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Dokumentum 62022CC0695

Conclusioni dell’avvocato generale G. Pitruzzella, presentate il 14 novembre 2023.
Fondee a.s. contro Česká národní banka.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Městský soud v Praze.
Rinvio pregiudiziale – Libera prestazione dei servizi – Mercati degli strumenti finanziari – Direttiva 2014/65/UE – Articolo 3 – Esenzione dall’applicazione della direttiva 2014/65/UE – Intermediario di investimento esentato – Normativa di uno Stato membro che vieta a tale intermediario di trasmettere ordini dei clienti ad un’impresa di investimento stabilita in un altro Stato membro.
Causa C-695/22.

Európai esetjogi azonosító: ECLI:EU:C:2023:865

 CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

GIOVANNI PITRUZZELLA

presentate il 14 novembre 2023 ( 1 )

Causa C‑695/22

Fondee a.s.

contro

Česká národní banka

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Městský soud v Praze (Corte regionale di Praga capitale, Repubblica ceca)]

«Rinvio pregiudiziale – Mercati degli strumenti finanziari – Direttiva 2014/65/UE – Articoli 3 e 34 – Intermediari d’investimento – Articolo 56 TFUE – Libera prestazione dei servizi»

1.

Con il rinvio pregiudiziale oggetto delle presenti conclusioni, il Městský soud v Praze (Corte regionale di Praga capitale, Repubblica ceca) pone alla Corte due questioni pregiudiziali vertenti sull’interpretazione degli articoli 3, paragrafi 1 e 3, e 34 della direttiva 2014/65 ( 2 ), cosiddetta direttiva MiFID II ( 3 ), e sulla loro articolazione con l’articolo 56 TFUE.

2.

Tali questioni sono sorte nel quadro di un ricorso intentato dinanzi al giudice del rinvio dalla società Fondee a.s. (in prosieguo: «Fondee» o la «ricorrente nel procedimento principale») al fine di ottenere l’annullamento della decisione con cui il consiglio della Banca nazionale ceca ha confermato l’ammenda inflitta da quest’ultima alla ricorrente per la violazione di disposizioni di legge che disciplinano il mercato dei capitali nella Repubblica ceca.

I. Quadro giuridico

A.   Il diritto dell’Unione

3.

La direttiva 2014/65 – che ha proceduto alla rifusione della direttiva 2004/39, in parte confluita nel regolamento n. 600/2014 ( 4 ) – costituisce, insieme a tale regolamento «il quadro giuridico che disciplina i requisiti applicabili alle imprese di investimento, ai mercati regolamentati, ai prestatori di servizi di comunicazione dei dati e alle imprese di paesi terzi che effettuano servizi o attività di investimento nell’Unione» (considerando 7 della direttiva 2014/65). Suo obiettivo principale è lo sviluppo di un mercato unico dei servizi finanziari, in cui sia garantito l’esercizio della libertà di stabilimento e della libera prestazione di servizi e siano assicurate la trasparenza e la protezione degli investitori, attraverso l’armonizzazione delle disposizioni nazionali relative, in particolare, all’autorizzazione e alle condizioni d’esercizio dell’attività delle imprese di investimento nonché ai poteri delle autorità di vigilanza e al regime sanzionatorio.

4.

Ai termini dell’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2014/65 quest’ultima si applica, tra l’altro, alle «imprese di investimento». In base all’articolo 4, paragrafo 1, punto 1), di tale direttiva si intende per «impresa di investimento» qualsiasi persona giuridica, e, a determinate condizioni, anche entità prive di personalità giuridica o persone fisiche, «la cui occupazione o attività abituale consiste nel prestare uno o più servizi di investimento a terzi e/o nell’effettuare una o più attività di investimento a titolo professionale». Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 2), della medesima direttiva rientra nella nozione di «servizi e attività di investimento» qualsiasi servizio o attività riportati nella sezione A dell’allegato I di detta direttiva relativo ad uno degli strumenti che figurano nella sezione C di tale allegato. L’articolo 4, paragrafo 1, punto 4), definisce la «consulenza in materia di investimenti», come la prestazione di raccomandazioni personalizzate ad un cliente, dietro sua richiesta o per iniziativa dell’impresa di investimento, riguardo ad una o più operazioni relative a strumenti finanziari, mentre il successivo punto 5) definisce l’attività di «esecuzione di ordini per conto dei clienti» come la «conclusione di accordi di acquisto o di vendita di uno o più strumenti finanziari per conto dei clienti e comprende la conclusione di accordi per la vendita di strumenti finanziari emessi da un’impresa di investimento o da un ente creditizio al momento della loro emissione».

5.

L’articolo 3 della direttiva 2014/65, intitolato «Esenzioni facoltative», dispone, al suo paragrafo 1:

«1.   Gli Stati membri hanno la facoltà di non applicare la presente direttiva alle persone di cui sono lo Stato membro d’origine, le cui attività sono autorizzate e disciplinate a livello nazionale e che:

a)

non sono autorizzate a detenere fondi o titoli appartenenti ai clienti e che per questo motivo non possono mai trovarsi in situazione di debito con i loro clienti,

b)

non sono autorizzate a prestare servizi di investimento, tranne la ricezione e la trasmissione di ordini in valori mobiliari e quote di organismi d’investimento collettivo e/o attività di consulenza in materia di investimenti relativa a tali strumenti finanziari, e

c)

nell’ambito della prestazione di tali servizi sono autorizzate a trasmettere ordini soltanto a:

i)

imprese di investimento autorizzate ai sensi della presente direttiva,

(…)

iv)

organismi d’investimento collettivo autorizzati a norma del diritto di uno Stato membro a vendere quote al pubblico, nonché ai dirigenti di tali organismi (…)».

6.

Il paragrafo 2 dell’articolo 3 della direttiva 2014/65 stabilisce che i regimi degli Stati membri prevedono, per le persone di cui al paragrafo 1 di tale articolo, requisiti almeno analoghi a quelli stabiliti da tale direttiva per quanto riguarda le condizioni e procedure di autorizzazione e di vigilanza continua, le norme di comportamento e i requisiti organizzativi quali stabiliti in disposizioni di detta direttiva espressamente richiamate. Infine, il paragrafo 3, dell’articolo 3, della medesima direttiva prevede che le persone a cui quest’ultima non si applica a norma del paragrafo 1 «non godono delle libertà di prestare servizi o di effettuare attività di investimento o di stabilire succursali previste, rispettivamente, dalle disposizioni dell’articolo 34 e dell’articolo 35».

7.

Il titolo II della direttiva 2014/65 prevede le condizioni per l’autorizzazione e l’esercizio delle attività applicabili alle imprese di investimento. Gli articoli 5 e 6 di tale direttiva sono inseriti al capo I di tale titolo relativo alle condizioni e procedure per l’autorizzazione (il cosiddetto «passaporto unico europeo»). Più precisamente, l’articolo 5, intitolato «Requisiti per l’autorizzazione», subordina la prestazione di servizi e/o l’esercizio di attività di investimento come occupazione o attività abituale a titolo professionale al rilascio di un’autorizzazione preventiva da parte dell’autorità competente dello Stato membro d’origine ( 5 ). Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della medesima direttiva, l’autorizzazione deve specificare i servizi o le attività di investimento che l’impresa di investimento è autorizzata a prestare, mentre il paragrafo 3 di tale articolo precisa che «l’autorizzazione è valida per tutta l’Unione e consente ad un’impresa di investimento di prestare i servizi o di esercitare le attività per i quali è autorizzata ovunque nell’Unione, sia tramite il diritto di stabilimento – anche con una succursale – che mediante la libera prestazione dei servizi».

8.

Il capo III del titolo II della direttiva 2014/65 definisce i diritti delle imprese d’investimento. L’articolo 34, che figura in tale capo, stabilisce, al suo paragrafo 1, primo comma, che «[g]li Stati membri assicurano che qualsiasi impresa di investimento autorizzata e sottoposta alla vigilanza delle autorità competenti di un altro Stato membro ai sensi della presente direttiva (…), possa liberamente prestare servizi di investimento e/o svolgere attività di investimento nonché prestare servizi accessori sul loro territorio, purché tali servizi e attività siano coperti dall’autorizzazione. (…)». Il secondo comma del predetto articolo 34, paragrafo 1, precisa che a tali imprese non sono imposti «obblighi supplementari». Ai sensi dei paragrafi 2 e 3 del medesimo articolo 34 un’impresa di investimento che desideri prestare servizi o esercitare attività sul territorio di un altro Stato membro per la prima volta o che desideri modificare la gamma dei servizi o attività già testati deve comunicarlo al suo Stato membro d’origine, il quale trasmette tali informazioni all’autorità competente dello Stato membro ospitante ( 6 ). A seguito di tale notifica, l’impresa di investimento può cominciare a prestare i servizi e le attività in questione nello Stato membro ospitante. L’articolo 35 della direttiva 2014/65, inserito nel medesimo capo III, del titolo II di tale direttiva, stabilisce, al paragrafo 1, primo comma, che «[g]li Stati membri assicurano che la prestazione di servizi di investimento e servizi accessori e/o l’esercizio di attività di investimento sul loro territorio ai sensi della presente direttiva (…) possano essere effettuati tramite il diritto di stabilimento, sia mediante lo stabilimento di succursali sia avvalendosi di un agente collegato, stabilito in uno Stato membro diverso dallo Stato membro d’origine, purché tali servizi e attività siano coperti dall’autorizzazione concessa all’impresa di investimento (…)».

B.   Il diritto ceco

9.

L’esercizio dell’attività di intermediario di investimento in Repubblica ceca è soggetto ad autorizzazione della Banca nazionale ceca. Ai sensi dell’articolo 29, paragrafo 1, dello zákon č. 256/2004 Sb., o podnikání na kapitálovém trhu, (legge n. 256/2004 relativa all’attività imprenditoriale sul mercato dei capitali, in prosieguo: la «legge sul mercato dei capitali»), come modificato, un intermediario di investimento è autorizzato a prestare solo alcuni dei principali servizi di investimento, ossia ricevere e trasmettere ordini relativi agli strumenti finanziari (tra cui i valori mobiliari di investimento collettivo) e fornire consulenza di investimento relativa a tali strumenti. Il paragrafo 4 di tale articolo prevede che, quando forniscono tali servizi, gli intermediari d’investimento possono trasmettere ordini unicamente a «un negoziatore di valori mobiliari, una banca o una società d’investimento (…)». Un «negoziatore di valori mobiliari» è, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della legge sul mercato dei capitali, una persona giuridica che è legittimata a fornire i principali servizi d’investimento sulla base di un’autorizzazione accordata dalla Banca nazionale ceca, e, conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), di tale legge, ha la propria sede nella Repubblica ceca.

10.

L’articolo 29, paragrafo 4, della legge sul mercato dei capitali stabilisce dunque un divieto, per gli intermediari di investimento, di trasmettere ordini a imprese d’investimento stabilite al di fuori di tale Stato membro. Tale articolo è stato inserito con la modifica legislativa n. 204/2017, che ha sostituito, con effetto a partire dal 3 gennaio 2018, il precedente articolo 29, paragrafo 1, lettera b), della legge sul mercato dei capitali, il quale consentiva la trasmissione di ordini anche a un operatore estero. Secondo le note esplicative contenute nella modifica legislativa, il legislatore ha volutamente limitato tale cerchia di soggetti al fine di facilitare la vigilanza da parte della Banca nazionale ceca. Ai sensi dell’articolo 162, paragrafo 1, lettera a), della legge sul mercato dei capitali, commette un illecito chi eserciti illegalmente un’attività ai sensi di tale legge.

II. Procedimento principale, questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

11.

Fondee è un intermediario di investimento ai sensi dell’articolo 29, paragrafo 1, della legge sul mercato dei capitali che opera sulla base di un’autorizzazione accordata dalla Banca nazionale ceca. Secondo quanto accertato da quest’ultima, nel periodo compreso tra il 7 ottobre 2019 e il 27 dicembre 2019, Fondee ha trasmesso 407 ordini a un negoziatore estero di valori mobiliari. Fondee consentiva, in particolare, ai suoi clienti di investire nei cosiddetti ETF («exchange traded funds», «fondi indicizzati quotati» ( 7 )), valori mobiliari di investimento collettivo ammessi alla negoziazione sui mercati borsistici esteri e altri mercati regolamentati. I clienti presentavano un ordine tramite un account utente sul sito web www.fondee.cz che Fondee, a sua volta, trasmetteva alla società DeGiro B.V. (in prosieguo: «DeGiro»), stabilita nei Paesi Bassi, tutto ciò in base ad un contratto trilaterale tra tale società, Fondee e i clienti. A seguito di tali accertamenti, in applicazione dell’articolo 162, paragrafo 1, lettera a), della legge sul mercato dei capitali, la Banca nazionale ceca ha comminato a Fondee un’ammenda di 150000 CZK per la violazione del divieto di cui all’articolo 29, paragrafo 4, di tale legge come modificato. Tale decisione è stata confermata dal consiglio della Banca nazionale ceca, che ha respinto il reclamo presentato da Fondee. Quest’ultima ha dunque impugnato la decisione di tale consiglio dinanzi al giudice del rinvio.

12.

Dinanzi a tale giudice, Fondee ha sostenuto, in primo luogo, che il divieto in questione, impedendo a un negoziatore di valori mobiliari stabilito in un altro Stato membro, di fornire servizi a un intermediario di investimento in Repubblica ceca, introduce una discriminazione vietata ai sensi dell’articolo 56 TFUE o, comunque, una restrizione inammissibile della libera prestazione dei servizi, che ha per effetto di limitare l’accesso al mercato ceco a prestatori di altri Stati membri. In secondo luogo, Fondee ha fatto valere che il divieto in questione viola l’articolo 56 TFUE anche in quanto limita il diritto di un intermediario di investimento ceco a ricevere o a beneficiare in altro modo di un servizio fornito da un prestatore stabilito in un altro Stato membro. La Banca nazionale ceca ha anzitutto eccepito l’irricevibilità degli argomenti di Fondee volti a far valere la violazione del diritto alla libera prestazione dei servizi dei negoziatori in valori mobiliari esteri. Essa ha poi sostenuto, per quanto riguarda la pretesa violazione del diritto degli intermediari d’investimento cechi a beneficiare di servizi prestati da negoziatori in valori mobiliari stabiliti in altri Stati membri, che la questione della relazione tra la direttiva 2014/65 e l’articolo 56 TFUE non dava adito a possibili dubbi. Un intermediario di investimento escluso dalla libera prestazioni dei servizi d’investimento conformemente all’articolo 3, paragrafo 3, della predetta direttiva, non potrebbe infatti beneficiare di tale libertà ai sensi dell’articolo 56 TFUE se non per servizi diversi da quelli d’investimento.

13.

È in tali circostanze che il giudice del rinvio ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1.

Se una persona che è esclusa, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, [della direttiva 2014/65], dall’ambito di applicazione di tale direttiva e che, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, della medesima direttiva, non gode della libertà di prestare servizi a norma del suo articolo 34, goda del diritto alla libera prestazione di servizi sancito dall’articolo 56 TFUE, qualora non fornisca essa stessa servizi di investimento sulla base di un passaporto unico europeo al cliente stabilito in un altro Stato membro, ma riceva un servizio di investimento da un operatore estero che si avvale di un passaporto unico europeo o partecipi in altro modo alla prestazione di tale servizio al cliente finale (funga da intermediario del servizio).

2.

In caso di risposta affermativa alla questione precedente, se il diritto dell’Unione europea, in particolare l’articolo 56 TFUE, osti a una normativa che vieta a un intermediario di investimento di trasmettere gli ordini di un cliente a un negoziatore estero di valori mobiliari».

14.

Hanno presentato osservazioni scritte nel presente procedimento, ai sensi dell’articolo 23, comma 2, dello Statuto della Corte, oltre alle parti nel procedimento principale, la Repubblica ceca, la Repubblica di Finlandia e la Commissione.

III. Analisi

1.   Sulle questioni pregiudiziali

15.

Con la prima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede in sostanza se una persona che rientri in un’esenzione facoltativa ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2014/65 possa invocare l’articolo 56 TFUE in qualità di beneficiario di un servizio di investimento fornito da un «operatore estero» che si avvale di un passaporto unico europeo ovvero in qualità di intermediario nella prestazione di tale servizio al cliente finale. In caso di risposta affermativa alla prima questione pregiudiziale, con la seconda questione pregiudiziale, tale giudice chiede, in sostanza, se il diritto dell’Unione e, in particolare, l’articolo 56 TFUE osti a una normativa come quella in causa nel procedimento principale, che vieta a un intermediario di investimento di trasmettere gli ordini dei propri clienti a un «negoziatore estero di valori mobiliari».

16.

Prima di procedere all’esame di tali questioni, che conviene a mio avviso esaminare congiuntamente, occorre fare alcune precisazioni.

17.

In primo luogo, emerge dalla decisione di rinvio che la società olandese DeGiro, a cui Fondee ha trasmesso gli ordini in causa nel procedimento principale (l’«operatore estero» o «negoziatore estero di valori mobiliari» cui si riferiscono le questioni pregiudiziali), è un’impresa d’investimento ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2014/65 che opera in regime di libera prestazione di servizi conformemente all’articolo 34, paragrafo 1, di tale direttiva, grazie ad un’autorizzazione rilasciata ai sensi della stessa. Inoltre non sembra contestato che essa disponga di un’abilitazione a operare in Repubblica ceca in forza del paragrafo 2 di tale articolo.

18.

In secondo luogo, sia la ricezione e la trasmissione di ordini quali quelli in causa nel procedimento principale, sia la loro esecuzione costituiscono «servizi d’investimento» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 2), della direttiva 2014/65 ( 8 ).

19.

In terzo luogo, è pacifico fra le parti del procedimento principale che Fondee non ha effettuato nessuna prestazione transfrontaliera di servizi d’investimento. Nel ricevere e trasmettere alla società DeGiro gli ordini in causa nel procedimento principale essa ha infatti fornito servizi d’investimento unicamente ai suoi clienti residenti o stabiliti nella Repubblica ceca. Fondee è stata tuttavia «implicata» nella fornitura di un servizio d’investimento transfrontaliero tra due Stati membri. L’effettiva dimensione di tale implicazione dipende dalle condizioni del contratto trilaterale intercorrente tra la stessa Fondee, gli investitori cechi e la società DeGiro. È infatti in funzione degli accordi intercorrenti tra tali soggetti che si deve valutare se, come sostiene Fondee, essa era destinataria (indiretta) dei servizi forniti dalla società DeGiro eseguendo gli ordini in causa nel procedimento principale ovvero se gli investitori cechi, i quali erano legati da vincoli contrattuali oltre che con Fondee con la suddetta società, dovevano considerarsi unici destinatari di tali servizi, mentre Fondee operava unicamente in qualità d’intermediario. La prima questione pregiudiziale è formulata in modo da coprire entrambe le ipotesi, vale a dire la partecipazione di Fondee alla prestazione di servizi d’investimento transfrontalieri in qualità di destinatario del servizio fornito dalla società DeGiro ovvero in qualità di semplice intermediario tenuto a ricevere e trasmettere gli ordini che venivano poi eseguiti direttamente per conto degli investitori cechi.

20.

Ciò precisato, ricordo che secondo una giurisprudenza costante qualsiasi misura nazionale adottata in un settore che è stato oggetto di un’armonizzazione esaustiva o completa a livello dell’Unione deve essere valutata in rapporto non alle disposizioni del diritto primario, ma a quelle di tale misura di armonizzazione ( 9 ).

21.

Orbene, la questione al cuore della controversia principale verte, in sostanza, sulla compatibilità con il diritto dell’Unione in materia di libera prestazione dei servizi del divieto imposto da uno Stato membro agli intermediari d’investimento che operano in virtù di un’autorizzazione nazionale di trasmettere ordini, in vista della loro esecuzione, a imprese d’investimento autorizzate ai sensi della direttiva 2014/65 che non sono stabilite in detto Stato membro. Pertanto, nonostante le questioni pregiudiziali nella presente causa siano poste essenzialmente sul fondamento dell’articolo 56 TFUE, occorre valutare se il suddetto divieto rientri nell’ambito di applicazione di disposizioni della direttiva 2014/65 che formano oggetto di armonizzazione esaustiva. A tal fine, occorre tenere conto non solo del tenore delle disposizioni pertinenti di tale direttiva, ma anche del loro contesto e degli obiettivi perseguiti dalla normativa di cui esse fanno parte ( 10 ).

22.

La direttiva 2014/65 mira ad armonizzare, tra l’altro, le disposizioni nazionali concernenti l’esercizio della libertà di stabilimento e della libertà di prestare servizi con l’obiettivo di creare un «mercato finanziario integrato» ( 11 ). Il titolo II di tale direttiva, che detta le «condizioni per l’autorizzazione e l’esercizio delle attività applicabili alle imprese di investimento», contiene, al capo III, intitolato «Diritti delle imprese d’investimento», l’articolo 34, consacrato alla «libertà di prestare servizi e di esercitare attività d’investimento», il quale, come si è detto, prevede, al paragrafo 1, primo comma, che gli Stati membri assicurano che le imprese di investimento autorizzate e sottoposte alla vigilanza delle autorità competenti di un altro Stato membro conformemente alla direttiva possano liberamente prestare servizi di investimento e/o svolgere attività di investimento nonché prestare servizi accessori sul loro territorio e, al paragrafo 1, secondo comma, che essi si astengono dall’imporre «obblighi supplementari» a tali imprese.

23.

Tale articolo ha, a mio avviso, proceduto a un’armonizzazione completa della fornitura transfrontaliera di servizi e dell’esercizio transfrontaliero delle attività d’investimento che rientrano nel suo ambito di applicazione da parte di imprese d’investimento che dispongono di un «passaporto europeo» rilasciato conformemente alle disposizioni della suddetta direttiva. In virtù del menzionato articolo 34 della direttiva 2014/65, gli Stati membri non possono introdurre ostacoli, restrizioni, condizioni o requisiti all’esercizio delle suddette libertà che non siano previsti da tale direttiva e che non siano introdotti seguendo le modalità disposte da tale direttiva, neanche ove volte a garantire la protezione degli investitori.

24.

Ciò emerge segnatamente dall’articolo 24 della direttiva 2014/65 inserito nella sezione 2, recante «Disposizioni volte a garantire la protezione degli investitori», del capo II di tale direttiva, che detta le «condizioni di esercizio applicabili alle imprese d’investimento». Tale articolo dispone, al suo paragrafo 1, che gli Stati membri prescrivono che le imprese di investimento siano tenute ad agire in modo onesto, equo e professionale, per servire al meglio gli interessi dei loro clienti e che esse rispettino in particolare i principi stabiliti da detto articolo – esposti in dettaglio ai paragrafi da 2 a 11 – e dal successivo articolo 25. Orbene, il paragrafo 12 del succitato articolo 24, prevede che «in casi eccezionali», gli Stati membri possono imporre alle imprese di investimento «requisiti aggiuntivi (…) obiettivamente giustificati e proporzionati vista la necessità di far fronte ai rischi specifici per la protezione degli investitori o l’integrità del mercato che presentano particolare rilevanza nel contesto della struttura di mercato dello Stato membro interessato». Tuttavia, da un lato, il secondo comma di tale paragrafo, precisa che eventuali requisiti aggiuntivi di questo tipo «non devono limitare o altrimenti influenzare i diritti delle imprese di investimento» di cui, in particolare, all’articolo 34 della direttiva 2014/65. Dall’altro, il secondo e il terzo comma prevedono la procedura che lo Stato membro interessato deve seguire per essere autorizzato a introdurre tali requisiti aggiuntivi (notifica alla Commissione e parere di quest’ultima) ( 12 ).

25.

In base a quanto precede, in applicazione della giurisprudenza richiamata al paragrafo 20 delle presenti conclusioni, il divieto di cui all’articolo 29, paragrafo 4, della legge sul mercato dei capitali va, a mio avviso, valutato in rapporto alle sole disposizioni di tale direttiva e ciò nonostante quest’ultima non si applichi agli intermediari d’investimento contemplati da tale divieto, i quali beneficiano di un’esenzione facoltativa ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, di detta direttiva ( 13 ). Il suddetto divieto è infatti suscettibile di ostacolare la libera prestazione di servizi di cui le imprese d’investimento autorizzate conformemente alla direttiva 2014/65 beneficiano in forza dell’articolo 34 di quest’ultima.

26.

Anche ove la Corte non dovesse condividere la conclusione cui sono giunto, secondo cui l’articolo 34 della direttiva 2014/65 realizza un’armonizzazione completa della prestazione di servizi transfrontaliera da parte di tali imprese, ritengo comunque che il divieto in causa nel procedimento principale, vada valutato in relazione a tale articolo, oltre che in base all’articolo 56 TFUE ( 14 ).

27.

Nel seguito della mia analisi procederò pertanto ad entrambe le valutazioni.

a) Valutazione in base alle disposizioni della direttiva 2014/65

28.

A titolo preliminare, osservo che, contrariamente a quanto sembra affermare il governo finlandese nelle sue osservazioni scritte, la direttiva 2014/65 non impone alcun divieto, per le persone che beneficiano di un’esenzione facoltativa ai sensi del suo articolo 3, paragrafo 1, di ricevere servizi d’investimento da parte di un’impresa d’investimento stabilita in un altro Stato membro o di partecipare, in qualità di intermediario, alla prestazione di servizi d’investimento transfrontalieri a clienti residenti o stabiliti nello Stato membro in cui esse hanno sede.

29.

In effetti, se l’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), di tale direttiva limita la cerchia dei soggetti ai quali tali persone sono autorizzate a trasmettere ordini, il punto i) di tale disposizione annovera tra questi soggetti le imprese di investimento autorizzate ai sensi della stessa direttiva.

30.

Pertanto, la direttiva 2014/65 prevede espressamente che le persone che beneficiano di un’esenzione facoltativa possano essere abilitate a trasmettere all’estero ordini ricevuti da clienti residenti o stabiliti nel loro Stato membro d’origine, a condizione tuttavia che l’impresa destinataria di tali ordini soddisfi tutte le condizioni previste dall’articolo 34 di tale direttiva per fornire i servizi di cui trattasi in quest’ultimo Stato membro.

31.

Aggiungo che nessun elemento in senso contrario può essere tratto dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), punto iv), della direttiva 2014/65, secondo cui le persone che beneficiano di un’esenzione facoltativa possono essere autorizzate a trasmettere ordini a «organismi d’investimento collettivo autorizzati a norma del diritto di uno Stato membro a vendere quote al pubblico (…)». In effetti, l’interpretazione proposta dalla Banca nazionale ceca – quale riportata nella decisione di rinvio – secondo cui gli organismi cui si riferisce tale disposizione sono unicamente organismi autorizzati a norma del diritto dello Stato membro d’origine della persona oggetto di esenzione, non trova a mio avviso alcun appiglio né nel testo né nella sistematica né nell’economia di tale disposizione.

32.

Ciò precisato, se la direttiva 2014/65 ammette che persone escluse dalla sua applicazione ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della stessa siano autorizzate a trasmettere ordini a imprese di investimento non stabilite nel loro Stato membro d’origine, occorre verificare se quest’ultimo, cui spetta definire il regime applicabile a dette persone, possa comunque vietare una tale trasmissione.

33.

A questo proposito, rilevo che gli Stati membri che ricorrono a un’esenzione facoltativa ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2014/65 fanno uso di un potere discrezionale espressamente riconosciuto loro da tale direttiva. Tale potere discrezionale non è tuttavia illimitato. Il suo esercizio, peraltro già sottoposto al rispetto di specifici standard fissati direttamente dalla direttiva 2014/65, deve effettuarsi nel rispetto del diritto dell’Unione e, in particolare, degli obiettivi perseguiti da tale direttiva.

34.

Orbene, un divieto quale quello previsto dall’articolo 29, paragrafo 4, della legge sul mercato dei capitali, che opera sulla base di un criterio fondato sul luogo di stabilimento del prestatore di servizi, è, a mio avviso, incompatibile con l’obiettivo perseguito da tale direttiva che consiste, tra l’altro, nella realizzazione di un mercato unico dei servizi d’investimento fondato sui principi del mutuo riconoscimento dell’autorizzazione rilasciata dallo Stato membro d’origine del prestatore e della vigilanza esercitata da tale Stato membro.

35.

In effetti, precludendo a un’impresa d’investimento autorizzata conformemente alla direttiva 2014/65 e abilitata a operare in Repubblica ceca in regime di libera prestazione di servizi l’esecuzione, per conto di clienti ivi residenti o stabiliti che si affidano ai servizi di un intermediario di investimento, di ordini trasmessi direttamente da tale intermediario, tale divieto impedisce di fatto, o quanto meno ostacola, per una tale impresa, l’utilizzazione di uno specifico canale di accesso al mercato ceco dell’investimento che è invece aperto ad operatori che dispongono di un’autorizzazione nazionale e sono stabiliti in tale Stato membro.

36.

Nella misura in cui impone a una siffatta impresa di passare attraverso un soggetto terzo, autorizzato a livello nazionale ( 15 ), il suddetto divieto introduce peraltro un «obbligo supplementare», vietato ai sensi dell’articolo 34, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2014/65. Tale passaggio obbligato, aumentando i costi della prestazione fornita da un’impresa d’investimento non residente rispetto a quella fornita da imprese d’investimento nazionali è suscettibile di rendere la prima meno attraente per gli investitori ( 16 ).

37.

In tale contesto, il solo fatto che un’impresa d’investimento che opera in Repubblica ceca in regime di libera prestazione dei servizi conformemente alla direttiva 2014/65 abbia eventualmente a disposizione altre modalità per veicolare la propria prestazione, ad esempio sollecitando la ricezione diretta di ordini da parte di investitori stabiliti in tale Stato membro o ricorrendo a un agente collegato ( 17 ), non esclude che il divieto in questione costituisca comunque una restrizione alla libera prestazione di servizi transfrontalieri ( 18 ), così come non lo esclude, a fortiori, la circostanza che detta impresa disponga dell’opzione di costituire uno stabilimento o una filiale in detto Stato membro ( 19 ). Del pari, non incide sull’esistenza di una restrizione il fatto che l’attività degli intermediari d’investimento non è indispensabile per il funzionamento del mercato finanziario e che la loro istituzione o il loro mantenimento rientri nella discrezionalità di ciascuno Stato membro. In effetti, una volta che una scelta in tal senso sia stata fatta, il regime ad essi applicabile, sebbene definito autonomamente dallo Stato membro interessato – pur se nel rispetto dei criteri sopra evocati – non può violare le disposizioni della direttiva 2014/65 e, in particolare, costituire una restrizione alla libertà di prestare servizi riconosciuta alle imprese d’investimento autorizzate in base a tale direttiva, riservando in sostanza ad operatori nazionali l’accesso diretto agli investitori che ricorrono ai servizi di detti intermediari.

38.

Certo, la direttiva 2014/65 annovera tra i suoi principali obiettivi anche la realizzazione di un elevato livello di protezione degli investitori in tutta l’Unione ( 20 ) e il divieto previsto dall’articolo 29, paragrafo 4, della legge sul mercato di capitali, trova la sua giustificazione, secondo quanto emerge dalla decisione di rinvio nonché dalle osservazioni della Repubblica ceca e della Banca nazionale ceca, proprio nell’esigenza di esercitare un controllo sull’attività degli intermediari d’investimento al fine di tutelare gli investitori che fanno ricorso ai loro servizi.

39.

Tuttavia, occorre rilevare che, nel limitare le condizioni in presenza delle quali gli Stati membri possono escludere talune persone dall’applicazione della direttiva 2014/65 e nel prevedere che essi sono tenuti ad applicare a tali persone requisiti almeno analoghi a quelli stabiliti da tale direttiva con riguardo alle condizioni e procedure di autorizzazione, alla valutazione della loro reputazione ed esperienza, all’idoneità degli azionisti, alla vigilanza continua, e alle norme di comportamento, il legislatore dell’Unione ha precisamente inteso rafforzare la tutela degli investitori che, usufruendo dei servizi di dette persone, non sono protetti dalla direttiva 2014/65 (v. considerando 42 di tale direttiva). In particolare, l’articolo 3, paragrafo 2, di quest’ultima richiama gran parte delle norme di comportamento contenute agli articoli 24 e 25 della stessa e, segnatamente, il dovere di agire in modo onesto, equo, professionale e nel migliore interesse dei clienti, l’obbligo di fornire informazioni corrette, chiare, non ingannevoli e tempestive ai clienti, di condurre un test di adeguatezza in presenza del servizio di consulenza oltre che regole su remunerazioni, sistemi di garanzia e protezione degli investitori o assicurazione professionale. L’allineamento dei regimi nazionali a tali regole e requisiti, imposto dalla direttiva 2014/65, è inteso a ridurre il rischio di comportamenti a danno degli investitori che si affidano a persone escluse dall’applicazione della stessa ai sensi del suo articolo 3, paragrafo 1, e a permettere di combattere più efficacemente contro tali comportamenti.

40.

Ricordo inoltre che lo stesso legislatore dell’Unione non ha ritenuto necessario far figurare tra le condizioni che consentono agli Stati membri di escludere determinate persone dall’applicazione della direttiva il divieto di trasmettere ordini in vista della loro esecuzione a imprese autorizzate ai sensi della direttiva 2014/65, ma ha anzi ammesso una tale possibilità, ritenendo implicitamente che, ove effettuate all’interno del circuito di tale direttiva, siffatte operazioni non presentassero rischi che la vigilanza attribuita allo Stato membro di origine di tali persone, eventualmente in connessione con le autorità di vigilanza dello Stato membro di origine dell’impresa d’investimento ricevente ( 21 ), non fossero in grado di contenere.

41.

In proposito, ricordo anche che la direttiva 2014/65, da un lato, impone alle imprese d’investimento destinate ad operare in base ad un passaporto unico europeo l’obbligo di ottenere dal cliente informazioni circa le sue conoscenze ed esperienze in materia di investimenti riguardo al tipo specifico di prodotto o servizio proposto o richiesto, al fine di verificare la sua appropriatezza per tale cliente (v. articolo 25, paragrafo 3, della direttiva 2014/65) e, dall’altro, ha ridotto l’ambito di applicazione dell’«execution only», specialmente in presenza di prodotti complessi, subordinandolo al rispetto di determinate condizioni (v. articolo 25, paragrafo 4). Pertanto, in linea di principio, anche in una configurazione quale quella in causa nel procedimento principale, non è escluso che, al fine di adempiere alle responsabilità loro incombenti in virtù della direttiva 2014/65, le imprese d’investimento tenute ad eseguire gli ordini trasmessi da un intermediario escluso dall’applicazione della stessa siano condotte ad operare un controllo sull’operato di quest’ultimo.

42.

Per i motivi esposti, una misura di uno Stato membro che obblighi gli intermediari d’investimento esclusi dall’applicazione della direttiva 2014/65 in virtù di un’esenzione facoltativa ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva a trasmettere gli ordini ricevuti dai propri clienti unicamente a soggetti autorizzati e stabiliti in tale Stato membro e vieti pertanto a tali intermediari di trasmettere i suddetti ordini a un’impresa stabilita in un diverso Stato membro anche ove sia autorizzata ai sensi di detta direttiva a prestare servizi d’investimento nello Stato membro d’origine dell’intermediario, è, a mio avviso, incompatibile con gli obiettivi perseguiti da quest’ultima.

43.

La convenuta nel procedimento principale ha contestato la legittimazione di Fondee a far valere una tale incompatibilità, non essendo essa stessa un’impresa d’investimento ai sensi della direttiva 2014/65 ed essendo anzi esclusa dall’applicazione di tale direttiva e dalla libera prestazione di servizi d’investimento ai sensi dell’articolo 34 di quest’ultima. Anche il giudice del rinvio dubita di una tale legittimazione, poiché Fondee non invocherebbe un pregiudizio che le è proprio né la violazione di un diritto conferitole dal diritto dell’Unione.

44.

In proposito ricordo che la Corte ha già avuto modo di affermare – in presenza di una configurazione simile a quella che caratterizza la controversia principale anche se in un ambito distinto – che costituisce una restrizione alla libera prestazione di servizi anche il divieto, assortito da una sanzione, posto a carico degli intermediari, di agevolare la prestazione di servizi da parte di un prestatore con sede in uno Stato membro diverso da quello in cui detti intermediari svolgono la loro attività ( 22 ). Più in generale, qualora una società stabilita in uno Stato membro effettui una prestazione di servizi con l’intermediazione di un operatore economico stabilito in un altro Stato membro, le restrizioni imposte alle attività di tale operatore rientrano nell’ambito di applicazione della libera prestazione dei servizi, indipendentemente dalla situazione di tale operatore, il quale può dunque avvalersi delle disposizioni del diritto dell’Unione per opporsi all’irrogazione delle sanzioni di cui sono assortiti i divieti che ostacolano l’attività d’intermediazione ( 23 ). Sebbene tali principi siano stati affermati dalla Corte con riguardo all’applicazione delle disposizioni del diritto primario, essi sono trasponibili mutatis mutandis a un contesto quale quello in causa nel procedimento principale, in cui viene in rilievo il diritto derivato armonizzato.

45.

La circostanza che, conformemente all’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2014/65, la ricorrente nel procedimento principale non goda della libertà prevista dall’articolo 34 di tale direttiva, non rimette in questione quanto appena detto.

46.

Il suddetto articolo 3, paragrafo 3, deve infatti essere interpretato nel senso che si riferisce unicamente alla libertà degli operatori che godono di un’esenzione facoltativa di fornire servizi d’investimento a destinatari residenti o stabiliti in uno Stato membro diverso dal loro Stato membro di origine alle condizioni previste dall’articolo 34 di tale direttiva, non anche alla libertà di beneficiare, in quanto destinatari, di servizi d’investimento prestati da un’impresa autorizzata ai sensi della stessa stabilita in un altro Stato membro, né alla libertà di agire in qualità di intermediari nel quadro di una prestazione di servizi d’investimento da parte di una tale impresa a clienti stabiliti nel loro Stato membro d’origine.

47.

Una tale interpretazione discende, oltre che dal testo chiaro dell’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2014/65, dalla finalità perseguita da tale disposizione che consiste nell’impedire che un soggetto che non soddisfa i requisiti previsti dalla direttiva sia autorizzato a prestare servizi d’investimento transfrontalieri. Un’interpretazione di tale disposizione, secondo cui le persone che beneficiano di un’esenzione facoltativa non possono essere destinatarie di una prestazione di servizi d’investimento transfrontalieri quale quella in causa nel procedimento principale o agire in qualità d’intermediari nel quadro di una tale prestazione non sarebbe peraltro coerente con il richiamato articolo 3, paragrafo 1, lettera c), punto i), di tale direttiva che, come si è visto, prevede espressamente la possibilità per tali persone di trasmettere ordini a un’impresa d’investimento autorizzata ai sensi di detta direttiva ai fini della loro esecuzione.

48.

Orbene, come si è precisato al paragrafo 19 delle presenti conclusioni, trasmettendo gli ordini in causa nel procedimento principale, Fondee ha fornito servizi d’investimento unicamente ai propri clienti residenti o stabiliti in Repubblica ceca e pertanto ha effettuato una prestazione che non riveste alcun elemento transfrontaliero. Inoltre, se è vero che essa ha agevolato la fornitura di una prestazione di servizi d’investimento transfrontaliera tra i Paesi Bassi e la Repubblica ceca, tuttavia, come correttamente fatto valere nelle sue osservazioni, essa non ha partecipato alla prestazione di un servizio d’investimento all’estero, dato che gli ordini in questione sono stati eseguiti per conto di clienti residenti o stabiliti in Repubblica ceca.

49.

Certo, al punto 30 della sentenza del 14 giugno 2017, Khorassani ( 24 ), richiamato anche dalla giurisdizione di rinvio, la Corte, pronunciandosi sull’interpretazione della direttiva 2004/39 ha affermato che esiste uno stretto collegamento tra il servizio di investimento costituito dalla «ricezione e trasmissione di ordini» e quello consistente nell’«esecuzione di ordini», «posto che il primo viene fornito a monte del secondo e conduce in linea di principio alla prestazione di quest’ultimo servizio». Tuttavia, ove tali servizi siano forniti da soggetti distinti, l’esistenza di un siffatto collegamento – dovuto unicamente alla circostanza che gli «ordini» che ne sono oggetto sono gli stessi ( 25 ) – non impedisce di considerare separatamente, in funzione delle loro caratteristiche specifiche, le prestazioni effettuate – nonché le responsabilità assunte – da ciascuno di tali soggetti e ciò anche nel caso in cui tali prestazioni siano effettuate, come è il caso nel procedimento principale, nell’ambito di una relazione contrattuale trilaterale.

50.

Fondee è dunque legittimata a far valere la violazione dell’articolo 34 della direttiva 2014/65 al fine di contestare l’ammenda che le è stata inflitta per aver violato il divieto di cui all’articolo 29, paragrafo 4, della legge sul mercato dei capitali, nella misura in cui essa agisce non in qualità di prestatore di un servizio transfrontaliero d’investimento ma di destinatario di tale servizio o di intermediario nella prestazione dello stesso.

b) Valutazione in base all’articolo 56 TFUE

51.

Ove la Corte dovesse decidere di rispondere alle questioni pregiudiziali sulla base dell’articolo 56 TFUE, ricordo che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, la libera prestazione dei servizi sancita da tale articolo esige non soltanto l’eliminazione nei confronti del prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro di qualsiasi discriminazione fondata sulla sua cittadinanza, ma anche la soppressione di qualsiasi restrizione – ancorché applicabile indistintamente ai prestatori nazionali e a quelli degli altri Stati membri – quando è idonea a vietare, a ostacolare o a rendere meno attraenti le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro, ove fornisce legittimamente servizi analoghi ( 26 ). Più in generale, l’articolo 56 TFUE riguarda i servizi che un prestatore, stabilito in uno Stato membro, offre senza spostarsi a destinatari stabiliti in un altro Stato membro, sicché qualsiasi restrizione a tali attività costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi da parte di tale prestatore ( 27 ).

52.

Inoltre, sempre secondo una giurisprudenza costante della Corte, l’articolo 56 TFUE conferisce diritti non soltanto al prestatore di servizi, ma anche al destinatario degli stessi ( 28 ). La libera prestazione dei servizi comprende dunque non solo la libertà del prestatore di fornire servizi per destinatari stabiliti in uno Stato membro diverso da quello sul cui territorio si trovi detto prestatore, ma anche la libertà di ricevere o beneficiare, in quanto destinatario, dei servizi offerti da un prestatore stabilito in un altro Stato membro, senza essere soggetto a restrizioni ( 29 ). In effetti, il trattato considera allo stesso modo le restrizioni imposte ai prestatori di servizi e quelle imposte ai destinatari di servizi. Pertanto, quando la situazione rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 56 TFUE, tanto il destinatario quanto il prestatore di un servizio possono invocare detto articolo ( 30 ). Infine, secondo la Corte, come si è già avuto modo di ricordare, costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi anche il divieto imposto ad un intermediario di agevolare una prestazione transfrontaliera, anche ove tale intermediario sia stabilito nello stesso Stato membro dei destinatari di tale prestazione ( 31 ).

53.

Con la prima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede in sostanza se un intermediario di investimento quale la ricorrente nel procedimento principale, che beneficia di un’esenzione facoltativa ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2014/65 possa, stante il tenore del paragrafo 3 di tale articolo, invocare l’articolo 56 TFUE in quanto destinatario di una prestazione transfrontaliera di servizi d’investimento o in quanto intermediario in una tale prestazione di servizi.

54.

Sul punto, mi limito a rinviare al paragrafo 46 delle presenti conclusioni circa l’interpretazione che, a mio avviso, deve essere data all’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2014/65. È a mio parere chiaro che tale disposizione non impedisce a una persona esclusa dall’applicazione di tale direttiva di invocare l’articolo 56 TFUE conformemente alla giurisprudenza richiamata al paragrafo 52 delle presenti conclusioni. Ritengo pertanto, indipendentemente da ogni altra considerazione inerente alla relazione tra diritto primario e diritto derivato, che l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2014/65 non può essere letto nel senso che impedisce a un intermediario di investimento esentato dall’applicazione della direttiva 2014/65 in forza dell’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva di invocare l’articolo 56 TFUE in qualità di destinatario di una prestazione di servizi d’investimento transfrontaliera o di intermediario nel quadro di una tale prestazione.

55.

Con la seconda questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede in sostanza se l’articolo 56 TFUE si oppone a un divieto quale quello di cui all’articolo 29, paragrafo 4, della legge sul mercato dei capitali.

56.

In proposito, coerentemente con quanto già affermato sopra in riferimento all’articolo 34 della direttiva 2014/65, ritengo che un siffatto divieto sia tale da ostacolare o rendere meno attraenti le attività che imprese d’investimento stabilite in un diverso Stato membro offrono in Repubblica ceca e costituisce quindi una restrizione alla libera prestazione dei servizi ai sensi dell’articolo 56 TFUE.

57.

Una tale restrizione alla libera prestazione dei servizi può essere ammessa, conformemente a una giurisprudenza costante della Corte, solo se persegue uno scopo legittimo compatibile con il Trattato FUE ed è giustificata da motivi imperativi di interesse generale, sempreché, in un caso del genere, sia idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non ecceda quanto è necessario per raggiungerlo ( 32 ).

58.

Emerge dalla decisione di rinvio e dalle osservazioni della Repubblica ceca che l’articolo 29, paragrafo 4, della legge sul mercato dei capitali è giustificato dalla necessità di facilitare i controlli sull’attività degli intermediari d’investimento, in particolare alla luce di pregresse pratiche contrarie agli interessi dei clienti poste in essere da tali intermediari. La Banca nazionale ceca precisa che i negoziatori di valori mobiliari nazionali che ricevono ordini trasmessi dagli intermediari d’investimento sono soggetti a specifici obblighi di controllo nei confronti dell’operato di questi ultimi e che, anche per tale ragione, il controllo sull’attività degli intermediari d’investimento è resa più difficile nel caso in cui gli ordini siano trasmessi a prestatori al di fuori della Repubblica ceca.

59.

In proposito, mi limito a ricordare che la Corte ha già avuto modo di precisare che né considerazioni di natura amministrativa, né, in particolare, l’obiettivo consistente nel semplificare l’adempimento della missione di un’autorità di controllo potevano giustificare che venisse ostacolato l’esercizio di una delle libertà fondamentali garantite dal trattato ( 33 ). Nelle circostanze della causa principale peraltro, tali giustificazioni vengono invocate in un contesto in cui l’attività degli operatori esclusi dalla possibilità di cooperare con gli intermediari d’investimento cechi è inquadrata da una specifica normativa di diritto derivato che impone requisiti, obblighi e controlli volti ad assicurare un livello elevato di tutela degli investitori.

c) Conclusioni intermedie

60.

In base all’insieme delle considerazioni che precedono, ritengo che l’esame della misura nazionale controversa debba essere effettuato sulla base delle disposizioni della direttiva 2014/65 e che non sia necessario, al fine di fornire una risposta utile al giudice del rinvio, esaminare se, nelle circostanze della controversia principale, Fondee è legittimata a invocare l’articolo 56 TFUE.

61.

Di conseguenza, suggerisco alla Corte di rispondere alle questioni poste dal giudice del rinvio, previa opportuna riformulazione di tali questioni, che l’articolo 34 della direttiva 2014/65 deve essere interpretato nel senso che si oppone alla legislazione di uno Stato membro che impone agli intermediari d’investimento esclusi dall’applicazione di tale direttiva in virtù di un’esenzione facoltativa ai sensi del suo articolo 3, paragrafo 1, di trasmettere gli ordini ricevuti da clienti residenti o stabiliti in tale Stato membro unicamente a negoziatori di valori mobiliari autorizzati dall’organo di sorveglianza di detto Stato membro e ivi aventi la propria sede ed esclude pertanto la trasmissione di tali ordini a imprese d’investimento autorizzate ai sensi della medesima direttiva stabilite in un diverso Stato membro.

IV. Conclusione

62.

In base all’insieme delle considerazioni che precedono suggerisco alla Corte di rispondere come segue alle questioni pregiudiziali poste dal Městský soud v Praze (Corte regionale di Praga capitale, Repubblica ceca):

«L’articolo 34 della direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, relativa ai mercati degli strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2002/92/CE e la direttiva 2011/61/UE deve essere interpretato nel senso che si oppone alla legislazione di uno Stato membro che impone agli intermediari d’investimento esclusi dall’applicazione di tale direttiva in virtù di un’esenzione facoltativa ai sensi del suo articolo 3, paragrafo 1, di trasmettere gli ordini ricevuti da clienti residenti o stabiliti in tale Stato membro unicamente a negoziatori di valori mobiliari autorizzati dall’organo di sorveglianza di detto Stato membro e ivi aventi la propria sede ed esclude pertanto la trasmissione di tali ordini a imprese d’investimento autorizzate ai sensi della medesima direttiva stabilite in un diverso Stato membro».


( 1 ) Lingua originale: l’italiano.

( 2 ) Direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, relativa ai mercati degli strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2002/92/CE e la direttiva 2011/61/UE (rifusione) (GU 2014, L 173, pag. 349).

( 3 ) MiFID è l’acronimo dell’espressione inglese «Market in Financial Instrument Directive». La direttiva 2014/65 ha abrogato e sostituito, a decorrere dal 3 gennaio 2017, la direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa ai mercati degli strumenti finanziari, che modifica le direttive 85/611/CEE e 93/6/CEE del Consiglio e la direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 93/22/CEE del Consiglio (GU 2004, L 145, pag. 1, cosiddetta MiFID I).

( 4 ) Regolamento (UE) n. 600/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, sui mercati degli strumenti finanziari e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (GU 2014, L 173, pag. 84).

( 5 ) Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 55 della direttiva 2014/65 se l’impresa di investimento è una persona giuridica, lo Stato membro d’origine è lo Stato membro in cui si trova la sua sede legale.

( 6 ) Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 56 della direttiva 2014/65 per «Stato ospitante» si intende «lo Stato membro, diverso dallo Stato membro d’origine, in cui un’impresa di investimento ha una succursale o presta servizi di investimento e/o esercita attività di investimento (…)».

( 7 ) L’articolo 4, paragrafo 1, punto 46, della direttiva 2014/65 definisce i «fondi indicizzati quotati» come «fondi con almeno una particolare categoria di azioni o quote negoziata per tutta la giornata in almeno una sede di negoziazione, nell’ambito della quale almeno un market-maker interviene per assicurare che il prezzo delle sue azioni o quote nella sede di negoziazione non si discosti in maniera significativa dal rispettivo valore netto di inventario né, se del caso, da quello indicativo calcolato in tempo reale (indicative NET asset value)».

( 8 ) Per quanto riguarda l’attività di ricezione, trasmissione e esecuzione per conto dei clienti di ordini riguardanti uno o più strumenti finanziari, v. Allegato I, sezione A, punti 1 e 2, della direttiva 2014/65. I «fondi indicizzati quotati», oggetto degli ordini in causa nel procedimento principale, rientrano nella categoria dei «valori mobiliari» che figura all’Allegato I, sezione C, punto 1), della direttiva 2014/65.

( 9 ) V. sentenza del 20 aprile 2023, Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Comune de Ginosa) (C‑348/22, EU:C:2023:301, punto 36).

( 10 ) V. in tal senso, sentenza del 16 luglio 2015, UNIC e Uni.co.pel (C‑95/14, EU:C:2015:492, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

( 11 ) V. in particolare considerando 7 e 164 della direttiva 2014/65.

( 12 ) Rilevo che disposizioni analoghe sono previste dall’articolo 16, paragrafo 11, della direttiva 2014/65, per quanto riguarda i requisiti organizzativi aggiuntivi che gli Stati membri possono, in casi eccezionali, prescrivere alle imprese d’investimento.

( 13 ) Rilevo che se, ai termini dell’articolo 3, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2014/65, quest’ultima «non si applica» alle persone che beneficiano di un’esenzione facoltativa, il paragrafo 2, di tale articolo prevede che gli Stati membri devono applicare a tali persone requisiti «almeno analoghi» a quelli stabiliti da detta direttiva con riguardo alle condizioni e alle procedure di autorizzazione e di vigilanza continua, alle norme di comportamento e ai requisiti organizzativi, quali stabiliti in specifici articoli della stessa e nelle relative norme di esecuzione.

( 14 ) In tale contesto, rilevo che le circostanze del procedimento principale differiscono da quelle della causa che ha dato origine alla sentenza dell’8 maggio 2019, Mastromartino (C‑53/18, EU:C:2019:380), in cui la Corte ha affermato che il divieto temporaneo di esercizio dell’attività di «consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede», rientrante nella nozione di «agente collegato» ai sensi della direttiva 2004/39, non ricadeva nell’ambito di applicazione di tale direttiva, la quale non aveva pertanto alcuna incidenza su detto divieto. Come si è detto la direttiva 2014/65 è invece suscettibile di incidere sul divieto in causa nel procedimento principale.

( 15 ) In particolare laddove gli ordini ricevuti dall’intermediario abbiano ad oggetto, come sembra essere il caso nel procedimento principale, strumenti finanziari che non sono negoziati su un mercato regolamentato ceco e l’entità autorizzata a livello nazionale cui questi ordini sono trasmessi non sia abilitata a operare in mercati esteri e sia pertanto obbligata a trasmetterli a sua volta a un’impresa d’investimento che disponga di una tale abilitazione.

( 16 ) Rilevo che una delle maggiori attrattive di operatori quali DeGiro è legata al fatto di praticare commissioni molto competitive.

( 17 ) Sotto questo profilo, rilevo che nelle sue osservazioni scritte Fondee fa valere che la gran parte degli agenti collegati cechi collaborano con gli intermediari d’investimento e non sono dunque concretamente accessibili se non in una minima proporzione a un’impresa d’investimento estera.

( 18 ) V., per analogia, sentenza del 10 maggio 1995, Alpine Investments (C‑384/93, EU:C:1995:126, punto 28).

( 19 ) V. sentenza del 21 gennaio 2010, Commissione/Germania (C‑546/07, EU:C:2010:25, punto 39).

( 20 ) V. in particolare considerando 3 e 70 della direttiva 2014/65.

( 21 ) L’articolo 79, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2014/65 stabilisce un obbligo di collaborazione tra le autorità competenti dei diversi Stati membri designate per lo svolgimento delle funzioni previste da tale direttiva «ogni qualvolta ciò si renda necessario». In proposito, v. anche la direttiva (UE) 2019/2034 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 novembre 2019 relativa alla vigilanza prudenziale sulle imprese di investimento e recante modifica delle direttive 2002/87/CE, 2009/65/CE, 2011/61/UE, 2013/36/UE, 2014/59/UE e 2014/65/UE, (GU 2019, L 314, pag. 64).

( 22 ) V. sentenza del 6 novembre 2003, Gambelli e a.C‑243/01, EU:C:2003:597, punto 58 (in prosieguo: la «sentenza Gambelli»). Nella causa che ha dato origine alla sentenza Gambelli si trattava della prestazione di servizi di scommesse su eventi sportivi da parte di un prestatore con sede in uno Stato membro diverso da quello in cui venivano raccolte le scommesse da parte di agenzie che operavano in qualità di intermediari tra tale prestatore e i giocatori.

( 23 ) V., per analogia, sentenza del 4 febbraio 2016, Staatsanwaltschaft Kempten (C‑336/14, EU:C:2016:72), punti 41-43. Nella specie si trattava della cittadina di un paese terzo, residente in uno Stato membro che raccoglieva scommesse sportive per conto di una società stabilita in un diverso Stato membro.

( 24 ) C‑678/15, EU:C:2017:451.

( 25 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Campos Sánchez-Bordona nella causa Khorassani (C‑678/15, EU:C:2017:100, paragrafo 42).

( 26 ) V. sentenza del 26 febbraio 2020, Stanleyparma e Stanleybet Malta (C‑788/18, EU:C:2020:110, punto 17 e giurisprudenza citata).

( 27 ) V. sentenza del 16 marzo 2023, OL (Proroga delle concessioni italiane) (C‑517/20, non pubblicata, EU:C:2023:219, punto 44 e giurisprudenza citata).

( 28 ) V. sentenza del 2 marzo 2023, PrivatBank e a. (C‑78/21, EU:C:2023:137, punto 45 e giurisprudenza citata).

( 29 ) V. sentenza del 6 ottobre 2021, Casa Naţională de Asigurări de Sănătate e Casa de Asigurări de Sănătate Constanţa (C‑538/19, EU:C:2021:809, punto 33 e giurisprudenza citata).

( 30 ) V. sentenza del 3 dicembre 2020, BONVER WIN (C‑311/19, EU:C:2020:981, punto 21).

( 31 ) V. sentenza Gambelli, punto 58.

( 32 ) V. sentenza del 27 ottobre 2022, Instituto do Cinema e do Audiovisual (C‑411/21, EU:C:2022:836, punto 24).

( 33 ) V. sentenza del 4 dicembre 1986, Commissione/Germania (205/84, EU:C:1986:463, punto 54). V. anche sentenza del 25 giugno 2009, Commissione/Austria (C‑356/08, non pubblicata, EU:C:2009:401, punto 46).

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