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Document 92003E001707
WRITTEN QUESTION P-1707/03 by Stavros Xarchakos (PPE-DE) to the Commission. Relocation of companies outside the EU.
INTERROGAZIONE SCRITTA P-1707/03 di Stavros Xarchakos (PPE-DE) alla Commissione. Dislocazione di imprese al di fuori dell'Unione europea.
INTERROGAZIONE SCRITTA P-1707/03 di Stavros Xarchakos (PPE-DE) alla Commissione. Dislocazione di imprese al di fuori dell'Unione europea.
GU C 280E del 21.11.2003, p. 176–177
(ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT, FI, SV)
INTERROGAZIONE SCRITTA P-1707/03 di Stavros Xarchakos (PPE-DE) alla Commissione. Dislocazione di imprese al di fuori dell'Unione europea.
Gazzetta ufficiale n. 280 E del 21/11/2003 pag. 0176 - 0177
INTERROGAZIONE SCRITTA P-1707/03 di Stavros Xarchakos (PPE-DE) alla Commissione (16 maggio 2003) Oggetto: Dislocazione di imprese al di fuori dell'Unione europea Recentemente la multinazionale Schiesser ha deciso di dislocare la sua filiale greca Schiesser-Palco in Bulgaria, con il risultato che 500 lavoratori greci, in prevalenza donne, si ritrovano disoccupati. Secondo quanto dichiarato da alcuni dirigenti della Confederazione generale dei lavoratori di Grecia, negli Stati Uniti, quando un'impresa viene trasferita in un paese in cui il costo del lavoro è più basso (affinché l'impresa approfitti di ciò), è prevista l'imposizione di un'imposta addizionale (sotto forma di clausola sociale) sui prodotti importati dal paese terzo, e ciò non solo per sostenere le persone licenziate, ma anche per scoraggiare la dislocazione di imprese al di fuori degli USA. Secondo quanto riportato nell'ultima relazione dell'Economist Intelligence Unit (30 marzo 2003) sugli investimenti produttivi diretti esteri nei ventidue Stati membri dell'UE esaminati, la Grecia occupa una delle ultime posizioni in Europa, collocandosi al diciottesimo posto; essa è in ritardo rispetto a tutti gli Stati membri attuali, nonché rispetto a quattro nuovi membri dell'Europa orientale (Repubblica ceca, Polonia, Ungheria e Slovacchia). Intende l'Unione europea introdurre un provvedimento analogo a quello adottato dagli Stati Uniti, allo scopo di sostenere le persone licenziate a seguito delle dislocazioni, ma soprattutto per arrestare l'ondata delle imprese che abbandonano l'UE? Quali altre iniziative immediate conta di prendere la Commissione riguardo a questo importante problema che riduce il numero dei posti di lavoro e la ricchezza nell'Unione europea? Risposta del Commissario Diamantopoulou a nome della Commissione (16 giugno 2003) La Commissione non ha intenzione di proporre l'introduzione di una misura di ritorsione come quella menzionata dall'onorevole deputato. Essa non è a conoscenza di misure del genere applicate negli Stati Uniti. La Commissione desidera tuttavia ricordare che l'Unione ha svolto nel corso degli anni una politica globale diretta ad affrontare adeguatamente le conseguenze sociali delle ristrutturazioni di società. Grazie a questa politica, ogni operazione di ristrutturazione dev'essere preceduta da un'effettiva informazione e consultazione dei rappresentanti dei lavoratori al fine di evitarne o di attenuarne l'impatto sociale, in conformità con le direttive comunitarie relative ai licenziamenti collettivi(1), ai trasferimenti di imprese(2), ai comitati aziendali europei(3) e all'informazione e consultazione(4). La direttiva 98/59/CE concernente i licenziamenti collettivi prevede in particolare l'informazione e la consultazione dei rappresentanti dei lavoratori nei casi in cui il datore di lavoro intende ricorrere a licenziamenti. Le consultazioni devono svolgersi in tempo utile per consentire il raggiungimento di un accordo e riguardare almeno le modalità e i mezzi per evitare i licenziamenti collettivi o ridurre il numero di lavoratori colpiti e attenuare le conseguenze con il ricorso a misure sociali di accompagnamento. Queste misure contribuiscono, tra l'altro, al reimpiego o alla riqualificazione dei lavoratori licenziati. Più in generale, la Commissione è del parere che le imprese, quando decidono una dislocazione, dovrebbero sempre tenere conto degli effetti che queste decisioni possono avere sui lavoratori e sul contesto sociale e regionale. Ciò è stato sottolineato recentemente nella comunicazione della Commissione relativa alla responsabilità sociale delle imprese: un contributo delle imprese allo sviluppo sostenibile(5). La Commissione ha invitato inoltre le parti sociali europee ad intraprendere un dialogo sull'anticipazione e sulla gestione dei cambiamenti al fine di applicare un approccio dinamico agli aspetti sociali della ristrutturazione delle imprese. Le parti sociali hanno accettato di inserire la questione nel loro programma di lavoro pluriennale 2003-2004. La Commissione si augura vivamente che l'azione svolta in comune in questo campo permetta di stabilire un quadro comunitario che possa aiutare le imprese e i loro lavoratori ad affrontare adeguatamente la dimensione sociale della ristrutturazione delle imprese. (1) Direttiva 98/59/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998 concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi (questa direttiva consolida le direttive 75/129/CEE e 92/56/CEE). (2) Direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001 concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in casi di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti. (3) Direttiva 94/45/CE del Consiglio, del 22 settembre 1994 riguardante l'istituzione di un comitato aziendale europeo o di una procedura per l'informazione e la consultazione dei lavoratori nelle imprese e nei gruppi di imprese di dimensioni comunitarie. (4) Direttiva 2002/14/CE del Parlamento e del Consiglio, dell'11 marzo 2002, che istituisce un quadro generale relativo all'informazione e alla consultazione dei lavoratori della Comunità europea. (5) COM(2002) 347 def.