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Document 52011DC0011

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI Analisi annuale della crescita: progredire nella risposta globale dell'UE alla crisi

/* COM/2011/0011 def. */


IT

COMMISSIONE EUROPEA

Bruxelles, 12.1.2011

COM(2011) 11 definitivo

ANALISI ANNUALE DELLA CRESCITA

ALLEGATO 3

PROGETTO DI RELAZIONE COMUNE SULL'OCCUPAZIONE

ANALISI ANNUALE DELLA CRESCITA

ALLEGATO 3

PROGETTO DI RELAZIONE COMUNE SULL'OCCUPAZIONE

La relazione comune sull'occupazione, prevista dall'articolo 148 del TFUE, fa parte del pacchetto che la Commissione prepara per l'avvio del semestre europeo. La relazione, intesa a fornire un orientamento economico più deciso, consiste in una disanima che sviluppa, in un'ottica di più lungo respiro, i tratti salienti dell'occupazione emersi dall'analisi annuale della crescita. L'analisi e i tratti che essa delinea tengono conto della situazione dell'occupazione in Europa, dell'attuazione degli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione 1 nonché della valutazione dei programmi nazionali di riforma effettuata dal Comitato per l'occupazione per ciascun paese 2 .

1.L'andamento dell'occupazione incide sulle condizioni quadro macroeconomiche

Una situazione del mercato del lavoro migliore ma ancora fragile…

Il mercato del lavoro nell'UE ha continuato a stabilizzarsi e vi sono attualmente segni di ripresa in alcuni Stati membri. La crisi dell'occupazione nell'UE sembra infatti essersi arrestata nel secondo trimestre del 2010 quando, per la prima volta negli ultimi due anni, ha registrato una crescita dello 0,2% circa. Tuttavia, con 221,3 milioni di persone attive 3 , l'occupazione registrava in quel momento un tasso inferiore di 5,6 milioni di persone rispetto al record del secondo trimestre del 2008, una situazione che rispecchia il considerevole declino dell'industria manifatturiera e dell'edilizia. Il numero di lavoratori tra i 20 e i 64 anni ha raggiunto i 208,4 milioni di persone, ovvero un tasso di occupazione del 68,8 % 4 .

Il tasso di disoccupazione, attualmente al 9,6%, è rimasto invariato dal febbraio 2010 e si è ampiamente stabilizzato. La disoccupazione colpisce oggi 23,1 milioni di persone. La disoccupazione di lunga durata è in aumento in tutte le fasce sociali, sia pure in misura diversa; 5 dei 23,1 milioni di disoccupati sono rimasti inattivi per un periodo compreso tra i 6 e gli 11 mesi. La crisi ha aggravato il rischio di disoccupazione tra i lavoratori scarsamente qualificati e gli immigranti da paesi terzi. La disoccupazione giovanile, che colpisce oggi 5,2 milioni di persone, è aumentata di circa 1,2 milione di persone rispetto al suo livello più basso, registrato nella primavera del 2008 (registrando quindi un aumento di circa il 30 %). Ciononostante, da questo autunno il mercato del lavoro per i giovani mostra segni di ripresa nell'UE e dal settembre 2009 è in calo. Il tasso di disoccupazione giovanile è ora pari al 20,4% nell'UE, ovvero 0,1 punti percentuali in meno rispetto all'anno scorso.

A fronte del costante aumento della disoccupazione tra giugno 2009 e giugno 2010 i beneficiari dei sussidi di disoccupazione sono andati aumentando nella maggior parte degli Stati membri. Anche il numero dei beneficiari di regimi (non contributivi) di assistenza sociale è aumentato in maniera significativa nella maggior parte degli Stati membri e, in alcuni paesi, tali regimi hanno ammortizzato una buona parte delle ripercussioni sociali della crisi. Non vengono rilevate forti pressioni sui regimi d'invalidità, mentre il numero dei pensionamenti anticipati è aumentato in qualche paese.

…con sfasamenti a breve termine...

Recentemente la domanda di manodopera ha continuato a mostrare segni di relativo miglioramento con offerte di lavoro, richieste di lavoro on line e posti di lavoro occupati attraverso agenzie di lavoro interinale che superano i livelli riscontrati un anno fa.

Suscita però una certa inquietudine lo sfasamento tra l'offerta e la domanda. Nell'ultimo anno si è assistito ad un aumento del tasso di disoccupazione e delle offerte di lavoro, il che farebbe pensare ad un divario tra le qualifiche di coloro che cercano lavoro e quelle richieste per i posti disponibili. Questo dato dovrà essere attentamente seguito nei prossimi mesi al fine di verificare se tale tendenza in aumento nell'ultimo anno è solo temporanea o rischia di diventare strutturale. In effetti, i settori che si riprendono più rapidamente non sono quelli che hanno tagliato più posti di lavoro al manifestarsi della crisi e ciò significa probabilmente che le competenze richieste e le esigenze settoriali sono cambiate nel corso della crisi.

…preoccupazioni per quanto riguarda la competitività…

In risposta alla crisi economica gli Stati membri sono ricorsi in maggioranza a regimi di riduzione dell'orario lavorativo per permettere alle imprese di assorbire il calo della produzione senza dover necessariamente licenziare dipendenti. Il ricorso a questo tipo di regimi non permette però di riassorbire l'eccedenza, il che rende ciascun lavoratore meno produttivo. In precedenti crisi economiche, caratterizzate da un accumulo di manodopera, i periodi di crescita che sono seguiti non hanno comportato in genere la creazione di posti di lavoro dal momento che l'aumento della produzione era dovuto al recupero della produttività e del tempo di lavoro e non ad un aumento di posti di lavoro. La crescita della produttività della manodopera è rimasta negativa durante tutto il periodo che va dalla metà del 2008 al primo trimestre del 2009 per poi diventare positiva con un tasso annuo del 2 %.

Con la crisi economica gli Stati membri si sono maggiormente impegnati a preservare la competitività e a sostenere la domanda di manodopera riducendo il costo totale del lavoro. I dati indicano che globalmente nella zona euro i salari sono stati adeguati naturalmente alla congiuntura negativa – sebbene con scarti temporali dovuti alla maggiore durata degli accordi collettivi – dal momento che i salari negoziati sono aumentati di appena il 2,1 % nel secondo semestre del 2010, contro un aumento annuo del 3,5 % nel terzo trimestre del 2008.

I costi unitari reali nell'UE sono cresciuti in modo sostenuto tra il terzo trimestre del 2008 e il primo semestre del 2009 per poi diminuire altrettanto rapidamente e, nel secondo trimestre del 2010, la crescita ha raggiunto appena il -2 % l'anno, il che lascia supporre che questa tendenza costituisca una minaccia per la competitività dell'UE nel suo complesso. Tuttavia, in alcuni paesi sarà necessaria un'ulteriore riduzione dei costi totali del lavoro per lavoratore al fine di riportare la competitività esterna dell'UE ai livelli di prima della crisi.

… e la necessità di interventi in materia di imposte sul lavoro e contributi previdenziali

Gli Stati membri hanno anche cercato di ridurre i costi indiretti del lavoro, come risulta dal cuneo fiscale 5 . Al fine di stimolare la domanda di manodopera, durante la crisi la riduzione dei contributi previdenziali è stata di solito subordinata alla creazione netta – vale a dire limitata a nuove assunzioni- di posti di lavoro in diversi Stati membri. Alcuni paesi hanno inoltre deciso dei tagli generali sui contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, per lo più di natura permanente. I tagli sui costi indiretti del lavoro miravano principalmente ai lavoratori con minori possibilità di assunzione: lavoratori scarsamente qualificati, giovani disoccupati, disoccupati di lunga durata e lavoratori anziani.

2.individuare settori prioritari per le riforme che rilancino la crescita

Il raggiungimento dei principali obiettivi individuati in materia di occupazione, istruzione e integrazione sociale richiede l'attuazione di un ampio spettro di azioni integrate al fine di creare mercati del lavoro più flessibili, sicuri e partecipativi. A tal fine il migliore strumento è costituito dalle politiche di flessicurezza. Le quattro componenti della flessicurezza (accordi contrattuali flessibili e affidabili, politiche attive del mercato del lavoro, apprendimento permanente e sistemi moderni di previdenza sociale) devono tuttavia essere rafforzate per assicurare che i paesi si concentrino sulle riforme più efficaci in termini di costi garantendo una migliore flessibilità e sicurezza 6 .

Ciò significa innanzitutto rimuovere gli ostacoli istituzionali che impediscono il corretto funzionamento dei mercati del lavoro degli Stati membri. Si tratta di ostacoli che possono ripercuotersi in maniera negativa sulla crescita dell'occupazione e sul funzionamento del mercato del lavoro e, entro certi limiti, anche intralciare l'integrazione sociale e la riduzione della povertà. L'analisi che segue scaturisce dalle aree strategiche individuate dall'EMCO e dal CPS come settori fondamentali per verificare l'applicazione degli orientamenti.

2.1.Raggiungere la piena occupazione

Conseguire la piena occupazione è un obiettivo che richiede l'attuazione delle azioni integrate illustrate dall'orientamento n. 7 in materia di occupazione.

Partecipazione al mercato del lavoro

Il tasso di occupazione tra i lavoratori più anziani (55-64 anni) è basso e sfiora il 46,4%, un fattore che dipende dalla gestione dell'età sul mercato del lavoro e nei posti di lavoro, ma anche in parte dai regimi di pensionamento anticipato e/o di invalidità di varia natura. Le disfunzioni del mercato del lavoro dei più anziani (scarsa richiesta da parte dei datori di lavoro, bassi livelli di aggiornamento professionale, mancanza di assistenza nella ricerca di lavoro, il ricorso al pensionamento anticipato, la scarsa reintegrazione e le scarse possibilità di riqualificarsi dopo un licenziamento) possono determinare l'uscita anticipata dal mercato del lavoro. Inoltre, in alcuni paesi il nesso tra i contributi, la durata dell'attività lavorativa e il valore dei diritti di pensione è limitato o non abbastanza visibile.

È evidente che occorre promuovere una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Il tasso di occupazione globale delle donne in Europa è ancora soltanto del 62,4% (20-64). Il trattamento fiscale iniquo della seconda fonte di reddito familiare (l'imposizione fiscale è di fatto più elevata per le donne coniugate rispetto a quelle single) è considerato in molti paesi un ostacolo alla partecipazione continuativa delle donne o al loro rientro sul mercato del lavoro. Le elevate aliquote d'imposta marginali effettive dovute a caratteristiche impositive basate sulla composizione familiare, la graduale eliminazione dei sussidi in base al reddito (come gli assegni per i figli o i sussidi per l'alloggio) e la mancata distribuzione di benefici professionali costituiscono potenziali ostacoli per il reingresso delle donne nel mercato del lavoro in alcuni Stati membri.

Il numero dei giovani che s'inserisce sul mercato del lavoro è troppo basso. L'assenza di percorsi su misura che combinino servizi di orientamento alla carriera, opportunità di riqualificazione, tirocini di qualità e periodi di formazione prima dell'assunzione intralciano l'inserimento dei giovani nel mondo del lavoro 7 . Non disponendo di informazioni chiare su chi si inserisce nel mercato del lavoro, i datori di lavoro esitano ad assumere perché, sin dall'inizio, dubitano delle capacità e dei livelli di produttività dei candidati e temono che non siano adatti a ricoprire quel determinato posto. In numerosi Stati membri occorre far sì che i giovani siano in grado di rispondere alle esigenze del mercato del lavoro.

Funzionamento e segmentazione del mercato del lavoro

In molti mercati del lavoro le considerevoli differenze per quanto riguarda i rispettivi livelli di legislazione a tutela dell'occupazione determinano una divisione tra i lavoratori ben tutelati da contratti permanenti e lavoratori meno protetti con contratti atipici, spesso a termine. Questa situazione è stata evidenziata dalla crisi; la perdita di posti di lavoro tra i lavoratori a termine è stata infatti quasi quattro volte superiore maggiore rispetto a quella dei lavoratori permanenti. Anche se il lavoro a termine non è di per sé un fenomeno negativo, la sua funzione limitata come trampolino di lancio per rapporti lavorativi di più lunga durata va a scapito della produttività e di migliori prospettive di carriera e di guadagno – in particolare per i giovani.

Al tempo stesso, in molti Stati membri il processo di trasformazione del mercato del lavoro è insufficiente o lento perché il mercato del lavoro è caratterizzato da rigidità e da turnover che non stanno al passo con i cambiamenti della domanda. Oltre alle inadeguatezze della legislazione a tutela dell'occupazione, il fenomeno è dovuto anche alla scarsa flessibilità interna, alla rigidità dell'orario di lavoro. Tali fattori hanno un impatto negativo diretto sull'attività economica in quanto impediscono una ripartizione efficace delle risorse lavorative.

Anche gli ostacoli alla mobilità geografica della manodopera possono intralciare il buon funzionamento del mercato del lavoro. La limitata trasferibilità dei diritti pensionistici e di altri diritti previdenziali riduce la possibilità di un'efficace (ri)distribuzione della manodopera; lo stesso vale per gli alloggi e i trasporti che impediscono ai cittadini di trasferirsi nelle località in cui ci sono posti di lavoro o di fare i pendolari.

In diversi Stati membri si riscontra inoltre un livello considerevole di lavoro sommerso con grandi sacche di forza lavoro che non vengono dichiarate perché le disposizioni vigenti non vengono applicate o perché i sistemi fiscali e previdenziali sono disincentivanti. Ne risultano tassi di occupazione ufficiali e ore lavorate artificialmente bassi ed un mercato del lavoro duplice o parallelo in cui una parte dei lavoratori è subordinata a norme e condizioni molto sfavorevoli, una situazione che riduce la produttività e il reddito fiscale e che aumenta il rischio di esclusione.

Relazioni industriali di alta qualità basate sul dialogo e la fiducia tra parti sociali forti contribuiscono a trovare soluzioni ai fini della riduzione della segmentazione e del corretto funzionamento del mercato del lavoro. Il dialogo sociale si è dimostrato efficace durante la crisi. Creare consenso è importante quando devono essere decise misure di austerità dal momento che solo una ripartizione degli sforzi considerata equa garantirà che le riforme siano socialmente accettabili e abbiano successo. Tuttavia, la capacità operativa delle organizzazioni sindacali e di categoria e la qualità delle relazioni industriali differiscono; pertanto, in diversi Stati membri il potenziale di soluzioni autonome, negoziate sulla base di analisi comuni e trattative tra le parti sociali, deve ancora essere sviluppato pienamente.

La creazione di posti di lavoro

Molti Stati membri hanno ridotto i costi indiretti del lavoro a titolo temporaneo come risposta alla crisi. Ulteriori tagli permanenti possono promuovere ulteriormente l'occupazione soprattutto se mirati ai lavoratori meno qualificati in quei paesi in cui essi rappresentano una manodopera con un alto potenziale. La neutralità fiscale può essere ottenuta trasferendo il carico fiscale dal lavoro all'energia e/o alla proprietà. In molti Stati membri il dibattito sull'attuale tassazione del lavoro e di altre risorse è già in corso.

I mercati del lavoro che emergono dalla crisi sono diversi e molti Stati membri sono alla ricerca di valore aggiunto e perseguono economie sostenibili più ecologiche. Si tratta di passi fondamentali per la creazione di più posti di lavoro e per il conseguimento degli obiettivi sul fronte climatico ed energetico. Al contempo è necessario sostenere l'adattabilità della forza lavoro. Non sono ancora state pienamente raggiunte le sinergie necessarie a garantire il potenziamento reciproco delle linee strategiche e a trovare una soluzione che sia vincente tanto sul piano dell'economia che su quelli dell'ambiente e dell'occupazione. I settori maggiormente colpiti dalla perdita di posti di lavoro (gas, elettricità, carbone, petrolio) sono a forte prevalenza maschile. Mentre alcuni posti di lavoro in tali settori diventano obsoleti, altri richiedono nuove competenze e inducono una ridistribuzione dei posti di lavoro nello stesso settore o verso altri settori. Nuove competenze si rendono necessarie anche nel settore dei cosiddetti "lavori bianchi", come quello sanitario caratterizzato da una domanda crescente, da gravi carenze e da un'espansione dovuta all'invecchiamento della società.

Il ricorso al lavoro autonomo e a iniziative imprenditoriali rimane limitato negli Stati membri e meno della metà di tali iniziative sopravvive oltre tre anni. I benefici netti del lavoro autonomo non vengono percepiti come sufficientemente superiori rispetto a quelli offerti da altre possibilità e non sono tali da rendere attraente questo tipo di carriera per gli elementi migliori e più brillanti. Persistono fattori che scoraggiano il lavoro autonomo e le iniziative politiche che concilino l'economia e il mercato del lavoro al fine di creare un ambiente propizio all'imprenditorialità restano troppo limitate.

Politiche attive del mercato del lavoro

In alcuni Stati membri mancano misure efficaci di politiche attive del mercato del lavoro destinate ai disoccupati di lunga durata e alle categorie di cittadini vulnerabili e svantaggiati. In determinati Stati membri le iniziative in tal senso sortiscono scarsi effetti dal momento che a un numero relativamente alto di offerte di lavoro si accompagna un tasso elevato di disoccupazione a lungo termine. In parte ciò è causato dalla scarsa cooperazione tra i diversi livelli di governo che partecipano alla gestione delle politiche attive del mercato del lavoro dal momento che le responsabilità sono ripartite a diversi livelli regionali. Per altri, la causa risiede nell'inefficienza dei servizi pubblici per l'occupazione, a sua volta dovuta all'elevato numero dei casi da esaminare perché la clientela è numerosa, il bilancio viene ridotto e i servizi ridimensionati, perché il personale specializzato è carente, la formazione scarsa, le spese coperte dalle politiche attive del mercato del lavoro sono inadeguate o perché viene prestata poca attenzione a misure economicamente più efficaci. La modernizzazione dei servizi pubblici per l'occupazione e del modello di servizi proposti al fine di offrire un aiuto personalizzato a quanti ne abbiano bisogno è ancora insufficiente.

Parità tra uomini e donne e conciliazione tra l’attività lavorativa e la vita privata

In alcuni Stati membri vi sono ancora donne costrette a lavorare part-time perché gli asili e i doposcuola sono inadeguati o inesistenti o perché mancano i servizi di assistenza all'infanzia o a altre persone a carico. Inoltre, assume sempre più rilievo, per la società e per le donne, il problema della cura degli anziani e dei disabili in un contesto di invecchiamento della popolazione. In alcuni Stati membri l'ostilità dei mercati del lavoro nei confronti delle interruzioni di carriera e una ripartizione non equilibrata delle responsabilità tra i genitori costituiscono un ulteriore ostacolo alla reintegrazione delle donne nel mercato del lavoro. In alcuni paesi i congedi parentali lunghi (pagati) rischiano di diventare un intralcio per l'evoluzione della carriera, impongono gravi oneri fiscali al bilancio pubblico e incidono sulla produttività a causa del deprezzamento delle competenze.

Sistemi di sicurezza sociale

Nel periodo immediatamente successivo alla crisi la disoccupazione strutturale e di lunga durata è diventata un problema urgente in molti Stati membri. I sistemi di sussidi di disoccupazione e le altre prestazioni dovrebbero fornire il giusto incentivo al lavoro, per evitare la dipendenza dai sussidi, garantendo al contempo un aiuto al reddito dei più bisognosi e la capacità di adattarsi alla congiuntura economica. Numerosi Stati membri non hanno ancora adottato criteri di conformità adeguati, accompagnati da sanzioni temporanee e parziali in caso di mancato rispetto da parte dei beneficiari delle sovvenzioni che sono disposti a lavorare. Inoltre, in alcuni Stati membri mancano pratiche per individuare coloro che non sono disposti a lavorare nonché strategie adeguate ad essi destinate.

Fissazione dei salari e costi del lavoro

E' opportuno adeguare gli stipendi in modo da equilibrare la domanda e l'offerta di manodopera, da garantire un'efficace utilizzazione della forza lavoro e di offrire ai lavoratori vantaggi commisurati al loro contributo al valore aggiunto. A questo proposito, è fondamentale che a medio termine le retribuzioni reali aumentino in parallelo con la produttività della manodopera nelle diverse professioni ed attività economiche.

In un'ottica macroeconomica, le dinamiche salariali sono importanti anche per la correzione di squilibri interni ed esterni. In particolare, in alcuni paesi della zona euro, una correzione duratura del disavanzo delle partite correnti accumulatosi nel tempo e l'assorbimento di ampi bacini di disoccupazione richiedono dinamiche del costo del lavoro in termini nominali che portino, a medio termine, ad un opportuno adeguamento della competitività dei prezzi. In tale ottica, le dinamiche del costo del lavoro in termini nominali negli altri paesi della zona euro sono un importante indicatore.

In questo contesto, si sta dimostrando arduo per taluni Stati membri trovare il giusto equilibrio nell'ambito degli accordi salariali collettivi tra la flessibilità necessaria per l'adeguamento dei mercati del lavoro alle nuove condizioni e contratti con livelli salariali che tutelino e stimolino gli investimenti necessari per valorizzare i posti di lavoro.

2.2.una forza lavoro altamente qualificata e istruita

Un capitale umano solido costituisce l'elemento chiave della crescita sostenibile, dell'occupazione e della competitività internazionale. Entro il 2020 l'85% dei posti di lavoro richiederà competenze di livello medio o alto e la percentuale di posti di lavoro meno qualificati si ridurrà al 15%. È pertanto fondamentale che gli Stati membri continuino, conformemente agli orientamenti 8 e 9 e al quadro strategico aggiornato per la cooperazione europea in materia di istruzione e formazione (ET2020)  8 , a riformare i sistemi nazionali di istruzione e formazione e a consentire ai loro cittadini di acquisire qualificazioni sempre più elevate e pertinenti e competenze chiave.

Le carenze sotto il piano qualitativo della formazione e dell'istruzione stanno intralciando le transizioni sul mercato del lavoro dal momento che un gran numero di cittadini di tutte le età e di tutti i livelli di qualificazione non possiede il giusto bagaglio di qualificazioni e competenze. La capacità di reazione dei sistemi di formazione resta insufficiente per raccogliere la sfida di dotare i lavoratori e i cittadini alla ricerca di un lavoro di qualificazioni di base e di competenze trasversali chiave e ciò mostra i limiti della cooperazione in materia di sviluppo dei programmi cui partecipano le parti sociali e i servizi pubblici per l'occupazione.

Vi suono buone possibilità di mettere a punto nuove misure e strumenti in grado di anticipare e prevedere le future necessità e carenze in termini di qualifiche negli Stati membri, a livello regionale, nazionale e settoriale (previsioni quanto alla qualificazione, sondaggi presso i datori di lavoro, studi di settore, dati statistici sulla promozione della qualità). Ciò riguarda sia il modo in cui tali iniziative sono realizzate che quello in cui i loro risultati sono diffusi tra le principali parti in causa come i servizi di orientamento professionale, gli uffici statistici, le ONG, gli organismi settoriali, e utilizzati per l'elaborazione dei programmi.

Anche la partecipazione degli adulti all'apprendimento lungo tutto l'arco della vita è spesso troppo limitata. Ciò è dovuto principalmente alla mancanza di incentivi destinati alle imprese per formare i lavoratori, all'insufficiente sostegno fornito alle iniziative di formazione dei lavoratori e all'inadeguatezza dell'offerta in risposta alle esigenze di categorie particolari.

Inoltre, la struttura complessa del finanziamento e il vasto numero dei contribuenti rendono difficile mettere a punto strategie coerenti per definire e coordinare attività di formazione pubbliche a beneficio delle imprese e dei singoli. La molteplicità degli ambiti di responsabilità, la sovrapposizione dei finanziamenti e la mancanza di una vera e propria autorità in materia indeboliscono la gestione del sistema. La disparità per quanto riguarda l'accesso all'apprendimento lungo l'arco della vita è fonte di preoccupazione: dal momento che la formazione continua viene offerta in considerevole misura dai datori di lavoro, i lavoratori con contratti a tempo indeterminato hanno un accesso all'apprendimento lungo l'arco della vita migliore rispetto a quello dei lavoratori con contratti a termine o ai disoccupati. I lavoratori scarsamente qualificati partecipano cinque volte meno alle azioni di formazione per adulti rispetto a coloro che dispongono di un alto livello di qualificazione. D'altro canto, i percorsi formativi più flessibili, tra cui rientra la convalida di forme di apprendimento non formali e informali, e misure ad hoc, come la formazione sul posto di lavoro e il partenariato con le imprese e le organizzazioni sociali destinate a cittadini scarsamente qualificati, adulti disoccupati, emigrati, minoranze etniche e disabili, non sono sviluppati in maniera tale da attrarre discenti. Sarebbero utili inoltre delle misure specifiche di accompagnamento per coloro che lavorano in settori in declino.

Migliorare il livello delle qualificazioni di base e delle competenze combattendo l’abbandono scolastico precoce

L’abbandono scolastico precoce è un fenomeno complesso causato da molteplici fattori socioeconomici, legati all'istruzione e di natura individuale. Per molti Stati membri la soluzione sta soprattutto nel miglioramento della qualità dell'istruzione e dell'offerta formativa, nell'adottare metodi didattici innovativi e provvedere ad un sostegno mirato per gli allievi a rischio. Alcuni paesi progettano inoltre modifiche strutturali per promuovere la flessibilità dei percorsi didattici ed offrire programmi che combinino istruzione e lavoro. Tuttavia, l'impatto di tali misure spesso rimane basso dal momento che esse non sempre sono integrate da strategie di intervento precoci come una maggiore accessibilità dell'insegnamento prescolare e misure compensative che facilitino il reinserimento di coloro che avevano disertato la scuola. Spesso, le strategie globali coordinate di concerto con altri importanti settori strategici non tengono conto di tutti questi fattori compositi.

Occorre che un maggior numero di cittadini acquisisca livelli più alti di qualificazione

In molti Stati membri gli investimenti nell'istruzione superiore sono troppo scarsi o sono stati drasticamente ridotti a seguito della crisi economica. Per un sistema universitario moderno e ben funzionante un investimento totale pari al 2 % del PIL (fondi pubblici e privati insieme) è il minimo necessario nelle economie ad alta intensità di conoscenza. Occorre accelerare l'opera di modernizzazione dei sistemi di istruzione superiore, mediante programmi su misura, forme di apprendimento basate sulla pratica e i risultati, una migliore gestione e più fondi. Rimane difficile riuscire ad incentivare le università a cooperare con le imprese e il mondo in generale e aprire gli istituti di insegnamento superiore alle esigenze della società e, segnatamente, delle categorie sottorappresentate.

Analogamente, l'istruzione e la formazione professionale, risultano carenti sul piano della qualità e della capacità di attrarre a tutti i livelli.

2.3Crescita inclusiva: lotta alla povertà e all’esclusione

L'esclusione dal mercato del lavoro, condizioni di lavoro inadeguate e la mancanza di opportunità per rimanere e fare carriera su un mercato del lavoro segmentato sono elementi determinanti per la povertà. Qui di seguito vengono affrontate le priorità strategiche stabilite dall'orientamento n. 10 in materia di occupazione.

Prevenzione e lotta contro la povertà mediante mercati del lavoro inclusivi

Il lavoro è la migliore salvaguardia contro la povertà. I disoccupati e la popolazione non attiva (adulti non pensionati) rappresentano rispettivamente il 10% e il 21% della popolazione a rischio di povertà o esclusione (con una percentuale di rischio maggiore per i disoccupati, pari al 58% contro il 13,5% per gli occupati). Tuttavia, nell'UE i lavoratori poveri rappresentano il 24% dei cittadini minacciati dalla povertà o dall'esclusione. E' pertanto importante che le politiche del mercato del lavoro puntino a salari in grado di garantire ai lavoratori un'esistenza dignitosa, affrontando il problema della segmentazione del mercato del lavoro, della scarsa qualificazione, della bassa retribuzione e della sottoccupazione (anche per quanto riguarda forme di lavoro part-time forzate) e ad agevolare l'accesso al mercato del lavoro da parte dei genitori single e di quelli che costituiscono la seconda fonte di reddito familiare.

Prevenzione della povertà mediante sistemi previdenziali adeguati e sostenibili e l'accesso a servizi di alta qualità

La maggior parte degli Stati membri ha fatto presente che il risanamento dei bilanci è destinato a ripercuotersi sui sistemi di previdenza sociale. Misure volte a rendere più severe le condizioni di accesso, a diminuire la durata, ridurre il livello, modificare i criteri di indicizzazione dei sistemi previdenziali possono minarne l'adeguatezza. Sul fronte finanziario, l'esenzione dal versamento dei contributi previdenziali o di sicurezza sociale può compromettere la sostenibilità dei sistemi mentre potrebbero essere utili misure per incrementare le risorse previdenziali. Date queste condizioni, l'efficacia della spesa sociale può essere ottimizzata mediante un'attuazione migliore (semplificando le normative, riducendo i costi amministrativi, introducendo indicatori di riuscita, combattendo le frodi e correggendo gli errori), ma occorrono strategie più generali per migliorare l'efficacia e l'efficienza in tutti gli ambiti assistenziali, segnatamente dando più importanza alla prevenzione, alla fornitura integrata di servizi e alla qualità degli interventi.

Investire in strategie di inclusione attiva

La scarsa disponibilità di mezzi economici e la forte disoccupazione creano rischi di esclusione a lungo termine minando l'occupabilità e le capacità della forza lavoro e compromettendo la salute mentale e fisica dei cittadini. La debolezza delle reti sociali e la mancanza di misure di mobilitazione a favore dei più vulnerabili rischiano di aggravare l'emarginazione sociale e l'esclusione dal mercato del lavoro. Ove opportuno, occorre dunque potenziare questi aspetti in termini di portata e adeguatezza.

Occorrono strategie di inclusione attive che forniscano sostegno al reddito, agevolino l'accesso al mercato del lavoro e rendano disponibili servizi sociali al fine di prevenire l'esclusione a lungo termine e di migliorare l'efficacia della spesa sociale. Per esempio, ciò può essere realizzato combinando l'assistenza sociale con misure di mobilitazione e l'accesso a servizi di inclusione personalizzati.

Il risanamento del bilancio e la mancanza di finanziamenti pubblici rischiano di ripercuotersi sul finanziamento e sulla qualità dei servizi sociali necessari per sostenere l'occupabilità della forza lavoro e la reintegrazione sostenibile per i gruppi sociali maggiormente emarginati dalla società ed esclusi dal mercato del lavoro. In molti Stati membri persistono difficoltà nel garantire il finanziamento sostenibile dei servizi sociali e la qualità degli interventi.

In numerosi Stati membri occorre un impegno più mirato per sostenere categorie specifiche (i giovani, i disabili, gli emigrati) o per prevenire e combattere il sovraindebitamento, la mancanza di alloggi e l'esclusione abitativa. Alcuni paesi intendono promuovere l'innovazione sociale e dar vita a partenariati pubblici e privati e sfruttare il potenziale dell'economia sociale.

Migliorare le prospettive sul mercato del lavoro dei genitori per interrompere la trasmissione intergenerazionale della povertà

Venticinque milioni di bambini corrono il rischio della povertà o esclusione. Persiste un enorme divario per quanto riguarda gli esiti delle strategie di lotta contro la povertà infantile e le fasi di attuazione in cui esse si trovano attualmente. L'esperienza della povertà e le privazioni in età giovanile minano il benessere dei minori e possono avere ripercussioni nocive a lungo termine sui risultati scolastici e sulle chance future.

Per combattere la povertà infantile è fondamentale favorire l'inserimento lavorativo dei genitori, soprattutto i genitori single e quelli che costituiscono la seconda fonte di reddito familiare. Tuttavia, tali sforzi devono rientrare in strategie più ampie di sostegno ai figli e alle famiglie, che comprendano investimenti nella qualità dei servizi per l'infanzia (norme di qualità, professionalizzazione del personale, etc.), interventi precoci a sostegno dell'infanzia in settori come la sanità e l'istruzione, aiuti integrativi alle famiglie che devono essere mantenuti o potenziati grazie a misure più mirate e meglio concepite e una combinazione tra forme di assistenza sussidi universali e personalizzati. Molti paesi, però, prevedono che le misure di risanamento fiscale del bilancio si ripercuoteranno negativamente sui sussidi a favore dei minori e delle famiglie e su altre prestazioni sociali importanti per le famiglie (come quelle per l'abitazione).

In un periodo di rigore di bilancio, perché possano essere fatti progressi affinché 20 milioni di persone siano sollevate dalla povertà, è necessario che i sistemi assistenziali stabiliscano delle priorità che combinino l'efficacia con l'equità. Nella prospettiva di una ripresa, le strategie di inclusione attiva possono contribuire a garantire che i benefici della crescita e dell'occupazione siano largamente ripartiti. Interrompere la trasmissione intergenerazionale della povertà, partendo dai bambini, e garantire la parità di opportunità per tutti è una priorità fondamentale.

3.La strada da seguire: puntare alla crescita dell'occupazione

La maggior parte degli Stati membri comincia a passare dalla gestione della crisi a riforme strutturali…

Secondo le previsioni economiche di autunno della Commissione, l'economia dell'UE, benché ancora fragile, si sta riprendendo più rapidamente del previsto e il mercato del lavoro dovrebbe ottenere quest'anno risultati lievemente superiori a quelli attesi. In tale contesto, la maggior parte degli Stati membri dovrebbe passare da una gestione congiunturale a riforme strutturali.

Come sottolineato dall'analisi annuale della crescita, nell'immediato occorre prestare particolare attenzione alle seguenti priorità per quanto riguarda le riforme strutturali del mercato del lavoro:

riduzioni temporanee e mirate degli oneri previdenziali a carico dei datori di lavoro, soprattutto a beneficio di giovani neoassunti, donne o genitori che riprendono il lavoro, disoccupati anziani o cittadini con redditi bassi, possono agevolare l'inserimento occupazionale con costi finanziari inferiori ai costi associati alla disoccupazione e ai sussidi sociali che questi soggetti riceverebbero se fossero disoccupati;

condizioni retributive e di assunzione più flessibili, che garantiscano un salario decoroso, in particolare prevedendo retribuzioni differenziate per i neoassunti sulla base della loro esperienza e un accesso ai servizi pubblici per l'occupazione e alla formazione, potrebbero contribuire a combattere gli attuali livelli elevati di disoccupazione giovanile; migliorare la capacità di reazione dei metodi per la determinazione dei salari all'evoluzione del mercato insieme alle parti sociali è ugualmente importante per far sì che le retribuzioni rispecchino in modo corretto e sollecito la produttività lavorativa e garantiscano la competitività dell'UE rispetto al resto del mondo e all'interno dell'UE e degli Stati membri;

riforme fiscali abbinate a servizi più accessibili e a maggiori benefici sul lavoro possono influire considerevolmente sulla riduzione della disoccupazione e delle trappole dell'inattività. In particolare, benefici più efficaci da parte delle aziende e crediti fiscali, abbinati ad una rapida assegnazione dei giovani disoccupati ad adeguati programmi di formazione o di apprendistato, possono rendere il lavoro maggiormente attraente. Anche l'occupazione femminile può essere incoraggiata fornendo una maggiore "assistenza in natura" e riducendo l'aliquota d'imposta marginale effettiva per coloro che costituiscono la seconda fonte di reddito familiare riducendo le imposte su base familiare, i sussidi di disoccupazione o condizionati alle risorse. Più in generale, un'interazione tra imposizione fiscale e prestazioni sociali, che faccia sì che chi ha diritto al sussidio di disoccupazione benefici di un credito d'imposta sui redditi da lavoro, può costituire un'attrattiva al lavoro per i cittadini inattivi;

promozione di una maggiore flessibilità interna, anche per quanto riguarda l'adeguamento dell'organizzazione del lavoro o dell'orario di lavoro, con accordi per la riduzione dell'orario lavorativo (come è stato fatto negli ultimi diciotto mesi). I pubblici poteri possono sostenere efficacemente la flessibilità interna salvando i posti di lavoro e tutelando un capitale umano prezioso, ma ciò incide notevolmente sulla spesa pubblica;

incoraggiare formule di lavoro flessibile (orario flessibile, telelavoro) per i genitori che rientrano dal congedo parentale potrebbe favorire la riconciliazione tra il lavoro e la vita privata e contribuire in particolare all'occupazione delle donne. Sviluppare strutture di accoglienza a tempo pieno per i bambini, soprattutto per quelli di età inferiore ai tre anni, è fondamentale per ridurre in maniera significativa l'impatto negativo che l'avere figli ha sul lavoro, soprattutto per le donne. Inoltre, è necessaria una ripartizione più equilibrata del congedo parentale tra i genitori per compensare la necessità di ridurne la durata in quei paesi in cui essi superano i dodici mesi;

occorre adoperarsi ulteriormente al fine di eliminare i regimi di prepensionamento e aumentare l'età regolamentare per il pensionamento al fine di incrementare la partecipazione dei lavoratori anziani al lavoro. L'allungamento della vita lavorativa potrebbe essere favorito anche stabilendo un nesso più diretto tra il fatto di andare in pensione più tardi e il fatto di maturare maggiori diritti pensionistici, promuovendo misure a favore di un invecchiamento attivo e sano; 

ulteriori riforme dei sistemi di sussidi di disoccupazione e delle altre prestazioni sociali dovrebbero cercare di coniugare l'incremento di efficienza con l'equità. In particolare, le riforme dovrebbero essere finalizzate all'adeguamento dei sistemi di previdenza sociale alla congiuntura; infatti se la durata e la portata vengono aumentate nei momenti di crisi economica e ridotte in caso di ripresa, tali sistemi risultano potenziati quando ce n'è più bisogno;

è opportuno riesaminare i sussidi di disoccupazione per far sì che forniscano incentivi al lavoro. Le indennità devono essere concepite in modo tale da ricompensare il ritorno al lavoro dei disoccupati mediante aiuti limitati nel tempo e a condizioni che creino un nesso maggiore tra la formazione e la ricerca di un lavoro; un approccio basato sulle "responsabilità reciproche", che consiste nel facilitare l'assegnazione dei sussidi di disoccupazione aumentando al contempo la frequenza dei contatti, rafforzando i controlli, verificando che l'interessato si impegni a cercare lavoro e ricorrendo a sanzioni in caso di mancata osservanza, dovrebbe rappresentare la norma;

è opportuno mirare alla riduzione della segmentazione del mercato del lavoro, operazione che potrebbe essere resa più facile da una modifica della legislazione a tutela dell'occupazione, che preveda, per esempio, un maggiore ricorso a contratti a tempo indeterminato e il progressivo aumento dei diritti a tutela dei lavoratori al fine di ridurre le disparità esistenti tra i titolari di contratti atipici e quelli di contratti a tempo indeterminato;

sebbene l'attuale ambito di manovra di bilancio sia limitato, occorre adoperarsi per mantenere e, ove possibile, incrementare il livello degli investimenti mirati e delle riforme nel settore dell'istruzione e della formazione. Su un mercato del lavoro ristrutturato all'indomani della crisi e caratterizzato da mutate esigenze lavorative, è importante evitare che a un gran numero di giovani e di lavoratori scarsamente qualificati possano sfuggire delle opportunità di lavoro.

…. mentre il margine di manovra di bilancio disponibile è destinato ad incidere sulle misure cui dare priorità

Se si intende accelerare il riordino del bilancio mentre è in corso un ambizioso risanamento dei conti pubblici occorre fare una scelta ragionata delle riforme da attuare. Il ritmo della ripresa e il margine di manovra delle risorse pubbliche disponibili per finanziare le misure strategiche variano enormemente da uno Stato membro all'altro.

La spesa sociale raggiungerà probabilmente il 30,7% del PIL nel 2011, mentre nel 2007 si attestava sul 27,5. Tale dato aggregato cela realtà nazionali molto variabili e un'estrema diversità nella capacità degli Stati membri di soddisfare la crescente domanda assistenziale cui si aggiungono, in alcuni paesi, gravi lacune per quanto riguarda i sistemi previdenziali che devono essere rafforzati. Il risanamento dei conti pubblici richiederà spese sociali più mirate.

Inoltre, nel prossimo futuro verranno creati pochi posti di lavoro nell'UE e questo dato rispecchia il fatto che i mercati del lavoro reagiscono solitamente con ritardo ai cambiamenti delle attività economiche, che la crisi ha occasionato un'eccedenza di manodopera notevole e un ricorso sostenuto all'orario di lavoro ridotto.

Nell'individuare le priorità per la riforma, gli Stati membri assegneranno probabilmente le priorità in funzione del margine di manovra in termini di bilancio e della congiuntura economica in cui si trovano. A tal fine può risultare utile la tabella che segue dal momento che essa raggruppa le priorità strategiche in funzione degli investimenti pubblici necessari (di entità minore o maggiore) e dell'importanza loro accordata a breve o lungo termine.

Per esempio, la riduzione dei regimi di prepensionamento (primo punto della casella in alto a destra) richiederebbe meno investimenti pubblici e potrebbe avere effetti più a lungo termine sull'occupazione. D'altro canto, la riduzione dei costi indiretti del lavoro (casella in basso a sinistra) richiederà investimenti pubblici più consistenti e potrà avere effetti più a breve termine sulla riduzione della disoccupazione. La tabella evidenzia le priorità strategiche più adeguate per gli Stati membri in considerazione delle restrizioni del loro bilancio e della situazione del mercato del lavoro.

Interventi urgenti a breve termine per combattere la disoccupazione

Interventi a lungo termine mirati all'aumento dell'occupazione

Investimenti pubblici di entità minore necessari

Sostegno alla formazione mirata

Metodo di assegnazione dei sussidi di disoccupazione maggiormente basato sugli obblighi

Riduzione delle trappole della disoccupazione mediante benefici aziendali

Migliore adeguamento salariale

Riduzione dei regimi di prepensionamento

Nesso più stretto tra l'età del pensionamento e i diritti pensionistici

Sussidi di disoccupazione in linea con la congiuntura economica

Riesame della legislazione a tutela dell'occupazione al fine di ridurre la segmentazione

Rilancio dell'occupazione, cooperazione tra i servizi e quindi anche tra le organizzazioni che si occupano di formazione

Investimenti pubblici di entità maggiore necessari

Sostegno alla flessibilità interna, adeguamento dell'organizzazione del lavoro

Riduzione dei costi indiretti del lavoro/ erogazione di sussidi all'assunzione

Miglioramento degli incentivi fiscali per la seconda fonte di reddito familiare

Miglioramento dell'accesso ai servizi per l'infanzia

Modernizzazione del sistema di istruzione e formazione

La relazione comune sull'occupazione innanzitutto confluirà nelle deliberazioni del Consiglio europeo di primavera e sarà una guida per i programmi nazionali di riforma in cui gli Stati membri saranno chiamati ad indicare nel dettaglio le scelte fatte. Qualora venga ritenuto necessario, la Commissione proporrà raccomandazioni, che il Consiglio dovrà adottare, mirate a stimolare l'occupazione tenendo conto dei settori non sufficientemente coperti.

La creazione di posti di lavoro riveste un'importanza vitale. Europa 2020 propone l'interazione tra l'occupazione, l'innovazione, la ricerca e lo sviluppo, le politiche in materia di industria e di ambiente per promuovere la crescita dei posti di lavoro e ridurre l'esclusione sociale: le "iniziative faro" di tale strategia illustrano nel dettaglio come agire in tal senso. I responsabili delle politiche in materia di occupazione devono fare le scelte giuste. Il primo obiettivo è una rapida riduzione della disoccupazione e la realizzazione di efficaci riforme del mercato del lavoro per creare nuovi e migliori posti di lavoro.

(1) Gazzetta Ufficiale L 308 del 24.11.2010, pag. 46 "Decisione del Consiglio del 21 ottobre 2010 sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione (2010/707/UE)".
(2) Bruxelles, 23 e 24 novembre 2010.
(3) Conti nazionali.
(4) Dati LFS.
(5) Cuneo fiscale = (contributi previdenziali del datore di lavoro + contributi previdenziali del lavoratore + imposte sulle retribuzioni + imposte sul reddito)/costo totale della manodopera.
(6) COM (2010) 682, “Un'agenda per nuove competenze e per l'occupazione”.
(7) COM(2010) 477, “Youth on the Move. Un'iniziativa per valorizzare il potenziale dei giovani ai fini di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva nell'Unione europea”.
(8) Conclusioni del Consiglio del 12 maggio 2009 (2009/C 119/02).
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COMMISSIONE EUROPEA

Bruxelles, 12.1.2011

COM(2011) 11 definitivo

 

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI

Analisi annuale della crescita: progredire nella risposta globale dell'UE alla crisi

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI

Analisi annuale della crescita: progredire nella risposta globale dell'UE alla crisi 

Contesto

Questa prima analisi annuale della crescita rappresenta l’avvio di un nuovo ciclo di governance economica nell’UE e l'inizio del primo semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche. L’UE ha compiuto passi decisivi per affrontare la crisi, facendo in modo che il deterioramento delle finanze pubbliche e l’aumento della disoccupazione fossero meno marcati rispetto ad altre parti del mondo. Gli elevati livelli di tutela sociale esistenti nell’UE hanno evitato gli impatti peggiori della crisi; tuttavia, a causa dello scarso aumento della produttività, la ripresa è più lenta in Europa.

In base alle ultime previsioni, ci sono segni di ripresa economica, che rimangono tuttavia diseguali. Mentre i mercati finanziari restano volatili, l’economia reale ha dato segni di miglioramento in alcuni trimestri, grazie all’aumento delle esportazioni a seguito del rilancio degli scambi a livello mondiale. Nonostante ciò, le incertezze permangono: i periodi di ritrovata fiducia nel ritorno della crescita si alternano a periodi più negativi, anche a causa dei rischi relativi al mercato del debito sovrano. Le economie europee devono affrontare adeguamenti fondamentali. Il settore finanziario non è ancora tornato a condizioni di normalità ed esistono situazioni di vulnerabilità allo stress e di dipendenza dal sostegno statale. Le condizioni di concessione del credito non sono ancora ridivenute normali; in vari Stati membri l’indebitamento di famiglie e imprese continua ad essere eccessivo.

Effetti della crisi

Nonostante la rapida risposta data dall’UE, le conseguenze della crisi continuano a farsi sentire in numerosi ambiti. La crisi ha determinato considerevoli perdite in termini di attività economica, un notevole aumento della disoccupazione, un netto calo della produttività ed un grave indebolimento delle finanze pubbliche. Secondo le previsioni, alla fine del 2012 undici Stati membri dovrebbero trovarsi ancora a livelli di produzione inferiori a quelli pre-crisi. Nel 2010 l’indebitamento pubblico lordo nell’UE è cresciuto, a livello aggregato, fino a circa l’85% del PIL nell’area dell’euro e all’80% prendendo in considerazione tutta l’Unione europea. L’impatto della crisi sui bilanci aggraverà gli effetti del cambiamento demografico, che rappresenterà un onere di bilancio corrispondente a circa il 4,5% del PIL a lungo termine. Le debolezze strutturali che non sono state affrontate prima della crisi sono divenute più evidenti e urgenti.

La crisi ha inciso pesantemente sulle società europee, malgrado la protezione assicurata dai sistemi di previdenza sociale. L’aumento della disoccupazione rappresenta un problema centrale. A livello aggregato, il 9,6% della popolazione attiva è disoccupato. In alcuni paesi, la disoccupazione dei giovani può arrivare al 40%. In base alle stime, in Europa circa 80 milioni di persone vivono al di sotto della soglia di povertà.

La crisi economica è stata un fenomeno di portata mondiale, che ha avuto però effetti molto diversi nelle varie parti del mondo. Anche se negli Stati Uniti la disoccupazione e il disavanzo pubblico sono cresciuti in misura maggiore rispetto all’UE, la crisi ha accentuato il divario in termini di produttività del lavoro tra l’Unione europea e gli Stati Uniti. La competitività in termini di prezzi e di costi rimane problematica. Nelle economie emergenti la crescita sta riprendendo più rapidamente, anche se alcune di esse devono affrontare sfide economiche considerevoli. L'UE deve pertanto servirsi di questa crisi per affrontare con decisione la questione della propria competitività a livello mondiale.

Prospettive

La crisi potrebbe avere un effetto duraturo sulla crescita potenziale. In Europa la crescita potenziale a medio termine dovrebbe rimanere fiacca (circa l'1,5% fino al 2020), se non saranno intraprese azioni strutturali volte, in particolare, a colmare il divario con i principali concorrenti in termini di produttività del lavoro. Considerata la sua natura ciclica, la ripresa non basterà a imprimere l'impulso necessario per riportare l'Europa alla situazione economica pre-crisi e assorbire il disavanzo accumulato.

Per evitare la stagnazione, tendenze non sostenibili del debito e l'accumularsi di squilibri garantendo al tempo stesso la competitività, l'Europa deve accelerare sin d'ora il risanamento delle finanze pubbliche, la riforma del settore finanziario e le riforme strutturali.

Per questo motivo il Consiglio europeo ha adottato la strategia Europa 2020, che fissa traguardi ambiziosi per un nuovo percorso di crescita 1 . Le indicazioni preliminari degli Stati membri circa i loro obiettivi nazionali nei cinque settori definiti dalla strategia Europa 2020 mostrano chiaramente il cammino che l'UE deve percorrere per realizzare le proprie ambizioni.

A condizione di essere attuata integralmente, questa strategia aiuterà l'UE a uscire più forte dalla crisi e a trasformarsi in un'economia intelligente, sostenibile e inclusiva caratterizzata da alti livelli di occupazione, produttività, competitività e coesione sociale. Nascerà così l'economia sociale di mercato competitiva del XXI secolo, atta a rassicurare gli attori del mercato, le imprese e i cittadini.

L’analisi annuale della crescita lancia il semestre europeo

In tale contesto, l'UE ha deciso inoltre di modificare la sua governance economica. Gennaio 2011 segna l'inizio del primo semestre europeo per il coordinamento delle politiche ex-ante che si apre con questa prima analisi annuale della crescita, elemento fondamentale della strategia Europa 2020.

L'analisi ingloba diverse azioni di fondamentale importanza per consolidare la ripresa a breve termine, tenere il passo con i principali concorrenti e preparare l'UE a compiere ulteriori progressi verso il conseguimento degli obiettivi di Europa 2020.

Vista l'urgenza, la Commissione ha scelto di presentare 10 azioni prioritarie. La Commissione continuerà a lavorare su un gran numero di altri settori strategici, come il commercio e tutta una serie di politiche interne, che non vengono sviluppati in questo documento. La presente comunicazione della Commissione, che definisce un approccio integrato alla ripresa incentrato sulle misure chiave nell'ambito di Europa 2020, riguarda tre aspetti principali:

la necessità di un risanamento di bilancio rigoroso onde rafforzare la stabilità macroeconomica

le riforme del mercato del lavoro per incentivare l'occupazione

le misure a sostegno della crescita.

Questa prima analisi annuale della crescita, che si applicherà all'intera UE, andrà però modulata in funzione della situazione specifica di ciascuno Stato membro. La strategia proposta è particolarmente pertinente per l'area dell'euro, attualmente colpita dalla crisi del debito sovrano. Il risanamento di bilancio, le riforme strutturali e le misure a sostegno della crescita sono componenti indispensabili della risposta globale che l'area dell'euro deve dare alla crisi.

Questa risposta globale, tuttavia, dovrà comprendere anche altri elementi come il riesame del Fondo europeo di stabilità finanziaria (FESF), per il quale la Commissione ritiene necessario aumentare la capacità di finanziamento effettiva e ampliare la sfera di attività. Questa analisi annuale della crescita rappresenta anche un contributo alla risposta globale dell'area dell'euro alla crisi del debito sovrano.

Occorre inoltre compiere progressi verso la creazione di un meccanismo permanente per risolvere le crisi del debito sovrano in modo da garantire certezza e stabilità sui mercati. Nel 2013 il nuovo meccanismo europeo di stabilità dovrebbe completare il nuovo quadro per una governance economica rafforzata, mirando a una vigilanza economica efficace e rigorosa, anche attraverso un esame dell'efficacia dei meccanismi finanziari di protezione.

La presente comunicazione è corredata di 3 relazioni contenenti un'analisi più dettagliata a sostegno della valutazione della Commissione e un'analisi delle prime misure adottate negli Stati membri per attuare la strategia Europa 2020.

I.REQUISITI MACROECONOMICI PER LA CRESCITA

1.Attuare un risanamento di bilancio rigoroso

La cosa più urgente da fare per l'UE è spezzare il circolo vizioso composto da un debito non sostenibile, dalle perturbazioni sui mercati finanziari e da una debole crescita economica. Per la futura crescita è indispensabile garantire la sostenibilità della spesa pubblica. È evidente che gli aggiustamenti annuali del saldo strutturale di bilancio, pari allo 0,5% del PIL, non basteranno ad avvicinare il rapporto debito pubblico/PIL alla soglia imposta del 60%. Occorre quindi un risanamento più accentuato, da attuare sulla base delle norme di bilancio rafforzate proposte dalla Commissione.

Tutti gli Stati membri, specialmente quelli oggetto di una procedura per disavanzo eccessivo, devono mantenere saldamente la spesa pubblica al di sotto del tasso di crescita del PIL a medio termine, attribuendo la priorità ad una spesa sostenibile e favorevole alla crescita in ambiti come la ricerca e l'innovazione, l'istruzione e l'energia. Tutti gli Stati membri devono dimostrare che i loro programmi di stabilità o di convergenza si basano su previsioni prudenti di crescita e di reddito.

Gli Stati membri oggetto di una procedura per disavanzo eccessivo devono definire il percorso della spesa e le misure ad ampio raggio che intendono adottare per eliminare il disavanzo eccessivo.

Gli Stati membri con un fortissimo disavanzo di bilancio strutturale, con livelli molto elevati di debito pubblico e con gravissime difficoltà finanziarie devono intensificare gli sforzi nel 2011. Laddove la crescita economica o i redditi superino le aspettative, il risanamento di bilancio deve essere accelerato.

Alcuni Stati membri potrebbero dover aumentare l'imposizione fiscale. Le imposte indirette favoriscono la crescita più di quelle dirette ed è preferibile ampliare le basi imponibili piuttosto che aumentare le aliquote. Occorre abolire le sovvenzioni non giustificate, come quelle dannose per l'ambiente.

2.Correggere gli squilibri macroeconomici

Gli squilibri macroeconomici gravi e persistenti sono un notevole fattore di instabilità, specialmente nell'area dell'euro. Molti Stati membri devono ovviare con maggiore urgenza alla propria mancanza di competitività.

Gli Stati membri con forti disavanzi delle partite correnti e livelli elevati di indebitamento devono presentare misure correttive concrete (come ad esempio una moderazione salariale rigorosa e sostenuta, compresa la revisione delle clausole di indicizzazione nei sistemi di contrattazione salariale).

Gli Stati membri con forti eccedenze delle partite correnti devono individuare le cause della debolezza della domanda interna e prendere provvedimenti per porvi rimedio (ad esempio attraverso l'ulteriore liberalizzazione del settore dei servizi e il miglioramento delle condizioni di investimento). Laddove tuttavia la domanda interna rimanga relativamente debole a causa di una determinata politica o di un fallimento del mercato, devono essere adottate politiche appropriate,

3.Garantire la stabilità del settore finanziario

Il quadro normativo deve essere ulteriormente potenziato a livello di UE, mentre la qualità della vigilanza deve essere migliorata dall'ESRB e dalle autorità europee di vigilanza, operativi dall'inizio del 2011. Occorre accelerare la ristrutturazione bancaria per tutelare la stabilità finanziaria e sostenere l'erogazione di credito all'economia reale.

La ristrutturazione delle banche, in particolare di quelle che hanno ricevuto aiuti di Stato di notevole entità, è indispensabile per ripristinarne la redditività a lungo termine garantendo al tempo stesso un canale di credito funzionante. Il sostegno finanziario pubblico al settore bancario deve essere progressivamente ritirato, tenendo conto della necessità di salvaguardare la stabilità finanziaria.

In conformità del quadro Basilea III di recente adozione, le banche dovranno potenziare gradualmente la propria base di capitale per poter resistere meglio agli shock negativi. La Commissione sta lavorando anche su un quadro generale per la risoluzione delle crisi bancarie. Nel 2011 saranno inoltre eseguite altre prove di stress a livello di UE, più ambiziose e rigorose.

II.MOBILITARE I MERCATI DEL LAVORO, CREARE OPPORTUNITÀ OCCUPAZIONALI

Vi è il rischio che il ritorno alla crescita non sia accompagnato da una creazione di occupazione sufficiente dinamica. È di fondamentale importanza lottare contro la disoccupazione e l'esclusione a lungo termine dal mercato del lavoro. Uno dei cinque obiettivi della strategia Europa 2020 è portare al 75%, entro il 2020, il tasso di occupazione nell'UE. I dati attualmente disponibili indicano che l'UE sarà al di sotto di questo obiettivo per 2-2,4 punti percentuali, un problema a cui si può ovviare adottando misure volte a creare occupazione e ad aumentare la partecipazione al mercato del lavoro. Visto l'invecchiamento demografico nell'UE e l'utilizzazione relativamente limitata della manodopera rispetto ad altre parti del mondo, occorrono riforme per migliorare le competenze e creare incentivi al lavoro.

4.Rendere il lavoro più attraente

Le prestazioni economiche dell'UE risentono dell'effetto combinato di tassi di disoccupazione elevati, scarsa partecipazione al mercato del lavoro e minor numero di ore prestate rispetto ad altre parti del mondo. Il basso tasso di partecipazione delle persone a basso reddito, dei giovani e del secondo coniuge è preoccupante. Le persone più vulnerabili rischiano un'esclusione a lungo termine dal mercato del lavoro. Per ovviare a tale problema occorre rafforzare il collegamento tra la formazione e la ricerca di un lavoro e le prestazioni previdenziali.

Tutti gli Stati membri devono ridurre in via prioritaria l'onere fiscale sull'occupazione onde stimolare la domanda di manodopera e la crescita.

Occorre modificare i regimi di agevolazione fiscale, l'organizzazione flessibile del lavoro e le strutture per l'infanzia per agevolare la partecipazione del secondo coniuge alla vita attiva. Occorre inoltre intensificare gli sforzi per ridurre il lavoro non dichiarato, migliorando l'applicazione delle norme vigenti e rivedendo i regimi di agevolazione fiscale.

5.Riformare i sistemi pensionistici

A sostegno del risanamento di bilancio, occorre riformare i sistemi pensionistici per aumentarne la sostenibilità.

Gli Stati membri che non lo hanno ancora fatto devono innalzare l'età pensionabile e collegarla alla speranza di vita.

Gli Stati membri devono ridurre in via prioritaria i piani di prepensionamento e utilizzare incentivi mirati per promuovere l'occupazione dei lavoratori anziani e l'apprendimento permanente.

Gli Stati membri devono favorire lo sviluppo del risparmio privato per integrare il reddito dei pensionati.

In considerazione del cambiamento demografico, gli Stati membri devono evitare di adottare misure riguardanti i sistemi pensionistici che compromettano la sostenibilità a lungo termine e l'adeguatezza delle loro finanze pubbliche.

La Commissione riesaminerà la direttiva sui fondi pensione 2 e presenterà nuove misure a seguito del Libro verde sulle pensioni pubblicato nel 2010.

6.Reinserire i disoccupati nel mondo del lavoro

I sistemi previdenziali europei hanno tutelato le persone durante la crisi. Una volta che la ripresa si sarà consolidata, tuttavia, occorrerà rivedere i sistemi di sussidi di disoccupazione per garantire che offrano incentivi al lavoro, evitare la dipendenza dai sussidi e favorire l'adattabilità alla congiuntura economica.

Gli Stati membri devono strutturare le prestazioni previdenziali in modo da ricompensare il ritorno alla vita attiva o prevedere incentivi che spingano i disoccupati ad intraprendere un'attività autonoma limitando la durata dei sussidi e applicano condizioni che colleghino maggiormente la formazione e la ricerca di un lavoro alle prestazioni previdenziali.

Gli Stati membri devono garantire che l'attività lavorativa risulti maggiormente remunerativa aumentando la coerenza tra il livello delle imposte sul reddito (specialmente per i redditi modesti) e i sussidi di disoccupazione.

Gli Stati membri devono adattare i propri sistemi di assicurazione contro la disoccupazione in funzione della congiuntura economica, in modo da garantire una maggior protezione nei periodi di recessione economica.

7.Conciliare sicurezza e flessibilità

In alcuni Stati membri, la normativa sulla tutela dell'occupazione crea rigidità nel mercato del lavoro e impedisce una maggiore partecipazione a tale mercato. Questa normativa deve essere riformata per ridurre l'eccessiva protezione dei lavoratori titolari di contratti permanenti e tutelare chi si trova al di fuori o ai margini del mercato occupazionale. Al tempo stesso, ridurre l'abbandono scolastico e migliorare il livello di istruzione è fondamentale per agevolare l'accesso dei giovani al mercato del lavoro.

Gli Stati membri potrebbero estendere l'uso dei contratti a tempo indeterminato 3 , in sostituzione degli attuali contratti temporanei o precari, onde migliorare le prospettive occupazionali per i nuovi assunti.

Gli Stati membri devono semplificare le modalità di riconoscimento delle qualifiche professionali onde agevolare la libera circolazione di cittadini, lavoratori e ricercatori.

III.ACCELERARE LE MISURE A SOSTEGNO DELLA CRESCITA

Per poter conseguire gli ambiziosi obiettivi di Europa 2020 in materia di crescita sostenibile e inclusiva, è indispensabile accelerare le riforme strutturali nei mercati dei servizi e dei prodotti così da migliorare il clima imprenditoriale. Per rimanere competitivi in un'economia globalizzata, gli Stati membri devono avviare urgentemente le profonde riforme strutturali necessarie per accentuare l'eccellenza della nostra ricerca e la nostra capacità di innovare, trasformando le idee in prodotti e servizi conformi alle esigenze dei mercati in forte espansione, avvalendosi delle capacità tecnologiche della nostra industria e favorendo la crescita e l'internazionalizzazione delle PMI. Il programma di riforme dell'UE dovrà inoltre attingere a nuove fonti di crescita trasformando i limiti del tradizionale sviluppo basato sulle risorse in nuove opportunità economiche mediante un uso più efficiente delle risorse stesse. Il programma dovrà sfruttare anche il vantaggio conferito all'UE dal fatto di agire per prima nel settore dei beni e servizi ambientali competitivi.

Come indicato nella comunicazione sull'"Atto per il mercato unico", il mercato unico può essere una notevole fonte di crescita purché vengano adottate rapidamente decisioni per eliminare gli ostacoli rimanenti. Per consolidare il mercato unico, quindi, nell'Atto per il mercato unico la Commissione darà priorità alle misure volte a sostenere la crescita nel 2011-2012, come illustrato di seguito.

8.Sfruttare il potenziale del mercato unico

Nel mercato unico sussistono notevoli ostacoli all'entrata nel mercato e all'imprenditorialità. I servizi transfrontalieri rappresentano solo il 5% del PIL e meno di un terzo degli scambi di beni; solo il 7% dei consumatori effettua acquisti on-line a causa delle numerose restrizioni che frenano lo sviluppo delle vendite transfrontaliere on-line.

Tutti gli Stati membri devono attuare integralmente la direttiva sui servizi. La Commissione valuta attualmente l'attuazione della direttiva e le possibilità di adottare altre misure a favore della crescita mediante un'ulteriore apertura del settore dei servizi.

Gli Stati membri devono individuare ed eliminare le restrizioni ingiustificate ai servizi professionali, come i contingenti e i circoli chiusi, nonché le restrizioni applicate al settore del commercio al dettaglio, come le limitazioni eccessive per quanto riguarda l'orario di apertura e la zonizzazione.

Nel 2011 la Commissione proporrà misure volte a vietare la differenziazione su base geografica nel commercio elettronico all'interno del mercato unico nonché un quadro europeo per la proprietà intellettuale, fattore di fondamentale importanza per lo sviluppo del commercio elettronico e delle industrie digitali.

Oltre a mantenere la pressione perché si concluda il ciclo di Doha, la Commissione porterà avanti i negoziati sugli accordi di libero scambio con partner come l'India, il Canada e il Mercosur, intensificherà il lavoro di convergenza normativa con i principali partner e aumenterà la simmetria per quanto riguarda l'accesso ai mercati degli appalti pubblici nei paesi sviluppati e nelle grosse economie di mercato emergenti. 

Nel 2011 sarà proposta una normativa che consenta di fissare in modo rapido e interoperabile gli standard, anche nel settore delle TIC.

Occorre portare avanti il lavoro sulla fiscalità, un settore delicato che ha però un importante potenziale economico atto a stimolare la crescita e la creazione di posti di lavoro, a ridurre gli oneri amministrativi e ad eliminare gli ostacoli nel mercato unico. Occorre abolire il trattamento fiscale sfavorevole al commercio o agli investimenti transfrontalieri. In particolare, nel 2011 la Commissione proporrà misure per modernizzare il regime IVA, introdurre una base imponibile comune consolidata relativa alle imprese e definire un approccio europeo coordinato alla tassazione del settore finanziario. I progressi in materia di fiscalità comportano anche la riduzione dell'onere fiscale sul lavoro al minimo indispensabile e l'adeguamento del quadro europeo per l'imposizione dei prodotti energetici in linea con gli obiettivi dell'UE in materia di energia e clima.

9.Attirare capitali privati per finanziare la crescita

Occorrono soluzioni innovative per mobilitare urgentemente una quota più consistente del risparmio privato nell'UE e all'estero.

La Commissione presenterà proposte relative a project bond europei per contribuire a riunire finanziamenti pubblici e privati a favore degli investimenti prioritari, segnatamente nei settori dell'energia, dei trasporti e delle TIC, e includerà questi strumenti di finanziamento innovativi nelle sue proposte per il prossimo quadro finanziario pluriennale.

Al fine di agevolare l'accesso ai finanziamenti per le PMI e le start-up innovative, la Commissione presenterà proposte onde consentire ai fondi di venture capital stabiliti in uno Stato membro di operare liberamente in qualsiasi parte dell'UE ed eliminare i rimanenti ostacoli tariffari alle attività transfrontaliere.

10.Creare un accesso all'energia che sia efficace in termini di costi

L'energia è una variabile fondamentale per la crescita. Per le imprese, i prezzi dell'energia sono una voce fondamentale dei costi. Per i consumatori, le bollette energetiche rappresentano una voce importante del bilancio familiare e un aspetto particolarmente problematico per le famiglie a basso reddito. I piani attuali degli Stati membri rischiano di non conseguire l'obiettivo generale del 20% relativo all'efficienza energetica fissato nella strategia Europa 2020, con la conseguente perdita di opportunità di crescita in un gran numero di settori e regioni e di possibilità di creare occupazione.

Gli Stati membri devono attuare rapidamente e integralmente il terzo pacchetto sul mercato interno dell'energia.

Gli Stati membri devono migliorare le proprie politiche di efficienza energetica, il che garantirà notevoli risparmi e permetterà di creare posti di lavoro nei settori dell'edilizia e dei servizi.

Nel 2011 la Commissione proporrà iniziative volte a potenziare le infrastrutture dei trasporti, dell'energia o delle telecomunicazioni affinché rispondano alle esigenze di un mercato unico veramente integrato.

La Commissione sta definendo standard UE per i prodotti efficienti sotto il profilo energetico onde favorire l'espansione dei mercati per i prodotti e le tecnologie innovativi.

Garantire risultati concreti

La cosa più urgente da fare nel 2011-2012 è spezzare il circolo vizioso composto da un debito non sostenibile, dalle perturbazioni sui mercati finanziari e da una debole crescita economica. La prima priorità di questa analisi annuale della crescita è porre solide basi per le politiche di bilancio mediante un risanamento di bilancio rigoroso e ripristinare il normale funzionamento del settore finanziario. La seconda priorità è ridurre rapidamente la disoccupazione per mezzo di riforme del mercato del lavoro. Queste due priorità, tuttavia, potranno essere affrontate in modo efficace solo se al tempo stesso ci si adopererà con il massimo impegno per accelerare la crescita.

Queste politiche avranno effetti positivi anche sul risanamento di bilancio, generando un gettito fiscale più elevato e riducendo la spesa pubblica per i trasferimenti sociali, e contribuiranno ad attenuare il rischio di futuri squilibri macroeconomici. Le riforme strutturali procureranno guadagni già nel breve periodo. I guadagni in termini di produzione e occupazione sono determinati dalle riforme dei mercati dei prodotti e del lavoro.

Il commercio è un fattore trainante della crescita. Sebbene esista un enorme potenziale inutilizzato di esportazione dei beni e servizi dell'UE, il crollo del commercio mondiale ha inferto un duro colpo alle esportazioni europee. I risultati positivi di alcuni Stati membri in termini di esportazioni dimostrano che il successo sui mercati mondiali non dipende solo dalla competitività dei prezzi, ma anche da fattori di più ampia portata come la specializzazione settoriale, l'innovazione e i livelli di competenza, che rafforzano la competitività reale.

In questa prima analisi annuale della crescita, la Commissione ha definito 10 azioni che l'UE dovrà intraprendere nel 2011/2012 in linea con la strategia Europa 2020. La Commissione propone che il Consiglio europeo raggiunga su queste basi un accordo mediante il quale gli Stati membri si impegnino ad attuare le 10 azioni in questione. Considerate le interdipendenze fra gli Stati membri, in particolare nell'area dell'euro, il coordinamento ex-ante in sede di Consiglio è un elemento fondamentale del semestre europeo.

Basandosi sugli orientamenti del Consiglio europeo, gli Stati membri devono presentare entro metà aprile gli impegni nazionali nell'ambito delle strategie di bilancio a medio termine a titolo dei programmi di stabilità o di convergenza e definire nei programmi nazionali di riforma le misure necessarie per riflettere questa risposta globale alla crisi in linea con la strategia Europa 2020. Alla luce delle raccomandazioni della Commissione, il Consiglio impartirà entro l'estate orientamenti politici specifici per i singoli paesi di cui gli Stati membri dovranno tener conto nel preparare i bilanci per il 2012 e nell'attuare le rispettive politiche di crescita. In conformità con l'approccio integrato al coordinamento delle politiche, il Consiglio valuterà il grado di ambizione, la coerenza e le implicazioni a livello di UE delle strategie di bilancio e di crescita, comprese le interdipendente all'interno dell'area dell'euro.

La Commissione propone che l'attuazione venga riesaminata regolarmente nelle prossime riunioni del Consiglio europeo, in modo da individuare le carenze a livello degli Stati membri e dell'UE e da raggiungere rapidamente un accordo sulle misure correttive. Le proposte contenute nella presente comunicazione permetterebbero già al prossimo Consiglio europeo di adottare misure concrete per mantenere e aumentare l'intensità degli sforzi volti ad accelerare e rafforzare la crescita, nonché di stabilire un calendario per l'attuazione della risposta globale alla crisi. Il Consiglio europeo ha già fissato due parametri di riferimento per quest'ultimo aspetto: portare a termine entro marzo il lavoro sul meccanismo europeo di stabilità (ESM) permanente e completare entro giugno il pacchetto legislativo volto a rafforzare la governance economica nell'UE. Nel frattempo, la pubblicazione dei risultati delle nuove prove di stress fornirà indicazioni sulla strategia da seguire per portare a termine il risanamento del settore bancario.

Questa prima analisi annuale della crescita viene trasmessa anche al Parlamento europeo, alle altre istituzioni e ai parlamenti nazionali.

(1) Aumentare il tasso di occupazione, innalzare i livelli di investimento nella R&S, conseguire gli obiettivi in materia di energia e cambiamento climatico, migliorare i livelli di istruzione terziaria o equivalente e ridurre l'abbandono scolastico, promuovendo l'inclusione sociale mediante la riduzione della povertà.
(2) Direttiva 2003/41/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 giugno 2003, relativa alle attività e alla supervisione degli enti pensionistici aziendali o professionali (GU L 235 del 23.9.2003, pag. 10).
(3) Come proposto dalla Commissione nella sua iniziativa faro "Agenda per nuove competenze e per l'occupazione" - COM(2010) 682 definitivo/2 del 26.11.2010.
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COMMISSIONE EUROPEA

Bruxelles, 12.1.2011

COM(2011) 11 definitivo

 

ANALISI ANNUALE DELLA CRESCITA

ALLEGATO 2

RELAZIONE MACROECONOMICA

ANALISI ANNUALE DELLA CRESCITA

ALLEGATO 2

RELAZIONE MACROECONOMICA

Le azioni intraprese dagli Stati membri nel biennio 2011-2012 saranno di fondamentale importanza per scongiurare l'avvento di uno scenario da "decennio perduto". Le priorità strategiche, la tempistica e il contenuto di tali azioni dovranno essere stabiliti in funzione della situazione dei singoli paesi tenendo conto, tra l'altro, dei rischi per la sostenibilità di bilancio e della necessità di correggere gli squilibri eccessivi. La cosa più urgente da fare è spezzare il circolo vizioso composto da un debito non sostenibile, dalle perturbazioni sui mercati finanziari e da una debole crescita economica che si è innestato in alcuni Stati membri. Pur riconoscendo la necessità di affrontare urgentemente e in modo integrato le sfide macroeconomiche, spesso i progetti dei programmi nazionali di riforma presentati a novembre non propongono risposte strategiche adeguate.

Il presente documento di accompagnamento individua pertanto le misure che potrebbero avere i maggiori effetti macroeconomici positivi e che gli Stati membri potrebbero prendere in considerazione nei prossimi due anni. La prima sezione definisce il contesto generale analizzando gli squilibri e le carenze emersi prima della crisi e il retaggio della peggior crisi economica mai verificatasi dalla grande depressione degli anni '30. La seconda sezione evidenzia la necessità di rimettere ordine nelle finanze pubbliche. La terza sezione illustra i motivi che impongono un rapido risanamento del settore finanziario. L'ultima sezione sottolinea il carattere urgente delle riforme strutturali necessarie per correggere gli squilibri macroeconomici e risanare i fattori di crescita deteriorati.

1.L'europa attraversa un periodo particolarmente difficile

L'economia europea sta lentamente riemergendo dalla più grave recessione degli ultimi decenni. La crisi economica ha determinato una forte contrazione dell'attività economica nell'UE, la perdita di milioni di posti di lavoro e un costo umano elevatissimo. La crisi ha messo in luce carenze strutturali preesistenti a cui non era stata data una risposta adeguata.

L'UE risentiva di carenze strutturali già prima della crisi. 

Sebbene l'UE sia una zona ricca, nell'ultimo decennio la sua crescita economica è risultata debole rispetto agli standard internazionali (cfr. grafico 1). In termini di PIL pro capite l'UE-27 è molto più ricca della media G20, ma rimane nettamente al di sotto di molti paesi OCSE extra-UE e dell'OCSE considerata globalmente. Dal 2000, inoltre, l'andamento della sua crescita è stato estremamente deludente, inferiore a quello di tutte le economie sviluppate tranne il Giappone e in palese ritardo rispetto alla maggior parte delle economie emergenti. Ciò significa che il divario rispetto alle altre economie sviluppate si sta accentuando. Poiché il recupero non basta a spiegare tale divario, la debole crescita dell'UE è necessariamente ascrivibile a carenze strutturali. Se si prescinde dagli indicatori di tipo PIL, questo quadro globalmente grigio dissimula alcuni punti di forza in termini di tenore di vita, tra cui disparità di reddito relativamente basse, un'elevata speranza di vita e un'efficienza ambientale relativamente elevata (espressa, ad esempio, in emissioni di CO2 per unità di produzione).

Nell'ultimo decennio la crescita nell'UE è stata frenata da diverse "strozzature". Secondo il modello standard della contabilità della crescita si evince che prima della crisi (2001-07) la produttività del lavoro era il principale fattore di crescita, mentre l'utilizzazione della manodopera e l'aumento della popolazione in età lavorativa rappresentavano solo un quarto circa della crescita totale; in particolare, la diminuzione della partecipazione al mercato del lavoro dei giovani e degli uomini della prima fascia di età e la riduzione delle ore di lavoro pro capite prestate stavano determinando un calo della crescita nell'UE-27 (cfr. grafico 2). La crisi ha peggiorato ulteriormente la situazione, provocando una contrazione del PIL, con un forte aumento della disoccupazione e un crollo della produttività totale dei fattori (PTF), dovuta principalmente alla notevole diminuzione dell'utilizzazione delle capacità. L'UE e l'area dell'euro sono palesemente in ritardo rispetto a Stati Uniti e Giappone per quanto riguarda i livelli di PTF e l'utilizzazione della manodopera; il divario relativo a quest'ultimo fattore è particolarmente accentuato per le fasce di età alle due estremità della scala, come dimostra la differenza eclatante dei tassi di occupazione (cfr. grafico 3).

Grafico 1: livello del PIL e crescita

PIL pro capite nel 2010 (differenza in % rispetto all'UE-27 in standard di potere di acquisto (SPA))

Crescita economica media nel periodo 2000-2010

Grafico 2: scomposizione della crescita del PIL 

Grafico 3: tasso di occupazione

Occupazione totale della popolazione in età lavorativa di età compresa fra 20 e 64 anni

Grafico 4: crescita della spesa primaria reale rispetto alla crescita del PIL reale

Tassi di crescita medi 2003-2007

N.B.: gli Stati membri sono elencati secondo l'ordine di grandezza dell'eccedenza della crescita media della spesa primaria reale rispetto alla crescita media del PIL reale.


Negli anni precedenti alla crisi, diversi Stati membri dell'UE si sono discostati dai principi alla base dell'elaborazione di politiche di bilancio prudenti. Le cospicue maggiori entrate generate dall'espansione economica del 2003-2007 sono state utilizzate solo in parte per accelerare l'aggiustamento di bilancio. Una parte non trascurabile di queste entrate è servita a finanziare spese supplementari: nel periodo di congiuntura favorevole precedente alla crisi (2003-2007), il tasso di crescita della spesa primaria ha superato il tasso medio di crescita economica in dodici Stati membri dell'UE, a volte in misura considerevole (cfr. grafico 4). La natura insostenibile di questa scelta politica è diventata palese all'inizio della crisi, quando il crollo delle entrate pubbliche ha improvvisamente evidenziato la vulnerabilità delle posizioni di bilancio sottostanti, con un margine di manovra a livello di bilancio in molti casi inesistente o comunque insufficiente per rispondere alla contrazione economica.

Nel decennio precedente alla crisi si è registrato anche un forte aumento degli squilibri macroeconomici. In alcuni Stati membri si sono creati gravi squilibri interni, come dimostra la notevole divergenza tra l'andamento delle partite correnti e quello della competitività (cfr. grafico 5 per l'area dell'euro). Alcuni Stati membri dell'area dell'euro hanno inoltre subito una perdita preoccupante di quote sui mercati di esportazione. Gli squilibri esterni sono stati alimentati da una risposta salariale inadeguata all'andamento della produttività, dall'aumento del credito nel settore privato, dalle bolle dei prezzi delle abitazioni e dalla debolezza strutturale della domanda interna 1 .

Grafico 5: andamento della competitività dei prezzi rispetto al resto dell'area dell'euro 

(Indici: 1998 = 100, gli aumenti rappresentano le perdite di competitività)

Incidenza della crisi sull'economia reale e sull'occupazione

Grafico 6: PIL e occupazione 

(1° trimestre 2008=100)

Fonti: Eurostat, Previsioni di autunno ECFIN 

N.B.: il profilo dell'occupazione prevista, disponibile solo su base annuale, è stato interpolato in modo lineare per dedurne il profilo trimestrale.

La forte contrazione del PIL ha azzerato in media quattro anni di crescita. La perdita di produzione del 2008 e del 2009 ha riportato il PIL dell'UE al livello del 2006. Secondo le previsioni economiche di autunno 2010 della Commissione, l'UE dovrebbe tornare al livello di produzione registrato nel primo trimestre del 2008, prima che la crisi colpisse l'economia reale, solo nel secondo trimestre del 2012 (grafico 6). Si prevede che entro la fine del 2011 solo dieci Stati membri tornino ai livelli di produzione del 2008 o li superino. Alla fine del 2012 undici Stati membri dovrebbero trovarsi ancora a livelli di produzione inferiori a quelli pre-crisi. Lo stesso vale per l'occupazione, che dovrebbe risultare inferiore di oltre l'1% al livello pre-crisi.

La crisi ha inciso pesantemente sulle società europee, provocando un forte aumento della disoccupazione. Nell'UE-27 i disoccupati rappresentavano nel 2008 il 7% della forza lavoro, una percentuale passata quasi al 10% nel 2010 con la prospettiva che il tasso di disoccupazione rimanga superiore al 9% nel 2012, come indicato nel grafico 7. Il tasso di disoccupazione è particolarmente elevato (oltre il 12%) in Estonia, Irlanda, Grecia, Slovacchia, Lettonia, Lituania e Spagna. La disoccupazione a lungo termine, cioè quella superiore a un anno, ha registrato un forte aumento e rappresenta attualmente il 40% circa della disoccupazione totale nell'UE, con un conseguente rischio di esclusione duratura dal mercato del lavoro. Il tasso di disoccupazione è particolarmente elevato tra le persone poco qualificate, i migranti e i giovani. La disoccupazione giovanile supera il 20% in oltre metà degli Stati membri dell'UE e arriva al 42% in un paese (Spagna).

Grafico 7: tassi di disoccupazione effettivi e strutturali nell'UE-27 

(1° trimestre 2008=100)

La crisi ha frenato ulteriormente la crescita potenziale a causa del forte aumento della disoccupazione strutturale e della netta diminuzione del tasso di investimento. Nel periodo 2010-12 (orizzonte previsionale), l'aumento potenziale della produzione nell'UE-27 dovrebbe risultare particolarmente basso (1,1%) a causa dello scarso incremento della produttività e della scarsa utilizzazione della manodopera. La situazione dovrebbe essere ancora meno brillante nell'area dell'euro, con andamenti sostanzialmente simili ma più pronunciati. La minore utilizzazione della manodopera è riconducibile sia al netto aumento del NAWRU (cfr. grafico 7) che all'ulteriore diminuzione delle ore di lavoro medie prestate per lavoratore e al calo della popolazione in età lavorativa. La crescita potenziale risentirà anche del rallentamento dell'accumulazione di capitale, dovuto ai tassi di investimento tra i più bassi mai registrati a seguito della crisi, e della lenta crescita della produttività totale dei fattori, che dà segni di graduale ripresa ma si limita a tornare all'andamento, già fiacco, di prima della crisi.

Gli squilibri di bilancio si sono accentuati, con una lenta riduzione degli squilibri macroeconomici

Grafico 8: livello del debito pubblico nel 2008 e suo aumento previsto nel periodo 2008-2012 

(% del PIL)

Fonti: previsioni di autunno ECFIN 

La crisi ha avuto un'enorme incidenza sulle finanze pubbliche nell'area dell'euro e nell'UE. Nell'arco di un breve periodo, il rapporto tra debito pubblico e PIL ha registrato un forte aumento in quasi tutti gli Stati membri, azzerando i discreti progressi degli anni precedenti alla crisi (cfr. grafico 8). Alla fine del 2010 il debito pubblico lordo dovrebbe aver raggiunto l'84% circa del PIL nell'area dell'euro e il 79% circa del PIL nell'UE, superando di circa 20 punti percentuali i livelli del 2007. A politiche invariate questa tendenza all'aumento è destinata a proseguire.

Il grave deterioramento attuale delle finanze pubbliche è la conseguenza di un calo delle entrate nonché dell'aumento delle pressioni sulla spesa e degli stimoli finanziari discrezionali. In alcuni Stati membri le finanze pubbliche sono diventate dipendenti da fonti di reddito altamente cicliche o temporanee il che ha contribuito al crollo delle entrate pubbliche in seguito a una forte contrazione dell'attività economica, mentre la spesa pubblica è stata generalmente mantenuta ai livelli programmati. Gli Stati membri hanno lasciato che gli stabilizzatori automatici funzionassero pienamente, il che ha contribuito ad attenuare l'impatto della crisi mondiale sull'economia reale. Poiché tuttavia questo non è bastato ad arginare la contrazione della domanda e a scongiurare il rischio di un crollo dei sistemi finanziari, la maggior parte dei governi dell'UE ha adottato anche misure di bilancio discrezionali nell'ambito del quadro comune del piano europeo di ripresa economica varato dalla Commissione europea nel dicembre 2008. 

Questa recente pressione supplementare sulle finanze pubbliche si aggiunge alle ripercussioni negative dell'invecchiamento demografico. Questo processo si profila da lunga data e, se non verranno adottate rapidamente le opportune riforme, determinerà inevitabilmente un notevole onere di bilancio a lungo termine, aggravando ulteriormente una situazione di bilancio già preoccupante. A politiche invariate nei prossimi 50 anni il sostegno pubblico agli anziani in termini di pensioni e di prestazioni di vecchiaia (assistenza sanitaria e assistenza di lunga durata) dovrebbe registrare un aumento pari a circa 4½ punti percentuali del PIL nell'UE. L'aumento della spesa pubblica legata all'invecchiamento supererà probabilmente il 7% del PIL in circa un terzo degli Stati membri.

La crisi ha corretto solo in parte, e in via temporanea, i forti squilibri macroeconomici che già esistevano in molti Stati membri. Il fatto che l'attuale recessione abbia ridimensionato la domanda eccessiva ed eliminato o attenuato alcuni fattori di divergenza (come le bolle del mercato abitativo e l'espansione del credito) ha ridotto i disavanzi delle partite correnti. Gli squilibri delle partite correnti rimangono tuttavia considerevoli, specialmente nell'area dell'euro, e non dovrebbero riassorbirsi in tempi brevi (cfr. grafico 9). Dal grafico 10 risulta che gli Stati membri dell'UE che all'inizio della crisi registravano un notevole disavanzo (avanzo) nella bilancia dei beni e dei servizi si trovavano generalmente nella stessa situazione anche due anni dopo, al momento della ripresa dell'attività economica. Questo riflette in parte carenze strutturali come la debolezza della domanda interna (nei paesi con un avanzo) e una scarsa competitività in termini di prezzi e di costi, spesso combinate a livelli elevati di debito (nei paesi con un disavanzo).



Grafico 9: scomposizione delle partite correnti, area dell'euro

Grafico 10: bilancia dei beni e servizi e sue variazioni previste fino al 2010

(valori positivi = avanzo; valori negativi = disavanzo; % del PIL) 

Fonti: previsioni di autunno ECFIN.

N.B.: gli Stati membri dell'area dell'euro sono definiti come paesi con un avanzo o un disavanzo in base alla loro bilancia delle partite correnti nel 2006.

Necessità di risposte strategiche differenziate a seconda degli Stati membri

Grafico 11: situazioni di partenza diverse nel 2010

Disavanzo pubblico/importazioni nette di beni e servizi**



Debito pubblico/disavanzo delle partite correnti*

Fonte: previsioni di autunno ECFIN

*Per disavanzo delle partite correnti si intende l'indebitamento netto con il resto del mondo (partite correnti più operazioni in conto capitale). In questo modo viene indicata la variazione annuale dell'indebitamento esterno.

** Le importazioni nette di beni e servizi, denominate anche "disavanzo della bilancia dei beni e dei servizi", sono direttamente influenzate dalla competitività in termini di prezzi. L'avanzo del Lussemburgo supera il 30% del PIL, fuori dai limiti di questo grafico. 

Il notevole divario esistente fra le situazioni esterne e di bilancio degli Stati membri dell'UE richiede politiche differenziate. Il grafico 11 indica, a titolo puramente illustrativo e utilizzando indicatori diversi, che alcuni Stati membri devono ovviare con particolare urgenza all'insostenibilità delle finanze pubbliche correggendo nel contempo gli squilibri esterni. Non è possibile applicare lo stesso approccio a tutti e le priorità degli Stati membri per il 2011-2012 dovrebbero essere definite, tra l'altro, in funzione dei rischi per la sostenibilità di bilancio e della necessità di correggere gli squilibri. Gli Stati membri con ampi squilibri di bilancio e/o macroeconomici dispongono di opzioni strategiche fortemente limitate e devono correggere in via prioritaria gli squilibri esistenti. Gli Stati membri che non hanno problemi macroeconomici di rilievo o che non corrono rischi percepibili devono sforzarsi di migliorare i fattori di crescita a lungo termine evitando al tempo stesso futuri squilibri.



2.Contenere il debito pubblico mediante un risanamento di bilancio rigoroso e duraturo

Bisogna risanare adesso

Grafico 12: disavanzi strutturali e OMT

(% del PIL)

Ferma restando l'incidenza della crisi sui bilanci pubblici di tutti gli Stati membri dell'UE, la situazione effettiva delle finanze pubbliche varia considerevolmente da uno Stato membro all'altro. Come risulta dal grafico 12, la distanza tra il disavanzo – corretto per il ciclo economico e al netto delle misure una tantum, vale a dire il disavanzo strutturale – e l'obiettivo di bilancio a medio termine (OMT) è particolarmente accentuata (più del 5% del PIL) in dodici Stati membri. Gli Stati membri che prima di questo rallentamento economico senza precedenti avevano adottato una politica di bilancio più prudente si trovano in una situazione relativamente più favorevole, poiché il maggior margine di manovra di cui disponevano per far fronte alla recessione ha fatto sì che gli squilibri di bilancio creatisi durante la crisi fossero di minore entità.

Ritirare gli stimoli finanziari discrezionali posti in essere durante la crisi non basterà a ripristinare la sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche. Il rapporto debito pubblico/PIL risentirà non solo dell'accumulo dei disavanzi pubblici, ma anche delle passività implicite prevedibili legate all'invecchiamento demografico e alla prevista lentezza della crescita a medio termine nell'area dell'euro e nell'UE. Inoltre, i rapporti debito pubblico/PIL nell'UE hanno raggiunto livelli oltre i quali un indebitamento pubblico supplementare frena la crescita economica anziché stimolarla. Il servizio di livelli elevati di debito pubblico richiede un aumento delle imposte che potrebbe provocare distorsioni e preclude una spesa pubblica produttiva a causa di una maggiore spesa per interessi o produce entrambi gli effetti. È inoltre probabile che un incremento del debito determini un ulteriore aumento dei premi di rischio sui titoli di Stato, rendendo ancora più oneroso il servizio del debito, generando una dinamica insostenibile e destando dubbi, a termine, circa la solvibilità dello Stato sui mercati finanziari. 

Per riportare le finanze pubbliche sulla via della sostenibilità occorre un aggiustamento considerevole, che deve essere integrato da politiche di crescita. Da semplici simulazioni si evince che in molti Stati membri dell'UE un miglioramento annuale del saldo strutturale di bilancio pari allo 0,5% del PIL – la soglia convenzionale prevista dal patto di stabilità e crescita – non basterebbe per riavvicinare il rapporto debito/PIL alla soglia definita dal trattato (60% del PIL) nel prossimo futuro (cfr. grafico 13). Solo correzioni di bilancio pari o superiori all'1% del PIL all'anno indirizzerebbero decisamente al ribasso i livelli del debito in percentuale del PIL nei prossimi vent'anni. Pur essendo assolutamente necessario, tuttavia, il risanamento di bilancio potrebbe non essere sempre sufficiente per invertire in modo rapido e duraturo la dinamica sfavorevole del debito. Una maggiore crescita del prodotto è indispensabile per aumentare le entrate di bilancio e ridurre la spesa legata alla disoccupazione, abbassando contemporaneamente il livello del debito in rapporto al PIL.

Grafico 13: proiezione del debito pubblico nell'UE

Percentuale del PIL 

N.B.: le proiezioni presuppongono per ciascuno Stato membro un determinato tasso di risanamento fintanto che non avrà raggiunto il suo obiettivo di bilancio a medio termine (OMT). 

I responsabili delle politiche di bilancio devono quindi affrontare un'enorme duplice sfida: riportare la politica di bilancio sulla via della sostenibilità e mantenere o sostenere la crescita economica e l'occupazione a breve termine. Data la congiuntura attuale, si può presumere che un risanamento delle finanze pubbliche avrà effetti positivi sulla crescita economica a medio termine. Rinviare l'aggiustamento di bilancio servirebbe soltanto a eludere e aggravare il problema, compromettendo seriamente la nostra capacità di influenzare attivamente il nostro futuro e ipotecando pesantemente le generazioni a venire.

Sebbene il grado di urgenza sia diverso a seconda degli Stati membri, il risanamento rimane una priorità politica fondamentale per tutti. Nel 2010 la politica di bilancio ha continuato a sostenere la domanda aggregata nell'UE e nell'area dell'euro. Poiché la ripresa economica dovrebbe riprendere progressivamente slancio nei prossimi anni, è ora di modificare le politiche adottate. Gli Stati membri con un fortissimo disavanzo strutturale di bilancio o con un rapporto debito pubblico/PIL molto elevato devono realizzare l'aggiustamento già nel 2011-12. Ciò vale in particolare per gli Stati membri che hanno serie difficoltà finanziarie: alcuni di essi, come la Grecia e l'Irlanda, accelereranno l'aggiustamento in entrambi gli anni, mentre la Spagna e il Portogallo lo faranno solo nel 2012.

Elementi principali di un risanamento duraturo e favorevole alla crescita

La storia ci fornisce molti esempi di risanamenti di bilancio riusciti, con effetti duraturi sulle finanze pubbliche e sulla crescita economica. Gli insegnamenti del passato riguardano cinque dimensioni interconnesse dell'elaborazione delle politiche di bilancio: composizione dell'aggiustamento di bilancio, credibilità della strategia politica, contesto istituzionale, iniziative strategiche complementari e condivisione degli oneri in tutta la società.

(1)Composizione dell'aggiustamento di bilancio: la composizione dell'aggiustamento è la discriminante più importante fra successo e fallimento del risanamento di bilancio. Le correzioni basate sulla spesa, e in particolare le correzioni della spesa primaria corrente, avranno più probabilità di determinare un miglioramento duraturo delle finanze pubbliche e di avere un impatto meno forte, o in alcuni casi addirittura positivo, sulla crescita economica rispetto alle correzioni basate sulle entrate. Moderare l'andamento della spesa risulta meno distorsivo per la crescita rispetto ad un aumento dell'onere fiscale, che è già elevato nell'UE, seppure con notevoli differenze tra uno Stato membro e l'altro. In termini di credibilità, i tagli alla spesa dimostrano il maggiore impegno del governo a proseguire il risanamento. Pur risultando eventualmente di più agevole attuazione a livello politico, gli aumenti delle entrate e i tagli alla spesa per investimenti gravano sulle prospettive di crescita a medio-lungo termine di un'economia e finiscono per essere abbandonati. In molti Stati membri il controllo della spesa dovrà essere integrato da misure volte ad aumentare le entrate. Occorre inoltre rivolgere la debita attenzione alla qualità dell'imposizione, riscuotendo le entrate in modo efficiente e riducendo per quanto possibile l'impatto negativo sulla crescita economica, nel rispetto delle considerazioni di equità. È preferibile ampliare le basi imponibili, abolendo ad esempio le esenzioni fiscali o i crediti d'imposta dannosi per l'ambiente, piuttosto che aumentare le aliquote fiscali. Alcune delle vigenti agevolazioni fiscali che determinano un mancato gettito possono non avere una giustificazione economica valida oppure offrire incentivi che non corrispondono agli obiettivi iniziali. Le imposte sui beni immobili, seguite dalle imposte sui consumi, comprese le tasse ambientali, sono meno distorsive, mentre le imposte sul reddito delle persone fisiche e delle imprese potrebbero nuocere maggiormente alla crescita.

(2)Credibilità della strategia politica: dei piani convincenti e credibili possono far sperare in una diminuzione dei tassi d'interesse reali e degli oneri fiscali e, pertanto, rilanciare la spesa per i consumi delle famiglie e la spesa per gli investimenti delle imprese. In pratica, la credibilità di un piano di aggiustamento pluriennale può essere rafforzata adottando il prima possibile leggi che definiscano una tabella di marcia giuridicamente vincolante di misure successive a sostegno dell'aggiustamento pluriennale programmato.

(3)Istituzioni di bilancio: il successo del risanamento di bilancio dipende anche dalla capacità del governo di attuare efficacemente le misure strategiche concordate mediante quadri di bilancio nazionali adeguati. La qualità dell'assetto istituzionale e procedurale che disciplina le politiche di bilancio, come le norme di bilancio e i quadri di bilancio pluriennali, influisce sulla capacità dei governi di elaborare e attuare in modo efficace i programmi di risanamento di bilancio evitando però tensioni politiche ed economiche eccessive.

(4)Politiche di accompagnamento: di norma le politiche di bilancio interagiscono con altri strumenti di definizione delle politiche economiche. Questo vale anche per il risanamento di bilancio. L'attuazione di riforme strutturali complementari aumenterà le probabilità di ottenere un aggiustamento di bilancio duraturo, tutelando anche la crescita economica a breve termine. Il contributo delle riforme strutturali al risanamento di bilancio si esplicherà a due livelli: direttamente, contenendo o riducendo le attuali tendenze di spesa, e indirettamente, migliorando il funzionamento dei mercati il che equivale, in definitiva, a sostenere l'attività economica. Di fatto, la dimensione "riforma strutturale" è quella che conferisce e garantisce il carattere duraturo di un aggiustamento di bilancio. Determinate riforme strutturali, in particolare le riforme dei sistemi pensionistici, potrebbero avere effetti positivi sulle finanze pubbliche già a medio termine, riducendo le spese e aumentando l'offerta di manodopera.

(5)Aggiustamenti di bilancio socialmente equilibrati: garantire la solidità dei bilanci pubblici è una condizione necessaria per evitare che un aumento incontrollato del debito pubblico comprometta il futuro dei nostri regimi previdenziali. Per essere accettato a livello politico, l'onere dell'aggiustamento deve essere equamente ripartito fra le diverse fasce della società. Gli aggiustamenti che favoriscono categorie specifiche sarebbero probabilmente abbandonati ad ogni cambiamento della composizione politica dei governi, mettendo in pericolo la sostenibilità dell'aggiustamento di bilancio.

Priorità strategiche

Per raccogliere le sfide di cui sopra, nel 2011-2012 occorrerà intervenire, in particolare, nei settori indicati in appresso.

A livello dell'UE, le proposte legislative volte a rafforzare la governance economica dovrebbero essere adottate secondo la procedura di approvazione accelerata fra i colegislatori.

Il risanamento deve assolutamente iniziare – o proseguire - nel 2011 in tutti gli Stati membri dell'UE. Il ritmo previsto del risanamento dei bilanci dovrebbe essere ambizioso e, nella maggior parte degli Stati membri, andare ben oltre il parametro dello 0,5% annuo del PIL in termini strutturali. Gli Stati membri con un fortissimo disavanzo di bilancio strutturale, con livelli molto elevati di debito pubblico o con gravissime difficoltà finanziarie devono intensificare gli sforzi già nel 2011. Laddove la crescita economica o i redditi superino le aspettative, il risanamento di bilancio deve essere accelerato.

Gli Stati membri oggetto di una procedura per i disavanzi eccessivi dovrebbero definire il percorso della spesa e le misure ad ampio raggio che intendono adottare per eliminare il disavanzo eccessivo.

Tutti gli Stati membri devono adeguare in via prioritaria la spesa pubblica, tutelando però la spesa atta a favorire la crescita, ad esempio in materia di infrastrutture pubbliche, istruzione, ricerca e innovazione. Tutti gli Stati membri, specialmente quelli oggetto di una procedura per i disavanzi eccessivi, dovrebbero attuare una politica di bilancio prudente mantenendo saldamente la crescita della spesa pubblica al di sotto del tasso di crescita del PIL a medio termine e cercando al tempo stesso di migliorare il rapporto costo/efficacia della spesa pubblica. Laddove gli aggiustamenti siano particolarmente urgenti, la spesa deve essere ridotta. Tutti gli Stati membri devono dimostrare che i loro programmi di stabilità o di convergenza si basano su previsioni prudenti di crescita e di reddito.

Laddove sia necessario un contributo fiscale, occorre ridurre per quanto possibile le distorsioni economiche. Indipendentemente dal livello dell'onere fiscale complessivo, i sistemi tributari devono essere riveduti perché favoriscano maggiormente l'occupazione, la tutela dell'ambiente e la crescita, ad esempio mediante "riforme fiscali verdi" consistenti in un aumento delle tasse ambientali e in una concomitante riduzione di altre imposte più distorsive. È preferibile ampliare le basi imponibili anziché aumentare le aliquote fiscali.

Le riforme delle pensioni, volte tra l'altro ad innalzare l'età pensionabile effettiva, dovrebbero essere avviate e attuate senza indugio, in modo da garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche e da far aumentare la popolazione attiva. I sistemi sanitari devono essere rigorosamente monitorati e, all'occorrenza, riformati per garantire una maggiore efficienza in termini di costi e una maggiore sostenibilità, specialmente in relazione all'invecchiamento demografico. 

Gli Stati membri vengono incoraggiati a migliorare i quadri di bilancio nazionali a livello di sistemi nazionali di contabilità pubblica e statistiche, previsioni macroeconomiche e di bilancio, regole fiscali numeriche, quadri di bilancio a medio termine, trasparenza delle finanze pubbliche e campo di applicazione globale dei quadri di bilancio.



3.Risanare il settore finanziario per riavviare rapidamente il processo di ripresa

Grafico 14: prestiti bancari nell'UE

Fonte: BCE

Vi è una forte correlazione tra un'espansione sana del credito e uno sviluppo economico sostenuto. La crescita del credito, in particolare per le imprese, procede a rilento dall'inizio della crisi finanziaria, perché le banche hanno adottato criteri più rigorosi per la concessione dei crediti e le richieste di finanziamento delle imprese sono scarse a causa delle prospettive economiche poco incoraggianti. Il volume dei prestiti è riaumentato dall'inizio del 2010, in concomitanza con una timida ripresa (cfr. grafico 14). Dallo studio della BCE sull'attività creditizia delle banche (Bank Lending Survey) dell'ottobre 2010 emerge che le banche hanno smesso di inasprire le condizioni per la concessione dei crediti e che gli standard applicati alle famiglie dovrebbero essere resi meno rigorosi. Tuttavia, le condizioni per la concessione dei crediti non sono coerenti con una ripresa economica sostenuta, specie per quanto riguarda i prestiti alle imprese non finanziarie (cfr. tabella in allegato).

È indispensabile risanare i bilanci delle banche per migliorare l'efficienza in termini di costi, ripristinare la competitività e ritornare a normali attività di prestito. Regna tuttavia incertezza circa le prospettive di redditività delle banche a causa della lenta ripresa, delle notevoli esposizioni nei confronti del settore immobiliare e delle tensioni sul mercato del debito sovrano. In alcuni Stati membri l'anello di retroazione negativa tra economia reale e settore finanziario è stato accentuato dall'elevato indebitamento delle famiglie e delle imprese non finanziarie. Il livello dei prestiti in sofferenza è pertanto aumentato in misura considerevole e potrebbe salire ulteriormente nel prossimo futuro (grafico 15). La situazione globale del settore bancario ha registrato di recente qualche timido miglioramento, con profitti più elevati e un rafforzamento delle riserve di capitale, anche se, in alcuni casi, ciò è dovuto a conferimenti di capitale da parte dello Stato.

Una cessazione in tempi brevi dell'ingente sostegno pubblico alle banche eliminerà le possibili distorsioni della concorrenza nel settore finanziario. In oltre metà degli Stati membri il sostegno pubblico ha superato il 5% del PIL ed è consistito in misure quali conferimenti di capitale, interventi di liquidità, sostegno a fronte di attività deteriorate e garanzie (cfr. grafico 16). Sono state avviate strategie di uscita dal sostegno pubblico alle banche, mantenendo però la flessibilità necessaria per affrontare eventuali problemi di stabilità macrofinanziaria. La notevole integrazione finanziaria nell'Unione europea, dimostrata dal livello delle attività estere del settore bancario, pari al 50% del PIL per molti Stati membri (cfr. grafico 14), impone di tener conto degli effetti transfrontalieri degli interventi pubblici.

Grafico 15: prestiti in sofferenza nell'UE

Percentuale dei prestiti totali

Grafico 16: interventi pubblici nel settore bancario dell'UE 

Fonte: BCE, FMI

Fonte: servizi della Commissione (gennaio 2010). 

La fiducia nel settore bancario è un prerequisito indispensabile per il mantenimento della stabilità finanziaria. Uno degli strumenti disponibili per mantenere la fiducia nella rapidità delle strategie di uscita è la prova di stress, il cui scopo è valutare la capacità del settore bancario di resistere a eventi con bassa probabilità ma elevato impatto. Viene esaminata la sensibilità delle riserve di capitale a condizioni economiche e finanziarie sfavorevoli. Le prossime prove di stress a livello di UE dovranno essere eseguite nel 2011 sulla base di ipotesi rigorose. I risultati della prossima operazione saranno disponibili nel giugno 2011. Una proficua collaborazione tra le autorità nazionali di vigilanza e le autorità dell'UE è di fondamentale importanza in tale contesto, così come una comunicazione chiara e trasparente dei risultati e delle relative implicazioni. 



Grafico 17: attività estere del settore bancario 

Percentuale del PIL

Grafico 18: attività complessive del settore bancario 

Percentuale del PIL 

Fonte: BIS, Eurostat

Fonte: BCE

La recente crisi ha messo in luce palesi lacune nel quadro normativo dell'UE sul settore bancario e ha giustificato ulteriormente un'azione a livello dell'Unione. L'interconnessione fra le banche e gli istituti finanziari degli Stati membri dell'UE – e con i paesi extra-UE - sottolinea l'importanza di monitorare gli sviluppi nel settore finanziario in un contesto internazionale. L'entità delle attività del settore bancario, misurata in percentuale del PIL, evidenzia la particolare vulnerabilità di alcuni Stati membri in caso di crisi sistemica e la palese inadeguatezza degli strumenti di bilancio per far fronte a gravi perturbazioni finanziarie (grafico 18). Il quadro normativo e di vigilanza a livello UE è stato quindi potenziato e dovrebbe essere completato rapidamente. Nell'ottobre 2010 la Commissione ha definito gli obiettivi del quadro giuridico per la gestione delle crisi nel settore finanziario, che sarà proposto nella primavera del 2011. La principale finalità è lasciar fallire una banca, indipendentemente dalle sue dimensioni, garantendo al tempo stesso la continuità dei servizi bancari di base, attenuando per quanto possibile l'incidenza del fallimento sul sistema finanziario ed evitando costi per i contribuenti. Questo è indispensabile per scongiurare l'"azzardo morale" derivante dall'impressione che alcune banche siano troppo grandi per fallire. Oltre a dotare le autorità di strumenti e poteri comuni ed efficaci per affrontare le crisi bancarie, è indispensabile garantire una collaborazione ottimale fra gli Stati membri e le istituzioni dell'UE prima e durante le crisi.

Gli Stati membri dell'area dell'euro creeranno un "meccanismo europeo di stabilità" permanente per salvaguardare la stabilità finanziaria dell'intera area dell'euro. Il nuovo meccanismo sostituirà lo strumento europeo di stabilità finanziaria (EFSF) e il meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (EFSM), che rimarranno in vigore fino al giugno 2013. 

Le regole di Basilea III impongono alle banche requisiti patrimoniali più severi, che rafforzeranno la stabilità macrofinanziaria. Nel settembre 2010, il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria ha annunciato l'introduzione di definizioni di capitale nettamente più rigorose. Secondo la nuova definizione, il capitale delle banche risulterà inferiore, il che accentua il divario con gli obblighi imposti dalla legge. All'introduzione di definizioni più rigorose farà riscontro un graduale aumento del requisiti patrimoniali minimi.

Priorità strategiche

Per raccogliere le sfide di cui sopra, nel 2011-2012 occorrerà intervenire, in particolare, nei settori indicati in appresso. Il coordinamento a livello di UE è di fondamentale importanza in tale contesto.

La ristrutturazione delle banche, in particolare di quelle che hanno ricevuto aiuti di Stato di notevole entità, è indispensabile per ripristinarne la redditività a lungo termine garantendo al tempo stesso un canale di credito correttamente funzionante. La ristrutturazione bancaria consentirà pertanto di salvaguardare la stabilità finanziaria e sosterrà l'erogazione di credito all'economia reale. Il sostegno finanziario pubblico al settore bancario deve essere progressivamente ritirato, tenendo conto della necessità di salvaguardare la stabilità finanziaria.

Occorre compiere progressi verso la creazione di un meccanismo permanente per risolvere le crisi del debito sovrano in modo da garantire certezza e stabilità sui mercati finanziari. Nel 2013 il nuovo meccanismo europeo di stabilità garantirà la stabilità sui mercati e completerà il nuovo quadro per una governance economica rafforzata, mirando a una vigilanza economica efficace e rigorosa, anche attraverso un esame dell'efficacia degli attuali meccanismi finanziari di protezione.

Occorre proseguire l'attuazione delle riforme finanziarie, potenziando tra l'altro il quadro normativo e di vigilanza e ovviando ai fallimenti del mercato evidenziati dalla crisi. Il quadro normativo deve essere ulteriormente potenziato a livello di UE, mentre la qualità della vigilanza deve essere migliorata dall'ESRB e dalle autorità europee di vigilanza, operativi dall'inizio del 2011.

Le banche dovranno potenziare gradualmente la propria base patrimoniale per poter resistere meglio agli shock negativi. Quest'obiettivo è in linea con il quadro di Basilea III di recente adozione. Nel 2011 si procederà inoltre a prove di stress più ambiziose e rigorose a livello di UE onde valutare la resistenza del settore bancario.

4.Riforme strutturali volte a sostenere la crescita e a correggere gli squilibri macroeconomici

Le riforme strutturali possono permettere di raggiungere un duplice obiettivo: ripristinare i principali fattori di crescita e prevenire o correggere gli squilibri come condizione quadro indispensabile per la crescita. Queste riforme possono incrementare l'utilizzazione della manodopera e la produttività del lavoro. Le riforme strutturali possono inoltre contribuire a ripristinare la competitività e a ridurre gli squilibri esterni a breve termine attenuando le rigidità dei prezzi e delle retribuzioni. Agevolare la necessaria ridistribuzione della manodopera e del capitale tra settori e imprese è di fondamentale importanza sia per la crescita che per la riduzione degli squilibri esterni. Sebbene molte misure strutturali possano sostenere sia la crescita che l'aggiustamento macroeconomico, alcune di esse, come le politiche nel settore dell'istruzione, hanno bisogno di più tempo per dare frutti e si prestano meglio a sbloccare i fattori di crescita a lungo termine. Questo non significa tuttavia che le azioni volte a rafforzare tali politiche debbano essere rinviate.

Accelerare le riforme per stimolare ulteriormente la crescita e l'occupazione

In assenza di politiche determinate, la crescita potenziale rimarrà probabilmente debole nel prossimo decennio 2 . A politiche invariate, nel periodo 2011-20 il tasso medio di crescita potenziale nell'UE-27 dovrebbe aggirarsi intorno all'1½% (cfr. grafico 19), risultando nettamente inferiore ai tassi registrati nell'UE negli ultimi vent'anni, che oltretutto erano nettamente inferiori a quelli registrati negli Stati Uniti. Ciò è dovuto alla notevole sottoutilizzazione della manodopera a seguito della crisi, a cui si aggiungono la contrazione della forza lavoro causata dall'invecchiamento demografico alla fine del periodo e una crescita di produttività relativamente lenta nell'UE-27. La crisi ha avuto pesanti ripercussioni (in termini di accumulazione di capitale e utilizzazione della manodopera) nella maggior parte degli Stati membri, la cui forza lavoro dovrebbe diminuire alla fine del decennio a causa dell'invecchiamento demografico.

Grafico 19: aumento potenziale della produzione fino al 2020 nell'UE-27 

Scenario macroeconomico basato sulla funzione di produzione

Fonte: previsioni di autunno ECFIN

A conferma delle tendenze passate, le prospettive di crescita sono ancora meno incoraggianti nell'area dell'euro. Nel periodo 2001-2010 la crescita potenziale media è stata dell'1,6% nell'area dell'euro, contro l'1,8% nell'UE-27 (grafico 20). Le prospettive di crescita della produzione e della produttività nell'area dell'euro saranno particolarmente tetre nel prossimo decennio, poiché entrambe dovrebbero aggirarsi in media intorno all'1¼%. Dalle proiezioni risulta tuttavia un'utilizzazione della manodopera molto simile a quella prevista per l'intera UE.

Grafico 20: aumento potenziale della produzione fino al 2020 nell'area dell'euro 

Scenario macroeconomico basato sulla funzione di produzione

Fonte: previsioni di autunno ECFIN

L'esperienza acquisita in occasione delle precedenti crisi economiche e finanziarie denota l'estrema importanza delle risposte politiche. La grave recessione iniziata nel 1991 in Svezia e in Finlandia, ad esempio, è durata relativamente poco e non ha determinato una riduzione della crescita potenziale della produzione, anche grazie alla profonda ristrutturazione delle economie di questi paesi. In Giappone, invece, una reazione politica inadeguata alla crisi finanziaria, associata a pressioni concorrenziali sempre più forti da parte delle economie emergenti, ha contributo negli anni '90 a rallentare la crescita potenziale a lungo termine.

Occorre intervenire con urgenza sia a livello nazionale che a livello di UE. L'attuazione di politiche a livello di UE contribuirà a stimolare la crescita rafforzando, ad esempio, il mercato unico e rendendo più agevoli gli investimenti. In tutti gli Stati membri, eliminare i principali ostacoli alla crescita a medio termine comporterebbe un'accelerazione delle riforme strutturali (per maggiori particolari, cfr. la relazione sui progressi compiuti nell'attuazione di Europa 2020 allegata all'analisi annuale della crescita).

Correggere gli squilibri macroeconomici e ripristinare le condizioni quadro indispensabili per la crescita

Per ovviare agli squilibri esterni, un obiettivo di particolare importanza per l'area dell'euro, occorreranno riforme strutturali globali volte ad accelerare e a migliorare l'aggiustamento. La correzione degli squilibri è fondamentale per l'UE e ancora di più per l'area dell'euro, in quanto unione monetaria. Gli squilibri esistenti in alcuni Stati membri dell'area dell'euro potrebbero anche minare la credibilità della moneta unica. In molti settori, come i mercati del lavoro, dei prodotti e dei servizi, occorreranno interventi di politica economica. La risposta politica dovrà essere notevolmente diversa a seconda degli Stati membri e debitamente modulata in funzione delle vulnerabilità e delle necessità specifiche del paese, tenendo conto delle potenziali ricadute in tutta l'UE. In generale, le politiche strutturali devono cercare di rendere le economie più flessibili per far fronte al fabbisogno di adeguamento nell'UE.

Grafico 21: passività finanziarie nette con l'estero; Stati membri dell'area dell'euro 

% del PIL 

Grafico 22: passività finanziarie nette con l'estero; Stati membri che non fanno parte dell'area dell'euro

% del PIL (scala diversa rispetto al grafico 21) 

N.B.: dati non disponibili per Cipro, Regno Unito, Malta e Lussemburgo

Per gli Stati membri con forti disavanzi delle partite correnti, una scarsa competitività e una scarsa capacità di adeguamento, occorreranno notevoli aggiustamenti in termini di prezzi e di costi per ripristinare la competitività interna ed esterna. Un parametro importante per valutare la sostenibilità dei disavanzi delle partite correnti è la posizione netta con l'estero, che misura il livello del debito estero (grafici 21 e 22). Sebbene il livello dei disavanzi delle partite correnti sia sceso a seguito della crisi, il debito degli Stati membri con un forte disavanzo nei confronti del resto del mondo ha continuato a crescere. Anche se i meccanismi di mercato potrebbero operare questo aggiustamento mediante una forte contrazione della domanda interna e un forte aumento della disoccupazione, politiche salariali adeguate renderebbero questo aggiustamento più rapido e meno doloroso attraverso modifiche delle regole sull'indicizzazione delle retribuzioni, segnali appropriati provenienti dagli accordi salariali del settore pubblico e meccanismi di fissazione dei salari più efficienti. Occorrerà inoltre riformare i mercati dei prodotti per ovviare alle rigidità strutturali e ridurre i prezzi finali dei beni abbassando la "rendita incorporata" (cioè un calo della differenza tra prezzo e costo). La piena attuazione della direttiva sui servizi, che rafforzerà la concorrenza nel settore dei servizi regolamentati, è uno sviluppo politico di particolare importanza. Le politiche volte a migliorare la competitività non legata ai prezzi sono altrettanto fondamentali in tale contesto.

Le misure adottate per ovviare alle rigidità nominali devono essere integrate da misure strutturali che sostengano la ridistribuzione della manodopera fra imprese e settori. Per orientare l'economia verso una maggiore sostenibilità bisognerà rimediare a tutti gli eccessi passati, non limitandosi quindi a migliorare la competitività dei prezzi del settore delle esportazioni e a ridurre i prezzi relativi del settore dei beni e servizi non scambiabili. Oltre a riequilibrare i prezzi occorrerà trasferire capitale e manodopera dal settore dei beni e servizi non scambiabili al settore di quelli scambiabili, direttamente esposto alla concorrenza straniera. Sul fronte del lavoro, questa ridistribuzione dovrà comportare l'adeguamento della normativa sulla tutela dell'occupazione e maggiori incentivi finanziari per passare dalla disoccupazione all'occupazione. Questa ridistribuzione dovrà essere sostenuta da un adeguamento dei salari relativi tra il settore dei beni e servizi scambiabili e il settore dei beni e servizi non scambiabili . Le politiche attive del mercato del lavoro daranno un contributo in tal senso mediante il potenziamento delle agenzie di collocamento, la formazione e l'adeguamento delle politiche attive del mercato del lavoro in favore delle categorie più vulnerabili. Il miglioramento del clima imprenditoriale, che implica un rafforzamento della concorrenza nel settore dei servizi regolamentati e un'ulteriore riduzione degli oneri amministrativi, può favorire la mobilità del capitale verso i settori più produttivi.

Negli Stati membri con forti avanzi delle partite correnti occorre individuare le cause della persistente debolezza della domanda interna. Gli ultimi dati sono incoraggianti e indicano che è in corso un aggiustamento, con una domanda interna in aumento e il completamento dei processi di aggiustamento dei passati bilanci (aziendali). Laddove tuttavia la domanda interna rimanga relativamente debole a causa di una determinata politica o di un fallimento del mercato, devono essere adottate politiche appropriate, volte, ad esempio, a liberalizzare ulteriormente il settore dei servizi e a migliorare le condizioni d'investimento.

Occorre definire politiche che impediscano il verificarsi di squilibri in futuro. Si dovranno riesaminare le condizioni che hanno determinato la crescita eccessiva del debito e le bolle dei prezzi delle attività. I responsabili delle politiche avranno quindi il compito essenziale di definire e attuare riforme strutturali che limitino gli eccessi a livello di credito e di prezzi delle attività, predisponendo al tempo stesso strumenti specifici atti a moderare la domanda in caso di necessità. In tale contesto risultano particolarmente pertinenti le misure normative volte a ridurre la prociclicità dell'offerta di credito ed è necessario un ulteriore impegno. Senza pregiudicare il mercato interno, questo potrebbe consistere nel garantire che i requisiti patrimoniali delle banche riflettano con precisione le differenze regionali nella sopravvalutazione dei prezzi delle attività. Occorre riesaminare le caratteristiche strutturali del mercato abitativo che rendono più probabile la formazione di bolle, compresi gli incentivi fiscali per i mutui. Inoltre, migliorando la flessibilità e la capacità di adeguamento delle economie mediante la riforma dei mercati dei prodotti e del lavoro si renderanno tali economie più resistenti e si agevoleranno gli aggiustamenti necessari in caso di shock violenti.

Priorità strategiche

Per raccogliere le sfide di cui sopra, nel 2011-2012 occorrerà intervenire, in particolare, nei settori indicati di seguito.

I fattori di crescita devono essere mobilitati a livello di UE, cercando di raggiungere un accordo sulle principali proposte legislative nell'ambito dell'atto per il mercato unico (per maggiori particolari, cfr. la relazione sui progressi compiuti nell'attuazione di Europa 2020).

Negli Stati membri con forti disavanzi delle partite correnti o con livelli elevati di indebitamento, le riforme riguardanti i sistemi di fissazione dei salari e i mercati dei servizi daranno un contributo fondamentale al miglioramento dell'adattabilità dei prezzi e delle retribuzioni. Anche il miglioramento del clima imprenditoriale mediante il rafforzamento della concorrenza (ad esempio attraverso la direttiva sui servizi) e la riduzione degli oneri amministrativi risulteranno utili a tal fine. 

È indispensabile adottare misure che favoriscano la ridistribuzione delle risorse tra imprese e settori, come una normativa sulla tutela dell'occupazione che non ostacoli la riallocazione delle risorse fra i diversi settori, maggiori incentivi finanziari al lavoro e l'adeguamento delle politiche attive del mercato del lavoro in favore delle categorie più vulnerabili. Anche le misure volte a eliminare gli ostacoli all'entrata e all'uscita (condizioni di avviamento) e agli investimenti (come l'armonizzazione delle basi imponibili relative alle imprese) saranno importanti per facilitare la riallocazione settoriale verso attività con un maggior valore aggiunto e un'espansione più rapida.

Gli Stati membri con forti eccedenze delle partite correnti devono individuare ed eliminare le cause della debolezza della domanda interna mediante strategie volte, ad esempio, a liberalizzare ulteriormente il settore dei servizi e a migliorare le condizioni d'investimento.

Tutti gli Stati membri devono accelerare le riforme strutturali volte ad eliminare i principali ostacoli alla crescita a medio termine. Alla luce dei progetti dei programmi nazionali di riforma (PNR) presentati dagli Stati membri si ritiene che le misure previste non siano sufficientemente ambiziose, per cui è poco probabile che abbiano un'incidenza sostanziale sulla crescita e sull'occupazione a medio termine. Nella versione definitiva dei PNR, gli Stati membri dovranno dare indicazioni molto più precise circa i loro piani di riforma, accelerare le azioni fondamentali e aumentare il loro livello generale di ambizione.

Allegato: Tabella 1. Indicatori per paese su crescita e occupazione, posizione di bilancio, condizioni del mercato finanziario e macrosquilibri

(1) Cfr. Commissione europea (2010), Surveillance of intra-euro-area competitiveness and imbalances, Economia europea 1.
(2) Il concetto di crescita potenziale indica una crescita tendenziale sostenibile compatibile con le condizioni sul fronte dell'offerta, che corregge le fluttuazioni cicliche a breve termine nella crescita effettiva del PIL.
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COMMISSIONE EUROPEA

Bruxelles, 12.1.2011

COM(2011) 11 definitivo

 

ANALISI ANNUALE DELLA CRESCITA

ALLEGATO 1

RELAZIONE SUI PROGRESSI DELLA STRATEGIA EUROPA 2020

ANALISI ANNUALE DELLA CRESCITA

ALLEGATO 1

RELAZIONE SUI PROGRESSI DELLA STRATEGIA EUROPA 2020

La pubblicazione della presente analisi annuale della crescita, che segna l'inizio del primo "semestre europeo", coincide con una svolta importante per l'Unione europea. Due anni dopo l'inizio della crisi, l'Europa sta lentamente emergendo dalla recessione. La ripresa procede con sempre maggior vigore e a ritmo sempre più sostenuto, sebbene sussistano incertezze sui mercati sovrani e siano ancora in atto il risanamento e la riforma del settore finanziario.

Ora che le prospettive iniziano a migliorare, s'impone un'azione politica risoluta. L'uscita dell'Europa dalla crisi non è mai stata intesa come un semplice ritorno alla normalità. La crisi ha messo in luce carenze fondamentali dell'economia europea e l'esistenza di squilibri interni in aumento. Per una ripresa imperniata su una crescita sostenibile e fonte di occupazione è indispensabile ovviare alle carenze strutturali e utilizzare la crisi per trasformare profondamente la struttura economica dell'Europa.

Malgrado l'Europa abbia contenuto e assorbito l'impatto della crisi relativamente meglio di altre parti del mondo, il ritmo della sua ripresa dalle turbolenze mondiali rischia di essere più lento. La crisi ha ulteriormente accentuato il divario con gli Stati Uniti per quanto riguarda la produttività del lavoro. La competitività in termini di prezzi e di costi rimane un problema. Nelle economie emergenti la crescita sta riprendendo più rapidamente che nell'UE, anche se alcune di esse devono affrontare sfide economiche considerevoli.

Europa 2020 è il programma stabilito dall'UE e dai suoi Stati membri per aiutare "l'Europa a riprendersi dalla crisi e a uscirne rafforzata, a livello sia interno sia internazionale" 1 . Per fare riemergere l'Europa dalla crisi è necessario un programma di riforme coordinato e globale, che comprenda il risanamento delle finanze, il ripristino di condizioni macroeconomiche sane e l'attribuzione della massima priorità a misure atte a promuovere la crescita.

L'UE e gli Stati membri hanno il compito comune di intraprendere le difficili, ma necessarie, riforme strutturali a lungo termine risanando al tempo stesso la situazione di bilancio e le condizioni macroeconomiche.

L'Europa deve accentuare il coordinamento delle riforme e delle politiche economiche per garantire che l'aggiustamento macroeconomico vada di pari passo con il risanamento di bilancio e con le riforme politiche. Pur essendo una condicio sine qua non per la crescita, il risanamento finanziario non basta a stimolarla. In mancanza di politiche proattive, la crescita potenziale rimarrà probabilmente modesta nel prossimo decennio. Per la crescita sarà essenziale avere un contesto favorevole all'industria e all'impresa, in particolare alle PMI. In mancanza di crescita, il risanamento di bilancio risulterà ancor più problematico.

Il Consiglio europeo del giugno 2010 ha introdotto il concetto di "semestre europeo", associando gli sviluppi delle politiche macroeconomiche e le riforme strutturali nell'ambito di Europa 2020. Il "semestre europeo" è un arco di tempo durante il quale, nella prima metà di ogni anno, le relazioni presentate dagli Stati membri a norma del patto di stabilità e crescita vengono allineate con quelle previste dalla strategia Europa 2020 e gli Stati membri ricevono orientamenti e raccomandazioni di natura strategica prima che sia data veste definitiva ai bilanci nazionali. Questo rafforzerà la dimensione ex-ante del coordinamento e della vigilanza delle politiche economiche nell'UE, consentendo di combinare i benefici di un programma comune a livello di UE con un'azione ad hoc a livello nazionale. L'UE potrà ricavare tempestivamente informazioni utili dagli sviluppi nazionali, mentre gli Stati membri potranno includere integralmente la prospettiva e gli orientamenti europei nelle loro politiche nazionali per l'anno successivo.

Nell'ambito di questo nuovo ciclo di coordinamento delle politiche, la Commissione presenterà nell'analisi annuale della crescita la propria valutazione delle principali sfide economiche che si pongono all'UE e raccomanderà azioni prioritarie per affrontarle. Basandosi su questo contributo, il Consiglio europeo di primavera fornirà orientamenti sulle principali sfide a venire, di cui gli Stati membri terranno conto nell'elaborare le strategie di bilancio a medio termine nell'ambito dei loro programmi di stabilità o di convergenza, includendo inoltre nei rispettivi programmi di riforma nazionali le misure necessarie per progredire verso la realizzazione degli obiettivi di Europa 2020 e per eliminare gli ostacoli alla crescita. I due documenti saranno presentati contemporaneamente entro la metà di aprile. Prima dell'estate, nell'ultima fase del "semestre", il Consiglio impartirà orientamenti politici specifici per i singoli paesi sulla base delle raccomandazioni della Commissione. Gli Stati membri potranno quindi integrare questi contributi nella preparazione dei propri bilanci per l'anno successivo.

In questo primo "semestre europeo", l'analisi annuale della crescita è incentrata sulle principali indicazioni relative alle azioni a cui gli Stati membri devono riservare un'attenzione prioritaria. L'analisi alla base di queste indicazioni figura in tre relazioni di accompagnamento.

1.Dare massima priorità alle iniziative atte a promuovere la crescita

Un'azione a livello degli Stati membri è cruciale per evitare la prospettiva di "un decennio perso"...

Dall'analisi della situazione macroeconomica e del mercato del lavoro in tutta l'UE si evince che gli Stati membri dovranno agire nel 2011 e nel 2012 per scongiurare il cosiddetto scenario del "decennio perso", caratterizzato da una crescita lenta e poco favorevole alla creazione di occupazione. La cosa più urgente da fare è spezzare il circolo vizioso composto da un debito non sostenibile, dalle perturbazioni sui mercati finanziari e da una debole crescita economica, che si è innescato in alcuni Stati membri. La prima priorità consiste nel ripristinare politiche di bilancio adeguate, tutelando al tempo stesso le politiche favorevoli alla crescita, e nel risanare rapidamente il settore finanziario per avviarsi verso la ripresa. La seconda priorità consiste nel ridurre rapidamente la disoccupazione e nel porre in essere riforme efficaci del mercato del lavoro per un'occupazione quantitativamente e qualitativamente migliore. Queste priorità potranno essere affrontate in modo efficace solo se saranno accompagnate da un impegno sostanziale per far ripartire contemporaneamente la crescita.

Riforme efficaci saranno quelle volte a migliorare il funzionamento dei mercati del lavoro e dei prodotti, a stimolare l'innovazione e a creare condizioni che favoriscano l'attività imprenditoriale in Europa e che attraggano quindi un maggior volume di investimenti del settore privato, migliorando cosi la qualità delle finanze pubbliche Le riforme del mercato del lavoro devono ovviare in via prioritaria alla scarsa partecipazione di determinate categorie e al funzionamento carente del mercato stesso. Queste politiche avrebbero effetti positivi anche sul risanamento di bilancio, generando un gettito fiscale più elevato e riducendo la spesa pubblica per i trasferimenti sociali, contribuendo quindi ad attenuare il rischio di futuri squilibri macroeconomici. Le riforme strutturali possono determinare notevoli guadagni, anche a breve termine. Allo stesso modo, i guadagni in termini di produzione e occupazione sono determinati dal miglioramento delle condizioni generali e dalle riforme dei mercati dei prodotti e del lavoro.

Occorre mobilitare le iniziative faro e gli strumenti dell'UE a sostegno degli sforzi nazionali

Anche le azioni a livello di UE contribuiranno a favorire la crescita in modo intelligente, sostenibile e inclusivo. La Commissione ha definito un programma ambizioso, da realizzare mediante sette iniziative faro associate a un'azione parallela sulle politiche orizzontali a sostegno della strategia.

La Commissione ha presentato le sette iniziative faro della strategia Europa 2020 2 , ciascuna delle quali riguarda questioni specifiche e contiene misure ad hoc per i singoli settori. La loro reale valenza deriva dal fatto che sono strettamente interconnesse che si rafforzano a vicenda. In effetti alcune misure chiave, come la necessaria creazione di un nuovo sistema di diritti di proprietà intellettuale, risultano pertinenti per diverse iniziative faro (in questo caso l'Unione dell'innovazione, la Politica industriale e l'Agenda digitale).

L'attuazione della strategia Europa 2020 presuppone altresì che tutti gli strumenti dell'UE siano effettivamente mobilitati e riorientati a sostegno delle riforme. A tal fine, la strategia caldeggia un intervento che rafforzi il mercato unico, il bilancio dell'UE e gli strumenti dell'azione economica esterna e che li utilizzi per realizzare gli obiettivi di Europa 2020:

in linea con questo impegno, la Commissione ha avviato un dibattito su un futuro atto per il mercato unico, nell'intento di rilanciare il mercato unico e di sfruttare nuove fonti di crescita 3 ;

la comunicazione sulla "revisione del bilancio dell'Unione europea" contiene orientamenti generali e possibili opzioni per utilizzare il bilancio UE a sostegno degli obiettivi di Europa 2020, tenendo maggiormente conto delle priorità di tale strategia nelle politiche di spesa dell'UE 4 ;

la comunicazione intitolata "Commercio, crescita e affari mondiali: La politica commerciale quale componente essenziale della strategia 2020 dell'UE" illustra il ruolo determinante che la politica in materia di scambi e di investimenti può svolgere per promuovere la crescita 5 .

Priorità per la crescita a livello di UE

La strategia Europa 2020 presenta tutta una serie di riforme politiche integrate da attuare nei prossimi anni. Considerate l'entità e l'urgenza della sfida che consiste nell'accelerare la ripresa economica e la creazione di posti di lavoro, nel 2011 e nel 2012 l'UE dovrà concentrare i propri sforzi sull'adozione di misure che possano sostenere nel modo più diretto le riforme degli Stati membri, che non richiedano grossi investimenti pubblici e che abbiano il massimo impatto sulla crescita e sulla creazione di posti di lavoro. La Commissione si concentrerà pertanto su un certo numero di misure prioritarie a livello di UE destinate a rilanciare la crescita. Queste misure, selezionate nell'ambito delle politiche corrispondenti alle iniziative faro, devono procurare chiari benefici economici a breve-medio termine e prestarsi ad un'adozione relativamente rapida. Un obiettivo prioritario, ad esempio, deve essere quello di passare a una nuova fase del mercato unico sfruttando appieno il potenziale del settore dei servizi, attirando capitale privato per finanziare le imprese innovative in rapida espansione, modernizzando i regimi di fissazione degli standard e di proprietà intellettuale e consentendo un accesso economicamente efficace all'energia. La Commissione proporrà anche misure riguardo all'IVA, ad una base imponibile comune consolidata relativa alle imprese e all'imposizione dei prodotti energetici al fine di migliorare il contesto fiscale delle imprese, combattere la doppia imposizione e dare seguito al programma dell'UE in materia di clima ed energia.

Data l'importanza dei settori dei servizi, sia di per se stessi sia in quanto fornitori di fattori produttivi ad altri settori, un mercato interno dei servizi più forte rappresenta un notevole motore di crescita e di occupazione per le economie dell'UE. La piena attuazione della direttiva sui servizi aumenterà la concorrenza, modernizzerà il quadro normativo e farà progredire riforme strutturali di rilievo. Occorre che siano prese altre misure per rafforzare il mercato interno dei servizi.

Misure tali da favorire una maggiore apertura ed efficienza degli appalti pubblici possono ridurre considerevolmente i costi per il settore pubblico e stimolare la concorrenza sui mercati interessati. Un uso efficiente dei risparmi che ne derivano può determinare benefici macroeconomici considerevoli. Un miglior accesso ai mercati degli appalti pubblici nei paesi terzi può determinare guadagni supplementari in Europa.

Il potenziamento delle infrastrutture nei settori dell'energia sostenibile, dei trasporti e della tecnologia dell'informazione (in particolare la tecnologia a banda larga) può contribuire a promuovere a crescita e l'occupazione, in linea con gli obiettivi di decarbonizzazione a lungo termine. In questa prospettiva, il ricorso a finanziamenti innovativi come i project bond europei può contribuire a migliorare la capacità di adeguamento dell'economia.

A livello microeconomico, una maggior concorrenza nei settori dei trasporti e dell'energia potrebbe determinare un aumento dell'efficienza economica, grazie all'ingresso di nuovi fornitori e all'abbassamento dei prezzi, e un uso più razionale della manodopera e del capitale attraverso l'innovazione. A livello macroeconomico, queste misure potrebbero determinare un incremento dell'attività economica, poiché i guadagni ottenuti nei settori dei trasporti e dell'energia possono estendersi al resto dell'economia, data l'incidenza di questi fattori sui costi di produzione di altre attività.

L'industria e le attività produttive sono un'importante fonte di innovazione e di sviluppo tecnologico del settore privato e rappresentano la maggior parte delle esportazioni dell'UE. La loro ripresa è essenziale per la crescita economica. Al tempo stesso, un mercato unico ben funzionante di beni e servizi a carattere ambientale offre considerevoli opportunità di crescita, innovazione e occupazione.

Per quanto riguarda la fissazione degli standard, quello che conta è muoversi per primi a livello mondiale. La Commissione proporrà pertanto misure volte ad accelerare e a modernizzare la fissazione degli standard in Europa, anche nel campo delle TIC. La rapida evoluzione e il carattere interconnesso del settore delle TIC rendono questo obiettivo particolarmente difficile da conseguire. La Commissione definirà anche standard specifici per l'UE onde favorire l'affermarsi di un mercato per prodotti e tecnologie innovativi, efficienti sotto il profilo delle risorse e a basse emissioni di carbonio.

Per agevolare le operazioni transfrontaliere nel mercato unico, nel 2011 la Commissione presenterà anche uno strumento giuridico in materia di diritto contrattuale europeo di facile utilizzo di cui le imprese e i consumatori potranno servirsi per le operazioni all'interno del mercato unico e un regolamento che semplificherà il recupero transfrontaliero dei crediti, anche mediante sequestro conservativo dei depositi bancari. Tali strumenti dovrebbero contribuire a risolvere l'attuale situazione in cui, nel'UE, si riesce a recuperare solo il 37% dei crediti transfrontalieri.

Per sbloccare la situazione attuale, in cui non è sempre possibile accedere legalmente ai contenuti disponibili online in un altro paese dell'Unione, la Commissione proporrà un quadro europeo per la proprietà intellettuale tale da rilanciare il commercio elettronico e, in particolare, le industrie digitali.

Per quanto riguarda l'accesso ai finanziamenti, specialmente per le PMI e le start-up innovative, un pacchetto di misure come il "passaporto del venture capital", volte a rimuovere gli ostacoli transfrontalieri, inclusi quelli tariffari derivanti dalle divergenze fra le normative nazionali, può contribuire a ridurre i costi di finanziamento per le start-up mediante una riduzione dei premi di rischio, promuovendo così l'innovazione. La Commissione rifletterà anche su come attrarre investitori stranieri a lungo termine nell'UE.

2.Primi passi verso il conseguimento degli obiettivi di Europa 2020

Nell'adottare la strategia Europa 2020 e i suoi cinque obiettivi principali, il Consiglio europeo del giugno 2010 ha invitato gli Stati membri ad "agire per attuare tali priorità strategiche al loro livello". Gli Stati membri "dovrebbero, in stretto dialogo con la Commissione, mettere a punto rapidamente i rispettivi obiettivi nazionali, ferme restando le posizioni di partenza relative e le circostanze nazionali e conformemente alle procedure decisionali nazionali. Dovrebbero inoltre individuare le principali strozzature che ostacolano la crescita e indicare, nei rispettivi programmi nazionali di riforma, in che modo intendono ovviarvi".

Gli Stati membri, che nell'autunno del 2010 hanno collaborato strettamente con la Commissione per fissare gli obiettivi nazionali e definire le relative strategie di attuazione, sono stati invitati a presentare entro metà novembre un progetto dei loro programmi nazionali di riforma (PNR), specificando gli obiettivi nazionali previsti e le riforme necessarie per conseguire tali obiettivi ed eliminare gli ostacoli di lunga data alla crescita. Il fatto che ciascuno Stato membro definisca il proprio livello di ambizione per quanto riguarda gli obiettivi generali di Europa 2020 è un elemento importante di questa strategia che garantisce la titolarità politica degli obiettivi nazionali, i quali sono quindi oggetto di un dibattito politico interno.

Tutti gli Stati membri tranne due hanno fissato obiettivi nazionali. In alcuni casi, sono stati indicati solo obiettivi provvisori o qualitativi. Inoltre, trattandosi di una riflessione preliminare, alcuni obiettivi sono espressi per intervalli di valori o come "obiettivi minimi" basati sulle politiche attuali.

Sebbene non sia possibile trarre conclusioni definitive dalle cifre "indicative" contenute nel progetto di PNR, possono essere individuate alcune tendenze di pertinenza generale. Si rischia che gli obiettivi nazionali vengano fissati con un livello di ambizione relativamente basso e che ci si concentri eccessivamente sul breve termine, rivolgendo scarsa attenzione alla definizione di percorsi di riforma per tutto il periodo che va fino al 2020. Gli obiettivi non devono essere puramente quantitativi, ma dare impulso all'impegno dei singoli Stati membri onde compiere progressi misurabili nei settori chiave sintetizzati dai cinque obiettivi principali. Nella maggior parte dei casi, l'aggregazione degli obiettivi nazionali provvisori dimostra che l'UE dovrà impegnarsi ulteriormente per conseguire gli obiettivi principali approvati dal Consiglio europeo. È certo comprensibile che determinati Stati membri possano avere difficoltà ad assumere impegni ambiziosi in un periodo di incertezza economica, ma la logica dei programmi nazionali di riforma a lungo termine impone di definire un percorso che, pur tenendo conto delle circostanze attuali, miri ad ottenere i giusti risultati alla fine del periodo interessato. In considerazione del fatto che questo è il primo anno di una nuova strategia e che per molti Stati membri risulta particolarmente difficile innalzare il proprio livello di ambizione in un periodo di risanamento di bilancio, la Commissione propone di procedere nel 2014 ad un riesame intermedio che consentirà all'UE di valutare se sia possibile conseguire i progressi auspicati e di adottare le misure supplementari eventualmente necessarie.

La sezione seguente contiene una panoramica preliminare dei progetti di obiettivi nazionali nella loro formulazione attuale, ripresi in una tabella allegata. Entro aprile 2011 tutti gli Stati membri devono impegnarsi a precisare gli obiettivi nazionali, in modo da coprire i cinque obiettivi principali dell'UE. A partire dall'anno prossimo, l'analisi annuale della crescita monitorerà in modo più approfondito i progressi compiuti verso il conseguimento degli obiettivi principali, riferendo in merito agli obiettivi nazionali definiti.

2.1.Occupazione

L'obiettivo principale dell'UE è un tasso di occupazione del 75% per donne e uomini di età compresa tra 20 e 64 anni, da raggiungere entro il 2020 mediante una maggiore partecipazione dei giovani, dei lavoratori più anziani e di quelli poco qualificati e una migliore integrazione dei migranti legali. La scarsa partecipazione al mercato del lavoro fa parte delle principali carenze strutturali di lunga data dell'Europa. Prima della crisi, i tassi di occupazione in Europa erano inferiori di diversi punti percentuali a quelli di Stati Uniti e Giappone. La crisi ha determinato un drastico aumento della disoccupazione e i cambiamenti demografici rischiano di ridurre ulteriormente la forza lavoro disponibile. Un incremento della partecipazione al mercato del lavoro inciderebbe in misura considerevole sulla futura crescita dell'Europa.

Dall'analisi dei progetti di PNR si evince che gli Stati membri hanno fatto proprio questo obiettivo e che molti di essi hanno iniziato a prendere provvedimenti per eliminare le strozzature del mercato del lavoro. La maggior parte degli Stati membri ha optato per un obiettivo unico, mentre Austria, Belgio, Cipro, Italia e Slovacchia hanno proposto una "fascia obiettivo". I Paesi Bassi e il Regno Unito non hanno ancora fissato un obiettivo nazionale ufficiale. Gli obiettivi proposti vanno dal 62,9% (Malta) all'80% (Svezia).

Se tutti gli Stati membri potessero raggiungere il loro obiettivo nazionale indicato per il 2020 o il valore inferiore della loro "fascia obiettivo", il tasso medio di occupazione dell'UE per gli Stati membri che hanno fissato un obiettivo nazionale sarebbe del 72,4%. Se tutti gli Stati membri potessero raggiungere il valore superiore della loro "fascia obiettivo", il tasso medio di occupazione dell'UE sarebbe del 72,8%. In altri termini, sulla base degli obiettivi nazionali attuali riguardanti il tasso di occupazione l'UE considerata nel suo insieme non riuscirebbe a raggiungere l'obiettivo del 75% per 2,2-2,6 punti percentuali.

2.2.Ricerca e sviluppo

L'Europa accusa un notevole ritardo rispetto agli Stati Uniti e ad altre economie avanzate, sia come volume di risorse investite, specialmente nel settore privato, che in termini di efficacia della spesa. Questo divario incide negativamente sulle prospettive di crescita, specialmente per i settori con il maggior potenziale di crescita. L'obiettivo di Europa 2020 prevede un miglioramento degli investimenti nella R&S onde portare il livello degli investimenti combinati dei settori privato e pubblico ad almeno il 3% del PIL.

Considerati complessivamente, gli obiettivi nazionali provvisori indicano un livello aggregato del 2,7 o del 2,8% del PIL, che è inferiore al traguardo previsto (3% del PIL investito nella R&S) ma rappresenta comunque uno sforzo notevole, soprattutto nell'attuale contesto di bilancio. Alcuni Stati membri hanno preso provvedimenti per incrementare considerevolmente gli investimenti pubblici a favore di ricerca, innovazione e istruzione, riconoscendo che questi investimenti alimenteranno la crescita futura. Alcuni Stati membri hanno indicato obiettivi elevati, ma comunque realistici, pur incontrando difficoltà ad assumere impegni per la componente privata del loro obiettivo riguardante la R&S.

La quota nell'economia delle imprese innovative in rapida crescita 6 è un altro aspetto strettamente collegato dei risultati ottenuti dall'UE in materia di innovazione. Gli Stati membri devono iniziare ad orientare le proprie riforme in modo da eliminare gli ostacoli all'espansione delle imprese innovative, anche migliorando le condizioni generali e l'accesso ai finanziamenti.

2.3.Agire nel campo del clima e dell'energia

Arrivare ad una crescita sostenibile significa trasformare l'Europa in un'economia e in una società competitive, efficienti sotto il profilo delle risorse e a basse emissioni di carbonio. Questo conferma il triplice obiettivo fissato in Europa 2020: ridurre le emissioni di gas a effetto serra almeno del 20% rispetto ai livelli del 1990, o del 30%, se sussistono le necessarie condizioni; portare al 20% la quota delle fonti di energia rinnovabile nel consumo finale di energia dell'UE e aumentare del 20% l'efficienza energetica.

Esistono già obiettivi nazionali riguardanti le fonti di energia rinnovabile e la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra.

Per quanto riguarda l'efficienza energetica, l'analisi dei progetti di PNR indica finora una titolarità limitata di questo obiettivo da parte degli Stati membri. Alcuni di essi non hanno fornito indicazioni su tale obiettivo, mentre altri hanno utilizzato metodi diversi per esprimere i propri obiettivi nazionali. Queste differenze e il carattere incompleto delle informazioni impongono di chiarire urgentemente gli obiettivi che devono essere raggiunti da ciascuno Stato membro.

Da una valutazione preliminare si evince che gli sforzi cumulati sarebbero nettamente insufficienti (meno del 10%) per raggiungere l'obiettivo globale dell'UE che prevede una riduzione del 20% del consumo di energia entro il 2020. Si tratta di una constatazione preoccupante, in quanto l'efficienza energetica è il modo migliore per ridurre le emissioni, migliorare la sicurezza energetica e la competitività, rendere più accessibile il consumo di energia e creare posti di lavoro. Lo stesso vale per la mitigazione degli effetti del cambiamento climatico, in quanto le misure in vigore e quelle previste non bastano ancora a raggiungere gli obiettivi principali per il 2020.

2.4.Istruzione e formazione

Per promuovere l'innovazione e la crescita occorre inoltre una disponibilità adeguata di manodopera qualificata e formata. Una popolazione altamente qualificata è indispensabile anche per affrontare i problemi del cambiamento demografico e dell'inclusione sociale in Europa. Investire in un'istruzione, in una formazione e in un apprendimento permanente di qualità è pertanto una dimensione chiave di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva.

Europa 2020 fissa un duplice obiettivo principale nel settore dell'istruzione, cioè entro il 2020 portare a meno del 10% la percentuale della popolazione compresa tra i 18 e i 24 anni che ha abbandonato gli studi e far sì che almeno il 40% dei giovani adulti (30-34 anni) dell'UE abbia completato l'istruzione terziaria o equivalente. L'esame dei progetti di PNR dimostra che in genere viene rivolta maggiore attenzione all'analisi delle sfide attuali e alle possibili risposte anziché alla definizione di piani e misure di riforma concreti. Dalla maggior parte dei progetti di PNR non risulta chiaramente se le misure descritte siano definite in funzione delle priorità di Europa 2020 o siano perlomeno adattate a tali priorità.

Tutti i progetti di PNR hanno fissato obiettivi nazionali per la riduzione dell'abbandono scolastico e l'aumento del numero di laureati, ad eccezione del Regno Unito (che non fissa alcun obiettivo) e dei Paesi Bassi (che fissano un obiettivo per quanto riguarda l'abbandono scolastico ma non per il completamento dell'istruzione terziaria).

Per quanto riguarda l'abbandono scolastico, sebbene alcuni Stati membri abbiano fissato obiettivi estremamente ambiziosi i dati globali indicano che probabilmente l'Europa non arriverà al 10% entro il 2020. Se ci si basa sugli obiettivi indicati nei progetti di PNR e non si tiene conto dei paesi che non hanno ancora fissato alcun obiettivo (il Regno Unito per entrambi gli obiettivi e i Paesi Bassi per l'istruzione superiore), si ottiene per il 2020 un tasso del 10,5% di abbandono scolastico, mentre l'obiettivo comune europeo è del 10%. In termini assoluti, questo significa che nel 2020 altri 200 000 giovani europei, approssimativamente, avranno abbandonato gli studi e la formazione.

Analogamente, gli obiettivi nazionali presentati finora per quanto riguarda il livello di istruzione terziaria non permetteranno di conseguire l'obiettivo globale per il 2020. Un tasso complessivo di completamento dell'istruzione terziaria pari al 37,3% entro il 2020 significa che l'obiettivo comune europeo del 40% non verrà raggiunto. In termini assoluti, questo significa che nel 2020 il numero dei laureati di 30-34 anni sarebbe inferiore di circa 800 000 rispetto al numero che si raggiungerebbe se l'obiettivo del 40% fosse conseguito.

2.5.Inclusione sociale/lotta contro la povertà

Non si può parlare di crescita sostenibile se i suoi benefici non si estendono a tutti i segmenti della società. Nell'ultimo decennio, tuttavia, le disuguaglianze si sono andate accentuando in tutta Europa, con un conseguente aumento del numero di persone vittime della povertà e dell'esclusione sociale. A causa della crisi economica, sono sempre più numerose le persone che vivono sotto la soglia di povertà o rischiano di scendere sotto tale soglia. Invertire questa tendenza e far sì che la crescita proceda di pari passo con la coesione sociale è un obiettivo fondamentale della strategia Europa 2020. L'obiettivo principale dell'UE consiste nel ridurre del 25% il numero di europei che vivono al di sotto della soglie di povertà, facendo uscire dalla povertà almeno 20 milioni di persone. Questo obiettivo è definito in base a tre indicatori 7 che rispecchiano i molteplici aspetti della povertà e dell'esclusione in Europa. Oltre ad estendere il concetto iniziale di povertà relativa calcolata in base al reddito alla dimensione non monetaria della povertà e alle situazioni di esclusione dal mercato del lavoro, questo obiettivo riflette anche la diversità delle situazioni e delle priorità dei singoli Stati membri.

Da un'analisi preliminare risulta che la povertà relativa rimane un problema di grande importanza nella maggior parte dei paesi dell'UE. Migliorando il tenore di vita generale si può contribuire in misura considerevole a ridurre la povertà e l'esclusione nei paesi con un PIL pro capite più basso e con alti indici di deprivazione materiale. La lotta all'esclusione dal mercato del lavoro è prioritaria per tutti i paesi, compresi quelli dotati di sistemi assistenziali sviluppati che assicurano alle persone una protezione relativamente buona contro la povertà in termini di reddito, ma offrono pochi incentivi e/o scarso sostegno per la partecipazione al mercato del lavoro delle persone che più ne sono lontane.

La maggior parte dei paesi ha fissato nei progetti di PNR obiettivi che però risultano ancora inferiori al livello di ambizione approvato dal Consiglio europeo. La maggior parte degli Stati membri ha utilizzato i tre indicatori stabiliti per definire l'obiettivo dell'UE, riconoscendo quindi la necessità di attuare strategie di ampia portata per affrontare il fenomeno della povertà in tutte le sue dimensioni. Occorre però innalzare il livello di ambizione per rispecchiare l'interazione fra gli obiettivi, in particolare il collegamento tra partecipazione al mercato del lavoro e povertà. Diversi paesi non hanno ancora fissato il proprio obiettivo e devono farlo con urgenza.

3.programmi nazionali di riforma

3.1.Progetti di programmi nazionali di riforma

Gli obiettivi di Europa 2020 sono un elemento centrale dei programmi nazionali di riforma, che devono costituire un'agenda di riforme nettamente più vasta e globale. Gli Stati membri sono stati invitati a trasmettere i progetti di PNR entro il 12 novembre 2010 includendo quattro componenti essenziali:

uno scenario macroeconomico a medio termine: tutti i progetti di PNR contengono uno scenario macroeconomico e rivolgono particolare attenzione agli ostacoli macrostrutturali alla crescita, in particolare a livello di bilancio.

Gli obiettivi nazionali che traducono gli obiettivi principali di Europa 2020: la maggior parte dei progetti di PNR li contiene (vedi sopra).

Un elenco dei principali ostacoli alla crescita e all'occupazione. il più delle volte i progetti di PNR hanno confermato gli ostacoli alla crescita individuati dal CPE nel giugno 2010 e dall'EMCO nell'ottobre 2010. In alcuni casi sono state aggiunte alcune sfide supplementari.

Le principali misure per dare la massima priorità alle iniziative di stimolo alla crescita. Quasi nessun progetto parla di dare la massima priorità alle riforme strutturali per rilanciare la crescita sostenibile a medio-lungo termine.

Il livello di dettaglio e il grado di preparazione variano tra un progetto di PNR e l'altro, in quanto alcuni sono più completi e più avanzati di altri. In linea generale, si può affermare che i progetti di PNR non tengono pienamente conto delle pressioni sulla crescita potenziale e sull'occupazione. Gli scenari macroeconomici presentati dagli Stati membri risultano eccessivamente ottimistici rispetto alla valutazione della Commissione, mentre gli scenari occupazionali sono troppo pessimistici, perché influenzati da fattori negativi a breve termine. Da un esame preliminare dei progetti di PNR si evince sostanzialmente che:

la maggior parte degli Stati membri incontra seri problemi di bilancio per ridurre i disavanzi strutturali, migliorare il rapporto debito/PIL, spesso elevato, e contenere i costi dell'invecchiamento della popolazione. In molti paesi, il miglioramento della qualità delle finanze pubbliche e del quadro istituzionale mediante un controllo di bilancio più efficace andrebbe a vantaggio della sostenibilità.

La maggior parte degli Stati membri ha evidenziato la necessità di garantire la stabilità e il buon funzionamento del settore finanziario, che deve essere in grado di assicurare l'intermediazione finanziaria senza il sostegno pubblico. Fra i problemi propri di questo settore figurano l'indebitamento eccessivo delle famiglie e la necessità di garantire una vigilanza normativa efficace e il buon funzionamento del settore bancario.

Migliorare la competitività e ovviare agli squilibri delle partite correnti è importante per tutti gli Stati membri, ma risulta particolarmente necessario per il corretto funzionamento dell'UEM. Nell'area dell'euro, ciò si traduce in azioni volte a ridurre gli squilibri all'interno della zona, ad esempio mediante il miglioramento delle condizioni della domanda interna, l'adeguamento dei salari e dei prezzi relativi, una maggior flessibilità salariale e la riallocazione delle risorse tra il settore dei beni non commerciabili nei mercati internazionali (non tradable) e il settore tradable.

Tutti gli Stati membri hanno riconosciuto la necessità di migliorare la partecipazione al mercato del lavoro e/o le condizioni di occupazione, ovviando al tempo stesso al mediocre funzionamento e alla segmentazione dei mercati del lavoro, all'insufficiente mobilità occupazionale e geografica, agli scarsi incentivi al lavoro e all'esclusione di diverse fasce di età.

La maggior parte degli Stati membri ha inoltre riconosciuto le sfide legate al miglioramento della produttività e all'agevolazione della transizione verso una produzione e un'esportazione con un maggior valore aggiunto, che consistono nell'aumentare gli investimenti di capitale, nel garantire l'efficienza del contesto normativo in cui opera le imprese e l'efficienza amministrativa nonché nel promuovere livelli di concorrenza più elevati.

Gli Stati membri riconoscono infine che occorre promuovere la capacità di innovazione e potenziare gli investimenti nel capitale umano onde aumentare il potenziale di crescita e conciliare meglio l'offerta e la domanda sul mercato del lavoro.

A questo stadio, tuttavia, le politiche illustrate nei progetti di PNR non danno una risposta chiara alle sfide macroeconomiche fondamentali e agli ostacoli che frenano la crescita. Spesso le azioni politiche si riferiscono più ai possibili canali da utilizzare per affrontare le sfide che a misure concrete. Sebbene siano stati forniti maggiori particolari in merito alle misure di risanamento di bilancio, è stata riservata scarsa attenzione alle riforme strutturali che potrebbero rilanciare la crescita a medio-lungo termine. Molti progetti di PNR indicano le misure previste dagli Stati membri per raggiungere gli obiettivi nazionali, ma si tratta spesso di misure già attuate o a uno stadio piuttosto avanzato. L'azione strategica prevista viene spesso illustrata in modo alquanto vago, con poche precisazioni circa la natura esatta delle misure, il calendario di attuazione, l'impatto previsto, il rischio di attuazione parziale o di insuccesso, il costo per il bilancio e l'uso dei Fondi strutturali dell'UE. Fanno eccezione a questa tendenza i programmi presentati dagli Stati membri beneficiari di un'assistenza finanziaria, che contengono misure più dettagliate.

3.2.Cooperazione per la stesura definitiva dei programmi nazionali di riforma

Il lasso di tempo che intercorre tra la presentazione dei progetti e la versione finale dei PNR sarà utilizzato per scambi tra la Commissione e gli Stati membri e per revisioni inter pares in sede di Consiglio. Nel novembre 2010, l'EMCO ha eseguito una revisione inter pares degli elementi occupazionali dei progetti di PNR e a dicembre l'EPC ha proceduto a un esame orizzontale degli elementi macroeconomici.

Dopo l'adozione di questa analisi annuale della crescita, che dà agli Stati membri indicazioni generali per il completamento dei loro PNR, la Commissione si rimetterà in contatto con gli Stati membri a livello bilaterale per discutere del completamento dei loro PNR alla luce di tali indicazioni e della loro situazione specifica.

Parallelamente, si dovranno portare a termine le consultazioni nazionali per garantire la piena titolarità dei PNR. A queste consultazioni dovrebbero partecipare soggetti politici (parlamenti nazionali, autorità regionali e locali), le parti sociali e altre parti interessate ai preparativi. Solo in pochi casi i progetti di PNR sono già stati oggetto di consultazioni ai diversi livelli. Alcuni Stati membri hanno annunciato che avrebbero avviato consultazioni prima di dare veste definitiva ai propri PNR, ma la maggior parte di essi non ha fornito informazioni sul processo di consultazione.

L'attenzione insufficiente rivolta alle riforme strutturali che potrebbero rilanciare la crescita a medio-lungo termine è preoccupante. In mancanza di politiche favorevoli alla crescita, le strategie di risanamento potrebbero rivelarsi controproducenti.

L'obiettivo è che i PNR definitivi riflettano un programma di riforme mirato e pienamente riconosciuto dagli Stati membri e dalle varie parti interessate al loro interno, seguendo al tempo stesso certi criteri comuni tali da consentire sinergie e un monitoraggio più efficace. I PNR definitivi devono contenere in particolare:

stime sull'aumento potenziale e effettivo della crescita a medio termine, che copra (almeno) un periodo di quattro anni. Gli scenari macroeconomici esposti nei programmi 2011 dovrebbero pertanto estendersi fino al 2014;

obiettivi ambiziosi e realistici che coprano i cinque obiettivi principali dell'UE, corredati di percorsi fino al 2020 per la loro realizzazione, e un riesame a medio termine nel 2014;

maggiori particolari sulle misure a lungo termine, al di là di quelle già in preparazione, compreso un coerente piano di riforma dei sistemi di ricerca e innovazione, basato su un'analisi dei punti di forza e dei punti deboli del singolo Stato membro 8 ;

incidenza delle riforme sul bilancio ivi comprese, ove opportuno, indicazioni più chiare dei progressi nazionali e delle intenzioni relative all'uso dei Fondi strutturali per sostenere investimenti che favoriscano la crescita;

misure volte ad eliminare gli ostacoli alla crescita, comprese precisazioni sulla tempistica, sui risultati previsti e sulle conseguenze a livello di bilancio. Queste misure, che riguarderanno i fattori di crescita o le condizioni generali per la crescita, possono sostenere il mercato interno, il contesto imprenditoriale, la crescita e l'internazionalizzazione delle PMI, le riforme strutturali nei mercati dei servizi (come la direttiva sui servizi), il passaggio alla società e all'economia digitale, migliori condizioni per i consumatori, ecc. I benefici che conseguono, soprattutto in termini di produttività, da una maggior diffusione delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione sono ben noti e giustificano pertanto, in molti casi, misure politiche mirate;

informazioni sul coinvolgimento e sui contributi delle varie parti interessate. In tale contesto vanno menzionati anche gli sforzi di comunicazione volti a rendere i programmi di riforma più accessibili per le parti interessate e i cittadini e i meccanismi creati negli Stati membri per monitorare l'attuazione delle riforme.

4.Conclusioni

Il monitoraggio e la valutazione dei progressi per questa prima analisi annuale della crescita risultano particolarmente difficili, vista la recentissima adozione della strategia Europa 2020. Nei mesi successivi all'adozione della strategia e alla sua approvazione da parte del Consiglio europeo nel giugno 2010, l'obiettivo principale dell'azione a livello dell'UE è stato logicamente quello di creare il quadro generale e di varare le sette iniziative faro. A loro volta, gli Stati membri hanno preso i primi provvedimenti per avviare i rispettivi programmi di riforma. Tenendo conto della natura inedita del primo ciclo dell'attuazione di Europa 2020, gli Stati membri hanno presentato i propri progetti di programmi nazionali di riforma, a cui faranno seguito i documenti definitivi da presentare entro l'aprile 2011.

Da un esame tematico risulta che, nonostante la consapevolezza generale della necessità di procedere con urgenza al risanamento di bilancio e di riportare ordine nei settori finanziario e bancario, ci si è impegnati in misura nettamente minore per definire riforme volte a correggere gli squilibri e a rilanciare la crescita e l'occupazione. Questa considerazione si applica anche agli obiettivi nazionali provvisori, i quali indicano che probabilmente l'UE non riuscirà a conseguire gli obiettivi principali concordati a livello europeo. I dati preliminari dimostrano tuttavia che il ritardo non è poi così grave e potrebbe essere recuperato intervenendo con determinazione nei prossimi anni. Nei primi anni, la cosa più importante sarà promuovere obiettivi che spingano ciascuno Stato membro ad adoperarsi con il massimo impegno, indipendentemente dalla situazione iniziale. Nei prossimi mesi ci si dovrà concentrare in via prioritaria sui progressi in termini di riforme strutturali, adottando provvedimenti a livello nazionale e accelerando le misure di stimolo alla crescita nell'ambito delle iniziative faro, in linea con le principali indicazioni dell'analisi annuale della crescita.

La gestione del ritorno alla disciplina di bilancio e alla stabilità macroeconomica e la contemporanea attuazione delle riforme strutturali saranno temi centrali del "semestre europeo". Basandosi sulle conclusioni del Consiglio europeo di marzo, la Commissione valuterà i PNR e i programmi di stabilità e/o convergenza entro giugno 2011, rivolgerà agli Stati membri raccomandazioni integrate specifiche per paese in funzione degli orientamenti integrati di Europa 2020 e fornirà indicazioni sulla politica di bilancio nell'ambito del patto di stabilità e crescita 9 . Le raccomandazioni e i pareri del Consiglio sui programmi di stabilità e convergenza saranno adottati dal Consiglio nel luglio 2011, dopo di che l'UE dovrà agire e gli Stati membri dovranno tradurre raccomandazioni e pareri in decisioni concrete nel secondo semestre dell'anno, al momento di definire i bilanci nazionali per il 2012.

Allegato
Obiettivi provvisori di Europa 2020
10

Progetto di obiettivi degli Stati membri

Tasso di occupazione (in %)

R&S in % del PIL

Obiettivi in termini di riduzione delle emissioni (rispetto ai livelli del 2005) 11

Energie rinnovabili

Efficienza energetica – riduzione del consumo di energia in Mtep 12

Abbandono scolastico in %

Istruzione terziaria

in %

Riduzione della povertà in numero di persone 13

AT

77-78%

3,76%

-16%

34%

7,2

9,5%

38% (compreso il livello 4A del CITE, che è attualmente al 12% circa)

235 000

BE

71-74%

2,6-3,0%

-15%

13%

Nessun obiettivo nel PNR

9,5-10%

46-48%

330 000-380 000

BG

76%

1,5%

20%

16%

3,2

11%

36%

260 000 (500 000)

CY

75-77%

0,5%

-5%

13%

0,46

10%

46%

18 000

CZ

75%

2,70

9%

13%

Nessun obiettivo nel PNR

5,5%

32%

30 000

DE

75%

3%

-14%

18%

37,7

meno del 10%

42% (compreso il livello 4 del CITE, che è attualmente a 11,4)

330 000
(660 000)

DK

78.5%

3%

-20%

30%

Nessun obiettivo nel PNR

meno del 10%

40%

22 000

EE

76%

3%

11%

25%

0,49 (solo uso finale)

9,5%

40%

49 500

EL

70%

2%

-4%

18%

5,4

10%

32%

450 000

ES

74%

3%

-10%

20%

25,2

15%

44%

Nessun obiettivo nel PNR

FI

78%

4%

-16%

38%

4,21

8%

42%

150 000

FR

75%

3%

-14%

23%

43

9,5%

50%

1 600 000 entro il 2015

HU

75%

1,8%

10%

13%

Nessun obiettivo nel PNR

10%

30,3%

450 000-500 000

IE

Nessun obiettivo nel PNR

Nessun obiettivo nel PNR

-20%

16%

2,75

8%

60%

186 000

IT

67-69%

1,53%

-13%

17%

27,9

15-16%

26-27%

2 200 000

LT

72,8%

1,9%

17%

23%

0,74 (solo uso finale)

9%

40%

170 000

LU

73%

2,6%

5%

11%

0,19 (solo uso finale)

meno del 10%

40%

3 000

LV

73%

1,5%

-16%

40%

0,67

13,4%

34-36%

121 000

MT

62,9%

0,67%

14%

10%

0,24

29%

33%

6 560

NL

Nessun obiettivo nel PNR

Nessun obiettivo nel PNR

1%

14%

Nessun obiettivo nel PNR

ridurre il numero di AS a 25 000
(= ossia al 9%)

Nessun obiettivo nel PNR

Nessun obiettivo nel PNR

PL

71%

1,7%

19%

15%

13,6

4,5%

45%

1 500 000-2 000 000

PT

75%

2,7-3,3%

-17%

31%

Nessun obiettivo nel PNR

10%

40%

200 000

RO

70%

2%

4%

24%

10

11,3%

26,7%

580 000

SE

80%

4%

13%

49%

Nessun obiettivo nel PNR

10%

40-45%

Nessun obiettivo nel PNR

SI

75%

3%

17%

25%

Nessun obiettivo nel PNR

5,1%

40%

40 000

SK

71-73%

0,9-1,1%

5%

14%

1,08 (solo uso finale)

6%

30%

170 000

UK

Nessun obiettivo nel PNR

Nessun obiettivo nel PNR

-16%

15%

Nessun obiettivo nel PNR

Nessun obiettivo nel PNR

Nessun obiettivo nel PNR

Obiettivo esistente relativo alla povertà infantile

Stima per l'UE

72,4-72,8%

2,7-2,8%

-20%

(rispetto ai livelli del 1990)

20%

meno del 10%

10,5%

37,3%

Obiettivo principale dell'UE

75%

3%

-20%

(rispetto ai livelli del 1990)

20%

aumento del 20% dell'efficienza energetica

10%

40%

20 000 000



(1) Conclusioni del Consiglio europeo del 17 giugno 2010.
(2) "Un'agenda digitale europea" (COM(2010) 245 definitivo/2 del 19.5.2010), "Youth on the Move" (COM(2010) 477 del 15.9.2010), "L'Unione dell'innovazione" (COM(2010) 546 del 6.10.2010), "Una politica industriale integrata per l'era della globalizzazione" (COM(2010) 614 del 28.10.2010), "Un'agenda per nuove competenze e per l'occupazione: Un contributo europeo verso la piena occupazione" (COM(2010) 682 del 23.11.2010), "Una Piattaforma europea contro la povertà e l'esclusione sociale: un quadro europeo per la coesione sociale e territoriale" (COM (2010) 758 del 16.12.2010). L'iniziativa faro "Un'Europa efficiente sotto il profilo delle risorse" sarà presentata entro la fine del gennaio 2011.
(3) "Verso un atto per il mercato unico" - COM(2010) 608 del 27.10.2010.
(4) "Revisione del bilancio dell'Unione europea" - COM(2010) 700 del 19.10.2010.
(5) "Commercio, crescita e affari mondiali: La politica commerciale quale componente essenziale della strategia 2020 dell'UE" - COM(2010) 612 del 9.11.2010.
(6) La Commissione sta sviluppando questo indicatore su richiesta del Consiglio europeo - COM(2010) 546 del 6.10.2010, pag. 29.
(7) Percentuale di persone a rischio di povertà, grave deprivazione materiale e percentuale di persone che vivono in famiglie con un'intensità di lavoro molto bassa.
(8) Come ausilio per effettuare tale analisi, gli Stati membri sono invitati ad utilizzare gli "strumenti per l'autovalutazione" contenuti nell'Iniziativa faro "L'Unione dell'innovazione", COM(2010) 546 definitivo.
(9) Raccomandazione 2010/410/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010, sugli orientamenti di massima per le politiche economiche degli Stati membri e dell'Unione e decisione 2010/707/UE del Consiglio, del 21 ottobre 2010, sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione, che insieme costituiscono gli orientamenti integrati di Europa 2020.
(10) Gli obiettivi definitivi a livello nazionale saranno stabiliti nei programmi nazionali di riforma, nell'aprile 2011.
(11) Gli obiettivi nazionali in termini di riduzione delle emissioni definiti nella decisione 2009/406/CE (detta "decisione sulla condivisione dello sforzo") riguardano le emissioni non contemplate dal sistema di scambi di emissioni: queste ultime saranno ridotte del 21% rispetto ai livelli del 2005. La riduzione complessiva di emissioni corrispondente sarà del 20% rispetto ai livelli del 1990.
(12) Va osservato che le proiezioni nazionali variano anche a seconda dell'anno o degli anni di riferimento per la stima dei risparmi.
(13) Contributo stimato all'obiettivo UE.
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