di ricorso collettivi negli Stati membri e sugli eventuali ostacoli per il mercato interno derivanti dalle divergenze legislative nei singoli Stati membri; rileva altresì che la Commissione ha pubblicato un Libro verde sulle possibili opzioni strategiche della Comunità nel quadro della normativa in materia di tutela dei consumatori e ha annunciato la pubblicazione di un documento programmatico nel 2009; sottolinea inoltre che i provvedimenti comunitari non possono determinare un'arbitraria o inutile frammentazione del diritto processuale nazionale e che, pertanto, occorre valutare attentamente se e in quale misura sia opportuno scegliere un approccio orizzontale o integrato al fine di agevolare la composizione extragiudiziale e i provvedimenti giudiziali relativi ad azioni di risarcimento dei danni; esorta a tal fine la Commissione ad avviare un’analisi riguardo alle basi giuridiche possibili e a come procedere in modo orizzontale o integrato, seppure non necessariamente con un solo strumento orizzontale, e a non presentare, per il momento, alcun meccanismo collettivo di ricorso per le vittime di violazioni del diritto comunitario in materia di concorrenza senza permettere al Parlamento di partecipare alla sua adozione nel caso della procedura di codecisione;

6.

osserva che le azioni di risarcimento per violazioni della normativa comunitaria in materia di concorrenza dovrebbero essere considerate, per quanto possibile, alla stregua di altre richieste extracontrattuali; è del parere che un approccio orizzontale o integrato potrebbe coprire norme procedurali comuni e meccanismi di ricorso collettivi in vari ambiti del diritto e sottolinea che tale approccio non deve ritardare né impedire lo sviluppo di proposte e misure ritenute necessarie per la piena applicazione del diritto comunitario in materia di concorrenza; osserva inoltre la maggiore profondità dell'analisi della tutela risarcitoria civile contro le violazioni delle norme sulla concorrenza e il quadro avanzato offerto dalle autorità garanti della concorrenza, compresa la Rete europea della concorrenza, e che, almeno per quanto riguarda talune questioni, ciò giustifica una veloce evoluzione, tenendo conto del fatto che talune delle misure previste potrebbero essere estese a settori riguardanti la concorrenza; è del parere che tali misure settoriali potrebbero essere già proposte nel caso delle complessità e delle difficoltà incontrate da vittime di violazioni della normativa comunitaria in materia di concorrenza;

7.

osserva che è preferibile una risoluzione definitiva per i convenuti, al fine di ridurre le incertezze e gli effetti economici sproporzionati che possono avere ripercussioni sui dipendenti, sui fornitori, sui subappaltatori e su altri soggetti estranei; chiede la valutazione e l'eventuale introduzione di una procedura di composizione extra-giudiziale per le domande di risarcimento collettive che possa essere avviata sia dalle parti, prima dell'avvio dell'azione legale, sia in seguito a un invito da parte del tribunale dinanzi al quale l'azione è stata proposta; ritiene che una simile procedura di composizione dovrebbe tendere ad una risoluzione extragiudiziale della controversia soggetta all'approvazione giudiziale dell'accordo di transazione che possa essere dichiarato vincolante nei confronti di tutte le vittime che hanno partecipato a tale procedura; sottolinea che un obbligo di questo tipo non deve comportare un allungamento indebito dei tempi delle procedure né fornire richieste inique di risarcimento; invita la Commissione a trovare i mezzi per conseguire una migliore certezza, compresa una valutazione dell'eventualità che ciascun ricorrente successivo approfitti, in linea di principio, dei risultati di non più di una procedura di questo tipo;

8.

è del parere che gli acquirenti diretti e indiretti che intendano esercitare il loro diritto, sia nell’ambito di cause di risarcimento autonome che di cause instaurate con riferimento a un precedente accertamento da parte dell’autorità pubblica, debbano avere la possibilità di ricorrere a domande individuali o azioni collettive rappresentative, che possono essere intraprese anche nella forma di «test case», ma che, onde evitare azioni multiple, intentate da una stessa parte e aventi il medesimo oggetto, la selezione di una causa dell'azione non dovrebbe impedire a una parte di ricorrere ad altre cause dell'azione, nello stesso tempo o susseguentemente; reputa che, qualora parti diverse avviino procedimenti distinti, è opportuno far sì che essi siano riuniti o susseguenti;

9.

è del parere che, onde evitare un abuso delle controversie, gli Stati membri dovrebbero concedere la facoltà di ricorrere all'azione rappresentativa ad organi statali, come il difensore civico, o ad enti legittimati, come le associazioni dei consumatori, ai sensi dell’articolo 3 della direttiva 98/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 1998, relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori (7), e che per avviare dette azioni rappresentative debba essere presa in considerazione un'abilitazione ad hoc, soprattutto per le associazioni commerciali che intentano azioni di risarcimento dei danni a nome delle imprese;

10.

chiede che solo una cerchia chiaramente delimitata di persone sia legittimata a partecipare all’azione collettiva di risarcimento e che l'identificazione dei membri di tale cerchia nel caso di richieste collettive di consenso preliminare e l'identificazione nel caso di azioni rappresentative intentate da enti qualificati designati in precedenza o abilitati ad hoc devono avvenire entro un determinato periodo di tempo, senza ritardi inutili e nel rispetto della normativa vigente che stabilisce un termine successivo; sottolinea che dovrebbero essere risarciti soltanto i danni realmente subiti; chiede che, in caso di esito positivo dell'azione, il risarcimento richiesto sia versato al gruppo di ricorrenti identificato, o a persone da loro designate, e che l’ente legittimato possa al massimo ricevere il rimborso delle spese che ha dovuto sostenere per far valere l’azione e possa non essere direttamente o indirettamente una persona designata per la riscossione del risarcimento;

11.

sottolinea che in caso di esito positivo di un’azione individuale non sono da escludere successivi procedimenti da parte delle autorità per violazione delle norme comunitarie in materia di concorrenza ; ribadisce che, onde incoraggiare le imprese a risarcire le vittime dei loro comportamenti illeciti, nel modo quanto più rapido ed efficace possibile, alle autorità garanti della concorrenza viene richiesto di tener conto del risarcimento versato o da versarsi in sede di determinazione dell'ammenda da imporre all'impresa accusata; osserva tuttavia che ciò non dovrebbe inficiare il diritto della vittima ad essere pienamente risarcita per il danno subito o la necessità di conservare il potere deterrente dell'ammenda e che per le imprese ciò non deve comportare lungaggini e incertezze riguardo al carattere definitivo della transazione; invita il Consiglio e la Commissione a inserire esplicitamente nel regolamento (CE) n. 1/2003 tali principi relativi alle ammende e a migliorarli ulteriormente, specificandoli, affinché siano conformi ai criteri dei principi giuridici generali;

12.

osserva che una valutazione prima facie del merito di un'azione collettiva dovrebbe costituire una fase preliminare e sottolinea che i ricorrenti di azioni di risarcimento collettive non possono godere di una posizione di vantaggio o di svantaggio rispetto ai ricorrenti individuali; chiede che, nel quadro di meccanismi collettivi di ricorso, sia fatto valere il principio in base al quale l’onere della prova spetta all'attore, nella misura in cui il diritto nazionale applicabile non preveda alleggerimenti dell’onere probatorio o agevoli l'accesso all'informazione e alle prove detenute dall'accusato;

13.

chiede che, nell'esame di verifica, la Commissione sia tenuta a concedere alle vittime delle violazioni delle norme comunitarie in materia di concorrenza l'accesso alle informazioni necessarie per intentare azioni di risarcimento e sottolinea che l'articolo 255 del trattato CE e il regolamento (CE) n. 1049/2001 stabiliscono il diritto di accesso ai documenti delle istituzioni solo alle condizioni stabilite da detto regolamento in particolare all'articolo 4 dello stesso; reputa pertanto che la Commissione debba interpretare il regolamento (CE) n. 1049/2001 di conseguenza o proporre una modifica dello stesso; sottolinea che, quando le autorità concedono l'accesso ai documenti, occorre attribuire un'attenzione specifica alla tutela del segreto professionale societario dell'accusato o di terzi e constata la necessità di orientamenti relativamente alle richieste di trattamento favorevole;

14.

è del parere che un tribunale nazionale non debba essere vincolato dalla decisione di un'autorità nazionale garante della concorrenza di un altro Stato membro, fatte salvo le disposizioni che prevedono un effetto vincolante di decisioni adottate da un membro della Rete europea della concorrenza, in applicazione degli articoli 81 e 82 del trattato e in relazione al medesimo oggetto; constata che i programmi di formazione e di scambio dovrebbero portare alla convergenza delle decisioni, affinché accettare le decisioni dell'autorità garante della concorrenza diventi la norma;

15.

sottolinea come un’azione a fini risarcitori dovrebbe sempre avere come premessa un atto colposo e come la violazione delle norme comunitarie in materia di concorrenza debba essere avvenuta quantomeno per negligenza, salvo che la normativa nazionale preveda una presunzione assoluta o una presunzione relativa di colpa nel caso di violazione della normativa comunitaria in materia di concorrenza, assicurando l'applicazione costante e coerente di tale normativa;

16.

si compiace del fatto che il risarcimento miri a compensare le perdite e il mancato guadagno, compresi le spese aggiuntive e gli interessi, e chiede che tale nozione del danno sia stabilita a livello comunitario per meccanismi di ricorso collettivo;

17.

accoglie con favore le attività della Commissione a favore di un quadro di indicazioni non vincolanti per la quantificazione dei danni che potrebbe proficuamente contenere indicazioni sulle informazioni necessarie per stabilire il calcolo e la loro applicazione in meccanismi di risoluzione delle controversie, ogniqualvolta possibile;

18.

nota con favore lo sviluppo di un approccio comune a livello comunitario sulla cosiddetta «passing-on defence» (trasferimento) ed è favorevole all'ammissibilità del trasferimento come difesa, nota che l’onere della prova per tale argomento a difesa incombe sulla persona lesa e che i tribunali possono ricorrere alle norme consolidate a livello nazionale in relazione al nesso di causalità e al nesso di responsabilità, al fine di conseguire decisioni giuste nei casi singoli; suggerisce che siano proposti degli orientamenti relativi alla misura in cui l'acquirente indiretto, e in particolare l'ultimo acquirente indiretto, possa fare affidamento sulla presunzione confutabile che un sovrapprezzo illegale è stato totalmente trasferito al suo livello;

19.

si compiace del fatto che in caso di infrazione continuata o ripetuta, i termini di prescrizione debbano decorrere dal giorno in cui l'infrazione cessa o dal momento in cui si possa ragionevolmente presumere che la vittima sia a conoscenza dell’infrazione, se successiva; sottolinea che i termini di prescrizione sono utili anche per garantire la certezza del diritto e che, pertanto, in caso non venga proposta un'azione pubblica o privata, deve essere applicato un termine di prescrizione assoluto di cinque anni; accoglie altresì favorevolmente il fatto che la durata dei termini di prescrizione per le azioni individuali di risarcimento debba essere definita in base al diritto nazionale e chiede che tale criterio si applichi anche alle azioni intentate con riferimento a un precedente accertamento dell'infrazione; constata che non sono pregiudicate le normative degli Stati membri che disciplinano la sospensione o l'interruzione del termine di prescrizione;

20.

si compiace del fatto che siano gli Stati membri a dover stabilire le proprie norme in materia di ripartizione delle spese; ritiene che debba essere lasciato agli Stati membri il compito di valutare se assicurare o meno che l'asimmetria di risorse fra il ricorrente e il convenuto nei procedimenti legali non sia un deterrente dall'intentare azioni ben fondate per danni e osserva che l'accesso alla giustizia deve essere equilibrato mediante misure rigorose, volte a prevenire abusi, fra l'altro con azioni moleste, vessatorie o diffamatorie;

21.

sottolinea che l'applicazione del programma di clemenza contribuisce in modo decisivo a far emergere cartelli segreti, consentendo in tal modo l’avvio di azioni da parte dei privati, e chiede che siano esaminati strumenti per garantire che sia mantenuta l'attrattiva dell'applicazione dei programmi di clemenza; sottolinea che, nonostante l'importanza dell'applicazione del programma di clemenza, un'esenzione totale di testimoni cooperativi dalla responsabilità solidale è contraria al sistema e rifiuta categoricamente una tale esenzione, in quanto pregiudizievole per molte vittime di violazioni della normativa comunitaria in materia di concorrenza;

22.

invita la Commissione, al fine di non minare ma bensì agevolare l'esercizio del diritto delle vittime ad avviare azioni per il risarcimento dei danni, come priorità, ad evitare che i procedimenti relativi a cartelli e in materia di concorrenza siano abbandonati ma anzi a portare tutti i procedimenti importanti ad una conclusione adeguata e con una decisione chiara;

23.

ribadisce la necessità di coinvolgere il Parlamento europeo, nel quadro della procedura di codecisione, in relazione a qualsiasi progetto legislativo concernente i ricorsi collettivi;

24.

chiede che qualsiasi proposta legislativa sia preceduta da un'analisi indipendente dei costi e dei benefici;

25.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e alle parti sociali a livello comunitario.


(1)  GU C 74 E del 20.3.2008, pag. 653.

(2)  GU L 1 del 4.1.2003, pag. 1.

(3)  GU L 123 del 27.4.2004, pag. 18.

(4)  GU L 24 del 29.1.2004, pag. 1.

(5)  GU C 298 dell’8.12.2006, pag. 17.

(6)  GU L 171 dell’1.7.2008, pag. 3.

(7)  GU L 166 dell’11.6.1998, pag. 51.


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/166


Giovedì 26 marzo 2009
Accordo di libero scambio UE-India

P6_TA(2009)0189

Risoluzione del Parlamento europeo del 26 marzo 2009 su un accordo di libero scambio tra l’UE e l’India (2008/2135(INI))

2010/C 117 E/28

Il Parlamento europeo,

visto il piano d’azione congiunto del 7 settembre 2005 per un partenariato strategico India-Unione europea, in particolare la sezione sullo sviluppo del commercio e degli investimenti, e la sua versione riveduta,

vista la dichiarazione comune del 4o vertice commerciale UE-India del 29 novembre 2003 e in particolare l'iniziativa comune UE-India per migliorare il commercio e gli investimenti,

viste le conclusioni della 9a riunione della Tavola rotonda India-UE che si è svolta a Hyderabad dal 18 al 20 settembre 2005,

vista la relazione del gruppo ad alto livello sul commercio UE-India presentata al 7o vertice UE-India tenutosi a Helsinki il 13 ottobre 2006,

vista la dichiarazione comune del 9o vertice UE-India di Marsiglia del 29 settembre 2008,

vista la dichiarazione comune del 9o vertice commerciale UE-India di Parigi del 30 settembre 2008,

vista la decisione dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) in merito all’accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (TRIPS) e alla sanità pubblica adottata il 29 novembre 2005,

vista la sua posizione del 1o dicembre 2005 sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla concessione di licenze obbligatorie per brevetti relativi alla fabbricazione di prodotti farmaceutici destinati all’esportazione verso paesi con problemi di sanità pubblica (1),

visto il memorandum d’intesa sulla cooperazione bilaterale tra l’Office of the Controller General of Patents, Designs and Trade Marks (ufficio del controllore generale per i brevetti, i disegni e i modelli, e i marchi) e l'Ufficio europeo dei brevetti, firmato il 29 novembre 2006,

viste le linee guida dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) destinate alle imprese multinazionali e la dichiarazione tripartita di principi sulle imprese multinazionali e la politica sociale dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL),

vista la comunicazione della Commissione del 22 marzo 2006 intitolata «Il partenariato per la crescita e l’occupazione: fare dell’Europa un polo di eccellenza in materia di responsabilità sociale delle imprese» (COM (2006)0136),

viste le statistiche sull'occupazione per il 2008/2007 dell’OCSE,

vista la comunicazione della Commissione del 5 febbraio 2008 intitolata «Riservare ai minori un posto speciale nella politica esterna dell’UE» (COM(2008)0055),

visti l’accordo «Il prossimo passo verso un partenariato strategico» concluso nel 2004 fra l'India e gli Stati Uniti e l'accordo sul nucleare civile negoziato durante la visita di Stato del Presidente George W. Bush in India il 2 marzo 2006,

vista la sua risoluzione del 4 aprile 2006 sulla valutazione del Round di Doha a seguito della conferenza ministeriale dell’OMC a Hong Kong (2),

vista la dichiarazione ministeriale della quarta conferenza ministeriale dell'OMC, adottata il 14 novembre 2001 a Doha e in particolare il paragrafo 44 sul trattamento speciale e differenziato (S&D),

visto il vertice sull’energia fra l’Unione europea e l’India svoltosi a Nuova Delhi il 6 aprile 2006,

visto il terzo incontro UE-India sull’energia, tenutosi il 20 giugno 2007,

vista la sua risoluzione del 29 settembre 2005 sulle relazioni UE-India: una partnership strategica (3),

visto lo studio sulle clausole relative ai diritti dell’uomo e alla democrazia negli accordi internazionali dell’Unione europea commissionato dalla sottocommissione per i diritti dell’uomo del Parlamento (4),

vista la comunicazione della Commissione del 4 ottobre 2006 intitolata «Europa globale: competere nel mondo. Un contributo alla strategia per la crescita e l’occupazione dell’UE» (COM(2006)0567),

vista la relazione della Commissione, pubblicata il 19 maggio 2008, sulle statistiche doganali per il 2007 relative al sequestro di merci contraffatte alle frontiere estere dell'Unione europea,

vista l’analisi qualitativa di un possibile Accordo di libero scambio (FTA) tra l’Unione europea e l’India condotta dal Centre for the Analysis of Regional Integration (centro per l'analisi dell'integrazione regionale) del Sussex,

vista l’analisi economica dell’impatto economico di un possibile accordo di libero scambio tra l’Unione europea e l’India commissionata dal Centre d'études prospectives et d'informations internationales (CEPII) e dal Centre d'initiatives et de recherches européennes en Méditerrannée (CIREM) il 15 marzo 2007,

visti la relazione sull’analisi globale e il progetto di relazione interlocutoria per la valutazione dell’impatto sulla sostenibilità del commercio dell’FTA tra l’Unione europea e la Repubblica dell’India condotte da ECORYS,

vista la sua relazione del 28 settembre 2006 sulle relazioni economiche e commerciali dell'Unione europea con l'India (5),

vista la sua risoluzione del 12 luglio 2007 sull'Accordo TRIPS e l'accesso ai farmaci (6),

vista la sua risoluzione del 14 febbraio 2006 sulla clausola relativa ai diritti dell'uomo e alla democrazia negli accordi dell'Unione europea (7),

vista la sua risoluzione del 1o febbraio 2007 sulla situazione dei diritti umani dei Dalit in India (8),

vista la sua risoluzione del 22 maggio 2007 sull’Europa globale - aspetti esterni della competitività (9),

vista la sua risoluzione del 4 settembre 2008 sul commercio dei servizi (10),

vista la sua risoluzione del 10 luglio 2008 sulla presunta esistenza di fosse comuni nella parte del Kashmir sotto l'amministrazione indiana (11),

vista la risoluzione del 24 settembre 2008 sulla preparazione del vertice Unione europea-India (Marsiglia, 29 settembre 2008) (12),

visto il documento di strategia nazionale dell’India per il 2007-2013,

vista la visita a Nuova Delhi della delegazione del Parlamento europeo (composta da membri della commissione per il commercio internazionale) nel novembre 2008,

visto l’articolo 45 del suo regolamento,

vista la relazione della commissione per il commercio internazionale (A6-0131/2009),

A.

considerando che l'Unione europea dovrebbe continuare a privilegiare un sistema commerciale multilaterale basato su regole e istituito nel quadro dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC), che offre le migliori prospettive per un commercio internazionale equo e leale, stabilendo norme adeguate e garantendo il loro rispetto,

B.

considerando che una conclusione positiva ed equilibrata dell'agenda di Doha per lo sviluppo riveste un'importanza cruciale sia per l'Unione europea sia per l'India e che tale accordo non esclude accordi bilaterali OMC+, che possono essere complementari rispetto alle norme multilaterali,

C.

considerando che le relazioni politiche con l’India sono basate sul partenariato strategico del 2004, sul piano di azione congiunta del 2005, adottato al vertice UE-India del settembre 2005 e rivisto al nono vertice UE-India di Marsiglia, e sull’accordo di cooperazione del 1994; considerando che l’FTA deve sviluppare ed estendere la cooperazione già prevista all’articolo 24 dell’accordo di cooperazione,

D.

considerando che l’Unione europea è la principale fonte di investimenti diretti all’estero (IDE) dell’India, con 10,9 miliardi (10 900 000 000) EUR investiti nel 2007 e che l’Unione europea rappresenta il 65 % di tutti i flussi di IDE diretti in India nel 2007; considerando che l’IDE indiano verso l’Unione europea è aumentato da 0,5 miliardi EUR nel 2006 a 9,5 miliardi nel 2007,

E.

considerando che l’India era il diciassettesimo partner commerciale dell’Unione europea nel 2000 e il nono nel 2007; considerando che tra il 2000 e il 2006, gli scambi di merci tra l'Unione europea e l'India sono aumentati approssimativamente dell’80 %,

F.

considerando che il contesto normativo e commerciale dell'India è ancora relativamente restrittivo; considerando che nel 2008 la Banca mondiale ha classificato l’India al centoventiduesimo posto su 178 economie in termini di «facilità di fare impresa»,

G.

considerando che, secondo quanto affermato nella relazione sullo sviluppo umano per il 2007/2008 del programma per lo sviluppo delle Nazioni Unite, l’India si trova al centoventottesimo posto della classifica dell’indice di sviluppo umano (su 177 paesi), il 35 % della popolazione indiana vive con meno di un dollaro al giorno e l’80 % con meno di due dollari al giorno; considerando che l’India si trova al sessantaduesimo posto nella classifica dell’indice di povertà umana per i paesi in via di sviluppo, sui 108 paesi per i quali è stato calcolato l’indice, e che l’India è fra i paesi con la maggiore incidenza di lavoro minorile,

H.

considerando che gli squilibri economici fra gli Stati dell’India, e di conseguenza la non equilibrata distribuzione della ricchezza e del reddito nazionale, impongono l'adozione di sane politiche economiche complementari, tra cui l'armonizzazione fiscale, concentrando l'impegno per il rafforzamento delle capacità sugli Stati più poveri, in modo da consentire loro di ricorrere ai finanziamenti,

I.

considerando che l’India è il più grande beneficiario del sistema delle preferenze generalizzate (SPG); considerando che le importazioni preferenziali dell’Unione europea dall’India hanno raggiunto un valore di 11,3 miliardi EUR nel 2007 rispetto ai 9,7 miliardi EUR del 2006,

J.

considerando che entrambe le parti riaffermano il proprio impegno a favore della riduzione delle tariffe, l’ulteriore liberalizzazione nell’ambito dello scambio di servizi e della possibilità di stabilimento,

K.

considerando che l’accesso al mercato deve essere accompagnato da regole e norme adeguate e trasparenti, onde garantire una proficua liberalizzazione degli scambi,

L.

considerando che l’accesso al mercato è ostacolato da barriere non tariffarie al commercio quali i requisiti in materia di sicurezza e di salute o le barriere tecniche, le restrizioni quantitative, le procedure di conformità, i meccanismi di difesa commerciale, le procedure doganali, le imposizioni interne e la carente adozione di norme e standard internazionali,

M.

considerando che è necessario tenere ancora più debitamente conto degli elementi relativi al riconoscimento, alla protezione appropriata ed efficace, all’attuazione e all’applicazione dei diritti di proprietà intellettuale, inclusi i brevetti, i marchi commerciali o di servizi, i diritti d'autore e i diritti connessi, le indicazioni geografiche (comprese le denominazioni d'origine), i disegni e i modelli industriali e le topografie dei circuiti integrati,

N.

considerando che l’India è uno dei maggiori produttori dei farmaci contraffatti che vengono sequestrati dai servizi doganali degli Stati membri (pari al 30 % del totale); considerando che i farmaci contraffatti o di qualità scadente promuovono la farmacoresistenza e fanno aumentare la morbosità e la mortalità,

O.

considerando che l’articolo 1, paragrafo 1, dell’accordo di cooperazione prevede il rispetto dei diritti dell’uomo e dei principi democratici; considerando che costituisce un elemento essenziale dell'Accordo,

P.

considerando che in base all’indice globale della fame del 2008, l’India si trova al sessantaseiesimo posto su 88 nazioni (paesi in via di sviluppo e paesi in transizione); considerando che in base all’indice della fame dell’India, nessuno Stato indiano rientra nelle categorie «fame leggera» o «fame moderata», dodici Stati fanno parte della categoria «allarmante» e quattro Stati - Punjab, Kerala, Haryana e Assam - rientrano nella categoria «fame grave»,

Q.

considerando che l'FTA deve comprendere impegni a favore delle norme sociali e ambientali e dello sviluppo sostenibile nonché l'efficace attuazione delle norme sociali e ambientali concordate a livello internazionale, quale condizione necessaria per sostenere la promozione di condizioni di lavoro dignitose grazie all'efficace applicazione a livello nazionale delle norme fondamentali in materia di lavoro dell'OIL,

R.

considerando che l’India non ha firmato il trattato di non proliferazione nucleare (NTP); considerando che il gruppo dei fornitori nucleari ha sospeso l’embargo all’India sul commercio nucleare; considerando che l’accordo di cooperazione nucleare Usa-India è stato approvato dal Congresso statunitense,

S.

considerando che durante il 9o vertice UE-India di Marsiglia è stato adottato un accordo orizzontale nel settore dell’aviazione e che l’India è all’undicesimo posto in termini di traffico passeggeri fra l'Unione europea e i paesi terzi; considerando che l’Unione europea e l’India hanno adottato un piano d’azione congiunta riveduto, che estende a nuovi settori il partenariato strategico del 2005 e che è stato istituito lo European Business and Technology Centre (centro europeo per le tecnologie e le imprese) in India,

Questioni generali

1.

ritiene che l’FTA debba essere equilibrato e compatibile con gli obblighi e le regole dell’OMC e complementare ad esse; è del parere che un’efficace Agenda di Doha per lo sviluppo rimanga la priorità commerciale dell'Unione europea e che i negoziati con l’India sull’FTA siano pertanto complementari alle norme multilaterali;

2.

ricorda che il partenariato strategico UE-India si basa su principi comuni e valori condivisi, come dimostrato dall’accordo di cooperazione CE-India del 1994 e dal piano di azione congiunta del 2005; il nuovo FTA basato sulla competitività deve completare l’accordo di cooperazione del 1994 al quale deve essere collegato giuridicamente e istituzionalmente;

3.

accoglie con favore i risultati del 9o vertice UE-India e il piano di azione congiunta riveduto; incoraggia le parti negoziali a continuare a consultare i principali soggetti interessati; ricorda l'impegno dell'Unione europea e dell'India di accelerare i negoziati sull'FTA e realizzare progressi concreti ed efficaci verso la rapida conclusione di un accordo sugli scambi e gli investimenti di ampia portata, ambizioso ed equilibrato; si rammarica della lentezza dei negoziati; invita entrambe le parti a concludere un FTA esaustivo, ambizioso ed equilibrato entro la fine del 2010;

4.

incoraggia il governo indiano e quello dei singoli stati a sincronizzare le politiche e le procedure per consentire di massimizzare i potenziali profitti;

5.

ribadisce, data la complementarietà di entrambe le economie, il futuro potenziale di crescita degli investimenti e del commercio tra Unione europea e India e le enormi opportunità commerciali derivanti dall’FTA; ritiene che l'FTA sia nel complesso vantaggioso tanto per l’Unione europea che per l’India, ma raccomanda di compiere una valutazione delle attuali difficoltà settoriali; sottolinea inoltre che l'accordo deve contenere strumenti atti a garantire che tale aumento degli scambi commerciali bilaterali rechi vantaggi al maggior numero possibile di persone, impedisca il degrado dell'ambiente e contribuisca al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio dell'India;

6.

incoraggia le parti a considerare anche i potenziali svantaggi dell’FTA e i modi in cui lo sviluppo umano e l’uguaglianza di genere potrebbero risultare danneggiati dalla rapida apertura dei mercati;

7.

chiede alla Commissione di introdurre, quale componente essenziale dell'FTA, un ambizioso capitolo sullo sviluppo sostenibile, da sottoporre al meccanismo ordinario di composizione delle controversie;

Scambi di merci

8.

si compiace dei risultati di numerose simulazioni riguardo al libero scambio, che mostrano come un FTA aumenterebbe le esportazioni e le importazioni globali sia dell’Unione europea sia dell’India; sottolinea che, sulla base all’attuale tasso di crescita medio, il commercio bilaterale dovrebbe superare i 70,7 miliardi EUR entro il 2010 e i 160,6 miliardi entro il 2015;

9.

rileva che la tariffa media applicata in India è diminuita attestandosi a livelli attualmente comparabili con gli altri paesi asiatici, in particolare la tariffa media applicata in India è al momento pari al 14,5 % rispetto a una media dell'Unione europea del 4,1 %;

10.

ritiene importante che l’FTA confermi le disposizioni dell’accordo sugli ostacoli tecnici agli scambi e dell’accordo sulle misure sanitarie e fitosanitarie; invita la Commissione, a tale riguardo, ad affrontare le questioni in sospeso quali il benessere degli animali;

11.

rileva che l’India è preoccupata dalla mancanza di armonizzazione delle norme microbiologiche dell’Unione europea, dalle implicazioni del REACH, dai costosi certificati per esportare la frutta verso l’Unione europea, dalla mancanza di armonizzazione riguardo all’IVA e dalle costose procedure di conformità per il marchio CE e sottolinea che tali questioni devono essere risolte nell’FTA; invita entrambe le parti a garantire che i regolamenti e le barriere non tariffarie siano gestiti in modo da non ostacolare gli scambi commerciali globali; esorta l’Unione europea e l’India a collaborare più strettamente nell’ambito dei loro diversi gruppi di lavoro per giungere a un quadro più trasparente in relazione alle norme e alle regolamentazioni tecniche; invita la Commissione a fornire assistenza tecnica per aiutare i produttori indiani a conformarsi alle norme comunitarie, in special modo per quanto attiene alla dimensione sanitaria, ambientale e sociale della produzione, creando in tal modo vantaggi per entrambe le parti;

12.

riconosce che sono stati fatti progressi nel regime normativo indiano; invita il Bureau of Indian Standards e la Central Drugs Standard Control Organisation (CDSCO) ad elevare i propri standard in linea con quelli internazionali e ad aumentare la trasparenza migliorando le procedure di prove e di certificazione; esprime preoccupazione riguardo all’attuazione e al controllo delle misure e degli standard sanitari e fitosanitari; invita la Commissione a fornire aiuti adeguati onde rafforzare le capacità e le risorse umane qualificate nell’ambito degli organismi di regolamentazioni indiani;

13.

sottolinea che l’FTA dovrebbe comprendere un meccanismo vincolante di risoluzione delle controversie tra stati, disposizioni sulla mediazione per le barriere non tariffarie, misure per i dazi compensativi e dazi antidumping, e una clausola di eccezione basata sugli articoli XX e XXI del GATT;

Scambi di servizi, stabilimento

14.

riconosce che il settore dei servizi è quello che sta crescendo più rapidamente nel contesto dell'economia indiana; rileva che l’India nutre interessi offensivi nell’ambito della liberalizzazione della modalità 1 e della modalità 4 del GATS; nota che l’Unione europea intende completare la liberalizzazione per l’accesso al mercato e il trattamento nazionale nella modalità 3 per la maggior parte dei servizi;

15.

sottolinea che la liberalizzazione dei servizi non deve in alcun modo ostacolare il diritto alla loro regolamentazione;

16.

rileva che, secondo le stime della Federazione indiana delle camere di commercio e industria, lo scambio di servizi bilaterale dovrebbe superare i 246,8 miliardi EUR entro il 2015, quando sarà attuato l'FTA relativo ai servizi;

17.

prende atto che lo scambio di servizi fra l’Unione europea e l’India è piuttosto squilibrato; l’Unione europea esporta verso l’India l’1,5 % dei suoi servizi, mentre per l’India i servizi rappresentano il 9,2 % delle esportazioni totali verso l’Unione europea;

18.

incoraggia l’India a sviluppare una normativa adeguata per la protezione dei dati che le permetta di raggiungere lo status di paese con un adeguato livello di protezione, al fine di autorizzare o permettere il trasferimento dei dati personali dall’Unione europea sulla base del diritto comunitario/internazionale;

19.

prende atto che l’India è il quinto mercato al mondo per i servizi di telecomunicazione e che negli ultimi cinque anni tale mercato ha registrato una crescita annua pari a circa il 25 %; nel settore delle telecomunicazioni, accoglie con favore l’allentamento delle restrizioni alla proprietà estera, ma si rammarica che permangano restrizioni alla politica interna; invita pertanto ad allentare le restrizioni alle licenze per i fornitori di servizi e a eliminare l'incertezza sulle scelte strategiche riguardo ai regimi tariffari e di interconnessione; sottolinea la necessità di sostituire le vecchie leggi che regolano il settore con una nuova legislazione avanzata che includa anche il diritto informatico e un nuovo sistema di concessione delle licenze; ritiene che i settori delle telecomunicazioni e delle tecnologie dell'informazione siano le principali forze motrici dell'economia indiana e che l'India debba diventare un hub per la produzione industriale nel settore delle telecomunicazioni, agevolando le zone economiche speciali specifiche per tale settore; sottolinea che il settore manifatturiero offre enormi opportunità;

20.

esorta l’India, per quanto concerne il settore satellitare, ad avviare un dialogo con le imprese europee e ad aprire loro i propri mercati allo scopo di:

a)

sostenere meglio gli obiettivi di sviluppo nazionali e soddisfare la crescente richiesta interna di trasmissioni televisive DTH e servizi a banda larga, e

b)

vincere le preoccupazioni in materia di sicurezza riguardo ai servizi mobili via satellite, grazie a nuove soluzioni tecniche che offrano alle autorità nazionali un controllo più che adeguato delle comunicazioni mobili via satellite;

21.

accoglie con favore l’impegno indiano a favore del consenso di operare in India concesso agli studi legali esteri, poiché tale apertura apporterà vantaggi rilevanti all’economia indiana e alla professione legale, nonché agli studi legali europei, che hanno competenze di diritto internazionale, e ai loro clienti; invita la Commissione a esplorare con le autorità indiane l'opportunità e il campo d'applicazione della liberalizzazione dei servizi legali;

22.

rileva che non è possibile raggiungere tutti gli obiettivi ambiziosi dell'FTA senza un impegno nella modalità 4; sottolinea che l’FTA potrebbe agevolmente prevedere una serie di enormi vantaggi per il riconoscimento nazionale e comunitario delle qualifiche professionali, per gli accordi sul riconoscimento reciproco e per i requisiti per il rilascio delle licenze nell’ambito dei servizi professionali sia nell'Unione europea che in India; chiede, tuttavia, un’analisi approfondita con riferimento ai singoli Stati membri;

23.

incoraggia l'India a liberalizzare gradualmente i propri settori bancario e assicurativo;

24.

incoraggia l'India a garantire che il progetto di revisione della legge sui servizi postali, che verrà presentato prossimamente, non riduca le attuali opportunità di accesso al mercato per i fornitori di servizi di posta espressa e invita la Commissione a chiedere all'India di assumersi impegni completi per quanto riguarda i servizi di posta espressa e l'autoassistenza negli aeroporti per i voli cargo per i servizi espressi, anche al fine di salvaguardare le opportunità di accesso al mercato in futuro;

25.

chiede all’India un’impostazione più aperta nella concessione dei visti ai cittadini, ai professionisti e ai politici degli Stati membri, con visti d'ingresso multipli per una durata minima di un anno;

Investimenti

26.

invita la Commissione a includere nell’FTA un capitolo sugli investimenti che preveda un sistema che costituisca un unico punto di informazione per gli investitori;

27.

accoglie con favore l’istituzione dello European Business and Technology Centre (centro europeo per le tecnologie e le imprese) di Nuova Delhi, che si prefigge di intensificare la cooperazione tecnologica e fra le imprese nelle relazioni fra l’India e gli Stati membri;

28.

ricorda che gli investimenti devono essere accompagnati da norme e regolamenti ben concepiti; conferma, al riguardo, la sua risoluzione del 13 marzo 2007 sulla responsabilità sociale delle imprese: un nuovo partenariato (13) e chiede alla Commissione di accertarsi che le società transnazionali con sede nell’Unione europea e impianti di produzione in India, rispettino le norme fondamentali dell’OIL, le convenzioni sociali e ambientali e gli accordi internazionali, per raggiungere un equilibrio fra la crescita economica e più elevati standard di ordine sociale e ambientale;

29.

ricorda che mentre i capitoli dell'FTA sugli investimenti sono spesso accompagnati da impegni per liberalizzare i movimenti di capitale e rinunciare ai controlli sui capitali, tali clausole dovrebbero essere trattate con estrema cautela data l'importanza dei controlli sui capitali, in special modo per i paesi in via di sviluppo, per attenuare l'impatto della crisi finanziaria; sollecita l'Unione europea a promuovere, nelle sedi internazionali, una maggiore responsabilità corporativa tra le imprese straniere stabilite in India e chiede nel contempo di raggiungere un accordo con il governo indiano per la messa a punto di un efficace sistema di monitoraggio dei diritti dei lavoratori delle compagnie nazionali e straniere basate in India;

30.

invita la Commissione a includere nell'FTA un capitolo sugli investimenti, che rappresenti una parte significativa dell'accordo e che renda molto più agevole il processo di investimento nei reciproci mercati, promuovendo e proteggendo gli accordi di investimento e al tempo stesso esplorando le opportunità immediate; propone che tale accordo sugli investimenti possa prevedere la creazione di un punto informativo unico per gli investitori di entrambe le economie, fornendo loro indicazioni sulle differenze normative e sulle prassi in materia di investimenti, nonché informazioni su tutti gli aspetti giuridici;

Appalti pubblici

31.

si rammarica che l'India non intenda includere gli appalti pubblici nell'FTA; invita la Commissione a negoziare sistemi di appalto efficaci e trasparenti; esorta l'India ad applicare procedure eque e trasparenti nell'aggiudicazione degli appalti pubblici e a consentire l'accesso al sistema degli appalti pubblici alle imprese europee;

Scambi e concorrenza

32.

incoraggia l'applicazione del nuovo diritto della concorrenza indiano; ritiene che l'Unione europea dovrebbe incorporare gli articoli 81 e 82 del trattato nell'FTA al fine di garantire che vegano assunti impegni per quanto riguarda la politica di concorrenza;

Diritti di proprietà intellettuale, politica industriale e commerciale

33.

accoglie con favore l'impegno dell'India per un regime dei diritti di proprietà intellettuale forte e per l'uso delle flessibilità dell'accordo TRIPS al fine di soddisfare gli obblighi in materia di sanità pubblica, con particolare riferimento all'accesso ai farmaci; ne incoraggia l'attuazione e l'applicazione rigorose; invita la Commissione e le autorità indiane competenti a coordinare le azioni per contrastare efficacemente la contraffazione, con particolare riferimento ai farmaci contraffatti;

34.

invita l'Unione europea e l'India a garantire che gli impegni assunti nell'ambito del FTA non precludano l'accesso a medicine essenziali nel periodo in cui l'India sviluppa le proprie capacità passando da un'industria generica a un'industria basata sulla ricerca;

35.

invita l'Unione europea e l'India a finanziare congiuntamente e a sostenere misure e iniziative, come i premi economici, gli accordi di sfruttamento congiunto dei brevetti e altri meccanismi alternativi, al fine di agevolare l'accesso ai medicinali e l'innovazione farmacologica, in particolare nel caso delle malattie trascurate;

Commercio e sviluppo sostenibile

36.

riconosce che un importante capitolo sullo sviluppo, soggetto al meccanismo ordinario di composizione delle controversie, è una componente fondamentale di qualsiasi FTA;

37.

invita l’Unione europea e l’India a garantire che gli scambi e gli investimenti diretti esteri non siano incoraggiati a scapito delle norme e della legislazione fondamentali a tutela dell’ambiente, dei lavoratori e in materia di salute e sicurezza sul posto di lavoro, monitorando nel contempo in modo adeguato il rispetto di tali norme;

38.

chiede la ratifica e l’efficace applicazione delle principali convenzioni dell'OIL;

39.

è preoccupato per l'uso del lavoro minorile in India, dove molto spesso i minori vengono sfruttati in condizioni pericolose e insalubri; chiede alla Commissione di affrontare la questione nel corso dei negoziati sull’FTA e chiede al governo indiano di massimizzare i propri sforzi per eliminare le cause di fondo, allo scopo di porre fine a tale fenomeno;

40.

riconosce l’introduzione di una nuova legge sul lavoro minorile in India, attuata nel 2006, che vieta ai minori di 14 anni di lavorare come domestici o presso chioschi alimentari e chiede che l'Unione europea continui a incoraggiare l'India a ratificare la convenzione 182 dell'OIL sulle peggiori forme di lavoro minorile, e le Convenzioni 138 in materia di età minima di ammissione al lavoro e 98 relativa alla promozione della contrattazione collettiva e del diritto di associazione, che segnerebbero un progresso verso l'abolizione definitiva del lavoro minorile;

41.

sottolinea che l'Unione europea dovrebbe esercitare pressioni sul governo indiano per affrontare il problema del lavoro forzato, che interessa milioni di persone in India, prevalentemente appartenenti alle comunità Dalit e Adivasi (tribù e popolazioni indigene); è del parere che la questione non sia stata affrontata in modo adeguato per mancanza di volontà a livello amministrativo e politico;

42.

sollecita l'Unione europea a includere nell'accordo di libero scambio con l'India una disposizione volta a garantire che le imprese stabilite nell'Unione europea e operanti nelle zone economiche speciali non possano essere esentate dal rispetto dei diritti fondamentali dei lavoratori o di altri diritti in materia di lavoro basati sulle convenzioni OIL ratificate dall'India;

43.

sottolinea che le clausole sui diritti umani e la democrazia costituiscono un elemento essenziale dell’FTA; esprime preoccupazione per la continua persecuzione delle minoranze religiose e dei difensori dei diritti umani in India e dall'attuale situazione relativa ai diritti dell'uomo e alla sicurezza nel Kashmir amministrato dall’India;

44.

invita il Consiglio, la Commissione e l’India a garantire che l’FTA non rechi pregiudizio ai gruppi svantaggiati, come i Dalit e gli Adivasi, e che tutti i membri della società possano godere dei potenziali benefici di tale accordo;

45.

accoglie con favore gli impegni dell’Unione europea e dell’India per la cooperazione nella ricerca sul nucleare per uso civile; rileva che l’India non è uno dei paesi firmatari del TNP e che il GFN le ha concesso una deroga; invita l’India a firmare il TNP;

Ruolo del Parlamento europeo

46.

attende la presentazione dell’FTA da parte del Consiglio e della Commissione in vista del parere conforme del Parlamento in base all’articolo 300, paragrafo 3, secondo comma, del trattato CE;

47.

chiede al Consiglio e alla Commissione di confermare l’impegno dell’India di partecipare ai negoziati sull’FTA con l'Unione europea tramite il governo indiano entrante, a seguito delle prossime elezioni generali;

Altre considerazioni

48.

prende atto del rapido aumento dell'inflazione in India; riconosce che, per rimanere competitiva come partner commerciale dell'Unione europea in continua crescita, l'India avrà bisogno di massicci investimenti nelle infrastrutture e di un notevole aumento della sua capacità di generazione dell'energia; accoglie con favore il piano del governo che prevede in questo settore una spesa pari a 500 miliardi di dollari USA nei prossimi cinque anni e invita gli organismi pubblici e privati a cooperare pienamente a questo imponente progetto;

49.

saluta con favore l'apertura, da parte del Primo ministro indiano, della nuova linea ferroviaria di Srinagar, tra Baramulla e Qazigund, che crea migliaia di nuovi posti di lavoro per la gente locale; ritiene che iniziative economiche come questa accresceranno le prospettive di un futuro più pacifico e prospero per la popolazione del Kashmir;

50.

plaude ai progressi compiuti dall'India verso l'acquisizione dello status di paese donatore, e non solo beneficiario, di aiuti allo sviluppo;

51.

apprezza i progressi compiuti nella cooperazione in materia di ricerca e sviluppo, anche attraverso il programma quadro finanziato dall'Unione europea; valuta positivamente la presenza di un gran numero di studenti indiani presso le università europee grazie al programma Erasmus Mundus;

52.

sottolinea che la cooperazione economica tra l'Unione europea e l'India, se si baserà sul sistema di valori universali dell'Unione europea, potrà diventare un modello di riferimento per la cooperazione con altri paesi;

53.

si compiace per l’avvio di un’azione speciale destinata a promuovere la cooperazione culturale fra Unione europea e India nel periodo 2007-2009, in special modo nell’ambito di istruzione, scambi studenteschi, formazione e dialogo interculturale;

54.

esprime preoccupazione riguardo agli aumenti generalizzati dei prezzi delle materie prime e al loro impatto sulle popolazioni più indigenti, fra cui le popolazioni dell'India, poiché rappresentano una sfida per la crescita stabile e aumentano le ineguaglianze mondiali; invita l’Unione europea e l’India a coordinare una strategia globale per affrontare la questione in modo integrato;

55.

si compiace del fatto che l’India abbia compiuto notevoli progressi a favore dell’istruzione primaria universale, dell’eliminazione della povertà e di un migliore accesso all’acqua potabile sicura; nota, tuttavia, che l’India è ancora lontana dal conseguimento della maggior parte degli obiettivi di sviluppo del Millennio per quanto riguarda questioni quali la mortalità infantile, la salute materna, la malnutrizione infantile e la diminuzione dei casi di malaria, tubercolosi e HIV/AIDS; esprime preoccupazione per il fatto che Dalit e Adivasi sono più in ritardo di chiunque altro riguardo al conseguimento degli obiettivi del Millennio e continuano a essere oggetto di discriminazione per quanto concerne la distribuzione degli alloggi, l’istruzione, l’occupazione e l’accesso all’assistenza sanitaria e agli altri servizi;

56.

nota che, nonostante la crescita economica sostenuta, sussistono ancora situazioni diffuse di ineguaglianza e che oltre 800 milioni di persone sopravvivono con meno di 2 dollari USA al giorno; è particolarmente preoccupato per la situazione dei gruppi sfavoriti della popolazione, in particolare donne, bambini, comunità emarginate e vittime di discriminazione quali i Dalit e gli Adivasi e popolazioni rurali: sottolinea la necessità di garantire che l'FTA non limiti i poteri di cui il governo indiano deve disporre per fronteggiare povertà e ineguaglianze; invita il Consiglio e la Commissione a collaborare con il governo indiano per migliorare la situazione di tali gruppi e a prendere in esame la cooperazione futura nell'ottica del loro contributo a porre termine alla discriminazione di genere e di casta tenendo conto della sua summenzionata risoluzione sulla situazione dei diritti umani dei Dalit in India;

57.

sottolinea che il crescente degrado ambientale dell'India rappresenta un problema sempre più grave dalle conseguenze economiche, sociali e ambientali inimmaginabili, in particolare per l'ampia fascia della popolazione indiana che vive in povertà; evidenzia pertanto la particolare urgenza di proseguire la cooperazione tra l'Unione europea e l'India in tale ambito;

58.

è colpito dagli effetti di sviluppo della crescita economica in alcune regioni dell'India e invita la Commissione a sostenere la ricerca sui principali modelli e le politiche nazionali/subnazionali a monte che sono responsabili di tali effetti, al fine di agevolare l'apprendimento e le migliori prassi a livello transregionale;

59.

si compiace dell’impegno assunto dall’India di aumentare la percentuale della sua spesa pubblica destinata alla sanità e incoraggia tale tendenza, al fine di assicurare un adeguato accesso a servizi di assistenza sanitaria efficaci, in particolare nelle zone rurali;

60.

ritiene che l'Unione europea debba accordare particolare attenzione al settore delle piccole e medie imprese (PMI) in India e suggerisce pertanto che tutti i programmi di cooperazione allo sviluppo tra l'Unione europea e l'India prevedano un rafforzamento delle Piccole e medie imprese (PMI) tramite misure di sostegno al finanziamento di progetti locali proposti dai cittadini e concepiti per rispondere alle esigenze del mercato;

61.

si compiace per la diffusione del microcredito in tutto il paese, ormai riconosciuto come uno strumento efficace per favorire lo sviluppo spontaneo generato dall’interno;

*

* *

62.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e dell’India.


(1)  GU C 285 E del 22.11.2006, pag. 79.

(2)  GU C 293 E del 2.12.2006, pag. 155.

(3)  GU C 227 E del 21.9.2006, pag. 589.

(4)  DGExP/B/PolDep/Study/2005/06.

(5)  GU C 306 E del 15.12.2006, pag. 400.

(6)  GU C 175 E del 10.7.2008, pag. 591.

(7)  GU C 290 E del 29.11.2006, pag. 107.

(8)  GU C 250 E del 25.10.2007, pag. 87.

(9)  GU C 102 E del 24.4.2008, pag. 128.

(10)  Testi approvati, P6_TA(2008)0407.

(11)  Testi approvati, P6_TA(2008)0366.

(12)  Testi approvati, P6_TA(2008)0455.

(13)  GU C 301 E del 13.12.2007, pag. 45.


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/176


Giovedì 26 marzo 2009
Responsabilità sociale delle imprese subappaltanti nelle catene di produzione

P6_TA(2009)0190

Risoluzione del Parlamento europeo del 26 marzo 2009 sulla responsabilità sociale delle imprese subappaltanti nelle catene di produzione (2008/2249(INI))

2010/C 117 E/29

Il Parlamento europeo,

visto l'articolo 31, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,

visti gli articoli 39, 49, 50 e 137 del trattato CE,

vista la direttiva 94/45/CE del Consiglio, del 22 settembre 1994, riguardante l'istituzione di un comitato aziendale europeo o di una procedura per l'informazione e la consultazione dei lavoratori nelle imprese e nei gruppi di imprese di dimensioni comunitarie (1),

vista la direttiva 2002/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2002, che istituisce un quadro generale relativo all'informazione e alla consultazione dei lavoratori (2),

vista la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che introduce sanzioni contro i datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente nell'UE (COM(2007)0249),

viste le sue risoluzioni del 26 ottobre 2006 sull'applicazione della direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori (3) e dell' 11 luglio 2007 sul distacco dei lavoratori nell'ambito di prestazioni di servizi (4),

visti gli orientamenti dell'OCSE per le imprese multinazionali,

vista la dichiarazione tripartita dell'OIL di principi che riguardano le imprese multinazionali e la politica sociale,

vista la sua risoluzione del 15 novembre 2005 sulla dimensione sociale della globalizzazione (5),

vista la sua risoluzione del 13 marzo 2007 sulla responsabilità sociale delle imprese: un nuovo partenariato (6),

vista la sua risoluzione del 23 maggio 2007 sulla promozione di un lavoro dignitoso per tutti (7),

vista la sua risoluzione del 9 ottobre 2008 sul rafforzamento della lotta al lavoro sommerso (8),

vista la sua risoluzione dell'11 luglio 2007 su: «Modernizzare il diritto del lavoro per rispondere alle sfide del XXI secolo» (9),

vista la sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 12 ottobre 2004 nella causa C-60/03 Wolff & Müller (10),

visto lo studio «Liability in subcontracting processes in the European construction sector» (Responsabilità nell'ambito dei processi di subappalto nel settore edile europeo), condotto dalla Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro,

visto l'articolo 45 del suo regolamento,

vista la relazione della commissione per l'occupazione e gli affari sociali (A6-0065/2009),

A.

considerando che il subappalto può essere reputato parte integrante dell'attività economica,

B.

considerando che il tasso di attività economica senza precedenti degli ultimi venticinque anni ha svolto un ruolo rilevante nel favorire l'aumento dei livelli di occupazione nella maggior parte delle economie dell'Unione europea e che tale sviluppo è andato a vantaggio di grandi e piccole imprese, oltre a incoraggiare l'imprenditoria,

C.

considerando che la globalizzazione e il suo corollario della maggiore concorrenza stanno cambiando le modalità di organizzazione delle imprese attraverso, per quanto riguarda, tra l'altro, l'esternalizzazione di attività non strategiche, la creazione di reti e un maggiore ricorso al subappalto,

D.

considerando che, di conseguenza, la complessità dei legami che intercorrono tra le società controllanti e le loro controllate e tra gli appaltatori principali e i loro subappaltatori rende più difficile avere una chiara percezione delle diverse strutture, operazioni e politiche, nonché delle responsabilità dei vari soggetti coinvolti nella catena di produzione,

E.

considerando che tali cambiamenti hanno avuto conseguenze di vasta portata per i rapporti di lavoro, rendendo talora difficile l'individuazione della branca del diritto applicabile ai rapporti tra i vari elementi della catena di produzione, considerando che, come conseguenza, i prezzi e l'allocazione del lavoro non sono più disciplinati dal quadro normativo applicabile all'industria,

F.

considerando che oggigiorno in molte industrie il processo produttivo assume la forma di una catena di produzione frammentata che si è allungata ed estesa formando una catena logistica (in senso sia orizzontale che verticale) e una catena di valore a carattere economico-produttivo con determinati compiti o funzioni specialistiche che vengono spesso «esternalizzati» a piccole imprese o a lavoratori autonomi; considerando che l'effetto di tale situazione sui conti societari è la sostituzione dei costi diretti del lavoro con i costi di subappalto, di servizi o di forniture basati su fatture e su contratti commerciali di servizi,

G.

considerando che i subappaltatori sono sovente posti in competizione reciproca e che pertanto i dipendenti sia dell'impresa che ha emesso l'invito a presentare offerte sia delle imprese subappaltatrici sono messi sotto pressione quanto alle loro condizioni di lavoro,

H.

considerando che il Parlamento ha precedentemente sollevato determinati problemi connessi ai lavoratori autonomi parasubordinati e che tale problema si manifesta anche nel caso dei subappaltatori,

I.

considerando che il subappalto e l'outsourcing verso imprese giuridicamente indipendenti non genera indipendenza, e che le società poste ai livelli più bassi della catena di valore – ad eccezione dei subappaltatori dediti ad attività ad alto contenuto tecnologico o specialistico – non sono sovente nella posizione di operare su un piano di parità con le imprese appaltatrici,

J.

considerando che, nonostante il subappalto abbia numerosi aspetti positivi e abbia consentito un aumento della capacità produttiva, esso sta anche creando squilibri economici e sociali tra i lavoratori e potrebbe scatenare una corsa al ribasso delle condizioni di lavoro, il che costituisce fonte di preoccupazione,

K.

considerando che il subappalto può essere anche effettuato da intermediari puri, da imprese che utilizzano esclusivamente manodopera e da agenzie di lavoro interinale, considerando che talvolta operano come società fittizie (le cosiddette «letterbox company»); che spesso il subappalto riguarda un solo incarico o si risolve nell'assunzione di lavoratori a questo fine esclusivo; considerando che tali prassi mettono in luce il rapido cambiamento dell'industria edilizia e di altri settori sovente caratterizzati da rapporti di lavoro precari,

L.

considerando che, in un contesto transfrontaliero, i problemi legati a tale situazione precaria sono esacerbati quando, per esempio, i lavoratori sono distaccati in uno Stato membro terzo,

M.

considerando che i rapporti di lavoro nel settore edile sono stati ridefiniti e che, allo stesso tempo, è stata ridotta la responsabilità sociale diretta dell'«appaltatore principale», in quanto la forza lavoro è stata esternalizzata con il ricorso a subappaltatori e agenzie di lavoro, tanto da rendere la fornitura di forza lavoro a basso costo e spesso non qualificata una costante del subappalto di livello inferiore,

N.

considerando che determinati settori, in particolare il settore edile, sono particolarmente vulnerabili agli abusi, a causa di catene di subappalto spesso alquanto complesse,

O.

considerando che il principio fondamentale della parità di retribuzione a parità di lavoro nella stessa sede di attività deve essere applicato a tutti i lavoratori, indipendentemente dal loro statuto o dalla tipologia dei loro contratti, e che tale principio deve essere rispettato,

1.

invita le pubbliche autorità e tutti i soggetti interessati a fare tutto il possibile per sensibilizzare i lavoratori in merito ai loro diritti, previsti da vari strumenti (quali il diritto del lavoro, i contratti collettivi, i codici di condotta) che disciplinano il rapporto di lavoro e le condizioni lavorative nelle imprese dove i lavoratori prestano la loro attività, nonché i rapporti contrattuali all'interno delle catene di subappalto;

2.

invita la Commissione a diffondere una migliore conoscenza delle buone prassi, degli orientamenti e degli standard esistenti, oltre che delle prassi in materia di responsabilità sociale tra le società, che si tratti degli appaltatori principali o dei subappaltatori;

3.

reitera l'invito alla Commissione ad avanzare una proposta concernente l'applicazione dell'agenda sul lavoro dignitoso ai lavoratori di imprese subappaltatrici e, in particolare, il rispetto delle norme fondamentali del lavoro, i diritti sociali, la formazione dei dipendenti e la parità di trattamento;

4.

sottolinea l'importanza delle imprese subappaltatrici nelle filiere di produzione che impiegano nuove tecnologie, ai fini del miglioramento qualitativo della produzione e dell'occupazione;

5.

invita le autorità nazionali ad adottare, o sviluppare ulteriormente, disposizioni di legge che escludano dalla partecipazione agli appalti pubblici le imprese che abbiano violato il diritto del lavoro, i contratti collettivi o i codici di condotta;

6.

accoglie favorevolmente l'adozione di un quadro giuridico transnazionale, concordato tra le singole multinazionali e le federazioni sindacali mondiali, inteso a salvaguardare le norme sul lavoro all'interno delle imprese multinazionali, dei loro subappaltatori e delle loro affiliate nei vari paesi, il quale definisca, inoltre, lo status del lavoratore dipendente e garantisca la protezione sociale, indipendentemente dalle specifiche condizioni di assunzione;

7.

prende nota della sentenza nella causa Wolff & Müller, in cui la Corte di giustizia ha ritenuto che il meccanismo nazionale di definizione delle responsabilità previsto in Germania non violasse il diritto comunitario, ma fosse stato invece pensato per garantire la protezione dei lavoratori distaccati all'estero;

8.

prende atto dei risultati della consultazione pubblica sul Libro verde della Commissione dal titolo «Modernizzare il diritto del lavoro per rispondere alle sfide del XXI secolo» (COM(2006)0708); esorta al riguardo la Commissione a fare quanto necessario per chiarire i diritti e i doveri delle parti coinvolte nelle catene di subappalto, onde evitare di privare i lavoratori della capacità di esercitare efficacemente i propri diritti;

9.

accoglie favorevolmente il fatto che otto Stati membri (Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi e Spagna) abbiano dato una risposta ai problemi legati agli obblighi dei subappaltatori in qualità di datori di lavoro attraverso la definizione di meccanismi nazionali di responsabilità e incoraggia gli altri Stati membri a valutare l'introduzione di soluzioni analoghe; sottolinea tuttavia che l'applicazione delle norme nei processi transfrontalieri di subappalto diviene particolarmente ardua quando i sistemi in vigore negli Stati membri divergono;

10.

sottolinea che lo studio della Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro constata che l'ambito eccessivamente ridotto della responsabilità, quando ad esempio questa si limita a un solo elemento della catena, è uno dei motivi dell'inefficacia degli accordi;

11.

sottolinea le particolari sfide cui sono confrontate le piccole imprese; invita i responsabili decisionali a sviluppare strumenti appropriati per una maggiore sensibilizzazione delle piccole imprese;

12.

rammenta a tutti i soggetti interessati che nella risoluzione del 26 ottobre 2006 sul distacco dei lavoratori, il Parlamento ha invitato la Commissione a disciplinare la responsabilità solidale degli appaltatori principali o generali, al fine di affrontare la questione degli abusi perpetrati nell'ambito dei subappalti e dell'esternalizzazione di lavoratori transfrontalieri, e a realizzare un mercato trasparente e competitivo per tutte le società;

13.

ribadisce il suo messaggio, invitando la Commissione a definire uno strumento giuridico comunitario chiaro, che introduca la responsabilità solidale a livello comunitario e rispetti, nel contempo, i diversi ordinamenti giuridici esistenti negli Stati membri e i principi della sussidiarietà e della proporzionalità;

14.

invita la Commissione ad effettuare una valutazione d'impatto sul valore aggiunto e la fattibilità di uno strumento comunitario sulla responsabilità a cascata come mezzo per accrescere la trasparenza nei processi di subappalto e per assicurare un maggiore rispetto della legislazione comunitaria e nazionale; sottolinea la necessità che tale studio sia intersettoriale;

15.

è convinto che uno strumento comunitario sulla responsabilità a cascata andrebbe a beneficio non solo dei lavoratori, ma anche delle autorità degli Stati membri, dei datori di lavoro e, in particolare, delle piccole e medie imprese aiutandoli a contrastare l'economia sommersa, in quanto regole comunitarie chiare e trasparenti farebbero uscire dal mercato operatori di dubbia fama, migliorando in tal modo il funzionamento del mercato interno;

16.

constata che tutte le misure volte ad informare i lavoratori in merito ai loro diritti e a sostenerli nell'esercizio degli stessi danno un notevole contributo alla responsabilità sociale delle imprese; invita gli Stati membri ad assicurare che i lavoratori siano sistematicamente informati in merito ai loro diritti e ritiene che le parti sociali abbiano al riguardo una particolare responsabilità;

17.

invita la Commissione a intensificare gli sforzi per promuovere una maggiore e migliore cooperazione e coordinamento tra organi amministrativi nazionali, ispettorati, agenzie di controllo pubbliche, enti di previdenza e amministrazioni fiscali; invita inoltre gli Stati membri ad adottare procedure di ispezione più rigorose e a favorire legami più stretti tra gli ispettorati nazionali del lavoro, consentendo in tal modo una maggiore cooperazione e coordinazione tra gli stessi; invita la Commissione a sviluppare norme di qualità per gli ispettorati del lavoro e ad elaborare un'analisi di fattibilità circa le modalità di costituzione di una rete comunitaria di ispettorati del lavoro;

18.

sottolinea la necessità di prevedere incentivi che inducano le imprese a compiere con genuino impegno ogni ragionevole sforzo per eliminare le violazioni del diritto del lavoro da parte dei subappaltatori, ad esempio sistemi di certificazione e codici di condotta, inclusa la segnalazione alle autorità e la risoluzione del contratto con il subappaltatore dedito a pratiche illecite per evitare di essere ritenuti solidalmente responsabili delle violazioni;

19.

invita le parti sociali a svolgere un ruolo propulsivo nella promozione del sistema cooperativo di subappalto per determinati incarichi una tantum e nel contenimento della moltiplicazione dei subappalti, e accoglie con favore l'elaborazione di accordi quadro che definiscono la responsabilità sociale e la responsabilità a cascata ad integrazione delle necessaria normativa;

20.

mette in guardia contro eventuali conflitti, sovrapposizioni e duplicazioni tra le disposizioni presenti nei codici di condotta e nel diritto del lavoro, nelle norme e negli orientamenti adottati dalle pubbliche autorità e nei contratti collettivi in vigore; per tale motivo, sottolinea la necessità per le imprese di aderire, in via prioritaria, a codici di condotta, alle norme e agli orientamenti elaborati a livello di organizzazioni sovranazionali (OCSE, OIL), o a livello nazionale o settoriale;

21.

rammenta a tutti i soggetti interessati, e in particolare ai datori di lavoro, i loro obblighi in materia di informazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori, segnatamente quelli definiti da strumenti giuridici comunitari e nazionali;

22.

propone che la possibilità di conciliare lavoro e vita familiare sia salvaguardata mediante disposizioni nazionali di diritto del lavoro applicabili ai lavoratori delle imprese subappaltatrici che operano all'interno di catene di produzione, e che le direttive sulla maternità e il congedo parentale siano applicate in modo efficace;

23.

invita la Commissione ad assicurare l'effettivo rispetto della direttiva 96/71/CE anche, se necessario, con l'avvio di procedure di infrazione; invita inoltre la Commissione e gli Stati membri ad adottare misure tese a migliorare l'accesso alle informazioni da parte dei lavoratori distaccati, a rafforzare il coordinamento e la cooperazione amministrativa tra Stati membri, a chiarire il ruolo degli uffici di collegamento degli Stati membri e a risolvere i problemi di applicazione transfrontaliera, che ostacolano la corretta attuazione della direttiva 96/71/CE;

24.

sottolinea che le possibili conseguenze sociali negative del subappalto possono essere affrontate con un dialogo sociale rafforzato tra le organizzazioni dei datori di lavoro e i sindacati;

25.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione, nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.


(1)  GU L 254 del 30.9.1994, pag. 64.

(2)  GU L 80 del 23.3.2002, pag. 29.

(3)  GU C 313 E del 20.12.2006, pag. 452.

(4)  GU C 175 E del 10.7.2008, pag. 411.

(5)  GU C 280 E del 18.11.2006, pag. 65.

(6)  GU C 301 E del 13.12.2007, pag. 45.

(7)  GU C 102 E del 24.4.2008, pag. 321.

(8)  Testi approvati, P6_TA(2008)0466.

(9)  GU C 175 E del 10.7.2008, pag. 401.

(10)  Causa C-60/03, Wolff & Müller [2004] Racc. I-9553.


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/180


Giovedì 26 marzo 2009
Prezzi dei prodotti alimentari in Europa

P6_TA(2009)0191

Risoluzione del Parlamento europeo del 26 marzo 2009 sui prezzi dei prodotti alimentari in Europa (2008/2175(INI))

2010/C 117 E/30

Il Parlamento europeo,

visto l'articolo 33 del trattato CE,

vista la comunicazione della Commissione del 9 dicembre 2008 dal titolo «I prezzi dei prodotti alimentari in Europa» (COM(2008)0821),

visto lo studio del Parlamento del 20 ottobre 2007 dal titolo «Il divario tra i prezzi alla produzione e al consumo»,

visto lo studio della Commissione del 28 novembre 2006 dal titolo «Competitività dell'industria alimentare europea. Valutazione economica e giuridica»,

vista la comunicazione della Commissione del 20 maggio 2008 dal titolo «Far fronte alla sfida dell'aumento dei prezzi alimentari – Linee d'intervento dell'UE» (COM(2008)0321),

vista la sua dichiarazione del 19 febbraio 2008 su uno studio e soluzioni all'abuso di potere dei grandi supermercati operanti nell'Unione europea (1),

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo del 7 aprile 2005 dal titolo: «La grande distribuzione: tendenze e conseguenze per agricoltori e consumatori» (2),

visto il Libro verde della Commissione del 22 gennaio 1997 sulle restrizioni verticali nella politica di concorrenza comunitaria (COM(1996)0721),

vista la sua risoluzione del 25 ottobre 2007 sull'aumento dei prezzi dei mangimi e dei prodotti alimentari (3),

vista la valutazione in atto dello «stato di salute» della Politica agricola comune (PAC),

visto l'articolo 45 del suo regolamento,

vista la relazione della commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale (A6-0094/2009),

A.

considerando che l'Unione europea ed il mondo hanno registrato recentemente un'elevata volatilità dei prezzi alimentari con aumenti talora notevoli e con effetti problematici sul settore agricolo, con alcuni che hanno beneficiato dell'aumento dei prezzi ed altri, soprattutto gli allevamenti e le aziende di trasformazione alimentare, che hanno affrontato costi molto maggiori,

B.

considerando che si sono registrati anche notevoli aumenti nei costi di produzione agricola, a seguito dell'aumento dei costi dei materiali, come i fertilizzanti e i prodotti fitosanitari, e nonostante che se al momento i prezzi all'origine siano in netto calo, tale tendenza non va di pari passo, allo stesso livello e nello stesso periodo, con un calo dei costi di produzione,

C.

considerando che il calo dei prezzi dei prodotti agricoli, cui non fa riscontro una diminuzione dei costi di produzione, sta ponendo gli agricoltori in una situazione finanziaria insostenibile, al punto che molti di essi abbandonano la produzione in quanto non più redditizia,

D.

considerando che si è accertato che in vari Stati membri i grandi produttori hanno fissato prezzi molto diversi per gli stessi prodotti,

E.

considerando che nell'Unione europea si registrano notevoli differenze relativamente al divario tra prezzi al consumo e alla produzione, che in certi casi non sono giustificate dai costi della lavorazione, della distribuzione e della vendita dei prodotti,

F.

considerando che, nell'analisi dei prezzi e della loro evoluzione, occorre prendere in considerazione l'intera catena di approvvigionamento; che il settore alimentare è frammentato e la catena di approvvigionamento, formata da numerosi intermediari, è estremamente complessa,

G.

considerando che, negli ultimi anni, alcune grandi industrie di trasformazione hanno aumentato le proprie quote di mercato,

H.

considerando che, negli ultimi anni, si sono registrati mutamenti significativi nella struttura concorrenziale della catena di approvvigionamento alimentare con un accresciuto grado di concentrazione fra produttori, grossisti e dettaglianti,

I.

considerando che nell'Unione europea sembra accertato che i grandi supermercati sfruttano il loro potere contrattuale per forzare una riduzione dei prezzi corrisposti ai fornitori a livelli insostenibili ed impongono loro condizioni ingiuste e che la grande distribuzione nell'Unione europea si sta rapidamente trasformando in «guardiana», controllando l'accesso ai consumatori europei sia degli agricoltori che degli altri fornitori,

J.

considerando che i prezzi al consumo nell'Unione europea sono in media cinque volte più alti del prezzo alla produzione e che gli agricoltori nell'Unione, che 50 anni fa percepivano circa la metà del prezzo al dettaglio dei prodotti alimentari, oggi ne percepiscono una quota decisamente inferiore, a causa di un notevole aumento del grado di lavorazione del prodotto,

K.

considerando che, sebbene il finanziamento della PAC abbia contribuito negli anni a garantire bassi prezzi al consumo, si osserva ora che questi restano a un livello elevato o non diminuiscono, malgrado il calo dei prezzi nel settore agricolo,

L.

considerando che, per l'Unione europea, è auspicabile sul piano strategico un elevato grado di autoapprovvigionamento e che in tale ambito occorre puntare a rafforzare la posizione dei produttori primari dell'Unione europea ai fini del nostro approvvigionamento alimentare,

M.

considerando che lo squilibrio di potere negoziale tra i produttori agricoli e il resto della catena di approvvigionamento alimentare ha determinato nel settore agricolo il perdurare di una forte pressione sui margini dei produttori,

1.

ritiene che, conformemente al trattato CE, sia nell'interesse pubblico dell'Unione europea mantenere un livello adeguato dei prezzi alla produzione e al consumo e garantire una concorrenza equa, specialmente in relazione a prodotti strategici, come quelli agricoli ed alimentari;

2.

ritiene che, se la concorrenza consente di offrire ai consumatori prodotti alimentari a prezzi competitivi, occorra garantire ai coltivatori un reddito stabile attraverso dei prezzi che coprano i costi di produzione e assicurino un'equa remunerazione del loro lavoro, non da ultimo per garantire la sicurezza dell'approvvigionamento in alimenti di buona qualità;

3.

rileva che una vasta serie di fattori influenza il meccanismo di trasmissione del prezzo e il divario tra i prezzi alla produzione e al consumo; cita tra questi il comportamento commerciale degli operatori lungo la catena di approvvigionamento, inclusi i produttori, i grossisti e i dettaglianti, la parte dei costi non agricoli (quali l'energia e la manodopera), i quadri legislativi e regolamentari, la natura deperibile del prodotto, il suo grado di lavorazione, di commercializzazione e di manipolazione oppure le preferenze di acquisto dei consumatori;

4.

ritiene che, tra i fattori che influenzano maggiormente il meccanismo di trasmissione dei prezzi e il divario tra i prezzi alla produzione e al consumo, un ruolo determinante svolgono la crescente concentrazione lungo l'intera catena di approvvigionamento alimentare, il grado di trasformazione del prodotto e gli incrementi di prezzo connessi ad altri fattori esterni, nonché la speculazione sui prodotti agricoli; ribadisce pertanto l'importanza degli strumenti di regolazione dei mercati, quanto mai necessari nel contesto attuale;

5.

concorda con la Commissione sul fatto che le tendenze della domanda e dell'offerta e le carenze operative nella catena di approvvigionamento alimentare hanno inciso notevolmente sull'aumento dei prezzi dei prodotti alimentari; sottolinea tuttavia che una parte della responsabilità va attribuita alla speculazione sui mercati finanziari, che ha creato distorsioni nel meccanismo di formazione dei prezzi;

6.

invita la Commissione ad avviare quanto prima un'inchiesta sulla questione della ripartizione degli utili nelle catene di produzione e distribuzione mediante uno studio, come previsto dal bilancio 2009, sulla base di una precedente proposta della sua commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale nel quadro della procedura di bilancio; ritiene che tale iniziativa possa rappresentare un primo passo verso una maggiore trasparenza all'interno della catena di approvvigionamento;

7.

deplora il progressivo smantellamento degli interventi dell'Unione europea sul mercato agricolo, che è una delle principali cause della forte volatilità dei prezzi; ritiene necessario introdurre nuove misure di gestione del mercato per garantire una maggiore stabilità di reddito ai produttori e offrire ai consumatori prezzi accettabili;

8.

ritiene che, nell'ambito della PAC, occorrano interventi di gestione del mercato per dare stabilità al settore agricolo e al mercato agro-alimentare nonché per mantenere una produzione agraria dell'Unione europea sostenibile a prezzi ragionevoli, evitando un andamento altalenante dei prezzi finali e dei fattori di produzione;

9.

ritiene che, sebbene il raffronto fra Unione europea e Stati Uniti in termini di produttività fatto dalla Commissione sia appropriato, esso non possa costituire un parametro assoluto per misurare idealmente la produttività nel settore alimentare nell'Unione europea, soprattutto con riferimento alla produzione e la trasformazione dei prodotti agricoli; sottolinea che l'agricoltura e l'industria alimentare dell'Unione europea mostrano differenze notevoli rispetto agli Stati Uniti, in termini sia di prodotti e settori coperti che di condizioni normative e organizzative;

10.

ritiene che occorra stimolare il potenziamento della capacità competitiva e di innovazione dell'agricoltura primaria, per dare ai produttori maggiori opportunità di diversificazione nella conduzione aziendale, riducendone la dipendenza dagli altri soggetti della catena produttiva e distributiva;

11.

ritiene che la concentrazione dell'offerta di prodotti agricoli ad opera delle organizzazioni di produttori, di cooperative od organismi analoghi, permetterebbe di riequilibrare le forze all'interno della catena alimentare, accrescendo il potere negoziale dei produttori agricoli, dando maggiore valore aggiunto ai loro prodotti ed abbreviando i circuiti commerciali che portano al consumatore;

Le imperfezioni del mercato alimentare

12.

richiama l'attenzione sul fatto che un ampio potere di mercato risulta remunerativo in particolare nel settore agro-alimentare, vista l'assenza di elasticità dei prezzi nell'approvvigionamento agricolo, da una parte, e nella domanda al consumo, dall'altra;

13.

si dichiara preoccupato per pratiche commerciali quali la vendita sottocosto dei prodotti per aumentare le visite ai supermercati; appoggia il divieto delle vendite sottocosto degli alimentari e sostiene gli Stati membri che hanno già approvato misure in tal senso; auspica più iniziative dell'Unione europea contro tali misure aggressive di fissazione dei prezzi, nonché contro pratiche anticoncorrenziali, come la vendita abbinata di prodotti o ogni altro abuso di posizione dominante;

14.

ritiene che i prezzi sottocosto, in sé non redditizi per nessuna impresa, possono essere applicati solo da imprese (diversificate) di grandi dimensioni per brevi periodi di tempo e solo per estromettere dal mercato i concorrenti; ritiene che a lungo termine tale pratica non sia utile né al consumatori, né al mercato nel suo complesso;

15.

è altresì preoccupato per altri casi in cui la grande distribuzione sfrutta il suo potere di mercato e cita al riguardo i termini di pagamento eccessivi, i contributi per l'immissione nel listino e per lo spazio sugli scaffali, le minacce di escludere prodotti dalla vendita, gli sconti retroattivi su beni già venduti, i contributi ingiustificati alle spese pubblicitarie oppure l'insistenza sulla fornitura esclusiva;

16.

sottolinea che in alcuni Stati membri, a livello sia di vendita che di acquisto, si registra la tendenza verso un'analoga concentrazione, aggravando così l'effetto distorsivo sul mercato;

17.

sottolinea, alla luce della riforma della PAC e, in particolare, del disaccoppiamento, per la probabilità che le decisioni degli agricoltori su cosa produrre saranno maggiormente influenzate dai segnali di mercato, che non dovranno essere turbati da un'eccessiva concentrazione nel settore della vendita al dettaglio; è convinto che l'aumento delle importazioni alimentari dell'Unione europea probabilmente ridurrà i prezzi agricoli;

18.

richiama l'attenzione sul fatto che i dettaglianti possono trarre vantaggio da etichette quali «commercio equo» per accrescere i margini di profitto; chiede pertanto, al fine di limitare tali pratiche e di controllare l'uso di queste diciture, una strategia per il sostegno e lo sviluppo del commercio equo in tutta l'Unione europea;

19.

riconosce che nel breve periodo gli effetti della concentrazione del mercato nei vari segmenti della catena di approvvigionamento alimentare possono produrre livelli più bassi dei prezzi alimentari, ma che, nel medio e lungo periodo, occorre vigilare a che la libera concorrenza non ne risulti danneggiata, con conseguente estromissione dal mercato dei piccoli produttori e limitazione della scelta del consumatore;

20.

richiama l'attenzione sul fatto che le PMI nel settore alimentare sono estremamente vulnerabili, specialmente se dipendono in larga misura da un unico operatore; rileva che i grandi operatori della catena di approvvigionamento alimentare spesso usano «corse al ribasso» tra diversi fornitori e che per restare sul mercato le piccole imprese debbono tagliare i costi e i ricavi, il che comporta pagamenti ridotti ai coltivatori, una ridotta possibilità di accesso al mercato e ai canali di distribuzione per le PMI, un minor numero di occupati e prodotti di qualità inferiore per i consumatori;

21.

esprime preoccupazione per l'aumento del livello di speculazione sugli alimentari, come constatato sui mercati finanziari, e chiede alla Commissione di avviare un'inchiesta in merito; attende le conclusioni del gruppo ad alto livello sulla competitività nel settore dell'industria agro-alimentare e lo incoraggia a proporre misure adeguate ad affrontare gli squilibri del mercato;

22.

mantiene le sue riserve in merito alle conclusioni della Commissione secondo cui la speculazione sui mercati finanziari non ha avuto un ruolo importante nel processo di formazione dei prezzi; ritiene che la Commissione debba prendere iniziative volte a rafforzare il monitoraggio del mercato dei futures per i prodotti alimentari di base;

23.

ritiene che la Commissione si limiti attualmente a una lettura parziale dei dati disponibili in quanto non tiene conto delle possibili conseguenze degli investimenti speculativi in futures, come:

l'aumento dei prezzi per l' acquirente finale (produttore o consumatore) causato da false aspettative per quanto riguarda l'evoluzione dei prezzi,

la creazione di disincentivi e di ulteriori incertezze per le imprese in fase di avviamento o per i piccoli produttori la cui attività si basa sui prodotti agricoli, con possibile creazione di barriere all'entrata nel mercato e difficoltà a rafforzare la concorrenza su determinati mercati,

la distribuzione iniqua (sotto il profilo sociale e geografico) dei margini derivanti dalla vendita di prodotti agricoli a scapito degli agricoltori/produttori e a vantaggio dei mediatori e degli speculatori;

24.

sottolinea che, a differenza delle stime della Commissione, la necessità di considerare nuove disposizioni normative per i mercati dei futures appare tanto più urgente in quanto vi sono indicazioni secondo cui la speculazione crea già problemi nella formazione dei prezzi dei prodotti alimentari di base e, conseguentemente, per i mercati e le imprese produttrici che ne dipendono;

25.

ritiene che la Commissione abbia, negli ultimi cinque anni, migliorato il controllo sui cartelli, sia introducendo una legislazione migliore in materia di concorrenza che mediante l'attuazione della legislazione vigente; ritiene che misure quali le domande di trattamento favorevole, le procedure di risoluzione delle controversie e le tecnologie applicate all'analisi forense abbiano dato un importante contributo; ritiene, tuttavia, che ci siano ancora miglioramenti da apportare al loro contenuto e alla relativa attuazione da parte degli Stati membri;

26.

richiama l'attenzione del Commissario europeo alla concorrenza sulla dichiarazione sopra citata del Parlamento europeo su «uno studio e soluzioni all'abuso di potere dei grandi supermercati operanti nell'Unione europea»; esprime la propria delusione per il fatto che il Commissario non abbia recepito tale appello; chiede in tale contesto un'indagine sulle concentrazioni di mercato e sui cartelli nel settore del commercio al dettaglio e sanzioni in caso di irregolarità;

27.

invita la Commissione ad analizzare, nelle sue relazioni annuali, il divario esistente tra i prezzi alla produzione e al consumo, le differenze tra i prezzi negli Stati membri e le differenze di prezzo di vari prodotti agricoli;

28.

nota che le imprese di grandi dimensioni generano chiari ed evidenti risparmi (economie di scala e diversificazione), con conseguente abbassamento dei costi e dei prezzi; sottolinea tuttavia che una politica diretta a migliorare la catena di approvvigionamento alimentare dovrebbe stimolare la creazione di soluzioni operative (cluster, reti, organizzazioni intersettoriali ecc.) che permettano al settore agricolo di beneficiare di tali vantaggi e pongano le imprese che occupano i livelli successivi della catena in condizione di sostenere la pressione sui loro margini di profitto;

29.

manifesta grave preoccupazione per il fatto che nella sua rassegna delle principali pratiche che provocano problemi nella catena di approvvigionamento alimentare, la citata comunicazione della Commissione sui prezzi dei prodotti alimentari in Europa non menzioni l'abuso di posizione dominante riscontrabile nella fase del dettaglio e, in certa misura, nella fase dell'ingrosso; ritiene che le pratiche anticoncorrenziali cui ricorrono le imprese che detengono un'ampia quota di mercato, come gli accordi esclusivi o la vendita abbinata di prodotti, siano deleterie per una concorrenza leale nella catena di approvvigionamento alimentare;

Il ruolo dell'Unione europea

Reagire agli squilibri del mercato

30.

sostiene la decisione della Commissione di proporre un efficace sistema di monitoraggio del mercato dell'Unione europea, in grado di registrare le tendenze dei prezzi e i costi dei fattori di produzione dell'intera catena di approvvigionamento; è del parere che tale sistema comunitario debba garantire la trasparenza e permettere confronti transfrontalieri tra prodotti simili; ritiene che tale sistema debba essere creato in stretta cooperazione con Eurostat e con gli uffici statistici nazionali e debba collaborare con la rete dei centri europei dei consumatori (CEC); si richiama al principio secondo il quale i costi ed oneri aggiuntivi dovrebbero mantenersi entro limiti ragionevoli;

31.

invita la Commissione ad instaurare un quadro giuridico comunitario che includa, fra gli altri provvedimenti, una profonda revisione della direttiva 2000/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 giugno 2000, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (4) e incoraggi rapporti equilibrati fra i vari soggetti della catena alimentare, impedendo ogni pratica abusiva ed incoraggiando una distribuzione più equa dei margini di profitto;

32.

chiede alle autorità preposte alla concorrenza a livello sia nazionale che dell'Unione europea di svolgere inchieste e valutazioni sui prezzi al consumo nell'ambito dell'Unione europea, per garantire che le norme sulla concorrenza siano rispettate e per accertare la responsabilità dei vari operatori che intervengono nella filiera; sottolinea che i movimenti al ribasso dei prezzi nel breve periodo devono essere trasferiti al consumatore, mentre i movimenti al rialzo devono essere trasferiti con maggiore rapidità ai produttori;

33.

afferma che si può ottenere maggiore trasparenza nella struttura dei costi creando una banca dati dell'Unione europea, che sia facilmente accessibile ai cittadini e contenga i prezzi di riferimento dei prodotti unitamente a informazioni sui costi dei fattori di produzione come energia, salari, canoni locativi, imposte e tasse in tutta l'Unione europea; chiede alla Commissione di approntare progetti per tale sistema elettronico, sulla base dei modelli nazionali esistenti, come gli «osservatori dei prezzi» in Francia; ritiene inoltre necessario creare, in cooperazione con l'Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura delle Nazioni Unite (FAO), anche un osservatorio internazionale per i prodotti agricoli, i fattori di produzione e i prezzi alimentari, al fine di meglio monitorarne i dati a livello internazionale;

34.

invita i vari soggetti che intervengono nella catena di produzione e distribuzione a sviluppare insieme «migliori prassi» o «quadri di valutazione» per promuovere la trasparenza dei prezzi dei prodotti agricoli;

35.

chiede alle autorità degli Stati membri e alla Commissione di fornire studi e analisi dettagliati sulla trasmissione dei prezzi ed i margini che intervengono tra l'azienda agricola e il prezzo al consumo finale e un'analisi che illustri l'ubicazione e il numero dei supermercati, il loro fatturato e i costi da essi sostenuti per la logistica e l'energia; invita le autorità degli Stati membri e la Commissione a valutare, in considerazione degli sviluppi del mercato al dettaglio, se i criteri per accertare una posizione dominante in un dato mercato siano ancora adeguati; chiede la messa in opera di una task force della Commissione sulla catena di approvvigionamento alimentare, che collabori con le autorità nazionali preposte alla concorrenza;

36.

nota che una delle cause della differenza fra i prezzi all'origine e quelli finali risiede negli squilibri della catena alimentare e che, nonostante questo, l'Unione europea non dispone di sufficienti strumenti che incoraggino le organizzazioni dei produttori, attraverso cooperative o altre organizzazioni volte a promuovere la concentrazione dell'offerta; invita la Commissione ad introdurre misure, nell'ambito sia della PAC che di altre politiche dell'Unione europea, per incoraggiare tali organizzazioni, con conseguente migliore organizzazione del mercato ed accresciuto potere negoziale dei produttori nei confronti degli altri soggetti della catena alimentare;

37.

propone che le autorità nazionali preposte alla concorrenza, che hanno un ampio ruolo in base alla normativa comunitaria sul controllo del modus operandi della concorrenza in tutti i segmenti della catena di approvvigionamento alimentare, rafforzino la cooperazione reciproca, coordinate dalla Commissione, mediante un metodo aperto di coordinamento, in merito al controllo dei costi di produzione e commercio, al fine di garantire un migliore funzionamento del mercato interno;

38.

è dell'avviso che, essendo il commercio al dettaglio influenzato principalmente da fattori giuridici, economici, politici e culturali nazionali, sarebbe utile nel quadro della Rete europea della concorrenza (ECN), un maggiore scambio di informazioni ed eventualmente un coordinamento fra Stati membri per indagare sulle pratiche anticoncorrenziali ad opera di società operanti a livello intracomunitario;

39.

invita a sostenere, nel quadro della Strategia di Lisbona, i programmi nazionali volti a ridurre o ad astenersi da interventi regolamentari ingiustificati nel settore della vendita al dettaglio, che non farebbero che limitare la concorrenza e il corretto funzionamento della catena di approvvigionamento alimentare a scapito dei consumatori;

40.

ritiene che il programma di clemenza debba operare a livello sia nazionale che dell'Unione europea, in modo che le autorità competenti per la concorrenza possano venire a conoscenza di un maggior numero di pratiche anticoncorrenziali nella catena di approvvigionamento alimentare;

41.

rileva che, oltre alle regole comunitarie di concorrenza, vi sono molte altre politiche dell'Unione europea che disciplinano il funzionamento della vendita al dettaglio, fra cui le norme sul mercato unico comunitario e la normativa comunitaria dei consumatori; sottolinea la necessità che tutte queste politiche convergano e siano coordinate centralmente a livello dell'Unione europea, in modo da conseguire risultati ottimali a livello di prezzi al consumo;

42.

sottolinea il fatto che le risposte all'attuale crisi alimentare dovrebbero anche essere apportate a livello internazionale; chiede la creazione di una rete internazionale intorno alla FAO per garantire sufficienti stock alimentari mondiali;

43.

chiede alla Commissione di negoziare un accordo in sede di Organizzazione mondiale del Commercio che dia al settore agricolo sufficienti opportunità per continuare a competere con i paesi terzi; ritiene che l'inclusione degli aspetti non prettamente commerciali sia di importanza essenziale per mantenere e garantire gli standard produttivi dell'Unione europea;

44.

chiede che per determinati prodotti alimentari di base siano previste riserve strategiche e relativo stoccaggio a livello dell'Unione europea, come accade per i prodotti petroliferi;

45.

chiede l'introduzione di meccanismi intesi a combattere la speculazione sui mercati finanziari con i prodotti agricoli e gli strumenti finanziari basati su di essi; sostiene l'intenzione della Commissione di esaminare possibili misure per contribuire alla riduzione della volatilità dei prezzi sui mercati delle materie prime agricole;

46.

chiede misure a sostegno della cooperazione tra i piccoli produttori agricoli che li mettano in grado di competere con i grandi produttori, trasformatori e rivenditori; ritiene che gli Stati membri e l'Unione europea debbano garantire l'esistenza di varie forme di commercio ed evitare una liberalizzazione totale del mercato alimentare che condurrebbe ad un'ulteriore concentrazione; chiede alla Commissione di presentare un Libro verde sul rafforzamento delle organizzazioni dei produttori, un approccio efficace di filiera e il potere di mercato della grande distribuzione;

47.

invita la Commissione a controllare più da vicino le importazioni alimentari per verificarne la compatibilità con gli standard igienici ed ambientali dell'Unione europea, in particolare di modo che i prodotti importati non espongano a maggiori rischi i consumatori dell'Unione europea;

48.

considera necessario incoraggiare una maggiore concentrazione dell'offerta agricola sostenendo le varie forme giuridiche di associazione, al fine di riequilibrare le forze all'interno della catena alimentare, dare maggior valore aggiunto alla produzione agricola e accrescere il potere negoziale dei produttori agricoli nei confronti degli altri soggetti commerciali;

49.

chiede la creazione di un servizio europeo di consulenza per i produttori alimentari che consigli gli agricoltori e le organizzazioni di produttori sulla distribuzione del prodotto, il mercato al dettaglio e le opportunità per produzioni specifiche;

50.

chiede la creazione di una linea telefonica diretta per i consumatori e per i produttori agricoli - cui essi possano riferire i casi di abuso e su cui possa essere resa disponibile l'informazione su prodotti comparabili e prezzi nell'ambito dell'Unione europea; ritiene che essa dovrebbe essere costituita e funzionare nei CEC nazionali;

51.

accoglie con favore l'introduzione della pagella dei mercati dei beni di consumo, quale strumento per migliorare il monitoraggio del mercato interno e fornire più informazioni al consumatore;

52.

esprime preoccupazione per l'influenza degli intermediari sul prezzo per il consumatore finale; chiede alla Commissione di avviare un'analisi della catena di approvvigionamento per meglio comprendere il ruolo di ciascun operatore nella catena di formazione dei prezzi;

Portare il produttore più vicino al consumatore

53.

chiede l'introduzione di politiche a sostegno di un contatto più ampio e più diretto tra i produttori e i consumatori - come il programma europeo «Frutta nelle scuole» adottato di recente - poiché questo attribuisce ai produttori un ruolo più rilevante nel mercato, offrendo nel contempo ai consumatori una scelta migliore e più vasta di prodotti; ritiene che una di queste politiche potrebbe consistere nel creare e promuovere aree destinate alla vendita diretta dei prodotti da parte dei produttori;

54.

chiede alla Commissione di attuare iniziative per facilitare le fusioni e la cooperazione fra organizzazioni di produttori, come le cooperative, evitando oneri burocratici ed altri vincoli, per accrescere le dimensioni di tali organizzazioni e dar loro la possibilità di adattarsi alle condizioni di approvvigionamento richieste dal mercato globalizzato;

55.

ritiene importantissima un'informazione migliore e più ampia dei consumatori per creare un clima di fiducia nel sistema e sostiene tutti gli sforzi intesi ad educare ed informare correttamente e in modo imparziale il consumatore;

56.

chiede che, quando si danno informazioni al consumatore, un'enfasi particolare sia posta sugli sforzi compiuti dai produttori dell'Unione europea per rispettare le norme dell'Unione europea in materia di ambiente, sicurezza alimentare e benessere animale;

57.

sottolinea che la politica di tutela dei consumatori copre non soltanto i prezzi ma anche la varietà e qualità degli alimenti; propone pertanto che la Commissione accerti in quali condizioni operative della catena di approvvigionamento alimentare, in particolare nella vendita al dettaglio, sia osservabile una perdita di varietà e qualità dei prodotti;

58.

richiama l'attenzione sul valore aggiunto degli esercizi al dettaglio locali, che danno un importante contributo per colmare il divario tra produttori e consumatori nonché per migliorare la qualità della vita nelle aree rurali tramite la creazione di opportunità di lavoro e il rafforzamento dei legami sociali esistenti;

59.

ritiene che si debba ampiamente promuovere l'utilizzo di nuove tecnologie e di Internet; sottolinea che le nuove tecnologie possono essere utilizzate per fornire più informazioni sulla localizzazione, il prezzo e le caratteristiche delle differenti varietà di prodotti, soddisfacendo meglio la domanda di prodotti specifici ed offrendo una più ampia scelta al consumatore; si dichiara a favore di utilizzare lo sviluppo rurale, la competitività e i fondi di coesione dell'Unione europea al fine di facilitare l'accesso del produttore al mercato mediante la tecnologia moderna e Internet;

60.

chiede di attuare misure di promozione del concetto di «cibi locali», e in particolare azioni volte a promuovere e ad informare il consumatore sulle speciali caratteristiche di tali prodotti, sui loro benefici sulla salute e sui vantaggi economici che presentano, come pure misure di supporto per i mercati tradizionali e le tradizionali tipologie di commercio, dove i produttori e i consumatori si incontrano direttamente;

61.

chiede che le filiere biologiche siano ulteriormente incoraggiate dall'Unione europea e dagli Stati membri e che i consumatori possano accedere a prezzi ragionevoli a prodotti di qualità, grazie ad una politica ambiziosa di incentivi finanziari destinati a questo tipo di produzione agricola;

62.

esorta a rafforzare la cooperazione tra i produttori, o seguendo il formato tradizionale delle organizzazioni di produttori oppure introducendo nuove forme di cooperazione nelle operazioni commerciali degli agricoltori;

63.

auspica di vedere maggiormente promossa la differenziazione tra prodotti agricoli quale concetto commerciale, che lascia lo spazio per prezzi differenziati in base alla qualità;

64.

è preoccupato per il fatto che il potere negoziale dei produttori alimentari a spese dei rivenditori, dovuto a una forte marca o alla differenziazione di prodotto, acquista nella citata comunicazione della Commissione sui prezzi dei prodotti alimentari in Europa un risalto negativo sproporzionato rispetto ad altri fattori molto più importanti, quali la concorrenza imperfetta o le pratiche oligopolistiche/monopolistiche; ritiene che la creazione di una marca o la differenziazione di prodotto siano pratiche legittime e che solo l'abuso della posizione che esse conferiscono configuri una pratica sleale;

65.

chiede di rafforzare e snellire le politiche dell'Unione europea per la protezione dell'origine e delle indicazioni geografiche ed altre certificazioni che differenziano i prodotti agricoli; a tale riguardo accoglie con favore il dibattito avviato con la pubblicazione, il 15 ottobre 2008, del Libro verde sulla qualità dei prodotti agricoli: norme di prodotto, requisiti di produzione e sistemi di qualità (COM(2008)0641);

66.

ritiene che l'opzione di un'etichettatura speciale su prodotti agricoli dell'Unione europea, sulla base di modelli esistenti, debba essere esaminata in maggior dettaglio; rileva che l'etichetta dovrebbe garantire il rispetto degli standard produttivi dell'Unione europea, così come un trattamento equo per i partecipanti al mercato sull'intera catena di produzione e distribuzione; ritiene altresì che una siffatta etichetta dovrebbe fungere da stimolo per i consumatori, incoraggiandoli a consumare prodotti dell'Unione europea e dunque a sostenere i produttori dell'Unione europea;

67.

invita la Commissione a valutare i costi sostenuti dai produttori per rispettare le norme comunitarie sull'ecocondizionalità e in relazione alla diversità delle disposizioni vigenti in materia fra i vari Stati membri, tenendo presente che dette norme sono più rigorose di quelle applicabili ai prodotti importati;

*

* *

68.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.


(1)  Testi approvati, P6_TA(2008)0054.

(2)  GU C 255 del 14.10.2005, pag. 44.

(3)  GU C 263 E del 16.10.2008, pag. 621.

(4)  GU L 200 dell'8.8.2000, pag. 35.


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/189


Giovedì 26 marzo 2009
Impatto dell'urbanizzazione estensiva in Spagna sui diritti individuali dei cittadini europei, sull’ambiente e sull’applicazione del diritto comunitario

P6_TA(2009)0192

Risoluzione del Parlamento europeo del 26 marzo 2009 sull’impatto dell’urbanizzazione estensiva in Spagna sui diritti individuali dei cittadini europei, sull’ambiente e sull’applicazione del diritto comunitario (2008/2248(INI))

2010/C 117 E/31

Il Parlamento europeo,

viste le petizioni ricevute in relazione alla materia oggetto della presente risoluzione, in particolare la petizione 0609/03,

visto il diritto di presentare una petizione sancito dall’articolo 194 del trattato CE,

visto l’articolo 192, paragrafo 1, del suo regolamento,

visti la relazione della commissione per le petizioni e il parere della commissione giuridica (A6-0082/2009),

A.

considerando che la procedura delle petizioni fornisce ai cittadini e ai residenti europei uno strumento per ottenere un rimedio di natura non giudiziale ai loro reclami quando essi riguardano questioni attinenti ai settori di attività dell’Unione europea,

B.

considerando che l’articolo 6, paragrafo 1, del trattato sull’Unione europea recita «l’Unione si fonda sui principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, e dello Stato di diritto, principi che sono comuni agli Stati membri»,

C.

considerando che nell’articolo 6, paragrafo 2, del trattato sull'Unione europea, l'Unione si impegna a rispettare i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU),

D.

considerando che ogni cittadino o residente di un paese firmatario della CEDU che ritenga di essere vittima di una violazione dei propri diritti umani può rivolgersi alla Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo, tenendo presente che prima di adire questa Corte dovrà aver esaurito le vie di ricorso interne, così come stabilito all'articolo 35 della CEDU,

E.

considerando che l’articolo 7 del trattato sull'Unione europea stabilisce le procedure mediante le quali l’Unione può rispondere alle violazioni dei principi menzionati all’articolo 6, paragrafo 1, e ricercare delle soluzioni,

F.

considerando che l’articolo 7 del trattato sull'Unione europea riconosce inoltre al Parlamento europeo il diritto di presentare una proposta motivata al Consiglio intesa a constatare che esiste un evidente rischio di violazione grave da parte di uno Stato membro di uno o più principi su cui si fonda l’Unione,

G.

considerando che l’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea garantisce il rispetto della vita privata e della vita familiare, incluso il domicilio privato dei cittadini, e che l’articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali conferisce i medesimi diritti e chiarisce che «non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui»; considerando che il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione si sono impegnati a rispettare la Carta in tutte le loro attività,

H.

considerando che il diritto alla proprietà privata è riconosciuto come un diritto fondamentale dei cittadini europei dall’articolo 17 della Carta dei diritti fondamentali, in virtù del quale «ogni persona ha il diritto di godere della proprietà dei beni che ha acquistato legalmente, di usarli, di disporne e di lasciarli in eredità», «nessuna persona può essere privata della proprietà se non per causa di pubblico interesse, nei casi e nei modi previsti dalla legge e contro il pagamento in tempo utile di una giusta indennità per la perdita della stessa», e infine «l’uso dei beni può essere regolato dalla legge nei limiti imposti dall’interesse generale»,

I.

considerando che l’articolo 18 del trattato CE stipula che «ogni cittadino dell’Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dal presente trattato e dalle disposizioni adottate in applicazione dello stesso»,

J.

considerando che, in virtù del disposto dell’articolo 295, il trattato CE «lascia del tutto impregiudicato il regime di proprietà esistente negli Stati membri»; che, stando alla giurisprudenza della Corte di giustizia, tale disposizione si limita a riconoscere agli Stati membri il potere di definire la disciplina del diritto di proprietà e che la giurisprudenza della Corte di giustizia ha confermato che la competenza degli Stati membri a questo riguardo deve sempre essere applicata in relazione ai principi fondamentali del diritto comunitario, come la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali (si veda la sentenza del 22 giugno 1976 nella causa C-119/75 Terrapin/Terranova, Raccolta 1976, pag. 1039),

K.

considerando tuttavia che, secondo la giurisprudenza costante della Corte di giustizia, il diritto alla proprietà, pur formando parte integrante dei principi generali del diritto comunitario, non rappresenta un diritto assoluto e deve essere considerato in relazione alla sua funzione sociale; considerando, pertanto, che possono essere apportate restrizioni all'esercizio del diritto di proprietà, purché tali restrizioni rispondano effettivamente ad obiettivi di interesse generale perseguiti dalla Comunità e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato e inaccettabile che leda la sostanza stessa dei diritti così garantiti (si veda la sentenza del 10 dicembre 2002 nella causa C-491/01, British American Tobacco (Investments)/Imperial Tobacco, Raccolta 2002, pag. I-11453),

L.

considerando che, ferma restando tale decisione, secondo la giurisprudenza costante della Corte di giustizia laddove le disposizioni nazionali esulano dalla legislazione comunitaria, la valutazione della loro conciliabilità con i diritti fondamentali garantiti dalla Corte non rientra più nell'ambito della giurisdizione comunitaria (si veda ad esempio, la sentenza del 6 ottobre 2005 nella causa C-328/04, Vajnai, punti 12 e 13, Raccolta 2005, pag. I-8577),

M.

considerando che il primo paragrafo dell'articolo 1 del Primo protocollo addizionale alla CEDU sancisce che «ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni» e che «nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale»; considerando che il secondo paragrafo del medesimo articolo specifica che «le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l'uso dei beni in modo conforme all'interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende»; e che, al tempo della ratifica del suddetto protocollo, la Spagna ha espresso una riserva riguardo all'articolo 1, alla luce dell'articolo 33 della sua Costituzione, che stabilisce quanto segue: «Si riconosce il diritto alla proprietà privata e alla successione ereditaria. 2. La funzione sociale di questi diritti delimita il loro contenuto in conformità della legge. 3. Nessuno può essere privato dei propri beni e diritti se non per causa giustificata di pubblica utilità o nell'interesse sociale, mediante corrispondente indennizzo, e conformemente a quanto disposto dalle leggi»,

N.

considerando che il Parlamento europeo ritiene che l’obbligo di cedere una proprietà privata legittimamente acquisita senza un giusto processo e un equo indennizzo, insieme all’obbligo di pagare i costi arbitrari relativi allo sviluppo di infrastrutture non richieste e spesso inutili, costituisce una violazione dei diritti fondamentali dell’individuo quali definiti dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e in virtù della giurisprudenza della Corte europea per i diritti umani in materia (si veda, ad esempio, la causa Aka contro Turchia (1)),

O.

considerando che nel 2008 le autorità spagnole hanno impartito istruzioni in merito all'attuazione della legge costiera del 1988, ignorata per diversi anni durante i quali si sono compiuti danni ambientali considerevoli alle zone costiere della Spagna; considerando che neanche le attuali istruzioni chiariscono quali siano le misure d'attuazione che le autorità locali e regionali interessate devono adottare, e che molte nuove petizioni ricevute recano testimonianze in merito alla retroattività dei contenuti di tali istruzioni, alla demolizione e distruzione arbitraria di proprietà individuali legittimamente acquisite, alla violazione dei diritti su tali proprietà e all'impossibilità di trasferirli per via ereditaria,

P.

considerando che, visto l'effettivo tracciato della linea di demarcazione, gli interessati sono persuasi che questa sia stata definita in maniera arbitraria a spese dei proprietari stranieri, come ad esempio è avvenuto nell'isola di Formentera,

Q.

considerando che la legge costiera ha un impatto sproporzionato nei confronti dei singoli proprietari, i quali dovrebbero vedere i loro diritti pienamente rispettati, e al contempo insufficiente nei confronti dei veri perpetratori della distruzione delle coste, che in molti casi si sono resi responsabili dello sviluppo urbano incontrollato lungo le coste, ivi compresa la costruzione di complessi turistici, e che dovevano ben sapere che il loro operato violava sistematicamente la normativa in questione,

R.

considerando che nel corso dell’attuale legislatura la commissione per le petizioni, agendo in risposta al numero molto elevato di petizioni ricevute, ha svolto indagini approfondite, riferendo tre volte in merito all’entità della violazione dei diritti legittimi dei cittadini dell'Unione europea nei confronti di proprietà legalmente acquisite in Spagna, ed ha inoltre illustrato dettagliatamente le sue preoccupazioni riguardo ai pregiudizi arrecati allo sviluppo sostenibile, alla tutela ambientale, all’approvvigionamento idrico e alla qualità dell’acqua, nonché alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici nel settore urbanistico e al controllo insufficiente delle procedure urbanistiche da parte di molte autorità locali e regionali in Spagna (2), questioni attualmente soggette a procedimenti giudiziali sia in Spagna che dinanzi alla Corte di giustizia,

S.

considerando i molti esempi di casi in cui tutte le amministrazioni, centrali, autonome e locali, sono responsabili di aver dato vita a un modello di urbanizzazione non sostenibile che ha avuto gravissime conseguenze ambientali, oltre a ripercussioni sul piano economico e sociale,

T.

considerando che il Parlamento europeo ha ricevuto numerose petizioni da parte di singoli cittadini e da diverse organizzazioni rappresentative di cittadini dell'Unione europea che contestano diversi aspetti dell'urbanizzazione e che ha rilevato che molte delle questioni sollevate nelle petizioni presentate in merito all'espansione urbanistica non costituiscono violazione della legislazione comunitaria, come evidenziato dalle comunicazioni agli Stati membri, e andrebbero risolte percorrendo ogni possibile via legale e interna agli Stati membri interessati,

U.

considerando che appare sempre più chiaro che le autorità giudiziarie spagnole hanno iniziato a rispondere alle sfide derivanti dall’urbanizzazione massiccia in molte zone costiere, in particolare indagando e presentando denunce nei confronti di alcuni funzionari locali corrotti che, mediante le loro azioni, hanno promosso uno sviluppo urbano senza precedenti e non regolamentato a scapito dei diritti dei cittadini dell'Unione europea, causando altresì danni irreversibili alla biodiversità e all’integrità ambientale di molte regioni della Spagna; considerando che il Parlamento ha tuttavia constatato, in risposta a tali denunce, che le procedure continuano ad essere eccessivamente lente e che le sentenze emesse in molti di questi procedimenti non possono essere applicate in maniera tale da permettere alle vittime di tali violazioni di ottenere adeguata riparazione e che ciò ha radicato, in numerosi cittadini dell'Unione europea non spagnoli coinvolti, l'idea dell'inerzia e/o della parzialità della giustizia spagnola; considerando tuttavia che è degno di nota la circostanza secondo la quale, una volta esaurite le vie di ricorso interne, vi siano anche possibilità di ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo,

V.

considerando che questa attività diffusa, sostenuta da irresponsabili autorità locali e regionali attraverso una legislazione inadeguata e talvolta ingiustificata che in molti casi contrasta con gli obiettivi definiti in vari atti legislativi europei, ha fortemente danneggiato l’immagine della Spagna ed i suoi vasti interessi economici e politici in Europa, come anche la cattiva applicazione, da parte delle comunità autonome della Spagna, della vigente legislazione in materia di pianificazione urbana e di ambiente ad alcune operazioni di sviluppo urbano, nonché l'emergere di gravi episodi di corruzione in relazione a questi abusi,

W.

considerando che i difensori civici regionali spagnoli sono spesso intervenuti, in circostanze molto difficili, per difendere gli interessi dei cittadini dell'Unione europea in casi di abusi edilizi, anche se in alcune comunità autonome i governi regionali hanno talora potuto ignorare i loro sforzi,

X.

considerando che l’articolo 33 della costituzione spagnola fa riferimento ai diritti di proprietà dei singoli e che tale articolo è stato oggetto di diverse interpretazioni, in particolare per quanto riguarda l’utilità sociale dei beni immobiliari rispetto ai diritti dei singoli nei confronti di case e proprietà legalmente acquisiti; considerando che la Comunità valenciana non ha emanato norme sull'applicazione delle leggi urbanistiche,

Y.

considerando che l'articolo 47 della costituzione spagnola stabilisce che tutti gli spagnoli hanno il diritto di godere di un'abitazione dignitosa ed adeguata, ed assegna alle autorità pubbliche il compito di promuovere le condizioni necessarie e di stabilire norme idonee per rendere effettivo questo diritto, nonché regolare l'utilizzazione del suolo conformemente all'interesse generale al fine di impedire la speculazione,

Z.

considerando che spetta al governo nazionale spagnolo l’obbligo di applicare il trattato CE e di difendere e garantire la piena applicazione del diritto comunitario sul proprio territorio, indipendentemente dall’organizzazione interna delle autorità politiche quale stabilita dalla costituzione del Regno di Spagna,

AA.

considerando che la Commissione, coerentemente con i poteri assegnategli dall’articolo 226 del trattato CE, ha presentato ricorso nei confronti della Spagna, dinanzi alla Corte di giustizia per l’urbanizzazione estensiva ravvisata in Spagna poiché essa riguarda direttamente l’applicazione della direttiva sugli appalti pubblici (3) da parte delle autorità valenciane,

AB.

considerando che la Commissione, su richiesta della commissione per le petizioni, ha avviato un’indagine su più di 250 progetti di urbanizzazione che hanno ricevuto parere negativo da parte delle autorità delle acque e delle autorità dei bacini idrografici preposte di modo da porre tali progetti in contrasto con la direttiva (4) nelle regioni spagnole di Andalusia, Castiglia-La Mancha, Murcia e Valencia,

AC.

considerando che molti di questi progetti di urbanizzazione sono isolati dalle aree urbane consolidate e richiedono notevoli risorse economiche per servizi di base quali l'elettricità, l'approvvigionamento idrico e la viabilità; considerando che gli investimenti nei progetti in parola comprendono spesso un elemento di finanziamento dell'Unione europea,

AD.

considerando che in molti casi documentati di urbanizzazione eccessiva in Spagna la Commissione non è stata in grado di intervenire in maniera efficace non solo rispetto all’applicazione del principio di precauzione, di fondamentale importanza nella legislazione sull’ambiente, ma anche per via della sua interpretazione lassista degli atti varati dalle autorità locali o regionali competenti aventi effetto giuridicamente vincolante, quale l’«approvazione provvisoria» di un piano di sviluppo urbano integrato da parte dell’autorità locale,

AE.

considerando che l’obiettivo della direttiva sulla valutazione strategica dell’impatto ambientale (5), il cui articolo 3 copre esplicitamente il turismo e l’urbanizzazione, è quello di garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e di contribuire all’integrazione di considerazioni ambientali all’atto dell’elaborazione e dell’adozione di piani e programmi al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile; considerando che la direttiva quadro sulle acque richiede che gli Stati membri attuino le misure necessarie per prevenire il deterioramento delle proprie acque e per promuovere l’impiego sostenibile delle risorse di acque dolci,

AF.

considerando che le visite consecutive per l’accertamento dei fatti condotte dalla commissione per le petizioni hanno dimostrato che tali obiettivi sembrano essere spesso interpretati erroneamente da alcune autorità locali e regionali (non solo nelle regioni costiere) al momento di proporre o di decidere programmi di urbanizzazione estensiva; considerando che la maggior parte dei piani di urbanizzazione contestati dalle petizioni comporta la riclassificazione della proprietà fondiaria in terreno urbanizzabile – con un considerevole vantaggio economico per l’agente preposto all’urbanizzazione e per il promotore immobiliare; e considerando che esistono anche in molti casi terreni protetti o che dovrebbero esserlo a motivo della loro delicata biodiversità che vengono dequalificati e riclassificati o non vengono per nulla qualificati, proprio per permettere l’urbanizzazione della zona in causa,

AG.

considerando che tali considerazioni aggravano la violazione dei diritti di proprietà subita da migliaia di cittadini europei che, a causa dei piani degli agenti preposti all’urbanizzazione, non solo hanno perso la loro proprietà legittimamente acquisita ma sono stati obbligati a pagare i costi arbitrari relativi a progetti di infrastrutture non richieste, spesso inutili e non autorizzate che interessano direttamente i loro diritti di proprietà, con il risultato di avere un impatto materiale e morale disastroso su molte famiglie,

AH.

considerando che molte migliaia di cittadini europei hanno acquistato in buona fede beni immobili in Spagna in diverse circostanze, agendo mediante avvocati locali, urbanisti ed architetti, per scoprire solo successivamente di essere rimasti vittime di abusi edilizi ad opera di autorità locali senza scrupoli e che, di conseguenza, la loro proprietà risulterà nella distruzione, essendo stato riscontrato che le loro case sono state costruite illegalmente e risultano quindi prive di valore e invendibili,

AI.

considerando che gli agenti immobiliari di Stati membri come il Regno Unito, ed altri fornitori di servizi legati al mercato dei beni immobili in Spagna, continuano a vendere proprietà in nuove urbanizzazioni pur essendo necessariamente consapevoli della concreta possibilità che il progetto in questione non sarà né finalizzato né realizzato,

AJ.

considerando che le zone naturali mediterranee della Spagna, costiere e insulari, hanno subito una distruzione massiccia nell’ultimo decennio in quanto cemento e calcestruzzo hanno saturato queste regioni determinando un impatto non solo sul fragile ambiente costiero, teoricamente protetto in gran parte dalle direttive Habitat (6)/Natura 2000 e Uccelli (7), come nel caso delle urbanizzazioni a Cabo de Gata (Almería) e in Murcia, ma anche sull’attività sociale e culturale di molte zone, con la conseguente perdita tragica e irreversibile della loro identità e del loro retaggio culturale oltre che della loro integrità ambientale; considerando che ciò è avvenuto principalmente a causa della mancanza di una pianificazione sovraccomunale o di linee guida di pianificazione regionale, che ponessero limiti ragionevoli alla crescita e allo sviluppo urbano, fondati su precisi criteri di sostenibilità ambientale e a causa dell’avidità e del comportamento speculativo di alcune autorità locali e di alcuni operatori del settore edilizio che sono riusciti a ricavare profitti considerevoli dalle attività svolte in questo ambito, molti dei quali sono stati portati all’estero (8),

AK.

considerando che questo modello di crescita ha anche conseguenze negative per il settore del turismo, avendo impatto disastroso sul turismo di qualità, dal momento che distrugge i valori locali incoraggiando un eccessivo sviluppo urbano,

AL.

considerando che questo è un modello che saccheggia i beni culturali, compromette i valori e i tratti distintivi dell'identità fondamentali per la diversità culturale della Spagna, e distrugge siti archeologici, edifici e luoghi di interesse culturale, nonché l'ambiente naturale e il paesaggio circostante,

AM.

considerando che il settore edilizio, dopo aver realizzato profitti ingenti durante gli anni della rapida crescita economica, è risultato la principale vittima dell’attuale crollo dei mercati finanziari, provocato a sua volta anche dalle attività speculative nel settore dell’edilizia abitativa; considerando che questo crollo coinvolge non solo le imprese edili, che ora devono affrontare la bancarotta, ma anche le decine di migliaia di lavoratori del settore che si ritrovano adesso disoccupati a causa delle politiche di urbanizzazione non sostenibili che sono state attuate e delle quali sono diventati loro stessi vittime,

1.

invita il governo spagnolo e le regioni interessate a svolgere un esame approfondito e a rivedere tutta la legislazione che interessa i diritti di proprietà dei singoli quale risultato dell'urbanizzazione massiccia, per porre fine alla violazione dei diritti e degli obblighi sanciti dal trattato CE, dalla Carta dei diritti fondamentali, dalla CEDU e dalle direttive comunitarie pertinenti e confermati da altre convenzioni che l’Unione europea ha sottoscritto;

2.

invita le autorità spagnole ad abolire ogni figura giuridica suscettibile di favorire la speculazione, come quella dell'urbanista (urbanizador);

3.

ritiene che le autorità regionali competenti dovrebbero interrompere l'esecuzione e riesaminare tutti i nuovi piani di urbanizzazione che non rispettano i rigidi criteri di sostenibilità ambientale e di responsabilità sociale e che non garantiscono il rispetto dei diritti legittimi nei confronti di proprietà acquisite legalmente, e a bloccare ed annullare tutti i progetti di sviluppo urbano in corso che non osservino o non applichino i criteri stabiliti dalla legislazione comunitaria, in particolare per ciò che riguarda l’aggiudicazione di appalti nel settore urbanistico e l’ottemperanza alle disposizioni in materia di acque e ambiente;

4.

chiede alle autorità spagnole di assicurare che nessun atto amministrativo che obblighi un cittadino a cedere una proprietà privata legittimamente acquisita, trovi fondamento giuridico in una legge adottata in un tempo successivo alla data di costruzione della proprietà in questione, dal momento che tale circonstanza sarebbe in contrasto con il principio di non retroattività degli atti amministrativi, che è uno dei principi generali della legislazione comunitaria (si veda la sentenza della Corte di giustizia del 29 gennaio 1985 nella causa 234/83, Gesamthochschule Duisburg, Raccolta 1985, pag. 327) e che insidierebbe le garanzie offerte ai cittadini dalla certezza giuridica, dalla fiducia e dalla legittima aspettativa di essere tutelati dalla legislazione dell'Unione europea;

5.

invita le autorità spagnole a sviluppare una cultura della trasparenza volta ad informare i cittadini in merito alla gestione del suolo e a favorire efficaci strumenti di informazione e partecipazione pubblica;

6.

sollecita il governo spagnolo a organizzare un dibattito pubblico, con la partecipazione di tutti gli organi amministrativi, che implichi un'analisi rigorosa da condurre previa istituzione di una commissione di lavoro sullo sviluppo urbano in Spagna, e che consenta di varare misure legislative nei confronti della speculazione e dello sviluppo non sostenibile;

7.

sollecita le autorità nazionali e regionali competenti a stabilire procedure giudiziarie e amministrative efficaci, che coinvolgano i difensori civici regionali, con il potere di predisporre mezzi che permettano di accelerare i tempi per la riparazione e il risarcimento dei danni subiti dalle vittime di abusi edilizi a seguito della cattiva applicazione delle disposizioni della legislazione in vigore;

8.

chiede agli istituti finanziari e commerciali competenti che operano nel settore edilizio e in quello urbanistico di collaborare con le autorità politiche per cercare congiuntamente soluzioni ai problemi dovuti allo sviluppo edilizio su ampia scala e che hanno interessato numerosi cittadini dell'Unione europea, i quali hanno scelto di avvalersi delle disposizioni del trattato che istituisce le Comunità europee, in particolare esercitando il diritto di stabilirsi in uno Stato membro dell’Unione diverso dal loro paese di origine, quale riconosciuto dall’articolo 44 dello stesso;

9.

sollecita le autorità nazionali, regionali e locali a garantire un'equa transazione per i numerosi procedimenti in corso riguardanti cittadini dell'Unione europea danneggiati a causa del mancato completamento delle loro abitazioni causato dalla cattiva pianificazione e coordinamento tra le istituzioni e le imprese di costruzione;

10.

fa rilevare che, se le parti lese non dovessero ottenere riparazione dinanzi ai tribunali spagnoli, esse dovranno appellarsi alla Corte europea per i diritti dell'uomo, visto che le presunte violazioni del diritto fondamentale alla proprietà non rientra nella giurisdizione della Corte di giustizia;

11.

invita le istituzioni dell'Unione europea ad offrire consulenza e sostegno, qualora le autorità spagnole ne facciano richiesta, al fine di dotarle degli strumenti per rimediare efficacemente all’impatto disastroso dell’urbanizzazione massiccia sulle vite dei cittadini in tempi brevi ma ragionevoli;

12.

invita al contempo la Commissione a garantire una rigida applicazione del diritto comunitario e degli obiettivi definiti nelle direttive interessate dalla presente risoluzione, onde poterne assicurare l'osservanza;

13.

esprime grande preoccupazione e sgomento per il fatto che le autorità competenti e le autorità giudiziarie spagnole abbiano incontrato difficoltà nell'affrontare l’impatto dell’urbanizzazione massiccia sulle vite dei cittadini, come testimoniano le migliaia di petizioni ricevute dal Parlamento europeo e dalla sua commissione responsabile in merito a tale problema;

14.

ritiene allarmante che tra gli autori delle petizioni vi sia apparentemente una diffusa mancanza di fiducia nei confronti del sistema giudiziario spagnolo come mezzo efficace per ottenere giustizia ed essere risarciti;

15.

esprime preoccupazione in merito alla inadeguata attuazione delle direttive sul riciclaggio di denaro (9), oggetto adesso di procedura d'infrazione del trattato, che ha ridotto la trasparenza e reso arduo perseguire penalmente la circolazione illecita di capitali, compresi quelli investiti in taluni progetti di urbanizzazione su ampia scala;

16.

è del parere che coloro che hanno acquistato in buona fede della proprietà in Spagna, successivamente dichiarate illegali, debbano vedersi riconosciuto dai tribunali spagnoli il diritto ad un congruo indennizzo;

17.

ritiene che, se i singoli cittadini che hanno acquistato delle proprietà in Spagna, pur essendo consapevoli della possibile illegalità dell'operazione stessa, possono essere obbligati a sostenere i costi derivanti dal rischio assunto, lo stesso ragionamento andrebbe applicato, a fortiori, ai professionisti del settore; ritiene pertanto che i promotori immobiliari che hanno stipulato contratti della cui illegalità sarebbero dovuti essere a conoscenza, non dovrebbero aver diritto ad alcuna compensazione per i progetti abbandonati a causa della non conformità con la legislazione nazionale ed europea, né tantomeno il diritto automatico al rimborso dei versamenti già effettuati ai comuni, se effettuati con la consapevolezza della possibile illegalità dei contratti conclusi;

18.

ritiene, tuttavia, che l’assenza di chiarezza, precisione e certezza riguardo ai diritti di proprietà dei cittadini ravvisata nella legislazione in vigore e la mancanza di un’applicazione corretta e coerente della legislazione sull’ambiente costituiscono la causa fondamentale dei numerosi problemi legati all’urbanizzazione e che questo, insieme ad un certo lassismo nel procedimento giudiziario, non solo ha aggravato il problema ma ha anche generato una forma endemica di corruzione della quale i cittadini dell'Unione europea sono ancora una volta le principali vittime e che ha causato inoltre una perdita significativa allo Stato spagnolo;

19.

appoggia le conclusioni raggiunte dal difensore civico della Comunità valenciana (Síndica de Greuges), un'istituzione di riconosciuto prestigio per la difesa dei diritti fondamentali dei cittadini, che ventila la possibilità che i diritti dei proprietari siano stati violati, sia a causa di un comportamento negligente da parte del promotore immobiliare, sia a causa delle tasse urbanistiche talora eccessive unilateralmente imposte ai proprietari da quest'ultimo;

20.

ritiene necessario che l'accesso all'informazione e la partecipazione dei cittadini al processo urbanistico sia garantito sin dall'inizio dello stesso e che l'informazione ambientale debba essere disponibile in forma chiara, semplice e comprensibile;

21.

ritiene che né dalla normativa urbanistica in vigore né dalle autorità competenti sia stata data una chiara definizione di «interesse generale», e che questo viene invocato per approvare progetti non sostenibili dal punto di vista ambientale e in alcuni casi per aggirare valutazioni negative di impatto ambientale e le relazioni delle rispettive Confederaciónes Hidrográficas;

22.

riconosce e sostiene gli sforzi delle autorità spagnole per la protezione dell'ambiente costiero e per il suo ripristino, ove possibile, con criteri che consentono il rispetto della biodiversità e il ristabilimento di specie floristiche e faunistiche autoctone; in questo contesto chiede loro di riesaminare ed eventualmente modificare la legge costiera onde salvaguardare i diritti dei legittimi proprietari di immobili e di piccoli appezzamenti di terreno che non hanno impatto negativo sull'ambiente costiero; sottolinea che questa protezione non deve essere ammessa per quelle urbanizzazioni concepite a scopo speculativo e che non favoriscono il rispetto delle direttive comunitarie ambientali applicabili; si impegna a riesaminare le petizioni pervenute a tale proposito alla luce delle risposte delle competenti autorità spagnole;

23.

esprime preoccupazione in merito alla situazione della pianificazione urbana delle città di Marbella in Andalusia, dove decine di migliaia di case costruite illegalmente, che con ogni probabilità sono in contrasto con la legislazione comunitaria in tema di protezione dell'ambiente e di partecipazione pubblica, di politica idrica e di appalti pubblici, sono in procinto di beneficiare di una sanatoria grazie a un nuovo piano regolatore generale per la città, in assenza di certezza giuridica e di tutela per gli acquirenti, per i proprietari e per i cittadini in generale;

24.

plaude alle attività svolte dai difensori civici regionali («síndics de greuges») e dai loro servizi, sostenendole pienamente, e alla diligenza dei pubblici ministeri («fiscales») che hanno lavorato con grande impegno per ripristinare l'applicazione, da parte delle istituzioni interessate, delle procedure appropriate relative a tali questioni;

25.

si congratula inoltre per l’attività svolta dai firmatari delle petizioni, dalle loro associazioni e dalle associazioni della comunità locale, coinvolgendo decine di migliaia di cittadini spagnoli e di paesi diversi dalla Spagna, che hanno portato questo problema all’attenzione del Parlamento europeo e che hanno svolto un ruolo determinante per la salvaguardia dei diritti fondamentali dei loro vicini e di tutti coloro interessati da questo complesso problema;

26.

ricorda che la direttiva concernente la valutazione dell’impatto ambientale (10) e la direttiva sulla valutazione strategica dell’impatto ambientale (11) stabiliscono l’obbligo di consultare la popolazione interessata nella fase di definizione ed elaborazione dei piani e non – come è spesso accaduto nei casi portati all’attenzione della commissione parlamentare per le petizioni – dopo che tali piani sono stati di fatto decisi dall’autorità locale; ricorda, nello stesso contesto, che qualsiasi modifica sostanziale dei piani in corso deve rispettare la medesima procedura e che i piani devono essere attuali e non statisticamente imprecisi o obsoleti;

27.

rammenta inoltre che, ai sensi dell’articolo 91 del regolamento (CE) n. 1083/2006 (12), la Commissione può decidere di sospendere il finanziamento dei fondi strutturali e che in virtù dell’articolo 92 del medesimo regolamento può sospendere il pagamento a uno Stato membro o a una regione interessati e adottare misure correttive per i progetti beneficiari del finanziamento ma che sono successivamente considerati come non aver ottemperato pienamente alle regole che disciplinano l’applicazione degli atti legislativi comunitari pertinenti;

28.

ricorda altresì che il Parlamento europeo, quale autorità di bilancio, può anche decidere di assegnare il finanziamento destinato alle politiche di coesione alla riserva, se lo ritiene necessario, per convincere uno Stato membro a porre fine a gravi violazioni delle regole e dei principi che ha l’obbligo di rispettare in virtù del trattato o a seguito dell’applicazione del diritto comunitario, fintanto che il problema non viene risolto;

29.

ribadisce le conclusioni contenute nelle sue precedenti risoluzioni chiamando in causa i metodi di designazione degli agenti preposti all’urbanizzazione e i poteri, spesso eccessivi, attribuiti agli urbanisti e ai promotori immobiliari da talune autorità locali, a spese delle comunità e dei cittadini che possiedono abitazioni nella zona interessata;

30.

invita nuovamente gli enti locali a consultare i cittadini e a coinvolgerli nei progetti di sviluppo urbano per incoraggiare uno sviluppo urbano equo, trasparente e sostenibile, ove ciò sia necessario, nell’interesse delle comunità locali, e non nel solo interesse dei promotori immobiliari, degli agenti immobiliari o per altri interessi personali;

31.

invita le autorità responsabili per l'urbanizzazione ad estendere i processi di consultazione urbanistica ai proprietari, inviando le relative comunicazioni con avviso di ricevimento, ogni volta che vi siano cambiamenti di destinazione delle loro proprietà, ed a proporre alle autorità locali di emettere convocazioni dirette e personali durante le procedure di appello relative ai piani di zonizzazione o di riclassificazione;

32.

condanna con fermezza la pratica illecita con la quale taluni promotori immobiliari arrecano pregiudizio, mediante sotterfugi, al diritto legittimo di proprietà dei cittadini dell'Unione europea, interferendo con la registrazione dei terreni e con le notifiche catastali e invita le autorità locali rilevanti a porre in essere le garanzie giuridiche idonee per scongiurare tale pratica;

33.

ribadisce che, qualora sia previsto un indennizzo per una perdita di proprietà, esso andrebbe fissato a livelli adeguati in conformità alla legge e alla giurisprudenza della Corte di giustizia e della Corte europea dei diritti umani;

34.

rammenta che la direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese verso i consumatori nel mercato interno (13), obbliga tutti gli Stati membri a fornire mezzi appropriati per ottenere riparazione legale e mezzi di ricorso per i consumatori che sono stati vittime di tali pratiche, e a garantire che siano previste sanzioni adeguate per contrastarle;

35.

invita nuovamente la Commissione a lanciare una campagna d’informazione rivolta ai cittadini dell'Unione europea che acquistano beni immobili in uno Stato membro diverso dal proprio;

36.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione alla Commissione e al Consiglio, al governo e al parlamento del Regno di Spagna, ai governi e alle assemblee parlamentari delle regioni autonome, ai difensori civici spagnoli nazionali e regionali nonché ai firmatari delle petizioni.


(1)  Sentenza del 23 settembre 1998; si veda anche la risoluzione del Parlamento europeo, del 21 giugno 2007, sui risultati della missione di accertamento dei fatti condotta nelle regioni spagnole di Andalusia, Valencia e Madrid a nome della commissione per le petizioni (GU C 146 E del 12.6.2008, pag. 340).

(2)  Si veda la sopraccitata risoluzione del 21 giugno 2007 e la risoluzione del 13 dicembre 2005 sulle denunce di utilizzazione abusiva della legge sulla proprietà fondiaria di Valencia o legge sulla regolamentazione delle attività urbanistiche (Ley reguladora de la actividad urbanística - LRAU) e i suoi effetti sui cittadini europei (Petizioni 609/2003, 732/2003, 985/2002, 1112/2002, 107/2004 e altre) (GU C 286 E del 23.11.2006, pag.225).

(3)  Direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU L 134 del 30.4.2004, pag. 114).

(4)  Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque (GU L 327 del 22.12.2000, pag. 1).

(5)  Direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente (GU L 197 del 21.7.2001, pag. 30).

(6)  Direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992 relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206 del 22.7.1992, pag. 7).

(7)  Direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979 concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU L 103 del 25.4.1979, pag. 1).

(8)  Si vedano le recenti relazioni pubblicate dalla Banca di Spagna, da Greenpeace e da Transparency International.

(9)  Direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose compreso il finanziamento del terrorismo (GU L 309 del 25.11.2005, pag. 15); direttiva 2006/70/CE della Commissione, del 1o agosto 2006, recante misure di esecuzione della direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda la definizione di persone politicamente esposte e i criteri tecnici per le procedure semplificate di adeguata verifica della clientela e per l’esenzione nel caso di un’attività finanziaria esercitata in modo occasionale o su scala molto limitata (GU L 214 del 4.8.2006, p. 29).

(10)  Direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU L 175 del 5.7.1985, pag. 40).

(11)  Direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente (GU L 197 del 21.7.2001, pag. 30).

(12)  Regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio, dell’11 luglio 2006, recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione (GU L 210 del 31.7.2006, pag. 25).

(13)  Direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno (GU L 149 dell'11.6.2005, pag. 22).


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/198


Giovedì 26 marzo 2009
Stato delle relazioni transatlantiche all’indomani delle elezioni negli Stati Uniti

P6_TA(2009)0193

Risoluzione del Parlamento europeo del 26 marzo 2009 sullo stato delle relazioni transatlantiche all’indomani delle elezioni negli Stati Uniti d’America (2008/2199(INI))

2010/C 117 E/32

Il Parlamento europeo,

viste le sue precedenti risoluzioni sulle relazioni transatlantiche, in particolare le due risoluzioni del 1o giugno 2006 sullo sviluppo delle relazioni fra l’Unione europea e gli Stati Uniti nel quadro di un accordo di partenariato transatlantico (1) e sulle relazioni economiche transatlantiche UE-USA (2), nonché la sua risoluzione del 25 aprile 2007 sulle relazioni transatlantiche (3) e la più recente risoluzione del 5 giugno 2008 sul vertice UE/Stati Uniti (4),

vista la dichiarazione transatlantica sulle relazioni tra l’Unione europea e gli Stati Uniti del 1990 e la Nuova agenda transatlantica (NAT) del 1995,

visto l’esito del vertice UE-USA tenutosi il 10 giugno 2008 a Brdo,

viste le conclusioni della riunione informale del Consiglio «affari generali» dell’Unione europea, tenutasi l’8 gennaio 2009 durante la Presidenza ceca e avente per oggetto le aree prioritarie della cooperazione transatlantica (cooperazione finanziaria ed economica, sicurezza energetica, preparazione della Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico e sul dialogo rafforzato con il Medio Oriente, l’Afghanistan e l’Iran),

viste le dichiarazioni congiunte del 64o Dialogo legislativo transatlantico (DLT), tenutosi a maggio 2008 a Lubiana, e del 65o DLT, tenutosi a dicembre 2008 a Miami,

viste le conclusioni del Consiglio europeo dell’11 e 12 dicembre 2008,

vista la dichiarazione del vertice del Consiglio Nord Atlantico (NAC) tenutosi il 3 aprile 2008 a Bucarest,

viste le sue risoluzioni sull’approccio dell’Unione europea nei confronti, tra gli altri, di Medio Oriente, Afghanistan, Iran e Iraq, nonché le sue risoluzioni sulle Nazioni Unite e gli obiettivi di sviluppo del millennio (OSM) e sulla sicurezza energetica,

visto l’articolo 45 del suo regolamento,

visti la relazione della commissione per gli affari esteri e i pareri della commissione per il commercio internazionale e della commissione per i problemi economici e monetari (A6-0114/2009),

A.

considerando che l’insediamento del nuovo Presidente degli Stati Uniti apre una nuova era nella storia del paese e che tale evento, ha generato enormi aspettative nel mondo e può dare un nuovo impulso al partenariato transatlantico,

B.

considerando che l’Unione europea è un attore sempre più influente sulla scena mondiale e che, con la futura entrata in vigore del trattato di Lisbona e dei relativi strumenti di politica estera, il ruolo internazionale dell’Unione europea acquisirà maggiore spessore e coerenza,

C.

considerando che, stando ai sondaggi, la maggioranza degli europei è favorevole ad un rafforzamento della presenza dell’Unione europea sulla scena internazionale e che la maggior parte dei cittadini europei e americani ritiene che l’Unione europea e gli Stati Uniti debbano rispondere alle minacce internazionali attraverso un’azione concertata,

D.

considerando che molti europei si attendono dalla nuova amministrazione statunitense un atteggiamento di collaborazione in ambito internazionale e un rafforzamento delle relazioni tra l’Unione europea e gli Stati Uniti basate sul rispetto reciproco e la reciproca comprensione dei vincoli e delle priorità della controparte,

E.

considerando che il partenariato transatlantico deve rimanere un pilastro dell’azione esterna dell’Unione,

F.

considerando che il partenariato transatlantico si fonda sulla condivisione di valori fondamentali quali la democrazia, i diritti umani, lo stato di diritto e il multilateralismo, nonché su obiettivi comuni come l’apertura e l’integrazione delle economie e lo sviluppo sostenibile; considerando la solidità di tale base comune, nonostante alcune divergenze degli ultimi anni,

G.

considerando che Stati Uniti e Unione europea svolgono un ruolo determinante a livello mondiale sia sul piano politico che economico e condividono le responsabilità in materia di promozione della pace, rispetto dei diritti umani e stabilità, oltre che nell’affrontare pericoli e sfide globali quali la grave crisi finanziaria, l’eliminazione della povertà e il conseguimento di altri OSM, il cambiamento climatico, la sicurezza energetica, il terrorismo e la proliferazione nucleare,

H.

considerando che, in un mondo sempre più globale, complesso e mutevole, è nell’interesse di entrambi i partner, Unione europea e Stati Uniti, definire congiuntamente il clima internazionale e affrontare all’unisono le minacce e le sfide comuni sulla base del diritto internazionale e delle istituzioni multilaterali, in particolare del sistema delle Nazioni Unite, e invita altri partner a cooperare a tal fine,

I.

considerando che occorre responsabilizzare anche gli operatori emergenti riguardo all’ordine mondiale, poiché, come affermato nel luglio 2008 a Berlino dall’allora candidato alla presidenza Barack Obama, nessuna nazione, per quanto grande e potente, può sconfiggere da sola le minacce globali,

J.

considerando che, alla luce dell’importanza dei rapporti tra i due partner, delle loro responsabilità per quanto concerne l’ordine internazionale e dei cambiamenti che stanno vivendo al pari del resto del mondo, è essenziale che il partenariato tra Unione europea e Stati Uniti sia fondato su una base solida e sempre attuale, quale un nuovo accordo di partenariato,

K.

considerando che il partenariato transatlantico e la NATO sono indispensabili ai fini della sicurezza collettiva,

L.

considerando che è necessario che il Consiglio economico transatlantico (CET) continui a perseguire l’obiettivo di un mercato autentico transatlantico e integrato e che occorre una leadership congiunta per riformare le istituzioni economiche internazionali nell’attuale contesto di crisi,

M.

considerando che il prodotto interno lordo (PIL) di Unione europea e Stati Uniti rappresenta oltre la metà del PIL mondiale; che i due partner sono legati dal più importante accordo bilaterale in materia di commercio e investimenti e che, secondo la Commissione, quasi 14 milioni di posti di lavoro nell’Unione europea e negli Stati Uniti dipendono dalle relazioni commerciali e dagli investimenti transatlantici,

Questioni istituzionali bilaterali

1.

si congratula con Barack Obama per la sua elezione a Presidente degli Stati Uniti d’America; rammenta il suo impegno per un partenariato transatlantico da lui enfaticamente sottolineato nel suo discorso di Berlino del luglio 2008, in cui dichiarava che gli Stati Uniti non hanno un partner migliore dell’Unione europea e sottolineava l’urgenza di un’azione congiunta per far fronte alle sfide del ventunesimo secolo; rinnova il proprio invito al Presidente Obama a rivolgersi al Parlamento europeo durante la sua prima visita ufficiale in Europa;

2.

invita il Consiglio, gli Stati membri e la Commissione ad accrescere il coordinamento e la coerenza della politica dell’Unione europea nei confronti della nuova amministrazione statunitense;

3.

è convinto che il rapporto UE-USA costituisca il partenariato strategico più importante per l’Unione; ritiene che un’azione coordinata tra Unione europea e Stati Uniti nell’affrontare le sfide globali, rispettando al tempo stesso il diritto internazionale e rafforzando il multilateralismo, rivesta un’importanza fondamentale per la comunità internazionale; invita la Presidenza ceca del Consiglio e la Commissione a definire con la nuova amministrazione statunitense un programma comune di obiettivi a breve e lungo termine sia in materia di questioni bilaterali che di problematiche globali, regionali e relative ai conflitti;

4.

accoglie con grande favore il vertice in programma a Praga il 5 aprile 2009 fra il presidente Obama e i 27 capi di Stato e di governo dell’Unione europea, e auspica che questo incontro imprima un forte impulso al rafforzamento delle relazioni transatlantiche e alla fissazione di un’agenda comune;

5.

sottolinea quanto sia opportuno sfruttare l’attuale slancio anche per migliorare e rinnovare il quadro delle relazioni transatlantiche; insiste sulla necessità di sostituire l’attuale NAT, adottata nel 1995, con un nuovo accordo di partenariato transatlantico, al fine di conferire alle relazioni tra le due parti una base più solida e aggiornata;

6.

ritiene opportuno che i negoziati sul nuovo accordo abbiano inizio contestualmente all’entrata in vigore del trattato di Lisbona, affinché possano essere ultimati prima del 2012;

7.

è convinto che il CET, in qualità di organismo incaricato di potenziare l’integrazione economica e la cooperazione normativa, debba essere incluso nel nuovo accordo; saluta con favore il fatto che il CET benefici dei contributi di varie parti interessate, fra cui rappresentanti dell’imprenditoria, e chiede che un ruolo analogo sia riconosciuto ai rappresentanti sindacali di entrambe le sponde dell’Atlantico;

8.

raccomanda che i vertici UE-USA si tengano due volte l’anno, onde assicurare un orientamento e uno slancio strategico al partenariato, e che essi provvedano ad esercitare un’adeguata vigilanza sull’attuazione degli obiettivi precedentemente identificati;

9.

è del parere che il nuovo accordo debba istituire un organismo per la consultazione e il coordinamento sistematici e ad alto livello della politica estera e di sicurezza; raccomanda che la presidenza di tale organismo sia affidata all’Alto Rappresentante/vice/presidente della Commissione, in rappresentanza dell’Unione europea, e al Segretario di Stato, in rappresentanza degli Stati Uniti, e che le sue riunioni avvengano con scadenza almeno trimestrale, ferma restando la possibilità di mantenere contatti informali tra le parti; propone di denominare tale organismo Consiglio politico transatlantico (CPT);

10.

ribadisce l’opportunità che il nuovo accordo aggiorni e trasformi l’attuale DLT in un’assemblea transatlantica, che serva da strumento di dialogo parlamentare, di definizione degli obiettivi e di controllo congiunto dell’attuazione di tale accordo nonché di coordinamento tra l’attività del Parlamento europeo e quella del Congresso statunitense su temi di comune interesse, compresa una stretta collaborazione tra commissioni e relatori di entrambe le parti; ritiene che tale assemblea dovrebbe riunirsi in seduta plenaria due volte l’anno ed essere composta su base paritaria sia da deputati al Parlamento europeo che da membri di entrambe la camere del Congresso statunitense; ritiene che l’assemblea possa istituire gruppi di lavoro volti a preparare le sedute plenarie; ribadisce che è opportuno dotare tale assemblea di un sistema legislativo di allerta precoce reciproco; ritiene che un comitato direttivo debba avere il compito di rafforzare la cooperazione tra le commissioni e i relatori del Parlamento europeo e del Congresso statunitense sulla legislazione pertinente, in riferimento ad una maggiore integrazione del mercato transatlantico e in particolare all’attività del CET;

11.

ritiene che l’assemblea transatlantica debba essere informata dal CET e dal CPT riguardo le loro attività, compreso il diritto di tenere audizioni con i rappresentanti di tali consigli e che debba essere in grado di presentare proposte a entrambi i consigli nonché ai vertici UE-USA; chiede che, oltre a rafforzare il ruolo dei parlamentari all’interno del CET, entrambi i copresidenti dell’assemblea siano invitati a partecipare alla seduta di apertura delle riunioni di entrambi i consigli e dei vertici UE-USA;

12.

invita il Congresso statunitense, in piena cooperazione con il Parlamento europeo, a riflettere sulla possibilità di istituire un ufficio di collegamento del Congresso americano a Bruxelles;

13.

invita il Segretario generale del Parlamento a dare urgentemente attuazione alla decisione dell’Ufficio di presidenza, dell’11 dicembre 2006, relativa al distacco di un funzionario a Washington in qualità di funzionario di collegamento;

14.

ribadisce i vantaggi di un programma comune di scambi di personale e invita il Segretario generale del Parlamento ad esaminare insieme ai funzionari della Camera dei rappresentanti e del Senato statunitense la fattibilità di un memorandum comune sugli scambi di personale, simile a quello firmato tra il Parlamento e il segretariato dell’ONU;

15.

sottolinea che il partenariato transatlantico deve essere sostenuto da una profonda conoscenza e da più stretti legami tra le società civili delle due parti; insiste sulla necessità di intensificare gli scambi di studenti, rappresentanti del mondo accademico e altri soggetti della società civile di entrambe le parti affinché sia le generazioni attuali che quelle future acquisiscano una comprensione reciproca e restino fedeli agli obiettivi del partenariato in oggetto; ritiene che il sostegno a tale iniziativa debba essere assicurato dal bilancio 2010 dell’Unione europea e dalle risorse delle competenti istituzioni statunitensi in modo che l’iniziativa stessa possa svilupparsi efficacemente;

16.

accoglie con favore la crescente presenza di organizzazioni americane a Bruxelles e in particolare il loro impegno verso l’Unione europea, le sue istituzioni e il rafforzamento del partenariato UE-USA; sottolinea la necessità che le organizzazioni europee si adoperino con pari impegno per essere presenti a Washington ed elevare così il profilo dell’Unione europea e quello della visione europea dei temi transatlantici e globali presso la comunità politica statunitense; è consapevole che spesso le istituzioni europee non possono competere con le controparti americane quanto alla disponibilità di risorse; propone pertanto che siano resi disponibili i fondi da assegnare prioritariamente a progetti elaborati da organismi europei, allo scopo di accrescere la conoscenza e la comprensione delle visioni e delle problematiche europee negli Stati Uniti;

17.

invita l’Unione europea e gli Stati Uniti a rafforzare la loro cooperazione nel campo della cultura e a continuare a promuovere e stimolare gli scambi culturali e a valorizzarne i mutui benefici;

18.

sottolinea l’importanza di una più stretta cooperazione in materia di programmi spaziali, soprattutto fra l’ESA (Agenzia spaziale europea) e la NASA;

Sfide globali

19.

esorta entrambi i partner a impegnarsi in un multilateralismo efficace, che coinvolga gli operatori emergenti in uno spirito di responsabilità condivisa in materia di ordine mondiale, rispetto del diritto internazionale e problemi comuni; insiste affinché l’Unione europea e gli Stati Uniti accrescano gli sforzi volti al raggiungimento degli obiettivi fissati dal programma di riforma dell’ONU, compresa la riforma del Consiglio di sicurezza e di altre sedi multilaterali nell’ambito dell’architettura globale;

20.

invita entrambi i partner a promuovere il rispetto dei diritti umani nel mondo in quanto componente essenziale delle rispettive politiche; sottolinea la necessità di intensificare il coordinamento delle iniziative diplomatiche a livello di prevenzione e gestione delle crisi e di risposta coordinata ed efficiente a pandemie ed emergenze umanitarie; sollecita la nuova amministrazione statunitense a ratificare e ad aderire allo Statuto di Roma della Corte penale internazionale; ribadisce il proprio appello per l’abolizione della pena di morte;

21.

esorta entrambi i partner a contribuire in modo decisivo al raggiungimento degli OSM, soprattutto in Africa, la cui realizzazione non deve essere messa a rischio dalla crisi economica, e li invita ad esaminare un’eventuale azione coordinata in tale ambito; sollecita i due partner ad onorare l’impegno di versare lo 0,7 % del loro PIL per la cooperazione allo sviluppo;

22.

invita entrambi i partner a guidare congiuntamente gli sforzi multilaterali, avviati in occasione della conferenza di Washington del 15 novembre 2008, per risolvere l’attuale crisi finanziaria ed economica e riformare il sistema finanziario internazionale, la Banca mondiale e il FMI, con la partecipazione delle potenze emergenti, evitando il ricorso a politiche protezionistiche e favorendo l’esito positivo dei negoziati OMC di Doha;

23.

si compiace per il profondo impegno manifestato dal nuovo Presidente americano nell’affrontare il cambiamento climatico; esorta l’Unione europea e gli Stati Uniti a prendere l’iniziativa per raggiungere un ambizioso accordo post-2012 in occasione della conferenza di Copenaghen prevista per il 2009 e a coinvolgere tutti i paesi produttori di gas serra, ottenendo da loro l’impegno a raggiungere obiettivi vincolanti a medio e lungo termine;

24.

chiede all’Unione europea e agli Stati Uniti di dar vita a una maggiore collaborazione in materia di energia; insiste affinché le due parti considerino prioritario il coordinamento efficiente della loro azione nei confronti dei paesi produttori e l’accresciuta differenziazione di offerta, risorse e modalità di trasporto; propugna una cooperazione scientifica e tecnologica più efficace sui temi dell’energia e dell’efficienza energetica;

25.

ricorda la relazione del National Intelligence Council (NIC) intitolata «Global Trends 2025: A Transformed World» e, alla luce della necessità di adottare una visione strategica a lungo termine sulle questioni politiche in seno alle istituzioni dell’Unione europea, esorta le Presidenze ceca (da gennaio a giugno 2009) e svedese (da luglio a dicembre 2009) ad adoperarsi per istituire un sistema di analisi paragonabile a quello utilizzato dal NIC, allo scopo di identificare le tendenze a lungo termine da una prospettiva europea e a cooperare strettamente a tal fine con l’Istituto dell’Unione europea per gli studi sulla sicurezza; è persuaso che tale misura semplificherà il dialogo sulle principali questioni strategiche che il partenariato transatlantico deve affrontare nel lungo periodo;

Questioni regionali

26.

sottolinea che è indispensabile pervenire ad una risoluzione pacifica ed equa del conflitto nel medio/oriente e apprezza il fatto che tale obiettivo rappresenterà una delle priorità più urgenti della nuova amministrazione statunitense; chiede all’amministrazione statunitense di coordinarsi strettamente con l’Unione europea e di perseguire il suo impegno in seno al Quartetto; valuta positivamente la pronta nomina di un inviato speciale degli Stati Uniti per il Medio Oriente nella persona dell’ex senatore George Mitchell; sottolinea che entrambi i partner dovrebbero adoperarsi per intensificare i negoziati sulla base della «road map» e dei risultati della conferenza di Annapolis, allo scopo di approdare a una soluzione che preveda l’esistenza di due Stati; sollecita entrambi i partner a cooperare strettamente per rendere saldo e durevole l’attuale fragile cessate il fuoco a Gaza, coinvolgendo al tempo stesso gli attori regionali e contribuendo al conseguimento degli obiettivi della risoluzione 1860 del Consiglio di sicurezza dell’ONU, dell’8 gennaio 2009 (S/RES/1860(2009)), come gli immediati soccorsi umanitari per la popolazione di Gaza e la garanzia che venga impedito il traffico clandestino di armi e munizioni e venga revocato il blocco di Gaza; invita i partner transatlantici a sostenere gli sforzi a favore della riconciliazione inter-palestinese; sottolinea quanto sia importante migliorare le condizioni di vita dei palestinesi, residenti sia in Cisgiordania che a Gaza, anche per quanto concerne la ricostruzione di quest’ultima;

27.

sollecita l’Unione europea e gli Stati Uniti a cooperare per il rinnovo delle strategie tese a promuovere gli sforzi mirati a rafforzare il rispetto dei diritti umani e della democrazia nel Medio Oriente, sulla base del potere economico e del «soft power» di cui dispongono nella regione;

28.

sottolinea che in Afghanistan sono in gioco i valori, la sicurezza e la credibilità della comunità transatlantica; invita l’Unione europea, gli Stati Uniti, la NATO e l’ONU a elaborare una nuova visione strategica comune, fondata sulla piena integrazione di tutte le componenti dell’impegno internazionale, al fine di accrescere la sicurezza in tutte le regioni interessate, rafforzare le istituzioni statali e locali afgane e consolidare lo Stato e la sua prosperità in stretta cooperazione con gli Stati vicini; ritiene che debba essere perseguito, quale obiettivo finale, il trasferimento graduale delle competenze in materia di sicurezza e stabilità alle autorità afghane; rammenta la risoluzione 1833 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, del 22 settembre 2008 (S/RES/1833(2008)), che incoraggia tutti i partiti e i gruppi afgani a intessere un dialogo politico costruttivo e a evitare il ricorso alla violenza;

29.

invita l’Unione europea e gli Stati Uniti a sviluppare una strategia comune sul Pakistan intesa a consolidare le istituzioni democratiche e lo stato di diritto in tale paese, nonché la sua capacità di combattere il terrorismo e a incoraggiare al tempo stesso il coinvolgimento attivo del Pakistan nel garantire la stabilità della regione, come pure la sicurezza della frontiera afghana e il pieno controllo da parte del governo pakistano delle province di frontiera e delle aree tribali; apprezza la nomina di Richard Holbrooke ad inviato speciale nella regione afghano-pakistana;

30.

sottolinea che il programma nucleare iraniano rappresenta una minaccia per il sistema di non proliferazione e per la stabilità della regione e del mondo; accoglie con favore l’annuncio del presidente Obama sulla possibilità di dare maggiore importanza ai contatti diretti con l’Iran e appoggia l’obiettivo, promosso in modo unitario da entrambi i partner, di accordarsi su una soluzione negoziata con l’Iran, adottando la duplice strategia del dialogo e delle sanzioni e coordinando gli interventi in tal senso con altri membri del Consiglio di sicurezza e l’Agenzia internazionale per l’energia atomica; ritiene che qualsiasi iniziativa relativa all’Iran, proposta da uno dei partner, debba essere coordinata in stretto rapporto con l’altro partner, in uno spirito di fiducia e trasparenza; invita i partner transatlantici a definire al più presto un approccio comune nel confronti dell’Iran, senza attendere di dover affrontare il problema in via d’urgenza;

31.

si compiace per la ratifica dell’accordo tra Stati Uniti e Iraq inerente alla presenza in Iraq delle forze militari statunitensi; sottolinea la disponibilità dell’Unione europea a rinnovare il proprio contributo alla ricostruzione dell’Iraq, con particolare riguardo alla tutela dello stato di diritto, al rispetto dei diritti umani, al consolidamento delle istituzioni statali e al sostegno dello sviluppo economico dell’Iraq e al suo reinserimento nell’economia mondiale; chiede ai partner di proseguire, attraverso interventi coordinati, la collaborazione con il governo iracheno e con le Nazioni Unite, intesa a migliorare la stabilità e la riconciliazione nazionale e a contribuire all’unità e all’indipendenza dell’Iraq;

32.

invita entrambe le parti a coordinare da vicino le rispettive politiche nei confronti della Russia; consapevole dell’importanza della Russia quale Stato limitrofo, della sua interdipendenza con l’Unione europea e del suo ruolo di importante attore a livello regionale e globale, sottolinea l’opportunità di impostare una cooperazione costruttiva con tale paese relativamente alle sfide, minacce e opportunità di reciproco interesse, tra cui le questioni legate alla sicurezza, il disarmo e la non proliferazione, senza compromettere l’osservanza dei principi democratici, dei diritti umani e del diritto internazionale; sottolinea a tale riguardo la necessità di rafforzare la fiducia reciproca tra i partner transatlantici e la Russia e di intensificare la cooperazione all’interno del Consiglio NATO-Russia; chiede a entrambi i partner transatlantici di coordinare strettamente le loro posizioni riguardo a qualsiasi riforma dell’architettura europea di sicurezza, nel rispetto dei principi dell’OSCE e preservando la coerenza della NATO; ritiene che l’evoluzione di tale architettura, che contempla anche accordi internazionali come il trattato sulle forze convenzionali in Europa, debba essere oggetto di dialogo con la Russia e altri paesi dell’OSCE non facenti parte dell’Unione europea;

33.

plaude alle recenti dichiarazioni rese dal Vice presidente americano Joe Biden alla conferenza sulla sicurezza europea tenutasi a Monaco, secondo le quali gli Stati Uniti proseguiranno le consultazioni con gli alleati NATO e con la Russia sul sistema di difesa missilistica statunitense e la nuova amministrazione valuterà i costi e l’efficienza del sistema; prende atto di quanto segnalato dalla Russia riguardo alla sospensione dei progetti volti ad appostare missili a corto raggio Iskander a Kaliningrad;

34.

invita l’Unione europea e gli Stati Uniti a sviluppare una strategia comune per i sei paesi dell’Europa orientale (Moldova, Ucraina, Georgia, Armenia, Azerbaigian e Bielorussia) che rientrano nell’ambito della politica europea di vicinato, onde conseguire risultati decisivi e duraturi nell’attuazione del nuovo partenariato orientale e della sinergia del Mar Nero;

35.

esorta entrambi i partner a prestare particolare attenzione all’America latina, e in particolare alle sue organizzazioni regionali, e a coordinare i rispettivi sforzi per consolidare la democrazia, il rispetto dei diritti umani, il buon governo, la lotta alla povertà, il rafforzamento della coesione sociale, delle economie di mercato e dello stato di diritto (ivi compresa la lotta alla criminalità organizzata e al traffico di droga), e per sostenere l’integrazione a livello regionale e la cooperazione in materia di cambiamento climatico;

36.

raccomanda, inoltre, la promozione di una posizione comune rispetto agli altri principali attori geopolitici, quali Cina, India e Giappone, nonché riguardo alle crisi e ai problemi molteplici dell’Africa subsahariana;

Difesa, controllo degli armamenti e sicurezza

37.

sottolinea l’importanza della NATO in quanto pietra angolare della sicurezza transatlantica; accoglie con favore la decisione del Consiglio europeo del dicembre 2008 di rafforzare il partenariato strategico tra Unione europea e NATO e chiede a entrambi i partner di accelerare la costituzione di un gruppo ad alto livello Unione europea e NATO per migliorare la cooperazione tra le due organizzazioni; propone che si tengano colloqui sull’utilità di una Strategia di sicurezza euro-atlantica che definisca problemi ed interessi comuni in materia di sicurezza;

38.

sottolinea l’importanza crescente della politica europea di sicurezza e di difesa e la necessità di perseverare nell’intento di migliorare le capacità civili e militari dell’Unione; si compiace che il vertice NATO, svoltosi ad aprile 2008 a Bucarest, abbia riconosciuto l’importanza di potenziare la capacità di difesa dell’Unione europea per rafforzare la sicurezza transatlantica;

39.

invita l’Unione europea e gli Stati Uniti ad adottare una strategia comune in tutte le sedi internazionali, e in particolare in seno all’ONU, per il disarmo relativo alle armi di distruzione di massa e agli armamenti convenzionali; esorta la nuova amministrazione statunitense a riprendere l’impegno con la Russia in materia di controllo degli armamenti e disarmo, al fine di ampliare gli accordi bilaterali esistenti tra i due paesi; sottolinea la necessità di intensificare la cooperazione, per compiere passi avanti in vista della conferenza di revisione del TNP nel 2010 e si compiace dell’impegno assunto dal nuovo Presidente degli Stati Uniti per la ratifica del trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari;

40.

sottolinea quanto sia importante rafforzare la cooperazione transatlantica nella lotta al terrorismo, sulla base del pieno rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani, nonché sostenere il ruolo dell’ONU nel combattere tale minaccia; evidenzia la necessità di una stretta cooperazione quando sono in gioco le vite di ostaggi;

41.

valuta positivamente la decisione del Presidente degli Stati Uniti Barack Obama di chiudere il centro di detenzione nella baia di Guantánamo, come anche altri ordini esecutivi correlati riguardanti interrogatori leciti e strutture di detenzione della CIA, e incoraggia l’amministrazione americana a chiudere qualsiasi centro di detenzione situato all’esterno degli Stati Uniti e non conforme al diritto internazionale e a porre esplicitamente fine alla politica delle consegne straordinarie; invita gli Stati membri, qualora l’amministrazione statunitense lo richieda, a collaborare per trovare soluzioni caso per caso al problema dell’accettazione di alcuni detenuti di Guantánamo nell’Unione europea, pur adempiendo al dovere di cooperare lealmente, consultandosi reciprocamente in merito alle possibili conseguenze per la sicurezza pubblica in tutta l’Unione europea;

42.

sottolinea l’importanza di provvedere rapidamente all’entrata in vigore degli accordi UE-USA in materia di estradizione e assistenza giudiziaria e invita gli Stati membri che non li hanno ancora ratificati a farlo al più presto; sottolinea che l’attuazione efficace di questi accordi richiede un grado elevato di fiducia reciproca basata sul pieno rispetto, da parte di tutte le parti contraenti, degli obblighi in materia di diritti umani, di diritto alla difesa e a un processo equo e di norme del diritto nazionale e internazionale;

43.

sottolinea che la condivisione di dati e informazioni è uno strumento efficace nella lotta internazionale al terrorismo e alla criminalità transnazionale, ma specifica anche che tale strumento deve essere regolato da un quadro normativo adeguato, che garantisca una valida protezione delle libertà civili, tra cui il diritto alla tutela dei dati personali, e che, come convenuto in occasione del vertice UE-USA del 2008, sia basato su un accordo internazionale vincolante;

44.

accoglie con favore la recente estensione del programma di esenzione dal visto ad altri sette Stati membri dell’Unione europea; sollecita al contempo gli Stati Uniti ad abolire l’obbligo di visto per i restanti cinque Stati Membri e a trattare allo stesso modo tutti i cittadini dell’Unione europea, sulla base della piena reciprocità; chiede alla Commissione di accordare a tale questione un ruolo prioritario nei rapporti con la nuova amministrazione statunitense;

45.

è del parere che occorra una stretta cooperazione tra l’Unione europea e gli Stati Uniti in materia di giustizia e affari interni anche per sviluppare gradualmente uno spazio transatlantico di libertà, sicurezza e giustizia;

Questioni economiche e commerciali

46.

esorta i partner a utilizzare l’intero potenziale del CET per superare gli ostacoli esistenti all’integrazione economica e per realizzare entro il 2015 un mercato transatlantico unificato; chiede alla Commissione, sulla base dello studio autorizzato dal Parlamento europeo e finanziato dal suo bilancio 2007, di redigere una tabella di marcia dettagliata per la rimozione degli ostacoli che ancora si frappongono al rispetto di tale data;

47.

sottolinea quanto sia importante ricorrere al CET anche come quadro di cooperazione macroeconomica fra entrambi i partner e incoraggia le istituzioni monetarie competenti a rafforzare tale coordinamento;

48.

si compiace dei progressi compiuti negli ultimi mesi nel promuovere l’integrazione economica transatlantica; sostiene, in particolare, che il miglioramento della cooperazione in ambiti quali gli investimenti, i principi contabili, gli aspetti normativi, la sicurezza dei prodotti importati e l’applicazione dei diritti di proprietà intellettuale, abbia già comportato progressi significativi e debba pertanto continuare;

49.

reputa al contempo necessario rendere più responsabile, trasparente e prevedibile la cooperazione economica transatlantica; è del parere che i calendari delle riunioni, gli ordini del giorno, le tabelle di marcia e le relazioni di avanzamento vadano tempestivamente concordati tra i principali interessati e, successivamente, pubblicati su un sito Internet;

50.

ritiene che vi sia un elevato potenziale per posizioni e iniziative comuni di Stati Uniti e Unione europea nelle sedi internazionali, dati i molteplici interessi comuni in politica commerciale, per esempio un accesso non discriminatorio alle materie prime sul mercato mondiale, l’applicazione dei diritti di proprietà intellettuale e un’armonizzazione globale del diritto dei brevetti; fa presente che è nell’interesse di entrambe le parti sfruttare al meglio tale potenziale;

51.

ricorda di aver manifestato preoccupazione per la nuova legge degli Stati Uniti sugli aiuti che avrebbe ostacolato gli scambi; sostiene, tuttavia, che essa è stata successivamente modificata al fine di rispettare le norme dell’OMC e ribadisce che è assolutamente necessario fornire una risposta comune alla crisi presente piuttosto che adottare misure che isolino sia l’Unione europea che gli Stati Uniti;

52.

sostiene una progressiva integrazione dei mercati finanziari mediante il riconoscimento reciproco abbinato ad un certo livello di convergenza negli attuali quadri regolamentari e attraverso l’istituzione di esenzioni puntuali sempreché sia possibile; ricorda che il libero accesso ai mercati, l’adeguamento delle norme agli standard mondiali, la loro applicazione uniforme e un dialogo costante con gli attori del mercato sono principi basilari per il successo dell’integrazione; esorta le autorità degli Stati Uniti e dell’Unione europea a evitare di imporre barriere agli investimenti esteri e di adottare una legislazione di impatto extraterritoriale senza previa consultazione e accordo;

53.

è favorevole all’eliminazione delle barriere che ostacolano gli investimenti e la prestazione di servizi finanziari transatlantici nonché ad una migliore integrazione dei mercati dell’Unione europea e degli Stati Uniti che consenta loro di competere meglio con i mercati emergenti, purché sia stabilito un quadro soddisfacente di norme prudenziali in modo da evitare che una crisi da un lato dell’Atlantico coinvolga anche l’altro;

54.

sottolinea che l’integrazione dei mercati dei servizi finanziari, senza una parallela revisione del quadro regolamentare e delle norme di vigilanza, ridurrebbe le possibilità di una vigilanza effettiva da parte delle autorità; chiede pertanto l’adozione di regolamenti che garantiscano la concorrenza, assicurino maggiore trasparenza e un’effettiva vigilanza su prodotti, istituzioni finanziarie e mercati e creino modelli di gestione dei rischi comuni, in linea con gli accordi raggiunti nel vertice del G20 del novembre 2008;

55.

riconosce che le autorità di vigilanza degli Stati Uniti hanno compiuto progressi nell’introduzione degli accordi di Basilea II per quanto riguarda le grandi banche, ma critica il persistere di discrepanze che è necessario correggere, dal momento che impongono oneri supplementari alle filiali americane delle banche europee, riducendone così la competitività, e rileva che sussistono ancora alcuni aspetti (relativi a holding finanziarie e piccole banche) che occorre chiarire quanto prima; incoraggia quindi il Congresso statunitense a considerare la possibilità di creare una struttura di vigilanza più coerente nei settori bancario e assicurativo, onde agevolare il coordinamento tra l’Unione europea e gli Stati Uniti;

56.

chiede una maggiore cooperazione tra le autorità di vigilanza nel controllo delle attività dei gruppi transfrontalieri e nell’impedire determinate operazioni da parte di istituzioni finanziarie domiciliate in giurisdizioni che sono poco trasparenti e non cooperative e chiede l’abolizione dei paradisi fiscali;

57.

esorta le autorità dell’Unione europea e degli Stati Uniti a regolamentare le agenzie di rating creditizio conformemente a principi e metodi comuni così da ripristinare la fiducia nelle loro valutazioni e garantirne la solidità; ricorda, tuttavia, che l’Unione europea deve sviluppare un proprio quadro regolamentare, dal momento che non sarebbe accettabile l’applicazione extraterritoriale delle norme approvate dall’autorità statunitense di regolamentazione dei titoli e della borsa (Securities and Exchange Commission) alle agenzie americane che operano sul mercato europeo;

58.

concorda con la Commissione che è necessario obbligare le istituzioni emittenti a trattenere una frazione del credito emesso per costringerle ad assumere una parte dei rischi ceduti; auspica che tale questione sia affrontata nell’ambito del dialogo transatlantico al fine di preservare la parità di condizioni a livello internazionale e limitare i rischi sistemici sui mercati finanziari mondiali; ritiene auspicabile concordare un codice di condotta per i fondi sovrani;

59.

invita il nuovo Congresso a modificare la normativa statunitense che sottopone a scansione tutti i container diretti negli Stati Uniti e lo esorta a lavorare in stretta collaborazione con l’Unione europea, onde garantire un approccio pluriarticolato, basato sul rischio effettivo; osserva che la sicurezza degli scambi è un aspetto particolarmente importante in un’economia globale sempre più integrata, ma ritiene che questa rigida misura rappresenti una nuova potenziale barriera commerciale, che impone cospicui costi agli operatori economici e non porterà alcun beneficio in termini di sicurezza della catena logistica;

60.

ritiene che il CET potrebbe organizzare utili seminari a Bruxelles e a Washington sulla questione della scansione di tutti i container, per favorire una migliore comprensione tra i legislatori dell’Unione europea e degli Stati Uniti e promuovere una rapida soluzione al problema, che sia reciprocamente accettabile;

61.

raccomanda che, nella sua prossima riunione, il CET valuti se sia utile integrare nel suo ambito di competenza un maggior numero di argomenti tecnici e se una maggiore cooperazione tra l’Unione europea e gli Stati Uniti sia fondamentale al fine di ottenere un sistema funzionante di limitazione e scambio delle emissioni; raccomanda che gli attuali parametri di riferimento comuni a livello internazionale per le industrie ad alta intensità energetica siano sviluppati o integrati nelle attività del CET;

*

* *

62.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri nonché al Presidente e al Congresso degli Stati Uniti d’America.


(1)  GU C 298 E dell’8.12.2006, pag. 226.

(2)  GU C 298 E dell’8.12.2006, pag. 235.

(3)  GU C 74 E del 20.3.2008, pag. 670.

(4)  Testi approvati, P6_TA(2008)0256.


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/206


Giovedì 26 marzo 2009
Rafforzamento della sicurezza e delle libertà fondamentali su Internet

P6_TA(2009)0194

Raccomandazione del Parlamento europeo del 26 marzo 2009 destinata al Consiglio sul rafforzamento della sicurezza e delle libertà fondamentali su Internet (2008/2160(INI))

2010/C 117 E/33

Il Parlamento europeo,

vista la proposta di raccomandazione destinata al Consiglio, presentata da Stavros Lambrinidis a nome del gruppo PSE, sul rafforzamento della sicurezza e delle libertà fondamentali su Internet (B6–0302/2008),

viste la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, segnatamente le disposizioni relative alla protezione dei dati di carattere personali, alla libertà di espressione, al rispetto della vita privata e familiare nonché al diritto alla libertà e alla sicurezza,

viste la direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (1), la decisione quadro 2008/977/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, sulla protezione dei dati personali trattati nell’ambito della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale (2), la direttiva 2003/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 novembre 2003, relativa al riutilizzo dell'informazione del settore pubblico (3), la proposta della Commissione del 13 novembre 2007 di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 2002/22/CE relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica, della direttiva 2002/58/CE relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche e del regolamento (CE) n. 2006/2004 sulla cooperazione per la tutela dei consumatori (COM(2007)0698), la direttiva 2006/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, riguardante la conservazione di dati generati o trattati nell’ambito della fornitura di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico o di reti pubbliche di comunicazione (4) e la sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee del 10 febbraio 2009 nella causa C-301/06 Irlanda contro Parlamento e Consiglio,

viste la decisione quadro 2005/222/GAI del Consiglio, del 24 febbraio 2005, relativa agli attacchi contro i sistemi di informazione (5), la decisione quadro 2001/413/GAI del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativa alla lotta contro le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti (6), la decisione quadro 2008/919/GAI del Consiglio, del 28 novembre 2008, che modifica la decisione quadro 2002/475/GAI sulla lotta contro il terrorismo (7), la comunicazione della Commissione del 22 maggio 2007 intitolata «Verso una politica generale di lotta contro la cibercriminalità» (COM(2007)0267), nonché le recenti iniziative per individuare la criminalità grave e il terrorismo (come il progetto «Check the web»),

visti i lavori avviati in seno al Consiglio d’Europa, all’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) e alle Nazioni Unite nel settore sia della lotta contro la criminalità e la cibercriminalità sia della protezione dei diritti e delle libertà fondamentali, anche su Internet (8),

viste le recenti sentenze delle corti europee e delle corti costituzionali nazionali in materia, segnatamente la sentenza della Corte costituzionale federale tedesca che riconosce un diritto distinto alla protezione della confidenzialità e dell'integrità dei sistemi informatici (9),

visti l'articolo 114, paragrafo 3, e l'articolo 94 del suo regolamento,

vista la relazione della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni e il parere della commissione per la cultura e l'istruzione (A6-0103/2009),

A.

considerando che l’evoluzione di Internet dimostra che esso sta diventando uno strumento indispensabile per promuovere iniziative democratiche, un nuovo foro per il dibattito politico (ad esempio, per campagne elettroniche e il voto elettronico), uno strumento fondamentale a livello mondiale per esercitare la libertà di espressione (ad esempio il blog) e per sviluppare attività commerciali, nonché uno strumento per promuovere l'acquisizione di competenze informatiche e la diffusione della conoscenza (e-learning); considerando che Internet ha anche apportato un numero crescente di vantaggi per persone di ogni età, per esempio quello di poter comunicare con altri individui in ogni parte del mondo, estendendo in tal modo la possibilità di acquisire familiarità con altre culture e aumentare la comprensione di popoli e culture diversi; considerando che Internet ha anche ampliato la gamma delle fonti di notizie a disposizione dei singoli, che possono ora attingere a un flusso di informazioni proveniente da diverse parti del mondo,

B.

considerando che i governi e le organizzazioni ed istituzioni di interesse pubblico dovrebbero fornire un idoneo quadro normativo e mezzi tecnici adeguati per consentire ai cittadini di partecipare attivamente ed efficacemente ai processi amministrativi tramite le applicazioni dell'e-government (amministrazione digitale),

C.

considerando che Internet dà pieno significato alla definizione di libertà di espressione sancita all’articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in particolare nella sua dimensione «senza limiti di frontiera»,

D.

considerando che la trasparenza, il rispetto della vita privata e un clima di fiducia fra gli utilizzatori di Internet dovrebbero essere considerati elementi indispensabili per conseguire una visione della sicurezza sostenibile per Internet,

E.

considerando che su Internet la libertà di espressione e la via privata possono al contempo risultare potenziate e maggiormente esposte a intrusioni e limitazioni da parte di soggetti privati e pubblici,

F.

considerando che Internet, grazie alla libertà che offre, è stato anche utilizzato come piattaforma per messaggi violenti come quelli che incitano intenzionalmente a compiere attacchi terroristici, nonché per siti web che possono incitare a compiere crimini motivati dall'odio; che più in generale le minacce della cibercriminalità sono aumentate a livello mondiale e mettono in pericolo gli individui (bambini compresi) e le reti,

G.

considerando che questi crimini devono essere combattuti con efficacia e determinazione, senza alterare la natura fondamentalmente libera e aperta di Internet,

H.

considerando che in una società democratica i cittadini hanno il diritto di osservare e giudicare quotidianamente le azioni e le convinzioni dei propri governi e delle società private che forniscono loro servizi; considerando che tecniche di sorveglianza tecnologicamente avanzate, talvolta in assenza di sufficienti garanzie legali che fissino i limiti della loro applicazione, minacciano sempre più questo principio,

I.

considerando che gli individui hanno il diritto di esprimersi liberamente su Internet (come nel caso del contenuto generato dagli utenti, dei blog e delle reti sociali) e che i motori di ricerca e i fornitori di servizi Internet hanno agevolato notevolmente l'ottenimento di informazioni, ad esempio su altri individui, da parte dei singoli; considerando tuttavia che esistono situazioni in cui le persone desiderano cancellare le informazioni contenute in tali banche dati e che pertanto le imprese devono poter garantire che gli individui possano veder cancellati i dati personali da tali archivi,

J.

considerando che i progressi tecnologici consentono sempre più di sorvegliare le attività dei cittadini su Internet in modo segreto e praticamente inintelligibile per il singolo; che la mera esistenza di tecnologie di sorveglianza non giustifica automaticamente il loro uso, bensì l’interesse preponderante della protezione dei diritti fondamentali dei cittadini dovrebbe determinare i limiti e precisare le condizioni in base alle quali tali tecnologie possono essere utilizzate dai poteri pubblici o da società; considerando che il fatto che gli Stati membri si arroghino il diritto di intercettare e controllare tutto il traffico dati su Internet che si svolge sul loro territorio, a prescindere dal fatto che si tratti dei loro stessi cittadini o di traffico dati proveniente dall'estero, non può essere giustificato dalla lotta al crimine su Internet e dalle minacce che alcune persone e organizzazioni rappresentano per una società democratica aperta quando usano Internet per ledere i diritti dei cittadini; considerando che la lotta al crimine deve essere proporzionata alla natura del crimine stesso,

K.

considerando che la truffa e l'usurpazione di identità rappresentano un problema crescente che le autorità, i singoli cittadini e le imprese stanno solo iniziando a riconoscere, lasciando peraltro irrisolte gravi problematiche di sicurezza in relazione all'uso più esteso di Internet per una vasta gamma di scopi, compreso il commercio e lo scambio di informazioni riservate,

L.

considerando che giova ricordare che, trattandosi di diritti come la libertà di espressione o il rispetto della vita privata, limitazioni all'esercizio di tali diritti possono essere imposte dalle autorità pubbliche solo se conformi alla legge, necessarie, proporzionate e appropriate in una società democratica,

M.

considerando che su Internet esiste un grave divario di potere e di conoscenza tra, entità aziendali e governative da un lato, e i singoli utenti dall'altro; considerando pertanto che occorre avviare un dibattito sulle necessarie limitazioni al «consenso», per determinare ciò che le aziende e i governi possono chiedere a un utente di divulgare e fino a che punto è lecito chiedere a un individuo di rinunciare alla propria vita privata e ad altri diritti fondamentali per ricevere in cambio determinati servizi Internet o altri privilegi,

N.

considerando che Internet, dato il suo carattere globale, aperto e partecipativo, gode di norma di libertà ma che ciò non esclude la necessità di riflettere (a livello nazionale e internazionale, in ambito pubblico e privato) sulla maniera in cui le libertà fondamentali degli utenti di Internet, nonché la loro sicurezza, sono rispettate e protette,

O.

considerando che la maggior parte dei diritti fondamentali coinvolti nel mondo di Internet comprendono, ma non in via esclusiva, il rispetto per la vita privata (compreso il diritto di cancellare in modo permanente la propria impronta digitale), la protezione dei dati, la libertà di espressione, di parola e di associazione, la libertà di stampa, di espressione politica e di partecipazione, il divieto di discriminazione e l'educazione; considerando che il contenuto di questi diritti, compreso il loro ambito e campo di applicazione, il livello di protezione che forniscono, nonché il divieto di violazione degli stessi, dovrebbe essere disciplinato dalle regole sulla protezione dei diritti dell'uomo e fondamentali garantiti dalle costituzioni degli Stati membri, dai trattati internazionali sui diritti dell'uomo, compresa la CEDU, dai principi generali del diritto comunitario e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, e/o da altre pertinenti norme della legislazione nazionale, internazionale e comunitaria, nei rispettivi ambiti d'applicazione,

P.

considerando che tutti i soggetti coinvolti e attivi su Internet dovrebbero assumersi le proprie responsabilità e prendere parte a dibattiti in cui si discutano questioni importanti e urgenti riguardo l'attività su Internet, allo scopo di identificare e promuovere soluzioni comuni,

Q.

considerando che l’analfabetismo elettronico sarà il nuovo analfabetismo del 21o secolo; che il fatto di assicurare a tutti i cittadini l'accesso a Internet equivale pertanto ad assicurare che tutti i cittadini abbiano accesso alla formazione; che tale accesso non dovrebbe essere rifiutato come sanzione dai governi o dalle società private; considerando che tale accesso non dovrebbe essere impiegato abusivamente per perseguire attività illegali; che è importante affrontare questioni emergenti come quella della neutralità delle reti, dell’interoperabilità, dell’accessibilità globale a tutti i nodi di Internet e dell’uso di formati e standard aperti,

R.

considerando che il carattere internazionale, multiculturale e in particolare multilingue di Internet non è ancora pienamente supportato dall'infrastruttura tecnica e dai protocolli del World Wide Web,

S.

considerando che nel processo in corso della «Carta dei diritti di Internet» è importante tener conto di tutte le ricerche e le iniziative in quest'ambito, inclusi i recenti studi dell'Unione europea sull'argomento (10),

T.

considerando che l'attività economica è importante per l'ulteriore dinamica evolutiva di Internet, e che la sua efficienza economica andrebbe al contempo salvaguardata tramite una concorrenza leale e la protezione dei diritti di proprietà intellettuale, per quanto sia necessario, proporzionato e adeguato,

U.

considerando che è opportuno mantenere il giusto equilibrio fra la riutilizzazione delle informazioni del settore pubblico, che schiude possibilità senza precedenti di sperimentazione e scambi creativi e culturali, e la protezione dei diritti di proprietà intellettuale,

V.

considerando che nel mondo le imprese del settore delle tecnologie dell'informazione e delle telecomunicazioni (TIC) si trovano a fronteggiare crescenti pressioni da parte degli Stati per conformarsi alle leggi e alle politiche nazionali, con modalità che possono confliggere con i diritti umani di libertà di espressione e di riservatezza riconosciuti a livello internazionale; considerando che sono stati compiuti passi positivi come nel caso di un gruppo multilaterale di aziende, organizzazioni della società civile (comprendenti associazioni per i diritti umani e per la libertà di stampa), investitori e accademici che ha creato un approccio fondato sulla collaborazione allo scopo di proteggere e far progredire la libertà di espressione e la vita privata nel settore delle TIC e ha dato vita alla Global Network Initiative (GNI) (11),

W.

considerando che la rigorosità delle norme in materia di protezione dei dati è una delle maggiori preoccupazioni per l'Unione europea e per i suoi cittadini, e che il considerando 2 della direttiva 95/46/CE sulla protezione dei dati stabilisce chiaramente che la tecnologia (ovvero i sistemi del trattamento dei dati) è «al servizio dell'uomo» e deve rispettare «le libertà e i diritti fondamentali […], in particolare la vita privata» e «contribuire al progresso economico e sociale, allo sviluppo degli scambi nonché al benessere degli individui»,

1.

rivolge al Consiglio le seguenti raccomandazioni:

 

Pieno e sicuro accesso a Internet per tutti

a)

partecipare agli sforzi volti a fare di Internet un importante strumento di emancipazione degli utilizzatori, un contesto che consente l’evoluzione di approcci «dal basso verso l’alto» e della democrazia elettronica, assicurando nel contempo che siano previste misure di salvaguardia significative dato che in questo settore possono svilupparsi nuove forme di controllo e di censura; la libertà e la protezione della vita privata di cui godono gli utilizzatori su Internet dovrebbero essere reali e non illusorie;

b)

riconoscere che Internet può rappresentare una straordinaria opportunità per rafforzare la cittadinanza attiva e che, a tale proposito, l’accesso alle reti e ai contenuti costituisce uno degli elementi chiave; raccomandare che la questione sia ulteriormente sviluppata sulla base del principio che ogni individuo ha il diritto di partecipare alla società dell’informazione e che le istituzioni e le parti interessate a tutti i livelli detengono la responsabilità generale di partecipare a questo sviluppo, lottando contro le due nuove sfide dell’analfabetismo elettronico e dell’esclusione democratica nell’era elettronica (12);

c)

sollecitare gli Stati membri a fornire risposte a una società sempre più consapevole dell'importanza delle informazioni e a trovare la maniera per assicurare maggiore trasparenza nel processo decisionale attraverso un maggiore accesso dei cittadini alle informazioni archiviate dei governi così da consentire loro di approfittare di dette informazioni; applicare il medesimo principio alle proprie informazioni;

d)

garantire, insieme alle altre parti interessate, che sicurezza, libertà di espressione e tutela della vita privata, nonché l’apertura su Internet, siano considerate non come obiettivi contrapposti bensì rientrino simultaneamente in una visione globale che risponde adeguatamente a tutti questi imperativi;

e)

garantire che i diritti legali del minore ad essere protetto, così come prescritto dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo e come sancito dalla normativa dell'Unione europea, si rispecchino pienamente in ogni pertinente azione, strumento o decisione che riguardi il rafforzamento della sicurezza e della libertà su Internet;

 

Risoluto impegno a combattere la cibercriminalità

f)

invitare la Presidenza del Consiglio e la Commissione a esaminare e sviluppare una strategia globale di lotta contro la cibercriminalità, ai sensi, fra l'altro, della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla cibercriminalità, compresi i modi di affrontare la questione del «furto d'identità» e frode a livello dell'Unione europea in collaborazione con i fornitori di Internet e le organizzazioni degli utenti, come pure con le autorità di polizia che si occupano della cibercriminalità e a presentare proposte su come lanciare campagne di sensibilizzazione e di prevenzione garantendo nel contempo un uso di Internet sicuro e libero per tutti; chiedere la creazione di uno sportello dell'Unione europea per l'assistenza alle vittime di furto e di usurpazione di identità;

g)

incoraggiare la riflessione sulla cooperazione necessaria fra gli esponenti del settore pubblico e privato del settore e sul rafforzamento della cooperazione ai fini dell'applicazione della legge e prevedere un'adeguata formazione per le forze dell'ordine e le autorità giudiziarie, compresa la formazione su questioni inerenti alla protezione dei diritti fondamentali; riconoscere la necessità di condividere le responsabilità e i vantaggi della coregolamentazione e dell'autoregolamentazione come alternative efficaci o strumenti complementari alla legislazione tradizionale;

h)

garantire che i lavori intrapresi nell’ambito del progetto «Check the web» e le recenti iniziative volte a migliorare la circolazione delle informazioni sulla cibercriminalità, tra cui la creazione di piattaforme nazionali di allarme e di una piattaforma di allarme europea per segnalare i reati commessi su Internet (creazione di una piattaforma europea per la cibercriminalità da parte di Europol) siano necessarie, proporzionate e adeguate, e provviste delle garanzie necessarie;

i)

esortare gli Stati membri ad aggiornare la legislazione a tutela dei minori che utilizzano Internet, in particolare introducendo il reato di grooming (adescamento online dei minori a scopo sessuale), come definito nella Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei bambini contro lo sfruttamento e gli abusi sessuali del 25 ottobre 2007;

j)

promuovere programmi volti a proteggere i bambini e a educare i genitori, come previsto dalla normativa dell'Unione europea in relazione ai nuovi pericoli legati a Internet, e fornire uno studio d’impatto sull’efficacia dei programmi esistenti, tenendo conto in particolare dei giochi online che hanno come principali destinatari i bambini e i giovani;

k)

spronare tutti i fabbricanti di computer dell'Unione europea a preinstallare software per la protezione dei bambini facile da attivare;

l)

procedere all'adozione della direttiva sulle misure penali finalizzate al rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, dopo aver valutato, alla luce delle attuali ricerche sull'innovazione, fino a che punto sia necessario e proporzionato e vietando nel contempo, in vista di questo obiettivo, in vista di quest’obiettivo, il controllo e la sorveglianza sistematici di tutte le attività degli utilizzatori su Internet e garantendo che le sanzioni siano proporzionate alle infrazioni commesse; al riguardo rispettare anche la libertà di espressione e di associazione dei singoli utilizzatori e combattere l'incitamento alla ciber-violazione dei diritti di proprietà intellettuale, comprese talune eccessive restrizioni di accesso instaurate dagli stessi titolari di diritti di proprietà intellettuale;

m)

garantire che l'espressione di convinzioni politiche controverse su Internet non sia perseguita penalmente;

n)

garantire che nessuna legge o prassi possa limitare o criminalizzare il diritto dei giornalisti e dei mezzi di comunicazione di raccogliere e distribuire informazioni a scopo di cronaca;

 

Attenzione costante alla protezione assoluta e a una maggiore promozione delle libertà fondamentali su Internet

o)

considerare che l’«identità digitale» sta sempre più diventando parte integrante di noi stessi e che pertanto merita di essere adeguatamente ed efficacemente protetta da intrusioni di operatori pubblici e privati, per cui il particolare insieme di dati organicamente collegati all' «identità digitale» di un individuo andrebbe definito e protetto e ogni suo elemento considerato come un diritto personale inalienabile, di natura non economica e non negoziabile; tenere adeguatamente conto dell'importanza per la vita privata dell'anonimato, degli pseudonimi e del controllo dei flussi di informazioni nonché del fatto che gli utenti dovrebbero poter disporre, dei mezzi per proteggersi efficacemente, ed essere educati al loro utilizzo, ad esempio attraverso le varie tecnologie per il rafforzamento della tutela della vita privata (PET) disponibili;

p)

fare in modo che gli Stati membri che intercettano o controllano il traffico di dati, a prescindere dal fatto che si tratti dei propri cittadini o di traffico di dati provenienti dall'estero, lo facciano nel rigoroso rispetto delle condizioni e delle garanzie previste dalla legge; invitare gli Stati membri a garantire che le ricerche remote, se previste dalle leggi nazionali, siano condotte sulla base di un valido mandato emesso dalle competenti autorità giudiziarie; ritenere inaccettabili le procedure semplificate per condurre le ricerche remote rispetto alle ricerche dirette, poiché violano il principio dello stato dirititto ed il diritto alla riservatezza;

q)

riconoscere il pericolo di alcune forme di sorveglianza e di controllo su Internet destinate anche a seguire ciascun passo «digitale» di un individuo allo scopo di fornire un profilo dell'utilizzatore e di attribuire dei «punti»; precisare che tali tecniche andrebbero sempre valutate in termini di necessità e proporzionalità alla luce degli obiettivi che intendono conseguire; sottolineare anche la necessità di una consapevolezza maggiore e di un consenso informato degli utilizzatori in relazione alle loro attività su Internet che comportano la condivisione di dati personali (come nel caso delle reti sociali);

r)

sollecitare gli Stati membri a individuare tutte le entità che utilizzano la sorveglianza della rete e a redigere relazioni annuali, accessibili al pubblico, sulla sorveglianza della rete, garantendo legalità, proporzionalità e trasparenza;

s)

esaminare e fissare limiti al «consenso» che può essere richiesto ed estorto agli utilizzatori, sia da parte di governi che di società private, a rinunciare a parte della loro vita privata, dal momento che vi è un chiaro squilibrio di potere negoziale e di conoscenze fra i singoli utilizzatori e tali istituzioni;

t)

limitare, definire e disciplinare in maniera rigorosa i casi in cui una società di Internet privata può essere sollecitata a divulgare dati alle autorità governative e garantire che l'uso di questi dati da parte di governi sia soggetto alle norme più severe sulla protezione dei dati; stabilire un controllo e una valutazione efficaci di tale processo;

u)

sottolineare l'importanza del riconoscimento del diritto degli utenti di Internet di ottenere la cancellazione permanente dei propri dati personali che si trovano sui siti Internet o su qualsiasi supporto di memorizzazione di terzi; garantire che i fornitori di servizi Internet, gli operatori del commercio elettronico e i servizi della società dell'informazione rispettino la decisione degli utenti; assicurare che gli Stati membri garantiscano l'esercizio effettivo del diritto dei cittadini di accedere ai propri dati personali, inclusi, se del caso, la soppressione di tali dati o il loro ritiro dai siti web;

v)

condannare la censura imposta dai governi al contenuto che può essere ricercato sui siti Internet, soprattutto quando tali restrizioni possono avere un effetto dissuasivo sul discorso politico;

w)

invitare gli Stati membri a garantire che la libertà di espressione non sia soggetta a restrizioni arbitrarie da parte della sfera pubblica e/o privata e ad evitare tutte le misure legislative o amministrative che possono avere un effetto dissuasivo su ogni aspetto della libertà di espressione;

x)

ricordare che il trasferimento di dati personali a paesi terzi deve avvenire in linea con le disposizioni contenute, fra l'altro, nella direttiva 95/46/CE e nella decisione quadro 2008/977/GAI;

y)

richiamare l’attenzione sul fatto che lo sviluppo dell’«Internet delle cose» e l'impiego di sistemi di identificazione a radiofrequenza (RFID) non dovrebbero avvenire a detrimento della protezione dei dati e dei diritti dei cittadini;

z)

invitare gli Stati membri ad applicare correttamente la direttiva 95/46/CE sui dati personali in relazione a Internet; ricordare agli Stati membri che tale direttiva, in particolare l'articolo 8, si applica indipendentemente dalla tecnologia utilizzata per il trattamento dei dati personali e che le sue disposizioni fanno obbligo agli Stati membri di prevedere il diritto di riparazione e di risarcimento in sede giudiziale in caso di loro violazione (articoli 22, 23 e 24);

aa)

incoraggiare l'inclusione dei principi fondamentali della «Carta dei diritti di Internet» nel processo di ricerca e sviluppo di strumenti e applicazioni riguardanti Internet e la promozione del principio «privacy by design», secondo cui la protezione dei dati e della vita privata dovrebbe essere introdotta al più presto nel ciclo di vita dei nuovi progressi tecnologici, garantendo ai cittadini un ambiente conviviale;

ab)

sostenere e richiedere il coinvolgimento attivo del Garante europeo della protezione dei dati e del Gruppo dell'articolo 29 nello sviluppo di una legislazione europea per le attività Internet che hanno potenziali effetti sulla protezione dei dati;

 

Iniziative a livello internazionale

ac)

esortare tutti gli attori di Internet a impegnarsi nel processo in corso della «Carta dei diritti di Internet», che si basa sui diritti fondamentali esistenti, promuove il loro rispetto e incoraggia il riconoscimento dei principi emergenti; al riguardo, un ruolo di primo piano incombe alla coalizione dinamica sulla Carta dei diritti di Internet;

ad)

garantire che, in tale contesto, si prendano in considerazione un’iniziativa che riunisca le varie parti interessate, condotta a vari livelli e orientata al processo nonché una combinazione di iniziative globali e locali, al fine di precisare e proteggere i diritti degli utilizzatori di Internet e di garantire così la legittimità, la responsabilità e l’accettazione del processo;

ae)

riconoscere che la natura universale e aperta di Internet richiede norme globali per la protezione dei dati, la sicurezza e la libertà di espressione; in tale contesto invitare gli Stati membri e la Commissione a prendere l'iniziativa di redigere tali norme; accogliere con favore la risoluzione sull'urgenza di tutelare la vita privata in un mondo senza frontiere e di pervenire ad una proposta congiunta finalizzata alla definizione di standard internazionali in materia di vita privata e protezione dei dati personali adottata dalla 30a Conferenza internazionale delle autorità di protezione dei dati e della vita privata tenutasi a Strasburgo dal 15 al 17 ottobre 2008; esortare tutte le parti interessate a livello dell'Unione europea (sia pubbliche che private) a partecipare a queste riflessioni;

af)

sottolineare l'importanza di sviluppare una vera e propria piazza telematica dove i cittadini dell'Unione possano discutere in maniera più interattiva con i responsabili politici e altri attori istituzionali;

ag)

incoraggiare la partecipazione attiva dell’Unione europea nei vari consessi internazionali che si occupano degli aspetti globali e localizzati di Internet, come l’Internet Governance Forum (IGF);

ah)

partecipare, insieme a tutti gli attori dell’Unione europea, alla creazione di un IGF europeo che faccia un bilancio dell’esperienza acquisita dagli IGF nazionali, funzioni come polo regionale e riferisca in maniera più efficiente sulle questioni, le posizioni e le preoccupazioni di carattere europeo nei futuri IGF internazionali;

*

* *

2.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente raccomandazione al Consiglio e, per conoscenza, alla Commissione.


(1)  GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31.

(2)  GU L 350 del 30.12.2008, pag. 60.

(3)  GU L 345 del 31.12.2003, pag. 90.

(4)  GU L 105 del 13.4.2006, pag. 54.

(5)  GU L 69 del 16.3.2005, pag. 67.

(6)  GU L 149 del 2.6.2001, pag. 1.

(7)  GU L 330 del 9.12.2008, pag. 21.

(8)  Cfr.: Convenzione del Consiglio d’Europa sulla cibercriminalità del 23 novembre 2001; Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione delle persone in relazione al trattamento automatico dei dati a carattere personale, del 28 gennaio 1981.

(9)  BVerfG, 1 BvR 370/07, 27.2.2008.

(10)  Un recente studio su «Rafforzamento della sicurezza e delle libertà fondamentali su Internet – una politica dell'UE di lotta contro la cibercriminalità» propone tra l'altro l'adozione di una Carta sui diritti di Internet non vincolante.

(11)  http://www.globalnetworkinitiative.org/index.php.

(12)  Nel documento del Consiglio d’Europa, del 17 settembre 2008, intitolato «Internet – una risorsa critica per tutti», si sottolinea anche che «garantire e promuovere l’equità e la partecipazione in relazione a Internet rappresenta un passo essenziale per far progredire l’equità e la partecipazione nella società nel suo insieme».


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/214


Giovedì 26 marzo 2009
Strategia dell'Unione europea per una migliore demolizione delle navi

P6_TA(2009)0195

Risoluzione del Parlamento europeo del 26 marzo 2009 su una strategia dell'Unione europea per una migliore demolizione delle navi

2010/C 117 E/34

Il Parlamento europeo,

visto il Libro verde della Commissione del 22 maggio 2007 - Per una migliore demolizione delle navi (COM(2007)0269), adottato dalla Commissione,

vista la propria risoluzione del 21 maggio 2008 sul Libro verde su una migliore demolizione delle navi (1),

vista la comunicazione della Commissione del 19 novembre 2008 su Una strategia dell'Unione europea per una migliore demolizione delle navi (COM(2008)0767),

visti gli articoli 2 e 6 del trattato CE, che prevedono che le esigenze connesse con la tutela dell'ambiente debbano essere integrate nei vari settori della politica comunitaria al fine di promuovere lo sviluppo ecologicamente sostenibile dell'attività economica,

visto l’articolo 175 del trattato CE,

vista la convenzione di Basilea sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e del loro smaltimento («convenzione di Basilea»), approvata dalle Nazioni Unite il 22 marzo 1989 quale quadro per la regolamentazione delle spedizioni internazionali di rifiuti pericolosi,

visto il regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativo alle spedizioni di rifiuti (2) (regolamento sulle spedizioni di rifiuti),

vista la conferenza diplomatica che sarà organizzata dall'Organizzazione marittima internazionale (OMI) nel maggio 2009 sulla convenzione per un riciclaggio delle navi sicuro e compatibile con l'ambiente (convenzione sul riciclaggio delle navi),

visto l'articolo 108, paragrafo 5, del suo regolamento,

A.

considerando che vi è il serio timore che, senza un'urgente azione di regolamentazione a livello dell'Unione europea, peggiorino ulteriormente le condizioni nelle quali si svolge la demolizione delle navi in Asia meridionale, che sono distruttive per l'ambiente e degradanti per l'uomo,

B.

considerando che la convenzione di Basilea (in seguito all'approvazione del Consiglio europeo) riconosce che una nave può diventare un rifiuto; che tuttavia essa può al contempo rispondere alla definizione di nave ai sensi di altre norme internazionali, in quanto attualmente la maggioranza degli armatori non comunica alle autorità la propria intenzione di procedere allo smaltimento delle loro navi; che pertanto gli armatori dovrebbero contribuire ad assicurare la comunicazione di informazioni in merito alla loro intenzione di smaltire le navi nonché eventuali materiali pericolosi presenti a bordo delle stesse,

C.

considerando che il regolamento sulle spedizioni di rifiuti continua ad essere sistematicamente ignorato, e considerando che è riconosciuto che la responsabilità e il ruolo degli Stati delle bandiere di comodo sono un importante ostacolo alla lotta contro le esportazioni illegali di rifiuti tossici,

D.

considerando che il numero di navi dismesse a seguito dell'eliminazione graduale delle petroliere a scafo unico a livello mondiale e l'accumularsi di navi vetuste che sono attualmente ritirate dal mercato, in parte a causa della recessione, determineranno un'espansione incontrollata di impianti non conformi alle norme in Asia meridionale, che si estenderà anche ai paesi della regione africana se l'Unione europea non adotterà provvedimenti immediati e concreti,

E.

considerando che la demolizione delle navi con il cosiddetto metodo dell'«arenamento», mediante il quale le navi vengono fatte incagliare su una secca scoperta a bassa marea, è condannato a livello internazionale poiché non garantisce la sicurezza dei lavoratori e non fornisce un'adeguata protezione dell'ambiente marino dalle sostanze inquinanti presenti nelle navi,

1.

osserva che la summenzionata risoluzione del Parlamento, e le opinioni in essa espresse, sono tuttora valide e sottolinea che tali opinioni dovrebbero essere rispecchiate il più possibile nella convenzione sul riciclaggio delle navi che dovrebbe essere adottata nel maggio 2009;

2.

richiama l'attenzione sulla necessità di trattare il riciclaggio come parte integrante del ciclo di vita delle navi, tenendo conto delle esigenze ad esso connesse nella fase di progettazione per la costruzione e l'armamento della nave;

3.

osserva che le navi da rottamare dovrebbero essere considerate rifiuti pericolosi a causa delle molte sostanze pericolose in esse contenute e, come tali, dovrebbero rientrare nell'ambito di applicazione della convenzione di Basilea;

4.

giudica favorevolmente la strategia dell'Unione europea per una migliore demolizione delle navi; sottolinea tuttavia che la Commissione deve andare rapidamente oltre gli studi di fattibilità e intraprendere pienamente un'azione che garantisca l'effettiva applicazione del regolamento sulle spedizioni di rifiuti; chiede a tale riguardo maggior rigore nei controlli e nel monitoraggio da parte delle autorità portuali nazionali, e invita la Commissione a presentare orientamenti in materia;

5.

sottolinea che non c'è tempo da perdere e chiede concrete iniziative di regolamentazione a livello dell'Unione europea che vadano oltre i purtroppo deboli rimedi dell'OMI;

6.

chiede che si vieti espressamente l'«arenamento» delle navi da rottamare, e ritiene che qualsiasi assistenza tecnica fornita ai paesi dell'Asia meridionale in un quadro dell'Unione europea debba inoltre essere finalizzata alla graduale eliminazione di questo metodo di demolizione del tutto insostenibile e caratterizzato da gravi pecche;

7.

invita la Commissione e gli Stati membri a negoziare condizioni di entrata in vigore che garantiscano la reale applicabilità della convenzione sul riciclaggio delle navi in tempi molto brevi;

8.

esorta gli Stati membri a firmare la convenzione sul riciclaggio delle navi e a ratificarla quanto prima una volta raggiunto un accordo in seno all'OMI;

9.

invita la Commissione, gli Stati membri e gli armatori ad applicare senza indugio gli elementi principali della convenzione sul riciclaggio delle navi, al fine di garantire che le navi che saranno inviate alla demolizione nei prossimi mesi e anni siano effettivamente trattate in modo sicuro e compatibile con l'ambiente;

10.

sottolinea che la convenzione sul riciclaggio delle navi, una volta adottata a Hong Kong nel maggio 2009, dovrà essere valutata per quanto riguarda un livello di controllo equivalente a quello previsto dalla convenzione di Basilea sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e del loro smaltimento, che è integrata nel regolamento europeo sulle spedizioni di rifiuti;

11.

sostiene le proposte della Commissione concernenti misure per istituire una certificazione e un controllo indipendenti degli impianti di demolizione delle navi; ritiene che tali misure siano urgentemente necessarie e sottolinea che qualsiasi finanziamento comunitario all'industria navale dovrebbe essere subordinato all'utilizzo, da parte del beneficiario, di tali impianti certificati; valuta positivamente, a tale riguardo, le norme elaborate dall'Agenzia europea per la sicurezza marittima (EMSA), che vanno nella direzione giusta, ma auspica l'introduzione di ulteriori miglioramenti nel prossimo futuro;

12.

invita la Commissione a proporre misure concrete, ad esempio sistemi di etichettatura per impianti di riciclaggio sicuri e puliti, allo scopo di promuovere il trasferimento di competenze e tecnologia per aiutare gli impianti di demolizione dell'Asia meridionale a rispettare le norme internazionali in materia di sicurezza e ambiente, in particolare quelle che saranno stabilite dalla convenzione sul riciclaggio delle navi; ritiene che tale obiettivo debba essere tenuto presente anche nel più ampio quadro della politica di aiuto allo sviluppo dell'Unione europea a favore dei paesi in cui hanno luogo attività di demolizione;

13.

incoraggia vivamente un dialogo tra l'Unione europea e i governi dei paesi dell'Asia meridionale impegnati nelle attività di demolizione delle navi sulla questione delle condizioni di lavoro nei cantieri di demolizione, compreso il problema del lavoro minorile;

14.

chiede l'introduzione di un meccanismo di finanziamento basato su contributi obbligatori da parte dell'industria navale e in linea con il principio della responsabilità del produttore;

15.

esorta la Commissione a stabilire chiaramente che lo Stato responsabile è quello alla cui giurisdizione sono soggetti i proprietari dei rifiuti;

16.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, ai governi della Turchia, del Bangladesh, della Cina, del Pakistan e dell'India e all'OMI.


(1)  Testi approvati, P6_TA(2008)0222.

(2)  GU L 190 del 12.7.2006, pag. 1.


III Atti preparatori

Parlamento europeo

Martedì 24 marzo 2009

6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/217


Martedì 24 marzo 2009
Accordo CE-Nepal su alcuni aspetti relativi ai servizi aerei *

P6_TA(2009)0146

Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulla proposta di decisione del Consiglio concernente la conclusione dell’Accordo tra la Comunità europea e il governo del Nepal su alcuni aspetti relativi ai servizi aerei (COM(2008)0041 – C6-0041/2009 – 2008/0017(CNS))

2010/C 117 E/35

(Procedura di consultazione)

Il Parlamento europeo,

vista la proposta di decisione del Consiglio (COM(2008)0041),

visti l'articolo 80, paragrafo 2, e l'articolo 300, paragrafo 2, primo comma, prima frase, del trattato CE,

visto l'articolo 300, paragrafo 3, primo comma, del trattato CE, a norma del quale è stato consultato dal Consiglio (C6-0041/2009),

visti l'articolo 51, l'articolo 83, paragrafo 7, e l'articolo 43, paragrafo 1, del suo regolamento,

vista la relazione della commissione per i trasporti e il turismo (A6-0071/2009),

1.

approva la conclusione dell'accordo;

2.

incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e al governo del Nepal.


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/218


Martedì 24 marzo 2009
Trattori agricoli o forestali a ruote (versione codificata) ***I

P6_TA(2009)0147

Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a taluni elementi e caratteristiche dei trattori agricoli o forestali a ruote (versione codificata) (COM(2008)0690 – C6-0414/2008 – 2008/0213(COD))

2010/C 117 E/36

(Procedura di codecisione – codificazione)

Il Parlamento europeo,

vista la proposta della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio (COM(2008)0690),

visti l'articolo 251, paragrafo 2, e l'articolo 95 del trattato CE, a norma dei quali la proposta gli è stata presentata dalla Commissione (C6-0414/2008),

visto l'accordo interistituzionale del 20 dicembre 1994 su un metodo di lavoro accelerato ai fini della codificazione ufficiale dei testi legislativi (1),

visti gli articoli 80 e 51 del suo regolamento,

vista la relazione della commissione giuridica (A6-0130/2009),

A.

considerando che, secondo il gruppo consultivo dei servizi giuridici del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, la proposta in questione si limita ad una mera codificazione dei testi esistenti, senza modifiche sostanziali,

1.

approva la proposta della Commissione quale adattata alle raccomandazioni del gruppo consultivo dei servizi giuridici del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione;

2.

incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione.


(1)  GU C 102 del 4.4.1996, pag. 2.


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/219


Martedì 24 marzo 2009
Regime comunitario delle franchigie doganali (versione codificata) *

P6_TA(2009)0148

Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulla proposta di regolamento del Consiglio relativo alla fissazione del regime comunitario delle franchigie doganali (versione codificata) (COM(2008)0842 – C6-0019/2009 – 2008/0235(CNS))

2010/C 117 E/37

(Procedura di consultazione – codificazione)

Il Parlamento europeo,

vista la proposta della Commissione al Consiglio (COM(2008)0842),

visti gli articoli 26, 37 e 308 del trattato CE, a norma dei quali è stato consultato dal Consiglio (C6-0019/2009),

visto l'accordo interistituzionale del 20 dicembre 1994 su un metodo di lavoro accelerato ai fini della codificazione ufficiale dei testi legislativi (1),

visti gli articoli 80 e 51 del suo regolamento,

vista la relazione della commissione giuridica (A6-0129/2009),

A.

considerando che, secondo il gruppo consultivo dei servizi giuridici del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, la proposta in questione si limita ad una mera codificazione dei testi esistenti, senza modifiche sostanziali,

1.

approva la proposta della Commissione quale adattata alle raccomandazioni del gruppo consultivo dei servizi giuridici del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione;

2.

incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione.


(1)  GU C 102 del 4.4.1996, pag. 2.


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/220


Martedì 24 marzo 2009
Raccolta di informazioni statistiche da parte della Banca centrale europea *

P6_TA(2009)0149

Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulla proposta di raccomandazione del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 2533/98 del Consiglio sulla raccolta di informazioni statistiche da parte della Banca centrale europea (13411/2008 – C6-0351/2008 – 2008/0807(CNS))

2010/C 117 E/38

(Procedura di consultazione)

Il Parlamento europeo,

vista la raccomandazione della Banca Centrale Europea al Consiglio (13411/2008) (1),

visto l'articolo 170, paragrafo 6 del trattato CE, a norma del quale è stato consultato dal Consiglio (C6-0351/2008),

visto l'articolo 51 del suo regolamento,

vista la relazione della commissione per i problemi economici e monetari (A6-0119/2009),

1.

approva la raccomandazione della Banca centrale europea quale emendata;

2.

invita il Consiglio ad informarlo qualora intenda discostarsi dal testo approvato dal Parlamento;

3.

chiede al Consiglio di consultarlo nuovamente qualora intenda modificare sostanzialmente il testo sottoposto a consultazione;

4.

incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Banca centrale europea.

TESTO DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA

EMENDAMENTO

Emendamento 1

Raccomandazione per un regolamento – atto modificativo

Considerando 7 bis (nuovo)

 

(7 bis)

Al fine di aumentare la trasparenza, i dati statistici che il SEBC raccoglie dalle istituzioni del settore finanziario dovrebbero essere resi disponibili al pubblico, garantendo tuttavia un elevato livello di protezione dei dati.

Emendamento 2

Raccomandazione per un regolamento – atto modificativo

Considerando 7 ter (nuovo)

 

(7ter)

È opportuno tener conto delle migliori prassi e delle pertinenti raccomandazioni internazionali in materia di sviluppo, produzione e diffusione delle statistiche europee.

Emendamento 3

Raccomandazione per un regolamento – atto modificativo

Considerando 8

(8)

Inoltre, è importante assicurare una stretta cooperazione tra il SEBC e il Sistema statistico europeo (SSE), in particolare, per promuovere lo scambio di dati riservati tra i due sistemi a fini statistici, alla luce dell’articolo 285 del trattato e dell’articolo 5 dello statuto.

(8)

Inoltre, è importante assicurare una stretta cooperazione tra il SEBC e il Sistema statistico europeo (SSE) per evitare duplicazioni nella raccolta dei dati statistici , in particolare, per promuovere lo scambio di dati riservati tra i due sistemi a fini statistici, alla luce dell’articolo 285 del trattato e dell’articolo 5 dello statuto.

Emendamento 4

Raccomandazione per un regolamento – atto modificativo

Articolo 1 – punto 2 bis (nuovo)

Regolamento (CE) n. 2533/98

Articolo 2 bis (nuovo)

 

2 bis.

È inserito il seguente articolo:

«Articolo 2 bis

Cooperazione con il SSE

Al fine di ridurre al minimo l'onere statistico, di evitare duplicazioni e di garantire un approccio coerente nella produzione di statistiche europee, il SEBC e il SSE collaborano strettamente nel rispetto dei principi statistici di cui all'articolo 3.»;

Emendamento 5

Raccomandazione per un regolamento – atto modificativo

Articolo 1 – punto 4 – lettera g

Regolamento (CE) n. 2533/98

Articolo 8 – paragrafi da 11 a 13

g)

Sono aggiunti i seguenti paragrafi da 11 a 13:

«11.     Fatte salve le disposizioni nazionali sullo scambio delle informazioni statistiche riservate diverse dalle informazioni di cui al presente regolamento, la trasmissione delle informazioni statistiche riservate tra un membro del SEBC che ha raccolto l’informazione e un’autorità del SSE può aver luogo a condizione che la trasmissione sia necessaria per l’efficiente sviluppo, produzione o divulgazione o per migliorare la qualità delle statistiche europee nelle rispettive sfere di competenza del SSE e del SEBC. Qualsiasi trasmissione oltre la prima trasmissione deve essere esplicitamente autorizzata dal membro del SEBC che ha raccolto l’informazione.

12.     Se sono trasmessi dati riservati tra un’autorità del SSE e un membro del SEBC, tali dati saranno utilizzati esclusivamente a fini statistici e sono accessibili solo per i membri del personale impegnato in attività nel settore statistico all’interno del proprio specifico settore lavorativo.

13.     Le misure di tutela di cui all’articolo 19 del regolamento (CE) n. [XX] si applicano a tutti i dati riservati trasmessi tra un’autorità del SSE e un membro del SEBC ai sensi dei paragrafi 11 e 12 e dell’articolo 20, paragrafo 1a, del regolamento (CE) n. [XX]. La BCE pubblica un rapporto annuale sulla riservatezza relativo alle misure adottate per salvaguardare la riservatezza dei dati statistici.»;

soppresso

Emendamento 6

Raccomandazione per un regolamento – atto modificativo

Articolo 1 – punto 4 bis (nuovo)

Regolamento (CE) n. 2533/98

Articolo 8 bis (nuovo)

 

4 bis.

È inserito il seguente articolo:

«Articolo 8 bis

Cooperazione tra il SSE e il SEBC

1.     Fatte salve le disposizioni nazionali sullo scambio delle informazioni statistiche riservate diverse dalle informazioni di cui al presente regolamento, la trasmissione delle informazioni statistiche riservate tra un membro del SEBC che ha raccolto le informazioni e un’autorità del SSE può aver luogo a condizione che tale trasmissione sia necessaria per lo sviluppo, la produzione o la divulgazione efficienti o per migliorare la qualità delle statistiche europee, ivi comprese le statistiche dell'area euro, nelle rispettive sfere di competenza del SSE e del SEBC.

Qualsiasi ulteriore trasmissione oltre alla prima richiede l'espressa autorizzazione del membro del SEBC che ha raccolto le informazioni.

2.     Se sono trasmessi dati riservati tra un’autorità del SSE e un membro del SEBC, tali dati sono utilizzati esclusivamente a fini statistici e sono accessibili solo ai membri del personale impiegato in attività statistiche nell’ambito del proprio specifico settore lavorativo.

3.     Le misure di tutela e le misure di cui all’articolo 20 del regolamento (CE) n. …/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del …, sulle statistiche europee (2) si applicano a tutti i dati riservati trasmessi tra un’autorità del SSE e un membro del SEBC ai sensi dei paragrafi 1 e 2 del presente articolo e dell’articolo 21, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. …/2009. La BCE pubblica una relazione annuale relativa alle misure adottate per tutelare la riservatezza dei dati statistici.


(1)  GU C 251 del 3.10.2008, pag. 1.

(2)   GU: inserire numero, data e riferimento del regolamento.

GU L …».


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/223


Martedì 24 marzo 2009
Prodotti cosmetici (rifusione) ***I

P6_TA(2009)0158

Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui prodotti cosmetici (rifusione) (COM(2008)0049 – C6-0053/2008 – 2008/0035(COD))

2010/C 117 E/39

(Procedura di codecisione: rifusione)

Il Parlamento europeo,

vista la proposta della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio (COM(2008)0049),

visti l'articolo 251, paragrafo 2, e l'articolo 95 del trattato CE, a norma dei quali la proposta gli è stata presentata dalla Commissione (C6-0053/2008),

visto l’accordo interistituzionale del 28 novembre 2001 ai fini di un ricorso più strutturato alla tecnica della rifusione degli atti normativi (1),

vista la lettera in data 21 novembre 2008 della commissione giuridica alla commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare a norma dell'articolo 80 bis, paragrafo 3, del suo regolamento,

visti gli articoli 80 bis e 51 del suo regolamento,

visti la relazione della commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare e il parere della commissione giuridica (A6-0484/2008),

A.

considerando che, secondo il gruppo consultivo dei servizi giuridici del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, la proposta in questione non contiene modificazioni sostanziali se non quelle espressamente indicate come tali e che, per quanto concerne la codificazione delle disposizioni immutate degli atti precedenti e di tali modificazioni, la proposta si limita ad una mera codificazione degli atti esistenti, senza modificazioni sostanziali,

1.

approva la proposta della Commissione quale adattata alle raccomandazioni del gruppo consultivo dei servizi giuridici del Parlamento, del Consiglio e della Commissione e quale emendata in appresso;

2.

prende atto della dichiarazione della Commissione allegata alla presente risoluzione;

3.

chiede alla Commissione di presentargli nuovamente la proposta qualora intenda modificarla sostanzialmente o sostituirla con un nuovo testo;

4.

incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento, al Consiglio e alla Commissione.


(1)  GU C 77 del 28.3.2002, pag. 1.


Martedì 24 marzo 2009
P6_TC1-COD(2008)0035

Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 24 marzo 2009 in vista dell’adozione del regolamento (CE) n. …/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sui prodotti cosmetici (rifusione)

(Dato l’accordo tra il Parlamento e il Consiglio, la posizione del Parlamento in prima lettura corrisponde all’atto legislativo finale, il regolamento (CE) n. …)


Martedì 24 marzo 2009
ALLEGATO

Dichiarazioni della Commissione

La Commissione prende nota delle preoccupazioni espresse dagli Stati membri sulla rifusione delle direttive in regolamenti.

La Commissione considera che, laddove le disposizioni di una direttiva in vigore siano sufficientemente chiare, precise e dettagliate, queste possono essere convertite in clausole direttamente applicabili in un regolamento per mezzo della rifusione. Questo si applica in particolar modo alle disposizioni di natura tecnica già recepite in toto nelle rispettive legislazioni nazionali da tutti gli Stati membri.

In considerazione dei diversi pareri espressi, la Commissione accetta che il caso specifico del regolamento sui cosmetici non venga utilizzato come precedente per l’interpretazione dell’Accordo interistituzionale in materia.

La Commissione si impegna a chiarire la situazione relativa alle vendite via Internet di prodotti cosmetici prima della data di attuazione del regolamento.

Al pari del Parlamento europeo, la Commissione è preoccupata del fatto che il settore cosmetico possa essere interessato da contraffazioni suscettibili di rischi per la salute umana. La Commissione, pertanto, si adopererà al fine di intensificare la cooperazione tra le autorità nazionali competenti per combattere la contraffazione.

La Commissione redigerà una nota esplicativa sulle disposizioni transitorie e sulle date di attuazione del regolamento (soprattutto per quanto attiene agli articoli 7, 8, 10 e 12 bis).

La Commissione prende atto del fatto che i lavori per raggiungere una definizione comune di nanomateriali sono ancora in corso. Essa pertanto conferma che la futura legislazione comunitaria dovrebbe tener conto dei progressi in materia di definizione comune e fa presente che le procedure di comitatologia contenute nella presente proposta contribuiscono a loro volta ad aggiornare la definizione.


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/225


Martedì 24 marzo 2009
Immissione sul mercato dei biocidi ***I

P6_TA(2009)0159

Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 98/8/CE relativa all'immissione sul mercato dei biocidi per quanto riguarda l’estensione di determinati periodi di tempo (COM(2008)0618 – C6-0346/2008 – 2008/0188(COD))

2010/C 117 E/40

(Procedura di codecisione: prima lettura)

Il Parlamento europeo,

vista la proposta della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio (COM(2008)0618),

visti l'articolo 251, paragrafo 2, e l'articolo 95 del trattato CE, a norma dei quali la proposta gli è stata presentata dalla Commissione (C6-0346/2008),

visto l'articolo 51 del suo regolamento,

vista la relazione della commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare (A6-0076/2009),

1.

approva la proposta della Commissione quale emendata;

2.

chiede alla Commissione di presentargli nuovamente la proposta qualora intenda modificarla sostanzialmente o sostituirla con un nuovo testo;

3.

incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione.


Martedì 24 marzo 2009
P6_TC1-COD(2008)0188

Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 24 marzo 2009 in vista dell'adozione della direttiva 2009/…/CE del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 98/8/CE relativa all'immissione sul mercato dei biocidi per quanto riguarda l'estensione di determinati periodi di tempo

(Dato l'accordo tra il Parlamento e il Consiglio, la posizione del Parlamento in prima lettura corrisponde all'atto legislativo finale, la direttiva 2009/107/CE)


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/226


Martedì 24 marzo 2009
Struttura e aliquote delle accise che gravano sui tabacchi lavorati *

P6_TA(2009)0160

Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulla proposta di direttiva del Consiglio recante modifica delle direttive 92/79/CEE, 92/80/CEE e 95/59/CE per quanto concerne la struttura e le aliquote delle accise che gravano sui tabacchi lavorati (COM(2008)0459 – C6-0311/2008 – 2008/0150(CNS))

2010/C 117 E/41

(Procedura di consultazione)

Il Parlamento europeo,

vista la proposta della Commissione al Consiglio (COM(2008)0459),

visto l'articolo 93 del trattato CE, a norma del quale è stato consultato dal Consiglio (C6-0311/2008),

visto l'articolo 51 del suo regolamento,

vista la relazione della commissione per i problemi economici e monetari (A6-0121/2009),

1.

approva la proposta della Commissione quale emendata;

2.

invita la Commissione a modificare di conseguenza la sua proposta, in conformità dell'articolo 250, paragrafo 2, del trattato CE;

3.

invita il Consiglio ad informarlo qualora intenda discostarsi dal testo approvato dal Parlamento;

4.

chiede al Consiglio di consultarlo nuovamente qualora intenda modificare sostanzialmente la proposta della Commissione;

5.

incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione.

TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE

EMENDAMENTO

Emendamento 1

Proposta di direttiva – atto modificativo

Considerando 2

(2)

Al fine di garantire il corretto funzionamento del mercato interno e, al contempo, un elevato livello di tutela della salute, come richiesto dall'articolo 152 del trattato CE, tenendo presente che la Comunità è parte della convenzione quadro dell’OMS sul controllo del tabacco (FCTC), è opportuno procedere ad alcune modifiche nel settore, che tengano conto della situazione prevalente per ciascuno dei vari tabacchi lavorati.

(2)

Al fine di garantire il corretto funzionamento del mercato interno e, al contempo, un elevato livello di tutela della salute, come richiesto dall'articolo 152 del trattato CE, tenendo presente che la Comunità è parte della convenzione quadro dell’OMS sulla lotta contro il tabacco (FCTC), è opportuno procedere ad alcune modifiche nel settore, che , se del caso, tengano conto del divieto di fumo e della situazione prevalente per ciascuno dei vari tabacchi lavorati , e che siano complementari al divieto di pubblicizzare i prodotti del tabacco e all’avvio di campagne educative. Occorre inoltre tenere conto della necessità di combattere il contrabbando dai paesi terzi e la criminalità organizzata, nonché della creazione e dell'allargamento della zona Schengen.

Emendamento 2

Proposta di direttiva – atto modificativo

Considerando 3

(3)

Riguardo alle sigarette, occorre semplificare le disposizioni esistenti al fine di creare condizioni neutre di concorrenza per i produttori, ridurre la frammentazione dei mercati del tabacco e mettere in rilievo gli obiettivi di tipo sanitario. A tale scopo è opportuno sostituire il concetto di classe di prezzo più richiesta . Il requisito minimo ad valorem va espresso in termini di prezzo medio ponderato di vendita al minuto, mentre l’importo minimo deve applicarsi a tutte le sigarette. Per motivi analoghi, il prezzo medio ponderato di vendita al minuto deve servire anche come riferimento per determinare l’incidenza dell’accisa specifica nell’onere fiscale totale.

(3)

Riguardo alle sigarette, occorre semplificare le disposizioni esistenti al fine di creare condizioni neutre di concorrenza per i produttori, ridurre la frammentazione dei mercati del tabacco, garantire un trattamento equo di tutti gli Stati membri, dei produttori e dell’industria del tabacco dell’Unione europea, mettere in rilievo gli obiettivi di tipo sanitario nonché conformarsi con obiettivi macroeconomici, come quello del contenimento dell’inflazione, alla luce dell'allargamento della zona euro e della convergenza dei prezzi . A tale scopo è opportuno sostituire il concetto di classe di prezzo più richiesta; entro il 1o gennaio 2012, l'aliquota minima richiesta per tutti i prodotti del tabacco in tutti gli Stati membri dovrebbe essere espressa soltanto come una componente specifica prelevata per ciascuna unità di tabacco . Il prezzo medio ponderato di vendita al minuto dovrebbe servire esclusivamente come riferimento per determinare l’incidenza dell’accisa specifica nell’onere fiscale totale. Gli Stati membri che impongono un’aliquota di accisa elevata sui prodotti del tabacco dovrebbero adottare una politica di moderazione per quanto riguarda l'aumento delle tasse, tenendo presente l'importanza della convergenza dei livelli impositivi in seno al mercato interno.

Emendamento 3

Proposta di direttiva – atto modificativo

Considerando 5

(5)

Per quanto riguarda il tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare sigarette, occorre che i minimi comunitari siano espressi in modo tale da ottenere effetti simili a quelli osservati nel campo delle sigarette. In tale prospettiva sarebbe opportuno stabilire che i livelli impositivi nazionali si conformino sia a un minimo espresso come percentuale del prezzo al minuto che a un minimo espresso come importo fisso .

(5)

Per quanto riguarda il tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare sigarette, occorre che i minimi comunitari siano espressi in modo tale da ottenere effetti simili a quelli osservati nel campo delle sigarette. In tale prospettiva è opportuno stabilire che i livelli impositivi nazionali si conformino a un minimo espresso come importo fisso prelevato per ciascuna unità di tabacco entro il 1o gennaio 2012 .

Emendamento 7

Proposta di direttiva – atto modificativo

Articolo 1 – punto 1

Direttiva 92/79/CEE

Articolo 2 – paragrafo 1 - comma 1

1.   Gli Stati membri si assicurano che l'accisa (specifica più ad valorem) sulle sigarette rappresenti almeno il 57 % del prezzo medio ponderato di vendita al minuto delle sigarette vendute. L’accisa non può essere inferiore a 64 EUR per 1 000 sigarette , indipendentemente dal prezzo medio ponderato di vendita al minuto .

1.    Entro il 1o gennaio 2012 , gli Stati membri si assicurano che l'accisa non sia inferiore a 64 EUR per 1 000 sigarette per tutti i tipi di sigarette.

Emendamento 8

Proposta di direttiva – atto modificativo

Articolo 1 – punto 1

Direttiva 92/79/CEE

Articolo 2 – paragrafo 2

2.   A decorrere dal 1o gennaio 2014 gli Stati membri si assicurano che l'accisa (specifica più ad valorem) sulle sigarette rappresenti almeno il 63 % del prezzo medio ponderato di vendita al minuto delle sigarette vendute. L’accisa non può essere inferiore a 90 EUR per 1 000 sigarette, indipendentemente dal prezzo medio ponderato di vendita al minuto .

2.   A decorrere dal 1o gennaio 2014 tutti gli Stati membri si assicurano che l'accisa su tutte le categorie di sigarette non sia inferiore a 75 EUR per 1 000 sigarette o superiori di 8 EUR al livello di 1 000 sigarette dal 1o gennaio 2010 .

Gli Stati membri che applicano un'accisa di almeno 122 EUR per 1 000 sigarette sulla base del prezzo medio ponderato di vendita al minuto non sono tenuti a rispettare la regola del 63 %, di cui al primo comma.

 

Emendamento 9

Proposta di direttiva – atto modificativo

Articolo 1 – punto 1

Direttiva 92/79/CEE

Articolo 2 – paragrafo 3

3.   Il pezzo medio ponderato di vendita al minuto è determinato il 1o gennaio di ogni anno, con riferimento all’anno n-1, sulla base del totale delle immissioni al consumo e dei prezzi, imposte comprese.

3.   Il prezzo medio ponderato di vendita al minuto è determinato il 1o marzo di ogni anno, con riferimento all’anno n-1, sulla base del volume totale immesso sul mercato e dei prezzi, imposte comprese.

Emendamento 10

Proposta di direttiva – atto modificativo

Articolo 1 – punto 1

Direttiva 92/79/CEE

Articolo 2 – paragrafo 5

5.   Gli Stati membri aumentano gradualmente le accise per raggiungere i requisiti di cui al paragrafo 2 alle date fissate rispettivamente al paragrafo 2 e al paragrafo 4 .

5.   Gli Stati membri aumentano gradualmente le accise per raggiungere i requisiti di cui al paragrafo 1 entro il 1o gennaio 2012 .

 

Gli Stati membri in cui, al 1 o gennaio 2009, l'accisa applicata per ciascuna categoria di prezzo di vendita al minuto superi 64 euro per 1 000 sigarette, non riducono il livello dell’accisa.

Emendamento 11

Proposta di direttiva – atto modificativo

Articolo 1 – punto 1

Direttiva 92/79/CEE

Articolo 2 – paragrafo 6 – comma 1 bis (nuovo)

 

La Commissione calcola e pubblica, allo stesso tempo, a titolo informativo, il prezzo minimo nell'Unione europea delle sigarette, espresso in euro o in un’altra moneta nazionale, addizionando le aliquote di accisa e di IVA applicabili a un pacchetto di sigarette teorico del valore di 0 EUR tasse escluse.

Emendamento 12

Proposta di direttiva – atto modificativo

Articolo 1 – punto 2

Direttiva 92/79/CEE

Articolo 2 bis

L'articolo 2 bis è sostituito dal seguente:

«Articolo 2bis

1.     Quando in uno Stato membro una variazione intervenuta nel prezzo medio ponderato di vendita al minuto delle sigarette porta l'incidenza dell'accisa al di sotto dei livelli fissati all'articolo 2, paragrafi 1 e 2 rispettivamente, lo Stato membro di cui trattasi può omettere di adeguare l'incidenza dell'accisa al più tardi fino al 1o gennaio del secondo anno successivo all’anno della variazione.

2.     Uno Stato membro che aumenti l'aliquota dell'imposta sul valore aggiunto applicabile alle sigarette può ridurre l'accisa fino a un livello, espresso in percentuale del prezzo medio ponderato di vendita al minuto, equivalente all'aumento dell'aliquota dell'imposta sul valore aggiunto, ugualmente espresso in percentuale del prezzo medio ponderato di vendita al minuto, anche se per effetto di tale adeguamento l'accisa scende al di sotto dei livelli, espressi come percentuale del prezzo medio ponderato di vendita al minuto, fissati all'articolo 2, paragrafi 1 e 2 rispettivamente.

Lo Stato membro, tuttavia, aumenta nuovamente l’accisa in modo da raggiungere almeno detti livelli al più tardi il 1o gennaio del secondo anno successivo all'anno della riduzione.»

soppresso

Emendamento 13

Proposta di direttiva – atto modificativo

Articolo 2 – punto 1

Direttiva 92/80/CEE

Articolo 3 – paragrafo 1 – commi 8 e 9

A decorrere dal 1o gennaio 2010 , gli Stati membri applicano un'accisa ai tabacchi da fumo trinciati a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette pari almeno al 38 % del prezzo di vendita al minuto, imposte comprese, e almeno a 43 EUR per chilogrammo.

A decorrere dal 1o gennaio 2014 , gli Stati membri applicano un'accisa ai tabacchi da fumo trinciati a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette pari ad almeno 50 EUR per chilogrammo oppure al 6 % in più rispetto ai livelli per chilogrammo al 1o gennaio 2012.

A decorrere dal 1o gennaio 2014 , gli Stati membri applicano un'accisa ai tabacchi da fumo trinciati a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette pari almeno al 42 % del prezzo di vendita al minuto, imposte comprese, e almeno a 60 EUR per chilogrammo .

A decorrere dal 1o gennaio 2012 , gli Stati membri applicano un'accisa ai tabacchi da fumo trinciati a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette pari ad almeno 43 EUR per chilogrammo oppure al 20 % in più rispetto ai livelli per chilogrammo al 1o gennaio 2010.

Emendamento 14

Proposta di direttiva – atto modificativo

Articolo 2 – punto 1

Direttiva 92/80/CEE

Articolo 3 – paragrafo 1 – comma 10 e 11

Gli Stati membri aumentano gradualmente le accise per raggiungere i nuovi requisiti minimi di cui al nono comma il 1o gennaio 2014 .

Gli Stati membri aumentano gradualmente le accise per raggiungere tali nuovi requisiti minimi.

A decorrere dal 1o gennaio 2010 l'accisa, espressa come percentuale o come importo per chilogrammo o per numero di pezzi, deve essere almeno pari:

A decorrere dal 1o gennaio 2012 l'accisa, espressa come importo per chilogrammo o per numero di pezzi, deve essere almeno pari:

(a)

nel caso di sigari o sigarette, al 5 % del prezzo di vendita al minuto, imposte comprese, o a 12 EUR per 1 000 pezzi o per chilogrammo;

(a)

nel caso di sigari o sigaretti, a 12 EUR per 1 000 pezzi o per chilogrammo;

(b)

nel caso di tabacchi da fumo (diversi dai tabacchi trinciati a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette), al 20 % del prezzo di vendita al minuto, imposte comprese, o a 22 EUR per chilogrammo.

(b)

nel caso di tabacchi da fumo (diversi dai tabacchi trinciati a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette), a 22 EUR per chilogrammo.

Emendamento 15

Proposta di direttiva – atto modificativo

Articolo 3 – punto 4 bis (nuovo)

Direttiva 95/59/CE

Articolo 9 – paragrafo 1 – comma 3

 

4 bis)

All'articolo 9, paragrafo 1, il terzo comma è sostituito dal seguente:

«La disposizione del secondo comma non osta, tuttavia, all'applicazione delle legislazioni nazionali sul controllo del livello dei prezzi imposti o sull'applicazione da parte dell'autorità competente di uno Stato membro di opportune misure in materia di prezzo di soglia applicabili a tutti i prodotti del tabacco, nel quadro della politica in materia di sanità pubblica dello Stato membro in questione, per scoraggiare il consumo di tabacco, specie da parte dei giovani, sempre che siano compatibili con la normativa comunitaria.»

Emendamento 16

Proposta di direttiva – atto modificativo

Articolo 3 – punto 5

Direttiva 95/59/CE

Articolo 16 – paragrafo 1

1.   La componente specifica dell’accisa non può essere inferiore al 10 % e superiore al 75 % dell’importo dell’onere fiscale totale derivante dall’aggregazione dei seguenti elementi:

1.   La componente specifica dell’accisa non può essere inferiore al 10 % , a partire dal 1o gennaio 2012 , e superiore al 55 % dell’importo dell’onere fiscale totale derivante dall’aggregazione dei seguenti elementi:

(a)

l’accisa specifica;

(a)

l’accisa specifica;

(b)

l’accisa proporzionale e l'imposta sul valore aggiunto applicate al prezzo medio ponderato di vendita al minuto.

(b)

l’accisa proporzionale e l'imposta sul valore aggiunto applicate al prezzo medio ponderato di vendita al minuto.

Il pezzo medio ponderato di vendita al minuto è determinato il 1o gennaio di ogni anno, con riferimento all’anno n-1, sulla base del totale delle immissioni al consumo e dei prezzi, imposte comprese.

Il pezzo medio ponderato di vendita al minuto è determinato il 1o marzo di ogni anno, con riferimento all’anno n-1, sulla base del totale delle immissioni al consumo e dei prezzi, imposte comprese.

 

1 bis.     La componente specifica dell’accisa non deve essere inferiore al 10 % a partire dal 1o gennaio 2014 e superiore al 60 % dell’importo dell’onere fiscale totale derivante dall’aggregazione dei seguenti elementi:

 

(a)

l’accisa specifica; nonché

 

(b)

l’accisa proporzionale e l'imposta sul valore aggiunto applicate al prezzo medio ponderato di vendita al minuto.

 

Il prezzo medio ponderato di vendita al minuto è determinato il 1o marzo di ogni anno, con riferimento all’anno n-1, sulla base del totale delle immissioni al consumo e dei prezzi, imposte comprese.


Mercoledì 25 marzo 2009

6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/232


Mercoledì 25 marzo 2009
Istruzione consolare comune: elementi biometrici e domande di visto ***II

P6_TA(2009)0167

Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 25 marzo 2009 sulla posizione comune del Consiglio in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica dell'Istruzione consolare comune diretta alle rappresentanze diplomatiche e consolari di prima categoria in relazione all'introduzione di elementi biometrici e comprendente norme sull'organizzazione del ricevimento e del trattamento delle domande di visto (5329/1/2009 – C6-0088/2009 – 2006/0088(COD))

2010/C 117 E/42

(Procedura di codecisione: seconda lettura)

Il Parlamento europeo,

vista la posizione comune del Consiglio (5329/1/2009 – C6-0088/2009),

vista la sua posizione in prima lettura (1) sulla proposta della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio (COM(2006)0269),

visto l'articolo 251, paragrafo 2, del trattato CE,

visto l'articolo 67 del suo regolamento,

vista la raccomandazione per la seconda lettura della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (A6-0143/2009),

1.

approva la posizione comune;

2.

constata che l'atto è adottato in conformità della posizione comune;

3.

incarica il suo Presidente di firmare l'atto congiuntamente al Presidente del Consiglio, a norma dell'articolo 254, paragrafo 1, del trattato CE;

4.

incarica il suo Segretario generale di firmare l'atto, previa verifica che tutte le procedure siano state debitamente espletate, e di procedere, d'intesa con il Segretario generale del Consiglio, alla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea;

5.

incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione.


(1)  Testi approvati del 10.7.2008, P6_TA(2008)0358.


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/233


Mercoledì 25 marzo 2009
Garanzia della Comunità accordata alla BEI ***I

P6_TA(2009)0168

Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 25 marzo 2009 sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che accorda alla Banca europea per gli investimenti una garanzia della Comunità in caso di perdite dovute a prestiti e garanzie sui prestiti a favore di progetti realizzati al di fuori della Comunità (COM(2008)0910 – C6-0025/2009 – 2008/0268(COD))

2010/C 117 E/43

(Procedura di codecisione: prima lettura)

Il Parlamento europeo,

vista la proposta della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio (COM(2008)0910),

visti l'articolo 251 e gli articoli 179 e 181 A del trattato CE, a norma dei quali la proposta gli è stata presentata dalla Commissione (C6-0025/2009),

visto l'articolo 51 del suo regolamento,

vista la relazione della commissione per i bilanci (A6-0109/2009),

1.

approva la proposta della Commissione quale emendata;

2.

chiede alla Commissione di presentargli nuovamente la proposta qualora intenda modificarla sostanzialmente o sostituirla con un nuovo testo;

3.

incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione.


Mercoledì 25 marzo 2009
P6_TC1-COD(2008)0268

Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 25 marzo 2009 in vista dell'adozione della decisione n. …/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio che accorda alla Banca europea per gli investimenti una garanzia della Comunità in caso di perdite dovute a prestiti e garanzie sui prestiti a favore di progetti realizzati al di fuori della Comunità

(Dato l'accordo tra il Parlamento e il Consiglio, la posizione del Parlamento in prima lettura corrisponde all'atto legislativo finale, la decisione n. 633/2009/CE)


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/234


Mercoledì 25 marzo 2009
Prestazioni e sostenibilità del sistema aeronautico europeo ***I

P6_TA(2009)0169

Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 25 marzo 2009 sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica dei regolamenti (CE) n. 549/2004, (CE) n. 550/2004, (CE) n. 551/2004 e (CE) n. 552/2004 al fine di migliorare il funzionamento e la sostenibilità del sistema aeronautico europeo (COM(2008)0388 – C6-0250/2008 – 2008/0127(COD))

2010/C 117 E/44

(Procedura di codecisione: prima lettura)

Il Parlamento europeo,

vista la proposta della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio (COM(2008)0388),

visti l'articolo 251, paragrafo 2, e l'articolo 80, paragrafo 2, del trattato CE, a norma dei quali la proposta gli è stata presentata dalla Commissione (C6-0250/2008),

visto l'articolo 51 del suo regolamento,

visti la relazione della commissione per i trasporti e il turismo e il parere della commissione per l'industria, la ricerca e l'energia (A6-0002/2009),

1.

approva la proposta della Commissione quale emendata;

2.

chiede alla Commissione di presentargli nuovamente la proposta qualora intenda modificarla sostanzialmente o sostituirla con un nuovo testo;

3.

incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione.


Mercoledì 25 marzo 2009
P6_TC1-COD(2008)0127

Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 25 marzo 2009 in vista dell'adozione del regolamento (CE) n. …/2009 del Parlamento europee e del Consiglio recante modifica dei regolamenti (CE) n. 549/2004, (CE) n. 550/2004, (CE) n. 551/2004 e (CE) n. 552/2004 al fine di migliorare il funzionamento e la sostenibilità del sistema aeronautico europeo

(Dato l'accordo tra il Parlamento e il Consiglio, la posizione del Parlamento in prima lettura corrisponde all'atto legislativo finale, il regolamento (CE) n. …)


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/235


Mercoledì 25 marzo 2009
Aeroporti, gestione del traffico aereo e servizi di navigazione aerea ***I

P6_TA(2009)0170

Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 25 marzo 2009 sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 216/2008 per quanto riguarda gli aeroporti, la gestione del traffico aereo e i servizi di navigazione aerea e abroga la direttiva 2006/23/CE del Consiglio (COM(2008)0390 – C6-0251/2008 – 2008/0128(COD))

2010/C 117 E/45

(Procedura di codecisione: prima lettura)

Il Parlamento europeo,

vista la proposta della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio (COM(2008)0390),

visti l’articolo 251, paragrafo 2, e l’articolo 80, paragrafo 2 del trattato CE, a norma dei quali la proposta gli è stata presentata dalla Commissione (C6-0251/2008),

visto l’articolo 51 del suo regolamento,

vista la relazione della commissione per i trasporti e il turismo (A6-0515/2008),

1.

approva la proposta della Commissione quale emendata;

2.

chiede alla Commissione di presentargli nuovamente la proposta qualora intenda modificarla sostanzialmente o sostituirla con un nuovo testo;

3.

incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione.


Mercoledì 25 marzo 2009
P6_TC1-COD(2008)0128

Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 25 marzo 2009 in vista dell’adozione del regolamento (CE) n. …/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica che modifica il regolamento (CE) n. 216/2008 per quanto riguarda gli aeroporti, la gestione del traffico aereo e i servizi di navigazione aerea e abroga la direttiva 2006/23/CE

(Dato l’accordo tra il Parlamento e il Consiglio, la posizione del Parlamento in prima lettura corrisponde all’atto legislativo finale, il regolamento (CE) n. …)


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/236


Mercoledì 25 marzo 2009
Nuovi prodotti alimentari ***I

P6_TA(2009)0171

Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 25 marzo 2009 sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai nuovi prodotti alimentari e recante modifica del regolamento (CE) n. XXX/XXXX [procedura uniforme] (COM(2007)0872 – C6-0027/2008 – 2008/0002(COD))

2010/C 117 E/46

(Procedura di codecisione: prima lettura)

Il Parlamento europeo,

vista la proposta della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio (COM(2007)0872),

visti l'articolo 251, paragrafo 2, e l’articolo 95 del trattato CE, a norma dei quali la proposta gli è stata presentata dalla Commissione (C6-0027/2008),

visto l'articolo 51 del suo regolamento,

visti la relazione della commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare e i pareri della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori e della commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale (A6-0512/2008),

1.

approva la proposta della Commissione quale emendata;

2.

chiede alla Commissione di presentargli nuovamente la proposta qualora intenda modificarla sostanzialmente o sostituirla con un nuovo testo;

3.

incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione.


Mercoledì 25 marzo 2009
Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 25 marzo 2009 in vista dell'adozione del regolamento (CE) n. …/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai nuovi prodotti alimentari, recante modifica del regolamento (CE) n. 1331/2008 e che abroga il regolamento (CE) n. 258/97

P6_TC1-COD(2008)0002

(Testo rilevante ai fini del SEE)

IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 95,

vista la proposta della Commissione ║,

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),

deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2),

considerando quanto segue:

(1)

Nel dare attuazione alla politica comunitaria, e visto il trattato che istituisce la Comunità europea, si deve garantire un livello elevato di tutela della salute umana e di protezione dei consumatori, nonché un livello elevato di benessere degli animali e di protezione dell'ambiente. Inoltre dovrebbe sempre essere applicato il principio di precauzione stabilito dal regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (3).

(2)

Nel dare attuazione alle politiche comunitarie deve essere garantito un elevato livello di tutela della salute umana , che dovrebbe avere la priorità rispetto al funzionamento del mercato interno .

(3)

L'articolo 13 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea chiarisce che nella formulazione e nell'attuazione delle politiche l'Unione e gli Stati membri tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti.

(4)

Le norme definite nell'ambito della legislazione comunitaria devono essere applicate a tutti i prodotti alimentari immessi sul mercato comunitario, compresi quelli importati da paesi terzi.

(5)

Il Parlamento europeo, nella sua risoluzione del 3 settembre 2008 sulla clonazione di animali a scopi di approvvigionamento alimentare (4), invita la Commissione a presentare proposte volte a vietare a scopi di approvvigionamento alimentare i) la clonazione di animali, ii) l'allevamento di animali clonati o della loro progenie, iii) l'immissione in commercio di carne o prodotti lattieri ottenuti da animali clonati o dalla loro progenie e iv) l'importazione di animali clonati, della loro progenie, del seme e degli embrioni di animali clonati o della loro progenie nonché la carne e i prodotti lattieri ottenuti da animali clonati o dalla loro progenie.

(6)

Il Comitato scientifico della Commissione sui rischi sanitari emergenti e nuovi (SCENIHR) ha adottato il 28-29 settembre 2005 un parere che giunge alla conclusione che «esistono notevoli lacune nelle conoscenze necessarie per la valutazione dei rischi, tra cui la caratterizzazione delle nanoparticelle, l'individuazione e la misurazione delle stesse, la risposta ai dosaggi, l'impatto e la persistenza delle nanoparticelle nel corpo umano e nell'ambiente e tutti gli aspetti relativi alla tossicologia ed ecotossicologia delle nanoparticelle»; inoltre il parere dello SCENIHR conclude che «i metodi tossicologici ed ecotossicologici esistenti potrebbero risultare inadeguati per fronteggiare tutti i problemi creati dalle nanoparticelle.».

(7)

Le norme comunitarie sui nuovi prodotti alimentari sono definite dal regolamento (CE) n. 258/97 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 gennaio 1997, sui nuovi prodotti e i nuovi ingredienti alimentari (5) e dal regolamento (CE) n. 1852/2001 della Commissione, del 20 settembre 2001, che stabilisce precise norme per rendere talune informazioni accessibili al pubblico e per la tutela delle informazioni presentate in virtù del regolamento (CE) n. 258/97 del Parlamento europeo e del Consiglio (6). Per motivi di chiarezza è opportuno abrogare il regolamento (CE) n. 258/97 e sostituirlo con il presente regolamento. Il presente regolamento dovrebbe contenere disposizioni attualmente definite dal regolamento (CE) n. 1852/2001.

(8)

Per garantire la continuità col regolamento (CE) n. 258/97, l’assenza nella Comunità di un utilizzo significativo per il consumo umano prima della data d’applicazione del regolamento (CE) n. 258/97, vale a dire il 15 maggio 1997, dovrebbe valere come criterio per considerare nuovo un prodotto alimentare. Per utilizzo all'interno della Comunità s'intende un utilizzo negli Stati membri, a prescindere dalla loro data di adesione all'Unione europea.

(9)

La definizione attuale di nuovo prodotto alimentare dovrebbe essere chiarita , illustrando i criteri per determinare il carattere di novità, e aggiornata, sostituendo le categorie esistenti con un riferimento alla definizione generale di prodotto alimentare di cui al regolamento (CE) n. 178/2002 ║.

(10)

I prodotti alimentari con struttura molecolare primaria nuova o intenzionalmente modificata, quelli costituiti da microrganismi, funghi o alghe o isolati da essi, i nuovi ceppi di microrganismi per i quali non vi è esperienza di utilizzo sicuro, nonché i concentrati di sostanze naturalmente presenti nelle piante, dovrebbero essere considerati nuovi prodotti alimentari secondo la definizione del presente regolamento.

(11)

Dovrebbe anche essere chiarito che un prodotto alimentare va considerato nuovo quando si applica una tecnologia di produzione che non veniva utilizzata in precedenza. In particolare, il presente regolamento dovrebbe applicarsi alle nuove tecnologie di allevamento e ai nuovi processi di produzione che hanno un impatto sugli alimenti, e dunque potrebbero averlo sulla sicurezza alimentare. I nuovi prodotti alimentari pertanto dovrebbero comprendere alimenti derivati da piante e animali, prodotti mediante tecniche di allevamento non tradizionali o modificati mediante nuovi processi produttivi, come la nanotecnologia e la nanoscienza, che potrebbero avere un impatto sugli alimenti. I prodotti alimentari derivati da nuove varietà di piante, o da animali ottenuti mediante le tecniche d’allevamento tradizionali non dovrebbero essere considerati nuovi.

(12)

La clonazione di animali è incompatibile con la direttiva 98/58/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, riguardante la protezione degli animali negli allevamenti (7), il cui allegato stabilisce al punto 20 che non devono essere praticati procedimenti di allevamento naturali o artificiali che provochino o possano provocare agli animali in questione sofferenze o lesioni. Pertanto non devono essere inclusi nell'elenco comunitario prodotti alimentari ottenuti da animali clonati o dalla loro progenie.

(13)

I metodi di prova attualmente disponibili non sono adeguati per valutare i rischi associati ai nanomateriali. Occorre mettere a punto con urgenza metodi di prova specifici per i nanomateriali che non prevedano la sperimentazione su animali.

(14)

Il Gruppo europeo per l'etica delle scienze e delle nuove tecnologie ha dichiarato, nel suo parere n. 23 del 16 gennaio 2008 sugli aspetti etici della clonazione animale a scopo alimentare, di non ritenere «che vi siano argomenti convincenti che giustifichino la produzione di alimenti da animali clonati e dalla loro progenie». Il comitato scientifico dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha concluso nel suo parere del 15 luglio 2008 sulla clonazione animale (8) che «vi sono state conseguenze negative, spesso gravi e fatali, sulla salute e il benessere di un significativo numero di cloni».

(15)

È opportuno che solo i nanomateriali che figurano in un elenco di nanomateriali approvati siano presenti negli imballaggi dei prodotti alimentari, con indicazione del limite di cessione nei o sui prodotti alimentari contenuti negli imballaggi stessi.

(16)

Gli alimenti ottenuti da animali clonati e dalla loro progenie devono, comunque, essere esclusi dal campo d'applicazione del presente regolamento. Essi devono essere disciplinati da un regolamento specifico, adottato in codecisione, e non va loro applicata la procedura di autorizzazione uniforme. Prima della data di applicazione del presente regolamento, è opportuno che la Commissione presenti una proposta legislativa al riguardo. Fino all'entrata in vigore di un regolamento sugli animali clonati si deve imporre una moratoria dell'immissione sul mercato di prodotti alimentari ottenuti da animali clonati e dalla loro progenie.

(17)

Occorrerà adottare disposizioni attuative per stabilire ulteriori criteri che permettano di valutare più facilmente se un prodotto alimentare sia stato precedentemente utilizzato in misura significativa per il consumo umano nella Comunità prima del 15 maggio 1997. Se un prodotto alimentare è stato utilizzato in modo esclusivo come integratore o come ingrediente di un integratore, come definito dalla direttiva 2002/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 giugno 2002, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative agli integratori alimentari (9) , prima di tale data, può essere immesso sul mercato dopo tale data per lo stesso utilizzo senza essere considerato un nuovo prodotto alimentare. Tale utilizzo come integratore o come ingrediente di un integratore non può però essere considerato nel valutare se il prodotto sia stato utilizzato in misura significativa per il consumo umano nella Comunità prima del 15 maggio 1997. Pertanto gli altri utilizzi di quell’alimento, ossia quelli diversi dalla funzione di integratore alimentare, devono essere autorizzati in conformità del presente regolamento.

(18)

I prodotti alimentari ottenuti a partire da ingredienti alimentari esistenti sul mercato comunitario, in particolare quelli ottenuti modificando la composizione o le quantità di tali ingredienti, non dovrebbero essere considerati nuovi prodotti alimentari.

(19)

Le disposizioni della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (10) vanno applicate nel caso in cui, tenuto conto di tutte le sue caratteristiche, un prodotto rientri sia nella definizione di «medicinale» sia nella definizione di prodotto prevista da altri strumenti legislativi comunitari. A tale riguardo, se uno Stato membro stabilisce, conformemente alla direttiva 2001/83/CE, che una sostanza è un medicinale, può limitarne l'immissione sul mercato in conformità della legislazione comunitaria.

(20)

I nuovi prodotti alimentari autorizzati in conformità del regolamento (CE) n. 258/97 dovrebbero mantenere il proprio status di nuovi prodotti alimentari, ma dovrebbe essere necessaria un’autorizzazione per i nuovi utilizzi di tali prodotti.

(21)

Gli alimenti destinati a utilizzi tecnologici o modificati geneticamente non rientrano nell’ambito d’applicazione del presente regolamento sempre che siano soggetti a valutazione della sicurezza e ad approvazione in conformità di altre norme comunitarie . Pertanto, gli alimenti utilizzati unicamente come additivi rientranti nell’ambito d’applicazione del regolamento (CE) n. 1333/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativo agli additivi alimentari (11) , gli aromi rientranti nell’ambito d’applicazione del regolamento (CE) n. 1334/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativo agli aromi e ad alcuni ingredienti alimentari con proprietà aromatizzanti destinati a essere utilizzati negli e sugli alimenti (12) , i solventi da estrazione rientranti nell’ambito d’applicazione della direttiva 88/344/CEE del Consiglio, del 13 giugno 1988, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri riguardanti i solventi da estrazione impiegati nella preparazione dei prodotti alimentari e dei loro ingredienti (13), gli enzimi rientranti nell’ambito d’applicazione del regolamento (CE) n. 1332/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativo agli enzimi alimentari (14) e gli alimenti geneticamente modificati rientranti nell’ambito d’applicazione del regolamento (CE) n. 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati (15) devono essere esclusi dall’ambito d’applicazione del presente regolamento.

(22)

L’utilizzo di vitamine e minerali è disciplinato da specifiche legislazioni alimentari settoriali. Dovrebbero pertanto essere esclusi dall’ambito d’applicazione del presente regolamento le vitamine e i minerali rientranti nell’ambito d’applicazione della direttiva 89/398/CEE del Consiglio, del 3 maggio 1989, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti i prodotti alimentari destinati ad un’alimentazione particolare (16), della direttiva 2002/46/CE ║ e del regolamento (CE) n. 1925/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, sull’aggiunta di vitamine e minerali e di talune altre sostanze agli alimenti (17).

(23)

I nuovi prodotti alimentari, diversi dalle vitamine e dai minerali, destinati a un’alimentazione particolare, all’arricchimento degli alimenti o all’utilizzo in quanto integratori alimentari dovrebbero essere valutati in conformità dei criteri di sicurezza e dei requisiti applicabili a tutti i nuovi prodotti alimentari. Allo stesso tempo, essi dovrebbero rimanere soggetti alle norme della direttiva 89/398/CEE e delle direttive specifiche citate nel suo articolo 4, paragrafo 1 e nel suo allegato I, nonché della direttiva 2002/46/CE e del regolamento (CE) n. 1925/2006.

(24)

▐ Per i casi in cui ▐ non ha informazioni sul consumo umano prima del 15 maggio 1997 , la Commissione deve stabilire una procedura semplice e trasparente ▐, con la partecipazione degli Stati membri. Tale procedura dev'essere adottata entro sei mesi dall'entrata in vigore del presente regolamento.

(25)

I nuovi prodotti alimentari devono essere immessi sul mercato comunitario solo se sono sicuri e non inducono in errore il consumatore. La valutazione della loro sicurezza deve basarsi sul principio di precauzione quale stabilito all'articolo 7 del regolamento (CE) n. 178/2002. Inoltre, essi non devono differire dagli alimenti che ▐ sono destinati a sostituire in maniera da risultare svantaggiosi per i consumatori sul piano nutrizionale.

(26)

È necessario applicare una procedura centralizzata e armonizzata per la valutazione della sicurezza e l’autorizzazione che risulti efficiente, di durata limitata e trasparente. Al fine di armonizzare ulteriormente le diverse procedure di autorizzazione degli alimenti, è opportuno che la valutazione della sicurezza dei nuovi prodotti alimentari e la loro iscrizione nell’elenco comunitario si effettuino in conformità della procedura stabilita dal regolamento (CE) n. 1331/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, che istituisce una procedura uniforme di autorizzazione per gli additivi, gli enzimi e gli aromi alimentari (18). L'approvazione dei nuovi prodotti alimentari dovrebbe inoltre tener conto di altri fattori attinenti alla materia in esame, tra cui i fattori di ordine etico.

(27)

Allo scopo di evitare la sperimentazione animale, gli esperimenti su animali vertebrati ai fini del presente regolamento possono essere eseguiti solo in caso di assoluta necessità. Il presente regolamento deve garantire che gli esperimenti su animali vertebrati siano ridotti al minimo e che si evitino le doppie sperimentazioni, e deve promuovere l'uso di metodi di sperimentazione non animale e di strategie sperimentali intelligenti. Nel processo di sviluppo di nuovi prodotti alimentari i risultati esistenti dei test effettuati su vertebrati devono essere condivisi. Inoltre, conformemente alla direttiva 86/609/CEE del Consiglio, del 24 novembre 1986, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla protezione degli animali utilizzati a fini sperimentali o ad altri fini scientifici (19), i test su animali vertebrati devono essere sostituiti, limitati o affinati. L'applicazione del presente regolamento deve basarsi, ove possibile, sull'impiego di idonei metodi di sperimentazione alternativi. È opportuno che entro sette anni dall'entrata in vigore del presente regolamento la Commissione proceda a un riesame delle norme sulla protezione dei dati per quanto riguarda i risultati degli esperimenti su animali vertebrati, modificandole se necessario.

(28)

Occorre anche definire i criteri per la valutazione dei rischi potenziali derivanti dai nuovi prodotti alimentari. Per garantire una valutazione scientifica armonizzata dei nuovi prodotti alimentari, occorre che a tale valutazione proceda l’Autorità europea per la sicurezza alimentare («l’Autorità») in cooperazione con le autorità degli Stati membri .

(29)

Gli aspetti etici e ambientali vanno considerati parte della valutazione del rischio nel corso della procedura di autorizzazione. La valutazione di tali aspetti deve essere effettuata rispettivamente dal Gruppo europeo per l'etica delle scienze e delle nuove tecnologie e dall'Agenzia europea dell'ambiente.

(30)

Per semplificare le procedure, i richiedenti dovrebbero poter presentare un’unica domanda per prodotti alimentari disciplinati da diverse legislazioni alimentari settoriali. Il regolamento (CE) n. 1331/2008 dovrebbe essere modificato di conseguenza.

(31)

È necessario introdurre, se del caso e sulla base delle conclusioni della valutazione della sicurezza, obblighi in materia di monitoraggio successivo all’immissione sul mercato per l’utilizzo dei nuovi prodotti alimentari destinati al consumo umano.

(32)

L’iscrizione di un nuovo prodotto alimentare nell’elenco comunitario dei nuovi prodotti alimentari dovrebbe avvenire senza pregiudicare la possibilità di valutare gli effetti del consumo complessivo di una sostanza aggiunta o utilizzata per la fabbricazione di quel prodotto alimentare o di un prodotto comparabile in conformità dell’articolo 8 del regolamento (CE) n. 1925/2006.

(33)

In circostanze specifiche, per stimolare la ricerca e lo sviluppo, e quindi l’innovazione, nel settore agroalimentare, è opportuno proteggere gli investimenti effettuati dai soggetti innovatori nella raccolta delle informazioni e dei dati forniti a sostegno di una domanda a norma del presente regolamento. Le nuove prove scientifiche e i dati oggetto di un diritto di proprietà forniti a sostegno di una domanda di iscrizione di un nuovo prodotto alimentare nell’elenco comunitario non dovrebbero essere utilizzati a beneficio di un altro richiedente durante un periodo di tempo limitato senza il consenso del primo richiedente. La protezione dei dati scientifici forniti da un richiedente non dovrebbe impedire ad altri soggetti di richiedere l’iscrizione di un nuovo prodotto alimentare nell’elenco comunitario sulla base dei propri dati scientifici. Inoltre, la protezione dei dati scientifici non deve impedire la trasparenza e l'accesso alle informazioni relative ai dati utilizzati nella valutazione della sicurezza dei nuovi prodotti alimentari. I diritti di proprietà intellettuale devono nondimeno essere rispettati.

(34)

I nuovi prodotti alimentari sono soggetti alle norme generali in materia di etichettatura stabilite dalla direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità (20). In alcuni casi può essere necessario che l’etichetta contenga informazioni supplementari, in particolare per quanto riguarda la descrizione dell’alimento, la sua origine, le sue condizioni d’uso. Pertanto, l’iscrizione di un nuovo prodotto alimentare nell’elenco comunitario può essere soggetta a condizioni d’uso specifiche od obblighi di etichettatura.

(35)

Il regolamento (CE) n. 1924/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, relativo alle indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari (21), armonizza le disposizioni degli Stati membri che riguardano dette indicazioni. Pertanto, le indicazioni riguardanti i nuovi prodotti alimentari dovrebbero sempre essere formulate in osservanza di tale regolamento. Se un richiedente desidera che un nuovo prodotto alimentare rechi un'indicazione sulla salute per cui occorre l'autorizzazione in conformità degli articoli 17 o 18 del regolamento (CE) n. 1924/2006, e se le domande concernenti il nuovo prodotto alimentare e l'indicazione sulla salute contengono entrambe una richiesta di protezione di dati oggetto di un diritto di proprietà, i periodi di protezione dei dati dovrebbero avere la stessa decorrenza e durata, su domanda del richiedente.

(36)

Relativamente alla valutazione e gestione della sicurezza degli alimenti tradizionali provenienti dai paesi terzi, occorre tener conto dell’esperienza di utilizzo alimentare sicuro nel paese terzo d’origine. Tale esperienza non dovrebbe comprendere gli utilizzi non alimentari o gli utilizzi non collegati a una dieta normale. Se gli Stati membri e/o l’Autorità non presentano obiezioni motivate relative alla sicurezza sulla base di dati scientifici, ad esempio di informazioni sugli effetti nocivi per la salute, sarà consentito immettere l’alimento sul mercato comunitario dopo aver notificato l’intenzione di procedere in tal senso , purché non esistano obiezioni di natura etica .

(37)

Il Gruppo europeo per l’etica delle scienze e delle nuove tecnologie (EGE) istituito con decisione della Commissione del 16 dicembre 1997(SEC(97)2404) dovrebbe essere consultato, in casi motivati , al fine di ottenere un parere sui problemi etici connessi con l'uso delle nuove tecnologie e con l’immissione sul mercato dei nuovi prodotti alimentari.

(38)

I nuovi prodotti alimentari immessi sul mercato comunitario in conformità del regolamento (CE) n. 258/97 dovrebbero continuare a essere commercializzati. I nuovi prodotti alimentari autorizzati in conformità del regolamento (CE) n. 258/97 dovrebbero essere iscritti nell'elenco comunitario dei nuovi prodotti alimentari istituito dal presente regolamento. Inoltre, se la relazione di valutazione iniziale prevista all'articolo 6, paragrafo 3, del suddetto regolamento non è ancora stata trasmessa alla Commissione, così come in tutti i casi in cui, prima della data di entrata in vigore del presente regolamento, è richiesta una relazione di valutazione complementare in conformità dell'articolo 6, paragrafi 3 o 4, del regolamento (CE) n. 258/97, le domande presentate in conformità del regolamento (CE) n. 258/97 devono essere considerate domande presentate a norma del presente regolamento. Qualora siano chiamati a pronunciarsi, l'autorità e gli Stati membri dovrebbero tener conto del risultato della valutazione iniziale. Altre richieste presentate a norma dell'articolo 4 del regolamento (CE) n. 258/97 prima della data di entrata in vigore del presente regolamento dovrebbero essere trattate conformemente al disposto del regolamento (CE) n. 258/97.

(39)

Dato che gli obiettivi perseguiti non possono essere realizzati dagli Stati membri e possono quindi essere conseguiti più efficacemente a livello comunitario, la Comunità può disporre disposizioni in conformità del principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. In applicazione del principio di proporzionalità enunciato nel medesimo articolo, il presente regolamento non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi perseguiti.

(40)

Gli Stati membri dovrebbero adottare disposizioni relative alle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni del presente regolamento e tutte le disposizioni necessarie per garantirne l’applicazione. Le sanzioni previste devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive.

(41)

Le disposizioni necessarie per l’attuazione del presente regolamento dovrebbero essere adottate in conformità della decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (22).

(42)

In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di stabilire i criteri in base ai quali si può ritenere che gli alimenti siano stati utilizzati in misura significativa per il consumo umano nella Comunità prima del 15 maggio 1997. Tali disposizioni di portata generale e ║ intese a completare il regolamento con l’aggiunta di nuovi elementi non essenziali, devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE.

(43)

Il regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali (23) stabilisce norme generali relative all’effettuazione di controlli ufficiali per verificare il rispetto della legislazione in campo alimentare. Occorre pertanto che gli Stati membri effettuino controlli ufficiali in conformità del regolamento (CE) n. 882/2004, al fine di far rispettare il presente regolamento,

HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

Capo I

Disposizioni introduttive

Articolo 1

Oggetto

Il presente regolamento stabilisce norme armonizzate per l’immissione dei nuovi prodotti alimentari sul mercato comunitario, al fine di garantire un elevato livello di protezione della vita e della salute umana , della salute e del benessere degli animali, dell'ambiente e degli interessi dei consumatori, ▐ allo stesso tempo assicurando la trasparenza e un funzionamento efficace del mercato interno e stimolando l'innovazione nel settore agroalimentare .

Articolo 2

Campo d’applicazione

1.   Il presente regolamento si applica all’immissione dei nuovi prodotti alimentari sul mercato della Comunità.

2.   Il presente regolamento , salvo disposizione contraria, non si applica:

a)

agli alimenti quando e nella misura in cui sono utilizzati come:

i)

additivi alimentari rientranti nell’ambito d’applicazione del regolamento (CE) n. 1333/2008 ;

ii)

aromi rientranti nell’ambito d’applicazione del regolamento (CE) n. 1334/2008 ;

iii)

solventi da estrazione utilizzati nella preparazione di prodotti alimentari e rientranti nell’ambito d’applicazione della direttiva 88/344/CEE ║;

iv)

enzimi rientranti nell’ambito d’applicazione del regolamento (CE) n. 1332/2008 ;

v)

vitamine e minerali rientranti nell’ambito d’applicazione della direttiva 89/398/CEE, della direttiva 2002/46/CE o del regolamento (CE) n. 1925/2006, ad eccezione delle vitamine e dei minerali precedentemente autorizzati ed ottenuti tramite processi di produzione o utilizzando nuove fonti di cui non si era tenuto conto al momento della loro autorizzazione a norma della legislazione pertinente, qualora tali processi di produzione o nuove fonti comportino cambiamenti significativi di cui all'articolo 3, paragrafo 2, lettera a, punto iii);

b)

agli alimenti rientranti nell’ambito d’applicazione del regolamento (CE) n. 1829/2003.

c)

alimenti derivati da animali clonati e dalla loro progenie. Prima del … (24), la Commissione presenta una proposta legislativa per vietare l'immissione sul mercato comunitario di alimenti derivati da animali clonati e dalla loro progenie. La proposta è trasmessa al Parlamento europeo e al Consiglio.

3.     Fatto salvo il paragrafo 2, il presente regolamento si applica agli additivi, enzimi ed aromi, nonché a determinati ingredienti con proprietà aromatizzanti per la cui produzione si impiega un nuovo processo non utilizzato prima del 15 maggio 1997, che comporta cambiamenti significativi nella composizione o nella struttura dell'alimento (ad esempio nanomateriali ingegnerizzati).

4.   Se del caso si può determinare, secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’ articolo 20, paragrafo 3 , se un tipo di alimento rientri nell’ambito d’applicazione del presente regolamento. Qualora un nuovo prodotto alimentare possa avere sull'organismo umano un effetto comparabile a quello di un medicinale, la Commissione chiede all'Agenzia europea per i medicinali (EMEA) un parere che stabilisca se tale prodotto rientra nell’ambito d’applicazione del regolamento (CE) n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (25).

Articolo 3

Definizioni

1.   Ai fini del presente regolamento si applicano le definizioni di cui al regolamento (CE) n. 178/2002.

2.   Inoltre, s’intende per:

a)

«nuovo prodotto alimentare»:

i)

un alimento non utilizzato in misura significativa per il consumo umano nella Comunità prima del 15 maggio 1997.

ii)

un alimento di origine vegetale o animale nei casi in cui alle piante o agli animali rispettivi sia applicata una tecnica non tradizionale di allevamento non utilizzata prima del 15 maggio 1997 , ad eccezione degli alimenti derivati da animali clonati e dalla loro progenie;

iii)

un alimento sottoposto a un nuovo processo di produzione ║ non utilizzato prima del 15 maggio 1997che comporti cambiamenti significativi nella composizione o nella struttura dell'alimento tali da incidere sul suo valore nutritivo, sul metabolismo o sul tenore di sostanze indesiderabili;

iv)

un alimento che contiene o è costituito da nanomateriali ingegnerizzati non utilizzati per la produzione alimentare nella Comunità prima del 15 maggio 1997.

L’utilizzo di un alimento esclusivamente come integratore o come ingrediente di un integratore non è sufficiente per stabilire se il prodotto sia stato utilizzato in misura significativa per il consumo umano nella Comunità prima del 15 maggio 1997. Tuttavia, se un alimento è stato utilizzato in modo esclusivo come integratore alimentare o come ingrediente di un integratore alimentare prima di tale data, può essere immesso sul mercato comunitario dopo tale data per lo stesso utilizzo senza essere considerato un nuovo prodotto alimentare. Altri criteri per valutare se un prodotto alimentare sia stato utilizzato in misura significativa per il consumo umano nella Comunità prima del 15 maggio 1997, destinati a modificare, anche completandoli, elementi non essenziali del presente regolamento, possono essere adottati secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 20, paragrafo 3,

b)

«alimento tradizionale proveniente da un paese terzo», un nuovo prodotto alimentare naturale e non ingegnerizzato con un’esperienza di utilizzo alimentare in un paese terzo, ossia facente parte da almeno venticinque anni prima del …  (26) della dieta abituale di gran parte della popolazione di tale paese;

c)

«esperienza di utilizzo alimentare sicuro», il fatto che la sicurezza dell’alimento in questione è confermata dai dati relativi alla sua composizione e dall’esperienza dell’utilizzo passato e presente , per un periodo di almeno trent'anni, nella dieta abituale di una grande parte della popolazione di un paese;

d)

«animali clonati», animali prodotti mediante un metodo di riproduzione asessuata e artificiale, allo scopo di produrre una copia geneticamente identica o quasi identica di un singolo animale;

e)

«progenie di animali clonati», animali prodotti mediante riproduzione sessuata, nel caso in cui almeno uno dei genitori sia un animale clonato;

f)

«nanomateriale ingegnerizzato», qualsiasi materiale prodotto intenzionalmente e caratterizzato da una o più dimensioni dell'ordine di 100 nm o inferiori, oppure composto di parti funzionali distinte, interne o in superficie, molte delle quali presentano una o più dimensioni dell'ordine di 100 nm o inferiori, compresi strutture, agglomerati o aggregati che possono avere dimensioni superiori a 100 nm, ma che presentano proprietà caratteristiche della scala nanometrica.

Le proprietà caratteristiche della scala nanometrica comprendono:

i)

proprietà connesse all'elevata superficie specifica dei materiali considerati e/o

ii)

proprietà fisico-chimiche che differiscono da quelle dello stesso materiale privo di caratteristiche nanometriche.

3.     Alla luce delle varie definizioni di nanomateriale pubblicate da diversi organismi a livello internazionale, nonché dei continui sviluppi tecnici e scientifici nel settore delle nanotecnologie, la Commissione modifica e adatta la lettera f) del paragrafo 2 basandosi sui progressi tecnici e scientifici e utilizzando le definizioni concordate di conseguenza a livello internazionale. Le misure, volte a modificare elementi non essenziali del presente regolamento, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 20, paragrafo 3.

Articolo 4

Raccolta di informazioni in merito alla classificazione di un nuovo prodotto alimentare

1.   La Commissione raccoglie informazioni dagli Stati membri e/o dagli operatori del settore alimentare o da ogni altra parte interessata per determinare se un alimento rientri nel campo d'applicazione del presente regolamento. Gli Stati membri, gli operatori del settore e le altre parti interessate trasmettono alla Commissione informazioni sulla misura in cui un alimento è stato utilizzato per il consumo umano all’interno della Comunità prima del 15 maggio 1997.

2.     La Commissione pubblica tali dati e le conclusioni tratte dalle informazioni così raccolte, nonché i relativi dati non riservati a sostegno.

3.     Disposizioni di applicazione sulle procedure da seguire nei casi in cui la Commissione non abbia informazioni sull'utilizzo per il consumo umano prima del 15 maggio 1997, che sono destinate a modificare, anche completandoli, elementi non essenziali del presente regolamento, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 20, paragrafo 3, entro il … (27) .

4.   Disposizioni di applicazione del paragrafo 1, destinate a modificare, anche completandoli, elementi non essenziali del presente regolamento, possono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 20, paragrafo 3.

Capo II

Condizioni e iscrizione nell’elenco comunitario dei nuovi prodotti alimentari

Articolo 5

Elenco comunitario dei nuovi prodotti alimentari

Possono essere immessi sul mercato solo i nuovi prodotti alimentari iscritti nell’elenco comunitario dei nuovi prodotti alimentari (║ «l’elenco comunitario»). L'elenco comunitario è tenuto dalla Commissione, che lo pubblica su un'apposita pagina, accessibile al pubblico, del suo sito Internet.

Articolo 6

Divieto di nuovi prodotti alimentari non conformi

Non sono immessi sul mercato nuovi prodotti alimentari non conformi alle disposizioni del presente regolamento.

Articolo 7

Condizioni per l’iscrizione nell’elenco comunitario

1.    Un nuovo prodotto alimentare può essere iscritto nell’elenco comunitario solo se soddisfa le seguenti condizioni:

a)

in base alle prove scientifiche disponibili, non risulta presentare rischi per la salute dei consumatori e degli animali, il che implica che la valutazione del rischio terrà conto degli effetti cumulativi e sinergici nonché dei possibili effetti nocivi per particolari categorie di popolazione ;

b)

▐ non induce in errore i consumatori;

c)

qualora sia destinato a sostituire un altro alimento, non ne differisce in maniera tale da rendere il suo consumo normale svantaggioso per i consumatori sul piano nutrizionale;

d)

nella valutazione si tiene conto del parere dell'Agenzia europea dell'ambiente in merito alla misura in cui nel processo di produzione e in condizioni normali di consumo si verificano conseguenze dannose per l'ambiente;

e)

nella valutazione si tiene conto del parere del Gruppo europeo per l'etica delle scienze e delle nuove tecnologie in merito alla misura in cui vi siano obiezioni di natura etica;

f)

un nuovo prodotto alimentare capace di produrre effetti negativi su determinate categorie della popolazione sarà autorizzato solo previa attuazione di misure specifiche atte a prevenire tali effetti negativi;

g)

ove richiesto da esigenze di sicurezza dell'utilizzo, saranno fissati livelli massimi di assunzione del nuovo prodotto alimentare, come tale o come componente di altri alimenti o categorie di alimenti;

h)

sono stati valutati gli effetti cumulativi dei nuovi prodotti alimentari che sono utilizzati in differenti alimenti o categorie di alimenti.

2.     I prodotti alimentari sottoposti a processi produttivi che richiedono metodi specifici di valutazione del rischio (ad es. quelli prodotti ricorrendo a nanotecnologie) non possono essere iscritti nell'elenco comunitario fino a quando l'impiego di tali metodi specifici non sia stato approvato e un'adeguata valutazione della sicurezza basata su tali metodi non abbia dimostrato la sicurezza dell'utilizzo dei prodotti alimentari in questione.

3.     Un nuovo prodotto alimentare può essere iscritto nell'elenco comunitario solo in presenza di un parere dell'autorità competente attestante che il prodotto non è nocivo per la salute.

Gli alimenti ottenuti da animali clonati o dalla loro progenie non sono iscritti nell'elenco comunitario.

4.     In caso di dubbio, dovuto ad esempio all'insufficiente certezza scientifica o alla mancanza di dati, si applica il principio di precauzione e il prodotto alimentare in questione non può essere iscritto nell'elenco comunitario.

Articolo 8

Contenuto dell’elenco comunitario

1.   L’elenco comunitario è aggiornato in conformità della procedura stabilita dal regolamento (CE) n. 1331/2008 ed è pubblicato dalla Commissione su un'apposita pagina del suo sito Internet .

2.   Per ciascun nuovo prodotto alimentare incluso nell’elenco comunitario sono riportati:

a)

una descrizione del prodotto;

b)

l'uso previsto del prodotto;

c)

le condizioni d'uso;

d)

la data d’iscrizione del nuovo prodotto alimentare nell’elenco comunitario e la data di ricevimento della domanda;

e)

il nome e l'indirizzo del richiedente;

f)

la data e i risultati dell'ultima ispezione ai sensi degli obblighi in materia di monitoraggio di cui all'articolo 13;

g)

il fatto che l'iscrizione si basa su nuove prove scientifiche e/o dati oggetto di un diritto di proprietà cui si applica la tutela di cui all'articolo 15;

h)

il fatto che il nuovo prodotto alimentare può essere immesso sul mercato solo dal richiedente di cui alla lettera e), a meno che un richiedente successivo non ottenga l'autorizzazione per tale prodotto senza alcun riferimento ai dati oggetto di un diritto di proprietà del primo richiedente.

3.     Per tutti i nuovi prodotti alimentari è obbligatorio il monitoraggio successivo all'immissione sul mercato. Tutti i nuovi prodotti alimentari di cui è stata autorizzata l'immissione sul mercato sono riesaminati dopo cinque anni e quando divengono disponibili maggiori dati scientifici. Nel quadro di tale monitoraggio occorre prestare particolare attenzione alle categorie della popolazione la cui dieta presenta i più alti livelli di assunzione.

4.     Nei casi di cui all'articolo 2, paragrafo 3, è applicata la procedura uniforme a prescindere dalla precedente utilizzazione o autorizzazione della sostanza sottoposta a un procedimento produttivo consueto.

5.     Qualora un nuovo prodotto alimentare contenga una sostanza che può presentare rischi per la salute umana in caso di consumo eccessivo, esso è soggetto ad autorizzazione per l'utilizzo entro limiti massimi in determinati alimenti o categorie di alimenti.

6.     Nell'elenco degli ingredienti deve figurare chiaramente ogni ingrediente contenuto sotto forma di nanomateriali. La dicitura «nano» tra parentesi segue la denominazione di tali ingredienti.

7.     Gli alimenti ottenuti da animali nutriti con mangimi geneticamente modificati devono recare sull'etichetta la dicitura «prodotto a partire da animali nutriti con mangimi geneticamente modificati».

8.    L' aggiornamento dell'elenco comunitario ▐ è deciso in conformità della procedura di regolamentazione con controllo di cui all' articolo 20, paragrafo 3.

9.   Prima della scadenza del periodo di cui all’articolo 15, l’elenco comunitario è aggiornato per modificare elementi non essenziali del presente regolamento in conformità della procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 20, paragrafo 3 ║ in modo che, se l’alimento autorizzato è ancora conforme alle condizioni di cui al presente regolamento, non figurino più le indicazioni specifiche di cui al paragrafo 2, lettera g) del presente articolo.

10.     Ai fini dell’aggiornamento dell’elenco comunitario con un nuovo prodotto alimentare, quando quest’ultimo non contiene o non si compone di alimenti soggetti alla protezione dei dati ai sensi dell’articolo 15 e quando:

a)

il nuovo prodotto alimentare è equivalente ad alimenti esistenti, per composizione, metabolismo e livello di sostanze indesiderabili, o

b)

il nuovo prodotto alimentare contiene o si compone di alimenti precedentemente approvati per uso alimentare nella Comunità e quando la nuova utilizzazione prevista non comporta un aumento significativo dell'assunzione da parte dei consumatori, inclusi i consumatori facenti parte di gruppi vulnerabili,

la procedura di notifica prevista all’articolo 10 del presente regolamento si applica per analogia, in deroga all’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1331/2008.

Articolo 9

Etichettatura dei nuovi prodotti e nuovi ingredienti alimentari

Fatti salvi le disposizioni e gli obblighi previsti dalla direttiva 2000/13/CE, tutti i dati specifici relativi ai nuovi prodotti alimentari sono indicati e riportati sull'etichetta al fine di garantire la corretta informazione dei consumatori:

a)

ogni nuovo prodotto alimentare immesso sul mercato è venduto munito di un'etichetta atta a distinguerlo chiaramente, precisa e facilmente leggibile e comprensibile, indicante che si tratta di un nuovo prodotto alimentare;

b)

tutte le caratteristiche o proprietà dei nuovi prodotti alimentari, quali la composizione, il valore nutritivo e l'utilizzo appropriato, sono indicate in modo chiaro, preciso e facilmente leggibile e comprensibile sull'imballaggio del prodotto;

c)

la presenza di una nuova sostanza alimentare o di un nuovo ingrediente alimentare che sostituisce una sostanza o un ingrediente in un prodotto alimentare, che sia sostituito o meno da un nuovo prodotto, deve essere indicata in modo chiaro, preciso e facilmente leggibile e comprensibile sull'etichetta.

Nel caso in cui un nuovo prodotto alimentare contenga una sostanza che può presentare un rischio elevato per la salute umana in caso di consumo eccessivo, i consumatori devono esserne informati attraverso l'apposizione di un'etichetta chiara, precisa e facilmente leggibile e comprensibile sull'imballaggio del prodotto.

Articolo 10

Alimenti tradizionali provenienti da un paese terzo

1.   Un operatore del settore alimentare che intenda immettere sul mercato comunitario un alimento tradizionale proveniente da un paese terzo lo notifica alla Commissione, indicando la denominazione dell’alimento, la sua composizione e il suo paese d’origine.

La notifica è accompagnata da una documentazione attestante l’esperienza di utilizzo sicuro dell’alimento in qualsiasi paese terzo.

2.   La Commissione inoltra immediatamente la notifica, comprensiva della dimostrazione dell’esperienza di utilizzo alimentare sicuro di cui al paragrafo 1, agli Stati membri e all’Autorità , e la mette a disposizione del pubblico sul suo sito Internet .

3.   Entro quattro mesi dalla data alla quale la notifica di cui al paragrafo 1 è inoltrata dalla Commissione ai sensi del paragrafo 2, uno Stato membro e l’Autorità possono informare la Commissione di avere obiezioni motivate in materia di sicurezza, sulla base di dati scientifici, all’immissione sul mercato dell’alimento tradizionale in questione.

In tal caso, l’alimento non è immesso sul mercato comunitario e si applicano gli articoli da 5 a 8. La notifica di cui al paragrafo 1 del presente articolo è considerata una domanda ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1 del regolamento (CE) n. 1331/2008. In alternativa, il richiedente può optare per il ritiro della notifica.

La Commissione informa l’operatore interessato del settore alimentare senza indebito ritardo e in modo dimostrabile, entro cinque mesi al massimo dalla data della notifica di cui al paragrafo 1.

4.   In assenza di obiezioni motivate sulla sicurezza basate su dati scientifici e di una comunicazione in merito fatta all’operatore del settore alimentare in conformità del paragrafo 3, l’alimento tradizionale può essere immesso sul mercato comunitario cinque mesi dopo la data della notifica di cui al paragrafo 1.

5.   La Commissione pubblica un elenco degli alimenti tradizionali provenienti da paesi terzi che possono essere immessi sul mercato comunitario in conformità del paragrafo 4 su una pagina apposita del proprio sito Internet. Tale pagina è accessibile mediante un link dalla pagina dell'elenco comunitario dei nuovi prodotti alimentari di cui all'articolo 5.

6.    Prima del … (28), le modalità di applicazione del presente articolo, destinate a modificare, anche completandoli, elementi non essenziali del presente regolamento, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 20, paragrafo 3.

Articolo 11

Orientamento tecnico

Fatte salve le disposizioni dell'articolo 9, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (CE) n. 1331/2008 e prima del … (28), la Commissione, se del caso e in stretta cooperazione con l'Autorità, gli operatori del settore alimentare e le piccole e medie imprese, fornisce un orientamento tecnico e gli strumenti necessari per assistere gli operatori del settore alimentare, e in particolare le piccole e medie imprese, nella preparazione e nella presentazione delle domande di cui al presente regolamento. I richiedenti possono fare riferimento alla raccomandazione 97/618/CE della Commissione, del 29 luglio 1997, relativa agli aspetti scientifici delle informazioni a sostegno delle domande di autorizzazione all'immissione sul mercato di nuovi prodotti e nuovi ingredienti alimentari, della presentazione di queste informazioni e della preparazione delle relazioni di valutazione iniziale, in forza del regolamento (CE) n. 258/97 del Parlamento europeo e del Consiglio (29) fintanto che essa non è sostituita da un orientamento tecnico riveduto, emesso in conformità del presente articolo.

L’orientamento tecnico e gli strumenti in questione sono pubblicati, entro il … (30), su un'apposita pagina, accessibile al pubblico, del sito Internet della Commissione.

Articolo 12

Parere dell’Autorità

Nel valutare la sicurezza dei nuovi prodotti alimentari, l’Autorità , sulla base dei requisiti di cui all'articolo 6 :

a)

accerta ▐ se essi , destinati o meno a sostituire un prodotto già presente sul mercato , non presentino alcun rischio di effetti nocivi o di tossicità per la salute umana, tenendo anche conto delle implicazioni di eventuali caratteristiche nuove ;

b)

tiene conto dell’esperienza di utilizzo alimentare sicuro degli alimenti tradizionali provenienti dai paesi terzi.

In caso di obiezioni di natura etica, oltre alla valutazione della sicurezza, viene richiesto il parere del Gruppo europeo di etica delle scienze e delle nuove tecnologie.

Articolo 13

Obblighi per gli operatori del settore alimentare

1.   Per ragioni legate alla sicurezza alimentare e previo parere dell’Autorità, la Commissione impone un obbligo in materia di monitoraggio successivo all’immissione sul mercato. Tale monitoraggio avviene cinque anni dopo la data di inserimento di nuovi prodotti alimentari nella lista della Commissione e tiene conto degli aspetti della sicurezza alimentare e di quelli concernenti la salute e il benessere degli animali, nonché dell'impatto ambientale. Particolare attenzione è prestata alle categorie della popolazione che presentano i livelli più alti di assunzione alimentare.

Gli obblighi in materia di monitoraggio si applicano anche ai nuovi prodotti alimentari già presenti sul mercato, compresi quelli che sono stati approvati nel quadro della procedura semplificata («notifica») di cui all'articolo 5 del regolamento (CE) n. 258/97.

Gli Stati membri nominano le autorità competenti responsabili del monitoraggio successivo all'immissione sul mercato.

2.   Il produttore e gli operatori del settore alimentare informano immediatamente la Commissione di:

a)

qualsiasi nuova informazione scientifica o tecnica suscettibile di influire sulla valutazione della sicurezza dell’utilizzo del nuovo prodotto alimentare;

b)

qualsiasi proibizione o restrizione imposta dall’autorità competente di un paese terzo in cui il nuovo prodotto alimentare è immesso sul mercato.

Tutti gli operatori del settore alimentare notificano alla Commissione e alle autorità competenti dello Stato membro in cui operano ogni problema sanitario di cui siano stati informati dai consumatori o dalle organizzazioni per la tutela dei consumatori.

Le autorità competenti dello Stato membro riferiscono alla Commissione entro tre mesi dalla conclusione del controllo. La Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio entro un anno dal termine del periodo di cinque anni di cui al paragrafo 1.

3.     Per evitare sperimentazioni su animali, sono effettuati esperimenti su animali vertebrati ai fini del presente regolamento soltanto in caso di assoluta necessità. Sono promossi il ricorso a esperimenti che non comportino l'impiego di animali e le strategie di sperimentazione intelligenti.

Articolo 14

Gruppo europeo per l’etica e le nuove tecnologie

Se del caso, la Commissione, di propria iniziativa o su richiesta di uno Stato membro, può consultare il Gruppo europeo per l’etica e le nuove tecnologie su questioni di natura etica di grande rilevanza riguardanti la scienza e le nuove tecnologie.

La Commissione rende pubblico il parere del Gruppo europeo per l'etica e le nuove tecnologie.

Capo III

Disposizioni generali

Articolo 15

Protezione dei dati

1.    Su richiesta del richiedente sostenuta da informazioni adeguate e verificabili inserite nel fascicolo di domanda, le nuove prove scientifiche e i dati scientifici oggetto di un diritto di proprietà forniti a sostegno delle domande non possono essere utilizzati a beneficio di altre domande per un periodo di cinque anni a partire dalla data d’iscrizione del nuovo prodotto alimentare nell’elenco comunitario a meno che il richiedente successivo non abbia convenuto con il richiedente precedente la possibilità di usare tali dati e informazioni, e qualora:

a)

i dati scientifici e le altre informazioni siano stati designati come protetti da proprietà industriale dal richiedente precedente al momento in cui questi ha presentato la domanda; e

b)

il richiedente precedente avesse diritto esclusivo di riferimento ai dati protetti da proprietà industriale al momento in cui ha presentato la domanda; e

c)

il nuovo prodotto alimentare non avrebbe potuto ottenere l’autorizzazione se il richiedente precedente non avesse presentato i dati protetti da proprietà industriale.

2.     I dati provenienti da progetti di ricerca parzialmente o interamente finanziati dalla CE e/o da istituzioni pubbliche, e gli studi sui rischi o i dati relativi a tali studi, quali gli studi sull'alimentazione del bestiame, sono pubblicati insieme alla domanda e possono essere utilizzati liberamente da altri richiedenti.

3.     Al fine di evitare la ripetizione di studi che comportano vertebrati, un successivo richiedente è autorizzato a fare riferimento a studi su vertebrati e altri studi che possano evitare sperimentazioni su animali. Il proprietario dei dati può chiedere un adeguato compenso per il loro utilizzo.

Articolo 16

Protezione armonizzata dei dati

Nonostante l'autorizzazione di un nuovo prodotto alimentare conformemente agli articoli 7 e 14 del regolamento (CE) n. 1331/2008 o l'autorizzazione di un'indicazione sulla salute conformemente agli articoli 17, 18 e 25 del regolamento (CE) n. 1924/2006, qualora si intenda ottenere un'autorizzazione per un nuovo prodotto alimentare e per un'indicazione sulla salute ad esso relativa, e qualora la protezione dei dati in virtù delle disposizioni di entrambi i regolamenti sia giustificata e il richiedente ne faccia domanda, i dati concernenti l'autorizzazione e la sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale coincidono e i periodi di protezione dei dati decorrono simultaneamente.

Articolo 17

Misure di ispezione e controllo

Al fine di assicurare il rispetto del presente regolamento, vengono svolti controlli ufficiali conformemente al regolamento (CE) n. 882/2004.

Articolo 18

Sanzioni

Gli Stati membri stabiliscono le sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni del presente regolamento e adottano tutte le disposizioni necessarie per garantirne l’applicazione. Le sanzioni previste devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano tali disposizioni alla Commissione entro dodici mesi e la informano senza indugio di eventuali modifiche successive.

Articolo 19

Prerogative degli Stati membri

1.     Qualora, a seguito di nuove informazioni o di una nuova valutazione di informazioni già esistenti, uno Stato membro abbia motivi fondati per ritenere che l'utilizzo di un prodotto o ingrediente alimentare conforme al presente regolamento presenti rischi per la salute umana o per l'ambiente, tale Stato membro può limitare temporaneamente o sospendere la commercializzazione e l'utilizzo sul proprio territorio del prodotto o ingrediente alimentare in questione. Esso ne informa immediatamente gli altri Stati membri e la Commissione precisando i motivi della propria decisione.

2.     La Commissione, in stretta cooperazione con l'EFSA, esamina quanto prima i motivi di cui al paragrafo 1 e adotta le misure necessarie. Lo Stato membro che ha adottato la decisione di cui al paragrafo 1 può mantenerla fino all'entrata in vigore di tali misure.

Articolo 20

Comitato

1.   La Commissione è assistita dal comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, istituito dall’articolo 58 del regolamento (CE) n. 178/2002 ║.

2.   Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.

Il periodo di cui all’articolo 5, paragrafo 6 della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.

3.   Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l’articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l’articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.

Articolo 21

Revisione

1.    Entro il … (31) e alla luce delle esperienze acquisite, la Commissione trasmette al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione del presente regolamento, in particolare degli articoli 10 e 15 , accompagnata, se del caso, da proposte.

2.     Entro il … (32), la Commissione trasmette al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione su tutti gli aspetti degli alimenti prodotti a partire da animali ottenuti utilizzando una tecnica di clonazione e dalla loro progenie, accompagnata, se del caso, da proposte legislative.

La relazione e le eventuali proposte sono rese accessibili al pubblico.

Capo IV

Disposizioni transitorie e finali

Articolo 22

Abrogazione

Il regolamento (CE) n. 258/97 è abrogato con effetto a decorrere dalla data di applicazione del presente regolamento.

Articolo 23

Istituzione dell’elenco comunitario

Entro il …  (33) la Commissione istituisce l’elenco comunitario e vi iscrive i nuovi prodotti alimentari che sono autorizzati in base al regolamento (CE) n. 258/97 e che rientrano nel campo d'applicazione del presente regolamento a norma degli articoli 2 e 3 , comprese le eventuali condizioni di autorizzazione.

Articolo 24

Disposizioni transitorie

║ Ogni domanda di immissione sul mercato di un nuovo prodotto alimentare presentata a uno Stato membro a norma dell'articolo 4 del regolamento (CE) n. 258/97 , qualora la relazione di valutazione iniziale ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 3, di tale regolamento non sia ancora stata trasmessa alla Commissione prima del (34) è considerata una domanda a norma del presente regolamento. Le altre richieste presentate a norma dell'articolo 3, paragrafo 4, e degli articoli 4 e 5 del regolamento (CE) n. 258/97 prima del … (34) devono essere trattate conformemente al disposto del regolamento (CE) n. 258/97.

Articolo 25

Modifiche del regolamento (CE) n. 1331/2008

Il regolamento (CE) n. 1331/2008 è così modificato:

1)

il titolo è sostituito dal seguente:

2)

all’articolo 1, paragrafo 1, la prima frase è sostituita dalla seguente:

«1.   Il presente regolamento stabilisce una procedura uniforme di valutazione e autorizzazione (qui di seguito “la procedura uniforme”) degli additivi alimentari, degli enzimi alimentari, degli aromi alimentari e delle fonti di aromi alimentari utilizzati o destinati a essere utilizzati nei o sui prodotti alimentari e dei nuovi prodotti alimentari (qui di seguito “le sostanze o i prodotti”), contribuisce alla libera circolazione dei prodotti alimentari nella Comunità e a un elevato livello di tutela della salute umana e degli interessi dei consumatori.»;

3)

all’articolo 1, il paragrafo 2 è sostituito dal seguente:

«2.   La procedura uniforme definisce le modalità dell’aggiornamento degli elenchi di sostanze e prodotti di cui è autorizzata nella Comunità l’immissione sul mercato ai sensi del regolamento (CE) n. 1333/2008, del regolamento (CE) n. 1332/2008, del regolamento (CE) n. 1334/2008 e del regolamento (CE) n. …/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del …, relativo ai nuovi prodotti alimentari (║ “le legislazioni alimentari settoriali”).»;

4)

all’articolo 1 paragrafo 3, all’articolo 2 paragrafi 1 e 2, all’articolo 9 paragrafo 2, all’articolo 12 paragrafo 1 e all’articolo 13 la parola «sostanza» o «sostanze» è sostituita da «sostanza o prodotto» o «sostanze o prodotti»;

5)

il titolo dell’articolo 2 è sostituito dal seguente:

«Elenco comunitario di sostanze o prodotti»;

6)

all’articolo 4 è aggiunto il seguente paragrafo ║:

«3.   È possibile presentare un’unica domanda relativa a una sostanza o a un prodotto per aggiornare i diversi elenchi comunitari previsti dalle diverse legislazioni alimentari settoriali, purché la domanda sia conforme alle disposizioni di ciascuna di esse.»;

7)

all’inizio dell’articolo 6, paragrafo 1 è inserita la frase seguente:

«Se sussistono dubbi circa la sicurezza, giustificati da ragioni scientifiche, al richiedente è chiesto di fornire le necessarie informazioni complementari concernenti la valutazione del rischio.».

Articolo 26

Entrata in vigore

Il presente regolamento entra in vigore il ║ ventesimo giorno ║ successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Il presente regolamento si applica a decorrere dal …  (35).

Tuttavia, l’articolo 23 si applica a decorrere dal …  (36).

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a ║

Per il Parlamento europeo

Il presidente

Per il Consiglio

Il presidente


(1)   GU C 224 del 30.8.2008, pag. 81.

(2)  Posizione del Parlamento europeo del 25 marzo 2009.

(3)   GU L 31 dell'1.2.2002, pag. 1.

(4)   Testi approvati, P6_TA(2008)0400.

(5)  GU L 43 del 14.2.1997, pag. 1. ║

(6)  GU L 253 del 21.9.2001, pag. 17.

(7)   GU L 221 dell'8.8.1998, pag. 23.

(8)   The EFSA Journal (2008)0767, pag. 32.

(9)   GU L 183 del 12.7.2002, pag. 51.

(10)   GU L 311 del 28.11.2001, pag. 67.

(11)   GU L 354 del 31.12.2008, pag. 16.

(12)   GU L 354 del 31.12.2008, pag. 34.

(13)  GU L 157 del 24.6.1988, pag. 28. ║

(14)   GU L 354 del 31.12.2008, pag. 7.

(15)  GU L 268 del 18.10.2003, pag. 1. ║

(16)  GU L 186 del 30.6.1989, pag. 27. ║

(17)  GU L 404 del 30.12.2006, pag. 26.

(18)   GU L 354 del 31.12.2008, pag. 1 .

(19)   GU L 358 del 18.12.1986, pag. 1.

(20)  GU L 109 del 6.5.2000, pag. 29. ║

(21)  GU L 404 del 30.12.2006, pag. 9. ║

(22)  GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. ║

(23)  GU L 165 del 30.4.2004, pag. 1. ║

(24)   Sei mesi dalla data di pubblicazione del presente regolamento.

(25)   GU L 136 del 30.4.2004, pag. 1.

(26)   Sei mesi dalla data di pubblicazione del presente regolamento.

(27)   Sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente regolamento.

(28)   Sei mesi dalla data di pubblicazione del presente regolamento.

(29)   GU L 253 del 16.9.1997, pag. 1.

(30)   Sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente regolamento.

(31)   Tre anni e sei mesi dalla data di pubblicazione del presente regolamento.

(32)   Un anno dalla data di entrata in vigore del presente regolamento.

(33)  Sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente regolamento.

(34)  Sei mesi dalla data di pubblicazione del presente regolamento.

(35)  Sei mesi dalla data di pubblicazione del presente regolamento.

(36)  La data di entrata in vigore del presente regolamento.


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/255


Mercoledì 25 marzo 2009
Sostanze che riducono lo strato di ozono (rifusione) ***I

P6_TA(2009)0172

Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 25 marzo 2009 sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulle sostanze che riducono lo strato di ozono (rifusione) (COM(2008)0505 – C6-0297/2008 – 2008/0165(COD))

2010/C 117 E/47

(Procedura di codecisione – rifusione)

Il Parlamento europeo,

vista la proposta della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio (COM(2008)0505),

visti l'articolo 251, paragrafo 2, e gli articoli 133 e 175, paragrafo 1, del trattato CE, a norma dei quali la proposta gli è stata presentata dalla Commissione (C6-0297/2008),

visto l'accordo interistituzionale del 28 novembre 2001 ai fini di un ricorso più strutturato alla tecnica della rifusione degli atti normativi (1),

vista la lettera in data 17 dicembre 2008 della commissione giuridica alla commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare a norma dell'articolo 80 bis, paragrafo 3, del suo regolamento,

visto il parere della commissione giuridica sulla base giuridica proposta,

visti gli articoli 80 bis, 51 e 35 del suo regolamento,

visti la relazione della commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare e il parere della commissione giuridica (A6-0045/2009),

A.

considerando che, secondo il gruppo consultivo dei servizi giuridici del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, la proposta in questione non contiene modificazioni sostanziali se non quelle espressamente indicate come tali e che, per quanto concerne le disposizioni rimaste immutate dei testi esistenti, la proposta si limita ad una mera codificazione di tali disposizioni, senza modificazioni sostanziali,

1.

approva la proposta della Commissione quale adattata alle raccomandazioni del gruppo consultivo dei servizi giuridici del Parlamento, del Consiglio e della Commissione e quale emendata in appresso;

2.

chiede alla Commissione di presentargli nuovamente la proposta qualora intenda modificarla sostanzialmente o sostituirla con un nuovo testo;

3.

incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione.


(1)  GU C 77 del 28.3.2002, pag. 1.


Mercoledì 25 marzo 2009
P6_TC1-COD(2008)0165

Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 25 marzo 2009 in vista dell'adozione del regolamento (CE) n. …/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sulle sostanze che riducono lo strato di ozono (rifusione)

(Dato l'accordo tra il Parlamento e il Consiglio, la posizione del Parlamento in prima lettura corrisponde all'atto legislativo finale, il regolamento (CE) n. 1005/2009)


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/256


Mercoledì 25 marzo 2009
Accordo di partenariato economico CE/Cariforum ***

P6_TA(2009)0183

Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 25 marzo 2009 sulla proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'accordo di partenariato economico tra gli Stati del Cariforum, da una parte, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altra (5211/2009 – COM(2008)0156 – C6-0054/2009 – 2008/0061(AVC))

2010/C 117 E/48

(Procedura del parere conforme)

Il Parlamento europeo,

vista la proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'accordo di partenariato economico tra gli Stati Cariforum, da una parte, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altra (COM(2008)0156),

visto l'accordo di partenariato economico tra gli Stati del CARIFORUM, da una parte, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altra (5211/2009),

vista la richiesta di parere conforme presentata dal Consiglio a norma dell'articolo 57, paragrafo 2, dell'articolo 133, paragrafi 1 e 5, e dell'articolo 181 del trattato CE in combinato disposto con l'articolo 300, paragrafo 3, primo e secondo comma del trattato CE (C6-0054/2009),

visti l'articolo 75 e l'articolo 83, paragrafo 7, del suo regolamento,

visti la raccomandazione della commissione per il commercio internazionale e il parere della commissione per lo sviluppo (A6-0117/2009),

1.

esprime il suo parere conforme sulla conclusione dell'accordo;

2.

incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e degli Stati del Cariforum.


6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/257


Mercoledì 25 marzo 2009
Accordo di partenariato economico interinale CE/Côte d'Ivoire ***

P6_TA(2009)0184

Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 25 marzo 2009 sulla proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'accordo di partenariato economico interinale tra la Côte d'Ivoire, da una parte, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altra (5535/2009 – COM(2008)0439 – C6-0064/2009 – 2008/0136(AVC))

2010/C 117 E/49

(Procedura del parere conforme)

Il Parlamento europeo,

vista la proposta di decisione del Consiglio (COM(2008)0439),

visto l'accordo di partenariato economico interinale tra la Côte d'Ivoire, da una parte, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altra (5535/2009),

vista la richiesta di parere conforme presentata dal Consiglio a norma degli articoli 133 e 181 del trattato CE, in combinato disposto con l'articolo 300, paragrafo 3, secondo comma, del trattato CE (C6-0064/2009),

visti l'articolo 75 e l'articolo 83, paragrafo 7, del suo regolamento,

visti la raccomandazione della commissione per il commercio internazionale e il parere della commissione per lo sviluppo (A6-0144/2009),

1.

esprime il suo parere conforme sulla conclusione dell'accordo;

2.

incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e della Côte d'Ivoire.


Giovedì 26 marzo 2009

6.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 117/258


Giovedì 26 marzo 2009
Distribuzione di derrate alimentari agli indigenti nella Comunità (modifica del regolamento unico OCM) *

P6_TA(2009)0188

Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 26 marzo 2009 sulla proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1290/2005 relativo al finanziamento della politica agricola comune e il regolamento (CE) n. 1234/2007 recante organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli (regolamento unico OCM) per quanto riguarda la distribuzione di derrate alimentari agli indigenti nella Comunità (COM(2008)0563 – C6-0353/2008 – 2008/0183(CNS))

2010/C 117 E/50

(Procedura di consultazione)

Il Parlamento europeo,

vista la proposta della Commissione al Consiglio (COM(2008)0563),

visto l'articolo 37 del trattato CE, a norma del quale è stato consultato dal Consiglio (C6-0353/2008),

visto l'articolo 51 del suo regolamento,

visti la relazione della commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale e il parere della commissione per lo sviluppo regionale (A6-0091/2009),

1.

approva la proposta della Commissione quale emendata;

2.

invita la Commissione a modificare di conseguenza la sua proposta, in conformità dell'articolo 250, paragrafo 2, del trattato CE;

3.

invita il Consiglio ad informarlo qualora intenda discostarsi dal testo approvato dal Parlamento;

4.

chiede al Consiglio di consultarlo nuovamente qualora intenda modificare sostanzialmente la proposta della Commissione;

5.

incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione.

TESTO DELLA COMMISSIONE

EMENDAMENTO

Emendamento 1

Proposta di regolamento – atto modificativo

Considerando 1

(1)

Il regolamento (CEE) n. 3730/87 del Consiglio, del 10 dicembre 1987, che stabilisce le norme generali per la fornitura a taluni organismi di derrate alimentari provenienti dalle scorte d'intervento e destinate ad essere distribuite agli indigenti nella Comunità, successivamente abrogato e integrato nel regolamento (CE) n. 1234/2007, offre da oltre vent’anni una fonte sicura di prodotti alimentari da distribuire alle persone meno abbienti della Comunità.

(1)

Il regolamento (CEE) n. 3730/87 del Consiglio, del 10 dicembre 1987, che stabilisce le norme generali per la fornitura a taluni organismi di derrate alimentari provenienti dalle scorte d'intervento e destinate ad essere distribuite agli indigenti nella Comunità, successivamente abrogato e integrato nel regolamento (CE) n. 1234/2007, offre da oltre vent’anni una fonte sicura di prodotti alimentari da distribuire alle persone meno abbienti della Comunità, contribuendo positivamente alla coesione delle regioni dell'Unione europea mediante la riduzione delle disparità economiche e sociali tra regioni con diversi livelli di sviluppo .

Emendamento 2

Proposta di regolamento – atto modificativo

Considerando 2

(2)

La politica agricola comune (PAC) si prefigge tra i suoi obiettivi, enunciati all’articolo 33, paragrafo 1, del trattato, di stabilizzare i mercati e di assicurare prezzi ragionevoli nelle consegne ai consumatori. Le operazioni di distribuzione gratuita poste in essere nell'ambito del programma europeo di aiuto alimentare agli indigenti hanno contribuito, nel corso degli anni, alla realizzazione di entrambi questi obiettivi, rivelandosi uno strumento essenziale per attenuare l’insicurezza alimentare delle persone indigenti nella Comunità, assicurare un’ampia disponibilità di prodotti alimentari all’interno della Comunità europea e, nel contempo, ridurre le scorte d’intervento.

(2)

La politica agricola comune (PAC) si prefigge tra i suoi obiettivi, enunciati all’articolo 33, paragrafo 1, del trattato, di stabilizzare i mercati e di assicurare prezzi ragionevoli nelle consegne ai consumatori. Le operazioni di distribuzione gratuita poste in essere nell'ambito del programma europeo di aiuto alimentare agli indigenti hanno contribuito, nel corso degli anni, alla realizzazione di entrambi questi obiettivi, rivelandosi uno strumento essenziale per attenuare l’insicurezza alimentare delle persone indigenti nella Comunità, assicurare un’ampia disponibilità di prodotti alimentari all’interno della Comunità europea e, nel contempo, ridurre le scorte d’intervento. Il nuovo programma comunitario di aiuto alimentare agli indigenti dovrebbe continuare a garantire la realizzazione degli obiettivi della PAC, nonché contribuire al conseguimento degli obiettivi di coesione assicurando a tutte le regioni uno sviluppo equilibrato, armonioso e sostenibile.

Emendamento 3

Proposta di regolamento – atto modificativo

Considerando 5

(5)

L'attuale programma di distribuzione di derrate alimentari è basato sulla distribuzione di prodotti alimentari che vengono attinti dalle scorte d’intervento comunitarie e, in via complementare e temporanea, acquistati sul mercato. Le successive riforme della PAC e l’andamento favorevole dei prezzi alla produzione hanno tuttavia ridotto progressivamente le scorte d’intervento, come pure la gamma di prodotti disponibili. Occorre pertanto che gli acquisti sul mercato diventino anch’essi una fonte permanente di approvvigionamento per il programma, ad integrazione delle scorte d’intervento qualora queste non siano sufficienti.

(5)

L'attuale programma di distribuzione di derrate alimentari è basato sulla distribuzione di prodotti alimentari che vengono attinti dalle scorte d’intervento comunitarie e, in via complementare e temporanea, acquistati sul mercato. Tuttavia, le crescenti tensioni sul mercato mondiale delle materie prime agricole, come pure la progressiva soppressione degli strumenti di orientamento della produzione e di stoccaggio, realizzata nelle successive riforme della PAC , hanno ridotto l’autonomia alimentare dell’Unione europea in termini di quantità e gamma di prodotti disponibili, nonché la sua capacità di rispondere alle esigenze alimentari degli indigenti ovvero alle crisi alimentari o speculative internazionali. Ciononostante, l'Unione europea non può porre termine da un giorno all'altro a un programma già in corso. Occorre pertanto che gli acquisti sul mercato diventino anch’essi una fonte permanente di approvvigionamento per il programma, a integrazione delle scorte d’intervento qualora queste non siano sufficienti. Gli acquisti sul mercato dovrebbero essere fatti secondo criteri di competitività, privilegiando tuttavia l'acquisto di prodotti di origine comunitaria.

Emendamento 4

Proposta di regolamento – atto modificativo

Considerando 6

(6)

Un programma comunitario non può costituire l’unica risposta al crescente fabbisogno di aiuti alimentari nella Comunità. Le politiche nazionali attuate dalla pubblica amministrazione e la mobilitazione della società civile sono altrettanto necessarie per garantire la sicurezza alimentare agli indigenti. Tuttavia, un programma comunitario a forte valenza coesiva potrebbe servire da modello per l'assistenza alimentare agli indigenti, promuovendo sinergie e incoraggiando le iniziative pubbliche e private finalizzate alla sicurezza alimentare della popolazione bisognosa. Inoltre, data la dispersione geografica delle limitate scorte d’intervento disponibili negli Stati membri, un simile programma può contribuire al loro utilizzo ottimale. Il programma comunitario deve quindi essere compatibile con le politiche nazionali in materia.

(6)

Un programma comunitario non può costituire l’unica risposta al crescente fabbisogno di aiuti alimentari nella Comunità. Le politiche nazionali attuate dalla pubblica amministrazione e la mobilitazione della società civile sono altrettanto necessarie per garantire la sicurezza alimentare agli indigenti. Tuttavia, un programma comunitario a forte valenza coesiva potrebbe servire da modello per l'assistenza alimentare agli indigenti, in particolare nelle regioni meno sviluppate , promuovendo sinergie e incoraggiando le iniziative pubbliche e private finalizzate alla sicurezza alimentare della popolazione bisognosa. Inoltre, data la dispersione geografica delle limitate scorte d’intervento disponibili negli Stati membri, un simile programma può contribuire al loro utilizzo ottimale. Il programma comunitario deve quindi essere compatibile con le politiche nazionali in materia.

Emendamento 5

Proposta di regolamento – atto modificativo

Considerando 7

(7)

Ai fini di una completa valorizzazione dell’elemento di coesione del programma comunitario, del rafforzamento delle sinergie da esso create e di un’oculata pianificazione, è opportuno disporre che gli Stati membri partecipino al finanziamento del programma di aiuto alimentare agli indigenti. Occorre stabilire i tassi massimi di cofinanziamento comunitario e il contributo finanziario della Comunità deve essere inserito tra le spese che possono essere finanziate dal Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) di cui all’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1290/2005 del Consiglio. Nei primi anni di applicazione del programma riveduto si dovrebbero prevedere tassi di cofinanziamento più elevati, al fine di mantenere un elevato tasso di utilizzo dei fondi, agevolare l’introduzione graduale del cofinanziamento, consentire una transizione indolore ed evitare il rischio di interruzione del programma per mancanza di risorse.

soppresso

Emendamento 7

Proposta di regolamento – atto modificativo

Considerando 9

(9)

L’esperienza ha dimostrato che sarebbe auspicabile apportare alcuni miglioramenti alla gestione del programma e, in particolare, offrire agli Stati membri e agli organismi designati una prospettiva più a lungo termine mediante piani pluriennali. La Commissione dovrebbe pertanto elaborare piani triennali per l’attuazione del programma, in base alle richieste comunicatele dagli Stati membri e ad altre informazioni da essa giudicate pertinenti. Gli Stati membri dovranno formulare le loro richieste in termini di prodotti alimentari da distribuire nell’arco di un piano triennale sulla base di programmi nazionali di distribuzione, specificando gli obiettivi e le priorità dell’assistenza alimentare agli indigenti. La Commissione deve definire una metodologia obiettiva per la ripartizione dei fondi disponibili.

(9)

L’esperienza ha dimostrato che sarebbe auspicabile apportare alcuni miglioramenti alla gestione del programma e, in particolare, offrire agli Stati membri e agli organismi designati una prospettiva più a lungo termine mediante piani pluriennali. La Commissione dovrebbe pertanto elaborare piani triennali per l’attuazione del programma, in base alle richieste comunicatele dagli Stati membri e ad altre informazioni da essa giudicate pertinenti. Gli Stati membri dovranno formulare le loro richieste in termini di prodotti alimentari da distribuire nell’arco di un piano triennale sulla base di programmi nazionali di aiuto alimentare specificando gli obiettivi e le priorità dell’assistenza alimentare agli indigenti. La Commissione deve definire una metodologia obiettiva per la ripartizione dei fondi disponibili. In situazioni eccezionali, e quando il numero degli indigenti è maggiore del previsto, gli Stati membri possono invitare la Commissione a rivedere i piani.

Emendamento 8

Proposta di regolamento – atto modificativo

Articolo 2 – punto 1

Regolamento (CE) n. 1234/2007

Articolo 27 – paragrafo 1

1.   Ai fini della distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti nella Comunità tramite organismi designati dagli Stati membri, vengono messi a disposizione i prodotti giacenti all’intervento oppure vengono acquistati prodotti alimentari sul mercato.

1.   Ai fini della distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti nella Comunità tramite organismi designati dagli Stati membri, vengono messi a disposizione i prodotti giacenti all’intervento oppure vengono acquistati prodotti alimentari di origine comunitaria sul mercato , con una preferenza per i prodotti alimentari freschi di produzione locale .

I prodotti alimentari sono acquistati sul mercato solo in mancanza di scorte d'intervento adatte al programma di distribuzione.

I prodotti alimentari di origine comunitaria sono acquistati sul mercato solo in mancanza di scorte d'intervento adatte al programma di distribuzione.

Emendamento 9

Proposta di regolamento – atto modificativo

Articolo 2 – punto 1

Regolamento (CE) n. 1234/2007

Articolo 27 – paragrafo 2

2.   Gli Stati membri che intendono partecipare al programma comunicano alla Commissione i propri programmi nazionali di distribuzione di derrate alimentari , indicanti i quantitativi di prodotti alimentari da distribuire nell’arco di tre anni e altri dati pertinenti.

2.   Gli Stati membri che intendono partecipare al programma comunicano alla Commissione i propri programmi nazionali di aiuto alimentare , indicanti i dettagli delle loro caratteristiche e dei loro obiettivi principali, le organizzazioni interessate, le richieste di quantitativi di prodotti alimentari da distribuire nell’arco di tre anni e altri dati pertinenti.

Emendamento 10

Proposta di regolamento – atto modificativo

Articolo 2 – punto 1

Regolamento (CE) n. 1234/2007

Articolo 27 – paragrafo 3 – comma 2

Ciascun piano triennale specifica gli stanziamenti annuali della Comunità per Stato membro e i contributi finanziari minimi annuali degli Stati membri , determinati dalla Commissione secondo un metodo da definirsi nelle modalità di applicazione adottate a norma dell'articolo 43, lettera g). Gli stanziamenti per il secondo e il terzo anno del programma sono indicativi. Gli Stati membri che partecipano al programma confermano ogni anno le richieste di cui al paragrafo 2. In seguito a tali conferme, la Commissione decide, nell’anno successivo, gli stanziamenti definitivi nei limiti della dotazione di bilancio disponibile.

Ciascun piano triennale specifica gli stanziamenti annuali della Comunità per Stato membro, determinati dalla Commissione secondo un metodo da definirsi nelle modalità di applicazione adottate a norma dell'articolo 43, lettera g). Gli stanziamenti per il secondo e il terzo anno del programma sono indicativi. Gli Stati membri che partecipano al programma confermano ogni anno le richieste di cui al paragrafo 2. In seguito a tali conferme, la Commissione decide, nell’anno successivo, gli stanziamenti definitivi nei limiti della dotazione di bilancio disponibile.

Emendamento 11

Proposta di regolamento – atto modificativo

Articolo 2 – punto 1

Regolamento (CE) n. 1234/2007

Articolo 27 – paragrafo 4 – comma 3 bis (nuovo)

 

Questi organismi appongono un pannello informativo nei luoghi di distribuzione, oppure un'etichetta autoadesiva nei luoghi di distribuzione itineranti, indicante che gli organismi stessi beneficiano del programma comunitario di aiuto alimentare. Questa affissione rappresenta il mezzo per comunicare ai destinatari che essi beneficiano dell’aiuto comunitario.

Emendamento 12

Proposta di regolamento – atto modificativo

Articolo 2 – punto 1

Regolamento (CE) n. 1234/2007

Articolo 27 – paragrafo 5 – lettera b

(b)

notificano tempestivamente alla Commissione ogni circostanza che incida sull’attuazione dei programmi di aiuto alimentare.

(b)

notificano alla Commissione ogni circostanza che incida sull’attuazione dei programmi di distribuzione di derrate alimentari.

Emendamento 13

Proposta di regolamento – atto modificativo

Articolo 2 – punto 1

Regolamento (CE) n. 1234/2007

Articolo 27 – paragrafo 6 – comma 1 – lettera b

b)

il costo dei prodotti alimentari acquistati sul mercato.

b)

Il costo dei prodotti alimentari acquistati sul mercato nel quadro delle procedure orientate alla concorrenza.

Emendamento 14

Proposta di regolamento – atto modificativo

Articolo 2 – punto 1

Regolamento (CE) n. 1234/2007

Articolo 27 – paragrafo 6 – comma 2 – lettera b

b)

spese di trasporto dei prodotti alimentari e spese amministrative a carico degli organismi designati, direttamente correlate all’attuazione del programma.

b)

spese di trasporto e di immagazzinamento dei prodotti alimentari e spese amministrative a carico degli organismi designati, direttamente correlate all’attuazione del programma.

Emendamento 15

Proposta di regolamento – atto modificativo

Articolo 2 – punto 1

Regolamento (CE) n. 1234/2007

Articolo 27 – paragrafo 6 bis (nuovo)

 

6 bis.     Per l’insieme delle spese di trasporto, di immagazzinamento e amministrative (comprese le spese di comunicazione) gli Stati membri stabiliscono un massimale corrispondente ad una percentuale dei prodotti acquistati o scambiati, tenendo eventualmente conto delle specificità locali. Gli Stati membri ripartiscono la dotazione finanziaria tra queste tre voci di spesa. Gli stanziamenti non utilizzati nell’ambito di questa dotazione possono essere riassegnati all’acquisto di derrate.

Emendamento 16

Proposta di regolamento – atto modificativo

Articolo 2 – punto 1

Regolamento (CE) n. 1234/2007

Articolo 27 – paragrafo 7 – comma 1

7.   La Comunità cofinanzia le spese ammissibili sostenute nell’ambito del programma.

7.   La Comunità finanzia le spese ammissibili sostenute nell’ambito del programma.

Emendamento 17

Proposta di regolamento – atto modificativo

Articolo 2 – punto 1

Regolamento (CE) n. 1234/2007

Articolo 27 – paragrafo 7 – comma 2 – alinea

Il tasso di cofinanziamento comunitario non supera:

soppresso

Emendamento 18

Proposta di regolamento – atto modificativo

Articolo 2 – punto 1

Regolamento (CE) n. 1234/2007

Articolo 27 – paragrafo 7 – comma 2 – lettera a

(a)

per il piano triennale che inizia il 1o gennaio 2010, il 75 % delle spese ammissibili, o l’85 % delle spese ammissibili negli Stati membri ammessi a beneficiare del finanziamento del Fondo di coesione per il periodo 2007–2013, elencati nell’allegato I della decisione 2006/596/CE della Commissione;

soppresso

Emendamento 19

Proposta di regolamento – atto modificativo

Articolo 2 – punto 1

Regolamento (CE) n. 1234/2007

Articolo 27 – paragrafo 7 – comma 2 – lettera b

(b)

per i successivi piani triennali, il 50 % delle spese ammissibili, o il 75 % delle spese ammissibili negli Stati membri ammessi a beneficiare del finanziamento del Fondo di coesione in un dato anno, elencati nell’allegato I della decisione 2006/596/CE e in successive decisioni.

soppresso

Emendamento 20

Proposta di regolamento – atto modificativo

Articolo 2 – punto 3

Regolamento (CE) n. 1234/2007

Articolo 184 – punto 9

«(9)

al Parlamento europeo e al Consiglio, entro il 31 dicembre 2012 , sull'attuazione del programma di distribuzione di derrate alimentari agli indigenti nella Comunità di cui all’articolo 27, corredata di proposte appropriate

«(9)

al Parlamento europeo e al Consiglio, entro il 31 dicembre 2011, sull'attuazione del programma di distribuzione di derrate alimentari agli indigenti nella Comunità di cui all’articolo 27, corredata di una proposta di decisione sul proseguimento del programma dopo il periodo attuale di finanziamento e di qualsiasi altra proposta appropriata necessaria


Top