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Document 62023CC0126

    Conclusioni dell’avvocato generale J. Richard de la Tour, presentate il 8 maggio 2024.


    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2024:396

    CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    JEAN RICHARD DE LA TOUR

    presentate l’8 maggio 2024 (1)

    Causa C126/23 [Burdene] (i) 

    UD,

    QO,

    VU,

    LO,

    CA

    contro

    Presidenza del Consiglio dei Ministri,

    Ministero dell’Interno

    [domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale Ordinario di Venezia (Italia)]

    «Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2004/80/CE – Articolo 12, paragrafo 2 – Sistemi nazionali di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti – Decesso della vittima – Indennizzo dei familiari stretti della vittima – Nozione di “vittima” – Normativa nazionale che esclude il versamento di un indennizzo ai familiari stretti della vittima in presenza di un coniuge superstite e di figli – Indennizzo “equo e adeguato”»






    I.      Introduzione

    1.        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa all’indennizzo delle vittime di reato (2), degli articoli 20 e 21, dell’articolo 33, paragrafo 1, e dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (3), nonché dell’articolo 1 del protocollo n. 12 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (4).

    2.        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, i genitori, la sorella e i figli della vittima di un omicidio e, dall’altro, la Presidenza del Consiglio dei Ministri (Italia) e il Ministero dell’Interno (Italia) in merito all’indennizzo da parte dello Stato italiano, a causa dell’insolvenza dell’autore di tale omicidio, dei danni da essi subiti, che è eccessivamente esiguo o inesistente.

    3.        Esporrò di seguito le ragioni per le quali ritengo che non sia conforme al diritto dell’Unione in materia di indennizzo delle vittime di reato una normativa nazionale che, in caso di decesso della vittima, esclude d’ufficio il versamento di indennizzi a taluni membri della sua famiglia, in applicazione di un ordine di priorità ispirato al diritto successorio.

    II.    Contesto normativo

    A.      Diritto dell’Unione

    1.      Direttiva 2004/80

    4.        I considerando 3, da 5 a 7 e 10 della direttiva 2004/80 così recitano:

    «(3)      Il Consiglio europeo, nella riunione di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, ha sollecitato l’elaborazione di norme minime sulla tutela delle vittime della criminalità, in particolare sull’accesso delle vittime alla giustizia e sui loro diritti al risarcimento dei danni, comprese le spese legali.

    (...)

    (5)      Il 15 marzo 2001 il Consiglio ha adottato la decisione quadro 2001/220/GAI relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale [(5)]. Questa decisione, basata sul titolo VI del trattato sull’Unione europea[, intitolato “Disposizioni sulla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale” (6)], consente alle vittime di chiedere un risarcimento da parte dell’autore del reato nell’ambito del procedimento penale.

    (6)      Le vittime di reato nell’Unione europea dovrebbero avere il diritto di ottenere un indennizzo equo e adeguato per le lesioni subite, indipendentemente dal luogo [dell’Unione] in cui il reato è stato commesso.

    (7)      La presente direttiva stabilisce un sistema di cooperazione volto a facilitare alle vittime di reato l’accesso all’indennizzo nelle situazioni transfrontaliere, che dovrebbe operare sulla base dei sistemi degli Stati membri in materia di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori. Dovrebbe essere pertanto istituito in tutti gli Stati membri un meccanismo di indennizzo.

    (...)

    (10)      Le vittime di reato, in molti casi, non possono ottenere un risarcimento dall’autore del reato, in quanto questi può non possedere le risorse necessarie per ottemperare a una condanna al risarcimento dei danni, oppure può non essere identificato o perseguito».

    5.        Il capo II di tale direttiva, intitolato «Sistemi di indennizzo nazionali», comprende l’articolo 12, che prevede quanto segue:

    «1.      Le disposizioni della presente direttiva riguardanti l’accesso all’indennizzo nelle situazioni transfrontaliere si applicano sulla base dei sistemi degli Stati membri in materia di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori.

    2.      Tutti gli Stati membri provvedono a che le loro normative nazionali prevedano l’esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato delle vittime».

    6.        Il capo III di detta direttiva, intitolato «Disposizioni di attuazione», comprende gli articoli da 13 a 21. L’articolo 17, relativo alle «[d]isposizioni più favorevoli», è così formulato:

    «La presente direttiva non preclude agli Stati membri la possibilità di introdurre o mantenere, nella misura in cui siano compatibili con la presente direttiva:

    a)      disposizioni più favorevoli a vantaggio delle vittime di reato o di qualsiasi altra persona lesa da un reato;

    b)      disposizioni volte a indennizzare le vittime di reati commessi al di fuori del loro territorio o qualsiasi altra persona lesa da tali reati, fatte salve le condizioni che gli Stati membri possono specificare a tal fine».

    2.      Direttiva 2012/29/UE

    7.        Il considerando 19 della direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI (7), così recita:

    «Una persona dovrebbe essere considerata vittima indipendentemente dal fatto che l’autore del reato sia identificato, catturato, perseguito o condannato e indipendentemente dalla relazione familiare tra loro. È possibile che anche i familiari della vittima subiscano un danno a seguito del reato. In particolare, i familiari di una persona la cui morte sia stata causata direttamente da un reato potrebbero subire un danno a seguito del reato. La presente direttiva dovrebbe pertanto tutelare anche questi familiari vittime indirette del reato. Tuttavia, gli Stati membri dovrebbero poter stabilire procedure per limitare il numero di familiari ammessi a beneficiare dei diritti previsti dalla presente direttiva. Nel caso di un minore, il minore stesso o, a meno che ciò non sia in contrasto con l’interesse superiore del minore, il titolare della responsabilità genitoriale a nome del minore dovrebbero avere la facoltà di esercitare i diritti previsti dalla presente direttiva. La presente direttiva fa salve eventuali procedure e formalità amministrative nazionali richieste per stabilire che una persona è una vittima».

    8.        L’articolo 2 di tale direttiva così dispone:

    «1.      Ai fini della presente direttiva si intende per:

    a)      “vittima”:

    i)      una persona fisica che ha subito un danno, anche fisico, mentale o emotivo, o perdite economiche che sono stati causati direttamente da un reato;

    ii)      un familiare di una persona la cui morte è stata causata direttamente da un reato e che ha subito un danno in conseguenza della morte di tale persona;

    b)      “familiare”: il coniuge, la persona che convive con la vittima in una relazione intima, nello stesso nucleo familiare e in modo stabile e continuo, i parenti in linea diretta, i fratelli e le sorelle, e le persone a carico della vittima;

    (...)

    2.      Gli Stati membri possono stabilire procedure:

    a)      per limitare il numero di familiari ammessi a beneficiare dei diritti previsti dalla presente direttiva tenendo conto delle circostanze specifiche di ciascun caso; e

    b)      in relazione al paragrafo 1, lettera a), punto ii), per determinare quali familiari hanno la priorità in relazione all’esercizio dei diritti previsti dalla presente direttiva».

    B.      Diritto italiano

    9.        L’articolo 11 della legge del 7 luglio 2016, n. 122 – Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2015-2016 (8), nella versione applicabile ai fatti del procedimento principale (in prosieguo: la «legge n. 122/2016»), prevede quanto segue:

    «1.      Fatte salve le provvidenze in favore delle vittime di determinati reati previste da altre disposizioni di legge, se più favorevoli, è riconosciuto il diritto all’indennizzo a carico dello Stato alla vittima di un reato doloso commesso con violenza alla persona e comunque del reato di cui all’articolo 603-bis del codice penale, ad eccezione dei reati di cui agli articoli 581 e 582, salvo che ricorrano le circostanze aggravanti previste dall’articolo 583 del codice penale.

    2.      L’indennizzo per i delitti di omicidio, violenza sessuale o lesione personale gravissima, ai sensi dell’articolo 583, secondo comma, del codice penale (...), è erogato in favore della vittima o degli aventi diritto indicati al comma 2-bis nella misura determinata dal decreto di cui al comma 3. Per i delitti diversi da quelli di cui al primo periodo, l’indennizzo è corrisposto per la rifusione delle spese mediche e assistenziali.

    bis      In caso di morte della vittima in conseguenza del reato, l’indennizzo è corrisposto in favore del coniuge superstite e dei figli; in mancanza del coniuge e dei figli, l’indennizzo spetta ai genitori e, in mancanza dei genitori, ai fratelli e alle sorelle conviventi e a carico al momento della commissione del delitto. (...)

    ter      Nel caso di concorso di aventi diritto, l’indennizzo è ripartito secondo le quote previste dalle disposizioni del libro secondo, titolo II, del codice civile.

    3.      Con decreto del Ministro dell’interno e del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono determinati gli importi dell’indennizzo, comunque nei limiti delle disponibilità del [Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell’usura e dei reati intenzionali violenti (9)] di cui all’articolo 14, assicurando un maggior ristoro alle vittime dei reati di violenza sessuale e di omicidio e, in particolare, ai figli della vittima in caso di omicidio commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa».

    10.      L’articolo 13, comma 2, della legge n. 122/2016 così recita:

    «La domanda deve essere presentata nel termine di sessanta giorni dalla decisione che ha definito il giudizio per essere ignoto l’autore del reato o dall’ultimo atto dell’azione esecutiva infruttuosamente esperita ovvero dalla data del passaggio in giudicato della sentenza penale».

    11.      Adottato in attuazione dell’articolo 11, comma 3, della legge n. 122/2016, l’articolo 1, comma 1, lettera b), del decreto ministeriale del 22 novembre 2019 – Determinazione degli importi dell’indennizzo alle vittime dei reati intenzionali violenti (10) (in prosieguo: il «decreto ministeriale di attuazione») prevede un indennizzo «per il delitto di omicidio commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa, nell’importo fisso di euro 60 000 esclusivamente in favore dei figli della vittima».

    III. Fatti del procedimento principale e questioni pregiudiziali

    12.      Con sentenza del 18 settembre 2018, il Tribunale di Padova (Italia) ha condannato l’autore dell’omicidio della sua ex compagna, commesso in Italia, a una pena detentiva di trent’anni e gli ha ingiunto di pagare una provvisionale ai membri della famiglia della vittima che si erano costituiti parte civile. Precisamente, sono stati assegnati EUR 400 000 a ciascuno dei due figli della vittima, EUR 120 000 a suo padre, a sua madre e a sua sorella nonché EUR 30 000 al suo coniuge, da cui la stessa era separata ma non divorziata.

    13.      Conformemente alla normativa nazionale, poiché l’autore dell’omicidio non aveva né patrimonio né redditi ed era stato ammesso al gratuito patrocinio, lo Stato italiano ha versato soltanto a ciascuno dei figli un indennizzo di EUR 20 000, mentre al coniuge separato è stato concesso un indennizzo di EUR 16 666,66.

    14.      Il 1º febbraio 2022 i ricorrenti, ossia i familiari della vittima, ad eccezione del coniuge, ritenendo che la legge n. 122/2016 avesse introdotto, in violazione della direttiva 2004/80, importanti limitazioni quanto al pagamento degli indennizzi, hanno adito il Tribunale Ordinario di Venezia (Italia), giudice del rinvio. Le loro domande mirano, previa disapplicazione del decreto ministeriale di attuazione in quanto illegittimo, a fissare gli importi da versare loro a titolo di indennizzo, in ragione del loro grado di parentela con la vittima dell’omicidio, in modo «equo ed adeguato», ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, di detta direttiva, tenendo conto – previa deduzione, per quanto riguarda i figli di tale vittima, dell’importo già loro versato – della quantificazione del danno stabilita dalla sentenza di condanna dell’autore di tale omicidio, e ciò anche se il Fondo di solidarietà non disponga delle risorse finanziarie necessarie. In subordine, i ricorrenti chiedono la condanna della Presidenza del Consiglio dei ministri, in rappresentanza dello Stato italiano, al pagamento delle medesime somme a titolo di risarcimento del danno subito a causa dell’errata attuazione di detta direttiva, in particolare dell’articolo 12 della stessa.

    15.      In primo luogo, i ricorrenti sostengono che la limitazione stabilita dall’articolo 11, paragrafo 2 bis, della legge n. 122/2016 – che prevede il riconoscimento dell’indennizzo, ai genitori della vittima, soltanto in assenza di coniuge e figli, e, ai fratelli e alle sorelle, soltanto in assenza di persone appartenenti alle categorie precedentemente menzionate – viola l’obbligo di indennizzo previsto all’articolo 12 della direttiva 2004/80, in quanto detta disposizione designa, tra le persone lese alle quali è astrattamente riconosciuto il diritto all’indennizzo, quelle che devono essere concretamente indennizzate, in modo arbitrario e senza riferimento a criteri equi e adeguati alla fattispecie. Inoltre, nel caso di specie, l’indennizzo sarebbe stato concesso anche al coniuge della vittima dell’omicidio, dalla quale egli era separato dal 2006, quasi undici anni prima del decesso di quest’ultima. Il diritto all’indennizzo sarebbe stato quindi riconosciuto ancorché il legame affettivo si fosse chiaramente affievolito fino ad essere quasi inesistente.

    16.      In secondo luogo, i ricorrenti sostengono che l’importo di EUR 20 000 concesso ai figli della vittima dell’omicidio in applicazione del decreto ministeriale di attuazione, corrispondente al 5% della provvisionale accordata con decisione giudiziaria, non sembra conforme a quanto stabilito dalla Corte al punto 69 della sentenza del 16 luglio 2020, Presidenza del Consiglio dei ministri (11).

    17.      In terzo luogo, i ricorrenti ritengono che la normativa nazionale sia illegittima anche nella parte in cui subordina il versamento dell’indennizzo alla condizione che lo Stato abbia accantonato i fondi necessari per accordarlo, il che sarebbe in contrasto con il considerando 10 della direttiva 2004/80.

    18.      Le autorità italiane convenute sottolineano che l’importo dell’indennizzo per quanto riguarda la situazione dei figli è stato fissato nel rigoroso rispetto delle disposizioni vigenti, tenendo conto dei mezzi di sussistenza del coniuge superstite. Esse ricordano inoltre che la Corte, dopo aver affermato, al punto 58 della sentenza BV, che gli Stati membri dispongono di un ampio margine di discrezionalità nel determinare l’importo dell’indennizzo di cui all’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80, ha dichiarato, al punto 65 di tale sentenza, che detta disposizione non osta a un indennizzo forfettario delle vittime, ma esige soltanto che tale indennizzo sia «equo ed adeguato». Al punto 69 di detta sentenza, la Corte avrebbe considerato che tale requisito è soddisfatto quando l’indennizzo, anche forfettario, rappresenti «un appropriato contributo al ristoro del danno materiale e morale subito» dalla vittima.

    19.      Le convenute sostengono altresì che le domande proposte dal padre, dalla madre e dalla sorella della vittima dell’omicidio sono irricevibili. Infatti, il termine di decadenza di sessanta giorni previsto per la presentazione in via amministrativa di una domanda di indennizzo sarebbe scaduto, poiché la sentenza penale è divenuta definitiva il 6 maggio 2021, il procedimento pendente è stato avviato il 1º febbraio 2022 e la loro domanda di mediazione non interrompe il decorso di detto termine.

    20.      Il giudice del rinvio ritiene che, al fine di valutare la fondatezza della domanda di risarcimento danni di cui è investito, fondata sull’errata trasposizione della direttiva 2004/80, occorra, in via preliminare, stabilire se la normativa nazionale, quale risulta dall’articolo 11, commi 2 bis, 2 ter e 3, della legge n. 122/2016, sia conforme al diritto dell’Unione.

    21.      Tale giudice rileva che detta normativa nazionale, che subordina il versamento dell’indennizzo – anche quando una sentenza definitiva stabilisce, a favore di taluni familiari, un diritto al risarcimento dei danni da essi subiti e il relativo importo – per quanto riguarda i genitori della vittima del reato di omicidio, all’assenza di coniuge e figli di tale vittima e, per quanto riguarda la sorella o il fratello della vittima, all’assenza del padre e della madre, purché essi coabitassero con la vittima e fossero a suo carico nel momento in cui il reato è stato commesso, trascura l’aspetto non patrimoniale della sofferenza connessa alla perdita violenta della vittima.

    22.      Per quanto riguarda il coniuge e i figli, detto giudice osserva che l’entità del danno subito non è stata presa in considerazione. Infatti, nel caso di specie, non si sarebbe attribuita alcuna importanza al fatto che il coniuge fosse separato dalla vittima da un certo tempo, essendo stata prevista una mera ripartizione dell’indennizzo sulla base delle disposizioni in materia di successione, subordinatamente alla capienza del Fondo di solidarietà. Non si sarebbe quindi tenuto conto della gravità delle conseguenze dell’atto per le vittime, in violazione della sentenza BV. Inoltre, l’indennizzo a favore dei figli sarebbe stato fissato ad un importo largamente corrispondente a quello concesso al coniuge, che sarebbe sproporzionato rispetto all’importo della provvisionale fissata nell’ambito del procedimento penale e non terrebbe conto di nessuno dei parametri comunemente applicati in materia di perdita del rapporto parentale, quali l’età della vittima, l’età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, con la possibilità di applicare correttivi sull’importo finale in ragione della particolarità della situazione. Pertanto, l’importo riconosciuto ai figli nel caso di specie non potrebbe essere considerato «equo ed adeguato» ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80.

    23.      Peraltro, il giudice del rinvio sottolinea che il termine di decadenza per la presentazione di una domanda di indennizzo presso l’amministrazione, fissato all’articolo 13, comma 2, della legge n. 122/2016, che sarebbe applicabile alla domanda dei genitori e della sorella della vittima dell’omicidio, sarebbe eccessivamente breve, il che sembrerebbe in contrasto con l’articolo 47 della Carta.

    24.      In tali circostanze, il Tribunale Ordinario di Venezia ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1)      [S]e la corresponsione dell’indennizzo stabilito in favore dei genitori e della sorella di una vittima dei reati intenzionali violenti, nel caso [di] omicidio, dall’articolo 11, comma 2 bis, della [legge n. 122/2016], essendo subordinata all’assenza di figli e coniuge della vittima (quanto ai genitori) ed all’assenza dei genitori (nell’ipotesi di fratelli o sorelle), risulti conforme a quanto prescritto dall’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80 nonché agli articoli 20 (uguaglianza), 21 (non discriminazione), 33 comma 1 (protezione della famiglia), 47 (Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale) della [Carta] ed articolo 1 prot. 12 della CEDU (non discriminazione);

    2)      [S]e la condizione posta alla erogazione dell’indennizzo prevista nell’articolo 11, comma 3, della [legge n. 122/2016] consistente nelle parole “comunque nei limiti delle disponibilità del [Fondo di solidarietà]”, senza che alcuna norma imponga allo Stato italiano l’accantonamento di somme concretamente idonee a corrispondere gli indennizzi, anche determinate su base statistica ed in ogni caso risultanti concretamente idonee ad indennizzare in tempi ragionevoli gli aventi diritto, possa reputarsi “indennizzo equo ed adeguato delle vittime” in attuazione di quanto prescritto dall’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80».

    25.      Hanno presentato osservazioni scritte i genitori e la sorella della vittima dell’omicidio nonché i suoi figli, il governo italiano e la Commissione europea. Essi hanno risposto ai quesiti per risposta orale loro rivolti dalla Corte all’udienza tenutasi il 21 febbraio 2024.

    IV.    Analisi

    A.      Sulla competenza della Corte e sulla ricevibilità del rinvio pregiudiziale

    26.      Nelle sue osservazioni scritte, il governo italiano ritiene che occorra interrogarsi sulla competenza della Corte e sulla ricevibilità delle questioni pregiudiziali in quanto la controversia principale riguarda una situazione che non rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 2004/80.

    27.      Tale argomento non si fonda sul fatto che i ricorrenti che criticano la conformità della normativa nazionale applicabile all’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80 risiedano tutti in Italia, vale a dire nel territorio in cui è stato commesso il reato intenzionale violento. Tuttavia, ritengo opportuno ricordare che la Corte ha dichiarato nella sentenza BV, al punto 52, che tale disposizione «impone a ogni Stato membro di dotarsi di un sistema di indennizzo che ricomprenda tutte le vittime di reati intenzionali violenti commessi nei loro territori» e, al punto 55, che detta disposizione «conferisce il diritto di ottenere un indennizzo equo ed adeguato non solo alle vittime di reati intenzionali violenti commessi nel territorio di uno Stato membro che si trovano in una situazione transfrontaliera, ai sensi dell’articolo 1 di tale direttiva, ma anche alle vittime che risiedono abitualmente nel territorio di tale Stato membro».

    28.      Il governo italiano sostiene, da un lato, che il giudice del rinvio non si è interrogato sulla qualificazione come vittime dei ricorrenti ai sensi della direttiva 2004/80 e, dall’altro, che il termine «vittima» deve intendersi come riferito alla persona direttamente offesa. Pertanto, la normativa italiana criticata rientrerebbe nella competenza degli Stati membri, il che giustificherebbe l’irricevibilità delle questioni pregiudiziali.

    29.      Orbene, la questione se la nozione di «vittima» di un atto intenzionale violento, ai sensi della direttiva 2004/80, includa, in caso di omicidio, gli aventi causa della vittima, quali il coniuge superstite, i figli, i genitori o i fratelli e le sorelle della stessa, riguarda l’ambito di applicazione di tale direttiva.

    30.      Di conseguenza, ritengo che non vi siano dubbi sulla competenza della Corte e sulla ricevibilità del rinvio pregiudiziale.

    B.      Sulla ricevibilità della seconda questione pregiudiziale

    31.      A mio avviso, tale seconda questione, che verte sul limite all’indennizzo previsto dalla normativa italiana secondo un massimale risultante dalla dotazione finanziaria assegnata al Fondo di solidarietà previsto a tal fine, non è ricevibile.

    32.      Come è stato confermato in udienza, un siffatto limite non ha avuto alcun effetto sugli importi degli indennizzi concessi dallo Stato italiano nel procedimento principale. Condivido pertanto il parere della Commissione e del governo italiano secondo i quali la questione sollevata dal giudice del rinvio non ha alcuna incidenza sulla soluzione della controversia. Ad abundantiam, si può rilevare la mancanza di precisazioni da parte del giudice del rinvio in merito al finanziamento o al funzionamento del Fondo di solidarietà (12).

    33.      Peraltro, rilevo che nessuna questione pregiudiziale verte su altre difficoltà sollevate dal giudice del rinvio, vale a dire l’importo eccessivamente ridotto dell’indennizzo ricevuto dai figli della vittima dell’omicidio (13) nonché la breve durata del termine di presentazione di una domanda di indennizzo.

    C.      Sulla prima questione pregiudiziale

    34.      Con tale questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte, in sostanza, se l’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80 osti a una normativa nazionale che prevede un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti che subordina il diritto all’indennizzo dei genitori della vittima deceduta all’assenza di figli e di un coniuge superstite nonché il diritto all’indennizzo dei fratelli e delle sorelle di tale vittima all’assenza dei loro genitori.

    35.      La Corte è quindi invitata a chiarire la nozione di «vittima» e a completare l’interpretazione di quella di «indennizzo equo ed adeguato» da essa fornita nella sentenza BV.

    1.      Sulla nozione di «vittima»

    36.      In primo luogo, occorre precisare se la normativa nazionale, nella parte in cui ha designato i membri della famiglia che possono beneficiare di un indennizzo in caso di decesso della vittima, rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 2004/80. Ritengo che tale designazione non sia lasciata alla valutazione degli Stati membri, come risulta dall’interpretazione dell’articolo 12, paragrafo 2, di tale direttiva (14).

    37.      Infatti, in primo luogo, in mancanza di una definizione della nozione di «vittima» nella direttiva 2004/80 e di un rinvio al diritto nazionale, si deve ritenere che si tratti di una nozione autonoma del diritto dell’Unione. Essa mira a garantire, conformemente all’obiettivo di tale direttiva, l’assenza di disparità tra gli Stati membri quanto alla determinazione dei beneficiari del sistema nazionale di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei loro rispettivi territori.

    38.      In secondo luogo, l’interpretazione contraria sostenuta dal governo italiano e basata sull’articolo 17 della direttiva 2004/80 deve, a mio avviso, essere respinta. È ben vero che tale articolo prevede che gli Stati membri possano adottare disposizioni più favorevoli a vantaggio delle vittime di reato estendendo la cerchia dei beneficiari a «qualsiasi altra persona lesa da un reato». Tuttavia, detto articolo si trova all’interno del capo III di tale direttiva, intitolato «Disposizioni di attuazione», e ha quindi ad oggetto unicamente l’attuazione del sistema adottato dagli Stati membri sulla base del fondamento minimo definito nei capi precedenti. Inoltre, se l’articolo 12, paragrafo 2, di detta direttiva dovesse essere interpretato nel senso che esso limita l’ambito di applicazione della medesima direttiva alle sole vittime sopravvissute a «reati intenzionali violenti», ciò avrebbe l’effetto di escludere gli omicidi dall’elenco di tali reati poiché, in tale caso, non vi è più alcuna vittima diretta da indennizzare. Orbene, la Corte ha già dichiarato che l’ambito di applicazione del sistema di indennizzo delle vittime non può essere limitato ad alcuni dei reati intenzionali violenti (15).

    39.      In terzo luogo, deve essere garantita anche la coerenza dell’interpretazione con altre disposizioni del diritto dell’Unione. Infatti, dal considerando 5 della direttiva 2004/80 risulta che essa si inserisce nel solco della decisione quadro 2001/220, la quale è stata sostituita dalla direttiva 2012/29.

    40.      Nella sua proposta di direttiva, presentata il 12 luglio 2023 (16), la Commissione considera che tale direttiva costituisce «lo strumento orizzontale principale in materia di diritti delle vittime» (17). Essa sottolinea che la normativa dell’Unione sui diritti delle vittime comprende anche la direttiva 2004/80 relativa all’indennizzo e le norme dell’Unione sugli ordini di protezione (18). Tale istituzione sottolinea che l’adozione della direttiva 2012/29 ha rappresentato uno sviluppo cruciale nel rafforzamento dei diritti delle vittime e della giustizia incentrata sulle stesse nell’Unione e che essa ha svolto un ruolo fondamentale nella creazione di uno spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia (19). Di conseguenza, ritengo che la direttiva 2004/80, che si occupa della specifica questione dell’indennizzo delle vittime, debba essere interpretata alla luce della direttiva 2012/29, che ha fissato un quadro generale, «orizzontale», per riprendere l’espressione della Commissione, ancorché quest’ultima direttiva abbia una diversa base giuridica, ossia l’articolo 82, paragrafo 2, TFUE (20), mentre la direttiva 2004/80 aveva come base giuridica l’articolo 308 CE, divenuto articolo 352 TFUE.

    41.      Quindi, la nozione di «vittima», di cui all’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80 trova la sua definizione all’articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva 2012/29 (21). Pertanto, la normativa italiana che designa i membri della famiglia che possono beneficiare di un indennizzo in caso di decesso della vittima è conforme al diritto dell’Unione, ai sensi del quale, peraltro, il numero delle persone interessate è limitato (22).

    2.      Sulla nozione di «indennizzo equo ed adeguato»

    42.      In secondo luogo, occorre determinare se il diritto dell’Unione osti a una normativa che prevede che il diritto all’indennizzo dei familiari di una vittima deceduta dipenda da un ordine di priorità basato sulle norme in materia di devoluzione successoria, con la conseguenza che, per il solo fatto dell’esistenza di un coniuge superstite e di figli della vittima, gli altri familiari stretti di quest’ultima – nel caso di specie, i suoi genitori e i suoi fratelli e sorelle – sono privati di qualsiasi indennizzo.

    43.      Va ricordato che l’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80 conferisce alle vittime di reati intenzionali violenti commessi nel territorio di uno Stato membro il diritto di ottenere un indennizzo equo ed adeguato (23).

    44.      Nella sentenza BV, la Corte ha interpretato la nozione di «indennizzo equo ed adeguato» essendo stata chiamata a pronunciarsi sull’importo dell’indennizzo forfettario di EUR 4 800 concesso alle vittime di violenza sessuale sulla base del sistema italiano di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti.

    45.      La Corte ha fornito elementi interpretativi dell’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80 che, a mio avviso, sono pertinenti al fine di rispondere ai quesiti del giudice del rinvio vertenti sulle modalità di determinazione dei beneficiari di un «indennizzo equo ed adeguato».

    46.      La Corte ha dichiarato che l’indennizzo dovuto alle vittime di reati intenzionali violenti deve essere fissato tenendo conto «della gravità delle conseguenze del reato per le vittime» e che, in caso contrario, esso non rappresenta «un appropriato contributo al ristoro del danno materiale e morale subito» (24).

    47.      A mio avviso, se ne può dedurre che un sistema di indennizzo in base al quale siano estromesse delle vittime senza alcuna considerazione dell’entità dei danni da esse subiti, secondo un ordine di priorità astratto (25) tra le diverse vittime che possono essere indennizzate, e fondato unicamente sulla natura dei legami familiari da cui sono tratte mere presunzioni quanto all’esistenza o all’entità dei danni non può dare luogo ad un «indennizzo equo ed adeguato» ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80.

    48.      Tale valutazione è inoltre corroborata dalla constatazione, confermata in udienza, che, sebbene un siffatto metodo di esclusione di talune vittime sia ricalcato sulle norme in materia di devoluzione successoria, esso non le applica integralmente. Infatti, nel sistema italiano di indennizzo, la presenza di un legatario universale o di una causa di indegnità successoria non priva l’erede estromesso del diritto di ottenere un indennizzo. Ne consegue che, per quanto l’obiettivo della normativa italiana sia quello di creare un metodo semplificato per designare le vittime da indennizzare (26), resta il fatto che la legittima esigenza di pervenire ad un indennizzo semplice e rapido delle vittime non deve prevalere sull’obbligo di compensare, in misura adeguata, le sofferenze alle quali esse sono state esposte a causa del reato intenzionale violento che ha provocato la morte di un membro della loro famiglia (27).

    V.      Conclusione

    49.      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere soltanto alla prima questione pregiudiziale sollevata dal Tribunale Ordinario di Venezia (Italia) nel modo seguente:

    L’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa all’indennizzo delle vittime di reato,

    deve essere interpretato nel senso che:

    esso osta a una normativa nazionale che prevede un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti il quale subordina il diritto all’indennizzo dei genitori della vittima deceduta all’assenza di figli e di un coniuge superstite nonché il diritto all’indennizzo dei fratelli e delle sorelle di tale vittima all’assenza di detti genitori.


    1      Lingua originale: il francese.


    i      Il nome della presente causa è un nome fittizio. Non corrisponde al nome reale di nessuna delle parti del procedimento.


    2      GU 2004, L 261, pag. 15.


    3      In prosieguo: la «Carta».


    4      Firmata a Roma il 4 novembre 1950.


    5      GU 2001, L 82, pag. 1.


    6      Divenuto titolo V TFUE, intitolato «Spazio di libertà, sicurezza e giustizia».


    7      GU 2012, L 315, pag. 57.


    8      GURI n. 158 dell’8 luglio 2016, pag. 1.


    9      In prosieguo: il «Fondo di solidarietà».


    10      GURI n. 18 del 23 gennaio 2020, pag. 9.


    11      C‑129/19; in prosieguo: la «sentenza BV», EU:C:2020:566.


    12      V., altresì, sulla questione della sostenibilità finanziaria del sistema nazionale di indennizzo, sentenza BV (punto 59).


    13      Sulla questione della corrispondenza tra l’indennizzo «equo ed adeguato», di cui all’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80, e il risarcimento del danno che l’autore di un reato intenzionale violento è stato condannato a versare alla sua vittima, v. sentenza BV (punto 60).


    14      Sui metodi abituali di interpretazione della Corte, v. sentenza BV (punto 38).


    15      V. sentenza dell’11 ottobre 2016, Commissione/Italia (C‑601/14, EU:C:2016:759, punto 46).


    16      Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 2012/29/UE che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI [COM(2023) 424 final].


    17      V. pag. 1 di tale proposta di direttiva.


    18      V. pag. 4 di detta proposta di direttiva. La Commissione cita la direttiva 2011/99/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, sull’ordine di protezione europeo (GU 2001, L 338, pag. 2), e il regolamento (UE) n. 606/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 giugno 2013, relativo al riconoscimento reciproco delle misure di protezione in materia civile (GU 2013, L 181, pag. 4). Essa ricorda, a tale riguardo, che la normativa dell’Unione sui diritti delle vittime comprende inoltre una normativa settoriale composta da diversi strumenti che si occupano delle esigenze specifiche delle vittime di determinate categorie di reati.


    19      V. pag. 1 della medesima proposta di direttiva. Vi si precisa che «[essa] stabilisce, per tutte le vittime di tutti i reati, una serie di diritti, tra cui il diritto all’informazione, il diritto all’assistenza e alla protezione in base alle esigenze individuali delle vittime, i diritti procedurali e il diritto di ottenere una decisione in merito al risarcimento da parte dell’autore del reato al termine del procedimento penale. È applicabile dal novembre 2015 in tutti gli Stati membri dell’Unione, ad eccezione della Danimarca, che non è vincolata dalla stessa».


    20      La proposta di direttiva citata alla nota 16 delle presenti conclusioni è fondata sull’articolo 82, paragrafo 2, lettera c), TFUE (v. punto 2, pag. 7, di tale proposta). Sulla questione della limitazione interpretativa degli strumenti di diritto derivato mediante il riferimento alla loro base giuridica, v. conclusioni dell’avvocato generale Bobek nella causa BV (C‑129/19, EU:C:2020:375, paragrafo 89). V. altresì, per analogia, sentenza del 1º dicembre 2020, Federatie Nederlandse Vakbeweging (C‑815/18, EU:C:2020:976, punto 40).


    21      Ai sensi dell’articolo 1, lettera a), della decisione quadro 2001/220, abrogata dalla direttiva 2012/29, intitolato «Definizioni», per «vittima» s’intende «la persona fisica che ha subito un pregiudizio, anche fisico o mentale, sofferenze psichiche, danni materiali causati direttamente da atti o omissioni che costituiscono una violazione del diritto penale di uno Stato membro».


    22      Per una valutazione dell’applicazione pratica della direttiva 2012/29, e in particolare del suo articolo 2, in ventisei Stati membri, v. relazione di sintesi del progetto VOCIARE: Victims of Crime Implementation Analysis of Rights in Europe, alla quale ha fatto riferimento la Commissione nella sua proposta di direttiva citata alla nota 16 delle presenti conclusioni, pag. 2.


    23      V. sentenza BV (punto 55).


    24      V. sentenza BV (punto 69). Tuttavia, tali requisiti non ostano alla previsione di un indennizzo forfettario il cui importo possa variare a seconda della natura delle violenze subite, purché la misura degli indennizzi sia sufficientemente dettagliata [v. sentenza BV (punti 65 e 66)].


    25      Ciò deve essere distinto dalla facoltà per gli Stati membri di stabilire procedure per limitare il numero di familiari ammessi a beneficiare dei diritti previsti dalla direttiva 2012/29: v. considerando 19 e articolo 2, paragrafo 2, di tale direttiva.


    26      Secondo le mie ricerche effettuate sul portale europeo e-Justice, «Caso in cui la mia domanda debba essere esaminata in questo paese (europa.eu)», nessun altro Stato membro ha adottato una normativa analoga.


    27      V. sentenza BV (punto 64).

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