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Document 62023CC0258

Conclusioni dell’avvocato generale L. Medina, presentate il 20 giugno 2024.


ECLI identifier: ECLI:EU:C:2024:537

Edizione provvisoria

LAILA MEDINA

presentate il 20 giugno 2024 (1)

Cause riunite da C258/23 a C260/23

IMI – Imagens Médicas Integradas SA (C258/23)

Synlabhealth II SA (C259/23)

SIBS – Sociedade Gestora de Participações Sociais SA,

SIBS, Cartões – Produção e Processamento de Cartões SA,

SIBS Processos – Serviços Interbancários de Processamento SA,

SIBS International SA,

SIBS Pagamentos SA,

SIBS Gest SA,

SIBS Forward Payment Solutions SA,

SIBS MB SA (C260/23)

contro

Autoridade da Concorrência

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal da Concorrência, Regulação e Supervisão (Tribunale della concorrenza, regolamentazione e vigilanza, Portogallo)]

«Rinvio pregiudiziale – Violazione delle regole di concorrenza – Applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE da parte di un’autorità nazionale garante della concorrenza – Sequestro di messaggi di posta elettronica – Mandato emesso dal pubblico ministero – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 7 – Violazione del diritto al rispetto delle comunicazioni»






I.      Introduzione

1.        Nelle sue tre domande di pronuncia pregiudiziale, oggetto delle presenti cause riunite, il Tribunal da Concorrência, Regulação e Supervisão (Tribunale della concorrenza, regolamentazione e vigilanza, Portogallo) sottopone alla Corte tre questioni pregiudiziali vertenti sull’interpretazione dell’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

2.        Tali questioni sono state sollevate nell’ambito di tre procedimenti tra la IMI – Imagens Médicas Integradas SA (in prosieguo: la «IMI»), diverse società del gruppo SIBS (in prosieguo, congiuntamente: il gruppo «SIBS») e la Synlabhealth II SA (in prosieguo: la «Synlabhealth») (in prosieguo, congiuntamente: le «ricorrenti nei procedimenti principali») e l’Autoridade da Concorrência (Autorità garante della concorrenza, Portogallo, in prosieguo: l’«AdC»), in merito alla legittimità del sequestro di messaggi di posta elettronica di dipendenti delle ricorrenti nei procedimenti principali, effettuato nel corso di perquisizioni nei locali di queste ultime nell’ambito di indagini svolte dall’AdC su presunte violazioni delle norme portoghesi in materia di concorrenza nonché, a seconda del caso, dell’articolo 101 o 102 TFUE.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

1.      Carta

3.        Ai sensi dell’articolo 7 della Carta, «[o]gni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e delle proprie comunicazioni».

4.        L’articolo 52, paragrafi 1 e 3, della Carta così dispone:

«1.      Eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui.

(…)

3.      Laddove la presente Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali [in prosieguo: la “CEDU”], il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta convenzione. La presente disposizione non preclude che il diritto dell’Unione conceda una protezione più estesa».

5.        L’articolo 53 della Carta, rubricato «Livello di protezione», stabilisce che «[n]essuna disposizione della presente Carta deve essere interpretata come limitativa o lesiva dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali riconosciuti, nel rispettivo ambito di applicazione, dal diritto dell’Unione, dal diritto internazionale, dalle convenzioni internazionali delle quali l’Unione o tutti gli Stati membri sono parti, in particolare dalla [CEDU], e dalle costituzioni degli Stati membri».

2.      Direttiva (UE) 2019/1

6.        Scopo della direttiva (UE) 2019/1 (2) è stabilire talune norme volte a garantire che le autorità nazionali garanti della concorrenza dispongano delle garanzie di indipendenza, delle risorse e dei poteri di indagine e sanzionatori necessari per applicare efficacemente gli articoli 101 e 102 TFUE. Ai sensi del suo considerando 31, «[l]e autorità (…) nazionali garanti della concorrenza dovrebbero poter effettuare tutti i necessari accertamenti ispettivi nei locali delle imprese e delle associazioni di imprese qualora (…) possano dimostrare che vi sono ragionevoli motivi per sospettare un’infrazione dell’articolo 101 o 102 TFUE. La presente direttiva non dovrebbe ostare a che gli Stati membri esigano l’autorizzazione preventiva di un’autorità giudiziaria nazionale per tali accertamenti ispettivi». Il considerando 32 di tale direttiva enuncia, nella parte finale, che «[i]l potere di controllare libri o documenti dovrebbe includere tutte le forme di corrispondenza, compresi i messaggi elettronici, indipendentemente dal fatto che appaiano non letti o siano stati cancellati». Il considerando 73 di detta direttiva afferma che «[l]e prove sono un elemento importante nell’applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE» e che «le [autorità nazionali garanti della concorrenza] dovrebbero essere in grado di considerare elementi probatori pertinenti i messaggi elettronici, indipendentemente dal fatto che tali messaggi appaiano non letti o siano stati cancellati».

7.        L’articolo 6 della direttiva 2019/1, rubricato «Potere di effettuare accertamenti ispettivi nei locali dell’impresa», al suo paragrafo 1 stabilisce che gli Stati membri provvedono affinché le autorità nazionali garanti della concorrenza possano svolgere tutti gli accertamenti ispettivi a sorpresa necessari presso le imprese e le associazioni di imprese ai fini dell’applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE e che esse dispongano, inter alia, del potere di «controllare i libri e qualsiasi altro documento connesso all’azienda, su qualsiasi forma di supporto, e avere il diritto di accedere a tutte le informazioni accessibili all’entità oggetto dell’accertamento ispettivo» nonché di «fare o acquisire, sotto qualsiasi forma, copie o estratti dei suddetti libri o documenti». Il paragrafo 3 dell’articolo in parola precisa che quest’ultimo «lascia impregiudicati i requisiti previsti dal diritto nazionale riguardo all’autorizzazione preventiva dell’autorità giudiziaria nazionale per tali accertamenti ispettivi».

8.        L’articolo 32 di tale direttiva, rubricato «Ammissibilità delle prove dinanzi alle autorità nazionali garanti della concorrenza», prevede che «[g]li Stati membri provvedono affinché i tipi di prove ammissibili dinanzi a un’autorità nazionale garante della concorrenza comprendano (…) i messaggi elettronici».

B.      Diritto portoghese

9.        L’articolo 34, paragrafo 1, della Costituzione della Repubblica portoghese (in prosieguo: la «CRP»), rubricato «Inviolabilità del domicilio e della corrispondenza», sancisce che «[i]l domicilio e la segretezza della corrispondenza e degli altri mezzi di comunicazione privata sono inviolabili». Il paragrafo 4 di tale articolo stabilisce che «[è] vietata qualsiasi ingerenza delle autorità pubbliche nella corrispondenza, nelle telecomunicazioni o in qualsiasi altro mezzo di comunicazione, salvo i casi previsti dalla legge in materia di procedura penale».

10.      La lei n. 19/2012 (novo regime jurídico da concorrência) (legge n. 19/2012 recante approvazione del nuovo regime giuridico della concorrenza), dell’8 maggio 2012 (in prosieguo: la «legge sulla concorrenza»), quale applicabile fino al 15 settembre 2022, disponeva, all’articolo 18, paragrafo 1, lettera c), che, nell’esercizio dei propri poteri sanzionatori, l’AdC avesse il diritto di «effettuare, nei locali, nei terreni o nei mezzi di trasporto di imprese o associazioni di imprese, operazioni di ricerca, esame, recupero e sequestro di estratti di scritti e di altri documenti, a prescindere dal loro supporto, ogniqualvolta siffatte misure risultino necessarie per l’acquisizione di prove». Ai sensi del paragrafo 2 dell’articolo in questione, tali misure erano subordinate all’«autorizzazione dell’autorità giudiziaria competente» (3).

11.      L’articolo 20, paragrafo 1, della suddetta legge dispone che il sequestro di documenti, indipendentemente dalla loro natura o dal loro supporto, è autorizzato, ordinato o convalidato con decisione dell’autorità giudiziaria.

12.      L’articolo 21 della legge sulla concorrenza, quale applicabile fino al 15 settembre 2022, stabiliva che, «[a]i fini dell’autorizzazione delle misure di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettere c) e d), (...) e all’articolo 20, sono competenti il pubblico ministero dell’organo giurisdizionale della sede dell’[AdC] o, se espressamente previsto, il giudice istruttore dello stesso organo giurisdizionale» (4).

13.      La legge sulla concorrenza è stata modificata, con effetto dal 16 settembre 2022, dalla legge n. 17/2022, del 17 agosto 2022, che recepisce la direttiva 2019/1. Tale legge ha aggiunto un paragrafo 4 all’articolo 18 della legge sulla concorrenza, ai sensi del quale il rifiuto, da parte dell’autorità giudiziaria competente, di concedere all’AdC l’autorizzazione di cui a tale articolo può formare oggetto «a) di un ricorso dinanzi al suo superiore gerarchico. se la decisione promana da un agente del pubblico ministero; b) di un ricorso dinanzi alla Corte d’appello, che si pronuncia in ultima istanza, se la decisione promana dal giudice istruttore».

14.      L’articolo 21 della legge sulla concorrenza, come modificata dalla legge n. 17/2022 del 17 agosto 2022, stabilisce che «[l]’autorità giudiziaria competente dell’organo giurisdizionale della sede dell’[AdC] è legittimata ad autorizzare le misure previste all’articolo 18, paragrafo 1, lettere da a) a d), all’articolo 19 e all’articolo 20».

III. Procedimenti principali, questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

15.      Dalle decisioni di rinvio risulta che, nell’ambito di ciascuna delle indagini riguardanti le ricorrenti nei procedimenti principali (5), l’AdC ha ritenuto necessario procedere a «misure di perquisizione, esame, raccolta e acquisizione di prove». A tal fine, essa ha chiesto all’autorità giudiziaria competente, nella fattispecie il pubblico ministero, di autorizzare siffatte misure. Tali richieste sono state accolte e, conformemente ai mandati emessi dal pubblico ministero, è stato autorizzato, in particolare, il sequestro di «[c]opie o estratti di scritture contabili e di altri documenti, aperti e archiviati o aperti e in circolazione presso i servizi, in particolare messaggi di posta elettronica e documenti interni di comunicazione di informazioni tra distinti livelli gerarchici e di preparazione di decisioni nell’ambito della politica commerciale delle imprese, nonché i verbali di riunioni di direzione o di amministrazione, che si trovino o meno in un luogo riservato o non liberamente accessibile al pubblico, compreso qualsiasi supporto informatico o computer, nonché l’esame e la copia delle informazioni in essi contenute, direttamente o indirettamente collegate a pratiche anticoncorrenziali».

16.      Dagli atti giudiziari trasmessi alla cancelleria della Corte risulta che le operazioni di perquisizione, raccolta e sequestro hanno avuto luogo presso i locali delle ricorrenti nei procedimenti principali tra il gennaio 2021 e il marzo 2022 (6). Nel corso di tali operazioni, a seguito della perquisizione della posta elettronica dei dipendenti delle società sottoposte ad accertamento ispettivo, sono state sequestrate diverse migliaia di file informatici giudicati rilevanti ai fini delle indagini. In ciascun caso, le ricorrenti nei procedimenti principali si sono opposte a tali sequestri, facendo valere che essi erano illegittimi in quanto violavano il loro diritto alla segretezza della corrispondenza e, in ogni caso, in quanto non erano stati autorizzati dal giudice istruttore. Le ricorrenti nei procedimenti principali hanno successivamente impugnato dinanzi al giudice del rinvio le decisioni dell’AdC che respingevano le loro opposizioni.

17.      Tale giudice spiega che la legge sulla concorrenza richiede un’autorizzazione del giudice istruttore solo in caso di sequestro di documenti presso istituti bancari, perquisizioni domiciliari e perquisizioni in studi legali o studi medici. Negli altri casi, sarebbe sufficiente un’autorizzazione del pubblico ministero, in quanto autorità giudiziaria. Esso sottolinea che, sebbene l’oggetto dei procedimenti principali sia un illecito amministrativo, le disposizioni della legge sulla concorrenza sono in linea con il criterio su cui si basa il regime penale. Pertanto, quando i mezzi di assunzione delle prove possono violare i diritti fondamentali, è necessario l’intervento del giudice istruttore, mentre, negli altri casi, è richiesto solo l’intervento del pubblico ministero, al quale spetta dirigere l’indagine. Di conseguenza, si porrebbe la questione se, come sostengono le ricorrenti nei procedimenti principali, il solo fatto che i documenti sequestrati dall’AdC provengano da comunicazioni contenute nella posta elettronica funzionale dei dipendenti delle imprese interessate consenta di qualificare tali documenti come «corrispondenza», la cui inviolabilità costituisce un diritto fondamentale che gode di un livello di protezione più elevato. Il giudice del rinvio precisa di aver già avuto modo di rispondere negativamente a tale questione in passato.

18.      In tali circostanze, il Tribunal da Concorrência, Regulação e Supervisão (Tribunale della concorrenza, regolamentazione e vigilanza) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte, in ciascuno dei procedimenti principali, le seguenti questioni pregiudiziali (7):

«1)      Se i documenti aziendali controversi, trasmessi mediante posta elettronica, costituiscano “corrispondenza” ai sensi dell’articolo 7 della [Carta].

2)      Se l’articolo 7 della [Carta] osti al sequestro di documenti aziendali risultanti da comunicazioni effettuate tra amministratori e dipendenti di imprese mediante posta elettronica, qualora si tratti di indagini su accordi e pratiche vietate a norma dell’articolo 101 TFUE (ex articolo 81 TCE) [o, nella causa C‑260/23, dell’articolo 102 TFUE (ex articolo 8 TCE)].

3)      Se l’articolo 7 della [Carta] osti al sequestro di detti documenti aziendali previa autorizzazione dell’autorità giudiziaria, nella fattispecie il Pubblico ministero, al quale spetta rappresentare lo Stato, difendere gli interessi determinati dalla legge, esercitare l’azione penale sulla base del principio di legalità e difendere la legalità democratica conformemente alla Costituzione, e che agisce in autonomia rispetto agli altri organi del potere centrale, regionale e locale».

19.      Con decisione del presidente della Corte, le cause C‑258/23, C‑259/23 e C‑260/23 sono state riunite ai fini delle fasi scritta e orale del procedimento, nonché della sentenza. Le parti nei procedimenti principali, i governi portoghese, ceco e greco nonché la Commissione hanno presentato osservazioni scritte, ai sensi dell’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea.

IV.    Valutazione

20.      Come richiesto dalla Corte, nelle presenti conclusioni mi limiterò a esaminare la terza questione pregiudiziale. Tuttavia, poiché la risposta a tale questione è logicamente subordinata alle risposte da dare alle prime due questioni, occorre esaminare brevemente queste ultime questioni prima di affrontare la terza. Tale esame sarà preceduto da alcune osservazioni preliminari, che riguardano i rinvii pregiudiziali nel loro insieme.

A.      Osservazioni preliminari

21.      Rilevo, anzitutto, che non vi è dubbio che la Carta si applichi alle controversie di cui ai procedimenti principali, le quali vertono sulla questione del rispetto dei diritti fondamentali durante gli accertamenti ispettivi effettuati da un’autorità nazionale garante della concorrenza nell’ambito di indagini per infrazioni degli articoli 101 e 102 TFUE (8).

22.      Occorre poi formulare due osservazioni quanto al contesto normativo delle presenti cause riunite.

23.      Per quanto riguarda, in primo luogo, il contesto normativo nazionale, rilevo che dalle osservazioni scritte depositate dalle parti nei procedimenti principali e dalla Commissione emerge che, con due sentenze, rispettivamente del 16 marzo 2023 (9) e del 26 maggio 2023 (10), il Tribunal Constitucional (Corte costituzionale, Portogallo) ha dichiarato incostituzionale la norma tratta dall’articolo 18, paragrafo 1, lettera c), e dall’articolo 20, paragrafo 1, della legge sulla concorrenza, sulla base della quale l’AdC procedeva alla perquisizione e al sequestro di messaggi di posta elettronica «aperti», vale a dire di messaggi contrassegnati come «letti», su semplice autorizzazione del pubblico ministero (in prosieguo: le «sentenze del 2023»). In tali sentenze, il Tribunal Constitucional (Corte costituzionale), da un lato, ha respinto la distinzione tra messaggi di posta elettronica aperti/letti, costituenti semplici «documenti», e messaggi di posta elettronica chiusi/non letti, rientranti nella nozione di «corrispondenza», sulla quale si erano fondati i giudici portoghesi per giustificare la legittimità del sequestro da parte dell’AdC di messaggi di posta elettronica rientranti nella prima categoria con il solo consenso del pubblico ministero (11). Il Tribunal Constitucional (Corte costituzionale) ha ritenuto che tutti i messaggi di posta elettronica, aperti o chiusi, godessero delle garanzie previste all’articolo 34 della CRP, fino a che non fossero stati conservati in un luogo accessibile solo al destinatario (12). Dall’altro lato, i giudici costituzionali portoghesi hanno ritenuto che la perquisizione e il sequestro di messaggi di posta elettronica durante gli accertamenti ispettivi condotti dall’AdC al fine di raccogliere prove nell’ambito di procedimenti per violazioni delle regole di concorrenza nazionali e dell’Unione ricadessero nell’ambito dell’eccezione di cui all’articolo 34, paragrafo 4, parte finale, della CRP, ma che potessero essere autorizzati solo dal giudice istruttore (13). Sebbene il giudice del rinvio non abbia menzionato le sentenze succitate – delle quali solo la prima è anteriore alla data dei presenti rinvii pregiudiziali (14) – dalle osservazioni depositate dinanzi alla Corte dalle parti nei procedimenti principali risulta segnatamente che la dichiarazione di incostituzionalità pronunciata dal Tribunal constitucional (Corte costituzionale) si inserisce nel contesto di diritto e di fatto che ha indotto tale organo giurisdizionale ad adire la Corte. In tale contesto, segnalo che il Tribunal da Concorrência, Regulação e Supervisão (Tribunale della concorrenza, regolamentazione e vigilanza) ha proposto, nell’aprile 2024, due nuove domande di pronuncia pregiudiziale, sollevando in sostanza le medesime questioni, nelle quali vengono dettagliatamente illustrate le sentenze del 2023 e le conseguenze delle stesse sui poteri di accertamento ispettivo e di sequestro dell’AdC (15).

24.      Per quanto riguarda, in secondo luogo, il contesto normativo dell’Unione, rilevo che non è certo che la direttiva 2019/1 si applichi a tutti i procedimenti principali. Conformemente al suo articolo 36, tale direttiva è infatti entrata in vigore il 3 febbraio 2019 e, come risulta dal suo articolo 34, paragrafo 1, gli Stati membri erano tenuti a mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi a detta direttiva entro il 4 febbraio 2021. In ogni caso, come spiegherò nel prosieguo della mia analisi, la direttiva in parola non è direttamente pertinente, quantomeno ai fini della risposta da dare alla terza questione pregiudiziale, sulla quale si concentrano le presenti conclusioni.

25.      Precisato ciò, occorre svolgere alcune brevi osservazioni sugli argomenti addotti dalle ricorrenti nei procedimenti principali per contestare la ricevibilità dei rinvii pregiudiziali.

26.      Nella causa C‑258/23, la IMI sostiene che, poiché il giudice del rinvio non ha portato a conoscenza della Corte la sentenza n. 91/2023, il rinvio pregiudiziale non garantisce che la risposta che verrà fornita da quest’ultima sia la più completa e utile possibile. A tal riguardo, rilevo che la domanda di pronuncia pregiudiziale è diretta a chiedere alla Corte di chiarire la portata della protezione conferita dall’articolo 7 della Carta contro misure come quelle di cui trattasi nel procedimento principale in un contesto che rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione. L’utilità di una siffatta interpretazione ai fini della soluzione della controversia principale non può quindi essere rimessa in discussione, quantomeno senza oltrepassare i limiti di una mera contestazione della ricevibilità del rinvio pregiudiziale e avviare il dibattito nel merito.

27.      Nella causa C‑259/23, la Synlabhealth fa valere che le decisioni di rinvio omettono numerosi fatti essenziali per la comprensione della controversia (16) nonché le disposizioni giuridiche applicabili. A tal riguardo, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, recepita nell’articolo 94, lettere a) e b), del regolamento di procedura della Corte, l’esigenza di giungere a un’interpretazione del diritto dell’Unione che sia utile al giudice nazionale impone che quest’ultimo definisca il contesto materiale e normativo in cui si inseriscono le questioni sollevate, o almeno che esso spieghi le ipotesi di fatto su cui tali questioni sono fondate (17). La domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa C‑259/23 soddisfa, a mio avviso, tali requisiti. Da un lato, essa contiene elementi sufficienti per consentire alla Corte di comprendere tanto il contesto materiale e normativo della controversia principale quanto il significato e la portata delle questioni sollevate. Dall’altro lato, la questione se, come sostiene la Synlabhealth, l’AdC abbia ecceduto i limiti dell’autorizzazione del pubblico ministero nell’effettuare gli accertamenti ispettivi e i sequestri nei locali di tale società rientra nella valutazione dei fatti e, pertanto, nella competenza esclusiva del giudice del rinvio (18). La Synlabhealth fa parimenti valere di non essere stata ascoltata sulle questioni pregiudiziali, in violazione dei requisiti procedurali previsti dal diritto portoghese, ragion per cui essa ha proposto un ricorso avverso la decisione di rinvio (19). Essa chiede alla Corte di sospendere il procedimento in attesa di una decisione su detto ricorso. A tal riguardo, ricordo che da una costante giurisprudenza risulta che, nell’ambito di un procedimento pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267 TFUE, non spetta alla Corte, alla luce della ripartizione delle funzioni tra essa e il giudice nazionale, verificare se la decisione di rinvio sia stata adottata in conformità delle norme nazionali in materia di ordinamento giudiziario e di procedure giurisdizionali. La Corte deve quindi attenersi alla decisione di rinvio promanante da un giudice di uno Stato membro, fintantoché essa non sia stata annullata a seguito dell’esperimento dei rimedi giurisdizionali eventualmente previsti dal diritto nazionale (20). La domanda della Synlabhealth deve essere pertanto respinta. Ad abundantiam, rilevo infine che, nelle sue osservazioni scritte, la Synlabhealth deduce una violazione del suo diritto di partecipare al procedimento dinanzi alla Corte, in quanto non le è stata notificata la decisione del presidente di riunire la causa C‑259/23 con le cause C‑258/23 e C‑260/23, né le domande di pronuncia pregiudiziale in tali ultime due cause. A questo proposito, mi limiterò a evidenziare che l’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e l’articolo 96, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte contengono un elenco esaustivo degli interessati che possono presentare osservazioni nell’ambito di un procedimento pregiudiziale. Tale diritto non può quindi essere esteso a persone fisiche o giuridiche che non siano espressamente previste (21). Inoltre, le «parti nel procedimento principale» sono, ai sensi dell’articolo 97, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, quelle individuate come tali dal giudice del rinvio, in osservanza delle norme di procedura nazionali. Orbene, la Synlabhealth, non essendo parte nei procedimenti principali nelle cause C‑258/23 e C‑260/23, non può essere autorizzata a presentare osservazioni dinanzi alla Corte in dette cause. Tale conclusione non è rimessa in discussione dal fatto che la Corte ha deciso di riunire più rinvii pregiudiziali per ragioni di connessione a norma dell’articolo 54 del proprio regolamento di procedura.

28.      Nella causa C‑260/23, il gruppo SIBS fa valere, da un lato, che il rinvio pregiudiziale è stato proposto in un momento in cui i fatti non erano ancora stati accertati o discussi e, dall’altro, che le questioni sollevate sono irrilevanti rispetto all’oggetto della controversia, che implicherebbe una valutazione della legittimità delle misure in questione alla luce del diritto portoghese e non della Carta. Per quanto riguarda il primo argomento, occorre ricordare che spetta al giudice nazionale decidere in quale fase del procedimento sia necessario sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale (22). Pertanto, tale argomento deve essere respinto. Lo stesso vale per il secondo argomento, che si fonda su affermazioni che implicano un esame del merito delle questioni pregiudiziali.

B.      Sulle prime due questioni pregiudiziali

29.      Come ho annunciato, svolgerò alcune brevi osservazioni sulle prime due questioni, che costituiscono un presupposto logico per la terza.

30.      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, alla Corte se messaggi di posta elettronica di carattere aziendale, scambiati tra dipendenti e amministratori di un’impresa tramite il sistema di messaggistica di quest’ultima, rientrino nella nozione di «comunicazioni» (23) ai sensi dell’articolo 7 della Carta. A tale questione, che ritengo ricevibile nonostante gli argomenti contrari dedotti dalla IMI (24), si deve, a mio avviso, rispondere in senso affermativo.

31.      A tal proposito, rammento che, richiamando la giurisprudenza della Corte EDU, nella sentenza del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses (25), la Corte ha già avuto l’opportunità di affermare che il sequestro di messaggi di posta elettronica effettuati durante visite domiciliari nei locali aziendali o commerciali di una persona fisica o nei locali di una società commerciale costituiscono ingerenze nell’esercizio del diritto al rispetto della corrispondenza garantito dall’articolo 8, paragrafo 1, della CEDU (26) e, pertanto, in applicazione dell’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, nell’esercizio del corrispondente diritto sancito all’articolo 7 di quest’ultima (27). Tale affermazione vale per i sequestri effettuati sia nell’ambito di un procedimento penale sia nell’ambito di un procedimento amministrativo (28). Peraltro, la qualificazione dei messaggi di posta elettronica come «corrispondenza» ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, della CEDU e come «comunicazioni» ai sensi dell’articolo 7 della Carta prescinde dalla circostanza che tali messaggi di posta elettronica siano già stati ricevuti dal destinatario, letti, non letti o cancellati, dal fatto che la comunicazione sia stata inviata da locali o attrezzature aziendali (29) o tramite la posta elettronica aziendale (30) o dal fatto che l’indirizzo del mittente o del destinatario sia quello di una persona giuridica (31) o dalla questione che il loro contenuto abbia carattere privato o meno (32). Pertanto, la circostanza che, alla luce del suo contenuto, un messaggio di posta elettronica possa essere qualificato come «aziendale» non consente di privarlo della protezione che l’articolo 7 della Carta garantisce alle comunicazioni. Infine, tale protezione non riguarda solo il contenuto dei messaggi di posta elettronica, ma si estende anche ai dati personali relativi al traffico da essi generato, parimenti tutelati dall’articolo 8 della Carta (33).

32.      Con la sua seconda questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede in sostanza alla Corte se l’articolo 7 della Carta osti al sequestro, da parte di un’autorità nazionale garante della concorrenza, nel corso di un accertamento ispettivo dei locali commerciali di imprese sospettate di aver violato gli articoli 101 o 102 TFUE, di messaggi di posta elettronica di carattere aziendale scambiati tra dipendenti e amministratori di dette imprese. A tale questione occorre, a mio avviso, rispondere in senso negativo.

33.      Rammento che, conformemente all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, limitazioni all’esercizio del diritto al rispetto delle comunicazioni sancito dall’articolo 7 della Carta possono avere luogo solo se sono previste dalla legge, se rispettano il contenuto essenziale di tale diritto e se, nel rispetto del principio di proporzionalità, sono necessarie e rispondono effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui (34).

34.      Nel caso di specie, per quanto riguarda, in primo luogo, la condizione relativa al rispetto del principio di legalità, occorre rilevare che le misure di cui trattasi nei procedimenti principali si fondano sugli articoli da 18 a 21 della legge sulla concorrenza.

35.      Per quanto concerne, in secondo luogo, il rispetto del contenuto essenziale del diritto alla segretezza delle comunicazioni, rilevo che è certamente vero che perquisizioni e sequestri come quelli di cui trattasi nei procedimenti principali implicano l’accesso al contenuto delle comunicazioni in quanto tale (35). Tuttavia, nel caso di specie, dalle decisioni di rinvio risulta che solo i messaggi che attengono all’oggetto dell’indagine sono, in linea di principio, oggetto di tali misure in modo puntuale. Inoltre, per quanto attiene all’ingerenza nel diritto al rispetto delle comunicazioni delle persone fisiche interessate, tali misure sembrano riguardare solo aspetti della loro vita professionale e non la loro sfera privata e intima. Orbene, dalla giurisprudenza della Corte risulta che l’esistenza di una violazione del contenuto essenziale dei diritti sanciti dall’articolo 7 della Carta deve essere valutata principalmente sotto il profilo quantitativo (36). Ritengo, pertanto, che, fatte salve le verifiche che dovranno essere effettuate dal giudice del rinvio, la seconda condizione di cui all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta sia parimenti soddisfatta nel caso di specie e che le misure all’origine dei procedimenti principali non possano pregiudicare il contenuto essenziale del diritto al rispetto delle comunicazioni delle persone fisiche o giuridiche interessate.

36.      Per quanto attiene, in terzo luogo, agli obiettivi perseguiti, le ingerenze nell’esercizio dei diritti sanciti all’articolo 7 della Carta, derivanti dagli accertamenti ispettivi e dai sequestri effettuati dalle autorità nazionali garanti della concorrenza quando queste applicano, conformemente all’articolo 3, paragrafo 1, e all’articolo 5 del regolamento (CE) n. 1/2003 (37), gli articoli 101 e 102 TFUE, hanno lo scopo di individuare pratiche contrarie a tali disposizioni. Orbene, la Corte ha già avuto occasione di affermare che gli articoli 101 e 102 TFUE sono disposizioni di ordine pubblico che vietano, rispettivamente, le intese e gli abusi di posizione dominante e che perseguono l’obiettivo, essenziale per il funzionamento del mercato interno, di garantire che la concorrenza non sia falsata in tale mercato (38).

37.      Con riferimento, in quarto luogo, al rispetto del principio di proporzionalità, ricordo che tale principio richiede che le limitazioni che possono essere apportate ai diritti e alle libertà sanciti nella Carta non superino i limiti di quanto idoneo e necessario al conseguimento degli scopi legittimi perseguiti, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva. Inoltre, un obiettivo di interesse generale non può essere perseguito senza tener conto del fatto che esso deve essere conciliato con i diritti fondamentali interessati dalla misura, effettuando un contemperamento equilibrato tra, da un lato, l’obiettivo di interesse generale e, dall’altro, i diritti di cui trattasi, al fine di garantire che gli inconvenienti causati da tale misura non siano sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti. Così, la possibilità per gli Stati membri di giustificare una limitazione ai diritti garantiti dall’articolo 7 della Carta deve essere valutata misurando la gravità dell’ingerenza che una limitazione siffatta comporta, e verificando che l’importanza dell’obiettivo di interesse generale perseguito da tale limitazione sia adeguata a detta gravità (39).

38.      Nel caso di specie, l’importanza dell’obiettivo di tutelare una concorrenza effettiva e non falsata nel mercato interno può, a mio avviso, giustificare un’ingerenza, anche grave, nel diritto al rispetto delle comunicazioni delle società, tenendo altresì presente che, come riconosciuto dalla Corte EDU e dalla Corte, l’ingerenza pubblica può più facilmente estendersi quando riguarda locali o attività aziendali o commerciali (40). Peraltro, come giustamente sottolineato dalla Commissione, nell’attuale contesto digitale, la corrispondenza elettronica costituisce uno dei principali mezzi di comunicazione per le imprese. Di conseguenza, le varie forme in cui si svolge tale corrispondenza, come i messaggi scambiati tramite caselle di posta elettronica aziendali, sono diventate elementi di prova spesso insostituibili per individuare pratiche anticoncorrenziali (41). Dalla giurisprudenza della Corte risulta d’altronde che la perquisizione e il sequestro di messaggi di posta elettronica da parte della Commissione nell’esercizio dei poteri che le sono conferiti dall’articolo 20 del regolamento n. 1/2003 sono ammissibili (42) a condizione che siano inseriti nel fascicolo solo i messaggi pertinenti (43). Parimenti, dalla giurisprudenza della Corte EDU risulta che siffatte misure non sono a priori escluse dall’ambito di procedimenti amministrativi, qualora l’ingerenza nel diritto al rispetto della corrispondenza sia connessa all’importanza dell’obiettivo legittimo perseguito (44).

39.      Alla luce delle considerazioni che precedono, ritengo che l’articolo 7 della Carta non osti alla perquisizione e al sequestro, da parte di un’autorità nazionale garante della concorrenza, di messaggi di posta elettronica scambiati tramite la casella di posta elettronica interna di un’impresa sottoposta a un accertamento ispettivo nei suoi locali aziendali o commerciali nell’ambito di un’indagine per violazione delle regole di concorrenza, purché tali messaggi siano pertinenti rispetto all’oggetto dell’accertamento ispettivo.

C.      Sulla terza questione pregiudiziale

40.      Con la sua terza questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede in sostanza alla Corte se l’articolo 7 della Carta osti a che il sequestro, da parte di un’autorità nazionale garante della concorrenza, di messaggi di posta elettronica tra dipendenti e amministratori di un’impresa nel corso di un accertamento ispettivo nei locali aziendali o commerciali di quest’ultima nell’ambito di un’indagine per violazione degli articoli 101 o 102 TFUE sia autorizzato da un organo quale il pubblico ministero nel diritto portoghese, al quale spetta rappresentare lo Stato ed esercitare l’azione penale nell’interesse generale nonché difendere la legalità democratica conformemente alla Costituzione e che agisce in autonomia.

41.      Per rispondere a tale questione, occorre anzitutto ricordare brevemente la giurisprudenza della Corte EDU e della Corte in materia di perquisizioni e sequestri nei locali aziendali, al fine di definire gli standard di protezione previsti, rispettivamente, dall’articolo 8 della CEDU e dall’articolo 7 della Carta, contro siffatte ingerenze, in particolare, nel diritto al rispetto della corrispondenza delle società.

42.      Per quanto concerne l’articolo 8 della CEDU, occorre anzitutto ricordare che dalla giurisprudenza della Corte EDU emerge che la protezione prevista da tale articolo può estendersi a taluni locali commerciali e che le misure di perquisizione e di sequestro in tali locali costituiscono ingerenze nel diritto delle società interessate al rispetto del «domicilio» e della «corrispondenza» (45). Tale Corte ha tuttavia precisato, come ho già avuto modo di osservare, che l’ingerenza pubblica potrebbe spingersi oltre nel caso dei locali o delle attività aziendali o commerciali piuttosto che in altri casi (46). Inoltre, il margine di discrezionalità lasciato allo Stato per valutare la necessità di un’ingerenza è più ampio quando la misura riguarda persone giuridiche e non persone fisiche (47). Occorre poi rilevare che da un’analisi delle sentenze della Corte EDU in materia emerge che quest’ultima esamina la conformità all’articolo 8 della CEDU delle misure di perquisizione e sequestro nei locali delle società sulla base di una valutazione globale del complesso delle circostanze di diritto e di fatto pertinenti del caso di specie, quali, segnatamente, la portata dei poteri conferiti all’autorità competente, le circostanze in cui si è verificata l’ingerenza e le diverse garanzie previste dall’ordinamento giuridico interessato (48), tra le quali la possibilità di un effettivo controllo giurisdizionale a posteriori (49) è, in particolare, considerata da detta Corte come costitutiva di una garanzia fondamentale (50). La Corte EDU ha parimenti sottolineato la necessità di una ponderazione delle ingerenze con l’importanza dell’interesse pubblico tutelato (51). Nella sentenza del 2 ottobre 2014, Delta Pekárny a.s. c. Repubblica ceca (52), con riferimento all’accertamento ispettivo dei locali nel contesto di pratiche anticoncorrenziali, la Corte EDU ha espressamente affermato che, in materia di perquisizioni domiciliari nei locali di una società, l’assenza del previo rilascio di un’autorizzazione dell’accertamento da parte di un giudice può essere compensata da un controllo giurisdizionale ex post facto sulla legittimità e sulla necessità di una simile misura istruttoria, purché detto controllo sia efficace nelle particolari circostanze del caso di specie. Ciò implica che gli interessati possano ottenere un controllo giurisdizionale effettivo, tanto in fatto quanto in diritto, della misura controversa e del suo svolgimento e che quando un’operazione dichiarata irregolare abbia già avuto luogo, il ricorso o i ricorsi disponibili permettono di fornire all’interessato un rimedio adeguato. In generale, ai fini della presente causa, dalla giurisprudenza della Corte EDU emerge che il diritto fondamentale all’inviolabilità del domicilio, quale tutelato dall’articolo 8 della CEDU, non è violato, nel caso di ispezioni nei locali aziendali, per il solo fatto dell’assenza di una previa autorizzazione giudiziaria, purché siano poste in essere garanzie adeguate e sufficienti contro gli abusi, in particolare, un controllo giurisdizionale ex post completo delle misure in questione. Lo stesso vale per il diritto al rispetto della corrispondenza, garantito da tale articolo, dato che la questione del sequestro delle comunicazioni delle società è, secondo la giurisprudenza della Corte EDU, strettamente connessa a quella delle perquisizioni effettuate nei loro locali (53).

43.      I medesimi principi si ritrovano nella giurisprudenza della Corte relativa all’articolo 7 della Carta. In tal senso, nella sentenza WebMindLicences, con riferimento al sequestro di messaggi di posta elettronica nell’ambito di un procedimento penale, la Corte ha affermato che, in mancanza di previa autorizzazione giudiziaria, la tutela degli individui contro violazioni arbitrarie da parte dei pubblici poteri ai diritti garantiti da tale articolo richiede una disciplina normativa e una limitazione rigorose di un siffatto sequestro. Essa ha precisato, da un lato, che tale sequestro può essere compatibile con detto articolo 7 solo se la normativa e la prassi interne offrono garanzie adeguate e sufficienti contro gli abusi e l’arbitrio e, dall’altro, che la mancanza di un previo mandato giudiziario può, in una certa misura, essere controbilanciata dalla possibilità, per la persona interessata dal sequestro, di richiedere ex post un controllo giurisdizionale vertente tanto sulla sua legittimità quanto sulla sua necessità, controllo che deve essere efficace nelle circostanze specifiche della causa di cui trattasi (54). Per quanto riguarda, più in particolare, i poteri di verifica della Commissione, la Corte ha già avuto modo di precisare che il sistema istituito nell’Unione europea soddisfa i requisiti dell’articolo 8 della CEDU, come interpretato dalla Corte EDU, nonché dell’articolo 7 della Carta e che l’assenza di un’autorizzazione preventiva giudiziaria non poteva comportare, in quanto tale, l’illegittimità di una misura di accertamento decisa dalla Commissione. La Corte ha segnatamente evidenziato che l’articolo 20 del regolamento n. 1/2003 stabilisce tanto una disciplina normativa per tali poteri quanto limitazioni rigorose al loro esercizio e precisa espressamente, al suo paragrafo 8, che la Corte è competente ad esercitare un controllo di legittimità della decisione di accertamento adottata dalla Commissione, controllo che interviene sia sulle questioni di diritto che sulle questioni di fatto e che è quindi completo (55).

44.      Orbene, il livello di protezione garantito dall’articolo 7 della Carta, come interpretato dalla Corte, si impone con ogni evidenza all’esercizio dei poteri di perquisizione e di sequestro da parte delle autorità nazionali garanti della concorrenza quando esse applicano gli articoli 101 e 102 TFUE (56)

45.      Pertanto, alla luce di quanto esposto ai paragrafi 42 e 43 delle presenti conclusioni, si deve concludere che l’articolo 7 della Carta non osta alla normativa di uno Stato membro in forza della quale, nell’ambito di un’indagine su una presunta violazione dell’articolo 101 TFUE o dell’articolo 102 TFUE, l’autorità nazionale garante della concorrenza può procedere alla perquisizione e al sequestro di messaggi di posta elettronica il cui contenuto sia connesso all’oggetto dell’accertamento ispettivo senza disporre di un’autorizzazione giudiziaria preventiva, a condizione che siano previste una disciplina normativa rigorosa dei poteri di tale autorità nonché garanzie adeguate e sufficienti contro gli abusi e l’arbitrio, segnatamente un controllo giurisdizionale ex post completo delle misure in questione.

46.      Una siffatta conclusione non è tuttavia sufficiente per fornire una risposta completa alla questione sollevata dal giudice del rinvio. È infatti necessario affrontare tale questione anche da un punto di vista diverso e verificare se, in circostanze come quelle di cui ai procedimenti principali, il diritto dell’Unione osti a che uno Stato membro applichi un livello nazionale di protezione del diritto fondamentale al rispetto delle comunicazioni garantito dall’articolo 7 della Carta superiore a quello previsto da tale disposizione, come interpretata dalla Corte, in particolare imponendo all’autorità nazionale garante della concorrenza di ottenere un’autorizzazione giudiziaria preventiva per poter effettuare accertamenti ispettivi e sequestri nei locali di una società.

47.      A tal riguardo, occorre osservare che la Carta si inserisce in un sistema di tutela dei diritti fondamentali in Europa che si articola in più livelli, parallelamente, da un lato, le norme e le convenzioni di diritto internazionale, tra le quali figura segnatamente la CEDU, e, dall’altro, le costituzioni nazionali. In tale contesto, l’articolo 53 della Carta mira a chiarire che la Carta non può essere utilizzata per giustificare un regresso in termini di livello di protezione dei diritti fondamentali offerto dal diritto internazionale, dal diritto dell’Unione o dal diritto degli Stati membri. La tutela dei diritti fondamentali offerta dal diritto costituzionale degli Stati membri può quindi, in linea di principio, coesistere con quella garantita dalla Carta e integrarla (57).

48.      La Corte ha infatti ripetutamente dichiarato che, qualora, in una situazione in cui l’operato degli Stati membri non è del tutto determinato dal diritto dell’Unione, una disposizione o un provvedimento nazionale attui tale diritto ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, resta consentito alle autorità e ai giudici nazionali applicare gli standard nazionali di tutela dei diritti fondamentali, a patto che tale applicazione non comprometta né il livello di tutela previsto dalla Carta, come interpretata dalla Corte, né il primato, l’unità e l’effettività del diritto dell’Unione (58).

49.      Pertanto, l’applicazione di standard nazionali di tutela dei diritti fondamentali in settori che rientrano nell’ambito di applicazione della Carta incontra tre limiti.

50.      In primo luogo, una siffatta applicazione presuppone che la situazione di cui trattasi non sia disciplinata in modo esaustivo dal diritto dell’Unione. Per quanto riguarda, più in particolare, l’attuazione da parte degli Stati membri delle disposizioni di una direttiva, essa è ipotizzabile solo nel caso in cui quest’ultima non operi un’armonizzazione completa (59).

51.      Nel caso di specie, occorre rilevare, da un lato, che l’articolo 20 del regolamento n. 1/2003 è inteso a disciplinare esclusivamente i poteri di indagine della Commissione e che non emerge né dalla sua formulazione, né dal suo contesto, né dal suo scopo, che esso sia destinato ad applicarsi anche alle autorità nazionali garanti della concorrenza (60). Dall’altro lato, la direttiva 2019/1, quand’anche fosse applicabile ai fatti di cui trattasi nei procedimenti principali, non mira a un ravvicinamento completo delle legislazioni degli Stati membri relative ai poteri delle autorità garanti della concorrenza in materia di accertamenti ispettivi nei locali aziendali e di sequestri, in particolare per quanto riguarda le condizioni alle quali è subordinata la validità delle decisioni di procedere a misure del genere. Tali condizioni rientrano quindi nella competenza degli Stati membri, i quali sono, in linea di principio, liberi di applicare alle ingerenze derivanti da dette misure le garanzie costituzionali previste nel loro ordinamento giuridico, compresa la necessità di una previa autorizzazione giudiziaria, fatto salvo il rispetto del diritto dell’Unione. D’altronde, l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 2019/1, letto alla luce del considerando 31 della stessa, stabilisce espressamente che esso lascia impregiudicati gli obblighi previsti dal diritto nazionale riguardo all’autorizzazione preventiva dell’autorità giudiziaria nazionale per tali accertamenti ispettivi (61).

52.      In secondo luogo, l’applicazione di standard nazionali di tutela dei diritti fondamentali non deve compromettere il livello di protezione previsto dalla Carta. Nell’ordinamento giuridico dell’Unione, la Carta stabilisce il livello minimo di protezione dei diritti e delle libertà che essa riconosce, cosicché né le istituzioni, gli organi o gli organismi dell’Unione, né gli Stati membri possono offrire un livello di protezione inferiore nell’attuare il diritto dell’Unione.

53.      Nel caso di specie, uno Stato membro ha dunque la facoltà di prevedere che, conformemente alle disposizioni costituzionali nazionali che garantiscono il diritto fondamentale al rispetto della corrispondenza, la perquisizione e il sequestro, da parte dell’autorità nazionale garante della concorrenza, di messaggi di posta elettronica durante gli accertamenti ispettivi nei locali aziendali di un’impresa nell’ambito di un’indagine per violazioni dell’articolo 101 o 102 TFUE debbano essere preventivamente autorizzati da un’autorità giudiziaria, sia che si tratti del pubblico ministero, competente a esercitare l’azione penale nell’interesse generale, sia che si tratti di un giudice istruttore, a condizione che, considerate nel loro insieme, le garanzie che circondano le ingerenze in detto diritto fondamentale derivanti da tali misure, compresi i mezzi di ricorso giurisdizionali a disposizione degli interessati, raggiungano un livello di protezione di tale diritto almeno equivalente a quello garantito dall’articolo 7 della Carta, come interpretato dalla Corte.

54.      In terzo luogo, l’applicazione degli standard nazionali di tutela dei diritti fondamentali non deve compromettere il primato, l’unità e l’effettività del diritto dell’Unione (62). A questo proposito, la Corte ha respinto qualsivoglia interpretazione dell’articolo 53 della Carta secondo la quale esso autorizzerebbe in maniera generale uno Stato membro ad applicare il livello più elevato di tutela di tali diritti garantito dalla sua Costituzione e ad opporlo, se del caso, all’applicazione di disposizioni di diritto dell’Unione (63). La possibilità per uno Stato membro di applicare le proprie garanzie costituzionali in materia di perquisizioni e sequestri nell’ambito di indagini su violazioni degli articoli 101 e 102 TFUE, che assicurino un livello di tutela del diritto fondamentale al rispetto della corrispondenza più elevato di quello garantito dalla Carta, dipende quindi, in particolare, dalla questione se una siffatta applicazione possa pregiudicare l’efficacia della repressione delle pratiche anticoncorrenziali all’interno dell’Unione. A tal riguardo, ricordo che la Corte ha ripetutamente affermato che spetta alle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri e ai loro giudici applicare gli articoli 101 e 102 TFUE qualora i fatti rientrino nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione e garantirne l’effettiva applicazione nell’interesse generale (64).

55.      Orbene, il fatto che, conformemente alla Costituzione di uno Stato membro, come interpretata dalla Corte costituzionale di tale Stato, la perquisizione e il sequestro di messaggi di posta elettronica, anche se aperti/letti, da parte dell’autorità nazionale garante della concorrenza, durante accertamenti ispettivi nei locali commerciali di un’impresa sospettata di pratiche anticoncorrenziali, debbano essere preventivamente autorizzati da un giudice istruttore non è, di per sé, idoneo a rimettere in discussione l’effettiva applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE. Infatti, come ho già osservato al precedente paragrafo 51, dalla direttiva 2019/1 emerge chiaramente che, nella concezione del legislatore dell’Unione, la previsione di un meccanismo di autorizzazione preventiva da parte di un’autorità giudiziaria ai fini dell’esercizio dei poteri di accertamento ispettivo delle autorità nazionali garanti della concorrenza rientra nella competenza degli Stati membri e che tale direttiva d’altronde prevede espressamente, al suo articolo 6, paragrafo 3, la facoltà per gli Stati membri di prevedere una siffatta autorizzazione.

56.      L’AdC fa valere che l’interpretazione del Tribunal constitucional (Corte costituzionale) equivale non solo a rimettere in discussione la possibilità di utilizzare quali mezzi di prova i messaggi di posta elettronica sequestrati nel corso delle perquisizioni oggetto dei procedimenti principali, ma rischia altresì di condurre a invalidare decisioni definitive che constatano una violazione degli articoli 101 e 102 TFUE, a causa dell’ottenimento illecito degli elementi probatori sui quali si è fondata tale autorità per un periodo pari agli ultimi dieci anni. Tale interpretazione osterebbe quindi a un’effettiva applicazione delle regole di concorrenza dell’Unione.

57.      A tal riguardo, osservo che il giudice del rinvio non solo non ha interpellato la Corte su tale punto, ma ha anche omesso di fornire alla Corte le informazioni necessarie per consentirle di valutare la portata delle sentenze del 2023 e l’estensione temporale della loro applicazione, nonché il loro eventuale impatto su decisioni definitive che constatano una violazione degli articoli 101 e 102 TFUE adottate dall’AdC.

58.      Alla luce di quanto esposto, mi limiterò alle seguenti riflessioni.

59.      Le norme relative alle condizioni per l’assunzione delle prove e al loro utilizzo nei procedimenti amministrativi nazionali per l’applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE rientrano, in mancanza di pertinenti disposizioni del diritto dell’Unione, nella competenza degli Stati membri (65). Pertanto, uno Stato membro ha la facoltà di prevedere, in circostanze come quelle di cui ai procedimenti principali, che gli elementi di prova raccolti nel corso di accertamenti ispettivi effettuati dall’autorità garante della concorrenza in assenza dell’autorizzazione giudiziaria preventiva richiesta dalla Costituzione di tale Stato membro, come interpretata dal suo giudice costituzionale successivamente all’esecuzione di tali misure, siano esclusi da tale procedimento (66).

60.      Tuttavia, se è vero che l’adozione e l’applicazione di tali norme rientrano nella competenza degli Stati membri, questi ultimi devono esercitare tale competenza nel rispetto del diritto dell’Unione e, in particolare, del principio di effettività. Pertanto, essi non devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’attuazione del diritto dell’Unione e, per quanto riguarda in particolare il settore del diritto della concorrenza, essi devono assicurarsi che le norme che adottano o applicano non pregiudichino l’effettiva applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE, che le autorità nazionali garanti della concorrenza sono chiamate a garantire nell’interesse generale (67).

61.      Orbene, nel caso di specie, da un lato, ritengo che spetti al giudice del rinvio, quando valuta le conseguenze da trarre dalle sentenze del 2023, tenere conto della necessità di garantire un’effettiva applicazione delle regole di concorrenza dell’Unione, avvalendosi di tutte le possibilità offerte dal diritto nazionale – ivi compresa, se del caso, quella di porre rimedio, in circostanze come quelle delle controversie principali, alla mancanza di autorizzazione giudiziaria preventiva mediante un controllo giurisdizionale ex post – al fine di garantire che l’inosservanza di tali norme sia sanzionata.

62.      Dall’altro lato, al fine di garantire la piena attuazione degli articoli 101 e 102 TFUE, i giudici portoghesi potrebbero essere indotti a disapplicare una norma nazionale che riconosca all’interpretazione accolta nelle sentenze del 2023 un effetto retroattivo che avrebbe la conseguenza di rimettere in discussione la responsabilità delle imprese interessate in casi in cui l’AdC abbia definitivamente accertato una violazione del diritto della concorrenza dell’Unione, creando un rischio sistemico d’impunità per siffatte violazioni (68).

V.      Conclusione

63.      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere come segue alla terza questione pregiudiziale sollevata dal Tribunal da Concorrência, Regulação e Supervisão (Tribunale della concorrenza, regolamentazione e vigilanza, Portogallo) in ciascuna delle cause riunite da C‑258/23 a C‑260/23:

L’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea deve essere interpretato nel senso che esso non osta alla normativa di uno Stato membro in forza della quale, nel corso di un accertamento ispettivo nei locali di un’impresa, condotto nell’ambito di un’indagine per violazione dell’articolo 101 o 102 TFUE, l’autorità nazionale garante della concorrenza proceda alla perquisizione e al sequestro di messaggi di posta elettronica il cui contenuto sia connesso all’oggetto dell’accertamento ispettivo senza disporre di un’autorizzazione giudiziaria preventiva, a condizione che siano previste una disciplina normativa rigorosa dei poteri di tale autorità nonché garanzie adeguate e sufficienti contro gli abusi e l’arbitrio, segnatamente un controllo giurisdizionale ex post completo delle misure in questione.


1      Lingua originale: il francese.


2      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, che conferisce alle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri poteri di applicazione più efficace e che assicura il corretto funzionamento del mercato interno (GU 2019, L 11, pag. 3).


3      Testo fornito dalla Commissione.


4      Testo fornito dalla Commissione.


5      Le indagini riguardavano: nel caso della IMI, l’esistenza di un accordo o di una pratica concordata nel mercato della teleradiologia, al fine di eliminare la concorrenza, che ha comportato un aumento del prezzo pagato dallo Stato per la prestazione di servizi in tale settore; nel caso del gruppo SIBS, un possibile abuso di posizione dominante consistente nell’imporre a terzi condizioni abusive per l’accesso alla rete Multibanco, allo scopo di restringere la concorrenza, in particolare, nel settore del trattamento dei pagamenti, e, nel caso della Synlabhealth, una presunta pratica anticoncorrenziale, consistente nello scambio di informazioni sensibili tra concorrenti e su una concertazione nell’ambito di negoziati con le autorità sanitarie pubbliche portoghesi sui prezzi del test Covid-19.


6      Rispettivamente, nei mesi di gennaio-febbraio 2021 presso i locali del gruppo SIBS; nei mesi di settembre e ottobre 2021 presso i locali della IMI e nel marzo 2022 presso i locali della Synlabhealth.


7      Nelle tre domande di pronuncia pregiudiziale, le questioni pregiudiziali sono formulate negli stessi termini, salvo per quanto riguarda, nella seconda questione, il rinvio, a seconda dei casi, all’articolo 101 o all’articolo 102 TFUE.


8      V., a titolo di esempio, sentenza del 3 aprile 2019, Powszechny Zakład Ubezpieczeń na Życie (C‑617/17, EU:C:2019:283, punto 36).


9      Sentenza n. 91/2023, causa n. 559/2020 (in prosieguo: la «sentenza n. 91/2023»).


10      Sentenza n. 314/2023, causa n. 145/2021.


11      La differenziazione tra messaggi aperti e messaggi chiusi sembra aver suscitato un ampio dibattito nella giurisprudenza e nella dottrina portoghesi, come illustra segnatamente il governo portoghese. Tale governo fa riferimento, in particolare, al fatto che, fino a un’epoca molto recente, i giudici portoghesi ritenevano che, nel sequestrare i messaggi di posta elettronica aperti/letti, l’AdC non intervenisse nel processo di comunicazione e di «corrispondenza», cosicché tali messaggi di posta elettronica rientravano nella nozione di «documento».


12      V. sentenza n. 91/2023, punti da 15 a 18 della motivazione.


13      V. sentenza n. 91/2023, punti 9 e seguenti della motivazione.


14      La prima di tali sentenze è stata comunque versata nei fascicoli di causa dei procedimenti principali trasmessi alla cancelleria della Corte.


15      Tali domande di pronuncia pregiudiziale sono oggetto delle cause C‑132/24, Apap e a., e C‑195/24, Blueotter e a.


16      Lo stesso argomento è sollevato dal gruppo SIBS nella causa C‑260/23.


17      V. sentenza del 21 dicembre 2023, European Superleague Company (C‑333/21, EU:C:2023:1011, punto 59).


18      V., in tal senso, sentenza dell’11 gennaio 2024, Global Ink Trade (C‑537/22, EU:C:2024:6, punto 40).


19      Rilevo che un siffatto ricorso è stato proposto anche dal gruppo SIBS.


20      V. sentenza del 21 dicembre 2023, Krajowa Rada Sądownictwa (Mantenimento in servizio di un giudice) (C‑718/21, EU:C:2023:1015, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).


21      V., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2015, Orizzonte Salute (C‑61/14, EU:C:2015:655, punto 31).


22      V., in tal senso, sentenza 17 luglio 2008, Coleman (C‑303/06, EU:C:2008:415, punto 29).


23      Rilevo che il termine «corrispondenza», utilizzato nella formulazione della prima questione pregiudiziale e contenuto nel testo originario dell’articolo 7 della Carta, è stato sostituito, nel 2007, dal termine «comunicazioni», al fine di tener conto dei progressi tecnologici, v. spiegazioni relative alla Carta (GU 2007, C 303, pag. 17).


24      Per quanto riguarda, in primo luogo, l’argomento, dedotto dalla IMI, secondo il quale la prima questione pregiudiziale sarebbe irricevibile a causa del mancato riferimento da parte del giudice del rinvio alla sentenza n. 91/2023, rinvio alle considerazioni esposte al paragrafo 26 delle presenti conclusioni. Per quanto concerne, in secondo luogo, l’argomento secondo il quale tale questione non lascerebbe adito ad «alcun ragionevole dubbio», mi limiterò a ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, una siffatta circostanza può, tutt’al più, esonerare il giudice nazionale di ultima istanza dall’obbligo di adire la Corte ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, TFUE, ma non è atta a dimostrare l’irricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale; v. sentenza del 7 febbraio 2023, Confédération paysanne e a. (Mutagenesi casuale in vitro) (C‑688/21, EU:C:2023:75, punti 35 e 36, nonché giurisprudenza ivi citata). V. altresì sentenza del 25 gennaio 2024, Croce Rossa Italiana e a. (C‑389/22, non pubblicata, EU:C:2024:77, punto 52).


25      C‑419/14, in prosieguo: la «sentenza WebMindLicenses», EU:C:2015:832.


26      L’articolo 8, paragrafo 1, della CEDU sancisce che «[o]gni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza».


27      V. sentenza WebMindLicenses, punti da 70 a 73. La Corte si è basata sulle sentenze della Corte EDU del 16 dicembre 1992, Niemietz c. Germania (CE:ECHR:1992:1216JUD001371088, §§ da 29 a 31), del 16 aprile 2002, Société Colas Est e altri c. Francia (CE:ECHR:2002:0416JUD003797197, §§ 40 e 41), e del 2 aprile 2015, Vinci Construction e GTM Génie Civil et Services c. Francia (CE:ECHR:2015:0402JUD006362910, § 63); v., più recentemente, Corte EDU, 4 aprile 2023, UAB Kesko Senukai [Lithuania] c. Lituania (CE:ECHR:2023:0404JUD001916219, § 109).


28      Se è vero che la causa che ha dato luogo alla sentenza WebMindLicenses riguardava messaggi di posta elettronica sequestrati nel corso di un procedimento penale, la Corte ha tuttavia precisato, in tale sentenza, che il loro «utilizzo» nell’ambito di un procedimento amministrativo costituiva anche, in quanto tale, una limitazione all’esercizio del diritto garantito dall’articolo 7 della Carta (v. punto 80).


29      V. Corte EDU, 11 gennaio 2024, Arregui c. Spagna, (CE:ECHR:2024:0111JUD004254118, § 31 e giurisprudenza ivi citata). Nella sua sentenza del 5 settembre 2017, Bărbulescu c. Romania, (CE:ECHR:2017:0905JUD006149608, § 74), che riguardava messaggi privati inviati da un computer aziendale, la Corte EDU ha precisato che una regola fissata dal datore di lavoro che imponeva ai dipendenti di astenersi da qualsiasi attività personale sul luogo di lavoro e vietava loro di utilizzare le risorse aziendali per scopi personali era irrilevante ai fini della qualificazione come «corrispondenza» ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, della CEDU.


30      V. Corte EDU, 3 aprile 2007, Copland c. Regno Unito (CE:ECHR:2007:0403JUD006261700), §§ 41 e 42.


31      V. Corte EDU, 14 marzo 2013, Bernh Larsen Holding AS e altri c. Norvegia (CE:ECHR:2013:0314JUD002411708, § 106).


32      V. Corte EDU, 5 settembre 2017, Bărbulescu c. Romania, (CE:ECHR:2017:0905JUD006149608, §§ 72 e 73), e Corte EDU, 16 dicembre 1992, Niemietz c. Germania (CE:ECHR:1992:1216JUD001371088, § 32 in fine).


33      V. Corte EDU, 16 ottobre 2007, Wieser e Bicos Beteiligungen Gmbh c. Austria (CE:ECHR:2007:1016JUD007433601, § 45).


34      V. sentenza WebMindLicenses, punto 73.


35      Ricordo che, nella sentenza dell’8 aprile 2014, Digital Rights Ireland e a. (C‑293/12 e C‑594/12, EU:C:2014:238), la Corte ha in sostanza ritenuto che l’obbligo di conservazione dei dati imposto dalla direttiva 2006/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, riguardante la conservazione di dati generati o trattati nell’ambito della fornitura di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico o di reti pubbliche di comunicazione e che modifica la direttiva 2002/58/CE (GU 2006, L 105, pag. 54), non raggiungesse un livello di gravità tale da pregiudicare il contenuto essenziale del diritto al rispetto della vita privata, poiché non permetteva di «venire a conoscenza del contenuto delle comunicazioni elettroniche in quanto tale»; v. altresì, per quanto riguarda la direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche) (GU 2002, L 201, pag. 37), sentenza del 21 dicembre 2016, Tele2 Sverige e Watson e a. (C‑203/15 e C‑698/15, EU:C:2016:970, punto 101).


36      V., in tal senso, parere 1/15 (Accordo PNR UE-Canada), del 26 luglio 2017 (EU:C:2017:592, punto 150), e sentenza del 21 giugno 2022, Ligue des droits humains (C‑817/19, EU:C:2022:491, punto 120), nonché conclusioni dell’avvocato generale Pitruzzella in tale causa (EU:C:2022:65, paragrafo 93).


37      Regolamento del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (GU 2002, L 001, pag. 1).


38      V., per l’articolo 101 TFUE, sentenza del 22 marzo 2022, Nordzucker e a. (C‑151/20, EU:C:2022:203, punto 51 e giurisprudenza ivi citata), e, per l’articolo 102 TFUE, sentenza del 22 marzo 2022, bpost (C‑117/20, EU:C:2022:202, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).


39      V., in tal senso, sentenza dell’8 dicembre 2022, Orde van Vlaamse Balies e a. (C‑694/20, EU:C:2022:963, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).


40      V. Corte EDU, Niemitz c. Germania, 16 dicembre 1992, CE:ECHR:1992:1216JUD001371088, § 31); v., altresì, sentenza del 18 giugno 2015, Deutsche Bahn e a./Commissione (C‑583/13 P, EU:C:2015:404, punto 20).


41      V., in tal senso, considerando 32 e articolo 32 della direttiva 2019/1, che classificano i messaggi elettronici tra le prove da considerare ammissibili dinanzi a un’autorità nazionale garante della concorrenza.


42      V. sentenze del 16 luglio 2020, Nexans France e Nexans/Commissione (C‑606/18 P, EU:C:2020:571, punti da 56 a 64), e del 30 gennaio 2020, České dráhy/Commissione (C‑538/18 P e C‑539/18 P, non pubblicata, EU:C:2020:53, punti da 101 a 104).


43      V., in tal senso, sentenze del 24 settembre 2020, Prysmian e Prysmian Cavi e Sistemi/Commissione (C‑601/18 P, EU:C:2020:751, punti 58 e 59), e del 30 gennaio 2020, České dráhy/Commissione (C‑538/18 P e C‑539/18 P, non pubblicata, EU:C:2020:53, punto 99 e giurisprudenza ivi citata).


44      V. Corte EDU, 14 marzo 2013, Bernh Larsen Holding AS e altri c. Norvegia (CE:ECHR:2013:0314JUD002411708, §§ da 172 a 175), riguardante accertamenti ispettivi condotti a fini di verifica fiscale.


45      V. Corte EDU, 4 aprile 2023, UAB Kesko Senukai c. Lituania (CE:ECHR:2023:0404JUD001916219, § 109 e giurisprudenza ivi citata).


46      V. Corte EDU, 16 dicembre 1992, Niemietz c. Germania (CE:ECHR:1992:1216JUD001371088, § 31).


47      V. Corte EDU, 2 ottobre 2014, Delta Pekárny A.S. c. Repubblica ceca (CE:ECHR:2014:1002JUD000009711, § 82 e giurisprudenza ivi citata).


48      V. Corte EDU, 16 aprile 2002, Colas Est e altri c. Francia (CE:ECHR:2002:0416JUD003797197, §§ 48 e 49), e, per quanto riguarda, in particolare, la corrispondenza delle società, Corte EDU, 14 marzo 2013, Bernh Larsen Holding AS e altri c. Norvegia (CE:ECHR:2013:0314JUD002411708, §§ da 172 a 174); Corte EDU, 23 giugno 2022, Naumenco e Sia Rix Shipping c. Lettonia (CE:ECHR:2022:0623JUD005080514, § 62), e Corte EDU, 4 aprile 2023, UAB Kesko Senukai c. Lituania (CE:ECHR:2023:0404JUD001916219, §§ 113 e 118 nonché giurisprudenza ivi citata).


49      V. Corte EDU, 4 aprile 2023, Uab Kesko Senukai c. Lituania (CE:ECHR:2023:0404JUD001916219, §§ 113 e 117 nonché giurisprudenza ivi citata).


50      V., in tal senso, sentenza del 18 giugno 2015, Deutsche Bahn e a./Commissione (C‑583/13 P, EU:C:2015:404, punto 32).


51      V. Corte EDU, 14 marzo 2013, Bernh Larsen Holding AS e altri c. Norvegia (CE:ECHR:2013:0314JUD002411708, § 174).


52      CE:ECHR:2014:1002JUD000009711, §§ 86 e 87 nonché giurisprudenza ivi citata. Nello stesso senso, v. Corte EDU, 19 gennaio 2017, Posevini c. Bulgaria (CE:ECHR:2017:0119JUD006363814, § 84).


53      V. Guida all’articolo 8 della CEDU, «Diritto al rispetto della vita privata e familiare, del domicilio e della corrispondenza», 2022, punto 602.


54      V. punti 77 e 78 di tale sentenza.


55      V., in tal senso, sentenza del 18 giugno 2015, Deutsche Bahn e a./Commissione (C‑583/13 P, EU:C:2015:404, punti da 29 a 36); v. altresì sentenza del 6 settembre 2013, Deutsche Bahn e a./Commissione (T‑289/11, T‑290/11 e T‑521/11, EU:T:2013:404, punti da 74 a 100); sulla possibilità che tutti i ricorsi esperibili contro le misure di accertamento ispettivo della Commissione possano controbilanciare la mancanza di un previo controllo giurisdizionale, v. altresì, sentenza del 9 marzo 2023, Les Mousquetaires e ITM Entreprises/Commissione (C‑682/20 P, EU:C:2023:170, punti 57 e segg.).


56      L’applicazione del diritto della concorrenza dell’Unione si basa su un sistema di competenze parallele nell’ambito del quale tanto la Commissione quanto le autorità nazionali garanti della concorrenza e i giudici nazionali possono applicare gli articoli 101 e 102 TFUE (v. sentenza del 23 novembre 2017, Gasorba e a. (C‑547/16, EU:C:2017:891, punto 23). Nell’esercizio di tali competenze, dette autorità sono tenute a rispettare la Carta e, in particolare, il suo articolo 7 per quanto riguarda i poteri di accertamento ispettivo.


57      V., in tal senso, in particolare sentenza del 24 luglio 2023, Lin (C‑107/23 PPU, EU:C:2023:606, punto 115).


58      V. sentenza del 29 luglio 2019, Spiegel Online (C‑516/17, EU:C:2019:625, punto 21 e giurisprudenza ivi citata). V., analogamente, sentenza del 24 luglio 2023, Lin (C‑107/23 PPU, EU:C:2023:606, punto 110), e, da ultimo, ordinanza del 9 gennaio 2024, Unitatea Administrativ Teritorială Judeţul Braşov (C‑131/23, EU:C:2024:42, punto 81).


59      V. sentenza del 29 luglio 2019, Funke Medien NRW (C‑469/17, EU:C:2019:623, punto 33).


60      V., per analogia, sentenza del 21 gennaio 2021, Whiteland Import Export (C‑308/19, EU:C:2021:47, punti da 35 a 38).


61      Rilevo che un margine di discrezionalità è concesso agli Stati membri anche laddove la direttiva 2019/1 stabilisce la necessità un’autorizzazione preventiva: v. articolo 7, paragrafo 2, in combinato disposto con il considerando 34 di detta direttiva.


62      V., in tal senso, sentenza del 26 febbraio 2013, Melloni (C‑399/11, EU:C:2013:107, punto 60).


63      V. sentenza del 26 febbraio 2013, Melloni (C‑399/11, EU:C:2013:107, punto 56).


64      V. sentenza del 14 giugno 2011, Pfleiderer (C‑360/09, EU:C:2011:389, punto 19 e giurisprudenza ivi citata); analogamente, v., altresì, sentenza del 18 gennaio 2024, Lietuvos notarų rūmai e a. (C‑128/21, EU:C:2024:49, punto 108 e giurisprudenza ivi citata).


65      Né il regolamento n. 1/2003 né la direttiva 2019/1, ad eccezione del suo articolo 32, che riguarda i tipi di prove ammissibili dinanzi a un’autorità nazionale garante della concorrenza, contengono disposizioni in proposito.


66      Una siffatta norma si limiterebbe peraltro a riflettere le esigenze connesse al rispetto dei principi di legalità e dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali; v., per analogia, sentenza del 17 gennaio 2019, Dzivev e a. (C‑310/16, EU:C:2019:30, punto 38); v., altresì, sentenza WebMindLicences, punti da 80 a 89.


67      V. sentenza del 21 gennaio 2021, Whiteland Import Export (C‑308/19, EU:C:2021:47, punto 46).


68      V., per analogia, sentenza del 24 luglio 2023, Lin (C‑107/23 PPU, EU:C:2023:606, punti da 111 a 124 e punto 1 del dispositivo). V. altresì, per analogia, sentenza del 21 gennaio 2021, Whiteland Import Export (C‑308/19, EU:C:2021:47, punto 53).

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