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Document 62023CC0171

Conclusioni dell’avvocato generale J. Kokott, presentate il 16 maggio 2024.


ECLI identifier: ECLI:EU:C:2024:417

Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 16 maggio 2024 (1)

Causa C171/23

UP CAFFE d.o.o.

contro

Ministarstvo financija Republike Hrvatske

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Upravni sud u Zagrebu (Tribunale amministrativo di Zagabria, Croazia)]

«Rinvio pregiudiziale – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Direttiva 2006/112/CE – Regime relativo alla franchigia in favore delle piccole imprese – Abuso in materia di IVA mediante costituzione di una nuova società – Divieto di comportamento abusivo in materia di IVA in base al diritto dell’Unione – Applicabilità diretta o valutazione dei fatti alla luce di un approccio economico»






I.      Introduzione

1.        Nell’ambito del diritto dell’Unione vige il principio generale secondo cui nessuno può avvalersi in modo fraudolento o abusivo del diritto dell’Unione. Detto principio si applica altresì in materia di normativa relativa all’imposta sul valore aggiunto, ampiamente armonizzata mediante la direttiva 2006/112/CE, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: la «direttiva IVA») (2).

2.        Le autorità e i giudici nazionali devono pertanto negare il beneficio dei diritti a detrazione, esenzione o rimborso dell’IVA previsti dalla direttiva IVA qualora essi siano invocati fraudolentemente o abusivamente. Si pone ora la questione se ciò valga anche ai fini dell’utilizzo del regime delle piccole imprese, che gli Stati membri possono (ma non devono) prevedere ai sensi dell’articolo 287 della direttiva IVA.

3.        Nel procedimento principale, l’amministrazione finanziaria croata intende negare al soggetto passivo il beneficio del regime croato relativo alle piccole imprese a causa di un asserito comportamento abusivo, sebbene un siffatto diniego non trovi alcun fondamento nell’ordinamento croato. Si presenta dunque la possibilità di precisare la portata e i limiti della giurisprudenza della Corte sul divieto generale di comportamenti abusivi in materia di IVA.

4.        Si pone inoltre la questione del rapporto sussistente tra detto principio generale e i principi generali della certezza del diritto, della tutela del legittimo affidamento e della legalità dell’imposta, anch’essi sanciti dal diritto dell’Unione.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

5.        Gli articoli 281 e seguenti della direttiva IVA prevedono regimi speciali per le piccole imprese. L’articolo 282 della direttiva IVA, nella versione applicabile al procedimento principale, così dispone:

«Le franchigie e le riduzioni di cui alla presente sezione si applicano alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate dalle piccole imprese».

6.        L’articolo 287, punto 19, della direttiva IVA, nella versione applicabile al procedimento principale, prevede quanto segue:

«Gli Stati membri che hanno aderito dopo il 1º gennaio 1978 possono applicare una franchigia d’imposta ai soggetti passivi il cui volume d’affari annuo è al massimo uguale al controvalore in moneta nazionale degli importi seguenti al tasso del giorno della loro adesione: (…)

19.       Croazia: EUR 35 000».

7.        A norma dell’articolo 1 della decisione del Consiglio del 25 settembre 2017 (3), in deroga all’articolo 287, punto 19, della direttiva 2006/112, la Repubblica di Croazia è autorizzata ad applicare una franchigia dall’imposta sul valore aggiunto ai soggetti passivi il cui volume d’affari annuo è al massimo pari al controvalore in valuta nazionale di EUR 45 000 al tasso di conversione del giorno della sua adesione.

B.      Diritto croato

8.        L’articolo 287 della direttiva IVA è stato recepito dall’articolo 90 dello Zakon o porezu na dodanu vrijednost (legge croata relativa all’imposta sul valore aggiunto; in prosieguo: lo «Zakon o PDV»).

9.        Tale disposizione prevede, in sostanza, che una persona giuridica o fisica nazionale possa essere considerata una piccola impresa quando il suo volume d’affari nell’anno civile precedente è al massimo uguale a 300 000 Kuna croate (HRK) [più di EUR 39 000]. Una piccola impresa è, in linea di principio, esente dall’IVA, ma non ha invece diritto alla detrazione dell’imposta assolta a monte.

III. Fatti

10.      Il giudice del rinvio ha esposto i fatti rilevanti in modo molto sintetico nei seguenti termini.

11.      L’amministrazione finanziaria croata (in prosieguo: la «convenuta») ha effettuato un controllo speciale ai fini dell’IVA presso la società UP CAFFE d.o.o. (in prosieguo: la «ricorrente»), con sede in Croazia. In tale occasione, la convenuta ha constatato che la ricorrente continuava ad esercitare l’attività della SS-UGO d.o.o. (in prosieguo: la «società precedente»), alla quale risultava ancora collegata.

12.      La convenuta ne deduce che la costituzione della ricorrente e il trasferimento dell’attività ad essa non hanno comportato un’interruzione della continuità dell’attività della società precedente. Di conseguenza, la medesima ha determinato l’IVA dovuta dalla ricorrente senza applicare il regime delle piccole imprese che quest’ultima rivendicava. Allo stesso tempo, tuttavia, essa ha riconosciuto alla ricorrente una corrispondente detrazione dell’imposta versata a monte.

13.      In seguito, il 17 ottobre 2018 la convenuta ha emesso nei confronti della ricorrente un avviso di accertamento ai fini dell’IVA. In esso la convenuta ha accertato l’IVA nonché gli interessi di mora per il periodo compreso tra il 1º gennaio 2018 e il 31 luglio 2018. Avverso l’avviso di cui trattasi, la ricorrente ha presentato un reclamo che è stato respinto dalla convenuta con decisione del 24 agosto 2020.

14.      La ricorrente ha proposto ricorso avverso tale decisione dinanzi al giudice del rinvio. In particolare, essa afferma di soddisfare tutte le condizioni richieste per essere qualificata come piccola impresa. Inoltre, la stessa rileva che solo dopo la scadenza del periodo d’imposta l’articolo 12a ha introdotto, mediante modifica dell’Opći porezni zakon (legge tributaria generale), una disposizione generale sulla prevenzione di comportamenti abusivi. Allo stesso modo, la possibilità di trattare più persone come un soggetto collegato e quindi come un unico soggetto passivo è intervenuta solo successivamente, mediante la modifica dell’articolo 49, paragrafo 1, punto 4, dell’Opći porezni zakon. L’applicazione retroattiva delle disposizioni è però contraria all’Ustav Republike Hrvatske (Costituzione della Repubblica di Croazia).

15.      Detta sommaria esposizione dei fatti si concretizza nelle seguenti osservazioni concordanti delle parti nel procedimento principale.

16.      Originariamente vi era un’impresa di ristorazione registrata come soggetto passivo IVA dal 1º gennaio 2013 al 12 luglio 2017. La società precedente, costituita dal titolare dell’impresa di ristorazione il 28 giugno 2017, ha in seguito continuato ad esercitare l’attività di ristorazione. Essa si è avvalsa del diritto, conferitole dall’articolo 90, paragrafo 1, dello Zakon o PDV, di scegliere di essere considerata una piccola impresa ai fini dell’IVA.

17.      A causa del volume d’affari realizzato dalla società precedente nel 2017, la stessa non soddisfaceva più le condizioni necessarie affinché le si applicasse il regime delle piccole imprese anche nel 2018. La società ha in gran parte cessato la sua attività di ristorazione alla fine del 2017.

18.      Contemporaneamente è stata costituita la ricorrente, a quanto pare da un soggetto diverso dal titolare della società precedente. La ricorrente si è avvalsa della possibilità di essere assoggettata all’imposizione fiscale in qualità di piccola impresa a partire dal 2018. Anch’essa esercitava un’attività di ristorazione negli stessi locali e con gli stessi dipendenti e fornitori della società precedente.

19.      La convenuta ha inoltre constatato, nell’ambito del controllo speciale, che l’amministratore e titolare della società precedente era alle dipendenze della ricorrente. Risulta però, almeno stando alle osservazioni della Commissione, che egli non sia né un socio né un amministratore della ricorrente. Tuttavia, il medesimo era responsabile in solido con la ricorrente per la locazione dei locali commerciali ed era l’unico firmatario del conto bancario della società.

IV.    Domanda di pronuncia pregiudiziale

20.      L’Upravni sud u Zagrebu (Tribunale amministrativo di Zagabria, Croazia), competente a conoscere della controversia principale, ha sospeso il procedimento e sottoposto alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, la seguente questione pregiudiziale:

Se il diritto dell’Unione imponga alle autorità e ai giudici nazionali di accertare l’obbligo di versamento dell’imposta sul valore aggiunto (non già di negare il diritto al rimborso dell’imposta) qualora gli elementi oggettivi del caso dimostrino che è stata commessa una frode dell’IVA mediante la costituzione di una nuova società, ovvero mediante l’interruzione della continuità, a fini fiscali, dell’attività di una società precedente, in una situazione in cui il soggetto passivo sappia o debba sapere di partecipare a tale operazione e in cui il diritto nazionale, nel momento in cui si verifica il fatto generatore dell’imposta, non preveda un siffatto accertamento.

21.      Nel procedimento dinanzi alla Corte hanno presentato osservazioni scritte la ricorrente, la Repubblica di Croazia e la Commissione europea. Conformemente all’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la Corte ha deciso di non tenere un’udienza di discussione.

V.      Analisi giuridica

A.      Ricevibilità e precisazione della questione pregiudiziale

22.      La Commissione dubita che la domanda di pronuncia pregiudiziale sollevata dal giudice del rinvio soddisfi i requisiti di cui all’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte. In base a detta disposizione, la domanda deve contenere, tra l’altro, un’illustrazione sommaria dei fatti rilevanti, quali accertati dal giudice del rinvio o, quantomeno, un’illustrazione delle circostanze di fatto sulle quali si basa la questione.

23.      L’ordinanza di rinvio contiene solo informazioni estremamente sintetiche sui fatti rilevanti. In particolare, le circostanze specifiche da cui dovrebbe risultare un eventuale abuso del diritto non sono esposte in modo adeguato. Tuttavia, le spiegazioni fornite dal giudice del rinvio sono sufficienti quantomeno per comprendere il contesto di fatto della controversia principale. Inoltre, tanto la ricorrente quanto la Repubblica di Croazia hanno presentato i fatti in modo concordante, contribuendo così alla comprensione del contesto fattuale.

24.      Peraltro, la questione pregiudiziale non verte neppure su una disposizione specifica del diritto dell’Unione. Le disposizioni della direttiva IVA citate dal giudice del rinvio nella motivazione della domanda di pronuncia pregiudiziale (articoli 11, 19, 28 e 80) hanno soltanto un collegamento molto limitato con il procedimento principale. Dal contesto si evince tuttavia in modo sufficientemente chiaro che essa ha ad oggetto l’applicazione della franchigia in favore delle cosiddette piccole imprese, che gli Stati membri possono prevedere a norma dell’articolo 287 della direttiva IVA, e il principio generale del divieto di comportamenti abusivi.

25.      Nel complesso, ritengo quindi che il giudice del rinvio abbia spiegato il contesto di fatto e di diritto del procedimento principale in maniera almeno sufficiente affinché si possa rispondere alla questione sollevata.

26.      Tuttavia, per poter fornire una risposta utile al giudice del rinvio, occorre riformulare la questione pregiudiziale. Detto giudice chiede, in sostanza, se si possa negare alla ricorrente il beneficio del regime croato delle piccole imprese in forza del principio, previsto dal diritto dell’Unione, che vieta comportamenti abusivi, anche qualora l’ordinamento croato non preveda una disposizione tale da consentire un siffatto diniego, ma abbia introdotto solo successivamente una disposizione siffatta.

B.      Questione pregiudiziale

27.      La questione pregiudiziale verte essenzialmente sul divieto di comportamenti abusivi quale principio generale del diritto dell’Unione. Pertanto, esaminerò anzitutto l’applicabilità e la portata dello stesso nella presente causa (al riguardo, sub 1.). Mi soffermerò poi sugli elementi costitutivi (al riguardo, sub 2.) e sulle conseguenze giuridiche (al riguardo, sub 3.) di un abuso del diritto.

1.      Applicabilità e portata del principio generale del divieto di comportamenti abusivi

a)      Rilievi generali

28.      Secondo la giurisprudenza consolidata della Corte, il divieto di abuso del diritto costituisce un principio generale di diritto dell’Unione (4). Il principio ha un’ampia efficacia anche nell’ambito della normativa in materia di IVA.

29.      Da un lato, un soggetto passivo non può invocare fraudolentemente o abusivamente i diritti a detrazione, esenzione o a rimborso dell’IVA previsti dalla direttiva IVA (5). Dall’altro, la direttiva IVA dovrebbe però essere interpretata nel senso che «essa osta ad una prassi nazionale consistente nel qualificare la scelta del soggetto passivo di svolgere la sua attività economica in una forma che gli consenta di ridurre i suoi costi economici come “esercizio di un diritto non conforme alla sua funzione” e nel negare, per tale ragione, a detto soggetto passivo il beneficio del diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte». Ciò vale «quando non sia dimostrata l’esistenza di una costruzione meramente artificiosa, priva di effettività economica, realizzata al solo scopo o, quanto meno, essenzialmente allo scopo di ottenere un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria agli obiettivi della citata direttiva» (6).

30.      Ciò dimostra che, nell’ambito della normativa relativa all’IVA, il principio generale del divieto di comportamenti abusivi vale da principio interpretativo (7). La lotta contro l’evasione, l’elusione fiscale e gli eventuali abusi costituisce un obiettivo riconosciuto ed incoraggiato dalla direttiva IVA (8). Di conseguenza, le disposizioni della direttiva IVA devono essere interpretate nel senso che esse non possono essere invocate fraudolentemente o abusivamente dai soggetti passivi.

31.      Nella presente causa, le sole norme giuridiche da interpretare sono l’articolo 287 della direttiva IVA, nonché la disposizione croata che lo recepisce, vale a dire l’articolo 90, paragrafo 1, dello Zakon o PDV. Poiché l’articolo 287 della direttiva IVA si limita ad attribuire agli Stati membri la possibilità di applicare una franchigia ai soggetti passivi il cui volume d’affari sia inferiore a determinate soglie (la cosiddetta franchigia in favore delle piccole imprese), la disposizione in parola non è direttamente applicabile ai singoli. Solo l’articolo 90, paragrafo 1, dello Zakon o PDV ha effetto diretto nei confronti del soggetto passivo.

32.      I giudici nazionali sono tenuti a interpretare la normativa nazionale di recepimento il più possibile alla luce della formulazione e della finalità della disposizione della direttiva. Le condizioni previste dal diritto dello Stato membro per la franchigia in favore delle piccole imprese (articolo 90, paragrafo 1, dello Zakon o PDV) sono evidentemente soddisfatte sotto il profilo letterale. Ciò è suggerito, in ogni caso, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale. Un’interpretazione diversa non sembra possibile nel caso di specie. Le parti concordano inoltre nel ritenere che nell’ordinamento croato non esista alcuna disposizione che possa impedire il ricorso abusivo al regime delle piccole imprese.

b)      Valutazione dei fatti o interpretazione di una norma giuridica

33.      Secondo la Corte, tuttavia, il principio del divieto di comportamenti abusivi (in breve: il divieto di abuso) può essere opposto a un soggetto passivo anche in assenza di disposizioni di diritto nazionale che prevedano il diniego dei diritti riconosciuti dalla direttiva IVA qualora tali diritti siano invocati in modo fraudolento o abusivo (9).

34.      La Corte basa il suo argomento, tra l’altro, sul fatto che il diniego dei vantaggi previsti dalla direttiva IVA, se invocati in modo fraudolento o abusivo, deve essere considerato inerente al sistema comune dell’IVA (10). In particolare, in un caso del genere le condizioni oggettive richieste ai fini dell’ottenimento del vantaggio che si vuole conseguire non sono, in realtà, soddisfatte (11).

1)      Aspetto non problematico: determinazione della situazione economica

35.      In effetti, nel determinare i fatti rilevanti, occorre valutare l’operazione secondo le reali intenzioni delle parti, vale a dire in funzione delle circostanze economiche effettive. L’elemento determinante non è la costruzione scelta in base al diritto civile, ossia la «forma giuridica esteriore» dell’operazione, ma quanto voluto dalle parti, sotto il profilo economico, alla luce della situazione complessiva. Tuttavia, non si tratta di una questione relativa all’interpretazione del diritto dell’Unione (o del diritto nazionale), bensì di una questione relativa alla valutazione dei fatti.

36.      Nell’ambito del procedimento di cui all’articolo 267 TFUE, che si basa sulla netta separazione delle funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, il giudice nazionale è tuttavia l’unico competente ad accertare e valutare i fatti del procedimento principale (12). La Corte può tutt’al più fornire indicazioni al riguardo. Se il giudice del rinvio giunge alla conclusione che la costituzione della ricorrente era una mera finzione giuridica per continuare ad esercitare l’attività economica della società precedente, può, ad esempio, ignorare la «forma giuridica esteriore» nell’ambito di un approccio economico e fare riferimento alla situazione corretta, effettivamente voluta sotto il profilo economico.

37.      Ciò deriva dal fatto stesso che il diritto tributario mira, in ultima analisi, a tassare in modo uniforme le situazioni economiche. Pertanto, occorre anzitutto determinare correttamente il contenuto economico dei fatti. Una costruzione che tenti di aggirare o di occultare artificiosamente detto contenuto economico attraverso la libertà organizzativa riconosciuta dal diritto civile non può modificare i fatti reali che ne sono a fondamento. Già in considerazione del principio dell’imposizione uniforme, le situazioni assimilabili dal punto di vista economico (indipendentemente dalla loro costruzione in base al diritto civile) devono essere altresì tassate allo stesso modo. Una siffatta valutazione dei fatti sulla base dell’articolo 11 dell’Opći porezni zakon, citato dalla Commissione, potrebbe anche essere ipotizzabile nel caso di specie. Infatti, tale disposizione sembra richiedere la determinazione della situazione fiscale in funzione del suo contenuto economico.

2)      Aspetto problematico: integrazione del diritto dell’Unione mediante elementi costitutivi non scritti

38.      Qualora la giurisprudenza citata al paragrafo 33 dovesse inoltre essere intesa nel senso di un’integrazione del diritto dell’Unione, in via interpretativa, con elementi costitutivi non scritti, detto approccio molto ampio (e dogmaticamente controverso (13)) – ora oggetto di un procedimento dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo (14) – non trova, in ogni caso, applicazione nel caso di specie.

39.      Nella presente causa, le condizioni richieste ai fini dell’ottenimento del vantaggio che si vuole conseguire, nella fattispecie la franchigia in favore delle piccole imprese, non sono infatti disciplinate dalla direttiva IVA, a differenza, ad esempio, della detrazione dell’imposta assolta a monte. Al contrario, solo gli Stati membri possono concedere la franchigia in favore delle piccole imprese fino a determinate soglie di volume d’affari e disciplinare le condizioni specifiche per la sua concessione. Le condizioni specifiche per la franchigia in favore delle piccole imprese non derivano dunque dalla direttiva IVA, ma esclusivamente dall’ordinamento croato. Di conseguenza, nella presente causa non si può, in ogni caso, affermare che non sono soddisfatte le condizioni previste dal diritto dell’Unione per beneficiare della franchigia in favore delle piccole imprese.

40.      Le condizioni per la franchigia in favore delle piccole imprese in base all’ordinamento croato sono evidentemente soddisfatte sotto il profilo letterale (v. paragrafo 32 delle presenti conclusioni). Una diversa interpretazione, basata sul divieto di comportamenti abusivi previsto dal diritto dell’Unione, non sembra possibile nella fattispecie. Infatti, il significato letterale tratto dalla formulazione della norma costituisce il limite di qualsiasi interpretazione, anche se funzionale a prevenire comportamenti abusivi. Anche il principio di interpretazione conforme del diritto nazionale incontra determinati limiti. Infatti, l’obbligo per il giudice nazionale di fare riferimento al contenuto di una direttiva nell’interpretazione e nell’applicazione delle norme pertinenti del proprio diritto interno trova un limite nei principi generali del diritto e non può servire da fondamento per un’interpretazione contra legem di tale diritto interno (15).

41.      Come sottolinea il giudice del rinvio, non si tratta quindi, nel caso di specie, di negare, come avveniva in precedenza, un’esenzione dall’imposta o la detrazione dell’IVA assolta a monte previste dal diritto dell’Unione. Si tratta piuttosto di assoggettare ad imposta il soggetto passivo in forza di un divieto generale, non scritto, di comportamenti abusivi in base al diritto dell’Unione, nonostante esista un’esenzione nazionale dall’imposta, ossia in assenza di base giuridica.

42.      Tuttavia, ciò sarebbe in contrasto con il principio generale di legalità dell’imposta, riconosciuto anche dal diritto dell’Unione e più volte recentemente sottolineato dalla Grande Sezione della Corte (16). Il diritto tributario è un classico diritto di ingerenza. Di conseguenza, le eventuali ingerenze dello Stato nei diritti fondamentali del contribuente attraverso l’imposizione fiscale devono essere disciplinate con sufficiente precisione in una legge direttamente applicabile al soggetto passivo.

43.      Pertanto, secondo la Corte, «il principio di legalità dell’imposta, che fa parte dell’ordinamento giuridico dell’Unione in quanto principio generale del diritto, esige che l’obbligo di pagare un’imposta nonché tutti gli elementi chiave che definiscono le caratteristiche fondamentali della stessa siano determinati per legge, poiché il contribuente deve essere in grado di prevedere e calcolare l’importo dell’imposta dovuta e stabilire il momento in cui essa diverrà esigibile» (17). L’applicabilità diretta di un divieto, generale e non scritto, di comportamenti abusivi in base al diritto dell’Unione non è però compatibile con tale affermazione.

c)      Conclusione intermedia

44.      Se lo Stato membro non prevede alcuna disposizione volta a impedire comportamenti abusivi dei propri contribuenti, potrebbe esser venuto meno al suo obbligo di prevedere norme dirette a prevenire abusi in materia di IVA. Tuttavia, un’omissione da parte dello Stato membro non può essere opposta al soggetto passivo che soddisfi le condizioni stabilite dall’ordinamento nazionale. Resta quindi solo un’interpretazione del diritto nazionale conforme al diritto dell’Unione, che è tuttavia soggetta a determinati limiti. Spetta al giudice del rinvio verificare se una siffatta interpretazione sia ipotizzabile nel caso di specie. In caso di risposta negativa, è esclusa nella fattispecie un’applicazione diretta del principio generale del divieto di comportamenti abusivi per stabilire la sussistenza di un obbligo fiscale in capo alla ricorrente.

45.      È tuttavia ipotizzabile che, in sede di determinazione del contenuto economico dell’operazione, che spetta al giudice del rinvio (accertamento e valutazione dei fatti), risulti che non vi è stato alcun cambiamento dei fatti sotto il profilo economico nonostante il mutamento della veste giuridica. L’imposizione fiscale deve in tal caso fondarsi sulla situazione economica reale. Per determinare in modo corretto i fatti economicamente rilevanti da assoggettare a imposta nell’ambito di un cosiddetto approccio economico non è necessario alcun particolare fondamento giuridico.

46.      Non è possibile valutare, alla luce della scarna descrizione del contesto fattuale, se, nel caso di una nuova società che abbia modificato la propria struttura societaria, un nuovo soggetto passivo abbia di fatto solo formalmente agito al fine di ottenere artificiosamente il beneficio della franchigia in favore delle piccole imprese. Inoltre, tale valutazione non rientra nella competenza della Corte nell’ambito del procedimento pregiudiziale. Per contro, spetta al giudice del rinvio o alle autorità fiscali procedere a detto accertamento dei fatti. Le seguenti spiegazioni (fornite in subordine) in merito all’esistenza di un abuso del diritto potrebbero facilitare il compito in parola.

2.      In subordine: presupposti di un abuso del diritto

47.      Nell’ipotesi in cui la Corte non dovesse accogliere l’argomento sopra esposto e ipotizzasse, nella fattispecie, un’applicazione diretta del divieto generale di comportamenti abusivi previsto dal diritto dell’Unione, occorre esaminare più dettagliatamente gli elementi che costituiscono un abuso del diritto.

48.      Secondo una giurisprudenza costante, l’accertamento di un abuso in materia di IVA richiede la sussistenza cumulativa di un elemento oggettivo [al riguardo, sub a)] e di un elemento soggettivo [al riguardo, sub b)]. Inoltre, l’applicazione del principio generale del divieto di comportamenti abusivi nel singolo caso non deve violare i principi di legalità dell’imposta, di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento [al riguardo, sub c)].

49.      A tale proposito, la constatazione di una pratica abusiva dipende da una valutazione complessiva di tutte le circostanze proprie di ciascun caso concreto. L’onere di provare tali elementi spetta all’amministrazione finanziaria competente (18). Il controllo giurisdizionale della valutazione complessiva deve essere effettuato dal giudice del rinvio.

a)      Elemento oggettivo

50.      Come emerge da una giurisprudenza costante della Corte, la prova di una pratica abusiva richiede anzitutto che l’obiettivo perseguito dalla disposizione invocata, nonostante il rispetto formale della stessa, non sia conseguito (19). L’esistenza di un abuso può quindi essere determinata solo in funzione dello scopo specifico della disposizione in questione.

51.      Nel procedimento principale, la ricorrente ha evidentemente soddisfatto, sotto il profilo formale, le condizioni per beneficiare del regime delle piccole imprese. In particolare, le soglie rilevanti di volume d’affari dell’anno precedente o di quello in corso non sono state superate a causa della nuova costituzione della ricorrente.

52.      Tuttavia, il ricorso al regime croato delle piccole imprese potrebbe essere stato non conforme allo scopo del regime stesso. Ciò presuppone la determinazione dello scopo medesimo. Per quanto riguarda l’articolo 287 della direttiva IVA, che consente agli Stati membri di applicare una siffatta franchigia d’imposta, la Corte ritiene che esso sia diretto a rafforzare la creazione, l’attività e la competitività delle piccole imprese (20). Ciò è dubbio, dato che, nel contempo, viene loro negato il diritto a detrazione dell’imposta versata a monte e la franchigia comprende solo il volume d’affari di un’impresa realizzato in un anno nello Stato membro in cui è stabilita (21). Anche la concezione della soglia di volume d’affari come soglia di esenzione e non come franchigia depone contro detto scopo, in quanto discrimina proprio le nuove imprese che spiccano per i risultati migliori (22).

53.      Piuttosto, l’obiettivo di tale franchigia d’imposta consiste principalmente in una semplificazione amministrativa (regola de minimis). Senza la fissazione di una soglia di volume d’affari, l’amministrazione finanziaria dovrebbe considerare soggetto passivo chiunque eserciti un’attività economica anche minima. Ciò comporterebbe notevoli oneri amministrativi per il contribuente e per le amministrazioni finanziarie, senza che detti oneri siano compensati da adeguati redditi da assoggettare a tassazione (23).

54.      Alla luce dello scopo della semplificazione amministrativa, la disposizione produce effetti, almeno in egual misura, a beneficio degli Stati membri (24). In un simile contesto, dubito che sia possibile per un soggetto passivo avvalersi in modo abusivo della franchigia in favore delle piccole imprese. L’interpretazione in parola è corroborata dal fatto che i soggetti passivi che si avvalgono del regime delle piccole imprese non hanno il diritto a detrazione dell’imposta ai sensi dell’articolo 289 della direttiva IVA. Nel complesso, al contribuente non deve quindi necessariamente derivare un vantaggio fiscale.

55.      Viceversa, non è neppure escluso che nel singolo caso possa risultare un vantaggio fiscale non rientrante negli obiettivi della norma. Il volume d’affari annuo di cui all’articolo 287 della direttiva IVA è riferito al soggetto passivo che agisce nel caso specifico (25). Il ricorso alla disposizione può dunque risultare non conforme allo scopo della stessa, tra l’altro, quando un’unica attività commerciale viene suddivisa tra più soggetti passivi «creati ad hoc» per non superare le soglie rilevanti di volume d’affari.

56.      Ciò vale, ad ogni modo, nel caso in cui i diversi soggetti passivi non possano essere considerati come un unico soggetto passivo ai fini dell’articolo 287 della direttiva IVA (26). Come ha sostenuto la Repubblica di Croazia, la disposizione facoltativa dell’articolo 11 della direttiva IVA, in base alla quale più persone possono essere considerate come un unico soggetto passivo, non è stata recepita nell’ordinamento nazionale. Pertanto, si esclude che la ricorrente e la società precedente possano essere considerate come un unico soggetto passivo.

57.      Di conseguenza, ritengo che non possa escludersi un utilizzo abusivo anche per quanto riguarda il regime delle piccole imprese di cui all’articolo 287 della direttiva IVA. Tuttavia, poiché la disposizione è finalizzata, almeno in egual misura, a una semplificazione amministrativa a beneficio degli Stati membri, si può ipotizzare un utilizzo abusivo della stessa solo in casi eccezionali.

b)      Elemento soggettivo

58.      Oltre all’elemento oggettivo, l’accertamento di un comportamento abusivo presuppone un elemento soggettivo. Deve risultare da un insieme di dati oggettivi che lo scopo delle operazioni controverse è essenzialmente l’ottenimento di un vantaggio fiscale. Il divieto di comportamenti abusivi non si applica più ove le operazioni di cui trattasi possano spiegarsi altrimenti che con il mero conseguimento di vantaggi fiscali (27).

59.      A tal riguardo, il soggetto passivo ha, in linea di principio, il diritto di scegliere la forma di conduzione degli affari che gli permette di ridurre la sua contribuzione fiscale (28). Esso è quindi generalmente libero di scegliere la struttura organizzativa e la modalità operativa che ritenga più idonea per la sua attività economica nonché al fine di limitare i suoi oneri fiscali (29). Sono vietate solo le costruzioni meramente artificiose, prive di effettività economica, realizzate al solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale (30). Al contrario, non vi è una costruzione meramente artificiosa quando ragioni obiettive depongono a favore della costruzione scelta.

60.      La convenuta si è basata sul fatto che la ricorrente ha continuato ad esercitare l’attività commerciale nei locali e con i dipendenti e i fornitori della società precedente. Tali indizi possono deporre a favore di una costruzione meramente artificiosa. Per contro, la ricorrente e la società precedente non sembrano far capo alle stesse persone. Il coinvolgimento di persone diverse può costituire un indizio significativo dell’esistenza di motivi economici all’origine della costituzione della ricorrente in continuità con l’esercizio dell’attività della società precedente.

61.      Spetta al giudice del rinvio stabilire, sulla base dell’insieme delle circostanze del singolo caso concreto, se la costruzione scelta sia stata realizzata essenzialmente allo scopo di ottenere un vantaggio fiscale. In ogni caso, gli elementi finora forniti dal giudice del rinvio non giustificano, di per sé, l’ipotesi che la costituzione della ricorrente da parte di un soggetto terzo e il rilevamento dell’attività della società precedente costituiscano una costruzione meramente artificiosa.

c)      Assenza di violazione dei principi di legalità dell’imposta, di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento

62.      La ricorrente nel procedimento principale invoca altresì i principi di legalità e certezza del diritto.

63.      Tuttavia, in alcune precedenti decisioni in materia di IVA, la Corte ha dichiarato che i soggetti passivi che hanno creato le condizioni relative all’ottenimento di un diritto in modo abusivo o fraudolento non possono avvalersi di tali principi (31).

64.      Detta affermazione, così generica, mi sembra problematica dal punto di vista dello Stato di diritto e alla luce della recente giurisprudenza della Corte sui valori comuni su cui si fonda l’Unione. Essa non concorda neppure con la recente giurisprudenza della Corte relativa al principio dello Stato di diritto.

65.      In tal senso, nella recente giurisprudenza, la Corte sottolinea sempre più che l’Unione raggruppa Stati che rispettano e condividono i valori sanciti dall’articolo 2 TUE (32). Dei valori di cui all’articolo 2 TUE, sui quali l’Unione si fonda, fa parte in particolare il principio dello Stato di diritto. Da un lato, esso esige che gli interventi dello Stato si fondino esclusivamente sulla legge. Tale riserva di legge si concretizza, in materia tributaria, nel principio di legalità dell’imposta (33), così come, nel diritto penale, nel principio nulla poena sine lege certa (principio di legalità dei reati e delle pene) ed è intesa dalla Corte come una particolare espressione del principio generale della certezza del diritto (34).

66.      Il principio della certezza del diritto, che ha come corollario quello della tutela del legittimo affidamento e che si riferisce quindi anche al principio dello Stato di diritto, impone, segnatamente, che le norme di diritto siano chiare, precise e prevedibili nei loro effetti, in particolare quando possono avere sugli individui e sulle imprese conseguenze sfavorevoli (35). In tal senso, i principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento devono essere rispettati dalle istituzioni dell’Unione europea, ma anche dagli Stati membri nell’esercizio dei poteri loro conferiti dalle direttive dell’Unione (36).

67.      La Grande Sezione della Corte ha già stabilito che il requisito della determinatezza della legge applicabile, che è inerente al principio di legalità (nella causa in parola, in relazione ai reati e alle pene), implica che la legge definisca in modo chiaro le proprie conseguenze giuridiche. Tale condizione è soddisfatta quando il singolo può conoscere, in base al testo della disposizione rilevante e, se del caso, con l’aiuto dell’interpretazione che ne sia stata fatta dai giudici, gli atti e le omissioni che chiamano in causa la sua responsabilità (nella causa in parola, penale) (37). Lo stesso vale per altri settori del diritto che comportano ingerenze, quali il diritto tributario e la responsabilità fiscale ivi prevista. La Corte ha dunque già riconosciuto la particolare rilevanza della riserva di legge anche per il diritto tributario e l’ha definita un principio generale del diritto che fa parte dell’ordinamento giuridico dell’Unione (38).

68.      La normativa in materia fiscale deve pertanto essere certa e la sua applicazione prevedibile per coloro che vi sono sottoposti quando crea obblighi per i singoli. Secondo la Corte, ciò si impone con particolare rigore in presenza di una normativa che può comportare conseguenze finanziarie (39). A tal riguardo, l’obbligo di pagare un’imposta nonché tutti gli elementi chiave che definiscono le caratteristiche fondamentali della stessa devono essere determinati per legge. Il contribuente deve essere in grado di prevedere l’importo dell’imposta dovuta (40).

69.      Per contro, il divieto di comportamenti abusivi (in forza del diritto dell’Unione) non può fondarsi sul diritto primario scritto né, tanto meno, sui valori enunciati nell’articolo 2 TUE. In situazioni in cui sono coinvolti tanto il principio dello Stato di diritto quanto quello del divieto di comportamenti abusivi, ciò depone a favore di un’applicazione molto attenta e restrittiva di quest’ultimo.

70.      Ne consegue che alla ricorrente non può essere genericamente negata la possibilità di invocare la tutela del legittimo affidamento nel caso di specie. Ciò è tanto più vero in quanto, come sottolinea anche la Repubblica di Croazia, il procedimento principale non ha ad oggetto una contestazione di evasione dell’IVA, bensì «soltanto» di un abuso del diritto. Si tratta di una differenza essenziale che giustifica anche una disparità di trattamento.

71.      Per evasione fiscale si intende il conseguimento di un vantaggio fiscale passibile di sanzione. Per contro, le costruzioni abusive sono caratterizzate dal fatto che esse comportano, nonostante l’osservanza della normativa applicabile (dunque nell’ambito di un comportamento lecito), il conseguimento di un vantaggio fiscale che non rientra negli obiettivi della norma. Il confine tra un comportamento «normale» già abusivo e un comportamento «normale» non ancora abusivo tenuto da un soggetto passivo nel tentativo di minimizzare il proprio onere fiscale può essere fluido e dipendere in misura significativa dal singolo caso. Ciò è tanto più vero in quanto la Corte riconosce che, quando il soggetto passivo ha la scelta tra due operazioni, non è tenuto a scegliere quella che implica un maggiore pagamento di IVA, ma, al contrario, ha il diritto di scegliere la forma di conduzione degli affari che gli permette di ridurre la sua contribuzione fiscale. Di conseguenza, i soggetti passivi sono generalmente liberi di scegliere le strutture organizzative e le modalità operative che ritengano più idonee per le loro attività economiche nonché al fine di limitare i loro oneri fiscali (41).

72.      Tuttavia, ciò richiede anche che il soggetto passivo possa fare affidamento sulla situazione giuridica determinata per legge nello Stato membro in questione. Di conseguenza, qualora non esista, come nel procedimento principale, alcuna norma di legge diretta a vietare comportamenti abusivi e l’ordinamento nazionale non possa neppure essere interpretato nel senso che è illecito avvalersi di una disposizione che prevede una franchigia d’imposta al solo scopo di minimizzare l’imposta stessa, la conseguenza giuridica, prevista dalla legge, dell’esenzione fiscale non può quindi essere genericamente negata.

73.      Piuttosto, spetta sempre al giudice del rinvio decidere, sulla base dell’insieme delle circostanze del caso concreto, se nel caso di specie la ricorrente potesse fare affidamento, in modo meritevole di tutela, sulla situazione giuridica esistente. Qualora il giudice del rinvio risponda affermativamente a detta questione, l’amministrazione finanziaria convenuta non può neppure invocare, nei confronti della ricorrente, un divieto generale non scritto di comportamenti abusivi in forza del diritto dell’Unione, se lo Stato membro non ha ancora trasposto tale divieto nell’ordinamento nazionale.

3.      Conseguenze giuridiche di un abuso del diritto

74.      Qualora il giudice del rinvio dovesse giungere alla conclusione che sussistono tutti i presupposti per constatare l’esistenza di un abuso del diritto (compresa l’assenza di legittimo affidamento), l’imposizione fiscale dovrebbe essere basata sulla situazione quale si sarebbe configurata senza il comportamento abusivo (42).

75.      Per motivi di proporzionalità, tuttavia, l’imposizione fiscale non deve eccedere quanto necessario per assicurare l’esatta riscossione dell’IVA (43). Ne consegue che l’amministrazione finanziaria convenuta avrebbe certamente la facoltà di negare alla ricorrente il beneficio del regime delle piccole imprese. Allo stesso tempo, però, come sottolineato anche dall’amministrazione finanziaria croata, la ricorrente godrebbe nel caso di specie di un diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte per il periodo d’imposta in questione.

VI.    Conclusione

76.      Propongo pertanto alla Corte di rispondere alla questione sollevata dall’Upravni sud u Zagrebu (Tribunale amministrativo di Zagabria, Croazia) come segue:

Il principio generale del divieto di comportamenti abusivi non impone alle autorità e ai giudici nazionali di ignorare, in contrasto con il principio della legalità dell’imposta, la franchigia in favore delle piccole imprese, prevista dall’ordinamento nazionale e concessa sulla base dell’articolo 287 della direttiva IVA, qualora non sia possibile un’interpretazione del diritto nazionale in conformità del diritto dell’Unione e il diritto nazionale non contenga una base giuridica per il diniego della franchigia di cui trattasi. Tuttavia, nel determinare i fatti generatori dell’imposta, l’amministrazione finanziaria può basarsi sulla situazione voluta sotto il profilo economico e ignorare una situazione che è stata realizzata soltanto in modo fittizio (cosiddetto approccio economico).


1      Lingua originale: il tedesco.


2      Direttiva del Consiglio del 28 novembre 2006 (GU 2006, L 347, pag. 1), nella versione vigente nell’anno controverso (2018); come da ultimo modificata dalla direttiva (UE) 2017/2455 del Consiglio, del 5 dicembre 2017, che modifica la direttiva 2006/112/CE e la direttiva 2009/132/CE per quanto riguarda taluni obblighi in materia di imposta sul valore aggiunto per le prestazioni di servizi e le vendite a distanza di beni (GU 2017, L 348, pag. 7).


3      Decisione di esecuzione (UE) 2017/1768 del Consiglio, del 25 settembre 2017, che autorizza la Repubblica di Croazia a introdurre una misura speciale di deroga all’articolo 287 della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2017, L 250, pag. 71).


4      È fondamentale la sentenza del 5 luglio 2007, Kofoed (C‑321/05, EU:C:2007:408, punto 38).


5      Sentenza del 18 dicembre 2014, Schoenimport «Italmoda» Mariano Previti (C‑131/13, C‑163/13 e C‑164/13, EU:C:2014:2455, punti 49 e 62).


6      Ordinanza del 9 gennaio 2023, A.T.S. 2003 (C‑289/22, EU:C:2023:26, punto 42).


7      Conclusioni dell’avvocato generale Poiares Maduro nella causa Halifax e a. (C‑255/02, EU:C:2005:200, paragrafo 69) e dell’avvocato generale Szpunar nelle cause riunite Schoenimport «Italmoda» Mariano Previti e a. (C‑131/13, C‑163/13 e C‑164/13, EU:C:2014:2217, paragrafo 63). V., altresì, sentenza del 21 febbraio 2006, Halifax e a. (C‑255/02, EU:C:2006:121, punto 85).


8      Sentenza del 18 dicembre 2014, Schoenimport «Italmoda» Mariano Previti (C‑131/13, C‑163/13 e C‑164/13, EU:C:2014:2455, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).


9      Sentenze del 22 novembre 2017, Cussens e a. (C‑251/16, EU:C:2017:881, punto 33), e del 18 dicembre 2014, Schoenimport «Italmoda» Mariano Previti (C‑131/13, C‑163/13 e C‑164/13, EU:C:2014:2455, punto 62).


10      Sentenza del 18 dicembre 2014, Schoenimport «Italmoda» Mariano Previti (C‑131/13, C‑163/13 e C‑164/13, EU:C:2014:2455, punto 59).


11      Sentenze del 22 novembre 2017, Cussens e a. (C‑251/16, EU:C:2017:881, punto 32), e del 18 dicembre 2014, Schoenimport «Italmoda» Mariano Previti (C‑131/13, C‑163/13 e C‑164/13, EU:C:2014:2455, punto 57); fondamentale già la sentenza del 14 dicembre 2000, Emsland‑Stärke (C‑110/99, EU:C:2000:695, punto 56).


12      Sentenze del 16 giugno 2022, DuoDecad (C‑596/20, EU:C:2022:474, punto 37); del 6 ottobre 2021, W.Ż. (Sezione di controllo straordinario e delle questioni pubbliche della Corte suprema – Nomina) (C‑487/19, EU:C:2021:798, punti 78 e 132), e del 26 aprile 2017, Farkas (C‑564/15, EU:C:2017:302, punto 37).


13      V., a titolo esemplificativo, solo la chiara critica di due specialisti molto noti in Germania in materia di imposta sul valore aggiunto: Stadie, H., in Rau/Dürrwächter, UStG, parte introduttiva del punto 615 (aggiornamento: gennaio 2024): «Le dichiarazioni della Corte, pur corrette nella sostanza, non mostrano un approccio dogmatico» e Reiß, W., Umsatzsteuerrecht, 20º ed., 2022, punto 303: «In questo contesto si applica alla Corte, in base al diritto dell’Unione, il principio secondo cui, indipendentemente dalla sua competenza a fornire un’interpretazione dirimente del diritto dell’Unione, la stessa è vincolata dalla direttiva nel rispetto dei principi generali del diritto dell’Unione. Tuttavia, ad essa non spetta, di per sé, la funzione di legislatore e non ha il compito di imporre agli Stati membri, o agli organi giurisdizionali e alle autorità degli stessi, disposizioni che non risultano dalla direttiva».


14      Il procedimento è in corso dinanzi a tale organo giurisdizionale con il numero di causa 16395/18 – ITALMODA MARIANO PREVITI and Others against the Netherlands.


15      Da ultimo, sentenza del 20 febbraio 2024, X (Assenza di motivi di recesso) (C‑715/20, EU:C:2024:139, punto 70 e giurisprudenza ivi citata).


16      Sentenze del 5 dicembre 2023, Lussemburgo e a./Commissione (C‑451/21 P e C‑454/21 P, EU:C:2023:948, punto 119), e dell’8 novembre 2022, Fiat Chrysler Finance Europe/Commissione (C‑885/19 P e C‑898/19 P, EU:C:2022:859, punto 97).


17      Sentenze del 5 dicembre 2023, Lussemburgo e a./Commissione (C‑451/21 P e C‑454/21 P, EU:C:2023:948, punto 119), e dell’8 novembre 2022, Fiat Chrysler Finance Europe/Commissione (C‑885/19 P e C‑898/19 P, EU:C:2022:859, punto 97). V., in tal senso, anche sentenza dell’8 maggio 2019, Związek Gmin Zagłębia Miedziowego (C‑566/17, EU:C:2019:390, punto 39).


18      V. sentenza del 26 febbraio 2019, T Danmark e Y Denmark (C‑116/16 e C‑117/16, EU:C:2019:135, punto 117).


19      Fondamentale la sentenza del 21 febbraio 2006, Halifax e a. (C‑255/02, EU:C:2006:121, punto 74); più recentemente, anche sentenza del 26 febbraio 2019, T Danmark e Y Denmark (C‑116/16 e C‑117/16, EU:C:2019:135, punto 97).


20      V. sentenze del 9 luglio 2020, AJPF Caraş-Severin e DiGRFP Timişoara (C‑716/10, EU:C:2020:540, punto 40); del 2 maggio 2019, Jarmuškienė (C‑265/18, EU:C:2019:348, punto 37), e del 26 ottobre 2010, Schmelz (C‑97/09, EU:C:2010:632, punto 63), nonché le mie conclusioni nella causa Schmelz (C‑97/09, EU:C:2010:354, paragrafo 33).


21      Sentenza del 26 ottobre 2010, Schmelz (C‑97/09, EU:C:2010:632, punto 77).


22      V. le mie conclusioni nella causa Administraţia Judeţeană a Finanţelor Publice Caraş-Severin – Serviciul Inspecţie Persoane Fizice und Direcţia Generală Regională a Finanţelor Publice Timişoara – Serviciul Soluţionare Contestaţii 1 (C‑716/18, EU:C:2020:82, paragrafo 27).


23      Sentenze del 9 luglio 2020, AJPF Caraş-Severin e DiGRFP Timişoara (C‑716/10, EU:C:2020:540, punto 40); del 2 maggio 2019, Jarmuškienė (C‑265/18, EU:C:2019:348, punto 37), e del 26 ottobre 2010, Schmelz (C‑97/09, EU:C:2010:632, punti 63 e 68).


24      V. le mie conclusioni nella causa Administraţia Judeţeană a Finanţelor Publice Caraş-Severin – Serviciul Inspecţie Persoane Fizice und Direcţia Generală Regională a Finanţelor Publice Timişoara – Serviciul Soluţionare Contestaţii 1 (C‑716/18, EU:C:2020:82, paragrafo 28).


25      V. le mie conclusioni nella causa Valstybinė mokesčių inspekcija prie Lietuvos Respublikos finansų ministerijos e a. (Accordo relativo allo svolgimento di attività congiunte) (C‑312/19, EU:C:2020:310, paragrafo 67).


26      V. le mie conclusioni nella causa Valstybinė mokesčių inspekcija prie Lietuvos Respublikos finansų ministerijos e a. (Accordo relativo allo svolgimento di attività congiunte) (C‑312/19, EU:C:2020:310, paragrafo 65).


27      Sentenza del 21 febbraio 2006, Halifax e a. (C‑255/02, EU:C:2006:121, punto 75).


28      Ordinanza del 9 gennaio 2023, A.T.S. 2003 (C‑289/22, EU:C:2023:26, punto 40); sentenza del 21 febbraio 2006, Halifax e a. (C‑255/02, EU:C:2006:121, punto 73).


29      V. ordinanza del 9 gennaio 2023, A.T.S. 2003 (C‑289/22, EU:C:2023:26, punto 40).


30      Sentenze del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses (C‑419/14, EU:C:2015:832, punto 35), e del 20 giugno 2013, Newey (C‑653/11, EU:C:2013:409, punto 46).


31      Sentenze del 22 novembre 2017, Cussens e a. (C‑251/16, EU:C:2017:881, punti 43 e giurisprudenza ivi citata); del 18 dicembre 2014, Schoenimport «Italmoda» Mariano Previti (C‑131/13, C‑163/13 e C‑164/13, EU:C:2014:2455, punto 60), e, implicitamente, del 21 febbraio 2006, Halifax e a. (C‑255/02, EU:C:2006:121, punto 84).


32      Sentenze del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema) (C‑619/18, EU:C:2019:531, punti 42 e 43); del 10 dicembre 2018, Wightman e a. (C‑621/18, EU:C:2018:999, punto 63), e del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punto 35). Per quanto riguarda la presa in considerazione dei valori ivi menzionati nell’interpretazione delle direttive, v. altresì sentenza del 9 marzo 2010, Commissione/Germania (C‑518/07, EU:C:2010:125, punto 41).


33      Sentenze del 5 dicembre 2023, Lussemburgo e a./Commissione (C‑451/21 P e C‑454/21 P, EU:C:2023:948, punto 119); dell’8 novembre 2022, Fiat Chrysler Finance Europe/Commissione (C‑885/19 P e C‑898/19 P, EU:C:2022:859, punto 97), e dell’8 maggio 2019, Związek Gmin Zagłębia Miedziowego (C‑566/17, EU:C:2019:390, punto 39).


34      V. conclusioni dell’avvocato generale Emiliou nella causa Belgian Association of Tax Lawyers e a. (C‑623/22, EU:C:2024:189, paragrafo 42), e sentenza del 20 dicembre 2017, Vaditrans (C‑102/16, EU:C:2017:1012, punto 50).


35      Sentenze dell’11 giugno 2015, Berlington Hungary e a. (C‑98/14, EU:C:2015:386; punto 77); del 1º luglio 2014, Ålands Vindkraft (C‑573/12, EU:C:2014:2037, punto 127), e del 12 dicembre 2013, Test Claimants in the Franked Investment Income Group Litigation (C‑362/12, EU:C:2013:834, punto 44). V. altresì le mie conclusioni nella causa Banco de Portugal e a. (C‑504/19, EU:C:2020:943, paragrafo 79).


36      V., unicamente nel contesto dell’IVA, sentenza del 9 luglio 2015, Salomie e Oltean (C‑183/14, EU:C:2015:454, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).


37      Sentenze del 5 dicembre 2017, M.A.S. e M.B. (C‑42/17, EU:C:2017:936, punto 56), e del 28 marzo 2017, Rosneft (C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 162).


38      Sentenze del 5 dicembre 2023, Lussemburgo e a./Commissione (C‑451/21 P e C‑454/21 P, EU:C:2023:948, punto 119); dell’8 novembre 2022, Fiat Chrysler Finance Europe/Commissione (C‑885/19 P e C‑898/19 P, EU:C:2022:859, punto 97), e dell’8 maggio 2019, Związek Gmin Zagłębia Miedziowego (C‑566/17, EU:C:2019:390, punto 39).


39      Sentenza del 9 luglio 2015, Salomie e Oltean (C‑183/14, EU:C:2015:454, punto 31).


40      Sentenze del 5 dicembre 2023, Lussemburgo e a./Commissione (C‑451/21 P e C‑454/21 P, EU:C:2023:948, punto 119); dell’8 novembre 2022, Fiat Chrysler Finance Europe/Commissione (C‑885/19 P e C‑898/19 P, EU:C:2022:859, punto 97), e dell’8 maggio 2019, Związek Gmin Zagłębia Miedziowego (C‑566/17, EU:C:2019:390, punto 39).


41      Ordinanza del 9 gennaio 2023, A.T.S. 2003 (C‑289/22, EU:C:2023:26, punto 40); sentenza del 21 febbraio 2006, Halifax e a. (C‑255/02, EU:C:2006:121, punto 73), e del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses (C‑419/14, EU:C:2015:832, punto 42).


42      V. sentenze del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses (C‑419/14, EU:C:2015:832, punto 52), e del 20 giugno 2013, Newey (C‑653/11, EU:C:2013:409, punto 50).


43      Sentenza del 22 novembre 2017, Cussens e a. (C‑251/16, EU:C:2017:881, punto 46).

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