Choose the experimental features you want to try

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 62022CJ0113

Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 14 settembre 2023.
DX contro Instituto Nacional de la Seguridad Social (INSS) e Tesorería General de la Seguridad Social.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal Superior de Justicia de Galicia.
Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Direttiva 79/7/CEE – Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di previdenza sociale – Articolo 6 – Normativa nazionale che prevede il diritto a un’integrazione della pensione soltanto a favore delle donne – Sentenza pregiudiziale della Corte che consente di accertare che tale normativa costituisce una discriminazione diretta fondata sul sesso – Prassi amministrativa consistente nel continuare ad applicare tale normativa malgrado detta sentenza – Discriminazione distinta – Risarcimento in denaro – Rimborso relativo alle spese e agli onorari di avvocato.
Causa C-113/22.

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2023:665

 SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

14 settembre 2023 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Direttiva 79/7/CEE – Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di previdenza sociale – Articolo 6 – Normativa nazionale che prevede il diritto a un’integrazione della pensione soltanto a favore delle donne – Sentenza pregiudiziale della Corte che consente di accertare che tale normativa costituisce una discriminazione diretta fondata sul sesso – Prassi amministrativa consistente nel continuare ad applicare tale normativa malgrado detta sentenza – Discriminazione distinta – Risarcimento in denaro – Rimborso relativo alle spese e agli onorari di avvocato»

Nella causa C‑113/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunal Superior de Justicia de Galicia (Corte superiore di giustizia della Galizia, Spagna), con decisione del 2 febbraio 2022, pervenuta in cancelleria il 17 febbraio 2022, nel procedimento

DX

contro

Instituto Nacional de la Seguridad Social (INSS),

Tesorería General de la Seguridad Social (TGSS),

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta da A. Prechal (relatrice), presidente di sezione, M.L. Arastey Sahún, F. Biltgen, N. Wahl e J. Passer, giudici,

avvocato generale: L. Medina

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per DX, da J. de Cominges Cáceres, abogado;

per l’Instituto Nacional de la Seguridad Social (INSS), da M.P. García Perea e M.P. Madrid Yagüe, in qualità di letradas;

per il governo spagnolo, da L. Aguilera Ruiz, in qualità di agente;

per la Commissione europea, da I. Galindo Martín e A. Szmytkowska, in qualità di agenti;

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva 79/7/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1978, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale (GU 1979, L 6, pag. 24).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra DX, padre di due figli, da un lato, e l’Instituto Nacional de la Seguridad Social (INSS) (Istituto nazionale della previdenza sociale, Spagna) e la Tesorería General de la Seguridad Social (TGSS) (Tesoreria generale della previdenza sociale, Spagna), dall’altro, in merito al rifiuto, da parte di tale istituto, di concedere a DX un’integrazione della pensione di cui beneficiavano, in forza della normativa nazionale, solo le donne che avessero avuto almeno due figli biologici o adottati.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3

L’articolo 1 della direttiva 79/7 così enuncia:

«Scopo della presente direttiva è la graduale attuazione, nel campo della sicurezza sociale e degli altri elementi di protezione sociale di cui all’articolo 3, del principio della parità di trattamento tra uomini e donne in materia di sicurezza sociale, denominato qui appresso “principio della parità di trattamento”».

4

L’articolo 2 di tale direttiva prevede quanto segue:

«La presente direttiva si applica alla popolazione attiva – compresi i lavoratori indipendenti, i lavoratori la cui attività si trova interrotta per malattia, infortunio o disoccupazione involontaria e le persone in cerca di lavoro –, nonché ai lavoratori pensionati o invalidi».

5

L’articolo 3, paragrafo 1, di detta direttiva così dispone:

«La presente direttiva si applica:

a)

ai regimi legali che assicurano una protezione contro i rischi seguenti:

malattia,

invalidità,

vecchiaia,

infortunio sul lavoro e malattia professionale,

disoccupazione;

(...)».

6

L’articolo 4, paragrafo 1, della medesima direttiva è così formulato:

«Il principio della parità di trattamento implica l’assenza di qualsiasi discriminazione direttamente o indirettamente fondata sul sesso, in particolare mediante riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia, specificamente per quanto riguarda:

il campo di applicazione dei regimi e le condizioni di ammissione ad essi,

l’obbligo di versare i contributi e il calcolo degli stessi,

il calcolo delle prestazioni, comprese le maggiorazioni da corrispondere per il coniuge e per le persone a carico, nonché le condizioni relative alla durata e al mantenimento del diritto alle prestazioni».

7

Ai sensi dell’articolo 5 della direttiva 79/7:

«Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché siano soppresse le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative contrarie al principio della parità di trattamento».

8

L’articolo 6 di tale direttiva enuncia quanto segue:

«Gli Stati membri introducono nei rispettivi ordinamenti giuridici interni le misure necessarie per permettere a tutti coloro che si ritengono lesi dalla mancata applicazione del principio della parità di trattamento di far valere i propri diritti per via giudiziaria, eventualmente dopo aver fatto ricorso ad altre istanze competenti».

Diritto spagnolo

9

Ai sensi dell’articolo 53 della Ley General de la Seguridad Social (legge generale sulla previdenza sociale), nella versione consolidata approvata dal Real Decreto Legislativo 8/2015 (regio decreto legislativo 8/2015), del 30 ottobre 2015 (BOE n. 261, del 31 ottobre 2015, pag. 103291) (in prosieguo: la «LGSS»):

«1.   Il diritto al riconoscimento delle prestazioni si prescriverà in cinque anni, che decorrono dal giorno successivo a quello in cui si verifica l’evento che dà origine alla prestazione in questione, ferme restando le eccezioni previste nella presente legge e il fatto che gli effetti di un riconoscimento siffatto si producono a decorrere dai tre mesi precedenti la data di presentazione della relativa domanda.

Se il contenuto economico delle prestazioni già riconosciute è modificato a seguito di domande di revisione di queste ultime, gli effetti economici derivanti dal nuovo importo hanno una retroattività massima di tre mesi a decorrere dalla data di presentazione di detta domanda. Tale regola concernente la massima retroattività non si applica in caso di rettifica di errori materiali, di fatto o aritmetici (...)».

10

Intitolato «Integrazione per maternità delle pensioni contributive del sistema di previdenza sociale», l’articolo 60, paragrafo 1, della LGSS, nella versione applicabile alla controversia oggetto del procedimento principale, prevedeva quanto segue:

«È riconosciuta un’integrazione della pensione, per il loro apporto demografico alla previdenza sociale, alle donne che abbiano avuto figli biologici o adottivi e siano titolari, nell’ambito di un qualsiasi regime del sistema di previdenza sociale, di pensioni contributive di vecchiaia, di reversibilità o di invalidità permanente.

Detta integrazione, che avrà a tutti gli effetti natura giuridica di pensione pubblica contributiva, sarà costituita da un importo risultante dall’applicazione all’importo iniziale delle suddette pensioni di un determinato coefficiente, che dipenderà dal numero di figli secondo la scala seguente:

a)

in caso di due figli: 5 per cento.

(...)».

11

L’articolo 10 della Ley Orgánica 3/2007 para la igualdad efectiva de mujeres y hombres (legge organica 3/2007 sull’effettiva uguaglianza tra donne e uomini), del 22 marzo 2007 (BOE n. 71, del 23 marzo 2007, pag. 12611), così dispone:

«Gli atti (...) che costituiscono o provocano una discriminazione fondata sul sesso si devono considerare nulli e privi di effetti e danno luogo a responsabilità [del loro autore] tramite un sistema di riparazioni e indennizzi che devono essere reali, effettivi e proporzionati al danno subito, nonché, se del caso, tramite un sistema di sanzioni efficace e dissuasivo che previene la realizzazione di condotte discriminatorie».

12

L’articolo 183 della Ley 36/2011 reguladora de la jurisdicción social (legge 36/2011, recante disciplina della giurisdizione sociale), del 10 ottobre 2011 (BOE n. 245, dell’11 ottobre 2011, pag. 106584) (in prosieguo: la «legge 36/2011»), ai paragrafi 1 e 2 enuncia quanto segue:

«1.   Quando una sentenza dichiara che vi è stata violazione, il giudice è tenuto a pronunciarsi in merito all’entità dell’indennizzo che, se del caso, spetta alla parte ricorrente per aver subito una discriminazione o un’altra violazione dei suoi diritti fondamentali e delle sue libertà civili, in funzione sia del danno morale unito alla violazione del diritto fondamentale, sia degli ulteriori danni derivati.

2.   Il tribunale è tenuto a pronunciarsi in merito all’entità dell’indennizzo, determinandolo prudenzialmente quando la prova del suo importo esatto risulti troppo complessa o onerosa, al fine di risarcire la vittima in modo sufficiente e di operare, nei limiti del possibile, un’integrale rimessione in pristino della situazione precedente alla violazione, nonché di contribuire all’obiettivo di prevenire il danno».

13

Il Criterio de Gestión 1/2020 (regola di gestione n. 1/2020), del 31 gennaio 2020, adottato dalla Subdirección General de Ordenación y Asistencia Jurídica (Sottodirezione generale per la gestione e l’assistenza legale) dell’INSS (in prosieguo: la «regola di gestione n. 1/2020») era così formulato:

«Fino alla modifica legislativa necessaria per adeguare l’articolo 60 della LGSS alla sentenza [del 12 dicembre 2019, Instituto Nacional de la Seguridad Social (Integrazione della pensione per le madri) (C‑450/18, EU:C:2019:1075)] (...), sono stabilite le seguenti linee guida per l’azione dell’attuale ente previdenziale:

1.

L’integrazione prevista per le pensioni di invalidità permanente, di vecchiaia e di reversibilità, disciplinata dall’articolo 60 della LGSS, continua ad essere concessa unicamente alle donne che soddisfino i requisiti stabiliti da detto articolo, come è avvenuto sinora, fino a quando non intervenga l’adeguata modifica di legge del suddetto articolo.

2.

Le disposizioni del paragrafo precedente devono logicamente essere interpretate lasciando impregiudicato l’obbligo di eseguire le decisioni giudiziarie definitive emesse dai tribunali che riconoscono tale integrazione della pensione a favore degli uomini (...)».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

14

DX, padre di due figli, si è visto riconoscere dall’INSS una prestazione per invalidità permanente assoluta, con effetto dal 10 novembre 2018, su una base di calcolo dell’importo di EUR 1972,87. Nell’ambito del relativo procedimento amministrativo, egli non aveva espressamente chiesto, né gli era stato riconosciuto d’ufficio, il diritto all’integrazione della pensione detta «per maternità» (in prosieguo: l’«integrazione della pensione di cui trattasi») per le pensioni di vecchiaia, di invalidità permanente o di reversibilità, previsto all’articolo 60, paragrafo 1, della LGSS.

15

Basandosi sulla sentenza del 12 dicembre 2019, Instituto Nacional de la Seguridad Social (Integrazione della pensione per le madri) (C‑450/18, EU:C:2019:1075), da cui risulta che la direttiva 79/7 osta a una normativa nazionale, come quella prevista all’articolo 60 della LGSS, che riserva la concessione di detta integrazione solo alle donne, DX ha presentato dinanzi all’INSS, il 10 novembre 2020, una domanda volta al riconoscimento del suo diritto alla medesima integrazione, pari al 5% della prestazione di invalidità permanente che percepiva.

16

Con decisione del 17 novembre 2020 (in prosieguo: la «decisione di rigetto»), l’INSS ha respinto tale domanda.

17

A seguito di tale decisione DX ha proposto ricorso avverso quest’ultima dinanzi allo Juzgado de lo Social n. 2 de Vigo (Tribunale del lavoro n. 2 di Vigo, Spagna) che, con sentenza del 15 febbraio 2021, facendo riferimento alla sentenza del 12 dicembre 2019, Instituto Nacional de la Seguridad Social (Integrazione della pensione per le madri) (C‑450/18, EU:C:2019:1075), ha riconosciuto il diritto di DX all’integrazione della pensione di cui trattasi, respingendo nel contempo la domanda di risarcimento che quest’ultimo aveva presentato in parallelo. Con ordinanza del 1o marzo 2021, tale giudice ha stabilito gli effetti economici di detta integrazione, nel senso che DX ne aveva diritto a partire dal 10 agosto 2020, includendo, quindi, il pagamento dell’integrazione della pensione di cui trattasi corrispondente ai tre mesi precedenti la sua domanda presentata il 10 novembre 2020.

18

DX e l’INSS hanno interposto appello avverso tale sentenza dinanzi al Tribunal Superior de Justicia de Galicia (Corte superiore di giustizia della Galizia, Spagna), giudice del rinvio.

19

Mentre l’INSS ritiene che, conformemente al principio di legalità, DX non abbia diritto all’integrazione richiesta ai sensi dell’articolo 60 della LGSS, quest’ultimo chiede, da parte sua, che il diritto a tale integrazione gli sia riconosciuto a decorrere dalla data in cui ha avuto accesso alla sua pensione, ossia il 10 novembre 2018, sulla base del rilievo che, se fosse stato una donna, sarebbe stato informato di tale diritto a partire da detta data. Per lo stesso motivo, egli chiede un indennizzo di natura compensativa e dissuasiva per violazione del principio di non discriminazione.

20

Il giudice del rinvio rileva, anzitutto, che ai fini del procedimento principale riveste importanza fondamentale la questione se – come è incline a ritenere – la prassi dell’INSS esposta e pubblicata nella regola di gestione n. 1/2020, consistente nel rifiutare in ogni caso agli uomini l’integrazione della pensione di cui trattasi e nell’obbligarli ad agire in giudizio per ottenerla, debba essere considerata, alla luce della direttiva 79/7, come una discriminazione distinta da quella risultante dall’articolo 60 della LGSS, come evidenziata nella sentenza del 12 dicembre 2019, Instituto Nacional de la Seguridad Social (Integrazione della pensione per le madri) (C‑450/18, EU:C:2019:1075).

21

Infatti, la sentenza del 15 febbraio 2021, citata al punto 17 della presente sentenza, si fonderebbe sulla premessa in base alla quale la decisione di rigetto, pur essendo discriminatoria, era tuttavia conforme al diritto nazionale, che sarebbe l’unico responsabile della discriminazione controversa, sicché il carattere discriminatorio del rigetto oggetto del procedimento principale non potrebbe dar luogo ad alcun indennizzo a carico dell’INSS.

22

Inoltre, il giudice del rinvio si chiede, nell’ipotesi in cui la decisione di rigetto costituisse una discriminazione distinta da quella risultante dall’articolo 60 della LGSS, quale sia la data a partire dalla quale occorre riconoscere all’interessato l’integrazione della pensione di cui trattasi, e in particolare se tale riconoscimento debba avere efficacia retroattiva e iniziare a decorrere dalla data del fatto generatore della pensione di invalidità alla quale tale integrazione si riferisce.

23

Infine, detto giudice si chiede, in primo luogo, se, per risarcire la violazione del diritto dell’Unione che discenderebbe dalla decisione di rigetto, sia sufficiente, in linea di principio, che all’interessato sia riconosciuta in via retroattiva l’integrazione della pensione di cui trattasi senza che sia necessario corrispondere un indennizzo supplementare, oppure se, al contrario, occorra concedere un siffatto indennizzo al fine, da un lato, di risarcire il danno materiale e morale subito e, dall’altro, di dissuadere da tali violazioni.

24

In secondo luogo, ad avviso del giudice del rinvio si pone la questione se in ogni caso sia opportuno, al fine di garantire l’efficacia del diritto dell’Unione, che le spese e gli onorari di avvocato sostenuti nel procedimento dinanzi allo Juzgado de lo Social n. 2 de Vigo (Tribunale del lavoro n. 2 di Vigo) e dinanzi ad esso siano inclusi nell’indennizzo corrisposto a titolo della violazione del diritto dell’Unione, fermo restando che, in base al diritto nazionale, l’INSS non può essere condannato a pagare gli importi relativi a tali spese e onorari, giacché i procedimenti avviati in base al diritto del lavoro sono gratuiti per tutti i soggetti dell’ordinamento.

25

In tali circostanze, il Tribunal Superior de Justicia de Galicia (Corte superiore di giustizia della Galizia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se la prassi dell’ente previdenziale stabilita nella [regola di gestione n. 1/2020] consistente nel negare in ogni caso l’integrazione [della pensione di cui trattasi] agli uomini, obbligandoli ad agire in giudizio, come avvenuto nel caso del ricorrente nel presente procedimento, debba essere considerata, ai sensi della direttiva [79/7], una violazione di natura amministrativa di tale direttiva diversa dalla violazione di natura normativa accertata nella sentenza [del 12 dicembre 2019, Instituto Nacional de la Seguridad Social (Integrazione della pensione per le madri)C‑450/18, EU:C:2019:1075], cosicché tale violazione di natura amministrativa costituisce, di per sé, una discriminazione fondata sul sesso alla luce del fatto che, ai sensi dell’articolo 4 di tale direttiva, il principio della parità di trattamento è definito come l’assenza di qualsiasi discriminazione direttamente o indirettamente fondata sul sesso e che, ai sensi dell’articolo 5 della stessa, gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché siano soppresse sia le disposizioni legislative sia quelle amministrative contrarie al principio della parità di trattamento.

2)

Se, alla luce della risposta che verrà fornita alla precedente questione e tenuto conto della direttiva 79/7 (in particolare, l’articolo 6 della stessa e i principi di equivalenza ed effettività con riferimento alle conseguenze giuridiche della violazione del diritto dell’Unione), la data da cui decorrono gli effetti del riconoscimento giudiziale dell’integrazione sia la data della domanda (con effetto retroattivo di 3 mesi) o se tale data da cui decorrono gli effetti [del riconoscimento giudiziale] debba retrocedere sino alla data di pronuncia o di pubblicazione della sentenza [del 12 dicembre 2019, Instituto Nacional de la Seguridad Social (Integrazione della pensione per le madri)C‑450/18, EU:C:2019:1075], o sino alla data in cui si è verificato l’evento da cui ha avuto origine la prestazione di invalidità permanente cui si riferisce l’integrazione [della pensione di cui trattasi].

3)

Se, alla luce della risposta che verrà fornita alle precedenti questioni e tenuto conto della direttiva applicabile (in particolare, l’articolo 6 della stessa e i principi di equivalenza ed effettività con riferimento alle conseguenze giuridiche della violazione del diritto dell’Unione), debba essere disposto un indennizzo a titolo di risarcimento del danno e con effetto dissuasivo, giacché tali danni non sono coperti dalla determinazione della data da cui decorrono gli effetti del riconoscimento giudiziale dell’integrazione e, in ogni caso, se tale risarcimento debba includere l’importo delle spese giudiziali e degli onorari dell’avvocato dinanzi allo Juzgado de lo Social (Tribunale del lavoro, Spagna) e dinanzi alla presente Sala de lo Social [del Tribunal Superior de Justicia de Galicia] (Sezione del lavoro della Corte superiore di giustizia della Galizia, Spagna)».

Procedimento dinanzi alla Corte

26

Con decisione del 19 luglio 2022, pervenuta alla Corte il 4 agosto 2022, il giudice del rinvio ha ritirato la sua seconda questione pregiudiziale, chiarendo che, successivamente alla presentazione della sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna), con sentenza del 30 maggio 2022, aveva risolto la questione relativa alla data della concessione dell’integrazione per maternità ai lavoratori di sesso maschile, statuendo che tale data è quella in cui si ha avuto accesso alla pensione alla quale si riferiscono tali integrazioni.

27

Il giudice del rinvio precisa tuttavia che le questioni prima e terza continuano a presentare un interesse ai fini del procedimento principale, pur indicando che esso mantiene la prima questione unicamente nella misura in cui, secondo la Corte, la risposta a tale questione sia necessaria per rispondere alla terza questione.

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla ricevibilità e sull’eventuale non luogo a statuire

28

L’INSS fa valere che la prima questione è irricevibile in quanto avrebbe già fornito una risposta a seguito dell’adozione di nuove istruzioni volte ad adeguare la prassi di tale autorità amministrativa alla giurisprudenza nazionale menzionata al punto 26 della presente sentenza. Anche il governo spagnolo considera tale questione come irricevibile, ritenendo che essa non abbia ad oggetto l’interpretazione del diritto dell’Unione, ma miri unicamente a far controllare l’azione di un organo amministrativo nazionale alla luce di tale diritto.

29

Inoltre, l’INSS sostiene che la terza questione è irricevibile, sulla base del rilievo che, in varie sentenze pronunciate dal Tribunal Supremo (Corte suprema) in merito alle integrazioni per maternità esso non è stato condannato alle spese, in quanto detto giudice ha ritenuto che le cause da cui hanno avuto origine tali sentenze sollevassero dubbi giuridici. Da parte sua, il governo spagnolo ritiene che sia venuto meno l’oggetto di tale questione, dato che la concessione retroattiva dell’integrazione della pensione di cui trattasi, come riconosciuta dalla giurisprudenza nazionale citata al punto 26 della presente sentenza, implicherebbe una restitutio in integrum, rendendo superfluo qualsiasi indennizzo supplementare.

30

In via preliminare occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, nell’ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia oggetto del procedimento principale e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolarità del caso, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria decisione, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (sentenza del 31 gennaio 2023, Puig Gordi e a., C‑158/21, EU:C:2023:57, punto 50).

31

Ne consegue che le questioni riguardanti il diritto dell’Unione sono assistite da una presunzione di rilevanza. Il diniego della Corte di statuire su una questione pregiudiziale proposta da un giudice nazionale è possibile solo quando appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcuna relazione con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una risposta utile alle questioni che le vengono sottoposte (sentenza del 18 maggio 2021, Asociaţia «Forumul Judecătorilor din România» e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punto 116).

32

Per quanto riguarda la prima questione, da un lato, essa concerne la valutazione, alla luce della direttiva 79/7, della prassi amministrativa stabilita dalla regola di gestione n. 1/2020. È seguendo tale prassi che, in base ai chiarimenti forniti dal giudice del rinvio, l’INSS ha adottato la decisione di rigetto controversa nel procedimento principale. Dall’affermazione dell’INSS, in base alla quale tale prassi sarebbe oramai stata modificata, non può quindi derivare la constatazione dell’irricevibilità di tale questione.

33

Dall’altro lato, dai chiarimenti forniti dal giudice del rinvio nonché dalla formulazione stessa della prima questione risulta che tale giudice intende ottenere un’interpretazione della direttiva 79/7, e in particolare dei suoi articoli 5 e 6, al fine di valutare la legittimità della decisione di rigetto alla luce degli obblighi derivanti da tale direttiva. Pertanto, contrariamente a quanto sostiene il governo spagnolo, detto giudice non chiede alla Corte di effettuare essa stessa una siffatta valutazione.

34

Per quanto concerne la terza questione, da una parte, si deve rilevare che con essa il giudice del rinvio chiede se, nelle circostanze del procedimento principale, si possa dedurre dalla direttiva 79/7 un obbligo a suo carico di condannare l’INSS a corrispondere al ricorrente nel procedimento principale un indennizzo di natura dissuasiva, che includa, se del caso, l’importo delle spese e degli onorari di avvocato di cui quest’ultimo si è fatto carico allorché ha agito in giudizio. In proposito è irrilevante che in base al diritto nazionale non sia possibile, nel caso di specie, una condanna alle spese e agli onorari di avvocato, avendo il giudice del rinvio peraltro sottolineato che è proprio l’assenza di tale possibilità ad averlo indotto a sottoporre la terza questione.

35

Dall’altra parte, alla luce dell’oggetto della terza questione, come appena ricordato, non può essere accolta la tesi fatta valere dal governo spagnolo in base alla quale tale questione sarebbe divenuta priva di oggetto. Infatti, il giudice del rinvio intende proprio sapere se, nelle circostanze del procedimento principale, sia sufficiente fissare retroattivamente la data di concessione dell’integrazione della pensione di cui trattasi, come sostiene tale governo, al fine di ristabilire la parità di trattamento, rientrando tale aspetto, quindi, nel merito di detta questione.

36

Ne consegue, da un lato, che le questioni prima e terza sono ricevibili e, dall’altro, che da nessun elemento risulta che non sia più necessario rispondere alla terza questione.

Nel merito

37

Con le sue questioni prima e terza, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 79/7, e in particolare il suo articolo 6, debba essere interpretata nel senso quando una domanda volta alla concessione di una integrazione della pensione, proposta da un affiliato di sesso maschile, è stata respinta dall’autorità competente in base a una normativa nazionale che limita la concessione di tale integrazione agli affiliati di sesso femminile, laddove tale normativa costituisce una discriminazione diretta fondata sul sesso, ai sensi della direttiva 79/7 come interpretata dalla Corte in una sentenza pregiudiziale pronunciata prima della decisione di rigetto di tale domanda, il giudice nazionale, adito di un ricorso contro quest’ultima decisione, deve ingiungere a tale autorità non solo di concedere all’interessato l’integrazione della pensione richiesta, ma anche di corrispondergli un indennizzo avente efficacia dissuasiva nonché di rimborsargli, a tale titolo, le spese e gli onorari di avvocato da lui sostenuti allorché ha agito in giudizio, qualora tale decisione sia stata adottata conformemente a una prassi amministrativa consistente nel continuare ad applicare detta normativa malgrado tale sentenza, obbligando in tal modo l’interessato a far valere in giudizio il suo diritto a detta integrazione.

38

In via preliminare, si deve ricordare, da un lato, che la Corte ha già dichiarato, in sostanza, ai punti 39, 41, 66 e 67 della sentenza del 12 dicembre 2019, Instituto Nacional de la Seguridad Social (Integrazione della pensione per le madri) (C‑450/18, EU:C:2019:1075), che la direttiva 79/7 dev’essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che prevede il diritto a un’integrazione della pensione per le donne che abbiano avuto almeno due figli biologici o adottati e siano titolari, nell’ambito di un regime del sistema di previdenza sociale nazionale, di pensioni contributive di invalidità permanente, mentre gli uomini che si trovano in una situazione identica non hanno diritto a una siffatta integrazione della pensione, giacché tale normativa costituisce una discriminazione diretta fondata sul sesso, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, terzo trattino, di tale direttiva.

39

Come risulta dai chiarimenti forniti dal giudice del rinvio, la decisione di rigetto è stata adottata in base alla stessa disposizione nazionale oggetto della causa da cui ha avuto origine tale sentenza, ossia l’articolo 60, paragrafo 1, della LGSS. Tale giudice non esprime quindi dubbi in merito alla violazione del principio della parità di trattamento, quale previsto all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7, da parte di una tale disposizione nazionale.

40

Dall’altro lato, le questioni prima e terza si fondano sulla premessa in base alla quale, in considerazione del carattere discriminatorio della normativa nazionale oggetto del procedimento principale e tenuto conto della giurisprudenza nazionale menzionata al punto 26 della presente sentenza, il giudice del rinvio dovrà in ogni caso risolvere la controversia oggetto del procedimento principale in modo tale da riconoscere al ricorrente nel procedimento principale, quanto meno, il diritto all’integrazione della pensione di cui trattasi, e ciò con efficacia retroattiva a decorrere dalla data in cui ha avuto accesso alla sua pensione di invalidità permanente.

41

Tale premessa risulta conforme alla giurisprudenza consolidata della Corte secondo la quale, quando una discriminazione, contraria al diritto dell’Unione, sia stata constatata e finché non siano adottate misure volte a ripristinare la parità di trattamento, il rispetto del principio di uguaglianza può essere garantito solo mediante la concessione alle persone appartenenti alla categoria sfavorita degli stessi vantaggi di cui beneficiano le persone della categoria privilegiata. In tale ipotesi, il giudice nazionale è tenuto a disapplicare qualsiasi disposizione nazionale discriminatoria, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione da parte del legislatore, e deve applicare ai componenti del gruppo sfavorito lo stesso regime che viene riservato alle persone dell’altra categoria (sentenze del 21 giugno 2007, Jonkman e a., da C‑231/06 a C‑233/06, EU:C:2007:373, punto 39, e del 9 marzo 2017, Milkova, C‑406/15, EU:C:2017:198, punti 6667, e giurisprudenza citata).

42

Inoltre, un medesimo obbligo incombe non solo ai giudici nazionali investite, ma anche a tutti gli organi dello Stato, incluse le autorità amministrative nazionali tenute ad applicare detta normativa (v., in tal senso, sentenza del 10 marzo 2022, Grossmania, C‑177/20, EU:C:2022:175, punto 46 e giurisprudenza citata).

43

Ciò precisato, occorre rilevare, in primo luogo, che una decisione individuale adottata in applicazione di una normativa costitutiva di una discriminazione diretta fondata sul sesso, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7, come la decisione di rigetto adottata in forza dell’articolo 60, paragrafo 1, della LGSS, è discriminatoria alla pari di una siffatta normativa, dato che tale decisione riproduce, nei confronti della persona interessata, gli elementi discriminatori di detta normativa.

44

Il giudice nazionale, adito di un ricorso avverso tale decisione, sarà quindi tenuto, in linea di principio, ad adottare la misura richiamata al punto 41 della presente sentenza al fine di ripristinare la parità di trattamento.

45

Tuttavia, nel caso di specie, il giudice del rinvio ha posto in evidenza il fatto che la decisione di rigetto non solo applica una normativa nazionale contraria alla direttiva 79/7, ma è stata anche adottata in conformità a una prassi amministrativa, ripresa dalla norma di gestione n. 1/2020, che è stata pubblicata a seguito della sentenza del 12 dicembre 2019, Instituto Nacional de la Seguridad Social (Integrazione della pensione per le madri)(C‑450/18) (C‑450/18, EU:C:2019:1075). In forza di tale regola, l’autorità competente in materia, ossia l’INSS, continua, fino a quando non intervenga l’adeguamento dell’articolo 60 della LGSS a tale sentenza, a concedere l’integrazione della pensione di cui trattasi unicamente alle donne che soddisfano i requisiti stabiliti da detto articolo, fatto salvo l’obbligo di eseguire le decisioni giudiziarie definitive che riconoscono agli uomini il beneficio dell’integrazione della pensione di cui trattasi.

46

In tali circostanze, occorre precisare che una decisione che nega agli uomini la concessione dell’integrazione della pensione di cui trattasi, decisione adottata conformemente a una siffatta prassi amministrativa che, per di più, è stata formalizzata in una regola amministrativa pubblicata, può avere come conseguenza, per gli affiliati di sesso maschile, a prescindere dalla discriminazione diretta fondata sul sesso derivante dai requisiti sostanziali previsti nella normativa oggetto del procedimento principale, una discriminazione in considerazione dei requisiti procedurali che disciplinano la concessione dell’integrazione della pensione di cui trattasi.

47

Infatti, sebbene tale prassi non escluda che la parità di trattamento sia, in definitiva, ripristinata mediante la concessione di detta integrazione a favore degli uomini, qualora una decisione giurisdizionale preveda una siffatta concessione, resta il fatto che detta prassi implica soltanto per gli uomini la necessità di far valere in giudizio il loro diritto all’integrazione della pensione di cui trattasi, circostanza che, in particolare, li espone a un termine più lungo per ottenere tale integrazione nonché, se del caso, a spese aggiuntive.

48

In secondo luogo, occorre ricordare che, in forza dell’articolo 6 della direttiva 79/7, gli Stati membri sono tenuti a introdurre nei rispettivi ordinamenti giuridici interni le misure necessarie per permettere a tutti coloro che si ritengono lesi da una discriminazione fondata sul sesso di far valere i propri diritti per via giudiziaria, eventualmente dopo aver fatto ricorso ad altre istanze competenti.

49

Un tale obbligo implica che le misure in questione siano sufficientemente efficaci per conseguire lo scopo perseguito dalla direttiva 79/7, consistente nel realizzare un’effettiva parità di possibilità, in modo tale che queste ultime siano in grado di ristabilire detta uguaglianza, fornire una tutela giurisdizionale effettiva ed efficace e avere un effetto dissuasivo reale sull’ente che ha commesso la discriminazione (v., per quanto concerne le condizioni di lavoro e in particolare quelle relative al licenziamento, sentenze del 2 agosto 1993, Marshall, C‑271/91, EU:C:1993:335, punti 2224, nonché del 17 dicembre 2015, Arjona Camacho, C‑407/14, EU:C:2015:831, punti 2931).

50

A tal riguardo, qualora, in considerazione delle caratteristiche proprie della violazione del principio della parità di trattamento di cui trattasi, il provvedimento adottato per conseguire lo scopo di ristabilire la parità di possibilità sia il risarcimento in denaro, esso dev’essere adeguato, nel senso che deve consentire un’integrale riparazione del danno effettivamente subìto a seguito della discriminazione, sulla base delle norme nazionali applicabili (v., in tal senso, sentenze del 2 agosto 1993, Marshall, C‑271/91, EU:C:1993:335, punti 2526, nonché del 17 dicembre 2015, Arjona Camacho, C‑407/14, EU:C:2015:831, punti 3233).

51

Occorre altresì precisare che il versamento alla persona lesa di un risarcimento che copra integralmente il danno subìto a causa di una discriminazione fondata sul sesso, secondo le modalità che gli Stati membri devono fissare, è atto a garantire che un tale danno sia effettivamente riparato o indennizzato in modo dissuasivo e proporzionato (v., in tal senso, sentenza del 17 dicembre 2015, Arjona Camacho, C‑407/14, EU:C:2015:831, punto 37).

52

Orbene, in primo luogo, nel caso di una decisione come quella menzionata al punto 46 della presente sentenza, che comporta una discriminazione derivante dai requisiti sostanziali per la concessione dell’integrazione della pensione di cui trattasi nonché una discriminazione legata ai requisiti procedurali che disciplinano la medesima concessione, il giudice nazionale adito di un ricorso proposto contro tale decisione non può limitarsi ad adottare, a favore dell’affiliato di sesso maschile interessato, il provvedimento menzionato al punto 41 della presente sentenza, consistente nel riconoscere, con effetto retroattivo, il suo diritto all’integrazione della pensione di cui trattasi.

53

Infatti, sebbene un siffatto riconoscimento retroattivo consenta, in linea di principio, di ripristinare la parità di trattamento per quanto riguarda i requisiti sostanziali per la concessione dell’integrazione della pensione di cui trattasi, esso non è atto a porre rimedio ai danni che derivano, per detto affiliato, dal carattere discriminatorio di detti requisiti procedurali.

54

Ne consegue che tale affiliato deve poter beneficiare, oltre al riconoscimento retroattivo dell’integrazione della pensione di cui trattasi, anche del provvedimento richiamato al punto 50 della presente sentenza, vale a dire un adeguato risarcimento in denaro, nel senso che esso deve consentire un’integrale riparazione del danno effettivamente subìto a seguito della discriminazione, in base alle norme nazionali applicabili.

55

Nel caso di specie, dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che il diritto spagnolo prevede effettivamente una siffatta possibilità, in quanto dall’articolo 183 della legge 36/2011 discende che i giudici competenti in materia di previdenza sociale devono riconoscere un risarcimento alle vittime di una discriminazione, ai fini di un’integrale rimessione in pristino della loro situazione precedente alla discriminazione nonché di contribuire all’obiettivo di prevenire il danno.

56

In tale contesto, in secondo luogo, occorre precisare che le spese, inclusi gli onorari e le spese di avvocato, di cui si è fatto carico l’affiliato interessato al fine di far valere il suo diritto all’integrazione della pensione di cui trattasi, devono poter essere prese in considerazione a titolo di un risarcimento in denaro, a condizione che tali spese siano dovute all’applicazione nei suoi confronti di requisiti procedurali discriminatori che disciplinano la concessione di tale integrazione.

57

Infatti, come richiamato al punto 50 della presente sentenza, tale risarcimento, basato sull’articolo 6 della direttiva 79/7, deve consentire un’integrale riparazione del danno effettivamente subìto a seguito della discriminazione.

58

Pertanto, non si può prescindere dalle spese di cui l’interessato si è dovuto far carico a causa dell’applicazione, nei suoi confronti, di requisiti procedurali discriminatori, inclusi, se del caso, le spese e gli onorari di avvocato relativi ai procedimenti giurisdizionali che ha dovuto avviare per far valere i suoi diritti.

59

Nel caso di specie, tenuto conto del punto 55 della presente sentenza, risulta, fatta salva la verifica che spetta al giudice del rinvio effettuare, che l’articolo 183 della legge 36/2011 consente a tale giudice di riconoscere al ricorrente nel procedimento principale un risarcimento integrale in denaro derivante dall’articolo 6 della direttiva 79/7 e in tal modo anche un indennizzo a copertura delle spese e degli onorari di avvocato sostenuti da quest’ultimo per far valere in giudizio il suo diritto all’integrazione della pensione di cui trattasi.

60

In proposito è irrilevante il fatto che, come sottolineato da tale giudice, quest’ultimo non possa, ai sensi delle norme procedurali spagnole in materia di diritto del lavoro, condannare alle spese l’ente responsabile della discriminazione di cui trattasi nel procedimento principale, dato che l’indennizzo delle spese e degli onorari di avvocato non discende da tali norme procedurali, ma costituisce parte integrante del risarcimento integrale dell’interessato richiesto dalla giurisprudenza citata al punto 50 della presente sentenza.

61

In ogni caso, sebbene spetti all’ordinamento giuridico interno degli Stati membri definire le modalità in base alle quali la portata di tale risarcimento dev’essere determinata, inclusa l’importanza che occorre accordare al fatto che la discriminazione interessata sia dovuta a un atto intenzionale dell’ente competente, tali modalità non possono pregiudicare la sostanza stessa di detto risarcimento (v., per analogia, sentenza del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a., C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punti 6571).

62

Alla luce delle considerazioni suesposte, occorre rispondere alle questioni prima e terza dichiarando che la direttiva 79/7, e in particolare il suo articolo 6, dev’essere interpretata nel senso che quando una domanda volta alla concessione di una integrazione della pensione, proposta da un affiliato di sesso maschile, è stata respinta dall’autorità competente in base a una normativa nazionale che limita la concessione di tale integrazione agli affiliati di sesso femminile, laddove tale normativa costituisce una discriminazione diretta fondata sul sesso, ai sensi della direttiva 79/7 come interpretata dalla Corte in una sentenza pregiudiziale pronunciata prima della decisione di rigetto di tale domanda, il giudice nazionale, adito di un ricorso contro quest’ultima decisione, deve ingiungere a tale autorità non solo di concedere all’interessato l’integrazione della pensione richiesta, ma anche di corrispondergli un indennizzo che consenta di riparare integralmente i danni da lui effettivamente subìti a seguito della discriminazione, sulla base delle norme nazionali applicabili, incluse le spese e gli onorari di avvocato che ha sostenuto in giudizio, qualora tale decisione sia stata adottata conformemente ad una prassi amministrativa consistente nel continuare ad applicare detta normativa malgrado tale sentenza, obbligando in tal modo l’interessato a far valere in giudizio il suo diritto a detta integrazione.

Sulle spese

63

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

 

La direttiva 79/7/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1978, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale, e in particolare il suo articolo 6,

 

dev’essere interpretata nel senso che:

 

quando una domanda volta alla concessione di una integrazione della pensione, proposta da un affiliato di sesso maschile, è stata respinta dall’autorità competente in base a una normativa nazionale che limita la concessione di tale integrazione agli affiliati di sesso femminile, laddove tale normativa costituisce una discriminazione diretta fondata sul sesso, ai sensi della direttiva 79/7 come interpretata dalla Corte in una sentenza pregiudiziale pronunciata prima della decisione di rigetto di tale domanda, il giudice nazionale, adito di un ricorso contro quest’ultima decisione, deve ingiungere a tale autorità non solo di concedere all’interessato l’integrazione della pensione richiesta, ma anche di corrispondergli un indennizzo che consenta di compensare integralmente i danni da lui effettivamente subìti a causa della discriminazione, sulla base delle norme nazionali applicabili, incluse le spese e gli onorari di avvocato che ha sostenuto in giudizio, qualora tale decisione sia stata adottata conformemente ad una prassi amministrativa consistente nel continuare ad applicare detta normativa malgrado tale sentenza, obbligando in tal modo l’interessato a far valere in giudizio il suo diritto a detta integrazione.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: lo spagnolo.

Top