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Document 62022CO0289

    Ordinanza della Corte (Quinta Sezione) del 9 gennaio 2023.
    A.T.S. 2003 Vagyonvédelmi és Szolgáltató Zrt., en liquidation contro Nemzeti Adó- és Vámhivatal Fellebbviteli Igazgatósága.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Fővárosi Törvényszék.
    Rinvio pregiudiziale – Articolo 99 del regolamento di procedura – Fiscalità – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Articoli 167, 168 e 178 – Diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte – Frode – Prova – Obbligo di diligenza del soggetto passivo – Presa in considerazione di una violazione delle disposizioni nazionali che disciplinano le prestazioni di servizi di cui trattasi.
    Causa C-289/22.

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2023:26

     ORDINANZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

    9 gennaio 2023 ( *1 )

    «Rinvio pregiudiziale – Articolo 99 del regolamento di procedura – Fiscalità – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Articoli 167, 168 e 178 – Diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte – Frode – Prova – Obbligo di diligenza del soggetto passivo – Presa in considerazione di una violazione delle disposizioni nazionali che disciplinano le prestazioni di servizi di cui trattasi»

    Nella causa C‑289/22,

    avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest‑Capitale, Ungheria), con decisione del 28 febbraio 2022, pervenuta in cancelleria il 3 maggio 2022, nel procedimento

    A.T.S. 2003 Vagyonvédelmi és Szolgáltató Zrt., «f.a.», in liquidazione,

    contro

    Nemzeti Adó- és Vámhivatal Fellebbviteli Igazgatósága,

    LA CORTE (Quinta Sezione),

    composta da E. Regan, presidente di sezione, D. Gratsias, M. Ilešič, I. Jarukaitis (relatore) e Z. Csehi, giudici,

    avvocato generale: P. Pikamäe

    cancelliere: A. Calot Escobar

    vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di statuire con ordinanza motivata, conformemente all’articolo 99 del regolamento di procedura della Corte,

    ha emesso la seguente

    Ordinanza

    1

    La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 167, lettera a), dell’articolo 168, lettera a), e dell’articolo 178, lettera a), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1), in combinato disposto con i principi di neutralità fiscale, di proporzionalità e di certezza del diritto, nonché con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

    2

    Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia tra la A.T.S. 2003 Vagyonvédelmi és Szolgáltató Zrt. «f.a.», in liquidazione (in prosieguo: la «A.T.S. 2003»), e la Nemzeti Adó- és Vámhivatal Fellebbviteli Igazgatósága (Direzione per il contenzioso dell’Amministrazione nazionale delle imposte e delle dogane, Ungheria) (in prosieguo: la «Direzione per il contenzioso») in merito all’importo dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) relativa a fatture pagate nel periodo compreso tra il 1o gennaio 2009 e il 30 settembre 2013.

    Contesto normativo

    Diritto dell’Unione

    3

    Tenuto conto delle date dei fatti oggetto del procedimento principale, si deve osservare che a taluni di tali fatti è applicabile ratione temporis la direttiva 2006/112, come modificata dalla direttiva 2010/45/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010 (GU 2010, L 189, pag. 1), applicabile a partire dal 1o gennaio 2013. Tuttavia, poiché le modifiche introdotte da quest’ultima direttiva non sono direttamente pertinenti per il presente procedimento, vengono citate solo le disposizioni della direttiva 2006/112 nella sua versione iniziale.

    4

    L’articolo 167 della direttiva 2006/112 prevede che il diritto a detrazione sorge quando l’imposta detraibile diventa esigibile.

    5

    L’articolo 168 di tale direttiva così dispone:

    «Nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore gli importi seguenti:

    a)

    l’IVA dovuta o assolta in tale Stato membro per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno resi da un altro soggetto passivo;

    (...)».

    6

    A termini dell’articolo 178 di detta direttiva:

    «Per poter esercitare il diritto a detrazione, il soggetto passivo deve soddisfare le condizioni seguenti:

    a)

    per la detrazione di cui all’articolo 168, lettera a), relativa alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi, essere in possesso di una fattura redatta conformemente agli articoli da 220 a 236 e agli articoli 238, 239 e 240;

    (...)».

    Diritto ungherese

    7

    L’articolo 1 dell’adózás rendjéről szóló 2003. évi XCII. törvény (legge n. XCII del 2003 che istituisce il codice di procedura tributaria) (Magyar Közlöny 2003/131.; in prosieguo: il «codice di procedura tributaria»), al suo paragrafo 7, prevede quanto segue:

    «I contratti, le operazioni e altri atti analoghi devono essere qualificati in funzione del loro contenuto reale. Un contratto o qualsiasi altro atto giuridico privo di validità è rilevante ai fini dell’imposizione, purché sia possibile dimostrarne il risultato economico».

    8

    L’articolo 2, paragrafo 1, del codice di procedura tributaria stabilisce quanto segue:

    «Nei rapporti giuridici in materia tributaria i diritti sono esercitati conformemente alla loro destinazione. Ai fini dell’applicazione della normativa tributaria, la conclusione di contratti o l’esecuzione di altre operazioni il cui scopo è quello di eludere le disposizioni della normativa tributaria non può essere qualificata come esercizio di diritti conforme alla loro funzione».

    9

    Ai sensi dell’articolo 97, paragrafi 4 e 6, di detto codice:

    «4.   Durante il controllo, l’amministrazione tributaria ha l’obbligo di accertare e dimostrare i fatti, tranne nel caso in cui, in forza di una legge, l’onere della prova incomba al contribuente.

    (...)

    6.   Quando accerta i fatti, l’amministrazione tributaria ha l’obbligo di esaminare anche i fatti a favore del contribuente. Un fatto o una circostanza non dimostrati non possono essere valutati a sfavore del contribuente, salvo nella procedura di valutazione».

    10

    L’articolo 119 dell’általános forgalmi adóról szóló 2007. évi CXXVII. törvény (legge n. CXXVII del 2007, relativa all’imposta sul valore aggiunto) (Magyar Közlöny 2007/155.), al paragrafo 1, dispone quanto segue:

    «Salvo disposizioni contrarie, il diritto a detrazione dell’imposta sorge nel momento in cui si deve determinare l’imposta dovuta corrispondente all’imposta calcolata a monte (articolo 120)».

    11

    L’articolo 120, lettera a), di tale legge così prevede:

    «Nella misura in cui il soggetto passivo – che agisce in quanto tale – utilizzi, o impieghi in altro modo, beni e servizi per eseguire cessioni di beni o prestazioni di servizi soggette ad imposta, avrà diritto a detrarre dall’imposta di cui è debitore:

    a)

    l’imposta addebitatagli da qualsiasi altro soggetto passivo – comprese le persone o gli organismi soggetti ad imposta semplificata sulle società – in occasione dell’acquisto dei beni o della fruizione dei servizi».

    12

    L’articolo 127, paragrafo 1, di detta legge precisa quanto segue:

    «L’esercizio del diritto a detrazione è subordinato alla condizione sostanziale che il soggetto passivo disponga personalmente:

    a)

    nel caso di cui all’articolo 120, lettera a), di una fattura emessa a suo nome che comprovi la realizzazione dell’operazione;

    (...)».

    Procedimento principale e questioni pregiudiziali

    13

    L’A.T.S. 2003 ha fornito servizi di protezione di beni e di pulizia nel periodo compreso tra il 1o gennaio 2009 e il 30 settembre 2013. Tali servizi sono stati svolti dal suo personale dipendente nonché da subfornitori e da lavoratori assunti tramite un’agenzia interinale. Quest’ultima è successivamente divenuta un subfornitore dell’A.T.S. 2003 e, a tal fine, ha fatto ricorso a sua volta all’assunzione di lavoratori tramite un’agenzia interinale.

    14

    L’amministrazione finanziaria ha constatato che l’A.T.S. 2003 era debitrice di 141457000 fiorini ungheresi (HUF) (circa EUR 345155) a titolo di IVA, di imposta sul reddito delle persone fisiche, di contributi previdenziali e di altri contributi per il periodo compreso tra il dicembre 2010 e il settembre 2013. Essa le ha inoltre inflitto una sanzione tributaria e penalità di mora.

    15

    Per quanto riguarda l’IVA detraibile, l’amministrazione finanziaria ha constatato che l’A.T.S. 2003 era perseguita per un reato di frode fiscale, in quanto da un’indagine svolta dalla direzione degli affari penali di tale amministrazione era emersa l’esistenza di una catena di fatturazione fittizia nonché il ricorso ad agenzie interinali che non svolgevano alcuna attività economica reale e non soddisfacevano le condizioni previste dalla normativa nazionale per l’esercizio di tale attività. Alla luce dei dati e delle informazioni raccolti nel corso di tale indagine, detta amministrazione ha ritenuto che l’A.T.S. 2003 non solo non avesse agito con la necessaria diligenza, ma avesse contribuito alla realizzazione di una catena di prestazioni creata artificiosamente stipulando, in particolare, contratti di somministrazione di manodopera con imprese che non disponevano dei mezzi necessari per eseguire le prestazioni convenute o non avevano svolto alcuna attività economica effettiva. La medesima amministrazione ha ritenuto che, in tali circostanze, le fatture emesse da dette imprese non fossero attendibili.

    16

    A seguito di un ricorso avverso la decisione dell’amministrazione finanziaria, la Direzione per il contenzioso ha confermato tale decisione per quanto riguarda l’IVA. L’A.T.S. 2003 ha quindi adito la Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest‑Capitale, Ungheria), giudice del rinvio, dinanzi alla quale ha contestato i fatti posti a suo carico e ha sostenuto, in sostanza, di avere dato prova di tutta la diligenza che ci si poteva ragionevolmente attendere dalla stessa al fine di verificare che le fatture in questione non fossero correlate a una frode.

    17

    Il giudice del rinvio, rilevando che la Corte ha già interpretato le disposizioni della direttiva 2006/112 in numerose cause riguardanti l’Ungheria, segnatamente in quelle cha hanno dato luogo alle ordinanze del 3 settembre 2020, Vikingo Fővállalkozó (C‑610/19, EU:C:2020:673), e del 3 settembre 2020, Crewprint (C‑611/19, non pubblicata, EU:C:2020:674), espone che sussistono ancora divergenze tra le soluzioni adottate dai giudici nazionali relativamente all’interpretazione e all’applicazione del diritto dell’Unione nonché all’interpretazione delle decisioni rese dalla Corte per quanto concerne l’onere della prova che incombe rispettivamente al soggetto passivo e all’amministrazione finanziaria. Tenuto conto di tale situazione, il giudice del rinvio ritiene di avere bisogno, al fine di assolvere il proprio compito di controllo nel caso di specie, di indicazioni da parte della Corte riguardo al modo in cui devono essere valutati gli elementi di prova addotti dall’amministrazione finanziaria.

    18

    Il giudice del rinvio rileva che occorre valutare, nel procedimento principale, se le circostanze invocate dalla Direzione per il contenzioso, vale a dire il fatto che gli operatori intervenuti nella catena di prestazioni a monte non dispongano di personale proprio e non abbiano adempiuto i propri obblighi fiscali, possano essere considerate elementi oggettivi che giustificano il diniego del beneficio del diritto a detrazione, sebbene la Corte abbia già dichiarato che simili circostanze non costituiscono di per sé siffatti elementi oggettivi.

    19

    Detto giudice precisa di dover valutare più in particolare se l’amministrazione finanziaria potesse constatare, sulla base di queste stesse circostanze, la mancanza di veridicità delle fatture e, pertanto, l’esistenza di una frode, sebbene, da un lato, l’A.T.S. 2003 si sia avvalsa della possibilità offertale dalla normativa nazionale di non assumere personale e di ricorrere alla somministrazione di manodopera nonché alla subfornitura e, dall’altro, ricorressero le condizioni tanto formali quanto sostanziali del diritto a detrazione.

    20

    Il giudice del rinvio si chiede in particolare se il fatto che l’amministrazione finanziaria non riconosca né l’esistenza di un contratto stipulato tra il soggetto passivo e l’emittente della fattura né l’effettiva esistenza della prestazione di servizi oggetto di tale fattura, esigendo al contempo che il soggetto passivo effettui verifiche in relazione non solo al suo interlocutore immediato, ma altresì a tutti gli operatori che costituiscono la catena di prestazioni, segnatamente riguardo alla liceità della loro attività, costituisca un’estensione dell’obbligo di diligenza di cui il soggetto passivo deve dare prova, secondo la giurisprudenza della Corte, per accertarsi che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione non si iscriva in una frode all’IVA.

    21

    Dubitando che l’obbligo di effettuare tali verifiche sia conforme ai principi di neutralità fiscale e di proporzionalità, il giudice del rinvio si chiede, più precisamente, se il fatto che il soggetto passivo constati che gli operatori intervenuti a monte della catena di prestazioni hanno violato le norme che disciplinano le prestazioni di servizi in questione, senza che tale violazione incida sull’esecuzione di queste ultime, possa indurre a concludere che detto soggetto passivo ha partecipato a una frode in materia di IVA e a negargli il beneficio del diritto a detrazione.

    22

    È problematica, ad avviso di detto giudice, la prassi dell’amministrazione finanziaria consistente nel mettere in dubbio la razionalità delle decisioni commerciali dei soggetti passivi, senza tenere conto della loro libertà contrattuale e della specificità della vita economica. Esso dubita, a questo proposito, che l’esercizio del diritto a detrazione possa essere considerato non conforme al suo scopo e costituisca pertanto una frode quando il soggetto passivo lo eserciti nell’ambito di una costruzione che gli consente di ridurre i propri costi, compresi quelli relativi all’IVA.

    23

    Secondo il giudice del rinvio, si pone inoltre la questione se, dal momento che le frodi commesse a catena sono molto diffuse nel settore della somministrazione di manodopera, l’amministrazione finanziaria sia tenuta a precisare in ciascun caso gli elementi che costituiscono la frode fiscale e a dimostrare che essa si è verificata.

    24

    In tali circostanze, la Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest‑Capitale) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1)

    Se gli articoli 167, 168, lettera a), e 178, lettera a), della direttiva [2006/112] debbano essere interpretati nel senso che, se l’amministrazione finanziaria constata che un qualsivoglia membro di una catena di prestazioni ha violato norme specifiche relative alla prestazione di servizi convenuta in un contratto concluso con il soggetto passivo o in un accordo tra i membri della catena o altre norme, il fatto che tale violazione sia stata commessa è di per sé sufficiente, come circostanza oggettiva, a provare l’esistenza di una frode fiscale, anche se l’attività dei membri della catena è lecita sotto tutti gli altri aspetti, oppure se l’amministrazione finanziaria debba, in ogni caso, stabilire specificamente anche in cosa consiste la frode fiscale, quale membro della catena l’ha commessa e con quale comportamento. In tale contesto, se l’amministrazione finanziaria, qualora sia constatata una violazione, debba verificare l’esistenza di un nesso causale tra il mancato rispetto degli obblighi regolamentari che disciplinano l’attività economica e il diritto a detrazione del soggetto passivo e se tale diritto possa essere rifiutato unicamente qualora l’esistenza di un siffatto nesso sia dimostrata.

    2)

    Se, tenuto conto dei summenzionati articoli della direttiva [2006/112] e del diritto a un equo processo ai sensi dell’articolo 47 della [Carta], riconosciuto quale principio generale di diritto, e dei principi di proporzionalità e di certezza del diritto, si possa imporre al soggetto passivo, nel contesto dell’obbligo generale di controllo che gli incombe, di verificare se i prestatori operanti a monte nella catena abbiano rispettato gli obblighi imposti dalle norme specifiche che disciplinano l’esecuzione della prestazione di servizi prevista dalla fattura e le condizioni per operare legalmente. In caso di risposta affermativa, se tale obbligo incomba al soggetto passivo in modo continuativo nel corso del rapporto giuridico o, altrimenti, con quale frequenza ci si possa attendere che il medesimo lo adempia.

    3)

    Se gli articoli 167, 168, lettera a), e 178, lettera a), della direttiva [2006/112] debbano essere interpretati nel senso che il soggetto passivo che individua un inadempimento da parte di un qualsivoglia prestatore operante a monte nella catena è tenuto a non esercitare, in tal caso, il diritto a detrarre l’IVA che è stata sul medesimo ripercossa, perché in caso contrario l’applicazione della detrazione dell’IVA sarebbe qualificata come frode fiscale.

    4)

    Se i summenzionati articoli della direttiva [2006/112], conformemente ai principi di certezza del diritto e di neutralità fiscale, debbano essere interpretati nel senso che, nell’esaminare e qualificare il carattere fraudolento della catena nonché nel determinare i fatti pertinenti e valutare le prove che li attestano, l’amministrazione finanziaria non può prescindere dalle disposizioni della normativa specifica relative alle prestazioni fatturate, in particolare le norme che disciplinano i diritti e gli obblighi delle parti.

    5)

    Se sia conforme ai citati articoli della direttiva [2006/112] e al diritto a un equo processo, sancito come principio generale del diritto all’articolo 47 della Carta, e altresì al principio fondamentale della certezza del diritto, una prassi dell’amministrazione finanziaria consistente nel considerare che, in sede del controllo del diritto a detrazione relativo a un’operazione economica realizzata nella forma di esercizio di un’attività di prestazione di servizi, l’effettiva esistenza di tale operazione, documentata mediante fatture, contratti e altri documenti contabili, può essere confutata sulla base di quanto constatato dall’autorità inquirente durante le indagini, delle testimonianze di sospettati rilasciate durante le indagini, e delle testimonianze rilasciate da lavoratori assunti tramite agenzia interinale in merito a quel che pensano del loro rapporto di lavoro e a come lo qualificano giuridicamente e in merito al soggetto che considerano essere il titolare dei diritti connessi al datore di lavoro.

    6)

    Se sia conforme ai citati articoli della direttiva [2006/112] e al diritto a un equo processo, sancito come principio generale del diritto all’articolo 47 della Carta, e altresì al principio fondamentale della certezza del diritto la prassi dell’amministrazione finanziaria consistente, da un lato, nel qualificare la scelta del soggetto passivo di svolgere la sua attività economica in una forma che gli consenta di ridurre al massimo i suoi costi come l’esercizio di un diritto non conforme alla sua funzione e, d’altro lato, per tale ragione, nell’esercitare il suo diritto di riqualificare i contratti in un modo che determina l’insorgere di un contratto tra parti che in precedenza non erano vincolate contrattualmente».

    Sulle questioni pregiudiziali

    25

    Ai sensi dell’articolo 99 del suo regolamento di procedura, la Corte può, in particolare quando la risposta a una questione pregiudiziale può essere chiaramente desunta dalla giurisprudenza o quando la risposta a tale questione non dà adito a nessun ragionevole dubbio, decidere in qualsiasi momento, su proposta del giudice relatore, sentito l’avvocato generale, di statuire con ordinanza motivata.

    26

    Orbene, nel caso di specie, le risposte alle questioni sollevate dal giudice del rinvio possono essere chiaramente desunte dalla giurisprudenza.

    27

    È vero che quest’ultimo fa riferimento, nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, a persistenti divergenze che esisterebbero tra le soluzioni adottate dai giudici nazionali relativamente all’interpretazione e all’applicazione del diritto dell’Unione nonché all’interpretazione delle decisioni della Corte per quanto riguarda l’onere della prova in merito all’esistenza di una frode all’IVA e alla partecipazione del soggetto passivo a tale frode, che deve essere fornita per negargli il beneficio del diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte. Esso indica in particolare, a tale proposito, che le sue decisioni rese a seguito delle ordinanze del 3 settembre 2020, Vikingo Fővállalkozó (C‑610/19, EU:C:2020:673), e del 3 settembre 2020, Crewprint (C‑611/19, non pubblicata, EU:C:2020:674), sono state annullate dalla Kúria (Corte suprema, Ungheria) e ritiene che, a motivo delle interpretazioni divergenti di quest’ultima ordinanza, debba formulare le proprie questioni pregiudiziali in modo più concreto per quanto riguarda la valutazione degli elementi di prova addotti dall’amministrazione finanziaria, al fine di limitare la possibilità di interpretazioni divergenti.

    28

    È giocoforza constatare che il giudice nazionale non fornisce alcuna precisazione in merito alle divergenze di interpretazione del diritto dell’Unione o delle decisioni della Corte alle quali fa riferimento e che dalla sua esposizione risulta che tali divergenze sembrano riguardare piuttosto la valutazione delle prove in determinate circostanze.

    29

    In tale contesto, si deve ricordare che, nell’ambito del procedimento di cui all’articolo 267 TFUE, che si basa su una netta separazione delle funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, il giudice nazionale è l’unico competente ad accertare e valutare i fatti del procedimento principale. La Corte non è competente ad applicare le regole di diritto ad una situazione determinata, dato che ai sensi dell’articolo 267 TFUE la Corte è competente unicamente a pronunciarsi sull’interpretazione dei trattati e degli atti adottati dalle istituzioni dell’Unione (sentenza del 16 giugno 2022, DuoDecad, C‑596/20, EU:C:2022:474, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).

    30

    A tal proposito, ai punti 8 e 11 delle raccomandazioni all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale (GU 2019, C 380, pag. 1), si ricorda che la domanda di pronuncia pregiudiziale non può riguardare questioni di fatto sollevate nel procedimento principale e che la Corte non applica essa stessa il diritto dell’Unione a tale procedimento.

    31

    Tutt’al più, la Corte può, nell’ambito del procedimento di cui all’articolo 267 TFUE e in uno spirito di cooperazione con i giudici nazionali, fornire al giudice del rinvio le indicazioni che reputa necessarie (v., in tal senso, sentenze del 1o luglio 2008, MOTOE, C‑49/07, EU:C:2008:376, punto 30, e del 10 febbraio 2022, HR Rail, C‑485/20, EU:C:2022:85, punto 46).

    32

    In tal senso, in materia di IVA, quando il beneficio del diritto a detrazione viene negato a un soggetto passivo a motivo dell’esistenza di un’evasione, spetta ai giudici nazionali verificare se l’amministrazione finanziaria abbia dimostrato adeguatamente gli elementi oggettivi che consentono di concludere che tale soggetto passivo ha commesso un’evasione o sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva in una simile evasione (v., in tal senso, ordinanza del 3 settembre 2020, Vikingo Fővállalkozó, C‑610/19, EU:C:2020:673, punto 57, e sentenza dell’11 novembre 2021, Ferimet, C‑281/20, EU:C:2021:910, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

    33

    A tale proposito, la Corte, interpretando la direttiva 2006/112, ha già ricordato in più occasioni i principi che derivano dalla direttiva stessa per quanto riguarda l’onere della prova e ha fornito indicazioni per valutare la rilevanza di taluni elementi di fatto. Così ha fatto, in particolare, nelle ordinanze del 3 settembre 2020, Vikingo Fővállalkozó (C‑610/19, EU:C:2020:673), e del 3 settembre 2020, Crewprint (C‑611/19, non pubblicata, EU:C:2020:674), nonché nella sentenza del 1o dicembre 2022, Aquila Part Prod Com (C‑512/21, EU:C:2022:950), in risposta a questioni sollevate dal giudice del rinvio che presentavano ampie analogie con quelle sollevate dal medesimo giudice nel presente procedimento.

    34

    Pertanto, la Corte constata che tale giudice disponeva già, prima di presentare la domanda di pronuncia pregiudiziale, degli elementi di interpretazione e di gran parte delle indicazioni che devono consentirgli di dirimere la controversia di cui al procedimento principale. Per il resto, la Corte ritiene che le indicazioni richieste non lascino spazio a ragionevoli dubbi.

    35

    Di conseguenza, occorre applicare nella presente causa l’articolo 99 del regolamento di procedura della Corte.

    36

    Inoltre, poiché il giudice del rinvio non ha esposto i motivi per i quali ha interpellato la Corte in merito all’interpretazione dell’articolo 47 della Carta e del principio della certezza del diritto, le questioni seconda, quarta, quinta e sesta non rispondono sotto tale profilo ai requisiti di cui all’articolo 94 del regolamento di procedura e sono pertanto irricevibili nella parte in cui fanno riferimento a detta disposizione della Carta o a detto principio.

    Sulla sesta questione

    37

    Con la sesta questione, che occorre esaminare per prima, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 2006/112 debba essere interpretata nel senso che osta a una prassi nazionale consistente nel qualificare la scelta di un soggetto passivo di svolgere la sua attività economica in una forma che gli consenta di ridurre i suoi costi economici come «esercizio di un diritto non conforme alla sua funzione» e nel negare, per tale motivo, a detto soggetto passivo il beneficio del diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte.

    38

    A tal riguardo, dal momento che il giudice del rinvio ha evocato, nella sua domanda, l’eventualità di un abuso del diritto per spiegare l’ipotesi menzionata nella sua questione, si deve ricordare che la lotta contro la frode, l’evasione fiscale e gli eventuali abusi è un obiettivo riconosciuto e promosso da detta direttiva e che il principio di divieto di pratiche abusive, che si applica al settore dell’IVA, comporta il divieto delle costruzioni meramente artificiose, prive di effettività economica, realizzate al solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale (v., in tal senso, sentenze del 21 febbraio 2006, Halifax e a., C‑255/02, EU:C:2006:121, punti 7071, e del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses, C‑419/14, EU:C:2015:832, punto 35).

    39

    Tuttavia, l’accertamento di una pratica abusiva in materia di IVA richiede, da un lato, che le operazioni di cui trattasi, nonostante l’applicazione formale delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni della direttiva 2006/112 e della normativa nazionale di trasposizione, abbiano come risultato l’ottenimento di un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria all’obiettivo perseguito da dette disposizioni e, dall’altro, che da un insieme di elementi oggettivi risulti che lo scopo essenziale delle operazioni di cui trattasi si limita all’ottenimento di tale vantaggio fiscale (v., in tal senso, sentenze del 21 febbraio 2006, Halifax e a., C‑255/02, EU:C:2006:121, punti 7475, e del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses, C‑419/14, EU:C:2015:832, punto 36).

    40

    Riguardo alla questione se lo scopo essenziale di un’operazione si limiti all’ottenimento di tale vantaggio fiscale, si deve ricordare che, in materia di IVA, la Corte ha già dichiarato che, quando il soggetto passivo ha la scelta tra due operazioni, non è tenuto a scegliere quella che implica un maggiore pagamento di IVA, ma, al contrario, ha il diritto di scegliere la forma di conduzione degli affari che gli permette di ridurre la sua contribuzione fiscale. I soggetti passivi sono generalmente liberi di scegliere le strutture organizzative e le modalità operative che ritengano più idonee per le loro attività economiche nonché al fine di limitare i loro oneri fiscali (v., in tal senso, sentenze del 21 febbraio 2006, Halifax e a., C‑255/02, EU:C:2006:121, punto 73, e del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses, C‑419/14, EU:C:2015:832, punto 42).

    41

    Di conseguenza, come la Corte ha ricordato al punto 41 dell’ordinanza del 3 settembre 2020, Crewprint (C‑611/19, non pubblicata, EU:C:2020:674), il principio del divieto di pratiche abusive vieta soltanto le costruzioni meramente artificiose, prive di effettività economica, realizzate al solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria agli obiettivi della direttiva 2006/112.

    42

    Alla luce di tali considerazioni, occorre rispondere alla sesta questione dichiarando che la direttiva 2006/112 deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una prassi nazionale consistente nel qualificare la scelta del soggetto passivo di svolgere la sua attività economica in una forma che gli consenta di ridurre i suoi costi economici come «esercizio di un diritto non conforme alla sua funzione» e nel negare, per tale ragione, a detto soggetto passivo il beneficio del diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte, quando non sia dimostrata l’esistenza di una costruzione meramente artificiosa, priva di effettività economica, realizzata al solo scopo o, quanto meno, essenzialmente allo scopo di ottenere un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria agli obiettivi della citata direttiva.

    Sulla quinta questione

    43

    Alla luce dei fatti esposti nella domanda di pronuncia pregiudiziale, si deve ritenere che, con la quinta questione, che occorre esaminare per seconda, il giudice del rinvio chieda, in sostanza, se la direttiva 2006/112 debba essere interpretata nel senso che osta a che l’amministrazione finanziaria neghi a un soggetto passivo il beneficio del diritto alla detrazione dell’IVA relativa ad una prestazione di servizi basandosi su conclusioni risultanti da testimonianze in considerazione delle quali detta amministrazione ha messo in dubbio l’effettività di tale prestazione di servizi o ha ritenuto che essa si iscrivesse in una frode dell’IVA.

    44

    Occorre ricordare che il diritto alla detrazione dell’IVA è subordinato all’osservanza di requisiti o di condizioni tanto sostanziali quanto formali.

    45

    Con riferimento ai requisiti o alle condizioni sostanziali, dall’articolo 168, lettera a), di detta direttiva risulta che, per poter beneficiare di tale diritto, occorre, da una parte, che l’interessato sia un «soggetto passivo» ai sensi della direttiva suddetta e, dall’altra, che i beni o i servizi invocati per fondare il diritto alla detrazione dell’IVA siano impiegati a valle dal soggetto passivo ai fini di sue operazioni soggette a imposta e che, a monte, tali beni siano ceduti o tali servizi siano resi da un altro soggetto passivo.

    46

    Tale secondo requisito o seconda condizione sostanziale cui è subordinato il diritto a detrazione implica che la cessione di beni o la prestazione di servizi alla quale fa riferimento la fattura sia stata effettivamente realizzata. La Corte ha già dichiarato che la verifica dell’esistenza dell’operazione imponibile deve essere effettuata conformemente alle norme nazionali sull’onere della prova, procedendo ad una valutazione globale di tutti gli elementi e di tutte le circostanze di fatto del caso di specie (ordinanza del 3 settembre 2020, Vikingo Fővállalkozó, C‑610/19, EU:C:2020:673, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).

    47

    Quanto alle modalità di esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA, assimilabili a requisiti o a condizioni di natura formale, l’articolo 178, lettera a), della direttiva 2006/112 prevede che il soggetto passivo debba detenere una fattura redatta in conformità agli articoli da 220 a 236 e agli articoli da 238 a 240 della direttiva stessa (ordinanza del 3 settembre 2020, Vikingo Fővállalkozó, C‑610/19, EU:C:2020:673, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

    48

    La Corte ha inoltre precisato, per quanto riguarda l’onere della prova, che spetta al soggetto passivo che richiede la detrazione dell’IVA dimostrare di soddisfare le condizioni per beneficiarne. Il soggetto passivo è quindi tenuto a fornire prove oggettive del fatto che beni e servizi gli siano stati effettivamente forniti a monte da soggetti passivi, ai fini della realizzazione di proprie operazioni soggette ad IVA e con riguardo alle quali l’IVA sia stata effettivamente assolta (sentenza dell’11 novembre 2021, Ferimet, C‑281/20, EU:C:2021:910, punti 3839 e giurisprudenza ivi citata).

    49

    Inoltre, la Corte ha considerato a più riprese che il fatto che la prestazione di cui trattasi non sia stata concretamente realizzata dal fornitore menzionato nelle fatture, segnatamente in quanto quest’ultimo non disporrebbe del personale, dei materiali e degli attivi necessari, non è sufficiente, di per sé, ad escludere il diritto a detrazione, poiché tale fatto può conseguire sia ad una dissimulazione fraudolenta dei fornitori sia al semplice ricorso a subfornitori (v., in tal senso, ordinanza del 3 settembre 2020, Vikingo Fővállalkozó, C‑610/19, EU:C:2020:673, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

    50

    Ne consegue che, se, come indicato dal giudice del rinvio, le prestazioni di servizi di cui al procedimento principale sono effettivamente avvenute e sono state utilizzate a valle dalla A.T.S. 2003 ai fini delle proprie operazioni soggette ad imposta, il beneficio del diritto a detrazione non può, in linea di principio, esserle negato (v., per analogia, ordinanza del 3 settembre 2020, Vikingo Fővállalkozó, C‑610/19, EU:C:2020:673, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).

    51

    Tuttavia, quand’anche ricorrano le condizioni sostanziali del diritto a detrazione, spetta alle autorità e ai giudici nazionali negare il beneficio del diritto a detrazione se è dimostrato, alla luce di elementi obiettivi, che tale diritto viene invocato in modo fraudolento o abusivo (v., in tal senso, sentenze del 6 luglio 2006, Kittel e Recolta Recycling, C‑439/04 e C‑440/04, EU:C:2006:446, punti 5455, e dell’11 novembre 2021, Ferimet, C‑281/20, EU:C:2021:910, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

    52

    Per quanto riguarda l’evasione, secondo una giurisprudenza costante, il beneficio del diritto a detrazione deve essere negato non solamente quando un’evasione dell’IVA sia commessa dal soggetto passivo stesso, ma anche qualora si dimostri, alla luce di elementi oggettivi, che il soggetto passivo, al quale sono stati ceduti i beni o prestati i servizi posti a fondamento del diritto a detrazione, sapeva o avrebbe dovuto sapere che, con l’acquisto di tali beni e servizi posti a fondamento del diritto a detrazione, partecipava ad un’operazione che si iscriveva in una siffatta evasione commessa dal fornitore o da altro operatore intervenuto a monte o a valle nella catena delle cessioni o prestazioni (v., in tal senso, sentenza dell’11 novembre 2021, Ferimet, C‑281/20, EU:C:2021:910, punti 4648 e giurisprudenza ivi citata).

    53

    Secondo una giurisprudenza costante della Corte, poiché il diniego del diritto a detrazione è un’eccezione all’applicazione del principio fondamentale che tale diritto costituisce, incombe alle autorità tributarie dimostrare adeguatamente gli elementi oggettivi che consentono di concludere che il soggetto passivo ha commesso un’evasione dell’IVA o sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva in una simile evasione. Spetta poi ai giudici nazionali verificare se le amministrazioni finanziarie interessate abbiano dimostrato l’esistenza di detti elementi oggettivi (sentenza dell’11 novembre 2021, Ferimet, C‑281/20, EU:C:2021:910, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

    54

    Poiché il diritto dell’Unione non prevede norme relative alle modalità dell’assunzione delle prove in materia di evasione IVA, tali elementi oggettivi devono essere stabiliti dall’amministrazione finanziaria secondo le norme in materia di prova previste dal diritto nazionale. Tuttavia, tali norme non devono pregiudicare l’efficacia del diritto dell’Unione (sentenza dell’11 novembre 2021, Ferimet, C‑281/20, EU:C:2021:910, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).

    55

    Dalla giurisprudenza rammentata ai punti da 52 a 54 della presente ordinanza deriva che il beneficio del diritto a detrazione può essere negato a un soggetto passivo solamente qualora si dimostri, dopo aver effettuato una valutazione globale di tutti gli elementi e di tutte le circostanze di fatto del caso di specie conformemente alle norme sull’onere della prova previste dal diritto nazionale, che detto soggetto passivo ha commesso un’evasione IVA o sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva in una simile evasione. Il beneficio del tale diritto può essere negato solo qualora tali fatti siano stati sufficientemente dimostrati con mezzi che non siano supposizioni (v., in tal senso, sentenza dell’11 novembre 2021, Ferimet, C‑281/20, EU:C:2021:910, punto 52 e giurisprudenza ivi citata).

    56

    Nel caso di specie, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che l’amministrazione finanziaria ha considerato che l’A.T.S. 2003 e altri operatori economici avevano creato una catena di fatturazione fittizia ricorrendo a false somministrazioni di manodopera e false fatture di subfornitura al fine di ridurre, in particolare, i loro obblighi in materia di IVA. Tale amministrazione avrebbe rilevato che dalle dichiarazioni delle persone sospettate interrogate nell’ambito di un’indagine penale e dei lavoratori somministrati risultava che le agenzie interinali in questione non svolgevano alcuna attività economica effettiva. Tali fatti, che configurano una frode, ove siano dimostrati conformemente alle norme sull’onere della prova del diritto nazionale, sono tali da giustificare il diniego del diritto alla detrazione dell’IVA.

    57

    Per contro, il fatto che la catena di operazioni sfociata in tali prestazioni di servizi risulti irrazionale sul piano economico o non sia ragionevolmente giustificata non può essere considerato di per sé costitutivo di un’evasione (v., in tal senso, ordinanze del 3 settembre 2020, Vikingo Fővállalkozó, C‑610/19, EU:C:2020:673, punto 63, e del 3 settembre 2020, Crewprint, C‑611/19, non pubblicata, EU:C:2020:674, punto 42).

    58

    Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla quinta questione dichiarando che la direttiva 2006/112 deve essere interpretata nel senso che essa non osta a che l’amministrazione finanziaria neghi a un soggetto passivo il beneficio del diritto alla detrazione dell’IVA relativa ad una prestazione di servizi, basandosi su conclusioni risultanti da testimonianze in considerazione delle quali detta amministrazione ha messo in dubbio l’effettività di tale prestazione di servizi o ha ritenuto che la stessa si iscrivesse in una frode dell’IVA, se, nel primo caso, il soggetto passivo non ha dimostrato che detta prestazione di servizi è effettivamente avvenuta o se, nel secondo caso, la suddetta amministrazione finanziaria ha dimostrato, conformemente alle norme previste dal diritto nazionale, che detto soggetto passivo ha commesso una frode dell’IVA oppure sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva in una simile frode.

    Sulle questioni prima e quarta

    59

    Con le questioni prima e quarta, che occorre esaminare congiuntamente e in terzo luogo, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 2006/112 debba essere interpretata nel senso che osta a che l’amministrazione finanziaria neghi a un soggetto passivo il diritto a detrazione considerando come prova sufficiente dell’esistenza di una frode dell’IVA il fatto che tale soggetto passivo o altri operatori intervenuti a monte nella catena delle prestazioni hanno violato le norme nazionali che disciplinano le prestazioni di servizi in questione, senza che sia dimostrata l’esistenza di un nesso fra tale violazione e il diritto alla detrazione dell’IVA.

    60

    In tale contesto, detto giudice chiede altresì, in sostanza, se incomba all’amministrazione finanziaria individuare gli elementi costitutivi della frode e identificare gli autori di tale frode nonché i loro rispettivi comportamenti.

    61

    È giocoforza constatare che la violazione delle norme nazionali che disciplinano le prestazioni di servizi in questione, da parte del soggetto passivo o di un altro operatore intervenuto nella catena di prestazioni, non costituisce, di per sé, un elemento che consenta di dimostrare che il soggetto passivo ha commesso un’evasione dell’IVA o vi ha partecipato. Tuttavia, una violazione siffatta può, in funzione delle circostanze di fatto del caso di specie, costituire uno dei vari indizi dell’esistenza di una frode all’IVA nonché un elemento di prova che può essere preso in considerazione, nell’ambito della valutazione globale di tali circostanze, per dimostrare che il soggetto passivo ne è l’autore o vi ha partecipato attivamente, o per dimostrare che detto soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva nella suddetta frode (v., in tal senso, sentenze del 3 ottobre 2019, Altic, C‑329/18, EU:C:2019:831, punto 41, e del 1o dicembre 2022, Aquila Part Prod Com, C‑512/21, EU:C:2022:950, punto 58).

    62

    Inoltre, spetta all’autorità tributaria, cui incombe l’onere della prova, individuare gli elementi costitutivi di una frode all’IVA, fornire la prova delle condotte fraudolente e dimostrare che il soggetto passivo è l’autore di tale frode o vi ha partecipato attivamente, o sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento di tale diritto si iscriveva in detta frode. Tuttavia, tale obbligo non implica necessariamente che si debbano identificare tutti i soggetti che hanno partecipato alla frode nonché i rispettivi comportamenti degli stessi. Spetta ai giudici nazionali verificare che le autorità tributarie abbiano adeguatamente fornito tale prova (v., in tal senso, sentenza del 1o dicembre 2022, Aquila Part Prod Com, C‑512/21, EU:C:2022:950, punto 36).

    63

    Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni prima e quarta dichiarando che la direttiva 2006/112 deve essere interpretata nel senso che:

    essa osta a che l’amministrazione finanziaria neghi a un soggetto passivo il beneficio del diritto a detrazione considerando come prova sufficiente dell’esistenza di una frode dell’IVA il fatto che tale soggetto passivo, o altri operatori intervenuti a monte nella catena delle prestazioni, hanno violato le norme nazionali che disciplinano le prestazioni di servizi in questione, senza che sia dimostrata l’esistenza di un nesso tra detta violazione e il diritto alla detrazione dell’IVA;

    tuttavia, una violazione siffatta può, in funzione delle circostanze di fatto del caso di specie, costituire uno dei vari indizi dell’esistenza di una frode all’IVA nonché un elemento di prova che può essere preso in considerazione, nell’ambito della valutazione globale di tutte tali circostanze, per dimostrare che il soggetto passivo ne è l’autore o vi ha partecipato attivamente, o per dimostrare che detto soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva nella suddetta frode;

    spetta all’amministrazione finanziaria individuare gli elementi costitutivi della frode all’IVA, fornire la prova dei comportamenti fraudolenti e dimostrare che il soggetto passivo è l’autore di tale frode o vi ha partecipato attivamente, oppure sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva in detta frode;

    tale obbligo non implica necessariamente che debbano essere individuati tutti i partecipanti alla frode e tutti i loro rispettivi comportamenti.

    Sulle questioni seconda e terza

    64

    Con le questioni seconda e terza, che occorre esaminare congiuntamente e in ultimo luogo, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 2006/112, in combinato disposto con il principio di proporzionalità, debba essere interpretata nel senso che spetta al soggetto passivo verificare che il fornitore e gli altri operatori intervenuti a monte nella catena di prestazioni abbiano rispettato le norme nazionali che disciplinano le prestazioni di servizi in questione e le altre norme nazionali applicabili alla loro attività.

    65

    Dalla giurisprudenza richiamata al punto 52 della presente ordinanza risulta che il diritto a detrazione deve essere negato qualora sia dimostrato che il soggetto passivo, al quale sono stati ceduti i beni o prestati i servizi posti a fondamento del diritto a detrazione, sapeva o avrebbe dovuto sapere che, con l’acquisto di tali beni o servizi, partecipava ad un’operazione che si iscriveva in una frode all’IVA commessa dal fornitore o da un altro operatore intervenuto a monte o a valle nella catena delle cessioni o prestazioni.

    66

    La Corte ha ripetutamente stabilito che non è contrario al diritto dell’Unione esigere che un operatore adotti tutte le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che l’operazione effettuata non lo conduca a partecipare ad un’evasione fiscale e che la determinazione delle misure che, in una fattispecie concreta, possono essere ragionevolmente imposte ad un soggetto passivo che intenda esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA perché questi si assicuri che le sue operazioni non si iscrivano in un’evasione commessa da un operatore a monte dipende, essenzialmente, dalle circostanze della fattispecie (v., in tal senso, sentenze del 21 giugno 2012, Mahagében e Dávid, C‑80/11 e C‑142/11, EU:C:2012:373, punti 5459; del 19 ottobre 2017, Paper Consult, C‑101/16, EU:C:2017:775, punto 52, e ordinanza del 14 aprile 2021, Finanzamt Wilmersdorf, C‑108/20, EU:C:2021:266, punto 28).

    67

    La Corte ha precisato che, qualora sussistano indizi che consentono di sospettare l’esistenza di irregolarità o di un’evasione, un operatore accorto potrebbe, secondo le circostanze del caso di specie, vedersi obbligato ad assumere informazioni su un altro operatore, presso il quale prevede di acquistare beni o servizi, al fine di sincerarsi della sua affidabilità (sentenza del 21 giugno 2012, Mahagében e Dávid, C‑80/11 e C‑142/11, EU:C:2012:373, punto 60; ordinanze del 3 settembre 2020, Vikingo Fővállalkozó, C‑610/19, EU:C:2020:673, punto 55, e del 14 aprile 2021, Finanzamt Wilmersdorf, C‑108/20, EU:C:2021:266, punto 29).

    68

    Tuttavia, l’amministrazione finanziaria non può imporre a un soggetto passivo di compiere controlli complessi e approfonditi relativi al suo fornitore, trasferendo di fatto su di esso gli atti di controllo incombenti all’amministrazione stessa (sentenza del 19 ottobre 2017, Paper Consult, C‑101/16, EU:C:2017:775, punto 51).

    69

    In particolare, la Corte ha già dichiarato che l’amministrazione fiscale non può esigere in maniera generale che il soggetto passivo il quale intende esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA, da un lato – al fine di assicurarsi che non sussistano irregolarità o evasione a livello degli operatori a monte – verifichi che l’emittente della fattura correlata ai beni e ai servizi a titolo dei quali viene richiesto l’esercizio di tale diritto abbia la qualità di soggetto passivo, che disponga dei beni di cui trattasi e sia in grado di fornirli e che abbia soddisfatto i propri obblighi di dichiarazione e di pagamento dell’IVA, o, dall’altro lato, che il suddetto soggetto passivo disponga di documenti a tale riguardo [sentenze del 21 giugno 2012, Mahagében e Dávid, C‑80/11 e C‑142/11, EU:C:2012:373, punto 61, e del 4 giugno 2020, C.F. (Verifica fiscale), C‑430/19, EU:C:2020:429, punto 47].

    70

    Ne consegue che la diligenza dovuta dal soggetto passivo e le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che, con il suo acquisto, non partecipi ad un’operazione che si iscrive in una frode commessa da un operatore a monte dipendono dalle circostanze del caso di specie e, in particolare, dalla questione se esistano o meno indizi che consentano al soggetto passivo, al momento dell’acquisto da lui effettuato, di sospettare l’esistenza di irregolarità o di una frode. Pertanto, in presenza di indizi di una frode, ci si può attendere una maggiore diligenza dal soggetto passivo. Tuttavia, non si può esigere da quest’ultimo che esso proceda a verifiche complesse e approfondite, come quelle che l’amministrazione finanziaria ha i mezzi per effettuare (sentenza del 1o dicembre 2022, Aquila Part Prod Com, C‑512/21, EU:C:2022:950, punto 52).

    71

    Per quanto riguarda il rispetto delle norme nazionali che disciplinano le prestazioni di servizi in questione, si deve rilevare che, come risulta dal punto 61 della presente ordinanza, la violazione di tali norme può, in funzione delle circostanze di fatto del caso di specie, costituire uno dei vari indizi dell’esistenza di una frode all’IVA nonché un elemento di prova che può essere preso in considerazione, nell’ambito della valutazione globale di tutte tali circostanze, per dimostrare che il soggetto passivo ne è l’autore o vi ha partecipato attivamente, o per dimostrare che detto soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva nella suddetta frode. Lo stesso vale per la violazione delle altre norme nazionali che si applicano all’esercizio dell’attività del fornitore e degli altri operatori intervenuti a monte nella catena delle prestazioni.

    72

    Da tutto quanto precede discende che non si può esigere che il soggetto passivo che intende esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA verifichi, al momento dell’acquisto effettuato dal medesimo o successivamente, che il fornitore e gli altri operatori intervenuti a monte nella catena di prestazioni abbiano rispettato le norme nazionali che disciplinano le prestazioni di servizi in questione e le altre norme nazionali applicabili alla loro attività. Tuttavia, in presenza di indizi, risultanti dalla violazione di dette norme e tali da far sorgere nel soggetto passivo, al momento dell’acquisto effettuato dal medesimo, sospetti riguardo all’esistenza di irregolarità o di una frode, si può esigere che tale soggetto passivo dia prova di una maggiore diligenza e adotti le misure che ci si possono ragionevolmente attendere dallo stesso per assicurarsi di non partecipare, mediante tale acquisto, a un’operazione che si iscrive in una frode all’IVA.

    73

    Di conseguenza, occorre rispondere alle questioni seconda e terza dichiarando che la direttiva 2006/112, in combinato disposto con il principio di proporzionalità, deve essere interpretata nel senso che non spetta, in linea di principio, al soggetto passivo che intenda esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA verificare che il fornitore e gli altri operatori intervenuti a monte nella catena di prestazioni abbiano rispettato le norme nazionali che disciplinano le prestazioni di servizi in questione e le altre norme nazionali applicabili alla loro attività. Tuttavia, in presenza di indizi, risultanti dalla violazione di dette norme e tali da far sorgere nel soggetto passivo, al momento dell’acquisto effettuato dal medesimo, sospetti riguardo all’esistenza di irregolarità o di una frode, si può esigere che tale soggetto passivo dia prova di una maggiore diligenza e adotti le misure che ci si possono ragionevolmente attendere dallo stesso per assicurarsi di non partecipare, mediante tale acquisto, a un’operazione che si iscrive in una frode all’IVA.

    Sulle spese

    74

    Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

     

    Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

     

    1)

    La direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto,

    deve essere interpretata nel senso che:

    essa osta ad una prassi nazionale consistente nel qualificare la scelta del soggetto passivo di svolgere la sua attività economica in una forma che gli consenta di ridurre i suoi costi come «esercizio di un diritto non conforme alla sua funzione» e nel negare, per tale ragione, a detto soggetto passivo il beneficio del diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto assolta a monte, quando non sia dimostrata l’esistenza di una costruzione meramente artificiosa, priva di effettività economica, realizzata al solo scopo o, quanto meno, essenzialmente allo scopo di ottenere un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria agli obiettivi della citata direttiva.

     

    2)

    La direttiva 2006/112

    deve essere interpretata nel senso che:

    essa non osta a che l’amministrazione finanziaria neghi a un soggetto passivo il beneficio del diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) relativa ad una prestazione di servizi, basandosi su conclusioni risultanti da testimonianze in considerazione delle quali detta amministrazione ha messo in dubbio l’effettività di tale prestazione di servizi o ha ritenuto che la stessa si iscrivesse in una frode dell’IVA, se, nel primo caso, il soggetto passivo non ha dimostrato che detta prestazione di servizi è effettivamente avvenuta o se, nel secondo caso, la suddetta amministrazione finanziaria ha dimostrato, conformemente alle norme previste dal diritto nazionale, che detto soggetto passivo ha commesso una frode dell’IVA oppure sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva in una simile frode.

     

    3)

    La direttiva 2006/112

    deve essere interpretata nel senso che:

    essa osta a che l’amministrazione finanziaria neghi a un soggetto passivo il beneficio del diritto a detrazione considerando come prova sufficiente dell’esistenza di una frode dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) il fatto che tale soggetto passivo, o altri operatori intervenuti a monte nella catena delle prestazioni, hanno violato le norme nazionali che disciplinano le prestazioni di servizi in questione, senza che sia dimostrata l’esistenza di un nesso tra detta violazione e il diritto alla detrazione dell’IVA;

    tuttavia, una violazione siffatta può, in funzione delle circostanze di fatto del caso di specie, costituire uno dei vari indizi dell’esistenza di una frode all’IVA nonché un elemento di prova che può essere preso in considerazione, nell’ambito della valutazione globale di tutte tali circostanze, per dimostrare che il soggetto passivo ne è l’autore o vi ha partecipato attivamente, o per dimostrare che detto soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva nella suddetta frode;

    spetta all’amministrazione finanziaria individuare gli elementi costitutivi della frode all’IVA, fornire la prova dei comportamenti fraudolenti e dimostrare che il soggetto passivo è l’autore di tale frode o vi ha partecipato attivamente, oppure sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva in detta frode;

    tale obbligo non implica necessariamente che debbano essere individuati tutti i partecipanti alla frode e tutti i loro rispettivi comportamenti.

     

    4)

    La direttiva 2006/112, in combinato disposto con il principio di proporzionalità,

    deve essere interpretata nel senso che:

    non spetta, in linea di principio, al soggetto passivo che intenda esercitare il diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) verificare che il fornitore e gli altri operatori intervenuti a monte nella catena di prestazioni abbiano rispettato le norme nazionali che disciplinano le prestazioni di servizi in questione e le altre norme nazionali applicabili alla loro attività. Tuttavia, in presenza di indizi, risultanti dalla violazione di dette norme e tali da far sorgere nel soggetto passivo, al momento dell’acquisto effettuato dal medesimo, sospetti riguardo all’esistenza di irregolarità o di una frode, si può esigere che tale soggetto passivo dia prova di una maggiore diligenza e adotti le misure che ci si possono ragionevolmente attendere dallo stesso per assicurarsi di non partecipare, mediante tale acquisto, a un’operazione che si iscrive in una frode all’IVA.

     

    Firme


    ( *1 ) Lingua processuale: l’ungherese.

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