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Document 62022CJ0753

Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 18 giugno 2024.
QY contro Bundesrepublik Deutschland.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesverwaltungsgericht.
Rinvio pregiudiziale – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale – Direttiva 2013/32/UE – Articolo 33, paragrafo 2, lettera a) – Impossibilità per le autorità di uno Stato membro di respingere una domanda di asilo in quanto inammissibile a causa del previo riconoscimento dello status di rifugiato in un altro Stato membro – Articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Rischio di subire trattamenti inumani o degradanti in tale altro Stato membro – Esame di detta domanda di asilo da parte di tali autorità nonostante il riconoscimento dello status di rifugiato in tale altro Stato membro – Direttiva 2011/95/UE – Articolo 4 – Esame individuale.
Causa C-753/22.

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2024:524

 SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

18 giugno 2024 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale – Direttiva 2013/32/UE – Articolo 33, paragrafo 2, lettera a) – Impossibilità per le autorità di uno Stato membro di respingere una domanda di asilo in quanto inammissibile a causa del previo riconoscimento dello status di rifugiato in un altro Stato membro – Articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Rischio di subire trattamenti inumani o degradanti in tale altro Stato membro – Esame di detta domanda di asilo da parte di tali autorità nonostante il riconoscimento dello status di rifugiato in tale altro Stato membro – Direttiva 2011/95/UE – Articolo 4 – Esame individuale»

Nella causa C‑753/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale, Germania), con decisione del 7 settembre 2022, pervenuta in cancelleria il 12 dicembre 2022, nel procedimento

QY

contro

Bundesrepublik Deutschland,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, L. Bay Larsen, vicepresidente, A. Arabadjiev, K. Jürimäe (relatrice), E. Regan, T. von Danwitz, Z. Csehi e O. Spineanu-Matei, presidenti di sezione, M. Ilešič, J.-C. Bonichot, S. Rodin, I. Jarukaitis, A. Kumin, M.L. Arastey Sahún e M. Gavalec, giudici,

avvocato generale: L. Medina

cancelliere: K. Hötzel, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 26 settembre 2023,

considerate le osservazioni presentate:

per QY, da S. Kellmann, Rechtsanwalt;

per il governo tedesco, da J. Möller, A. Hoesch e R. Kanitz, in qualità di agenti;

per il governo belga, da M. Jacobs, A. Van Baelen e M. Van Regemorter, in qualità di agenti;

per il governo ceco, da A. Edelmannová, M. Smolek e J. Vláčil, in qualità di agenti;

per l’Irlanda, da M. Browne, Chief State Solicitor, A. Joyce e D. O’Reilly, in qualità di agenti, assistiti da A. McMahon, BL;

per il governo ellenico, da G. Karipsiadis e T. Papadopoulou, in qualità di agenti;

per il governo francese, da R. Bénard, O. Duprat-Mazaré, B. Fodda e J. Illouz, in qualità di agenti;

per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da W. Ferrante, avvocato dello Stato;

per il governo lussemburghese, da A. Germeaux, J. Reckinger e T. Schell, in qualità di agenti;

per il governo dei Paesi Bassi, da M.K. Bulterman e H.S. Gijzen, in qualità di agenti;

per il governo austriaco, da A. Posch, J. Schmoll e M. Kopetzki, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da A. Azéma, J. Hottiaux e H. Leupold, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocata generale, presentate all’udienza del 25 gennaio 2024,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 1, seconda frase, del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (GU 2013, L 180, pag. 31), dell’articolo 4, paragrafo 1, seconda frase, e dell’articolo 13 della direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (GU 2011, L 337, pag. 9), nonché dell’articolo 10, paragrafi 2 e 3, e dell’articolo 33, paragrafo 1, e paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (GU 2013, L 180, pag. 60).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra QY, cittadina siriana che ha ottenuto lo status di rifugiata in Grecia, e la Bundesrepublik Deutschland (Repubblica federale di Germania), rappresentata dal Bundesamt für Migration und Flüchtlinge (Ufficio federale per l’immigrazione e i rifugiati, Germania) (in prosieguo: l’«Ufficio federale»), in merito alla decisione di quest’ultimo di respingere la domanda di QY diretta al riconoscimento dello status di rifugiato.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

Regolamento n. 604/2013

3

Il considerando 6 del regolamento n. 604/2013 prevede quanto segue:

«Si è ora completata la prima fase dei lavori per l’istituzione di un [sistema europeo comune di asilo] che dovrebbe portare, a più lungo termine, all’instaurazione di una procedura comune e a uno status uniforme valido in tutta l’Unione [europea] per coloro che hanno ottenuto la protezione internazionale. (...)».

4

L’articolo 1 di tale regolamento definisce l’oggetto del regolamento stesso come segue:

«Il presente regolamento stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (“Stato membro competente”)».

5

L’articolo 3, paragrafo 1, di detto regolamento così dispone:

«Gli Stati membri esaminano qualsiasi domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo o da un apolide sul territorio di qualunque Stato membro, compreso alla frontiera e nelle zone di transito. Una domanda d’asilo è esaminata da un solo Stato membro, che è quello individuato come Stato competente in base ai criteri enunciati al capo III».

Direttiva 2011/95

6

I considerando 7 e da 9 a 13 della direttiva 2011/95 sono così formulati:

«(7)

Si è ora conclusa la prima fase dei lavori per l’istituzione di un sistema comune europeo di asilo. (...)

(...)

(9)

Nel programma di Stoccolma, il Consiglio europeo ha ribadito il suo impegno per il raggiungimento dell’obiettivo di istituire entro il 2012 uno spazio comune di protezione e solidarietà basato su una procedura comune in materia d’asilo e su uno status uniforme per coloro che hanno ottenuto la protezione internazionale, conformemente all’articolo 78 [TFUE].

(10)

Alla luce dei risultati delle valutazioni effettuate, è opportuno in questa fase ribadire i principi che ispirano la direttiva 2004/83/CE [del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta (GU 2004, L 304, pag. 12)] e cercare di realizzare un maggiore ravvicinamento delle norme relative al riconoscimento e agli elementi essenziali della protezione internazionale sulla base di livelli più elevati.

(11)

È opportuno mobilitare le risorse del Fondo europeo per i rifugiati e dell’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo [(EASO)] per fornire sostegno adeguato agli sforzi degli Stati membri nell’attuazione delle norme stabilite nella seconda fase del sistema comune europeo di asilo e, in particolare, a quegli Stati membri i cui sistemi nazionali di asilo subiscono pressioni specifiche e sproporzionate a causa, per lo più, della loro situazione geografica o demografica.

(12)

Lo scopo principale della presente direttiva è quello, da una parte, di assicurare che gli Stati membri applichino criteri comuni per identificare le persone che hanno effettivamente bisogno di protezione internazionale e, dall’altra, di assicurare che un livello minimo di prestazioni sia disponibile per tali persone in tutti gli Stati membri.

(13)

Il ravvicinamento delle norme relative al riconoscimento e agli elementi essenziali dello status di rifugiato e dello status di protezione sussidiaria dovrebbe contribuire a limitare il movimento secondario dei richiedenti protezione internazionale tra gli Stati membri, nei casi in cui tali movimenti siano dovuti esclusivamente alla diversità dei quadri giuridici».

7

L’articolo 1 della direttiva 2011/95 definisce l’obiettivo di quest’ultima nei seguenti termini:

«La presente direttiva stabilisce norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta».

8

L’articolo 3 della stessa direttiva, rubricato «Disposizioni più favorevoli», prevede quanto segue:

«Gli Stati membri hanno facoltà di introdurre o mantenere in vigore disposizioni più favorevoli in ordine alla determinazione dei soggetti che possono essere considerati rifugiati o persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché in ordine alla definizione degli elementi sostanziali della protezione internazionale, purché siano compatibili con le disposizioni della presente direttiva».

9

Il capo II della direttiva in parola, intitolato «Valutazione delle domande di protezione internazionale», contiene gli articoli da 4 a 8 di quest’ultima. L’articolo 4 della medesima direttiva, intitolato «Esame dei fatti e delle circostanze», così dispone:

«1.   Gli Stati membri possono ritenere che il richiedente sia tenuto a produrre quanto prima tutti gli elementi necessari a motivare la domanda di protezione internazionale. Lo Stato membro è tenuto, in cooperazione con il richiedente, a esaminare tutti gli elementi significativi della domanda.

(...)

3.   L’esame della domanda di protezione internazionale deve essere effettuato su base individuale e prevede la valutazione:

a)

di tutti i fatti pertinenti che riguardano il paese d’origine al momento dell’adozione della decisione in merito alla domanda, comprese le disposizioni legislative e regolamentari del paese d’origine e le relative modalità di applicazione;

b)

delle dichiarazioni e della documentazione pertinenti presentate dal richiedente che deve anche render noto se ha già subito o rischia di subire persecuzioni o danni gravi;

c)

della situazione individuale e delle circostanze personali del richiedente, in particolare l’estrazione, il sesso e l’età, al fine di valutare se, in base alle circostanze personali del richiedente, gli atti a cui è stato o potrebbe essere esposto si configurino come persecuzione o danno grave;

d)

dell’eventualità che le attività svolte dal richiedente dopo aver lasciato il paese d’origine abbiano mirato esclusivamente o principalmente a creare le condizioni necessarie alla presentazione di una domanda di protezione internazionale, al fine di stabilire se dette attività espongano il richiedente a persecuzione o a danno grave in caso di rientro nel paese;

e)

dell’eventualità che ci si possa ragionevolmente attendere dal richiedente un ricorso alla protezione di un altro paese di cui potrebbe dichiararsi cittadino.

(...)».

10

Il capo III della direttiva 2011/95, intitolato «Requisiti per essere considerato rifugiato», contiene gli articoli da 9 a 12 della stessa. Gli articoli 11 e 12 di tale direttiva definiscono, rispettivamente, il caso in cui un cittadino di un paese terzo o un apolide cessa di essere un rifugiato e quello in cui un cittadino di un paese terzo o un apolide è escluso dallo status di rifugiato.

11

Gli articoli 13 e 14 di detta direttiva sono contenuti nel capo IV di quest’ultima, intitolato «Status di rifugiato».

12

Ai sensi dell’articolo 13 della medesima direttiva:

«Gli Stati membri riconoscono lo status di rifugiato al cittadino di un paese terzo o all’apolide aventi titolo al riconoscimento dello status di rifugiato in conformità dei capi II e III».

13

L’articolo 14 della direttiva 2011/95, rubricato «Revoca, cessazione o rifiuto del rinnovo dello status», prevede quanto segue:

«1.   Per quanto riguarda le domande di protezione internazionale presentate successivamente all’entrata in vigore della direttiva [2004/83] gli Stati membri revocano, cessano o rifiutano di rinnovare lo status di rifugiato riconosciuto a un cittadino di un paese terzo o a un apolide da un organismo statale, amministrativo, giudiziario o quasi giudiziario se questi ha cessato di beneficiare di essere un rifugiato ai sensi dell’articolo 11.

2.   Fatto salvo l’obbligo del rifugiato, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, di rivelare tutti i fatti pertinenti e di produrre tutta la pertinente documentazione in suo possesso, lo Stato membro che ha riconosciuto lo status di rifugiato dimostra, su base individuale, che l’interessato ha cessato di essere o non è mai stato un rifugiato ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo.

3.   Gli Stati membri revocano, cessano o rifiutano di rinnovare lo status di rifugiato di un cittadino di un paese terzo o di un apolide qualora, successivamente al riconoscimento dello status di rifugiato, lo Stato membro interessato abbia stabilito che:

a)

la persona in questione avrebbe dovuto essere esclusa o è esclusa dallo status di rifugiato ai sensi dell’articolo 12;

(...)».

14

Il capo VII della direttiva 2011/95 definisce il «[c]ontenuto della protezione internazionale» e contiene gli articoli da 20 a 35 di quest’ultima. L’articolo 29 di tale direttiva, intitolato «Assistenza sociale», al paragrafo 1 così dispone:

«Gli Stati membri provvedono affinché i beneficiari di protezione internazionale ricevano, nello Stato membro che ha concesso tale protezione, adeguata assistenza sociale, alla stregua dei cittadini dello Stato membro in questione».

15

L’articolo 36, secondo comma, della direttiva citata enuncia quanto segue:

«Gli Stati membri, in collegamento con la Commissione [europea], adottano ogni misura idonea a instaurare una cooperazione diretta e lo scambio di informazioni tra le autorità competenti».

Direttiva 2013/32

16

I considerando 4, 12, 13 e 43 della direttiva 2013/32 così recitano:

«(4)

Le conclusioni di Tampere prevedono che il regime europeo comune in materia di asilo debba stabilire, a breve termine, norme comuni per procedure di asilo eque ed efficaci negli Stati membri e che, nel lungo periodo, le norme dell’Unione debbano indirizzarsi verso una procedura comune in materia di asilo nell’Unione.

(...)

(12)

Obiettivo principale della presente direttiva è sviluppare ulteriormente le norme relative alle procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale, così da istituire una procedura comune di asilo nell’Unione.

(13)

Il ravvicinamento delle norme sulle procedure per il riconoscimento e la revoca della protezione internazionale dovrebbe contribuire a limitare i movimenti secondari dei richiedenti protezione internazionale tra gli Stati membri, nei casi in cui tali movimenti siano dovuti alla diversità delle normative, e a creare condizioni equivalenti per l’applicazione negli Stati membri della direttiva [2011/95].

(...)

(43)

Gli Stati membri dovrebbero esaminare tutte le domande nel merito, valutare cioè se al richiedente di cui trattasi è attribuibile la qualifica di beneficiario di protezione internazionale a norma della direttiva [2011/95], salvo se altrimenti previsto dalla presente direttiva, in particolare se si può ragionevolmente presumere che un altro paese proceda all’esame o fornisca sufficiente protezione. In particolare, gli Stati membri non dovrebbero essere tenuti a valutare il merito della domanda di protezione internazionale se il paese di primo asilo ha concesso al richiedente lo status di rifugiato o ha altrimenti concesso sufficiente protezione e il richiedente sarà riammesso in detto paese».

17

L’articolo 1 della direttiva 2013/32 definisce l’oggetto di quest’ultima nei seguenti termini:

«Obiettivo della presente direttiva è stabilire procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale a norma della direttiva [2011/95]».

18

L’articolo 5 della direttiva 2013/32, intitolato «Disposizioni più favorevoli», è così formulato:

«Gli Stati membri possono introdurre o mantenere in vigore criteri più favorevoli in ordine alle procedure di riconoscimento e revoca dello status di protezione internazionale, purché tali criteri siano compatibili con la presente direttiva».

19

Ai sensi dell’articolo 10, paragrafi 2 e 3, di tale direttiva:

«2.   Nell’esaminare una domanda di protezione internazionale, l’autorità accertante determina anzitutto se al richiedente sia attribuibile la qualifica di rifugiato e, in caso contrario, se l’interessato sia ammissibile alla protezione sussidiaria.

3.   Gli Stati membri provvedono affinché le decisioni dell’autorità accertante relative alle domande di protezione internazionale siano adottate previo congruo esame. A tal fine gli Stati membri dispongono:

a.

che le domande siano esaminate e le decisioni prese in modo individuale, obiettivo ed imparziale;

b.

che pervengano da varie fonti informazioni precise e aggiornate, quali l’EASO e l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati [UNHCR] e le organizzazioni internazionali per i diritti umani pertinenti, circa la situazione generale esistente nel paese di origine dei richiedenti e, ove occorra, nei paesi in cui questi hanno transitato e che tali informazioni siano messe a disposizione del personale incaricato di esaminare le domande e decidere in merito;

c.

che il personale incaricato di esaminare le domande e decidere in merito conosca i criteri applicabili in materia di asilo e di diritto dei rifugiati;

d.

che il personale incaricato di esaminare le domande e decidere in merito abbia la possibilità di consultare esperti, laddove necessario, su aspetti particolari come quelli d’ordine medico, culturale, religioso, di genere o inerenti ai minori».

20

L’articolo 33, paragrafo 1, e paragrafo 2, lettera a), di detta direttiva così recita:

«1.   Oltre ai casi in cui una domanda non è esaminata a norma del regolamento [n. 604/2013], gli Stati membri non sono tenuti ad esaminare se al richiedente sia attribuibile la qualifica di beneficiario di protezione internazionale a norma della direttiva [2011/95], qualora la domanda sia giudicata inammissibile a norma del presente articolo.

2.   Gli Stati membri possono giudicare una domanda di protezione internazionale inammissibile soltanto se:

a)

un altro Stato membro ha concesso la protezione internazionale (…)».

21

Gli articoli 44 e 45 della direttiva 2013/32 stabiliscono le procedure di revoca della protezione internazionale.

22

Ai sensi dell’articolo 49, secondo comma, della direttiva in parola:

«Gli Stati membri, in collegamento con la Commissione, adottano ogni misura idonea a instaurare una cooperazione diretta e lo scambio di informazioni tra le autorità competenti».

Diritto tedesco

23

L’articolo 1, paragrafo 1, punto 2, dell’Asylgesetz (AsylG) (legge relativa al diritto di asilo), del 26 giugno 1992 (BGBl. 1992 I, pag. 1126), nella sua versione pubblicata il 2 settembre 2008 (BGBl. 2008 I, pag. 1798), quale modificata da ultimo dall’articolo 9 del Gesetz zur Weiterentwicklung des Ausländerzentralregisters (legge sullo sviluppo ulteriore del registro centrale dei cittadini stranieri), del 9 luglio 2021 (BGBl. 2021 I, pag. 2467) (in prosieguo: l’«AsylG»), così recita:

«(1)   La presente legge si applica agli stranieri che fanno richiesta di:

(...)

2. protezione internazionale ai sensi della direttiva [2011/95]».

24

L’articolo 29 dell’AsylG, intitolato «Domande inammissibili», al paragrafo 1, punto 2, prevede quanto segue:

«Una domanda di asilo è inammissibile quando (...)

2.

un altro Stato membro dell’Unione ha già concesso allo straniero la protezione internazionale di cui all’articolo 1, paragrafo 1, punto 2 (...)».

25

L’articolo 60, paragrafo 1, del Gesetz über den Aufenthalt, die Erwerbstätigkeit und die Integration von Ausländern im Bundesgebiet (Aufenthaltsgesetz – AufenthG) (legge relativa al soggiorno, all’attività lavorativa e all’integrazione degli stranieri nel territorio federale), del 30 luglio 2004 (BGBl. 2004 I, pag. 1950), nella sua versione pubblicata il 25 febbraio 2008 (BGBl. 2008 I, pag 162), quale modificata da ultimo dall’articolo 4a del Gesetz zur Regelung eines Sofortzuschlages und einer Einmalzahlung in den sozialen Mindestsicherungssystemen sowie zur Änderung des Finanzausgleichsgesetzes und weiterer Gesetze (legge recante disciplina di un supplemento immediato e di un pagamento una tantum nei sistemi di previdenza sociale minima nonché modifica della legge di perequazione finanziaria e di altre leggi), del 23 maggio 2022 (BGBl. 2022 I, pag. 760), così dispone:

«In applicazione della convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 [Recueil des traités des Nations unies, vol. 189, pag. 150, n.o 2545 (1954)] [ed entrata in vigore il 22 aprile 1954] (BGBl. 1953 II, pag. 559), uno straniero non può essere espulso verso uno Stato in cui la sua vita o la sua libertà sono minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche. Lo stesso vale per i beneficiari del diritto di asilo e per gli stranieri cui sia stata riconosciuta la qualità di rifugiati in un atto non impugnabile, o che beneficino, per un’altra ragione, dello status di rifugiati stranieri nel territorio federale, o che al di fuori del territorio federale siano stati riconosciuti come rifugiati stranieri conformemente alla convenzione relativa allo status dei rifugiati. Qualora uno straniero invochi il divieto di espulsione di cui al presente paragrafo, l’Ufficio federale determina, nell’ambito di una procedura di asilo, salvo nei casi previsti dalla seconda frase, se siano soddisfatte le condizioni di cui alla prima frase e se a tale straniero debba essere riconosciuta la qualità di rifugiato. La decisione dell’Ufficio federale può essere impugnata solo in base alle disposizioni dell’AsylG».

Procedimento principale e questione pregiudiziale

26

QY, una cittadina siriana, ha ottenuto lo status di rifugiata in Grecia nel 2018.

27

In una data non indicata dal giudice del rinvio, QY ha presentato una domanda di protezione internazionale in Germania.

28

Con una decisione definitiva, menzionata ma non datata nella domanda di pronuncia pregiudiziale, un Verwaltungsgericht (Tribunale amministrativo, Germania) ha ritenuto che QY, in Grecia, corresse un grave rischio di subire un trattamento inumano o degradante, ai sensi dell’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), sicché non poteva farvi ritorno.

29

Con decisione del 1o ottobre 2019, l’Ufficio federale ha respinto la domanda di QY volta al riconoscimento dello status di rifugiato, ma le ha concesso la protezione sussidiaria.

30

QY ha proposto un ricorso avverso tale decisione, il quale è stato respinto dal Verwaltungsgericht (Tribunale amministrativo) adito. Secondo quest’ultimo, la domanda diretta al riconoscimento dello status di rifugiato era infondata, in quanto QY non rischiava di essere perseguitata in Siria.

31

QY ha quindi proposto un’impugnazione diretta, autorizzata da tale Verwaltungsgericht (Tribunale amministrativo), dinanzi al Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale, Germania), giudice del rinvio. A sostegno di detta impugnazione, essa deduce che l’Ufficio federale era vincolato al riconoscimento, da parte delle autorità elleniche, dello status di rifugiato.

32

Tale giudice precisa che il suddetto Verwaltungsgericht (Tribunale amministrativo) era tenuto a statuire nel merito della domanda di protezione internazionale di QY. Infatti, la domanda di cui trattasi non poteva essere dichiarata inammissibile in ragione del previo riconoscimento dello status di rifugiato in Grecia, poiché QY corre un grave rischio di subire, in detto Stato membro, un trattamento inumano o degradante, a norma dell’articolo 4 della Carta.

33

Il giudice del rinvio sottolinea che, nel merito, è accertato che QY non soddisfa le condizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato. Inoltre, conformemente all’articolo 60, paragrafo 1, seconda frase, della legge relativa al soggiorno, all’attività lavorativa e all’integrazione degli stranieri nel territorio federale, quale modificata, la decisione di riconoscimento dello status di rifugiato adottata dalle autorità elleniche avrebbe come unico effetto giuridico quello di vietare l’espulsione di tale rifugiato verso lo Stato terzo da cui è fuggito. Per contro, in forza del diritto tedesco, una simile decisione non creerebbe alcun diritto a un nuovo riconoscimento dello status di rifugiato. Del pari, in forza del diritto tedesco, tale decisione di riconoscimento dello status di rifugiato non produrrebbe alcun effetto vincolante che comporti che le autorità tedesche, eccezionalmente tenute a svolgere nuovamente una procedura di asilo, debbano obbligatoriamente riconoscere tale status all’interessato in occasione della suddetta procedura.

34

Ciò posto, il giudice del rinvio ritiene necessario stabilire se il diritto dell’Unione osti a che l’Ufficio federale proceda ad un nuovo esame autonomo della domanda di protezione internazionale e se il diritto dell’Unione esiga che la decisione di riconoscimento dello status di rifugiato adottata in un altro Stato membro produca effetti vincolanti per tale ufficio.

35

A tal riguardo, in primo luogo, detto giudice ritiene che il diritto primario dell’Unione, in particolare l’articolo 78 TFUE, non sia tale da giustificare un simile effetto. Dal diritto primario dell’Unione non risulterebbe alcun principio di riconoscimento reciproco delle decisioni di concessione dello status di rifugiato. Di conseguenza, e in assenza, ad oggi, di uno status uniforme di protezione internazionale, l’esame delle condizioni di merito di una domanda di una siffatta protezione spetterebbe allo Stato membro investito di tale domanda.

36

Secondo detto giudice, neppure il principio della fiducia reciproca può giustificare il riconoscimento reciproco di siffatte decisioni. Del resto, tale fiducia sarebbe venuta meno nel caso di specie, a causa del grave rischio corso dall’interessata di essere esposta, nello Stato membro che le ha concesso una protezione internazionale, a un trattamento inumano o degradante, ai sensi dell’articolo 4 della Carta.

37

In secondo luogo, il giudice del rinvio osserva che nessuna norma di diritto derivato dell’Unione prevede espressamente che il riconoscimento dello status di rifugiato da parte di uno Stato membro produca un effetto vincolante sulla procedura di asilo in un altro Stato membro.

38

Tuttavia, tale giudice si chiede se il principio dell’esame unico di una domanda di protezione internazionale, di cui all’articolo 3, paragrafo 1, seconda frase, del regolamento n. 604/2013, o le disposizioni dell’articolo 4, paragrafo 1, seconda frase, e dell’articolo 13 della direttiva 2011/95 possano implicare che lo status di rifugiato concesso da uno Stato membro debba essere riconosciuto in tutti gli altri Stati membri senza che venga svolto un nuovo esame.

39

In tale contesto, detto giudice si interroga sulle conseguenze giuridiche che comporta, in caso di grave rischio di violazione dell’articolo 4 della Carta nello Stato membro che ha concesso la protezione internazionale, il venir meno della facoltà per un altro Stato membro, investito di una nuova domanda di protezione internazionale, di respingere quest’ultima in quanto inammissibile in forza dell’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32. A suo avviso, il richiedente dovrebbe essere considerato come «primo-richiedente» da quest’altro Stato membro e quest’ultimo dovrebbe procedere ad un nuovo esame senza essere vincolato alle considerazioni espresse nella decisione di concessione dello status di rifugiato già adottata dal primo Stato membro.

40

Tuttavia, lo stesso giudice osserva che siffatto approccio potrebbe comportare un’elusione delle norme speciali relative alla cessazione, all’esclusione e alla revoca dello status di rifugiato, previste dagli articoli 11, 12 e 14 della direttiva 2011/95. Ciò posto, esso sottolinea che, nella specie, non sussiste un rischio di peggioramento della posizione giuridica dell’interessata che, ad ogni modo, non può essere espulsa verso il suo paese di origine poiché l’Ufficio federale le ha concesso la protezione sussidiaria.

41

In terzo luogo, il giudice del rinvio si chiede come debba essere inteso il punto 42 dell’ordinanza del 13 novembre 2019, Hamed e Omar (C‑540/17 e C‑541/17, EU:C:2019:964). Infatti, il riferimento ad una «nuova» procedura di asilo potrebbe deporre a favore di un nuovo esame, mentre la menzione dei diritti connessi allo status di rifugiato potrebbe implicare un riconoscimento dello status già concesso da un altro Stato membro.

42

Ciò considerato, il Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se, nel caso in cui uno Stato membro non possa avvalersi della facoltà, conferita dall’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva [2013/32], di respingere una domanda di protezione internazionale in quanto inammissibile in ragione del riconoscimento dello status di rifugiato in un altro Stato membro, poiché le condizioni di vita in tale Stato membro esporrebbero il richiedente a un grave rischio di trattamenti inumani o degradanti ai sensi dell’articolo 4 della Carta, l’articolo 3, paragrafo 1, seconda frase, del regolamento [n.604/2013], l’articolo 4, paragrafo 1, seconda frase, e l’articolo 13 della direttiva [2011/95], nonché l’articolo 10, paragrafi 2 e 3, e l’articolo 33, paragrafi 1 e 2, lettera a), della direttiva [2013/32], debbano essere interpretati nel senso che la circostanza che lo status di rifugiato sia già stato riconosciuto impedisce al [primo] Stato membro di sottoporre a un esame dall’esito aperto la domanda di protezione internazionale che gli è stata presentata e impone allo stesso di accordare al richiedente lo status di rifugiato senza verificare l’esistenza dei requisiti sostanziali di tale protezione».

Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

43

L’Irlanda eccepisce l’irricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale in quanto l’interpretazione richiesta rientrerebbe nell’applicazione della cosiddetta teoria dell’«acte clair». Secondo l’Irlanda, allo stato attuale del diritto dell’Unione, nessuna disposizione di tale diritto prevede il riconoscimento reciproco, da parte degli Stati membri, delle decisioni di concessione di una protezione internazionale adottate da un altro Stato membro.

44

Secondo una giurisprudenza costante, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione poste dal giudice nazionale nel quadro normativo e fattuale che questi definisce sotto la propria responsabilità, e di cui non spetta alla Corte verificare l’esattezza, beneficiano di una presunzione di rilevanza. Il rifiuto della Corte di statuire su una domanda di pronuncia pregiudiziale presentata da un giudice nazionale è possibile solo qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcuna relazione con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per fornire una risposta utile alle questioni che le vengono sottoposte [sentenza dell’8 novembre 2022, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Esame d’ufficio del trattenimento), C‑704/20 e C‑39/21, EU:C:2022:858, punto 61 e giurisprudenza ivi citata].

45

Nel caso di specie, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta inequivocabilmente che la questione sollevata verte effettivamente sull’interpretazione delle norme del diritto dell’Unione pertinenti ai fini della controversia principale. La circostanza, addotta dall’Irlanda, che l’interpretazione così richiesta s’imporrebbe con chiarezza rientra nella risposta nel merito di tale questione e non può, anche ammettendola dimostrata, giustificare l’inversione della presunzione di rilevanza di cui gode tale questione.

46

In ogni caso, non è in alcun modo fatto divieto al giudice nazionale di sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale la cui risposta non lasci adito a ragionevoli dubbi. Pertanto, quand’anche fosse così, la domanda di pronuncia pregiudiziale contenente simili questioni non diviene per questo irricevibile (v., in tal senso, sentenza del 9 marzo 2023, Vapo Atlantic,C‑604/21, EU:C:2023:175, punto 33).

47

Di conseguenza, la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile.

Sulla questione pregiudiziale

48

Con la sua unica questione il giudice del rinvio domanda, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 604/2013, l’articolo 4, paragrafo 1, e l’articolo 13 della direttiva 2011/95, nonché l’articolo 10, paragrafi 2 e 3, e l’articolo 33, paragrafo 1 e paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32, debbano essere interpretati nel senso che, qualora l’autorità competente di uno Stato membro non possa avvalersi della facoltà, conferita da quest’ultima disposizione, di respingere come inammissibile una domanda di protezione internazionale presentata da un richiedente al quale tale protezione è già stata concessa da un altro Stato membro, in quanto sussiste un grave rischio che tale richiedente sia sottoposto, in quest’altro Stato membro, a un trattamento inumano o degradante ai sensi dell’articolo 4 della Carta, tale autorità è tenuta a riconoscere al suddetto richiedente lo status di rifugiato per il solo fatto che tale status gli è già stato riconosciuto da quest’altro Stato membro, o se essa può procedere a un nuovo autonomo esame nel merito della domanda di cui trattasi.

49

In via preliminare, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 33, paragrafo 1, della direttiva 2013/32, oltre ai casi in cui una domanda non è esaminata a norma del regolamento n. 604/2013, gli Stati membri non sono tenuti ad esaminare se al richiedente sia attribuibile la qualifica di beneficiario di protezione internazionale a norma della direttiva 2011/95, qualora una domanda sia giudicata inammissibile in forza di tale articolo. L’articolo 33, paragrafo 2, della direttiva 2013/32 elenca esaustivamente le situazioni in cui gli Stati membri possono considerare una domanda di protezione internazionale inammissibile [sentenze del 19 marzo 2019, Ibrahim e a., C‑297/17, C‑318/17, C‑319/17 e C‑438/17, EU:C:2019:219, punto 76, nonché del 22 febbraio 2022, Commissaire général aux réfugiés et aux apatrides (Unità del nucleo familiare – Protezione già accordata), C‑483/20, EU:C:2022:103, punto 23].

50

A tal riguardo, l’articolo 33, paragrafo 2, della direttiva 2013/32 mira, come risulta dal suo considerando 43, a temperare l’obbligo degli Stati membri di esaminare qualsiasi domanda di protezione internazionale definendo le situazioni in cui una siffatta domanda è considerata inammissibile. Alla luce della suddetta finalità, tale disposizione presenta, nel suo insieme, un carattere derogatorio rispetto a tale obbligo [v., in tal senso, sentenza del 1o agosto 2022, Bundesrepublik Deutschland (Figlio di rifugiati, nato fuori dallo Stato ospitante), C‑720/20, EU:C:2022:603, punto 49 e giurisprudenza ivi citata].

51

Tra le summenzionate situazioni figura quella, contemplata dalla lettera a) dell’articolo 33, paragrafo 2, della direttiva 2013/32, in cui un altro Stato membro abbia già concesso la protezione internazionale. Quando applicano questo motivo di inammissibilità in una situazione del genere, gli Stati membri sono quindi esonerati dall’obbligo di cui al punto precedente della presente sentenza [v., in tal senso, sentenza del 22 febbraio 2022, Commissaire général aux réfugiés et aux apatrides (Unità del nucleo familiare – Protezione già accordata), C‑483/20, EU:C:2022:103, punti 2324].

52

Ciò posto, la Corte ha statuito che, in via eccezionale, le autorità di uno Stato membro non possono avvalersi della facoltà loro conferita dall’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32, di respingere una domanda di riconoscimento dello status di rifugiato in quanto inammissibile in base al rilievo che al richiedente è già stata concessa una protezione internazionale da un altro Stato membro, quando sono giunte alla conclusione che le prevedibili condizioni di vita in cui si troverebbe detto richiedente quale beneficiario di una protezione internazionale in quest’altro Stato membro lo esporrebbero ad un grave rischio di subire un trattamento inumano o degradante, nell’accezione dell’articolo 4 della Carta [v., in tal senso, sentenza del 19 marzo 2019, Ibrahim e a., C‑297/17, C‑318/17, C‑319/17 e C‑438/17, EU:C:2019:219, punto 92; ordinanza del 13 novembre 2019, Hamed e Omar, C‑540/17 e C‑541/17, EU:C:2019:964, punto 35, nonché sentenza del 22 febbraio 2022, Commissaire général aux réfugiés et aux apatrides (Unità del nucleo familiare – Protezione già accordata), C‑483/20, EU:C:2022:103, punti 3234].

53

Infatti, poiché la facoltà conferita dall’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32 costituisce, nell’ambito della procedura comune di asilo istituita da tale direttiva, un’espressione del principio di fiducia reciproca, che consente ed impone agli Stati membri di presumere, nel contesto del sistema europeo comune di asilo, che il trattamento riservato ai richiedenti protezione internazionale in ciascuno Stato membro sia conforme ai requisiti della Carta, in particolare degli articoli 1 e 4 della stessa, che sanciscono uno dei valori fondamentali dell’Unione e dei suoi Stati membri, tale presunzione e l’esercizio di detta facoltà che ne consegue non possono essere giustificati qualora sia accertato che, in realtà, in un determinato Stato membro un tale trattamento conforme manca (sentenza del 19 marzo 2019, Ibrahim e a., C‑297/17, C‑318/17, C‑319/17 e C‑438/17, EU:C:2019:219, punti da 83 a 86, nonché ordinanza del 13 novembre 2019, Hamed e Omar, C‑540/17 e C‑541/17, EU:C:2019:964, punto 41).

54

A tal riguardo, va precisato che le carenze menzionate al punto 52 della presente sentenza devono raggiungere una soglia particolarmente elevata di gravità, la quale dipende dall’insieme delle circostanze del caso di specie (v., in tal senso, sentenza del 19 marzo 2019, Ibrahim e a., C‑297/17, C‑318/17, C‑319/17 e C‑438/17, EU:C:2019:219, punti da 89 a 91).

55

Alla luce di tale giurisprudenza, il giudice del rinvio si chiede se, nell’ipotesi in cui l’autorità di uno Stato membro si trovi nell’impossibilità di dichiarare inammissibile, in forza dell’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32, una domanda di protezione internazionale di cui è investita, essa possa allora valutare la fondatezza di tale domanda di protezione internazionale, senza essere vincolata al fatto che un altro Stato membro ha già concesso al richiedente la protezione di cui trattasi.

56

Al fine di rispondere alla questione sollevata, occorre constatare, in primo luogo, che il diritto dell’Unione in materia di protezione internazionale non comporta, allo stato attuale, un obbligo espresso per gli Stati membri di riconoscere in modo automatico le decisioni di concessione dello status di rifugiato adottate da un altro Stato membro.

57

A tal riguardo, va ricordato che, in forza dell’articolo 78, paragrafo 1, TFUE, la politica comune che l’Unione sviluppa in materia di asilo è volta ad offrire uno status appropriato a qualsiasi cittadino di un paese terzo che necessiti di protezione internazionale e a garantire il rispetto del principio di non respingimento. I vari aspetti del sistema europeo comune di asilo sono elencati alle lettere da a) a g) dell’articolo 78, paragrafo 2, TFUE (v., in tal senso, sentenza del 6 settembre 2017, Slovacchia e Ungheria/Consiglio, C‑643/15 e C‑647/15, EU:C:2017:631, punto 75).

58

In particolare, l’articolo 78, paragrafo 2, lettera a), TFUE prevede che il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea adottino le misure relative a un sistema europeo comune di asilo che includa «uno status uniforme in materia di asilo a favore di cittadini di paesi terzi, valido in tutta l’Unione».

59

Sebbene tale disposizione fornisca quindi una base giuridica per l’adozione, da parte del legislatore dell’Unione, di atti dell’Unione contenenti tale status uniforme, resta nondimeno il fatto che, come rilevato, in sostanza, dall’avvocata generale al paragrafo 48 delle sue conclusioni, è necessario un intervento del legislatore dell’Unione per rendere effettivi tutti i diritti relativi a tale status che, concesso da uno Stato membro e riconosciuto da tutti gli altri, sia valido in tutta l’Unione.

60

A questo proposito, dai considerando degli atti adottati sulla base dell’articolo 78, paragrafo 2, TFUE, e in particolare dal considerando 6 del regolamento n. 604/2013, dai considerando 7 e da 9 a 11 della direttiva 2011/95 e dai considerando 4 e 12 della direttiva 2013/32, emerge che il legislatore dell’Unione intende creare gradualmente, in fasi successive, il sistema europeo comune di asilo, che dovrebbe infine portare ad una procedura comune e ad uno status uniforme di rifugiato valido in tutta l’Unione.

61

Pertanto, anzitutto, la direttiva 2011/95, adottata sulla base dell’articolo 78, paragrafo 2, lettere a) e b), TFUE, è intesa, come risulta dall’articolo 1, letto alla luce del suo considerando 12, in particolare, a garantire che tutti gli Stati membri applichino criteri comuni per l’identificazione delle persone che hanno effettivamente bisogno di protezione internazionale (v., in tal senso, sentenza del 13 settembre 2018, Ahmed,C‑369/17, EU:C:2018:713, punto 37).

62

Per quanto riguarda segnatamente le disposizioni di tale direttiva menzionate dal giudice del rinvio, l’articolo 4 di quest’ultima stabilisce siffatti criteri comuni per la valutazione dei fatti e delle circostanze nell’ambito dell’esame di una domanda di protezione internazionale, precisando, alla seconda frase del suo primo paragrafo, che spetta allo Stato membro valutare, in cooperazione con il richiedente, gli elementi pertinenti della domanda. Quanto all’articolo 13 della medesima direttiva, esso obbliga gli Stati membri a riconoscere lo status di rifugiato al cittadino di un paese terzo o all’apolide aventi titolo al riconoscimento dello status di rifugiato in conformità dei capi II e III della medesima direttiva.

63

Tuttavia, né tali disposizioni né alcun’altra disposizione della direttiva 2011/95 impongono agli Stati membri di riconoscere automaticamente le decisioni di concessione dello status di rifugiato adottate da un altro Stato membro. Al contrario, talune disposizioni di tale direttiva, come il suo articolo 29, paragrafo 1, relativo alla protezione sociale, limitano determinati diritti relativi allo status di rifugiato allo Stato membro che ha concesso tale status.

64

La direttiva 2013/32, poi, adottata sulla base dell’articolo 78, paragrafo 2, lettera d), TFUE, all’articolo 1, ha lo «scopo di stabilire procedure comuni per il riconoscimento e la revoca della protezione internazionale ai sensi della direttiva [2011/95]».

65

L’articolo 10 della direttiva 2013/32, richiamato dal giudice del rinvio, prevede le condizioni alle quali è subordinato l’esame delle domande di tale protezione e prescrive, al suo paragrafo 2, che l’autorità competente determini anzitutto se al richiedente sia attribuibile lo status di rifugiato e, in caso contrario, se al richiedente sia attribuibile la qualifica di beneficiario della protezione sussidiaria. Conformemente al paragrafo 3 di detto articolo 10, tale autorità deve adottare la sua decisione al termine di un esame adeguato e soddisfacendo le condizioni elencate in tale disposizione. Per contro, né il summenzionato articolo 10 né l’articolo 33, paragrafo 1, e paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32, il cui contenuto è stato ricordato ai punti da 49 a 51 della presente sentenza, impongono a tale autorità di riconoscere automaticamente le decisioni di concessione dello status di rifugiato adottate da un altro Stato membro.

66

Infine, il regolamento n. 604/2013, basato sull’articolo 78, paragrafo 2, lettera e), TFUE, ha lo scopo, in virtù del suo articolo 1, di stabilire criteri e meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide.

67

Orbene, anche se, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento in parola, una domanda di asilo presentata da un cittadino di un paese terzo o da un apolide nel territorio di uno degli Stati membri, qualunque esso sia, in linea di principio, viene esaminata solo dallo Stato membro che i criteri di cui al capo III di tale regolamento designano come competente (sentenza del 16 febbraio 2017, C.K. e a, C‑578/16 PPU, EU:C:2017:127, punto 56), non ne consegue tuttavia, in assenza di ogni disposizione in tal senso, che la decisione adottata dallo Stato membro così designato debba essere riconosciuta automaticamente dagli altri Stati membri.

68

Dalle ragioni esposte ai punti da 57 a 67 della presente sentenza emerge che, allo stato attuale del sistema europeo comune di asilo, il legislatore dell’Unione non ha ancora raggiunto pienamente l’obiettivo cui mira l’articolo 78, paragrafo 2, lettera a), TFUE, ossia uno status uniforme di asilo a favore dei cittadini di paesi terzi valido in tutta l’Unione. In particolare, il legislatore dell’Unione non ha stabilito, in questa fase, alcun principio secondo cui gli Stati membri sarebbero tenuti a riconoscere automaticamente le decisioni di concessione dello status di rifugiato adottate da un altro Stato membro, né ha precisato le modalità di attuazione di un siffatto principio.

69

Mentre gli Stati membri, allo stato attuale del diritto dell’Unione, sono quindi liberi di subordinare il riconoscimento di tutti i diritti connessi allo status di rifugiato nel loro territorio all’adozione, da parte delle loro autorità competenti, di una nuova decisione di concessione di tale status, è consentito loro prevedere il riconoscimento automatico di tali decisioni adottate da un altro Stato membro come disposizione più favorevole, ai sensi dell’articolo 3 della direttiva 2011/95 e dell’articolo 5 della direttiva 2013/32. Orbene, è pacifico che la Repubblica federale di Germania non si è avvalsa di tale facoltà.

70

In tali circostanze, occorre determinare, in secondo luogo, la portata dell’esame, da parte dell’autorità competente di uno Stato membro, di una domanda di protezione internazionale presentata da un richiedente al quale un altro Stato membro abbia già riconosciuto lo status di rifugiato.

71

A tal proposito, è importante ricordare che, come osservato al punto 62 della presente sentenza, ai sensi dell’articolo 13 della direttiva 2011/95, gli Stati membri riconoscono lo status di rifugiato al cittadino di un paese terzo o all’apolide aventi titolo al riconoscimento dello status di rifugiato in conformità dei capi II e III di tale direttiva, senza disporre a tal riguardo di alcun potere discrezionale [v., in tal senso, sentenze del 24 giugno 2015, T.,C‑373/13, EU:C:2015:413, punto 63; del 14 maggio 2019, M e a.. (Revoca dello status di rifugiato), C‑391/16, C‑77/17 e C‑78/17, EU:C:2019:403, punto 89, nonché del 16 gennaio 2024, Intervyuirasht organ na DAB pri MS (Donne vittime di violenze domestiche), C‑621/21, EU:C:2024:47, punto 72 e giurisprudenza ivi citata]. Per contro, al di fuori della possibilità di applicare norme nazionali più favorevoli, prevista dall’articolo 3 della direttiva 2011/95, essa non prevede la concessione dello status di rifugiato a cittadini di paesi terzi o apolidi diversi da quelli che soddisfano le suddette condizioni [v., in tal senso, sentenze del 13 settembre 2018, Ahmed,C‑369/17, EU:C:2018:713, punto 48 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 9 novembre 2021, Bundesrepublik Deutschland (Mantenimento dell’unità del nucleo familiare), C‑91/20, EU:C:2021:898, punti 3940 e giurisprudenza ivi citata].

72

Per determinare se dette condizioni siano soddisfatte, gli Stati membri devono, conformemente all’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2011/95, procedere ad una valutazione individuale di ogni domanda di protezione internazionale tenendo conto in particolare di tutti i fatti pertinenti riguardanti il paese di origine dell’interessato al momento di decidere sulla domanda, delle informazioni e dei documenti pertinenti presentati da quest’ultimo nonché dello status individuale e della situazione personale di quest’ultimo (v., in tal senso, sentenze del 25 gennaio 2018, F,C‑473/16, EU:C:2018:36, punto 41, nonché del 19 marzo 2019, Ibrahim e a., C‑297/17, C‑318/17, C‑319/17 e C‑438/17, EU:C:2019:219, punto 98).

73

Nello stesso senso, discende, in sostanza, dall’articolo 10, paragrafo 3, della direttiva 2013/32, che le domande di protezione internazionale devono essere oggetto di un esame individuale, obiettivo ed imparziale alla luce di informazioni precise ed aggiornate.

74

Di conseguenza, qualora, in applicazione della giurisprudenza ricordata al punto 52 della presente sentenza, l’autorità competente di uno Stato membro si trovi nell’impossibilità di dichiarare inammissibile, ai sensi dell’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32, una domanda di protezione internazionale ad essa presentata, tale autorità deve procedere a un esame individuale, completo ed aggiornato delle condizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato.

75

Se il richiedente soddisfa le condizioni per essere considerato rifugiato conformemente ai capi II e III della direttiva 2011/95, detta autorità deve riconoscergli lo status di rifugiato senza disporre di alcun potere discrezionale.

76

A tal riguardo, sebbene la stessa autorità non sia tenuta a riconoscere lo status di rifugiato a tale richiedente per il solo motivo che siffatto status è stato precedentemente concesso a quest’ultimo con decisione di un altro Stato membro, essa deve tuttavia tenere pienamente conto di tale decisione e degli elementi a suo sostegno.

77

Infatti, il sistema europeo comune di asilo, che comprende criteri comuni per l’identificazione delle persone effettivamente bisognose di protezione internazionale, come evidenziato nel considerando 12 della direttiva 2011/95, si fonda sul principio della fiducia reciproca, secondo cui si deve presupporre, salvo circostanze eccezionali, che il trattamento riservato ai richiedenti protezione internazionale in ciascuno Stato membro sia conforme ai requisiti del diritto dell’Unione, compresi quelli della Carta, della Convenzione relativa allo status di rifugiato, nonché della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 [v., in tal senso, sentenze del21 dicembre 2011, N.S. e a., C‑411/10 e C‑493/10, EU:C:2011:865, punti da 78 a 80, nonché del 19 marzo 2019, Ibrahim e a., C‑297/17, C‑318/17, C‑319/17 e C‑438/17, EU:C:2019:219, punti 8485].

78

Inoltre, tenuto conto del principio di leale cooperazione sancito dall’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, TUE, secondo il quale l’Unione e gli Stati membri si rispettano e si assistono reciprocamente nell’adempimento dei compiti derivanti dai Trattati (sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin,C‑182/15, EU:C:2016:630, punto 42) e che trova concreta espressione nell’articolo 36 della direttiva 2011/95 nonché nell’articolo 49 della direttiva 2013/32, e per garantire, per quanto possibile, la coerenza delle decisioni adottate dalle autorità competenti di due Stati membri sulla necessità di protezione internazionale dello stesso cittadino di un paese terzo o apolide, si deve ritenere che l’autorità competente dello Stato membro chiamato a pronunciarsi sulla nuova domanda deve avviare, nel più breve tempo possibile, uno scambio di informazioni con l’autorità competente dello Stato membro che ha precedentemente concesso lo status di rifugiato allo stesso richiedente. Spetta pertanto alla prima di tali autorità informare l’autorità adita per seconda della nuova domanda, trasmetterle il proprio parere su tale nuova domanda e chiederle la trasmissione, entro un termine ragionevole, delle informazioni in suo possesso che hanno condotto alla concessione di tale status.

79

Tale scambio di informazioni è destinato a mettere l’autorità dello Stato membro cui è stata presentata la nuova domanda in condizione di procedere in modo pienamente informato alle verifiche che le incombono nell’ambito della procedura di protezione internazionale.

80

Alla luce dell’insieme delle ragioni che precedono, occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 604/2013, l’articolo 4, paragrafo 1, e l’articolo 13 della direttiva 2011/95, nonché l’articolo 10, paragrafi 2 e 3, e l’articolo 33, paragrafo 1, e paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32 devono essere interpretati nel senso che, qualora l’autorità competente di uno Stato membro non possa avvalersi della facoltà, conferita da quest’ultima disposizione, di respingere come inammissibile una domanda di protezione internazionale presentata da un richiedente al quale un altro Stato membro ha già concesso tale protezione, in ragione un grave rischio che il suddetto richiedente sia sottoposto, in tale altro Stato membro, ad un trattamento inumano o degradante ai sensi dell’articolo 4 della Carta, tale autorità deve procedere ad un nuovo esame individuale, completo ed aggiornato di tale domanda nell’ambito di una nuova procedura di protezione internazionale condotta conformemente alle direttive 2011/95 e 2013/32. Nell’ambito di tale esame, detta autorità deve nondimeno tenere pienamente conto della decisione di tale altro Stato membro di concedere la protezione internazionale al suddetto richiedente e degli elementi a sostegno di tale decisione.

Sulle spese

81

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

 

L’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, l’articolo 4, paragrafo 1, e l’articolo 13 della direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta, nonché l’articolo 10, paragrafi 2 e 3, e l’articolo 33, paragrafo 1 e paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale,

 

devono essere interpretati nel senso che:

 

qualora l’autorità competente di uno Stato membro non possa avvalersi della facoltà, conferita da quest’ultima disposizione, di respingere come inammissibile una domanda di protezione internazionale presentata da un richiedente al quale un altro Stato membro ha già concesso tale protezione, in ragione di un grave rischio che il suddetto richiedente sia sottoposto, in tale altro Stato membro, ad un trattamento inumano o degradante ai sensi dell’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, tale autorità deve procedere ad un nuovo esame individuale, completo ed aggiornato di tale domanda nell’ambito di una nuova procedura di protezione internazionale condotta conformemente alle direttive 2011/95 e 2013/32. Nell’ambito di tale esame, detta autorità deve nondimeno tenere pienamente conto della decisione di tale altro Stato membro di concedere una protezione internazionale al suddetto richiedente e degli elementi a sostegno di tale decisione.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.

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