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Document 62024CC0387
Opinion of Advocate General Rantos delivered on 5 September 2024.###
Conclusioni dell’avvocato generale A. Rantos, presentate il 5 settembre 2024.
Conclusioni dell’avvocato generale A. Rantos, presentate il 5 settembre 2024.
Court reports – general
ECLI identifier: ECLI:EU:C:2024:703
Edizione provvisoria
CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
ATHANASIOS RANTOS
presentate il 5 settembre 2024 (1)
Causa C-387/24 PPU [Bouskoura] (i)
C
contro
Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid
[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Rechtbank Den Haag, zittingsplaats Roermond (Tribunale dell’Aia, sede di Roermond, Paesi Bassi)]
« Rinvio pregiudiziale – Procedimento pregiudiziale d’urgenza – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Direttiva 2008/115/CE – Norme e procedure comuni in materia di rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare – Articolo 15, paragrafo 2, lettera b) – Trattenimento di un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno è irregolare ai fini dell’allontanamento – Direttiva 2013/33/UE – Norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale – Articolo 9 – Garanzie offerte ai richiedenti trattenuti – Regolamento (UE) n. 604/2013 – Determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo – Articolo 28, paragrafo 4 – Trattenimento ai fini del trasferimento – Illegittimità del trattenimento – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 6 – Diritto alla libertà e alla sicurezza – Articolo 47 – Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale »
I. Introduzione
1. La presente domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 15, paragrafo 2, della direttiva 2008/115/CE (2), dell’articolo 9, paragrafo 3, secondo comma, della direttiva 2013/33/UE (3), nonché dell’articolo 28, paragrafo 4, del regolamento n. 604/2013 (4) (in prosieguo: le «disposizioni pertinenti»), in combinato disposto con gli articoli 6 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).
2. Tali disposizioni pertinenti del diritto derivato dell’Unione – che rientrano nel titolo V della parte terza del Trattato FUE relativo allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia – concretizzano, in tale settore del diritto, il principio secondo il quale, qualora risulti che le condizioni di legittimità di un trattenimento non sono o non sono più soddisfatte, il cittadino di un paese terzo trattenuto deve essere immediatamente rimesso in libertà (5).
3. La domanda di pronuncia pregiudiziale è stata presentata nell’ambito di una controversia tra C, cittadino di un paese terzo sottoposto ad un procedimento di rimpatrio, e lo Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Segretario di Stato alla Giustizia e alla Sicurezza, Paesi Bassi; in prosieguo: il «Segretario di Stato») in merito alla legittimità di un trattenimento ininterrotto sulla base di due misure di trattenimento consecutive adottate da tale autorità.
4. Più precisamente, il Rechtbank Den Haag, zittingsplaats Roermond (Tribunale dell’Aia, sede di Roermond, Paesi Bassi), giudice del rinvio, si chiede se, ai sensi delle disposizioni pertinenti, un vizio che inficia la legittimità del primo trattenimento, e precisamente il fatto di aver superato il termine previsto dal diritto nazionale per adottare la seconda misura di trattenimento in modo consecutivo, debba comportare l’immediata liberazione dell’interessato ancorché, al momento del riesame giudiziario, sia pacifico che le condizioni giustificanti la seconda misura di trattenimento erano soddisfatte.
II. Contesto normativo
A. Diritto dell’Unione
1. Direttiva rimpatri
5. I considerando 16 e 17 della direttiva rimpatri così recitano:
«(16) Il ricorso al trattenimento ai fini dell’allontanamento dovrebbe essere limitato e subordinato al principio di proporzionalità con riguardo ai mezzi impiegati e agli obiettivi perseguiti. Il trattenimento è giustificato soltanto per preparare il rimpatrio o effettuare l’allontanamento e se l’uso di misure meno coercitive è insufficiente.
(17) I cittadini di paesi terzi che sono trattenuti dovrebbero essere trattati in modo umano e dignitoso, nel pieno rispetto dei loro diritti fondamentali e in conformità del diritto nazionale e internazionale. Fatto salvo l’arresto iniziale (...), il trattenimento dovrebbe di norma avvenire presso gli appositi centri di permanenza temporanea».
6. Ai sensi dell’articolo 15 di tale direttiva, intitolato «Trattenimento»:
«1. Salvo se nel caso concreto possono essere efficacemente applicate altre misure sufficienti ma meno coercitive, gli Stati membri possono trattenere il cittadino di un paese terzo sottoposto a procedure di rimpatrio soltanto per preparare il rimpatrio e/o effettuare l’allontanamento, in particolare quando:
a) sussiste un rischio di fuga o
b) il cittadino del paese terzo evita od ostacola la preparazione del rimpatrio o dell’allontanamento.
Il trattenimento ha durata quanto più breve possibile ed è mantenuto solo per il tempo necessario all’espletamento diligente delle modalità di rimpatrio.
2. Il trattenimento è disposto dalle autorità amministrative o giudiziarie.
Il trattenimento è disposto per iscritto ed è motivato in fatto e in diritto.
Quando il trattenimento è disposto dalle autorità amministrative, gli Stati membri:
a) prevedono un pronto riesame giudiziario della legittimità del trattenimento su cui decidere entro il più breve tempo possibile dall’inizio del trattenimento stesso,
b) oppure accordano al cittadino di un paese terzo interessato il diritto di presentare ricorso per sottoporre ad un pronto riesame giudiziario la legittimità del trattenimento su cui decidere entro il più breve tempo possibile dall’avvio del relativo procedimento. In tal caso gli Stati membri informano immediatamente il cittadino del paese terzo in merito alla possibilità di presentare tale ricorso.
Il cittadino di un paese terzo interessato è liberato immediatamente se il trattenimento non è legittimo.
3. In ogni caso, il trattenimento è riesaminato ad intervalli ragionevoli su richiesta del cittadino di un paese terzo interessato o d’ufficio. Nel caso di periodi di trattenimento prolungati il riesame è sottoposto al controllo di un’autorità giudiziaria.
4. Quando risulta che non esiste più alcuna prospettiva ragionevole di allontanamento per motivi di ordine giuridico o per altri motivi o che non sussistono più le condizioni di cui al paragrafo 1, il trattenimento non è più giustificato e la persona interessata è immediatamente rilasciata.
5. Il trattenimento è mantenuto finché perdurano le condizioni di cui al paragrafo 1 e per il periodo necessario ad assicurare che l’allontanamento sia eseguito. Ciascuno Stato membro stabilisce un periodo limitato di trattenimento, che non può superare i sei mesi.
6. Gli Stati membri non possono prolungare il periodo di cui al paragrafo 5, salvo per un periodo limitato non superiore ad altri dodici mesi conformemente alla legislazione nazionale nei casi in cui, nonostante sia stato compiuto ogni ragionevole sforzo, l’operazione di allontanamento rischia di durare più a lungo a causa:
a) della mancata cooperazione da parte del cittadino di un paese terzo interessato, o
b) dei ritardi nell’ottenimento della necessaria documentazione dai paesi terzi».
2. Direttiva accoglienza
7. L’articolo 2, lettera h), della direttiva accoglienza definisce la nozione di «trattenimento» come «il confinamento del richiedente, da parte di uno Stato membro, in un luogo determinato, che lo priva della libertà di circolazione».
8. L’articolo 9, paragrafi 1 e 3, di tale direttiva, così recita:
«1. Un richiedente è trattenuto solo per un periodo il più breve possibile ed é mantenuto in stato di trattenimento soltanto fintantoché sussistono i motivi di cui all’articolo 8, paragrafo 3.
(...)
3. Se il trattenimento è disposto dall’autorità amministrativa, gli Stati membri assicurano una rapida verifica in sede giudiziaria, d’ufficio e/o su domanda del richiedente, della legittimità del trattenimento. Se effettuata d’ufficio, tale verifica è disposta il più rapidamente possibile a partire dall’inizio del trattenimento stesso. Se effettuata su domanda del richiedente, è disposta il più rapidamente possibile dopo l’avvio del relativo procedimento. A tal fine, gli Stati membri stabiliscono nel diritto nazionale il termine entro il quale effettuare la verifica in sede giudiziaria d’ufficio e/o su domanda del richiedente.
Se in seguito a una verifica in sede giudiziaria il trattenimento è ritenuto illegittimo, il richiedente interessato è rilasciato immediatamente».
3. Regolamento Dublino III
9. L’articolo 28, paragrafi 2 e 4, del regolamento Dublino III è così formulato:
«2. Ove sussista un rischio notevole di fuga, gli Stati membri possono trattenere l’interessato al fine di assicurare le procedure di trasferimento a norma del presente regolamento, sulla base di una valutazione caso per caso e solo se il trattenimento è proporzionale e se non possano essere applicate efficacemente altre misure alternative meno coercitive.
(...)
4. Per quanto riguarda le condizioni per il trattenimento delle persone e le garanzie applicabili alle persone trattenute, al fine di assicurare le procedure di trasferimento verso lo Stato membro competente, si applicano gli articoli 9, 10 e 11 della [direttiva accoglienza]».
B. Diritto dei Paesi Bassi
10. L’articolo 59, paragrafo 1, parte iniziale e lettera a), della wet tot algehele herziening van de Vreemdelingenwet (Vreemdelingenwet 2000) (legge sugli stranieri del 2000) (6) stabilisce che il cittadino straniero il cui soggiorno è irregolare può essere trattenuto dal Segretario di Stato ai fini del suo allontanamento dal territorio dei Paesi Bassi, qualora ciò sia necessario per motivi di ordine pubblico o di sicurezza nazionale.
11. L’articolo 59a di tale legge prevede che i cittadini stranieri ai quali è applicabile il regolamento Dublino III possono, nel rispetto dell’articolo 28 di tale regolamento, essere trattenuti ai fini del loro trasferimento verso lo Stato membro competente per l’esame della loro domanda di protezione internazionale presentata nel territorio dei Paesi Bassi.
12. L’articolo 94, paragrafi 1 e 6, della legge sugli stranieri prevede quanto segue:
«1. A seguito dell’adozione di una decisione che comporta una misura privativa della libertà prevista agli articoli (...) 59, 59a e 59b, [il Segretario di Stato] ne informa il [tribunale competente] entro ventotto giorni a decorrere dalla notifica di detta decisione, salvo che il cittadino straniero abbia, egli stesso, già presentato ricorso. Con la comunicazione al tribunale, si considera che il cittadino straniero abbia presentato ricorso avverso la decisione che dispone una misura privativa della libertà. Il ricorso è diretto anche all’ottenimento di un indennizzo.
(...)
6. Qualora reputi che l’applicazione o l’esecuzione della misura di cui trattasi sia contraria alla presente legge o qualora ritenga, previo bilanciamento dell’insieme degli interessi coinvolti, che tale misura non sia giustificata, il tribunale adito accoglie il ricorso. In questo caso, il tribunale ordina la revoca della misura o la modifica delle sue modalità di esecuzione».
13. L’articolo 96, paragrafi 1 e 3, di detta legge così dispone:
«1. Se il ricorso di cui all’articolo 94 è dichiarato infondato e il cittadino straniero impugna la proroga della misura privativa della libertà, il tribunale conclude l’istruttoria entro un termine di una settimana a decorrere dal ricevimento del ricorso. (...) [I]l tribunale può anche decidere, senza il consenso delle parti, che l’istruttoria in udienza non avrà luogo. (...)
(...)
3. Qualora reputi che l’applicazione o l’esecuzione della misura di cui trattasi sia contraria alla presente legge o qualora ritenga, previo bilanciamento dell’insieme degli interessi coinvolti, che tale misura non sia ragionevolmente giustificata, il tribunale adito accoglie il ricorso. In questo caso, il tribunale ordina la revoca della misura o la modifica delle sue modalità di esecuzione».
III. Procedimento principale e questione pregiudiziale
14. Il 1º maggio 2024, C, cittadino marocchino, mentre veniva sottoposto a un controllo dei titoli di trasporto su un treno internazionale proveniente dal Belgio e diretto nei Paesi Bassi, è stato arrestato dalla polizia degli stranieri dei Paesi Bassi al fine di essere interrogato, non essendo stato in grado di presentare un biglietto ferroviario. Lo stesso giorno, egli ha presentato una domanda di protezione internazionale nei Paesi Bassi.
15. Il 2 maggio 2024, C è stato trattenuto presso il centro di detenzione di Rotterdam (Paesi Bassi) sulla base di una misura adottata dal Segretario di Stato ai sensi dell’articolo 59a, paragrafo 1, della legge sugli stranieri e conformemente all’articolo 28 del regolamento Dublino III (in prosieguo: la «prima misura di trattenimento»). Nell’adottare tale misura, il Segretario di Stato ha ritenuto che C rientrasse nell’ambito di applicazione del regolamento Dublino III, che detta misura fosse volta a garantire il trasferimento di C verso la Spagna, vale a dire lo Stato membro competente per l’esame della sua domanda di protezione internazionale, e che il trattenimento fosse reso necessario dal rischio non trascurabile di fuga di C.
16. Il 3 maggio 2024 il Segretario di Stato ha chiesto alle autorità spagnole di prendere in carico C ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), del regolamento Dublino III.
17. Il 6 maggio 2024, C ha ritirato la propria domanda di protezione internazionale e il Regno di Spagna ne è stato informato due giorni dopo, vale a dire l’8 maggio 2024.
18. Il 14 maggio 2024 le autorità spagnole hanno respinto la richiesta di presa in carico. Il Segretario di Stato non ha chiesto a tali autorità di riesaminare la loro decisione di rigetto.
19. Il 16 maggio 2024, C è stato informato del rigetto della richiesta di trasferimento verso la Spagna ed è stato invitato a collaborare ai fini del suo ritorno nel suo paese di origine, vale a dire il Marocco, cosa che egli ha rifiutato di fare.
20. Il 17 maggio 2024, C è stato ascoltato in merito all’intenzione del Segretario di Stato di adottare nei suoi confronti una decisione di rimpatrio nel suo paese di origine, un divieto d’ingresso nonché un nuovo trattenimento, ai sensi dell’articolo 15 della direttiva rimpatri.
21. A seguito di tale audizione, alle ore 14:51, nei confronti di C sono stati emessi una decisione di rimpatrio, che designava il Marocco come paese di destinazione (in prosieguo: la «decisione di rimpatrio»), nonché un divieto d’ingresso nel territorio dei Paesi Bassi per un periodo di due anni. Lo stesso giorno, alle ore 14:52, il Segretario di Stato, ravvisando un rischio reale che C potesse «sottrarsi alla sorveglianza ed evitare od ostacolare la preparazione del rimpatrio o della procedura di accompagnamento alla frontiera», ha adottato una nuova misura di trattenimento, sulla base dell’articolo 59, paragrafo 1, parte iniziale e lettera a), della legge sugli stranieri (che traspone nell’ordinamento giuridico dei Paesi Bassi l’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva rimpatri). Tale misura, che mirava a garantire l’allontanamento di C verso il suo paese d’origine, rimane attualmente in vigore (in prosieguo: la «seconda misura di trattenimento»). Infine, alle ore 14:55, il Segretario di Stato ha revocato la prima misura di trattenimento e, alle ore 15:00, ha trattenuto C sulla base della seconda misura di trattenimento.
22. Come risulta dai fatti sopra esposti, C viene trattenuto ininterrottamente dal 2 maggio 2024 (7).
23. C ha proposto due ricorsi avverso le due misure di trattenimento adottate nei suoi confronti dinanzi al giudice del rinvio, che li ha esaminati nel corso di un’unica udienza. Secondo C, il trattenimento imposto in forza della prima misura di trattenimento non era più giustificato a partire dal 14 maggio 2024, dato che, a seguito del rigetto della richiesta di presa in carico da parte delle autorità spagnole, il suo trattenimento non poteva più essere finalizzato a garantire il suo trasferimento verso la Spagna. Pertanto, tale trattenimento avrebbe dovuto cessare prima possibile. A tale riguardo, secondo una prassi risultante dalla giurisprudenza del Raad van State (Consiglio di Stato, Paesi Bassi) (8), prima della liberazione, il Segretario di Stato disporrebbe di un termine massimo di quarantotto ore dalla decadenza del primo trattenimento per adottare una nuova misura di trattenimento su un altro fondamento. Orbene, sarebbe assodato che, nel caso di specie, tale termine non sia stato rispettato, poiché detta autorità ha adottato la seconda misura di trattenimento il 17 maggio 2024, vale a dire un giorno dopo la scadenza del termine massimo di quarantotto ore. C ritiene che tale circostanza abbia viziato di illegittimità tanto la prima quanto la seconda misura di trattenimento, con la conseguenza di violare il suo diritto fondamentale alla libertà. Pertanto, per porre rimedio a tale violazione, il giudice del rinvio sarebbe tenuto a rimetterlo in libertà immediatamente, nonostante il fatto che la prima misura sia stata nel frattempo revocata o che egli sia attualmente trattenuto sulla base della seconda misura di trattenimento. In altri termini, l’illegittimità della prima misura di trattenimento, dovuta alla mancanza di diligenza, avrebbe inficiato la legittimità della seconda (9).
24. Il Segretario di Stato, dal canto suo, sostiene che il vizio nell’esecuzione della prima misura di trattenimento non può inficiare la legittimità della seconda misura, poiché il mantenimento in stato di trattenimento di C è fondato sulla decisione di rimpatrio in Marocco, ossia su motivo che rimane valido. Egli ha tuttavia ammesso di aver mancato di diligenza nell’esecuzione della prima misura di trattenimento, per il fatto di aver superato di un giorno il termine massimo di quarantotto ore prima di adottare la seconda misura. Conformemente alla propria prassi, al fine di porre rimedio a tale illegittimità, il Segretario di Stato ha offerto a C la somma di EUR 100 a titolo di risarcimento per la violazione del suo diritto alla libertà. Ciò premesso, egli ha affermato che la prima misura di trattenimento era già stata revocata nel momento in cui il giudice del rinvio è stato adito e che, pertanto, tale misura non poteva più essere annullata. Pertanto, dato che tale giudice non è più in grado di annullare la prima misura di trattenimento e che la seconda misura è stata imposta legittimamente, C non avrebbe potuto essere rimesso in libertà.
25. A tale riguardo, il giudice del rinvio conferma che, secondo una prassi nazionale, convalidata dalla giurisprudenza del Raad van State (Consiglio di Stato), l’illegittimità di una misura di trattenimento non può inficiare la legittimità di una misura di trattenimento adottata successivamente (10), ragion per cui il giudice competente non può disporre una liberazione in presenza di una misura di trattenimento successiva. Orbene, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, della direttiva rimpatri nonché dell’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva accoglienza, l’interessato dovrebbe essere immediatamente rilasciato qualora il suo trattenimento risultasse illegittimo. In tali circostanze, secondo detto giudice, si pone la questione della tutela giurisdizionale effettiva in una situazione, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, nella quale il trattenimento di una persona è stato mantenuto oltre il termine di quarantotto ore nonostante l’accertata illegittimità del primo trattenimento. Tale questione impone, in sostanza, di valutare se l’illegittimità (quantomeno parziale) del primo trattenimento possa essere «sanata» dalla revoca di quest’ultimo e dalla concessione di un risarcimento alla persona interessata (11).
26. In tale contesto, il Rechtbank Den Haag, zittingsplaats Roermond (Tribunale dell’Aia, sede di Roermond) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se l’articolo 15, paragrafo 2, parte iniziale e lettera b), della [direttiva rimpatri], l’articolo 9, paragrafo 3, della [direttiva accoglienza] e l’articolo 28, paragrafo 4, del [regolamento Dublino III], in combinato disposto con gli articoli 6 e 47 della [Carta], debbano essere interpretati nel senso che l’autorità giudiziaria è sempre tenuta a rilasciare senza indugio la persona trattenuta qualora il trattenimento, in un determinato momento nel corso dell’esecuzione ininterrotta di una serie di misure di trattenimento consecutive, fosse o sia divenuto illegittimo».
IV. Procedimento d’urgenza dinanzi alla Corte
27. Il giudice del rinvio ha chiesto che il rinvio pregiudiziale in esame sia trattato con il procedimento d’urgenza di cui all’articolo 107 del regolamento di procedura della Corte. A sostegno di tale richiesta, esso ha affermato che la causa verte sull’interpretazione di disposizioni del diritto dell’Unione rientranti nel titolo V della parte terza del Trattato FUE.
28. Per quanto riguarda il criterio relativo all’urgenza, il giudice del rinvio ha osservato, da un lato, che C è trattenuto dal 2 maggio 2024 e si trovava ancora in stato di trattenimento alla data di presentazione della domanda di pronuncia pregiudiziale e, dall’altro, che la risposta della Corte alla questione pregiudiziale sarebbe determinante per stabilire se tale giudice sia tenuto, ai sensi del diritto dell’Unione, a rilasciarlo senza indugio.
29. Alla luce di tali circostanze, la Prima Sezione della Corte ha deciso, il 14 giugno 2024, di accogliere la richiesta di detto giudice di trattare la presente causa con procedimento pregiudiziale d’urgenza.
30. Hanno presentato osservazioni scritte C, il governo dei Paesi Bassi e la Commissione europea. Le medesime parti hanno inoltre presentato osservazioni orali all’udienza di discussione tenutasi il 15 luglio 2024.
V. Analisi
A. Osservazioni preliminari
31. In via preliminare, mi sembra utile, prima di iniziare la mia analisi, presentare una panoramica del quadro normativo applicabile e della giurisprudenza pertinente (1) nonché chiarire la portata della questione pregiudiziale, per come è stata formulata (2).
1. Sul quadro normativo applicabile e sulla giurisprudenza pertinente
a) Panoramica dei regimi giuridici relativi al trattenimento
32. Anzitutto, mi sembra importante distinguere i diversi regimi giuridici relativi al trattenimento nell’ambito della politica comune in materia di asilo e di immigrazione e, più precisamente, da un lato, il trattenimento disposto nei confronti di un richiedente protezione internazionale, in particolare, ai sensi della direttiva accoglienza, o nell’ambito del trasferimento di un richiedente tale protezione verso lo Stato membro competente per l’esame della sua domanda ai sensi del regolamento Dublino III e, dall’altro, il trattenimento ai fini dell’allontanamento disciplinato dalla direttiva rimpatri, che riguarda i cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare. Sebbene tali regimi presentino elementi comuni per quanto riguarda le garanzie offerte e la loro attuazione, essi si distinguono in quanto perseguono obiettivi propri (12).
33. In primo luogo, per quanto riguarda i richiedenti protezione internazionale, occorre, da un lato, rilevare che il trattenimento di tali richiedenti deve rispettare il principio fondamentale secondo cui nessuno dovrebbe essere trattenuto per il solo fatto di chiedere una simile protezione (13). In tal senso, l’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva accoglienza enumera esaustivamente i sei motivi che possono giustificare il trattenimento di un richiedente protezione internazionale, ciascuno dei quali risponde a una necessità specifica e presenta un carattere autonomo (14). Infatti, tale disposizione stabilisce che un richiedente può essere trattenuto soltanto per motivi ben precisi, definiti dal diritto nazionale (15). Per quanto riguarda i richiedenti protezione internazionale soggetti alla procedura del regolamento Dublino III, detta disposizione, alla lettera f), rinvia all’articolo 28 di tale regolamento. Più precisamente, l’articolo 28, paragrafo 2, di detto regolamento prevede che, ove sussista un rischio notevole di fuga, gli Stati membri possono trattenere l’interessato al fine di assicurare le procedure di trasferimento a norma del medesimo regolamento. Inoltre, l’articolo 8, paragrafo 2, di tale direttiva prevede che il trattenimento possa avere luogo soltanto qualora, a seguito di una valutazione individuale, esso risulti necessario e non siano applicabili efficacemente misure alternative meno coercitive. Le autorità nazionali possono quindi trattenere un richiedente protezione internazionale solo dopo aver verificato, caso per caso, se un siffatto trattenimento sia proporzionato ai fini perseguiti (16).
34. D’altro lato, per quanto riguarda le garanzie relative alla durata del trattenimento, secondo l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva accoglienza, un richiedente è trattenuto solo per un periodo il più breve possibile e soltanto fintantoché è applicabile il motivo del suo trattenimento, fermo restando che gli adempimenti amministrativi inerenti a tale motivo di trattenimento devono essere espletati con la debita diligenza e i ritardi in tali procedure non imputabili al richiedente non giustificano un prolungamento del trattenimento (17). L’articolo 9, paragrafo 3, di tale direttiva aggiunge che, se in seguito a una verifica in sede giudiziaria il trattenimento è ritenuto illegittimo, il richiedente interessato deve essere rilasciato immediatamente. Detta disposizione non impone un termine alla scadenza del quale il trattenimento di un richiedente protezione internazionale sarebbe automaticamente considerato irregolare, purché lo Stato membro interessato vigili affinché, da un lato, il trattenimento duri soltanto fintantoché il motivo che lo giustifica permane applicabile e, dall’altro, gli adempimenti amministrativi inerenti a tale motivo siano espletati con diligenza (18). Queste stesse disposizioni si applicano, ai sensi dell’articolo 28, paragrafo 4, del regolamento Dublino III, alle misure di trattenimento adottate al fine di garantire il trasferimento verso lo Stato membro competente a norma di tale regolamento (19).
35. In secondo luogo, per quanto riguarda i cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, da un lato, occorre sottolineare che il ricorso al trattenimento ai fini dell’allontanamento deve essere limitato e subordinato al rispetto del principio di proporzionalità per quanto concerne i mezzi impiegati e gli obiettivi perseguiti. Si ricorda che, ai sensi del suo considerando 2, la direttiva rimpatri persegue l’istituzione di un’efficace politica in materia di allontanamento e rimpatrio basata su norme comuni affinché le persone siano rimpatriate in maniera umana e nel pieno rispetto dei loro diritti fondamentali e della loro dignità. Pertanto, il trattenimento è consentito unicamente al fine di «preparare il rimpatrio e/o effettuare l’allontanamento» e se l’uso di misure meno coercitive è insufficiente (20). Infatti, l’articolo 15, paragrafo 1, di tale direttiva prevede che gli Stati membri «possono trattenere il cittadino di un paese terzo sottoposto a procedure di rimpatrio soltanto per preparare il rimpatrio e/o effettuare l’allontanamento, in particolare quando: a) sussiste un rischio di fuga o b) il cittadino del paese terzo evita od ostacola la preparazione del rimpatrio o dell’allontanamento». La Corte ha precisato che tali due motivi non sono tassativi, quindi gli Stati membri possono prevedere altri motivi di trattenimento specifici, a complemento dei due motivi esplicitamente previsti da tale disposizione (21). Tuttavia, l’adozione di motivi di trattenimento complementari deve essere rigorosamente delimitata sia dai requisiti risultanti dalla stessa direttiva rimpatri sia da quelli derivanti dalla tutela dei diritti fondamentali, e in particolare del diritto fondamentale alla libertà sancito dall’articolo 6 della Carta, e dal principio di proporzionalità (22). Ad esempio, un cittadino di un paese terzo non può essere trattenuto per il solo fatto che è oggetto di una decisione di rimpatrio o che non può sovvenire alle proprie necessità (23). Ciò detto, la Corte ha altresì stabilito che l’articolo 15 di detta direttiva non osta a che tale cittadino di un paese terzo, qualora costituisca una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave per l’ordine pubblico o la sicurezza interna, sia oggetto di una misura di trattenimento, in attesa del suo allontanamento (24).
36. D’altro lato, per quanto riguarda le garanzie relative alla durata del trattenimento, analogamente a quanto previsto per il trattenimento dei richiedenti protezione internazionale, l’articolo 15 della direttiva rimpatri prevede che tale trattenimento abbia «durata quanto più breve possibile» e sia «mantenuto solo per il tempo necessario all’espletamento diligente delle modalità di rimpatrio». Il requisito della durata quanto più breve possibile di tale trattenimento è ribadito più volte in altre disposizioni della direttiva rimpatri. Infatti, in primo luogo, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, ultimo comma, di tale direttiva, «[i]l cittadino di un paese terzo interessato è liberato immediatamente se il trattenimento non è legittimo». In secondo luogo, a norma dell’articolo 15, paragrafo 4, di detta direttiva, «[q]uando risulta che non esiste più alcuna prospettiva ragionevole di allontanamento per motivi di ordine giuridico o per altri motivi o che non sussistono più le condizioni di cui al paragrafo 1, il trattenimento non è più giustificato e la persona interessata è immediatamente rilasciata». In terzo luogo, l’articolo 15, paragrafo 5, della medesima direttiva prevede che «[i]l trattenimento è mantenuto finché perdurano le condizioni di cui al paragrafo 1 e per il periodo necessario ad assicurare che l’allontanamento sia eseguito. Ciascuno Stato membro stabilisce un periodo limitato di trattenimento, che non può superare i sei mesi». In quarto luogo, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 6, della direttiva rimpatri, gli Stati membri non possono prolungare tale periodo di sei mesi, «salvo per un periodo limitato non superiore ad altri dodici mesi» e a condizioni rigorose, vale a dire, nel caso in cui la mancata esecuzione della decisione di rimpatrio durante tali sei mesi sia dovuta alla mancata cooperazione da parte dell’interessato o a ritardi nell’ottenimento della necessaria documentazione dal paese terzo interessato (25).
b) Giurisprudenza pertinente
37. Sebbene i regimi relativi al trattenimento possano differire per quanto riguarda gli obiettivi che perseguono, essi presentano elementi comuni. Infatti, con la sua sentenza dell’8 novembre 2022, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Esame d’ufficio del trattenimento) (C‑704/20 e C‑39/21; in prosieguo: la «sentenza “Esame d’ufficio del trattenimento”», EU:C:2022:858), la Grande Sezione della Corte ha fornito indicazioni generali relative alle condizioni di trattenimento di un cittadino di un paese terzo nell’ambito di tali diversi regimi, alla luce del rispetto sia del diritto alla libertà sancito dall’articolo 6 della Carta sia del diritto alla tutela giurisdizionale effettiva garantito dall’articolo 47 della stessa.
38. In primo luogo, per quanto riguarda il rispetto del diritto alla libertà garantito dall’articolo 6 della Carta, sotto un primo profilo, la Corte ha ricordato che ogni trattenimento di un cittadino di un paese terzo ai sensi delle disposizioni sopra citate costituisce un’ingerenza grave nel diritto alla libertà sancito all’articolo 6 della Carta (26). Infatti, come prevede l’articolo 2, lettera h), della direttiva accoglienza, una misura di trattenimento consiste nell’isolare una persona in un luogo determinato. Dal testo, dalla genesi e dal contesto in cui è inserita tale disposizione, la cui portata può, peraltro, essere trasferita alla nozione di «trattenimento» contenuta nella direttiva rimpatri e nel regolamento Dublino III (27), emerge che il trattenimento impone all’interessato di rimanere in un perimetro ristretto e chiuso, isolando così la persona di cui trattasi dal resto della popolazione e privandola della sua libertà di circolazione. Orbene, dall’articolo 52, paragrafo 1, della Carta risulta che eventuali limitazioni all’esercizio di tale diritto devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di quest’ultimo nonché il principio di proporzionalità (28).
39. Sotto un secondo profilo, la Corte ha altresì sottolineato che la finalità delle misure di trattenimento, ai sensi della direttiva rimpatri, della direttiva accoglienza e del regolamento Dublino III, non è il perseguimento o la repressione di reati, bensì la realizzazione degli obiettivi perseguiti da tali strumenti (29). Tali misure di trattenimento non perseguono quindi alcuna finalità punitiva (30). Infatti, la direttiva rimpatri prevede che il trattenimento debba essere effettuato, di regola, in appositi centri di permanenza temporanea, che si distinguono dagli istituti penitenziari (31), e, ove ciò non sia possibile, in istituti penitenziari purché la persona trattenuta sia tenuta separata dai detenuti ordinari (32).
40. Sotto un terzo profilo, tenuto conto della gravità di tale ingerenza nel diritto alla libertà sancito all’articolo 6 della Carta e in considerazione dell’importanza di detto diritto, il potere riconosciuto alle autorità nazionali competenti di trattenere cittadini di paesi terzi è rigorosamente inquadrato (33). Infatti, tale disposizione, al pari dell’articolo 5, paragrafo 1, della CEDU, impone una lettura restrittiva delle situazioni in cui la privazione della libertà è autorizzata, poiché queste ultime costituiscono eccezioni al diritto fondamentale alla libertà e alla sicurezza (34). Pertanto, una misura di trattenimento può essere disposta o prorogata solo nel rispetto delle norme generali e astratte che ne fissano le condizioni e le modalità (35).
41. Tali norme generali e astratte stabiliscono, quali norme comuni dell’Unione, i presupposti del trattenimento indicati all’articolo 15, paragrafo 1, paragrafo 2, secondo comma, e paragrafi 4, 5 e 6, della direttiva rimpatri, all’articolo 8, paragrafi 2 e 3, all’articolo 9, paragrafi 1, 2 e 4, della direttiva accoglienza e all’articolo 28, paragrafi 2, 3 e 4, del regolamento Dublino III (36). Dette norme, da un lato, e le disposizioni di diritto nazionale che danno loro attuazione, dall’altro, costituiscono le norme, derivanti dal diritto dell’Unione, che determinano i presupposti di legittimità del trattenimento, anche alla luce dell’articolo 6 della Carta (37).
42. A tale riguardo, la Corte ha dichiarato, anzitutto, che il cittadino di un paese terzo non può, come precisato dall’articolo 15, paragrafo 1, primo comma, della direttiva rimpatri, dall’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva accoglienza e dall’articolo 28, paragrafo 2, del regolamento Dublino III, essere trattenuto qualora una misura meno coercitiva possa essere efficacemente applicata. Inoltre, laddove risulti che i presupposti di legittimità del trattenimento, quali indicati al paragrafo 41 delle presenti conclusioni, non siano stati o non siano più soddisfatti, il cittadino di un paese terzo interessato deve, come del resto espressamente indicato dal legislatore dell’Unione all’articolo 15, paragrafo 2, quarto comma, e paragrafo 4, della direttiva rimpatri nonché all’articolo 9, paragrafo 3, secondo comma, della direttiva accoglienza, essere immediatamente liberato. Infine, lo stesso vale, in particolare, qualora si constati che la procedura di rimpatrio, di esame della domanda di protezione internazionale o di trasferimento, a seconda dei casi, non viene più espletata con tutta la dovuta diligenza (38).
43. In secondo luogo, per quanto riguarda il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva dei cittadini di paesi terzi trattenuti, da una giurisprudenza costante risulta che, in forza dell’articolo 47 della Carta, gli Stati membri devono assicurare una siffatta tutela dei diritti individuali derivanti dal diritto dell’Unione (39).
44. Per quanto concerne il trattenimento, i presupposti di legittimità del trattenimento individuati al paragrafo 41 delle presenti conclusioni mirano a proteggere i cittadini di paesi terzi dalla detenzione arbitraria (40) e costituiscono una concretizzazione, nel settore considerato, del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva, garantito dall’articolo 47 della Carta (41). Inoltre, le norme comuni dell’Unione in tale materia sono contenute all’articolo 15, paragrafo 2, terzo comma, della direttiva rimpatri e all’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva accoglienza. Quest’ultima disposizione si applica altresì, in forza dell’articolo 28, paragrafo 4, del regolamento Dublino III, nell’ambito delle procedure di trasferimento disciplinate da quest’ultimo. Secondo dette disposizioni, ciascuno Stato membro deve prevedere, qualora il trattenimento sia stato disposto da un’autorità amministrativa, una «rapida» verifica in sede giudiziaria, vuoi d’ufficio, vuoi su domanda dell’interessato, della legittimità di tale trattenimento (42).
45. Per quanto riguarda il riesame giudiziario della legittimità di una misura di trattenimento, la Corte ha giudicato che, poiché il legislatore dell’Unione richiede, senza eccezioni, che un riesame del rispetto dei presupposti di legittimità del trattenimento abbia luogo «a intervalli ragionevoli» (43), l’autorità competente è tenuta a effettuare detto controllo d’ufficio, anche se l’interessato non ne fa domanda. Quindi, il legislatore dell’Unione non si è limitato a stabilire norme comuni sostanziali, ma ha altresì introdotto norme comuni procedurali, al fine di garantire l’esistenza, in ogni Stato membro, di un regime che consenta all’autorità giudiziaria competente di liberare l’interessato, se del caso dopo un esame d’ufficio, non appena risulti che il suo trattenimento non è, o non è più, legittimo (44).
46. Affinché il regime di tutela assicuri in modo effettivo il rispetto dei rigorosi presupposti che la legittimità di una misura di trattenimento deve soddisfare, l’autorità giudiziaria competente deve essere in grado di statuire su tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti ai fini della verifica di detta legittimità, anche qualora l’illegittimità di una simile misura non sia stata dedotta dall’interessato. Tale interpretazione assicura che la tutela giurisdizionale del diritto fondamentale alla libertà sia garantita in modo efficace in tutti gli Stati membri, che essi prevedano un sistema in cui la decisione di trattenimento è adottata da un’autorità amministrativa con sindacato giurisdizionale o un sistema nel quale tale decisione è adottata direttamente da un’autorità giudiziaria (45).
47. È alla luce di tali precisazioni che propongo di iniziare l’esame della questione pregiudiziale.
2. Sulla portata della questione pregiudiziale
48. Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte se, in forza delle disposizioni pertinenti, un’autorità giudiziaria «è sempre tenuta a rilasciare senza indugio la persona trattenuta qualora il trattenimento, in un determinato momento nel corso dell’esecuzione ininterrotta di una serie di misure di trattenimento consecutive, fosse o sia divenuto illegittimo».
49. Per i motivi seguenti, ritengo che tale questione debba essere riformulata.
50. In primo luogo, la questione come formulata omette di includere la ragione per la quale il trattenimento iniziale «fosse o sia divenuto illegittimo», vale a dire il fatto che C non sia stato rilasciato entro il termine previsto dal diritto nazionale. Orbene, ciascuno dei motivi che giustificano un trattenimento risponde ad una specifica esigenza, e il motivo dell’illegittimità può anch’esso ricollegarsi a tale esigenza, ragion per cui l’analisi non può essere effettuata in modo astratto (46).
51. In secondo luogo, la questione è fondata su una costruzione giurisprudenziale secondo la quale esisterebbe un’«esecuzione ininterrotta di una serie di misure di trattenimento consecutive». Sebbene, da un punto di vista temporale, misure di trattenimento consecutive possano essere percepite come costituenti un unico trattenimento, dal punto di vista dell’esercizio del riesame giudiziario non è così. Infatti, come risulta dai paragrafi da 32 a 35 delle presenti conclusioni, i regimi giuridici relativi al trattenimento sono soggetti a presupposti distinti, in quanto ciascuna misura presenta un carattere autonomo. La costruzione giurisprudenziale su cui si basa il giudice del rinvio, quindi, non tiene conto del fatto che ciascuna delle «misure di trattenimento consecutive» può essere fondata su basi giuridiche e/o su motivi diversi, il che, peraltro, da un punto di vista procedurale, giustifica il fatto che tali misure siano oggetto di ricorsi distinti, come avviene nel caso di specie.
52. In terzo luogo, la formulazione scelta dal giudice del rinvio non tiene conto della dimensione temporale dello status giuridico di C, che, al momento del ricorso, non è più un «richiedente protezione internazionale». Infatti, come risulta dal fascicolo sottoposto alla Corte, dal 14 maggio 2024 – vale a dire dalla data in cui le autorità spagnole hanno preso la decisione di respingere la domanda di trasferimento, avverso la quale C non ha presentato ricorso – C non è più un richiedente protezione internazionale, ai sensi dell’articolo 2, lettera b), della direttiva accoglienza, e quindi non rientra più nell’ambito di applicazione di tale direttiva né, a fortiori, in quello della procedura prevista dal regolamento Dublino III (47). Analogamente, poiché dal fascicolo trasmesso alla Corte non risulta che C benefici di un diritto o di un permesso di soggiorno, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva rimpatri, occorre considerare che, dal 14 maggio 2024, C si trova in soggiorno irregolare nel territorio dei Paesi Bassi (48) e che egli rientra, pertanto, nell’ambito di applicazione della direttiva rimpatri (49). Inoltre, ricordo che una misura di trattenimento adottata sulla base di una decisione di rimpatrio, ai sensi dell’articolo 3, punto 4, della direttiva rimpatri, non avrebbe potuto essere applicata in modo concomitante, anche se fosse stata adottata in via sussidiaria, prima del rigetto della presa in carico di C da parte delle autorità spagnole (50).
53. In quarto luogo, la questione pregiudiziale sollevata si riferisce esplicitamente all’«articolo 15, paragrafo 2, parte iniziale e lettera b)» della direttiva rimpatri, e non al paragrafo 4 di tale disposizione che impone il rilascio immediato quando, in particolare, «non sussistono più le condizioni di cui al paragrafo 1» e «il trattenimento non è più giustificato», circostanza che riflette maggiormente i fatti del procedimento principale.
54. Infine, ritengo sia importante fornire anche una precisazione terminologica. Il giudice del rinvio, nell’ambito della sua domanda di pronuncia pregiudiziale, qualifica come «illegittim[a]» la prima misura di trattenimento. Orbene, una siffatta qualificazione non riflette in modo preciso i fatti del procedimento principale, in quanto, non essendo C stato liberato entro il termine di quarantotto ore, è il trattenimento stesso ad essere divenuto illegittimo, e non il primo provvedimento che l’ha ordinato, che è divenuto privo di oggetto (decaduto) avendo perso la sua giustificazione.
55. Alla luce delle considerazioni che precedono, e al fine di rispondere utilmente agli interrogativi del giudice del rinvio, propongo di riformulare la questione come segue:
Se l’articolo 15, paragrafo 2, quarto comma, e paragrafo 4, della direttiva rimpatri, in combinato disposto con gli articoli 6 e 47 della Carta, debba essere interpretato nel senso che esso impone a un’autorità giudiziaria, nell’ambito del riesame di legittimità di una misura di trattenimento, l’obbligo di rilasciare immediatamente un cittadino di un paese terzo trattenuto conformemente alle disposizioni della direttiva rimpatri, per il solo motivo che un altro trattenimento, a cui tale cittadino era stato sottoposto precedentemente e in modo ininterrotto, ai sensi del regolamento Dublino III, non soddisfa più i presupposti di legittimità a causa del fatto che egli non è stato rilasciato immediatamente dopo la constatazione che tale trattenimento precedente non era più giustificato, conformemente all’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva accoglienza, in combinato disposto con l’articolo 28, paragrafo 4, di detto regolamento.
B. Sulla questione pregiudiziale
56. La Corte è, in sostanza, chiamata a pronunciarsi sulla questione se l’illegittimità del primo trattenimento a causa della mancata liberazione entro il termine previsto possa inficiare la legittimità della seconda misura di trattenimento, cosicché il giudice del rinvio debba procedere alla liberazione immediata dell’interessato.
57. Tale questione invita quindi la Corte ad esaminare tre aspetti distinti dell’attuazione delle misure di trattenimento: 1) le conseguenze della fine di un trattenimento e le diverse opzioni a disposizione dell’amministrazione; 2) la portata temporale dell’obbligo di rilascio immediato; 3) i mezzi disponibili per porre rimedio a un’eventuale illegittimità legata a un vizio che inficia l’attuazione di una misura di trattenimento.
1. Sulle conseguenze della fine di un trattenimento
58. In primo luogo, ritengo essenziale chiedersi se un trattenimento ai sensi della direttiva rimpatri possa essere autorizzato al termine di un trattenimento disposto sulla base della direttiva accoglienza o del regolamento Dublino III.
59. La risposta a tale interrogativo è affermativa.
60. Anzitutto, ricordando il carattere autonomo di ciascuna misura di trattenimento, la Corte ha già espressamente riconosciuto che, quando un trattenimento non è più giustificato, un’autorità giudiziaria, oltre alla liberazione immediata, può disporre una misura alternativa al trattenimento. Infatti, qualora il trattenimento sia dichiarato illegittimo, la persona interessata deve essere rilasciata immediatamente e, in tal caso, il giudice nazionale deve essere in grado di sostituire la propria decisione a quella dell’autorità amministrativa che ha disposto il trattenimento e di disporre «o una misura alternativa al trattenimento o il rilascio della persona interessata» (51). Tuttavia, la pronuncia di una misura alternativa al trattenimento è ipotizzabile soltanto se il motivo che ha giustificato il trattenimento rimane valido, e tale trattenimento non risulta più necessario o proporzionato alla luce di tale motivo (52). Tale orientamento è altresì compatibile con la giurisprudenza della Corte EDU sull’applicazione dell’articolo 5, paragrafo 1, della CEDU, che ha riconosciuto che il mantenimento di un trattenimento può essere pienamente giustificato, purché soddisfi il principio della certezza del diritto (53).
61. Nello stesso senso, la Corte ha considerato che, sebbene la direttiva rimpatri sia inapplicabile durante lo svolgimento del procedimento d’esame della domanda d’asilo, ciò non vuol dire affatto che per tale motivo sia posto definitivamente termine al procedimento di rimpatrio, potendo quest’ultimo proseguire laddove la domanda d’asilo venga respinta. Infatti, la finalità di detta direttiva, vale a dire l’efficace rimpatrio dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, risulterebbe compromessa se fosse impossibile per gli Stati membri evitare che l’interessato, mediante la presentazione di una domanda d’asilo, possa ottenere automaticamente di essere rimesso in libertà (54).
62. Inoltre, il fatto che, al termine di un trattenimento, possa essere effettivamente autorizzato un nuovo trattenimento su un base diversa è confermato, ancorché indirettamente, al punto 14.5 del «manuale sul rimpatrio», il quale enuncia che «[i]l periodo massimo di trattenimento prescritto dalla direttiva rimpatri non dev’essere pregiudicato da un nuovo trattenimento dei rimpatriandi immediatamente successivo al loro rilascio dopo un periodo di trattenimento» (55).
63. Infine, e per analogia, osservo che, nella pratica, gli Stati membri si trovano spesso di fronte alla situazione in cui un cittadino di un paese terzo trattenuto ai sensi della direttiva rimpatri presenta una domanda di asilo, il che richiede la prosecuzione del trattenimento, questa volta ai sensi della direttiva accoglienza, al fine di determinare gli elementi su cui si basa la domanda di protezione internazionale quando sussiste un rischio di fuga.
2. Sulla portata temporale dell’obbligo di rilascio immediato
64. In secondo luogo, occorre rilevare che, nella sua domanda, il giudice del rinvio sostiene che la prassi giuridica nazionale, nell’ambito della quale all’autorità amministrativa viene concesso un termine di quarantotto ore, mantenendo la persona interessata in stato di trattenimento, per imporre una nuova misura di trattenimento su un altro fondamento dopo che sia divenuto certo che l’obiettivo perseguito dalla prima misura non poteva più essere raggiunto, non risulta compatibile con l’obbligo di procedere a un rilascio «immediato».
65. Nel caso di specie, il Segretario di Stato ha espressamente riconosciuto di non aver eseguito tale misura di trattenimento con tutta la dovuta diligenza per il fatto di aver superato di un giorno il termine massimo di quarantotto ore prima di adottare la seconda misura di trattenimento e che, pertanto, il primo trattenimento è divenuto illegittima a causa di detto superamento. È anche per tale ragione che egli ha proposto un indennizzo di EUR 100. Tale analisi non è, peraltro, contestata da C, che ritiene parimenti che l’illegittimità sia durata un giorno.
66. Tuttavia, a fini di completezza, e poiché tale questione è stata sollevata dal giudice del rinvio, ritengo utile esaminare l’esatta portata dell’attuazione dell’obbligo di rilascio immediato prescritto dalle disposizioni pertinenti.
67. A questo proposito, sotto un primo profilo, rilevo che, secondo la formulazione delle disposizioni pertinenti che riguardano i richiedenti protezione internazionale, l’obbligo di rilascio immediato incombe alle autorità giudiziarie. Infatti, l’articolo 9 della direttiva accoglienza, al quale rinvia l’articolo 28, paragrafo 4, del regolamento Dublino III, prevede il rilascio immediato «[s]e in seguito a una verifica in sede giudiziaria il trattenimento è ritenuto illegittimo» (56). Analogamente, per quanto riguarda i cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, sebbene la direttiva rimpatri disponga, all’articolo 15, paragrafo 2, che le misure di trattenimento possono essere disposte da autorità giudiziarie o amministrative, essa prevede altresì che tali misure siano oggetto di un pronto riesame giudiziario della legittimità (57). Pertanto, la disposizione che impone che «[i]Il cittadino di un paese terzo interessato [sia] liberato immediatamente se il trattenimento non è legittimo» implica l’esercizio di un riesame giudiziario preventivo, il che significa che l’obbligo di rilascio incombe anche sulle autorità giudiziarie. Tale ragionamento si applica anche all’obbligo di rilascio di cui al paragrafo 4 di detto articolo.
68. Inoltre, va constatato che né la direttiva rimpatri, né la direttiva accoglienza, né il regolamento Dublino III prevedono un termine massimo prima del rilascio «immediato». Infatti, il termine «immediato» indica comunemente ciò «che avviene nell’istante stesso, o deve avvenire senza indugio» (58). Sarebbe quindi contraddittorio prevedere un termine, ancorché breve, per il rilascio immediato.
69. Tale interpretazione è coerente anche con la giurisprudenza della Corte EDU che, per quanto riguarda il ritardo nell’esecuzione di una decisione di rilascio, ha ritenuto inconcepibile che, in uno Stato di diritto, un individuo rimanga privato della propria libertà nonostante l’esistenza di una decisione giudiziaria che ne ordina la liberazione (59). Tale organo giurisdizionale ha dichiarato che un certo ritardo nell’esecuzione di una decisione di rilascio di un detenuto è «comprensibile e spesso inevitabile», tenuto conto delle necessità pratiche del funzionamento degli organi giurisdizionali e dell’espletamento di formalità particolari, ma le autorità nazionali devono sforzarsi di ridurre il più possibile tale ritardo (60). Le formalità amministrative connesse al rilascio non possono giustificare un ritardo superiore a poche ore (61). L’arresto illegittimo di individui che non vi sia più motivo di detenere, a causa di lacune amministrative nella trasmissione dei documenti tra diversi organi dello Stato, comporta una violazione dell’articolo 5, quand’anche fosse di breve durata (62).
70. Sotto un secondo profilo, occorre esaminare se l’obbligo di rilascio possa applicarsi alle autorità amministrative competenti ad imporre misure di trattenimento (in particolare, ai sensi della direttiva rimpatri). A tale riguardo, quando le autorità amministrative ritengono che sia necessaria una nuova misura di trattenimento consecutiva, tanto la revoca della prima misura di trattenimento quanto il riesame e la motivazione della nuova misura di trattenimento necessitano di vari atti amministrativi che richiedono tempo, in quanto implicano non solo un certo lavoro di riflessione e di concertazione interna, ma anche l’esercizio dei diritti della difesa della persona interessata (qualora, ad esempio, il trattenimento sia imposto su un fondamento diverso). Su questo punto, il diritto dell’Unione, dando prova di pragmatismo, non prevede alcuna disposizione riguardante tali atti e la loro durata. Infatti, imporre un termine preciso non sarebbe opportuno, dato che i motivi del nuovo trattenimento possono variare e giustificare periodi più o meno lunghi. Tale questione è quindi lasciata alla valutazione degli Stati membri.
71. Occorre tuttavia ricordare che, basandosi segnatamente sul considerando 17 della direttiva rimpatri, il quale precisa che l’«arresto iniziale» di cittadini di paesi terzi sospettati di soggiornare irregolarmente in uno Stato membro rimane disciplinato dal diritto nazionale, la Corte ha dichiarato che tale direttiva non osta ad un trattenimento ai fini dell’accertamento del carattere regolare o meno del soggiorno di un cittadino di un paese terzo. A tale riguardo, la Corte ha riconosciuto che la finalità della direttiva rimpatri – ossia l’efficace rimpatrio dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare – risulterebbe compromessa se gli Stati membri non potessero evitare, mediante una privazione di libertà come il fermo di polizia, che una persona sospettata di soggiornare irregolarmente fugga ancora prima che la sua situazione abbia potuto essere chiarita. Orbene, se, da un lato, le autorità competenti devono disporre di un termine che, seppur breve, sia anche ragionevole, per identificare la persona soggetta al controllo e per ricercare le informazioni che consentano di accertare se tale persona sia un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno è irregolare, dall’altro, esse devono anche agire con diligenza e pronunciarsi senza indugio in merito alla regolarità o meno del soggiorno della persona interessata (63). Ne consegue, per analogia e implicitamente, che la Corte ha già accordato alle autorità amministrative degli Stati membri un termine ragionevole per imporre un eventuale (nuovo) trattenimento, qualora sussistano motivi che giustificano tale trattenimento e a condizione che esse agiscano rapidamente (64).
72. Sotto un terzo profilo, spetterà al giudice nazionale valutare, caso per caso, se, tenuto conto della durata media degli atti amministrativi invocati dall’amministrazione, un termine massimo, quale un termine di quarantotto ore, costituisca un termine ragionevole. A prima vista (65), sembrerebbe che sia così. Tuttavia, resta importante che l’autorità amministrativa indichi per quale ragione ha bisogno di quarantotto ore, tenendo conto delle pertinenti circostanze di fatto e di diritto. Nel caso di specie, è il rischio di fuga che ha giustificato, in sostanza, il trattenimento sulla base, inizialmente, del regolamento Dublino III e, in seguito, della direttiva rimpatri. Un simile motivo di trattenimento, per sua natura, non è inficiato dal fatto che la persona interessata cessi di essere un richiedente protezione internazionale. Infine, è importante sottolineare che, anche al di là del caso di specie, se nessun motivo giustifica l’adozione di una nuova misura di trattenimento, il Segretario di Stato non dispone neanche di un termine di quarantotto ore per porvi fine, ma deve agire il più rapidamente possibile, di norma il giorno stesso.
3. Sul diritto all’indennizzo
73. In terzo e ultimo luogo, occorre sottolineare che, contrariamente a quanto affermato dal giudice del rinvio, nei sistemi amministrativi nazionali ma anche nel diritto dell’Unione, l’accertamento dell’illegittimità di un atto non implica necessariamente una restituzione integrale (restitutio in integrum), nel caso di specie un rilascio immediato, che consenta alla persona interessata di essere reintegrata nei suoi diritti, quando ciò non è materialmente più possibile. Infatti, per la natura stessa delle cose, il mancato rispetto del termine di rilascio non può dare diritto al beneficio di giorni supplementari al di fuori del centro di trattenimento, soprattutto quando il trattenimento è già terminato. In altri termini, la persona interessata non potrà mai recuperare i giorni trascorsi illegalmente in stato di trattenimento. È per tale motivo che è generalmente previsto un indennizzo per le persone che sono state detenute senza essere alla fine condannate, il quale serve a risarcire il danno materiale e morale subito durante la privazione della libertà. La soluzione proposta dal giudice del rinvio è quindi puramente giurisprudenziale e volontaristica, e non può essere facilmente giustificata sul piano giuridico (66).
74. Nel caso di specie, il governo dei Paesi Bassi ha confermato che, nell’ambito del procedimento durante il quale il giudice si pronuncia sulla legittimità del trattenimento, ma anche dopo che sia già stato posto termine alla misura di trattenimento, la persona interessata può chiedere un indennizzo e il giudice può ordinare al Segretario di Stato di versare un indennizzo, se del caso, di importo superiore a quello dell’indennizzo tariffario proposto dall’amministrazione. Un sistema del genere mi sembra idoneo non solo a rimediare ad eventuali illegittimità derivanti dalla mancanza di diligenza nell’esecuzione di una misura di trattenimento, ma anche a fungere da deterrente per l’amministrazione.
75. Infine, il dovere di diligenza impone all’amministrazione di non ricorrere sistematicamente a rilasci tardivi accompagnati da indennizzo, poiché l’articolo 6 della Carta ha lo scopo di tutelare la persona interessata dall’arbitrio, il che implica, in particolare, che essa debba essere al riparo da comportamenti in malafede o da inganni da parte delle autorità e che sussista un rapporto di proporzionalità fra il motivo invocato e la privazione della libertà.
VI. Conclusione
76. Alla luce di quanto precede, propongo alla Corte di rispondere alla questione pregiudiziale sollevata dal Rechtbank Den Haag, zittingsplaats Roermond (Tribunale dell’Aia, sede di Roermond, Paesi Bassi) nel modo seguente:
L’articolo 15, paragrafo 2, quarto comma, e paragrafo 4, della direttiva 2008/115/CE, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, in combinato disposto con gli articoli 6 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,
deve essere interpretato nel senso che:
un’autorità giudiziaria, nell’ambito del riesame di legittimità di una misura di trattenimento, non è tenuta a rilasciare immediatamente un cittadino di un paese terzo trattenuto conformemente alle disposizioni di tale direttiva, per il solo motivo che un altro trattenimento, a cui tale cittadino era stato sottoposto precedentemente e in modo ininterrotto, ai sensi del regolamento (UE) n. 604/2013, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, non soddisfa più i presupposti di legittimità a causa del fatto che detto cittadino non è stato rilasciato immediatamente dopo la constatazione che tale trattenimento precedente non era più giustificato, conformemente all’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2013/33/UE, del 26 giugno 2013, recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, in combinato disposto con l’articolo 28, paragrafo 4, di detto regolamento.
1 Lingua originale: il francese.
i Il nome della presente causa è un nome fittizio. Non corrisponde al nome reale di nessuna delle parti del procedimento.
2 Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU 2008, L 348, pag. 98; in prosieguo: la «direttiva rimpatri»).
3 Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (GU 2013, L 180, pag. 96; in prosieguo: la «direttiva accoglienza»).
4 Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (GU 2013, L 180, pag. 31; in prosieguo: il «regolamento Dublino III»).
5 Tale principio trae origine dall’articolo 5 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»). L’articolo 6 della Carta sancisce parimenti tale principio stabilendo che «[o]gni persona ha diritto alla libertà e alla sicurezza».
6 Stb. 2000, n. 497, come modificata con effetto dal 31 dicembre 2011 ai fini della trasposizione nel diritto dei Paesi Bassi della direttiva rimpatri.
7 Nel corso di tale periodo, C avrebbe lasciato una sola volta il centro di detenzione per comparire dinanzi al giudice del rinvio ed essere ascoltato di persona in merito alla sua privazione di libertà, prima dell’adozione della seconda misura di trattenimento.
8 V. sentenze del Raad van State (Consiglio di Stato), del 6 maggio 2024 (ECLI:NL:RVS:2024:1869), del 23 dicembre 2021 (ECLI:NL:RVS:2021:2963) e del 7 aprile 2021 (ECLI:NL:RVS:2021:705).
9 In udienza, C ha confermato che la mancanza di diligenza in relazione alla durata del primo trattenimento costituisce l’unico motivo invocato per contestare la legittimità della seconda misura di trattenimento.
10 V. sentenza dell’8 novembre 2017 (ECLI:NL:RVS:2017:3059, punto 3.2). Secondo il giudice del rinvio, tale prassi riflette il contenuto della normativa nazionale, costituita dagli articoli 59, 59a, 94 e 96 della legge sugli stranieri, che non prevedrebbe esplicitamente l’obbligo per l’autorità giudiziaria competente di rilasciare immediatamente l’interessato qualora essa ritenga che il trattenimento sia illegittimo. Ai sensi di tali disposizioni, un’autorità giudiziaria sarebbe tenuta a rimettere immediatamente in libertà la persona trattenuta soltanto se la specifica misura in esecuzione della quale avviene il trattenimento sia illegittima nel momento in cui il giudice procede al controllo giurisdizionale.
11 In tali circostanze, detto giudice si chiede se non debba procedere al rilascio di C ancorché la seconda misura di trattenimento non sia, di per sé, viziata da illegittimità. A questo proposito, esso rileva, in primo luogo, che tale questione richiede di determinare se l’oggetto del controllo dell’autorità giudiziaria competente sia la legittimità del «trattenimento», vale a dire del periodo ininterrotto di privazione della libertà in quanto tale, o, in alternativa, se detta autorità debba limitare il proprio controllo alle misure di trattenimento in vigore. In secondo luogo, il diritto dell’Unione non prevedrebbe la possibilità di mantenere il trattenimento per motivi amministrativi o per preparare l’adozione di una nuova decisione, ma imporrebbe il rilascio immediato, indipendentemente dal momento in cui viene esaminata la legittimità del trattenimento. In terzo luogo, la gravità e la durata dell’illegittimità della misura di trattenimento sarebbero irrilevanti ai fini della valutazione di tale decisione, poiché qualsiasi violazione del diritto alla libertà dovrebbe essere considerata grave. In quarto luogo, su tale punto, l’importanza fondamentale del diritto alla libertà, quale garantito dall’articolo 6 della Carta, nonché del principio della tutela giurisdizionale effettiva, sancito all’articolo 47 della stessa, deporrebbe nel senso che C deve essere immediatamente rilasciato quando il trattenimento è stato illegittimo, ancorché lo sia stato soltanto in passato. Pertanto, il giudice del rinvio giunge alla conclusione secondo la quale l’unica misura idonea a porre rimedio all’illegittimità del trattenimento sarebbe il rilascio, mentre il pagamento di un indennizzo sarebbe insufficiente a tal fine.
12 V., in tal senso, sentenza del 30 novembre 2009, Kadzoev (C‑357/09 PPU, EU:C:2009:741, punti 45 e 47), nella quale è stato stabilito che un trattenimento precedente o successivo ai sensi della direttiva accoglienza non deve essere preso in considerazione nel calcolo della durata del trattenimento ai sensi della direttiva rimpatri. V., nello stesso senso, punto 14.4.2. della raccomandazione (UE) 2017/2338 della Commissione, del 16 novembre 2017, che istituisce un manuale comune sul rimpatrio che le autorità competenti degli Stati membri devono utilizzare nell’espletamento dei compiti connessi al rimpatrio (GU 2017, L 339, pag. 83; in prosieguo: il «manuale sul rimpatrio»).
13 V. articolo 8, paragrafo 1, della direttiva accoglienza e articolo 26, paragrafo 1, della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (GU 2013, L 180, pag. 60). Tale principio è ripreso all’articolo 28, paragrafo 1, e al considerando 20 del regolamento Dublino III.
14 V. sentenza del 14 maggio 2020, Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság Dél-alföldi Regionális Igazgatóság (C‑924/19 PPU e C‑925/19 PPU; in prosieguo: la «sentenza FMS e a.», EU:C:2020:367, punto 250 e giurisprudenza ivi citata).
15 In particolare: a) per determinarne o verificarne l’identità o la cittadinanza; b) per determinare gli elementi su cui si basa la domanda di protezione internazionale che non potrebbero ottenersi senza il trattenimento, in particolare se sussiste il rischio di fuga del richiedente; c) per decidere, nel contesto di un procedimento, sul diritto del richiedente di entrare nel territorio; d) quando la persona è trattenuta nell’ambito di una procedura di rimpatrio ai sensi della direttiva rimpatri, al fine di preparare il rimpatrio e/o effettuare l’allontanamento e lo Stato membro interessato può comprovare, in base a criteri obiettivi, tra cui il fatto che la persona in questione abbia già avuto l’opportunità di accedere alla procedura di asilo, che vi sono fondati motivi per ritenere che la persona abbia manifestato la volontà di presentare la domanda di protezione internazionale al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione della decisione di rimpatrio; e) quando lo impongono motivi di sicurezza nazionale o di ordine pubblico; e, f) conformemente all’articolo 28 del [regolamento Dublino III].
16 Sentenza FMS e a. (punto 258).
17 Sentenza FMS e a. (punto 262). La Corte ha tuttavia osservato che, contrariamente alla proposta di direttiva [COM(2008) 815 definitivo], che prevedeva espressamente che il provvedimento di trattenimento dovesse specificare la durata massima del trattenimento, nessuna disposizione della direttiva accoglienza fissa un termine determinato al di là del quale gli Stati membri sarebbero tenuti a porre fine al trattenimento dei richiedenti protezione internazionale.
18 Sentenza FMS e a. (punto 265).
19 V. considerando 20 del regolamento Dublino III.
20 V. considerando 16 e 17 della direttiva rimpatri e sentenze del 6 ottobre 2022, Politsei- ja Piirivalveamet (Trattenimento – Rischio di commettere un reato) (C‑241/21; in prosieguo: la «sentenza “Rischio di commettere un reato”», EU:C:2022:753, punto 30), e del 27 aprile 2023, M.D. (Divieto d’ingresso in Ungheria) (C‑528/21, EU:C:2023:341, punto 72).
21 Sentenza “Rischio di commettere un reato” (punti 35 e 36).
22 Sentenza “Rischio di commettere un reato” (punti 37 e da 40 a 43).
23 Sentenza FMS e a. (punto 281).
24 Sentenza del 21 settembre 2023, ADDE e a. (C‑143/22, EU:C:2023:689, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).
25 V., inoltre, manuale sul rimpatrio, capo 14 (intitolato «Trattenimento») e capo 15 (intitolato «Condizioni di trattenimento»).
26 V. sentenze “Esame d’ufficio del trattenimento” (punto 72) e “Rischio di commettere un reato” (punto 46).
27 Sentenza “Esame d’ufficio del trattenimento” (punto 73). Infatti, al punto 224 della sentenza FMS e a., la Corte ha dichiarato che «nessun elemento consente di ritenere che il legislatore dell’Unione abbia inteso conferire alla nozione di “trattenimento”, nel contesto della [direttiva rimpatri], un significato diverso da quello rivestito da tale nozione nel contesto della [direttiva accoglienza]».
28 Sentenza “Rischio di commettere un reato” (punti da 47 a 50). V. altresì, in tal senso, sentenza del 15 marzo 2017, Al Chodor (C‑528/15, EU:C:2017:213, punti da 37 a 40), che fa riferimento alla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU») del 21 ottobre 2013, Del Río Prada c. Spagna (CE:ECHR:2013:1021JUD004275009). Laddove la Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla CEDU, l’articolo 52, paragrafo 3, della Carta prevede che il significato e la portata degli stessi siano uguali a quelli conferiti dalla CEDU, precisando al contempo che il diritto dell’Unione può concedere una protezione più estesa. Ai fini dell’interpretazione dell’articolo 6 della Carta, occorre quindi tenere conto, quale livello minimo di protezione, dell’articolo 5 della CEDU. Il trattenimento di un cittadino di un paese terzo, costituendo un’ingerenza grave nel diritto alla libertà di quest’ultimo, è soggetto al rispetto di garanzie rigorose, vale a dire, la sussistenza di un fondamento normativo, la chiarezza, la prevedibilità, l’accessibilità e la protezione contro l’arbitrio.
29 Sentenza “Esame d’ufficio del trattenimento” (punto 74).
30 V., in tal senso, sentenze “Rischio di commettere un reato” (punto 32 e giurisprudenza ivi citata) e del 10 marzo 2022, Landkreis Gifhorn (C‑519/20; in prosieguo: la «sentenza Landkreis Gifhorn», EU:C:2022:178, punto 38).
31 Sentenza Landkreis Gifhorn (punto 36).
32 Articolo 16, paragrafo 1, della direttiva rimpatri. Sulle condizioni di trattenimento, v. sentenze del 17 luglio 2014, Pham (C‑474/13, EU:C:2014:2096, punto 23), del 2 luglio 2020, Stadt Frankfurt am Main (C‑18/19, EU:C:2020:511, punto 46) e Landkreis Gifhorn (punti da 32 a 57).
33 V., in tal senso, sentenza del 30 giugno 2022, Valstybės sienos apsaugos tarnyba e a. (C‑72/22 PPU, EU:C:2022:505, punti 83 e 86 nonché giurisprudenza ivi citata). V., inoltre, punto 26 della «Guida all’articolo 5 della Convenzione – Diritto alla libertà e alla sicurezza», aggiornata al 31 dicembre 2019, Corte EDU.
34 Va rilevato che il considerando 3 della direttiva rimpatri fa riferimento ai «Venti orientamenti sul rimpatrio forzato» adottati il 4 maggio 2005 dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa. Secondo il sesto di tali orientamenti, il trattenimento preliminare all’allontanamento «è giustificato solo nell’ambito di un dispositivo di allontanamento attivo. Se il dispositivo non è attuato con tutta la dovuta diligenza, la detenzione cessa di essere legittima». La Corte EDU ha ricordato che «soltanto lo svolgimento della procedura di allontanamento giustifica la privazione della libertà fondata su tale disposizione [articolo 5 par. 1(f)]. Se la procedura non è svolta con la dovuta diligenza, la detenzione cessa di essere giustificata alla luce dell’articolo 5 par. 1(f)» [Corte EDU, 15 novembre 1996, Chahal c. Regno Unito (22414/93, § 113)]. Ciò implica che, qualora l’allontanamento di una persona entro un termine ragionevole sembri poco realistico, la detenzione cessa di essere giustificata e la persona deve essere rilasciata [Commissione DU, 3 marzo 1978, Caprino c. Regno Unito, (CE:ECHR:1978:0303DEC000687175)].
35 Sentenza “Esame d’ufficio del trattenimento” (punto 75 e giurisprudenza ivi citata).
36 V. norme esposte ai paragrafi da 33 a 36 delle presenti conclusioni.
37 Sentenza “Esame d’ufficio del trattenimento” (punti 76 e 77).
38 Sentenza “Esame d’ufficio del trattenimento” (punti da 78 a 80).
39 Sentenze FMS e a. (punto 142) e “Esame d’ufficio del trattenimento” (punto 81).
40 A questo proposito, nella sentenza del 15 febbraio 2016, N. (C‑601/15 PPU, EU:C:2016:84, punto 81), la Corte ha sottolineato che, dalla giurisprudenza della Corte EDU relativa all’articolo 5, paragrafo 1, della CEDU, risulta che l’attuazione di una misura privativa della libertà, per essere conforme allo scopo consistente nella tutela dell’individuo contro l’arbitrarietà, implica, segnatamente, che sia priva di ogni elemento di malafede o inganno da parte delle autorità, che sia conforme all’obiettivo delle restrizioni autorizzate dal pertinente comma dell’articolo 5, paragrafo 1, della CEDU e che vi sia un legame di proporzionalità fra il motivo invocato e la privazione di libertà in questione [v., in tal senso, Corte EDU, 29 gennaio 2008, Saadi c. Regno Unito (CE:ECHR:2008:0129JUD001322903, §§ da 68 a 74)].
41 Sentenza FMS e a. (punto 289).
42 Sentenza “Esame d’ufficio del trattenimento” (punti 82 e 83 nonché giurisprudenza ivi citata).
43 Articolo 15, paragrafo 3, della direttiva rimpatri e articolo 9, paragrafo 5, della direttiva accoglienza.
44 Sentenza “Esame d’ufficio del trattenimento” (punti 85 e 86).
45 Sentenza “Esame d’ufficio del trattenimento” (punti da 87 a 89 e giurisprudenza ivi citata).
46 V. paragrafo 33 e giurisprudenza citata alla nota 14 delle presenti conclusioni. L’analisi non può quindi essere la stessa se, ad esempio, la prima misura di trattenimento fosse «divenuta illegittima» a causa di un’errata valutazione del rischio di fuga [ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 3, lettera b), della direttiva accoglienza] e anche la seconda misura di trattenimento si basasse su quello stesso rischio di fuga (ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva rimpatri), da un lato, oppure se quest’ultima si basasse su un motivo radicalmente diverso [quale la tutela della sicurezza nazionale o dell’ordine pubblico ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 3, lettera b), della direttiva accoglienza], dall’altro.
47 V., nello stesso senso, sentenza del 25 giugno 2020, Ministerio Fiscal (Autorità preposta a ricevere una domanda di protezione internazionale) (C 36/20 PPU, EU:C:2020:495, punto 96 e giurisprudenza ivi citata).
48 V., per analogia, sentenza del 21 settembre 2023, ADDE e a. (C‑143/22, EU:C:2023:689, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).
49 V., per analogia, sentenza FMS e a. (punti da 208 a 210).
50 Su tale punto, la Corte ha precisato che una decisione di rimpatrio non può essere adottata durante il periodo compreso tra la presentazione della domanda di protezione internazionale e l’adozione della decisione di primo grado che statuisce sulla stessa, poiché l’esistenza di un’autorizzazione a rimanere sul territorio esclude l’irregolarità del soggiorno del richiedente e quindi l’applicazione della direttiva rimpatri nei suoi confronti [v. sentenza del 9 novembre 2023, Odbor azylové a migrační politiky MV (Ambito d’applicazione della direttiva rimpatri) (C‑257/22, EU:C:2023:852, punti 39 e 40 nonché giurisprudenza ivi citata)]. L’adozione di una misura di trattenimento in via sussidiaria, per un motivo diverso da quello che giustifica la prima misura di trattenimento, sarebbe problematica anche dal punto di vista dell’esercizio dei diritti della difesa del richiedente, poiché quest’ultimo si troverebbe a dover contestare due fondamenti del trattenimento, uno in via principale e l’altro in via sussidiaria (e speculativa).
51 V. sentenza del 5 giugno 2014, Mahdi (C‑146/14 PPU, EU:C:2014:1320, punto 62). Il corsivo è mio.
52 Sentenza FMS e a. (punti 292 e 293).
53 In particolare, la Corte EDU ha dichiarato che la prassi consistente nel mantenere una persona in stato di detenzione a causa del deposito di un atto di imputazione costituiva una violazione dell’articolo 5, paragrafo 1, della CEDU [Corte EDU, 28 marzo 2000, Baranowski c. Polonia (CE:ECHR:2000:0328JUD002835895, §§ da 50 a 58)]. Analogamente, essa ha giudicato che la proroga automatica della custodia cautelare, prassi priva di un preciso fondamento normativo, era contraria all’articolo 5, paragrafo 1, della CEDU [Corte EDU, 9 marzo 2006, Svipsta c. Lettonia (CE:ECHR:2006:0309JUD006682001, § 86)]. Per contro, essa ha giudicato che il mantenimento in detenzione di una persona sulla base di una sentenza di un’autorità giudiziaria penale che disponeva un’integrazione informativa senza che si fosse statuito formalmente sul mantenimento in detenzione non comportava una violazione dell’articolo 5 della CEDU [Corte EDU, 8 novembre 2001, Laumont c. Francia (CE:ECHR:2001:1108JUD004362698, § 50)]. Infine, la mancanza di una giustificazione soddisfacente per una sostituzione di base giuridica di una detenzione può causare la violazione dell’articolo 5, paragrafo 1, della CEDU [Corte EDU, 1º luglio 2008, Calmanovici c. Romania (CE:ECHR:2008:0701JUD004225002, § 65)].
54 V. sentenza del 30 maggio 2013, Arslan (C‑534/11, EU:C:2013:343, punto 60) e del 6 dicembre 2011, Achughbabian (C‑329/11, EU:C:2011:807, punto 30).
55 Il corsivo è mio.
56 Il corsivo è mio.
57 V. articolo 15, paragrafo 2, terzo comma, lettere a) e b), della direttiva rimpatri. Nella pratica, la Commissione ritiene che, quando il trattenimento è disposto da autorità amministrative (ad esempio, dalla polizia), i termini per un pronto riesame giudiziario siano compresi tra ventiquattro e settantadue ore.
58 V. definizione contenuta nel dizionario Larousse, disponibile al seguente indirizzo: https://www.larousse.fr/dictionnaires/francais/imm%C3%A9diat/41685.
59 V. Corte EDU, 8 aprile 2004, Assanidzé c. Georgia (CE:ECHR:2004:0408JUD007150301, §§ da 173 a 175). Secondo la Corte EDU, «la detenzione di una persona per un periodo indeterminato e imprevedibile, che non sia fondata su una precisa disposizione di legge o su una decisione giudiziaria, è incompatibile con il principio della certezza del diritto, ha carattere arbitrario e contrasta con gli elementi fondamentali dello Stato di diritto».
60 V. Corte EDU, 4 giugno 2015, Ruslan Yakovenko c. Ucraina (CE:ECHR:2015:0604JUD000542511; in prosieguo: la «sentenza Yakovenko», § 68).
61 V. sentenze Yakovenko (ritardo di due giorni) e del 22 marzo 1995, Quinn c. Francia (CE:ECHR:1995:0322JUD001858091, §§ da 39 a 43) (ritardo di undici ore).
62 V. Corte EDU, 21 settembre 2021, Kerem Çiftçi c. Turchia (CE:ECHR:2021:0921JUD003520509, §§ da 32 a 34), in cui il ricorrente era stato illegittimamente detenuto per circa un’ora e mezza.
63 Sentenza del 6 dicembre 2011, Achughbabian (C‑329/11, EU:C:2011:807, punto 31).
64 V., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Wathelet nella causa Arslan (C‑534/11, EU:C:2013:52, paragrafo 73).
65 In udienza, la Commissione ha affermato che il periodo massimo di quarantotto ore sembra corrispondere alla durata media praticata negli Stati membri.
66 Per analogia, la Corte ha dichiarato che non ogni violazione del diritto di essere sentiti è tale da inficiare la legittimità del provvedimento adottato ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, ultimo comma, della direttiva rimpatri e da comportare, dunque, sistematicamente la rimessione in libertà del cittadino di cui trattasi [sentenza del 10 settembre 2013, G. e R. (C‑383/13 PPU, EU:C:2013:533, punti 39 e 40)].