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Document 62022CC0432
Opinion of Advocate General Pikamäe delivered on 14 December 2023.###
Conclusioni dell’avvocato generale P. Pikamäe, presentate il 14 dicembre 2023.
Conclusioni dell’avvocato generale P. Pikamäe, presentate il 14 dicembre 2023.
ECLI identifier: ECLI:EU:C:2023:997
Edizione provvisoria
CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
PRIIT PIKAMÄE
presentate il 14 dicembre 2023 (1)
Causa C-432/22
PT
con l’intervento di
Spetsializirana prokuratura
[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia, Bulgaria)]
«Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Criminalità organizzata – Decisione quadro 2008/841/GAI – Decisione quadro 2004/757/GAI – Traffico illecito di stupefacenti – Accordo concluso tra il pubblico ministero e l’autore di un reato sull’applicazione di una pena patteggiata – Competenza della Corte – Articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 47 – Approvazione dell’accordo da parte dell’organo giurisdizionale – Presupposti – Designazione di un collegio giudicante ad hoc – Consenso degli altri coimputati»
1. Secondo la Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU»), la possibilità per un imputato di ottenere un’attenuazione delle accuse o una riduzione della pena a condizione che riconosca la propria colpevolezza, o che rinunci prima del processo a contestare i fatti o ancora che cooperi pienamente con le autorità inquirenti è divenuta una prassi comune nei sistemi di giustizia penale degli Stati europei (2).
2. Da parte sua, la Corte si è già pronunciata in cause relative ad accordi di dichiarazione di colpevolezza, ma solo nella misura in cui erano in discussione alcuni diritti procedurali riconosciuti a beneficio degli imputati in procedimenti penali, quali il diritto alla presunzione di innocenza ai sensi della direttiva (UE) 2016/343 (3) o il diritto all’informazione sull’accusa, ai sensi della direttiva 2012/13/UE (4).
3. La presente causa pone la questione della conformità con l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, del TUE, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), di una normativa nazionale in forza della quale l’approvazione da parte di un giudice di un accordo in cui uno degli imputati riconosce la propria colpevolezza per i reati contestati in cambio di una riduzione della pena è, da un lato, attribuita per competenza a un giudice diverso da quello inizialmente investito del procedimento e, dall’altro, soggetta alla condizione preliminare dell’accettazione della conclusione di tale accordo da parte di tutti gli altri coimputati che non abbiano ammesso la propria responsabilità penale.
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
4. Nell’ambito della presente causa è rilevante l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE.
Diritto bulgaro
5. L’articolo 381 del Nakazatelno-protsesualen kodeks (codice di procedura penale; in prosieguo: il «NPK») (5), intitolato «Accordo di patteggiamento della pena nel procedimento preliminare», prevede quanto segue:
«1. Al termine dell’indagine, su proposta del pubblico ministero o dell’avvocato, è possibile concludere un accordo tra le parti per definire la causa.
(...)
4. L’accordo può determinare la pena alle condizioni di cui all’articolo 55 del NPK anche in assenza di circostanze attenuanti eccezionali o numerose.
5. L’accordo deve essere redatto in forma scritta e in esso devono essere riconosciuti i seguenti punti:
1. è stato commesso un atto; tale atto è stato commesso dall’imputato; l’atto è imputabile a quest’ultimo; l’atto costituisce un reato; l’atto riveste una determinata qualificazione giuridica;
2. la natura e l’ammontare della pena.
(...)
6. L’accordo è firmato dal pubblico ministero e dal difensore. L’imputato firma l’accordo se lo accetta, dopo aver dichiarato di rinunciare a che la sua causa sia giudicata secondo il rito ordinario.
7. Quando il procedimento riguarda più coimputati o più reati, l’accordo può essere concluso da alcuni di tali imputati o per alcuni di tali reati.
(...)».
6. Ai sensi dell’articolo 382 del NPK, intitolato «Decisione dell’organo giurisdizionale sull’accordo»:
«1. L’accordo è presentato dal pubblico ministero all’organo giurisdizionale di primo grado competente subito dopo la sua conclusione, contestualmente alla causa.
(...)
5. L’organo giurisdizionale può proporre modifiche all’accordo, che sono esaminate insieme al pubblico ministero e all’avvocato. L’imputato è sentito per ultimo.
(...)
7. L’organo giurisdizionale approva l’accordo se quest’ultimo non è contrario alla legge e al buon costume.
(...)».
7. Ai sensi dell’articolo 384 del NPK, intitolato «Accordo di definizione della causa in un procedimento giudiziario»:
«1. Alle condizioni e secondo le procedure previste dal presente capo, il giudice di primo grado può approvare un accordo di definizione della causa pattuito dopo l’avvio del procedimento giudiziario ma prima della conclusione della fase dell’istruttoria dibattimentale.
(...)
3. In tali casi, l’accordo sull’applicazione di una pena patteggiata è approvato solo dopo aver ottenuto il consenso di tutte le parti [del procedimento]».
8. L’articolo 384 bis del NPK, intitolato «Decisione su un accordo concluso con uno degli imputati o per uno dei reati», prevede quanto segue:
«1. Qualora, dopo l’avvio del procedimento giudiziario, ma prima della conclusione della fase dell’istruttoria dibattimentale, sia stato concluso un accordo con uno degli imputati o per uno dei reati, il giudice sospende il procedimento.
2. Un diverso collegio giudicante statuisce sull’accordo concluso entro sette giorni dal ricevimento della causa.
3. Il collegio giudicante di cui al paragrafo 1 prosegue l’esame della causa dopo aver statuito sull’accordo».
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
9. Il 25 marzo 2020 la Spetsializirana prokuratura (Procura specializzata, Bulgaria) ha avviato un procedimento penale dinanzi allo Spetsializiran nakazatelen sad (Tribunale penale specializzato, Bulgaria), a carico di 41 persone, tra cui SD e PT, per aver diretto e/o partecipato alle attività di un’associazione criminale organizzata finalizzata all’arricchimento attraverso lo spaccio di sostanze stupefacenti. PT è accusato di partecipazione a detta associazione criminale nonché di detenzione di sostanze stupefacenti a fini di spaccio.
10. Nell’ambito della fase delle indagini preliminari, il 26 agosto 2020 il pubblico ministero e il difensore di SD hanno concluso un accordo in base al quale SD ha riconosciuto la propria colpevolezza per tutte le accuse e gli sarebbe stata inflitta una pena inferiore a quella prevista dalla legge. Detto accordo riporta i nomi e i numeri di identificazione nazionale degli altri coimputati. Il consenso di tali coimputati non è stato richiesto e, il 1° settembre 2020, un collegio giudicante diverso ha approvato detto accordo.
11. Il 17 novembre 2020, durante la fase giudiziaria del procedimento, il pubblico ministero e il difensore di PT hanno raggiunto un accordo in cui PT ha riconosciuto la propria colpevolezza per tutte le accuse e gli è stata inflitta una pena detentiva con sospensione condizionale per i reati commessi (in prosieguo: l’«accordo del 17 novembre 2020»). In considerazione della sentenza del 5 settembre 2019, AH e a. (Presunzione di innocenza) (C-377/18, EU:C:2019:670), tale accordo è stato modificato in modo da omettere i nomi e i numeri di identificazione nazionale degli altri coimputati.
12. Nel corso dell’udienza del 14 gennaio 2021, il giudice del rinvio ha ascoltato le osservazioni degli altri coimputati, alcuni dei quali non hanno prestato il loro consenso all’approvazione dell’accordo del 17 novembre 2020. Conformemente all’articolo 384 bis del NPK, tale giudice, il 18 gennaio 2021, ha trasmesso tale accordo al suo presidente, ai fini della designazione di un altro collegio giudicante per pronunciarsi su detto accordo. Il 21 gennaio 2021 quest’ultimo collegio ha rifiutato di approvare l’accordo del 17 novembre 2020, in quanto alcuni dei coimputati non avevano prestato il loro consenso a tal fine.
13. Il 10 maggio 2022, sulla base della sentenza del 29 luglio 2019, Gambino e Hyka (C-38/18, EU:C:2019:628), il pubblico ministero e il difensore di PT hanno chiesto al collegio giudicante investito della causa di pronunciarsi su tale accordo senza chiedere il consenso degli altri coimputati. Tuttavia, l’11 maggio 2022, in sede di assegnazione aleatoria ai fini della designazione di un collegio giudicante per pronunciarsi su detto accordo, il collegio giudicante in parola è stato escluso sulla base dell’articolo 384 bis del NPK.
14. Il 18 maggio 2022 il collegio giudicante nominato in applicazione di detta disposizione ha esaminato l’accordo del 17 novembre 2020 e si è rifiutato di approvarlo in quanto tale approvazione richiedeva il consenso degli altri 39 coimputati. Lo stesso giorno, a seguito di detto rifiuto, il pubblico ministero, PT e il suo difensore hanno chiesto nuovamente al collegio, dinanzi al quale erano state presentate tutte le prove, di approvare il suddetto accordo, senza chiedere il consenso degli altri coimputati. Il pubblico ministero ha tuttavia manifestato dubbi circa l’imparzialità di detto collegio giudicante a proseguire il procedimento riguardo agli altri coimputati qualora avesse approvato l’accordo concluso con PT. Da parte sua, PT ritiene che l’impossibilità, per lui, di concludere un accordo violi i suoi diritti derivanti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»).
15. Nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio sottolinea che, per potersi pronunciare sul merito della causa in esame, occorre una risposta alle questioni pregiudiziali, poiché tale causa riguarda reati che rientrano nell’ambito di applicazione delle decisioni quadro 2004/757/GAI (6) e 2008/841/GAI (7) e, pertanto, nei «settori disciplinati dal diritto dell’Unione», ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE. Detto giudice ritiene che le modalità previste dal diritto nazionale per la conclusione di un accordo tra il pubblico ministero e un imputato costituiscano un’«attuazione» ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, dell’articolo 5 della decisione quadro 2004/757 e dell’articolo 4 della decisione quadro 2008/841.
16. Il giudice del rinvio si interroga, da un lato, sulla compatibilità dell’articolo 384 bis del NPK con l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e con l’articolo 47, primo e secondo comma, della Carta. Secondo tale giudice, sarebbe contrario al principio dell’immediatezza del procedimento penale e al diritto a una tutela giurisdizionale effettiva porre la difesa in una situazione in cui le prove vengono assunte dinanzi a un collegio giudicante, ma spetta ad un altro collegio giudicante pronunciarsi su di esse.
17. Detto giudice si interroga, dall’altro lato, sulla compatibilità dell’articolo 384, paragrafo 3, del NPK, nella parte in cui richiede, ai fini dell’approvazione di un siffatto accordo, il consenso dei coimputati nell’ambito dello stesso procedimento penale, non solo con l’articolo 5 della decisione quadro 2004/757 e con l’articolo 4 della decisione quadro 2008/841, ma anche con l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e con l’articolo 52 della Carta, in combinato disposto con l’articolo 47 di quest’ultima. Infatti, tale requisito del consenso condurrebbe a una limitazione dell’accesso a un mezzo di ricorso, ai sensi di quest’ultima disposizione, senza che sia rispettato il principio di proporzionalità, come richiesto dall’articolo 52 della Carta.
18. Infine, il giudice del rinvio si chiede se, qualora dovesse esso stesso approvare l’accordo concluso tra il pubblico ministero e PT, sarebbe poi tenuto a dichiarare la propria incompetenza in tale causa, alla luce dell’ordinanza del 28 maggio 2020, UL e VM (C-709/18, EU:C:2020:411, punto 35), al fine di garantire agli altri coimputati dinanzi ad esso il diritto a un giudice imparziale, previsto dall’articolo 47, secondo comma, della Carta.
19. In tali circostanze, lo Spetsializiran nakazatelen sad (Tribunale penale specializzato) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Nel caso di un procedimento penale relativo ad un atto di accusa per fatti rientranti nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, se una normativa nazionale la quale prescrive che non sia il giudice di trattazione, dinanzi al quale sono stati acquisiti tutti gli elementi di prova, bensì un altro giudice a dover esaminare il contenuto di un accordo concluso tra il pubblico ministero e un imputato – qualora tale prescrizione sia motivata dalla presenza di altri coimputati che non hanno concluso alcun accordo – sia compatibile con l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e con l’articolo 47, paragrafi 1 e 2, della Carta.
2) Se una legge nazionale secondo cui un accordo che definisce il procedimento penale può essere autorizzato solo se tutti gli altri coimputati e i loro difensori vi abbiano acconsentito, sia compatibile con l’articolo 5 della decisione quadro 2004/757, con l’articolo 4 della decisione quadro 2008/841, con l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e con l’articolo 52 in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta.
3) Se l’articolo 47, paragrafo 2, della Carta imponga al giudice, dopo che questi abbia esaminato e approvato un accordo, di declinare la propria competenza a esaminare l’imputazione nei confronti degli altri coimputati, qualora detto giudice abbia statuito su tale accordo in modo tale da non pronunciarsi sulla partecipazione né sulla colpevolezza di questi ultimi».
Procedimento dinanzi alla Corte
20. La Commissione europea ha presentato osservazioni scritte.
Analisi
21. Come risulta dalla domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio ritiene che occorra ottenere dalla Corte un’interpretazione dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, degli articoli 47 e 52 della Carta, dell’articolo 5 della decisione quadro 2004/757 e dell’articolo 4 della decisione quadro 2008/841 in relazione ai dubbi che nutre sulla conformità a tali disposizioni del diritto dell’Unione della normativa nazionale che definisce le condizioni per l’approvazione da parte del giudice di un accordo concluso tra il pubblico ministero e un imputato, con il quale quest’ultimo riconosce la propria colpevolezza per i reati contestati e si vede, di conseguenza, infliggere una pena previamente patteggiata.
22. Nelle sue osservazioni scritte, la Commissione ha eccepito, in sostanza, l’inapplicabilità dell’articolo 5 della decisione quadro 2004/757, dell’articolo 4 della decisione quadro 2008/841 nonché dell’articolo 47 della Carta. Essa ha, inoltre, sostenuto che la motivazione della decisione di rinvio riguardo alla seconda questione pregiudiziale non era conforme ai requisiti di cui all’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte. Occorre inoltre ricordare che, in base a una giurisprudenza costante, spetta alla Corte stessa esaminare le condizioni in presenza delle quali essa viene adita dal giudice nazionale, al fine di verificare la propria competenza o la ricevibilità della domanda ad essa sottoposta (8).
Sulla competenza della Corte
23. Secondo una giurisprudenza consolidata, la Corte non è competente a rispondere a una questione proposta in via pregiudiziale quando è manifesto che la disposizione del diritto dell’Unione sottoposta all’interpretazione della Corte non può essere applicata (9). Ove una situazione giuridica non rientri nella sfera d’applicazione del diritto dell’Unione, la Corte non è competente al riguardo e le disposizioni della Carta eventualmente richiamate non possono giustificare, di per sé, tale competenza (10).
24. In primo luogo, per quanto riguarda l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, va ricordato che, ai sensi di tale disposizione, gli Stati membri stabiliscono i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare ai singoli il rispetto del loro diritto a una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione. In tal senso, spetta agli Stati membri prevedere un sistema di rimedi giurisdizionali e di procedimenti che garantisca un controllo giurisdizionale effettivo in detti settori. Per quanto riguarda l’ambito di applicazione dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, dalla giurisprudenza della Corte risulta che detta disposizione riguarda i «settori disciplinati dal diritto dell’Unione», indipendentemente dalla situazione in cui gli Stati membri attuano tale diritto, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta (11).
25. L’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE è quindi destinato a trovare applicazione, in particolare, nei confronti di qualsiasi organo nazionale che possa trovarsi a statuire su questioni relative all’applicazione o all’interpretazione del diritto dell’Unione e rientranti dunque in settori disciplinati da tale diritto. Orbene, ciò avviene nel caso del giudice del rinvio, il quale può infatti, nella sua qualità di tribunale ordinario bulgaro, essere chiamato a pronunciarsi su questioni legate all’applicazione o all’interpretazione del diritto dell’Unione e, in quanto «organo giurisdizionale» nel senso definito da tale diritto, è parte del sistema bulgaro di rimedi giurisdizionali nei «settori disciplinati dal diritto dell’Unione», ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, cosicché tale tribunale deve soddisfare i requisiti di una tutela giurisdizionale effettiva. Occorre peraltro ricordare che, sebbene l’organizzazione della giustizia negli Stati membri rientri nella competenza di questi ultimi, ciò non toglie che, nell’esercizio di tale competenza, gli Stati membri siano tenuti a rispettare gli obblighi per essi derivanti dal diritto dell’Unione e, in particolare, dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE (12).
26. Da quanto precede risulta che, nella presente causa, la Corte è competente a interpretare l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE.
27. In secondo luogo, l’ambito di applicazione della Carta, per quanto riguarda l’operato degli Stati membri, è definito all’articolo 51, paragrafo 1, della medesima, ai sensi del quale le disposizioni della Carta si applicano agli Stati membri nell’attuazione del diritto dell’Unione; tale disposizione conferma la costante giurisprudenza della Corte secondo la quale i diritti fondamentali garantiti nell’ordinamento giuridico dell’Unione si applicano in tutte le situazioni disciplinate dal diritto dell’Unione, ma non al di fuori di esse.
28. Nel caso di specie, per quanto riguarda, più precisamente, l’articolo 47 della Carta, oggetto della presente domanda di pronuncia pregiudiziale, occorre rilevare che il giudice del rinvio è investito di un procedimento penale nei confronti di 40 persone, tra cui PT, per la loro partecipazione alle attività di un’associazione criminale organizzata finalizzata all’arricchimento attraverso lo spaccio di sostanze stupefacenti, e, inoltre, l’interessato è perseguito per detenzione di sostanze stupefacenti a fini di spaccio.
29. È pacifico che i reati di cui sopra, previsti e puniti ai sensi dell’articolo 321, paragrafo 3, punto 2, e dell’articolo 354 bis, paragrafo 1, del codice penale bulgaro, rientrano nell’ambito di applicazione delle decisioni quadro 2004/757 e 2008/841, le quali, rispettivamente all’articolo 5 e all’articolo 4, prevedono che gli Stati membri possano adottare le misure necessarie per far sì che le pene previste in tali decisioni quadro possano essere ridotte nel caso in cui l’autore del reato rinunci alle sue attività criminali nei settori contemplati da tali decisioni quadro e fornisca alle autorità amministrative o giudiziarie informazioni che esse non avrebbero potuto ottenere diversamente e che, in particolare, sono loro utili per identificare o consegnare alla giustizia gli altri autori del reato o acquisire elementi di prova.
30. È possibile dedurre da questa constatazione, come fa il giudice del rinvio, che le norme procedurali nazionali che disciplinano l’approvazione da parte del giudice di un accordo di dichiarazione di colpevolezza costituiscono un’attuazione del diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, dettando in tal modo l’applicabilità delle disposizioni di quest’ultima?
31. A tale interrogativo si potrebbe rispondere in senso negativo con un ragionamento analogo a quello che ha dato luogo all’ordinanza del 24 settembre 2019, Spetsializirana prokuratura (Presunzione di innocenza) (C‑467/19 PPU, EU:C:2019:776), vertente sull’interpretazione dell’articolo 7, paragrafo 4, della direttiva 2016/343, ai sensi del quale «gli Stati membri possono consentire alle proprie autorità giudiziarie di tenere conto, all’atto della pronuncia della sentenza, del comportamento collaborativo degli indagati e imputati». In tale decisione, la Corte ha dichiarato che detto articolo deve essere interpretato nel senso che non disciplina la questione se l’approvazione, da parte di un organo giurisdizionale, di un accordo sull’applicazione di una pena patteggiata, quale previsto dalla stessa normativa di cui trattasi nel procedimento principale, concluso tra un imputato per presunta appartenenza ad un gruppo criminale e il pubblico ministero, possa o meno essere subordinata alla condizione che gli altri imputati per l’appartenenza al medesimo gruppo criminale prestino il proprio consenso alla conclusione di tale accordo, nonostante la previa constatazione che tale direttiva si applica ratione personae e materiae al procedimento principale.
32. Nel caso di cui trattasi, occorre rilevare, in primo luogo, che le decisioni quadro 2004/757 e 2008/841 sono state adottate, segnatamente, sulla base dell’articolo 31, paragrafo 1, lettera e), TUE, il quale prevedeva, in particolare, che l’azione comune nel settore della cooperazione giudiziaria in materia penale comprende la progressiva adozione di misure per la fissazione di norme minime relative agli elementi costitutivi dei reati e alle sanzioni applicabili nel settore della criminalità organizzata, del terrorismo e del traffico illecito di stupefacenti (13). Dette decisioni quadro, sulla base dell’attuale articolo 83, paragrafo 1, TFUE, che ha sostituito l’articolo 31, paragrafo 1, TUE, stabiliscono le disposizioni minime del diritto penale sostanziale.
33. Orbene, è giocoforza constatare che la normativa nazionale di cui trattasi rientra nel settore della procedura penale e che nessuno degli strumenti giuridici del diritto dell’Unione volti a rafforzare i diritti degli indagati o degli imputati nel corso di tutto il procedimento penale, adottati sulla base dell’articolo 82, paragrafo 2, TFUE, disciplina specificamente le modalità di conclusione di un accordo di dichiarazione di colpevolezza tra il pubblico ministero e l’autore di un reato. Secondo una giurisprudenza consolidata, la nozione di «attuazione del diritto dell’Unione», di cui all’articolo 51 della Carta, richiede l’esistenza di un collegamento tra un atto di diritto dell’Unione e il provvedimento nazionale in questione che vada al di là dell’affinità tra le materie prese in considerazione o dell’influenza indirettamente esercitata da una materia sull’altra (14).
34. Occorre ricordare, in secondo luogo, che le decisioni quadro sono vincolanti per gli Stati membri quanto al risultato da ottenere, salva restando la competenza delle autorità nazionali in merito alla forma e ai mezzi (15). Come osservato in precedenza, le decisioni quadro 2004/757 e 2008/841 costituiscono solo uno strumento di armonizzazione minima. Di conseguenza, gli Stati membri dispongono di un’ampia discrezionalità riguardo all’attuazione di detti strumenti nel loro ordinamento nazionale (16).
35. In terzo luogo, dalla formulazione dell’articolo 5 della decisione quadro 2004/757 e dell’articolo 4 della decisione quadro 2008/841 si evince che tali disposizioni si limitano ad attribuire agli Stati membri la facoltà di consentire alle loro autorità giudiziarie, in sede di determinazione della sanzione a seguito del riconoscimento della responsabilità penale, di tenere conto della collaborazione degli imputati. Poiché dette disposizioni non impongono agli Stati membri alcun obbligo di garantire la presa in considerazione di siffatta collaborazione da parte di tali autorità, esse non conferiscono alcun diritto all’imputato di ottenere una sanzione ridotta in caso di collaborazione con le autorità giudiziarie, ad esempio mediante la conclusione di un accordo con il pubblico ministero nel quale tale persona riconosca la propria colpevolezza (17).
36. Occorre sottolineare che la Corte ha affermato che erano inapplicabili i diritti fondamentali dell’Unione ad una normativa nazionale per il fatto che le disposizioni dell’Unione nella materia in questione non imponevano alcun obbligo specifico agli Stati membri in relazione alla situazione oggetto del procedimento principale (18).
37. In quarto luogo, si deve osservare che, in effetti, l’articolo 5 della decisione quadro 2004/757 e l’articolo 4 della decisione quadro 2008/841 precisano le condizioni che disciplinano, se del caso, la possibilità per le autorità giudiziarie di tener conto del comportamento collaborativo degli imputati, per quanto riguarda, nel caso di specie, il contenuto di tale comportamento. Tale osservazione non è, evidentemente, tale da inficiare la conclusione circa l’assenza di un obbligo in capo agli Stati membri di una siffatta presa in considerazione. Inoltre, e soprattutto, le citate disposizioni delle decisioni quadro 2004/757 e 2008/841 non contengono alcuna indicazione sulle modalità procedurali con cui l’autorità giudiziaria deve tenere conto della cooperazione dell’autore del reato, che si tratti del riconoscimento di circostanze attenuanti da parte del collegio giudicante o dell’esistenza di un accordo di dichiarazione di colpevolezza concluso tra il pubblico ministero e l’interessato, eventualmente in fasi diverse del procedimento, nonché del contenuto di tale accordo, del processo decisionale per la sua approvazione da parte del giudice in caso di pluralità di procedimenti e dei suoi effetti. La determinazione di queste modalità rientra esclusivamente nel diritto nazionale (19).
38. Ne consegue che l’articolo 5 della decisione quadro 2004/757 e l’articolo 4 decisione quadro 2008/841 non disciplinano la questione se l’approvazione di un accordo sull’applicazione di una pena patteggiata possa o meno essere sottoposta al requisito di un consenso degli altri coimputati e a un collegio giudicante diverso da quello inizialmente investito del procedimento principale (20) In assenza di un’attuazione del diritto dell’Unione nel procedimento principale, le disposizioni della Carta richiamate dal giudice del rinvio non possono trovare applicazione, il che determina che la Corte non è competente a pronunciarsi su di esse.
39. Devo tuttavia rilevare che la giurisprudenza della Corte contiene esempi di interpretazione meno rigida della nozione di «attuazione del diritto dell’Unione» (21), la quale comporta che si verifichi, tra gli altri elementi, se la normativa nazionale di cui trattasi abbia lo scopo di attuare una disposizione del diritto dell’Unione, quale sia il suo carattere e se essa persegua obiettivi diversi da quelli contemplati dal diritto dell’Unione, anche se è in grado di incidere indirettamente su quest’ultimo, e, infine, se esista una specifica disciplina del diritto dell’Unione in materia o che vi possa incidere (22). Pertanto, dal combinato disposto dell’articolo 5 della decisione quadro 2004/757 e dell’articolo 4 della decisione quadro 2008/841 con le disposizioni che li precedono, relative alla necessità per gli Stati membri di prevedere pene detentive effettive, proporzionate e dissuasive (23), si potrebbe affermare che la normativa nazionale di cui trattasi miri all’attuazione del diritto dell’Unione e sia di fatto conforme agli stessi obiettivi di dette decisioni, vale a dire lottare contro il traffico illecito di stupefacenti e la criminalità organizzata.
40. Tuttavia, l’importanza della conclusione sull’applicabilità o meno delle disposizioni degli atti di diritto derivato citati nel caso di specie e le sue conseguenze rispetto a quella della Carta, in particolare del suo articolo 47, deve essere ridimensionata. Infatti, è stato dichiarato che, poiché l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE impone a tutti gli Stati membri di stabilire i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare, nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione, una tutela giurisdizionale effettiva, ai sensi in particolare dell’articolo 47 della Carta, quest’ultima disposizione deve essere debitamente presa in considerazione ai fini dell’interpretazione dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE (24).
Sulla ricevibilità delle questioni pregiudiziali
41. Occorre ricordare, in via preliminare, che le questioni sollevate dal giudice del rinvio in merito alla compatibilità della normativa nazionale vertono, più in particolare, su un duplice requisito giuridico, vale a dire, da un lato, la designazione di un collegio giudicante ad hoc, diverso da quello inizialmente investito del procedimento, ai fini dell’approvazione dell’accordo concluso nel corso del procedimento giudiziario tra il pubblico ministero e uno degli imputati o per uno dei reati contestati (prima e terza questione pregiudiziale (25)) e, dall’altro, l’ottenimento del consenso a tale accordo da parte di tutte le parti del procedimento, e quindi dei coimputati, quale presupposto per la sua approvazione da parte del giudice (seconda questione pregiudiziale).
42. Alla luce della giurisprudenza pertinente della Corte e, più in particolare, della sua espressione consolidata derivante dalla sentenza Miasto Łowicz, occorre sottolineare che il procedimento ex articolo 267 TFUE costituisce uno strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, per mezzo del quale la prima fornisce ai secondi gli elementi di interpretazione del diritto dell’Unione loro necessari per risolvere le controversie che essi sono chiamati a dirimere e che la ratio del rinvio pregiudiziale non risiede nell’esprimere pareri consultivi su questioni generiche o ipotetiche, bensì nella necessità di dirimere concretamente una controversia. Come risulta dalla formulazione stessa dell’articolo 267 TFUE, la decisione pregiudiziale richiesta deve essere «necessaria» al fine di consentire al giudice del rinvio di «emanare la sua sentenza» nella causa della quale è investito. La Corte ha infatti ripetutamente ricordato che sia dal dettato sia dall’impianto sistematico dell’articolo 267 TFUE emerge che il procedimento pregiudiziale presuppone, in particolare, che dinanzi ai giudici nazionali sia effettivamente pendente una controversia (26) nell’ambito della quale ad essi è richiesta una pronunzia che possa tener conto della sentenza pregiudiziale. Il compito della Corte, nell’ambito di un procedimento pregiudiziale, è quello di assistere il giudice del rinvio nella soluzione della controversia concreta dinanzi ad esso pendente. Nell’ambito di siffatto procedimento, deve quindi esistere tra la suddetta controversia e le disposizioni del diritto dell’Unione di cui è chiesta l’interpretazione un collegamento tale per cui detta interpretazione risponde ad una necessità oggettiva ai fini della decisione che dev’essere adottata dal giudice del rinvio (27).
43. Dalla sentenza Miasto Łowicz si evince che questo collegamento può essere diretto o indiretto, secondo le tre ipotesi di ricevibilità ivi indicate. È diretto quando il giudice nazionale è chiamato ad applicare il diritto dell’Unione di cui si chiede l’interpretazione al fine di trarne la soluzione nel merito della controversia principale (prima ipotesi). Il collegamento è indiretto se la decisione pregiudiziale è atta a fornire al giudice del rinvio un’interpretazione di disposizioni procedurali del diritto dell’Unione che il giudice del rinvio interessato è tenuto ad applicare al fine di emettere la sua sentenza (seconda ipotesi) o un’interpretazione del diritto dell’Unione che gli consenta di dirimere questioni procedurali di diritto nazionale prima di poter statuire nel merito della controversia di cui egli è investito (in prosieguo: la «terza ipotesi») (28). Nella sentenza Miasto Łowicz, la Corte ha esaminato in successione la ricevibilità delle questioni pregiudiziali sollevate alla luce di tre situazioni distinte e autonome che soddisfano il criterio di necessità per dichiararne l’irricevibilità sottolineando, in merito alla terza ipotesi, la differenza rispetto alle cause che hanno dato luogo alla sentenza A. K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema) (29), nelle quali l’interpretazione pregiudiziale richiesta alla Corte era atta ad influire sulla questione della determinazione del giudice competente ai fini di dirimere nel merito le controversie relative al diritto dell’Unione (30).
44. Si potrebbe ritenere prima facie che, con le questioni pregiudiziali sottoposte alla Corte e con l’interpretazione del diritto dell’Unione da esso chiesta, il giudice del rinvio miri ad ottenere chiarimenti su una questione di natura procedurale di diritto nazionale su cui esso deve pronunciarsi in limine litis, il che corrisponde alla terza ipotesi. Detta questione riguarda la competenza di un collegio giudicante ad hoc, in luogo e al posto del giudice del rinvio, a pronunciarsi sull’approvazione di un accordo di dichiarazione di colpevolezza intervenuto tra il pubblico ministero e un imputato dinanzi a tale giudice.
45. In una recente sentenza, la Corte ha affermato, in termini generali, che le questioni pregiudiziali dirette a consentire a un giudice del rinvio di pronunciarsi, in limine litis, su difficoltà di ordine procedurale come quelle relative alla sua competenza a conoscere di una causa pendente dinanzi ad esso o, ancora, agli effetti giuridici che occorre o meno riconoscere a una decisione giurisdizionale che osti potenzialmente al proseguimento dell’esame di una siffatta causa da parte di detto giudice, sono ricevibili ai sensi dell’articolo 267 TFUE (31). Questo approccio sembra rendere autonoma la questione di ordine procedurale, in quanto tale, poiché essa sarebbe in grado di soddisfare, da sola, il criterio di necessità ai sensi dell’articolo 267 TFUE. Se è vero che la Corte ha fatto riferimento in modo chiaro solo a due specifiche ipotesi, la prima sembra riguardare la questione della competenza, o piuttosto dell’incompetenza, del giudice del rinvio, inizialmente investito di un procedimento contro tutti i coimputati, a pronunciarsi sull’approvazione di un accordo di dichiarazione di colpevolezza sottoscritto da uno di essi.
46. Per contro, il requisito del consenso unanime degli altri imputati costituisce una modalità specifica del processo di approvazione, indipendente dalla questione dell’identità del giudice chiamato a conoscerne, constatazione che sarebbe idonea a fondare una conclusione nel senso dell’irricevibilità della seconda questione pregiudiziale. Tale conclusione può tuttavia sembrare troppo astratta, in quanto porta a separare due elementi che fanno parte dello stesso meccanismo e che incidono con pari importanza sullo svolgimento del procedimento penale dinanzi al giudice del rinvio.
47. Questa osservazione mi induce a ritenere pertinente la prima ipotesi di ricevibilità menzionata nella sentenza Miasto Łowicz. A tale proposito, e come giustamente sottolineato dal giudice del rinvio (32), osservo che le questioni pregiudiziali rinviano a problematiche di rito che sono indissolubilmente connesse alla decisione che il giudice del rinvio deve emanare nel merito, relativa alla responsabilità penale dell’imputato e, se del caso, all’irrogazione di una pena. Occorre sottolineare che, secondo la decisione di rinvio, l’accordo concluso tra il pubblico ministero e un imputato, con il quale quest’ultimo riconosce la propria colpevolezza per i reati contestati e gli viene di conseguenza inflitta una pena precedentemente patteggiata, risolve tutte le questioni da prendere in considerazione nel giudizio sul merito, in quanto vi sono indicati il reato commesso dall’interessato e la sua qualificazione giuridica, nonché la natura e l’entità della pena.
48. In tali circostanze, le risposte della Corte riguardo alla compatibilità di una normativa nazionale che stabilisce le condizioni per l’approvazione da parte del giudice di un siffatto accordo, che è destinato a sostituirsi alla decisione nel merito secondo il giudice del rinvio, appaiono necessarie per consentire a quest’ultimo di pronunciarsi sui procedimenti penali di cui è investito. Risulta pertanto che tra il procedimento principale e l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, di cui si chiede l’interpretazione, sussiste un collegamento tale che detta interpretazione soddisfa una necessità oggettiva ai fini della decisione sul merito che il giudice del rinvio deve emanare.
49. Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, mi sembra che i requisiti di cui all’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte, in particolare quello previsto alla lettera c) di detto articolo, siano stati rispettati nel caso di specie. Infatti, il giudice del rinvio ha esposto sufficientemente i motivi che l’hanno portato a interrogarsi sull’interpretazione del requisito della tutela giurisdizionale effettiva, a cui si riferisce l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, rispetto alla condizione dell’approvazione dell’accordo di dichiarazione di colpevolezza vincolato al consenso unanime degli altri coimputati (33). Esso ha sostenuto che detto accordo costituisce per l’imputato PT un rimedio giurisdizionale che gli consente di ottenere una riduzione della pena e che la necessità di un siffatto consenso ha per effetto la limitazione ingiustificata all’accesso a un tale rimedio giurisdizionale, in violazione del requisito summenzionato e più precisamente del diritto a un equo processo.
50. È pertanto possibile concludere per la ricevibilità della presente domanda di pronuncia pregiudiziale.
Nel merito
Sulla designazione di un collegio ad hoc
51. Il giudice del rinvio si chiede, in sostanza, se l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta, osti alla norma procedurale secondo cui l’approvazione di un accordo di dichiarazione di colpevolezza concluso tra il pubblico ministero e uno degli imputati durante la fase giurisdizionale del procedimento è automaticamente attribuita per competenza a un collegio giudicante diverso da quello investito del procedimento a carico di tutti gli imputati, dinanzi al quale sono stati acquisiti tutti gli elementi di prova, sebbene la decisione di approvazione non si pronunci sulla colpevolezza dei coimputati. I dubbi così espressi dal giudice del rinvio interessano tanto il requisito di imparzialità dell’organo giurisdizionale interessato quanto il principio di immediatezza del procedimento penale.
– Sul requisito dell’imparzialità oggettiva
52. Come previsto dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, spetta agli Stati membri prevedere un sistema di rimedi giurisdizionali e di procedimenti per assicurare ai singoli il rispetto del loro diritto a una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione. Il principio di tutela giurisdizionale effettiva dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione, cui fa riferimento l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, costituisce un principio generale del diritto dell’Unione che deriva dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, che è stato sancito agli articoli 6 e 13 della CEDU e che è attualmente affermato all’articolo 47 della Carta (34).
53. Come è stato dichiarato, poiché l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE impone a tutti gli Stati membri di stabilire i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare, nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione, una tutela giurisdizionale effettiva, ai sensi in particolare dell’articolo 47 della Carta, quest’ultima disposizione deve essere debitamente presa in considerazione ai fini dell’interpretazione dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, così come la giurisprudenza della Corte EDU sull’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU (35). Orbene, per garantire che organi che possono essere chiamati a statuire su questioni connesse all’applicazione o all’interpretazione del diritto dell’Unione siano in grado di garantire la tutela giurisdizionale effettiva richiesta da tale disposizione, è di primaria importanza preservare l’indipendenza dei medesimi, come confermato dall’articolo 47, secondo comma, della Carta, che menziona l’accesso a un giudice «indipendente e imparziale» tra i requisiti connessi al diritto fondamentale a un ricorso effettivo. Il requisito di indipendenza degli organi giurisdizionali, intrinsecamente connesso al compito di giudicare, costituisce un aspetto essenziale del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva e del diritto fondamentale a un equo processo, che riveste importanza cardinale quale garanzia della tutela dell’insieme dei diritti derivanti al singolo dal diritto dell’Unione e della salvaguardia dei valori comuni agli Stati membri enunciati all’articolo 2 TUE, segnatamente del valore dello Stato di diritto (36).
54. Secondo una giurisprudenza costante, detto requisito di indipendenza implica due aspetti. Il primo aspetto, di carattere esterno, richiede che l’organo interessato eserciti le sue funzioni in piena autonomia, senza essere soggetto ad alcun vincolo gerarchico o di subordinazione nei confronti di alcuno e senza ricevere ordini o istruzioni da alcuna fonte, con la conseguenza di essere quindi tutelato dagli interventi o dalle pressioni esterni idonei a compromettere l’indipendenza di giudizio dei suoi membri e a influenzare le loro decisioni. Il secondo aspetto, di carattere interno, si ricollega alla nozione di imparzialità e concerne l’equidistanza dalle parti della controversia e dai loro rispettivi interessi riguardo all’oggetto di quest’ultima. Questo aspetto impone il rispetto dell’obiettività e l’assenza di qualsivoglia interesse nella soluzione da dare alla controversia all’infuori della stretta applicazione della norma giuridica. Tali garanzie di indipendenza e di imparzialità implicano l’esistenza di disposizioni, in particolare relative alla composizione dell’organo, alla nomina, alla durata delle funzioni, nonché alle cause di astensione, di ricusazione e di revoca dei suoi membri, che consentano di fugare qualsiasi legittimo dubbio che i singoli possano nutrire in merito all’impermeabilità di detto organo rispetto a elementi esterni e alla sua neutralità rispetto agli interessi contrapposti (37).
55. Facendo riferimento alla giurisprudenza consolidata della Corte EDU, la Corte ha inoltre precisato che il requisito dell’imparzialità può essere valutato in vari modi. Secondo un approccio soggettivo, si deve tenere conto della convinzione personale e del comportamento del giudice, esaminando se quest’ultimo abbia dato prova di parzialità o di pregiudizi personali nel caso di specie, fermo restando che l’imparzialità personale si presume fino a prova contraria. L’approccio oggettivo consiste nel determinare se il tribunale offra, segnatamente attraverso la sua composizione, garanzie sufficienti per escludere qualsiasi legittimo dubbio sulla sua imparzialità. Per quanto riguarda la valutazione oggettiva, essa consiste nel chiedersi se, indipendentemente dalla condotta personale del giudice, taluni fatti verificabili autorizzino a sospettare l’imparzialità di quest’ultimo. Sotto questo profilo, anche le apparenze possono avere importanza. L’elemento in gioco è la fiducia che i giudici, in una società democratica, devono ispirare ai singoli, a iniziare dalle parti del procedimento (38).
56. Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale emerge che la questione sollevata dal giudice del rinvio riguarda solo la questione dell’imparzialità oggettiva, nel caso in cui lo stesso giudice o collegio giudicante svolga funzioni diverse nel corso di un procedimento giudiziario.
57. A questo proposito, va ricordato che, secondo la Corte, il fatto che dei giudici chiamati a conoscere una prima volta di una controversia siedano in un altro collegio chiamato a conoscere nuovamente della stessa controversia non può essere considerato di per sé incompatibile con i requisiti imposti dal diritto ad un equo processo. In particolare, la circostanza che uno o più giudici siano presenti nei due collegi che si sono succeduti e vi esercitino le medesime funzioni, come quelle di presidente o di giudice relatore, è di per sé priva di rilievo per quanto riguarda la valutazione del rispetto del dovere di imparzialità, dato che le dette funzioni sono esercitate in un organo collegiale. Simili considerazioni valgono a maggior ragione allorché i due collegi che si sono succeduti non devono conoscere della stessa controversia, ma devono conoscere di due controversie distinte che presentano un certo grado di connessione (39).
58. Per quanto riguarda più specificamente i procedimenti di dichiarazione di colpevolezza da parte dell’imputato, la Corte ha risposto a varie questioni relative all’interpretazione delle disposizioni della direttiva 2016/343 basandosi sulla giurisprudenza della Corte EDU, secondo la quale, nei procedimenti penali complessi in cui sono accusati più indagati che non possono essere giudicati assieme, può accadere che il giudice nazionale, per valutare la colpevolezza degli imputati, debba obbligatoriamente menzionare la partecipazione di terzi che saranno forse giudicati separatamente in seguito. La Corte EDU ha tuttavia precisato che, qualora debbano essere menzionati fatti relativi al coinvolgimento di terzi, il giudice interessato dovrebbe evitare di comunicare più informazioni di quanto sia necessario ai fini dell’analisi della responsabilità giuridica degli imputati che vengono processati dinanzi ad esso. Inoltre, detta Corte ha sottolineato che la motivazione di decisioni giudiziarie dev’essere formulata in termini tali da evitare un potenziale giudizio prematuro sulla colpevolezza di terzi interessati che possa compromettere l’esame equo delle imputazioni contestate ai medesimi nell’ambito di un procedimento distinto (40).
59. La Corte ha dichiarato che l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2016/343 (41) dev’essere interpretato nel senso che esso non osta a che un accordo nel quale l’imputato riconosce la propria colpevolezza in cambio di una riduzione di pena, e che dev’essere approvato da un giudice nazionale, menzioni espressamente quali coautori del reato in questione non soltanto tale imputato, ma anche altre persone imputate, le quali non hanno riconosciuto la propria colpevolezza e sono sottoposte a un procedimento penale distinto, a condizione, da un lato, che tale menzione sia necessaria per la qualificazione della responsabilità giuridica dell’imputato che ha concluso l’accordo e, dall’altro, che il medesimo accordo indichi chiaramente che tali altre persone sono imputate in un procedimento penale distinto e che la loro colpevolezza non è stata legalmente accertata (42).
60. In un’altra causa, la Corte ha dichiarato che l’articolo 3 (43) e l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2016/343, letti in combinato disposto con il considerando 16 di tale direttiva, nonché l’articolo 47, secondo comma, e l’articolo 48 della Carta, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a che, nell’ambito di un procedimento penale avviato contro due persone, un giudice nazionale accetti, anzitutto, con ordinanza, la dichiarazione di colpevolezza resa dalla prima persona per le infrazioni menzionate nell’atto di accusa asseritamente commesse unitamente alla seconda persona che non si è dichiarata colpevole, e statuisca, poi, successivamente ad una produzione della prova in relazione ai fatti contestati a questa seconda persona, sulla colpevolezza di quest’ultima, a condizione, da un lato, che la menzione della seconda persona in quanto coautore delle presunte infrazioni sia necessaria ai fini della qualificazione della responsabilità giuridica della persona che si è dichiarata colpevole e, dall’altro, che la stessa ordinanza e/o l’atto di accusa cui fa riferimento tale ordinanza indichino chiaramente che la colpevolezza di tale seconda persona non è stata legalmente dimostrata e sarà oggetto di una produzione della prova e di una sentenza distinte (44).
61. A completamento di tale panoramica giurisprudenziale, occorre richiamare una recente sentenza della Corte EDU che attua i suoi principi generali in materia di imparzialità. A tale proposito, detta Corte ha ritenuto che, sebbene il semplice fatto che un giudice abbia emesso precedenti decisioni per lo stesso reato non possa essere considerato tale da giustificare di per sé timori sulla sua imparzialità, la questione dell’imparzialità del giudice si pone tuttavia allorquando la sentenza precedente contiene già una valutazione dettagliata del ruolo della persona successivamente giudicata per un reato commesso da più persone e, in particolare, quando la sentenza precedente contiene una qualificazione concreta del coinvolgimento del ricorrente o si deve ritenere che abbia accertato che la persona giudicata abbia soddisfatto a posteriori tutti i criteri necessari per poterla considerare autrice di un reato. Tenuto conto delle circostanze del caso di specie, tali elementi possono essere ritenuti tali da pregiudicare la questione della colpevolezza della persona giudicata nell’ambito del procedimento successivo e possono pertanto dare adito a dubbi oggettivamente giustificati sul fatto che il giudice nazionale abbia un’idea preconcetta quanto al merito della causa della persona giudicata dopo l’avvio del processo che la riguarda (45).
62. Adita da un ricorrente che era stato giudicato e condannato dallo stesso giudice che aveva precedentemente condannato i correi per atti criminali commessi in concorso con lui, sulla base di accordi di dichiarazione di colpevolezza, la Corte EDU ha riscontrato una violazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU per i seguenti motivi. Detta Corte ha osservato che, sebbene tali sentenze in cui si approvavano gli accordi non contenessero alcun accertamento di colpevolezza distinto nei confronti del ricorrente in quanto tale e la natura del reato contestato implicasse la definizione di un coordinamento di condotte illecite, esse contenevano una definizione fattuale precisa del ruolo specifico del ricorrente nella commissione di queste ultime. Il giudice del merito era quindi perfettamente a conoscenza dell’identità del ricorrente, indipendentemente dal fatto che fosse identificato con le iniziali o con uno pseudonimo, e del suo ruolo, dal momento che non vi era alcun dubbio circa il suo concorso nel reato; detta circostanza non poteva che incoraggiare il giudice a restare coerente con le sue precedenti sentenze di approvazione degli accordi, così come i correi rispetto alle loro precedenti dichiarazioni circa il coinvolgimento del ricorrente nella commissione del reato. Di conseguenza, la Corte EDU ha ritenuto che, alla luce del loro tenore letterale, le sentenze di condanna pronunciate nei confronti dei correi del ricorrente avevano violato il diritto di quest’ultimo alla presunzione di innocenza finché non fosse stata accertata la sua colpevolezza e che, in considerazione del ruolo da esse svolto nel processo del ricorrente stesso, svoltosi dinanzi allo stesso giudice, i dubbi espressi sull’imparzialità di quest’ultimo fossero oggettivamente giustificati (46).
63. Da tale richiamo giurisprudenziale emerge che le nozioni di «imparzialità oggettiva» e di «presunzione di innocenza», giuridicamente distinte, sono in realtà strettamente connesse, in quanto una violazione del requisito di imparzialità può, a determinate condizioni, derivare da una violazione di tale presunzione.
64. Nel caso di specie, il giudice del rinvio ha affermato che l’accordo di dichiarazione di colpevolezza concluso da PT riproduceva integralmente il dispositivo dell’atto di accusa, indicava l’atto commesso dall’imputato e la sua qualificazione giuridica, nonché la natura e l’entità della pena, ma non menzionava, a seguito della sentenza AH e a. (Presunzione d’innocenza) (47), i nomi e i numeri di identificazione nazionale degli altri coimputati nel procedimento, in quanto l’approvazione di tale accordo era avvenuta senza commenti sulla partecipazione di questi ultimi ai fatti contestati e senza prendere posizione sulla loro colpevolezza (48). Dalla decisione di rinvio sembra pertanto emergere che la formulazione dell’accordo di dichiarazione di colpevolezza da parte dell’imputato e della decisione giudiziaria che lo ha approvato sia esente da qualsiasi pregiudizio sulla colpevolezza degli imputati che non hanno accettato di dichiararsi colpevoli dei fatti contestati. In tali circostanze, il fatto che il giudice del rinvio possa approvare successivamente l’accordo di dichiarazione di colpevolezza da parte dell’imputato e poi valutare la responsabilità penale di detti coimputati non sembra un elemento tale da contraddire i requisiti di imparzialità oggettiva.
65. Va tuttavia osservato che la situazione dell’imputato PT appare quantomeno singolare, in quanto lo stesso giudice del rinvio ha precisato (49) che, in generale e in forza di una giurisprudenza consolidata, gli accordi di dichiarazione di colpevolezza da parte dell’imputato continuano a riportare i nomi e i numeri di identificazione completi degli imputati che non hanno concluso un siffatto accordo. Inoltre tali accordi e le sentenze che li approvano non contengono necessariamente la menzione espressa del fatto che tali coimputati sono perseguiti nell’ambito di un procedimento penale distinto e che la loro colpevolezza non è stata legalmente accertata, menzione richiesta chiaramente dalla Corte, nell’ambito della sua valutazione circa il rispetto della presunzione di innocenza (50). Nell’ambito di una valutazione sulla conformità della normativa bulgara in questione, quale applicata dai giudici nazionali, detti elementi sono tali da giustificare, a titolo di imparzialità oggettiva, la competenza di un collegio ad hoc per l’approvazione degli accordi, ccosaiò che lo stesso giudice del rinvio ammette (51).
66. In ogni caso, non si può, a mio avviso, dedurre dalle indicazioni contenute nel paragrafo 64 delle presenti conclusioni che l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta, debba essere interpretato nel senso che osta alla normativa nazionale di cui trattasi. Infatti, lungi dal contraddire i requisiti summenzionati, la sistematica dichiarazione di incompetenza del giudice inizialmente investito del procedimento a favore di un collegio ad hoc, ai fini dell’approvazione dell’accordo di dichiarazione di colpevolezza da parte dell’imputato, rafforza necessariamente l’imparzialità oggettiva del giudice chiamato a giudicare i coimputati che non hanno ammesso la loro colpevolezza, escludendo così quella mancanza dell’apparenza di imparzialità che sarebbe tale da ledere la fiducia che la giustizia deve ispirare ai singoli in una società democratica e in uno Stato di diritto (52).
– Sul principio dell’immediatezza del procedimento penale
67. Interrogata sulla portata di alcune disposizioni della direttiva 2012/29/UE (53) rispetto a una normativa nazionale che impone la rinnovazione dell’audizione della vittima da parte di un collegio giudicante di nuova composizione, qualora una delle parti del procedimento rifiuti che detto collegio si basi sul verbale della prima audizione, la Corte ha fatto riferimento al summenzionato principio, basandosi sulla giurisprudenza della Corte EDU.
68. La Corte ha sottolineato che uno degli elementi rilevanti di un processo penale equo è la possibilità per l’accusato di essere messo a confronto con i testimoni in presenza del giudice che da ultimo decide, e che tale principio di immediatezza è un’importante garanzia del processo penale, in quanto le osservazioni fatte dal giudice quanto al comportamento e all’attendibilità di un testimone possono produrre gravi conseguenze per l’imputato. Pertanto, un mutamento nella composizione del collegio giudicante dopo l’audizione di un testimone importante deve, in linea di principio, comportare una nuova audizione di quest’ultimo. Tuttavia, il principio di immediatezza non può essere considerato ostativo a qualsiasi modifica nella composizione di un tribunale durante lo svolgimento di un processo. Problemi amministrativi o procedurali particolarmente evidenti possono sorgere e rendere impossibile la partecipazione continua di un giudice al processo. Possono essere adottate misure affinché i giudici che riprendono la causa ne comprendano effettivamente gli elementi e gli argomenti, ad esempio la trasmissione agli stessi dei verbali quando l’attendibilità del testimone in questione non è contestata, o l’organizzazione di nuove discussioni o di una nuova audizione di testimoni importanti dinanzi al tribunale di nuova composizione (54).
69. La nozione di «immediatezza» presuppone dunque un rapporto diretto tra colui che giudica e la parte in giudizio, cosicché il giudice che non abbia assistito all’udienza non è ammesso alla decisione (55).
70. Secondo il giudice del rinvio, tale principio di immediatezza trova espressione negli articoli 18 e 55 del NPK che garantiscono la partecipazione della difesa al procedimento, in presenza del giudice chiamato a statuire nel merito, mentre l’articolo 384 bis del NPK se ne discosta. Esso sottolinea che il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva sarebbe violato se la difesa fosse posta in una situazione in cui spetti a un giudice emettere una decisione nel merito sulla base di prove esaminate e discusse dinanzi a un altro giudice. Tale giudice avrà preso conoscenza solo degli atti processuali, ma non avrà partecipato al processo di raccolta e valutazione delle prove, in presenza e sotto il controllo della difesa.
71. Tale posizione del giudice del rinvio equivale, a mio avviso, a negare la specificità e l’autonomia del procedimento di dichiarazione di colpevolezza da parte dell’imputato, su cui la Corte EDU ha già avuto modo di pronunciarsi. Esso ritiene infatti che un procedimento di patteggiamento che comporti una pronuncia su un’imputazione penale a seguito di un’istruttoria giudiziaria semplificata implichi, in sostanza, una rinuncia a determinati diritti processuali, il che non è di per sé un problema, poiché né la formulazione né lo spirito dell’articolo 6 della CEDU impediscono all’interessato di rinunciare a tali garanzie di sua spontanea volontà. Così, in applicazione dei principi sulla validità delle rinunce, l’accettazione del patteggiamento da parte del ricorrente deve rispondere alle seguenti condizioni: anzitutto, deve essere fornita in modo realmente volontario e con piena cognizione dei fatti di causa nonché degli effetti giuridici connessi a questo tipo di patteggiamento e, inoltre, il contenuto del patteggiamento e l’equità del procedimento che ha portato alla sua conclusione da parte dei soggetti in causa devono essere oggetto di un sufficiente controllo giurisdizionale (56).
72. Concludendo un accordo con il pubblico ministero con il quale si è riconosciuto colpevole dei fatti contestati e ha accettato la pena detentiva con sospensione condizionale, PT ha rinunciato a che la causa fosse giudicata secondo il rito ordinario, conformemente ai termini dell’articolo 381, paragrafo 6, del NPK, e pertanto ad ottenere un esame nel merito della sua causa che avrebbe comportato, all’udienza in giudizio, un dibattimento in contraddittorio sugli elementi di prova dinanzi al giudice chiamato a statuire sul merito. Il procedimento di dichiarazione di colpevolezza da parte dell’imputato costituisce un metodo particolare di amministrazione della giustizia penale in quanto è un’alternativa al processo di diritto comune, derivante da una scelta dell’imputato, assistito dal suo avvocato. Eccependo la violazione del principio di immediatezza, quale si applica al processo summenzionato, il ragionamento del giudice del rinvio mi sembra occultare la realtà giuridico-fattuale del procedimento di dichiarazione di colpevolezza da parte dell’imputato, che risponde ad un obiettivo di semplificazione e di celerità della definizione delle cause penali ritenuto legittimo dalla Corte EDU (57).
73. In tali circostanze, non si può sostenere che la dichiarazione di incompetenza del giudice inizialmente investito del procedimento a carico di tutti gli imputati a favore di un collegio giudicante ad hoc ai fini dell’approvazione dell’accordo di dichiarazione di colpevolezza concluso da uno degli imputati sia tale, di per sé, da contrastare con il principio di immediatezza del procedimento penale. È tuttavia necessario che tale collegio sia in grado di garantire un sufficiente controllo giurisdizionale, come richiesto dalla Corte EDU (58), fermo restando che il giudice del rinvio non menziona alcun altro elemento idoneo a dimostrare il contrario (59).
Sul requisito del consenso unanime degli altri imputati
74. Il giudice del rinvio nutre dubbi sulla compatibilità con l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, in combinato disposto con l’articolo 47, della Carta, della norma nazionale che prevede quale requisito preliminare dell’approvazione da parte di un giudice dell’accordo di dichiarazione di colpevolezza da parte dell’imputato, il consenso unanime dei coimputati (60). Tale requisito avrebbe l’effetto di limitare ingiustificatamente l’accesso dell’imputato a un «rimedio legalmente riconosciuto», che gli consentirebbe di ricevere una pena più lieve di quella che gli sarebbe stata inflitta nell’ambito del rito ordinario.
75. Considerata la formulazione eterodossa della decisione di rinvio, occorre subito sottolineare che il procedimento, qui in discussione, di dichiarazione di colpevolezza da parte dell’imputato non può essere qualificato come, o assimilato a, un mezzo di ricorso, vale a dire a un rimedio giuridico che consenta di criticare e mettere in discussione una situazione di presunta irregolarità dinanzi a un organo giudiziario.
76. Vista nel suo complesso, ritengo che la decisione di rinvio debba essere interpretata come l’indicazione di una possibile violazione del diritto dell’imputato a un processo equo e, più in particolare, dei diritti della difesa. A questo proposito, ricordo che la determinazione del contenuto e della portata dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, avviene mediante riferimento all’articolo 47 della Carta. La Corte ha sottolineato che il principio fondamentale della tutela giurisdizionale effettiva dei diritti, ribadito all’articolo 47 della Carta, e la nozione di «equo processo» di cui all’articolo 6 della CEDU sono costituiti da diversi elementi, i quali comprendono, in particolare, il rispetto dei diritti della difesa (61).
77. Secondo il giudice del rinvio, alcune disposizioni delle decisioni quadro 2004/757 e 2008/841 prevedono la possibilità di una riduzione della pena in caso di collaborazione da parte dell’imputato, alle stesse condizioni che consentono la conclusione di un accordo di dichiarazione di colpevolezza da parte dell’imputato. Il fatto che l’approvazione giudiziaria di quest’ultimo sia subordinata al consenso dei coimputati pregiudicherebbe il diritto dell’imputato, che ha riconosciuto la propria responsabilità penale, di beneficiare di tale accordo, che è sinonimo di riduzione della pena, pur non essendo la limitazione di tale diritto conforme al principio di proporzionalità (62), in contraddizione con il rispetto dei diritti della difesa.
78. Orbene, a quanto mi consta, nessuna disposizione del diritto dell’Unione, sia essa di diritto primario o di diritto derivato, garantisce a un imputato di un procedimento penale il diritto di beneficiare di una riduzione della pena in una determinata situazione e, in particolare, nell’ambito di un accordo di dichiarazione di colpevolezza concluso con il pubblico ministero. A tal riguardo, la Corte ha indicato che, poiché l’articolo 7, paragrafo 4, della direttiva 2016/343 non impone agli Stati membri alcun obbligo di garantire la presa in considerazione da parte delle autorità giudiziarie di una collaborazione dell’imputato, esso non conferisce alcun diritto a quest’ultimo di ottenere una sanzione ridotta in caso di collaborazione con dette autorità, ad esempio mediante la conclusione di un accordo con il pubblico ministero nel quale l’imputato riconosca la propria colpevolezza (63). Essa ha inoltre statuito che l’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 2012/13, che prevede l’obbligo di informare le persone imputate di qualsiasi modifica relativa all’accusa a loro carico, ove ciò sia necessario per garantire l’equità del procedimento, e i diritti della difesa previsti dall’articolo 48, paragrafo 2, della Carta, nell’ambito del diritto all’informazione di tali persone, non impongono che queste ultime possano domandare l’applicazione, dopo l’apertura del dibattimento, della pena su richiesta in caso di modifica dei fatti su cui si basa l’imputazione o di modifica della qualificazione giuridica dei fatti oggetto dell’imputazione (64).
79. Dal diritto degli indagati e degli imputati di restare in silenzio in merito al reato che viene loro contestato e di non autoincriminarsi, come riconosciuto dall’articolo 7, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2016/343 (65), non si può dedurre che essi abbiano il diritto di beneficiare di una pena più lieve in caso di riconoscimento della loro colpevolezza, in quanto i termini inequivocabili del paragrafo 4 del suddetto articolo ostano a una tale interpretazione.
80. Occorre necessariamente constatare, del resto, che neppure la normativa nazionale di cui trattasi garantisce un siffatto diritto. La procedura che conduce a un accordo sull’applicazione di una pena patteggiata è una procedura speciale di giudizio su reati che può essere liberamente attuata dal pubblico ministero, di propria iniziativa o su richiesta del difensore dell’imputato, a condizione che quest’ultimo riconosca i fatti contestati. Pertanto, quest’ultimo non dispone di un diritto a essere giudicato secondo detta procedura, anche laddove riconosca la propria colpevolezza, tenendo peraltro presente che l’accordo deve essere necessariamente firmato dal pubblico ministero per poter essere sottoposto all’approvazione (66). Nel momento in cui il pubblico ministero ha deciso di ricorrere a tale procedura e l’imputato ha accettato la pena proposta, quest’ultimo non dispone neppure del diritto all’approvazione da parte del giudice competente, il quale non è vincolato né dalla proposta del pubblico ministero, né dall’accettazione da parte degli interessati. Dall’articolo 382, paragrafo 8, del NPK risulta che, quando il giudice rifiuta di approvare l’accordo di dichiarazione di colpevolezza, rinvia la causa dinanzi al pubblico ministero.
81. Di conseguenza, un requisito di consenso, come quello oggetto del procedimento principale, cui è subordinata l’approvazione di un accordo sull’applicazione di una pena patteggiata, non può essere considerato lesivo del diritto a un equo processo e, più in particolare, dei diritti della difesa.
Conclusione
82. Alla luce delle suesposte considerazioni, suggerisco alla Corte di rispondere al Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia, Bulgaria), nel modo seguente:
L’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale in base alla quale l’approvazione da parte di un giudice di un accordo in cui uno degli imputati riconosce la propria colpevolezza per i reati contestati in cambio di una riduzione della pena è, da un lato, attribuita per competenza a un giudice diverso da quello inizialmente investito del procedimento penale e, dall’altro, subordinata alla condizione preliminare dell’accettazione della conclusione di tale accordo da parte di tutti gli altri imputati che non abbiano riconosciuto la propria responsabilità penale.
1 Lingua originale: il francese.
2 Corte EDU, 29 aprile 2014, Natsvlishvili e Togonidze c. Georgia, CE:ECHR:2014:0429JUD000904305, § 90.
3 Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali (GU 2016, L 65, pag. 1).
4 Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, sul diritto all’informazione nei procedimenti penali (GU 2012, L 142, pag. 1).
5 DV n. 86 del 28 ottobre 2005.
6 Decisione quadro del Consiglio, del 25 ottobre 2004, riguardante la fissazione di norme minime relative agli elementi costitutivi dei reati e alle sanzioni applicabili in materia di traffico illecito di stupefacenti (GU 2004, L 335, pag. 8).
7 Decisione quadro del Consiglio, del 24 ottobre 2008, relativa alla lotta contro la criminalità organizzata (GU 2008, L 300, pag. 42).
8 Sentenza del 22 marzo 2022, Prokurator Generalny e a. (Sezione disciplinare della Corte suprema – Nomina) (C-508/19, ECLI:EU:C:2022:201, punto 59).
9 Sentenza del 24 febbraio 2022, Viva Telecom Bulgaria (C-257/20, EU:C:2022:125, punto 123).
10 Ordinanza del 18 aprile 2023, Vantage Logistics (C-200/22, EU:C:2023:337, punto 27).
11 Sentenza del 26 marzo 2020, Miasto Łowicz e Prokurator Generalny (C-558/18 e C-563/18, in prosieguo: la «sentenza Miasto Łowicz», EU:C:2020:234, punti 32 e 33).
12 V., in tal senso, sentenza Miasto Łowicz (punti da 34 a 36).
13 Per la decisione quadro 2004/757, v. sentenza dell’11 giugno 2020, Prokuratura Rejonowa w Słupsku (C-634/18, EU:C:2020:455, punto 32).
14 Sentenza del 10 luglio 2014, Julián Hernández e a. (C-198/13, EU:C:2014:2055, punto 34).
15 Sentenza dell’11 giugno 2020, Prokuratura Rejonowa w Słupsku (C-634/18, EU:C:2020:455, punto 39).
16 Per la decisione quadro 2004/757, v. sentenza dell’11 giugno 2020, Prokuratura Rejonowa w Słupsku (C-634/18, EU:C:2020:455, punto 41).
17 V., per analogia, ordinanza del 24 settembre 2019, Spetsializirana prokuratura (Presunzione di innocenza) (C-467/19 PPU, EU:C:2019:776, punto 34).
18 Ordinanza del 24 settembre 2019, Spetsializirana prokuratura (Presunzione di innocenza) (C-467/19 PPU, EU:C:2019:776, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).
19 V., per analogia, ordinanza del 24 settembre 2019, Spetsializirana prokuratura (Presunzione di innocenza) (C-467/19 PPU, EU:C:2019:776, punti 34 e 35).
20 V., per analogia, ordinanza del 24 settembre 2019, Spetsializirana prokuratura (Presunzione di innocenza) (C-467/19 PPU, EU:C:2019:776, punto 36).
21 V., ad esempio, sentenze del 9 marzo 2019, Milkova (C-406/15, EU:C:2017:198, in particolare punto 52), e del 21 dicembre 2011, N. S. e a. (C-411/10 e C-493/10, EU:C:2011:865, punti da 64 a 69).
22 Sentenza del 10 luglio 2014, Julián Hernández e a. (C-198/13, EU:C:2014:2055, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).
23 Rilevo che la decisione di rinvio fa riferimento all’articolo 4, paragrafo 1, della decisione quadro 2004/757 e all’articolo 3 della decisione quadro 2008/841.
24 Sentenza del 22 febbraio 2022, RS (Effetto delle sentenze di una Corte costituzionale) (C-430/21, EU:C:2022:99, punto 37).
25 Sebbene formulate separatamente, la prima e la terza questione riflettono tuttavia la stessa problematica dell’identità del giudice competente a pronunciarsi sulla responsabilità penale degli imputati, anche mediante l’autorizzazione dell’accordo di dichiarazione di colpevolezza concluso da uno di essi.
26 Con lettera del 5 agosto 2022, il Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia, Bulgaria) ha comunicato alla Corte che, a seguito di una modifica legislativa entrata in vigore il 27 luglio 2022, lo Spetsializiran nakazatelen sad (Tribunale penale specializzato) è stato sciolto e che alcuni procedimenti penali pendenti dinanzi a quest’ultimo, tra cui il procedimento principale, sono stati trasferiti ad esso a partire da tale data. Sembrerebbe pertanto che la condizione di ricevibilità relativa alla pendenza del procedimento principale resti soddisfatta.
27 Sentenza Miasto Łowicz (punti da 44 a 46).
28 V. sentenza Miasto Łowicz (punti da 49 a 51).
29 Sentenza del 19 novembre 2019 (C-585/18, C-624/18 e C-625/18, EU:C:2019:982).
30 Sentenza Miasto Łowicz (punto 51).
31 Sentenza del 13 luglio 2023 YP e a. (Revoca dell’immunità e sospensione di un giudice) (C-615/20 e C-671/20, EU:C:2023:562, punti 46 e 47).
32 Punto 34 della domanda di pronuncia pregiudiziale.
33 Il giudice del rinvio, pur facendo riferimento all’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, nell’ambito di una formulazione indubbiamente poco comprensibile, fa anche più volte riferimento all’articolo 47 della Carta, che secondo la Corte deve essere preso in considerazione per interpretare la prima disposizione.
34 Sentenza del 1º luglio 2021, Commissione/Polonia (Regime disciplinare dei giudici) (C-791/19, EU:C:2021:596, punto 52).
35 V., in tal senso, sentenza del 22 febbraio 2022, RS (Effetto delle sentenze di una Corte costituzionale) (C-430/21, EU:C:2022:99, punto 37).
36 V., in tal senso, sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Polonia (Regime disciplinare dei giudici) (C-791/19, EU:C:2021:596, punti 57 e 58 e giurisprudenza ivi citata).
37 V., in tal senso, sentenza del 19 novembre 2019, A. K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema) (C-585/18, C-624/18 e C-625/18, EU:C:2019:982, punti 121 e 123).
38 Sentenza del 19 novembre 2019, A. K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema) (C-585/18, C-624/18 e C-625/18, EU:C:2019:982, punto 128).
39 Sentenza del 19 febbraio 2009, Gorostiaga Atxalandabaso/Parlamento (C-308/07 P, EU:C:2009:103, punti da 43 a 45).
40 Sentenza del 5 settembre 2019, AH e a. (Presunzione di innocenza) (C-377/18, EU:C:2019:670, punto 44).
41 L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2016/343 prevede che gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che, fino a quando la colpevolezza di un indagato o imputato non sia stata legalmente provata, le dichiarazioni pubbliche rilasciate da autorità pubbliche e le decisioni giudiziarie diverse da quelle sulla colpevolezza non presentino la persona come colpevole.
42 Sentenza del 5 settembre 2019, AH e a. (Presunzione di innocenza) (C-377/18, EU:C:2019:670, punto 50). Si noti che, nella causa che ha dato luogo a tale sentenza, l’accordo concluso tra il pubblico ministero e uno degli imputati era stato sottoposto all’approvazione del giudice del rinvio corrispondente al collegio giudicante ad hoc, come risulta dal punto 22 di detta sentenza.
43 L’articolo 3 della direttiva 2016/343 dispone che gli Stati membri assicurano che agli indagati e imputati sia riconosciuta la presunzione di innocenza fino a quando non ne sia stata legalmente provata la colpevolezza.
44 Ordinanza del 28 maggio 2020, UL e VM (C-709/18, EU:C:2020:411, punto 35).
45 Corte EDU, 25 novembre 2022, Mucha c. Slovacchia, (CE:ECHR:2021:1125JUD006370319, § 49)
46 Corte EDU, 25 novembre 2022, Mucha c. Slovacchia, (CE:ECHR:2021:1125JUD006370319).
47 Sentenza del 5 settembre 2019 (C 377/18, EU:C:2019:670).
48 La mancanza di anonimizzazione è una considerazione importante, innanzitutto nel contesto della discussione sul rispetto della presunzione di innocenza.
49 V. punti 31 e 32 della decisione di rinvio.
50 Sentenza del 5 settembre 2019 AH e a. (Presunzione di innocenza) (C-377/18, EU:C:2019:670, punti 45 e 49). Nella sua risposta ai quesiti della Corte, il giudice del rinvio ha affermato che una siffatta menzione rientrava nella facoltà del collegio giudicante competente ad approvare l’accordo di proporre modifiche da apportare a quest’ultimo.
51 V. punti 31 e 32 della decisione di rinvio.
52 V., in tal senso, sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Polonia (Regime disciplinare dei giudici) (C-791/19, EU:C:2021:596, punto 60).
53 Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI del Consiglio (GU 2012, L 315, pag. 57).
54 Sentenza del 29 luglio 2019, Gambino e Hyka (C-38/18, EU:C:2019:628, punti 43 e 44).
55 V. conclusioni dell’avvocato generale Léger nella causa Baustahlgewebe/Commissione (C-185/95 P, EU:C:1998:37, paragrafi 82 e 83) e conclusioni dell’avvocato generale Saugmandsgaard Øe nella causa Komisia za zashtita ot diskriminatsia (C-824/19, EU:C:2021:324, paragrafo 62). Ricordo inoltre che, ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, «quando si è tenuta un’udienza di discussione, alle deliberazioni prendono parte soltanto i giudici che hanno assistito a tale udienza (...)».
56 Corte EDU, 29 aprile 2014, Natsvlishvili e Togonidze c. Georgia, CE:ECHR:2014:0429JUD000904305, §§ 91 e 92.
57 Per la Corte EDU, il patteggiamento presenta non solo il notevole vantaggio di consentire una rapida definizione delle cause penali e di alleggerire il carico di lavoro dei giudici, della procura e degli avvocati, ma costituisce anche, purché sia correttamente utilizzato, uno strumento efficace di lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata nonché un fattore di riduzione del numero di pene inflitte e, di conseguenza, del numero di detenuti (Corte EDU, 29 aprile 2014, Natsvlishvili e Togonidze c. Georgia, CE:ECHR:2014:0429JUD000904305, § 90).
58 Nella sua risposta ai quesiti della Corte, il giudice del rinvio ha precisato che, nell’ambito dell’approvazione da parte di un giudice dell’accordo, il collegio competente interroga l’imputato firmatario sugli aspetti sostanziali (la sua ammissione di colpevolezza) e procedurali (la rinuncia a un giudizio secondo il rito ordinario) e approva tale accordo solo se è confermato dall’interessato.
59 Rilevo che il giudice del rinvio sostiene inoltre che, in considerazione del potere del giudice di proporre modifiche all’accordo nel senso di una pena più elevata, la difesa ha «sempre» un interesse giuridico a che la decisione sia presa dal giudice che ha acquisito gli elementi di prova in sua presenza e sotto il suo controllo. Occorre sottolineare il carattere puramente speculativo, se non addirittura contraddittorio, di tali considerazioni, in quanto detto giudice indica, ai punti 51 e 52 della decisione di rinvio, che l’accordo di dichiarazione di colpevolezza concluso dall’imputato si traduce in una pena più lieve di quella che gli sarebbe stata inflitta nell’ambito del rito ordinario.
60 È la terza volta che il giudice del rinvio (o il suo predecessore) interpella la Corte su questa particolare norma processuale. Nella sentenza del 5 settembre 2019, AH e a. (Presunzione di innocenza) (C-377/18, EU:C:2019:670, punto 28), la Corte è stata attenta a segnalare di non essere stata interrogata in merito all’eventuale compatibilità con il diritto dell’Unione di una normativa nazionale che subordini, se del caso, l’approvazione giudiziaria, di un accordo che implica il riconoscimento di colpevolezza in cambio di una riduzione della pena, al consenso di altri imputati che non avevano ammesso la loro colpevolezza. Senza attendere la risposta della Corte nella presente causa, il giudice del rinvio ha nuovamente adito la Corte sulla conformità di una siffatta norma con il diritto dell’Unione e, in particolare, con l’articolo 20 della Carta (causa pendente C-398/23).
61 Sentenza del 1º luglio 2021, Commissione/Polonia (Regime disciplinare dei giudici) (C-791/19, EU:C:2021:596, punto 203).
62 Il giudice del rinvio fa espresso riferimento all’articolo 52 della Carta.
63 Ordinanza del 24 settembre 2019, Spetsializirana prokuratura (Presunzione di innocenza) (C-467/19 PPU, EU:C:2019:776, punto 34). È con riferimento a quest’ultimo punto che la Corte ha dichiarato, al punto 42 di tale ordinanza, che «il diritto dell’Unione» non impone agli Stati membri alcun obbligo di consentire alle loro autorità giudiziarie di tenere conto, all’atto della pronuncia della sentenza, del comportamento collaborativo degli indagati e degli imputati, segnatamente mediante la conclusione di un accordo con il pubblico ministero nel quale un soggetto riconosca la propria colpevolezza in cambio di una pena ridotta.
64 Sentenza del 13 giugno 2019, Moro (C-646/17, EU:C:2019:489, punti 63 e 72).
65 La Corte ha sottolineato che, secondo la Corte EDU, anche se l’articolo 6 della CEDU non menziona espressamente il diritto al silenzio, quest’ultimo costituisce una norma internazionale generalmente riconosciuta, che si trova al centro della nozione di equo processo [sentenza del 2 febbraio 2021, Consob (C-481/19, EU:C:2021:84, punto 38 e giurisprudenza ivi citata)].
66 V. articolo 381, paragrafi 1 e 6, del NPK.