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Document 62022CC0294
Opinion of Advocate General Emiliou delivered on 4 May 2023.#Office français de protection des réfugiés et apatrides, OFPRA v SW.#Request for a preliminary ruling from the Conseil d'État.#Reference for a preliminary ruling – Common policy on asylum and subsidiary protection – Directive 2011/95/EU – Article 12 – Exclusion from being a refugee – Person registered with the United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East (UNRWA) – Conditions for that person to be entitled ipso facto to the benefits of Directive 2011/95 – Cessation of UNRWA protection or assistance – Failure to provide medical care – Conditions.#Case C-294/22.
Conclusioni dell’avvocato generale N. Emiliou, presentate il 4 maggio 2023.
Office français de protection des réfugiés et apatrides contro SW.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Conseil d'État.
Rinvio pregiudiziale – Politica comune in materia di asilo e di protezione sussidiaria – Direttiva 2011/95/UE – Articolo 12 – Esclusione dallo status di rifugiato – Persona registrata presso l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA) – Presupposti affinché tale persona possa essere ipso facto ammessa ai benefici della direttiva 2011/95 – Cessazione della protezione o dell’assistenza dell’UNRWA – Mancata assistenza medica – Presupposti.
Causa C-294/22.
Conclusioni dell’avvocato generale N. Emiliou, presentate il 4 maggio 2023.
Office français de protection des réfugiés et apatrides contro SW.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Conseil d'État.
Rinvio pregiudiziale – Politica comune in materia di asilo e di protezione sussidiaria – Direttiva 2011/95/UE – Articolo 12 – Esclusione dallo status di rifugiato – Persona registrata presso l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA) – Presupposti affinché tale persona possa essere ipso facto ammessa ai benefici della direttiva 2011/95 – Cessazione della protezione o dell’assistenza dell’UNRWA – Mancata assistenza medica – Presupposti.
Causa C-294/22.
Court reports – general
ECLI identifier: ECLI:EU:C:2023:388
CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
NICHOLAS EMILIOU
presentate il 4 maggio 2023 ( 1 )
Causa C‑294/22
Office français de protection des réfugiés et apatrides (OFPRA)
contro
SW
[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia)]
«Rinvio pregiudiziale – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Asilo – Status di rifugiato o status conferito dalla protezione sussidiaria – Direttiva 2011/95/UE – Condizioni che i cittadini di paesi terzi e gli apolidi devono soddisfare per ottenere lo status di rifugiato – Apolide di origine palestinese che è ricorso all’assistenza dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA) – Articolo 12, paragrafo 1, lettera a) – Esclusione dallo status di rifugiato – Cessazione della protezione o dell’assistenza dell’UNRWA – Condizioni per essere ammessi ipso facto ai benefici della direttiva 2011/95 – Significato di “[q]uando siffatta protezione o assistenza cessi per qualsiasi motivo”»
I. Introduzione
1. |
SW, ricorrente nel procedimento principale, è un apolide di origine palestinese, nato in Libano, sotto la protezione dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (in prosieguo: l’«UNRWA»). Egli ha lasciato il Libano a causa del suo stato di salute critico e chiede asilo in Francia, sostenendo che la protezione o assistenza dell’UNRWA nei suoi confronti è «cess[ata]», poiché gli è impossibile ottenere, in Libano, l’assistenza e i trattamenti medici di cui necessita per sopravvivere ( 2 ). |
2. |
In tale contesto, la Corte di giustizia è chiamata a interpretare l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2011/95/UE ( 3 ) ancora una volta ( 4 ). In particolare, essa ha l’opportunità di stabilire se e, in caso affermativo, in quali circostanze si possa ritenere che la protezione o assistenza dell’UNRWA nei confronti di un apolide di origine palestinese «cessi» ai sensi di tale disposizione, e quest’ultimo sia ipso facto ammesso ai benefici di tale direttiva, in qualità di rifugiato, in una situazione in cui l’apolide non può ottenere l’assistenza medica di cui necessita nella zona operativa dell’UNRWA. |
II. Contesto normativo
A. Diritto internazionale
1. Convenzione di Ginevra
3. |
L’articolo 1, sezione D, della Convenzione di Ginevra ( 5 ) così recita: «La presente Convenzione non è applicabile alle persone che fruiscono attualmente della protezione o dell’assistenza di un’organizzazione o di un’istituzione delle Nazioni Unite che non sia l’Alto Commissari[ato] delle Nazioni Unite per i rifugiati. Se tale protezione o tale assistenza cessa per un motivo qualsiasi senza che la sorte di queste persone sia stata definitivamente regolata conformemente alle risoluzioni prese in merito dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, esse fruiscono di tutti i diritti derivanti dalla presente Convenzione». |
2. Risoluzioni dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite sull’UNRWA
4. |
L’UNRWA è stata istituita con la risoluzione n. 302 (IV) dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite dell’8 dicembre 1949. Il mandato di quest’ultima è stato regolarmente rinnovato e il suo attuale mandato scade il 30 giugno 2023. La zona operativa dell’UNRWA comprende Libano, Siria, Giordania, Cisgiordania (compresa Gerusalemme Est) e la Striscia di Gaza. |
5. |
Alla luce della natura delle sue operazioni, l’UNRWA deve essere considerata «un’organizzazione o (...) un’istituzione delle Nazioni Unite che non sia l’Alto Commissari[ato] delle Nazioni Unite per i rifugiati» ai sensi dell’articolo 1, sezione D, della Convenzione di Ginevra. |
6. |
Conformemente alla risoluzione n. 74/83 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, del 13 dicembre 2019, le operazioni dell’UNRWA sono condotte «tenendo conto del benessere, della protezione e dello sviluppo umano dei profughi palestinesi». Inoltre, essa fornisce «assistenza per provvedere ai bisogni essenziali in materia di sanità, di educazione e di sussistenza». |
B. Diritto dell’Unione
7. |
Il considerando 15 della direttiva 2011/95 così recita: «(15) La presente direttiva non si applica ai cittadini di paesi terzi o agli apolidi cui è concesso di rimanere nel territorio di uno Stato membro non perché bisognosi di protezione internazionale, ma per motivi caritatevoli o umanitari riconosciuti su base discrezionale». |
8. |
L’articolo 12 di tale direttiva, intitolato «Esclusione», prevede quanto segue: «1. Un cittadino di un paese terzo o un apolide è escluso dallo status di rifugiato se:
(…)». |
C. Diritto nazionale
9. |
La direttiva 2011/95 è stata recepita nel diritto francese dalla Loi no 2015‑925 du 29 juillet 2015 relative à la réforme du droit d’asile (legge n. 2015‑925, del 29 luglio 2015, sulla riforma del diritto di asilo) (JORF n. 0174 del 30 luglio 2015) e dal Décret no°2015-1166 du 21 septembre 2015 pris pour l’application de la loi no°°2015-925 du 29 juillet 2015 relative à la réforme du droit d’asile (decreto n. 2015-1166, del 21 settembre 2015, che attua la legge n. 2015‑925, del 29 luglio 2015, sulla riforma del diritto di asilo) (JORF n. 0219 del 22 settembre 2015). |
10. |
La legge n. 2015-925, del 29 luglio 2015, sulla riforma del diritto di asilo ha inserito l’articolo L711-3 nel Code de l’entrée et du séjour des étrangers et du droit d’asile (codice sull’ingresso e sul soggiorno degli stranieri e sul diritto d’asilo). Il primo comma di tale articolo, nella versione applicabile alla controversia, dispone quanto segue: «Lo status di rifugiato non è concesso a una persona cui si applica una delle clausole di esclusione previste all’articolo 1, sezione D, E o F, della Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 (…)». |
III. Fatti, procedimento nazionale e questioni pregiudiziali
11. |
SW è un apolide di origine palestinese. Lo stesso è nato nel 1976 in Libano e, fino al febbraio 2019, ha vissuto in tale paese, che fa parte della zona operativa dell’UNRWA. Egli è registrato presso l’UNRWA ed è pertanto legittimato a beneficiare della protezione o dell’assistenza di tale agenzia. Nel febbraio 2019 SW ha lasciato il Libano e nell’agosto 2019 è arrivato in Francia, dove ha presentato domanda di asilo. |
12. |
La domanda di asilo di SW è stata respinta con decisione dell’11 ottobre 2019 dell’Office Français de Protection des Réfugiés et des Apatrides (Ufficio francese per la protezione dei rifugiati e degli apolidi, Francia; in prosieguo: l’«OFPRA»), che gli ha negato sia lo status di rifugiato, sia la protezione sussidiaria. |
13. |
SW ha impugnato tale decisione dinanzi alla Cour nationale du droit d’asile (Corte nazionale per il diritto d’asilo, Francia; in prosieguo: la «CNDA»). La CNDA ha accertato come pertinenti i fatti qui di seguito esposti.
|
14. |
Con decisione del 9 dicembre 2020, la CNDA ha concesso a SW lo status di rifugiato, a motivo del fatto che l’UNRWA non era in grado di fornirgli un accesso sufficiente all’assistenza medica specialistica richiesta dal suo stato di salute. Inoltre, l’UNRWA non gli aveva garantito condizioni di vita conformi alla missione ad essa affidata e lo aveva posto in uno stato personale di grave insicurezza. Si doveva quindi ritenere che SW fosse stato costretto a lasciare il Libano. |
15. |
L’OFPRA ha impugnato tale decisione dinanzi al Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia) sostenendo, in primo luogo, che la CNDA non aveva verificato se SW avesse lasciato il Libano in quanto costretto a lasciare la zona operativa dell’UNRWA a causa di minacce alla sua sicurezza; in secondo luogo, che tale giudice era incorso un errore di diritto avendo statuito che l’impossibilità per l’UNRWA di finanziare o altrimenti fornire a SW assistenza sanitaria costituisse un motivo per ritenere che la protezione o assistenza effettiva da parte di tale agenzia fosse cessata, e, in terzo luogo, che esso era incorso in un errore di diritto anche avendo ritenuto che l’assunzione degli oneri relativi all’assistenza sanitaria specialistica ( 6 ) facesse parte della missione dell’UNRWA. Inoltre, l’OFPRA ha sostenuto che non era stato dimostrato che SW non potesse beneficiare di un’assistenza medica adeguata in Libano. |
16. |
Il Conseil d’État (Consiglio di Stato) ha ricordato che, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2011/95, una persona è esclusa dallo status di rifugiato se rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 1, sezione D, della Convenzione di Ginevra, come nel caso di un apolide di origine palestinese che sia ricorso alla protezione o all’assistenza dell’UNRWA, salvo che si debba ritenere che siffatta protezione o assistenza sia «cess[ata]». Richiamando la sentenza Abed El Karem El Kott e a., tale giudice ha rilevato che ciò accade qualora l’interessato sia obbligato a lasciare la zona operativa di detta agenzia, in quanto si trova in uno stato personale di grave insicurezza e l’UNRWA versa nell’impossibilità di assicurargli, in tale area, condizioni di vita conformi alla missione a quest’ultima affidata. |
17. |
In tali circostanze, il Conseil d’État (Consiglio di Stato) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
|
18. |
La domanda di pronuncia pregiudiziale, del 22 marzo 2022, è stata registrata il 3 maggio 2022. SW, i governi belga e francese nonché la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte. SW, il governo francese e la Commissione erano rappresentati all’udienza tenutasi il 26 gennaio 2023. |
IV. Analisi
19. |
L’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2011/95, che attua e integra nel diritto dell’Unione la disposizione di cui all’articolo 1, sezione D, della Convenzione di Ginevra ( 7 ), contiene sia una clausola di esclusione, sia una clausola di inclusione ( 8 ). |
20. |
Da un lato, esso prevede che, qualora una persona rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 1, sezione D, della Convenzione di Ginevra – nella fattispecie in quanto apolide di origine palestinese posto sotto la protezione o l’assistenza dell’UNRWA – essa è esclusa dalla concessione dello status di «rifugiato» ai sensi della direttiva 2011/95, esattamente così come detta persona è esclusa dallo status di «rifugiato» ai sensi della Convenzione di Ginevra ( 9 ). |
21. |
Dall’altro lato, qualora si possa ritenere che la protezione o assistenza sia «cess[ata]», detta persona è «ipso facto ammess[a] ai benefici» di tale direttiva (così come sarà ipso facto ammessa ai benefici della Convenzione di Ginevra). Da tale lex specialis discende che la clausola di esclusione di cui all’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2011/95 cessa di applicarsi a un apolide di origine palestinese soltanto ove si possa ritenere che la protezione o assistenza dell’UNRWA sia «cess[ata]». Tuttavia, in tal caso, la persona in questione deve essere considerata un «rifugiato» ai sensi di tale direttiva – e ha «pieno diritto» di usufruire del regime applicabile ai rifugiati in forza della medesima direttiva ( 10 ), senza dover soddisfare le condizioni applicabili agli altri richiedenti asilo ( 11 ). Come osservato dall’avvocato generale Mengozzi nelle sue conclusioni nella causa Alheto ( 12 ), le persone che rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2011/95 sono già riconosciute come rifugiati dalla comunità internazionale. Il motivo per cui sono soggette alla clausola di esclusione di tale disposizione è che esse beneficiano già di un programma speciale di protezione affidato a un’agenzia o a un organismo delle Nazioni Unite (nel caso di specie l’UNRWA). |
22. |
Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la clausola di inclusione di cui all’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2011/95 possa trovare applicazione nei confronti di un apolide di origine palestinese posto sotto la protezione o l’assistenza dell’UNRWA che sia impossibilitato ad avere accesso al trattamento medico richiesto dal suo stato di salute nella zona operativa di tale agenzia. Con la seconda questione, che dipende dalla risposta della Corte alla prima questione, si chiedono indicazioni in merito ai criteri che i giudici nazionali devono applicare al fine di individuare, tra tali situazioni, quelle alle quali tale clausola sia effettivamente applicabile. |
23. |
Esaminerò ciascuna delle due questioni in sequenza. |
A. Prima questione: la clausola di inclusione è applicabile?
24. |
Prima di analizzare il problema sollevato dalla prima questione, vorrei formulare alcune osservazioni preliminari di natura contestuale, riguardanti la situazione giuridica eccezionale degli apolidi di origine palestinese che sono ricorsi alla protezione o all’assistenza dell’UNRWA. |
1. Situazione giuridica eccezionale degli apolidi di origine palestinese che sono ricorsi alla protezione o all’assistenza dell’UNRWA
25. |
Ad oggi, e sebbene l’articolo 1, sezione D, della Convenzione di Ginevra sia formulato in termini ampi ( 13 ), è chiaro che la clausola di esclusione contenuta in tale disposizione – che, per un gioco di specchi, è uguale a quella di cui all’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2011/95 – si applica soltanto alle persone poste sotto la protezione o assistenza dell’UNRWA, vale a dire gli apolidi di origine palestinese situati nella zona operativa di tale agenzia, che siano effettivamente ricorsi a tale protezione o assistenza. |
26. |
Tali persone sono sottoposte a un regime speciale, poiché si tratta dell’unica categoria di persone escluse dalla concessione dello status di rifugiato ai sensi della Convenzione e della direttiva per effetto delle rispettive disposizioni. |
27. |
Come affermato dall’avvocato generale Sharpston ( 14 ), l’articolo 1, sezione D, della Convenzione di Ginevra è stato concepito in un contesto specifico. Esso è stato redatto poco dopo il conflitto arabo-israeliano del 1948, al fine, in particolare, di evitare un esodo di massa dall’area geografica prima costituita dalla Palestina e una sovrapposizione di competenze tra l’UNHCR e l’UNRWA ( 15 ). L’esclusione degli apolidi di origine palestinese da tale Convenzione era giustificata dal fatto che tali persone avrebbero dovuto beneficiare di un livello di protezione adeguato ed equivalente da parte dell’UNRWA nella sua zona operativa e, perciò, non avevano alcun motivo di ricorrere alla protezione offerta da tale strumento ( 16 ). |
28. |
Inoltre, il trattamento speciale degli apolidi di origine palestinese era inizialmente destinato a durare soltanto per un periodo limitato. L’obiettivo dell’articolo 1, sezione D, della Convenzione di Ginevra era quello di garantire la continuità della protezione di detti apolidi fino a che la loro posizione fosse definitivamente stabilita in conformità alle pertinenti risoluzioni dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite ( 17 ). Tuttavia, una soluzione a tal riguardo non è ancora stata trovata. Per questo motivo, l’articolo 1, sezione D, della Convenzione di Ginevra è ancora in vigore e il suo contenuto si riflette nell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2011/95. |
29. |
Fatte queste precisazioni, rilevo che, nell’ambito dell’applicazione della direttiva 2011/95, il regime speciale al quale sono soggetti gli apolidi di origine palestinese riguarda soltanto la loro possibilità di ottenere lo status di rifugiato, e non la protezione sussidiaria ( 18 ). |
30. |
In tale contesto, ricordo che la Convenzione di Ginevra e la direttiva 2011/95 esigono che alle persone che ottengono effettivamente lo status di rifugiato in forza di tali due strumenti sia riconosciuta una serie di diritti da parte del loro Stato ospitante e/o Stato membro. Tali diritti devono essere concessi allo stesso livello garantito ai cittadini di tale Stato o Stato membro o, quanto meno, allo stesso livello garantito agli stranieri nello stesso Stato o Stato membro ( 19 ). Per quanto riguarda l’assistenza sanitaria, rilevo che l’articolo 30 della direttiva 2011/95 stabilisce che i «beneficiari di protezione internazionale», vale a dire, sia i «rifugiati», sia i «beneficiari dello status di protezione sussidiaria» ai sensi di tale direttiva hanno diritto di accedere all’assistenza sanitaria secondo le stesse modalità previste per i cittadini dello Stato membro. |
31. |
Gli apolidi di origine palestinese che sono ricorsi alla protezione o all’assistenza dell’UNRWA non possono, a causa della loro situazione giuridica speciale, invocare detta disposizione salvo che e sino a quando la protezione o assistenza dell’UNRWA nei loro confronti sia «cess[ata]» ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della predetta direttiva o sia loro concessa la protezione sussidiaria. |
2. Quando la protezione o assistenza dell’UNRWA debba ritenersi «cess[ata]»: giurisprudenza della Corte
32. |
La Corte ha già chiarito diverse questioni concernenti l’interpretazione dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2011/95. In particolare, essa ha dichiarato che la «protezione o l’assistenza» dell’UNRWA ai sensi di tale disposizione deve ritenersi «cess[ata]» in caso di impossibilità per tale agenzia di svolgere i propri compiti ( 20 ). A tale riguardo, è sufficiente che detta cessazione si verifichi per «qualsiasi motivo», come indicato all’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva stessa. |
33. |
Basandosi sul significato di tali termini («qualsiasi motivo»), la Corte ha dichiarato che essi non si riferiscono soltanto ad accadimenti che riguardano direttamente l’UNRWA (ad esempio, la soppressione di tale agenzia). Infatti, il motivo per il quale viene meno siffatta protezione o assistenza può anche risultare da circostanze che, più in generale, obbligano l’interessato a lasciare la zona operativa dell’UNRWA e che sono indipendenti dalla sua volontà ( 21 ). |
34. |
A tal riguardo, la Corte ha inoltre precisato che si deve ritenere che una persona sia stata costretta a lasciare la zona operativa dell’UNRWA qualora consti, sulla base di una valutazione individuale di tutti gli elementi pertinenti ( 22 ), che si trovava in uno stato personale di grave insicurezza (primo criterio) e che l’UNRWA versava nell’impossibilità di assicurarle, in tale area, condizioni di vita conformi alla missione a quest’ultima affidata(secondo criterio) ( 23 ). |
35. |
Tutte le parti del procedimento principale e le parti interessate nella presente causa concordano sul fatto che questi due criteri sono quelli alla luce dei quali deve essere valutata la situazione di cui al procedimento principale, al fine di stabilire se la protezione o assistenza dell’UNRWA a SW sia «cess[ata]» ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2011/95 e, pertanto, se debba essergli concesso lo status di rifugiato. Rilevo che gli stessi criteri sono menzionati dal giudice del rinvio, nella sua prima questione, quali parametri pertinenti alla luce dei quali detta valutazione deve essere effettuata. |
3. Applicazione della clausola di inclusione ai casi relativi all’impossibilità di avere accesso a trattamenti medici nella zona operativa dell’UNRWA
a) Primo criterio: stato personale di grave insicurezza
36. |
È evidente, a mio avviso, che il primo criterio, ossia se l’interessato si trovi in uno stato personale di grave insicurezza, può essere soddisfatto in taluni casi in cui gli è impossibile avere accesso a un trattamento medico nella zona operativa dell’UNRWA. |
37. |
A tal riguardo, posso agevolmente riconoscere che la nozione di «stato personale di sicurezza» sembra, a prima vista, riguardare situazioni che implicano minacce esterne, e non interne, a una persona. Sembra più facile immaginare che uno stato personale di grave insicurezza possa derivare da una situazione di catastrofe naturale (come un’inondazione o un terremoto) oppure, come sostengono i governi belga e francese, dal fatto che un danno sia inflitto intenzionalmente da un’altra persona, da un ente o da una forza ( 24 ) rispetto a una situazione in cui la causa principale del danno a una persona consiste in una patologia che insorge naturalmente. Tuttavia, a mio avviso, e come sostiene la Commissione, tale nozione è sufficientemente ampia da includere anche siffatte situazioni di natura interna, quando una persona è vittima di un danno che non è intenzionalmente inflitto o causato da una situazione esterna, ma che insorge naturalmente, ed è meramente aggravato da fattori esterni (ad esempio, l’impossibilità dell’UNRWA di garantire condizioni materiali dignitose o di fornire un’assistenza medica adeguata) ( 25 ). |
38. |
Infatti, la Corte ha già suggerito che una persona può trovarsi in uno stato personale di grave insicurezza in una situazione in cui sostiene di non aver accesso a un’istruzione né a un’assistenza medica adeguata alle sue esigenze, tenuto conto della grave disabilità di cui è affetta dalla nascita ( 26 ). La nozione di «stato personale di sicurezza» è quindi già stata applicata in casi in cui la causa principale o originaria del danno alla persona non è esterna, ma legata a una disabilità o a una patologia che è congenita o, più in generale, che è insorta naturalmente ed è puramente interna a tale persona ( 27 ), e in cui soltanto la causa aggravante di tale danno, l’impossibilità di avere accesso ad assistenza o trattamenti medici, è legata ad elementi esterni alla persona interessata ( 28 ). |
39. |
A tal riguardo, è chiaro non soltanto che la causa principale del danno a una persona può essere puramente interna, ma anche, più in generale, che il motivo esterno che determina un aggravamento di detto danno (ossia il motivo esterno per cui detta persona non può avere accesso all’assistenza o ai trattamenti medici necessari nella zona operativa dell’UNRWA) è irrilevante. Detto accesso potrebbe essere stato volontariamente ritirato oppure l’assistenza o i trattamenti medici necessari potrebbero semplicemente essere divenuti indisponibili a causa dell’assenza di risorse materiali o fondi forniti dall’UNRWA, oppure per qualsiasi altro motivo (ad eccezione, lo ribadisco, dei motivi dipendenti dalla volontà dell’interessato e che non sono ad esso esterni). A differenza di quanto sostenuto dai governi belga e francese, non è necessario dimostrare che l’UNRWA o lo Stato nel cui territorio essa opera abbia inteso infliggere un danno a tale persona privandola dell’assistenza medica necessaria, mediante azione o omissione ( 29 ). Una considerazione di tal genere non costituisce un presupposto ( 30 ). |
40. |
Certamente, mi è chiaro che, oltre all’esistenza di minacce allo stato personale di sicurezza, debbano essere soddisfatti altri due requisiti. Sotto un primo profilo, le minacce devono essere tali da poter accertare uno stato personale di «grave insicurezza» e, sotto un secondo profilo, il livello di danno che la persona subirebbe se rimanesse nella zona operativa dell’UNRWA deve essere grave (diversamente, non si potrebbe ritenere tali minacce sufficientemente gravi da incidere sulla «sicurezza personale»). Quanto al primo di tali requisiti, ossia l’esistenza di una «grave insicurezza» mi sembra evidente che i termini «grave insicurezza» si riferiscano all’autenticità del rischio che le pertinenti minacce allo stato personale di sicurezza si concretizzino e che lo stato personale di sicurezza della persona sia pregiudicato qualora rimanga nella zona operativa dell’UNRWA. Per essere chiaro, concordo con il ricorrente nel procedimento principale sul fatto che le minacce non possono essere puramente ipotetiche. Esse devono essere sufficientemente reali, così da determinare uno stato personale di grave insicurezza. |
41. |
Per quanto concerne il secondo di tali requisiti, segnatamente il fatto che il livello di danno subìto sia sufficientemente grave da poter ritenere che le minacce incidano sulla «sicurezza personale», illustrerò più dettagliatamente la soglia richiesta a tal riguardo nell’ambito della mia risposta alla seconda questione, nel prosieguo. Tuttavia, è sufficiente rilevare, per ora, che almeno alcuni casi di impossibilità di accesso ai trattamenti medici necessari, in particolare quelli in cui, in assenza di tali trattamenti, la vita dell’interessato è a rischio, raggiungono, a mio avviso, la soglia del danno grave. |
42. |
A tal riguardo, osservo che la Commissione ritiene, ad esempio, che la situazione di SW integri una di tali ipotesi. Ricordo che SW soffre di un grave disturbo genetico. Fatta salva la verifica del giudice del rinvio, risulta che, qualora SW non abbia accesso al trattamento medico necessario, la sua aspettativa di vita e le sue possibilità di sopravvivenza sarebbero sensibilmente ridotte, e ciò non è contestato dalle parti del procedimento principale. Certamente, in tali circostanze, l’entità del danno subito deve essere considerata grave. |
43. |
Dopo aver fornito tali precisazioni e spiegato il motivo per cui ritengo che possa sussistere uno stato personale di grave insicurezza in una situazione in cui una persona sostiene di non poter accedere, nella zona operativa dell’UNRWA, a un’assistenza medica adeguata alle sue esigenze, svolgerò due osservazioni aggiuntive. |
44. |
In primo luogo, a differenza di quanto sostenuto dai governi belga e francese, sono dell’avviso che, al fine di accertare uno stato personale di grave insicurezza, non sia necessario valutare se una persona quale SW abbia un «timore fondato di essere perseguitato» o corra un «rischio effettivo di subire un danno grave», ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, e dell’articolo 6 della direttiva 2011/95. Il requisito di trovarsi in uno stato personale di grave insicurezza non è legato, come spiegato dalla Commissione, all’esistenza di un siffatto «timore fondato di essere perseguitato o (…) rischio effettivo di subire un danno grave» ai sensi di quelle disposizioni che, tra l’altro, riguardano soltanto la persecuzione o il danno grave inflitti da taluni responsabili. |
45. |
Diversamente, un apolide di origine palestinese quale SW dovrebbe dimostrare, per rientrare nell’ambito di applicazione della clausola di inclusione di cui all’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), di tale direttiva, di soddisfare le stesse condizioni previste per le persone che non rientrano nell’ambito di applicazione della suddetta disposizione. Ciò vanificherebbe lo scopo della lex specialis contenuta in tale disposizione, ai sensi della quale una persona che rientra in detta disposizione è ammessa ipso facto a beneficiare dello status di «rifugiato», qualora sia in grado di dimostrare che la protezione o assistenza dell’UNRWA nei suoi confronti sia «cess[ata]», senza dover soddisfare le condizioni generali elencate in tale direttiva che si applicano unicamente agli altri richiedenti asilo ( 31 ). Inoltre, ciò porterebbe, in sostanza, a confondere tali due questioni giuridiche ben distinte. |
46. |
In secondo luogo, desidero altresì chiarire che, al fine di dimostrare che l’interessato si trova in una situazione personale di grave insicurezza, non è necessario valutare sistematicamente se esista una situazione di grave insicurezza, per l’interessato, in ciascuno dei territori in cui opera tale agenzia. Ciò sarebbe del tutto irragionevole. Di converso, è sufficiente prendere in considerazione tutti i settori della zona operativa dell’UNRWA nei cui territori l’interessato dispone della possibilità concreta di accedere e di soggiornare in sicurezza ( 32 ). |
b) Secondo criterio: se l’UNRWA versi nell’impossibilità di assicurare all’interessato, nella zona operativa di detta agenzia, condizioni di vita conformi alla missione ad essa affidata
47. |
Per quanto concerne il secondo criterio, ossia l’impossibilità, per l’UNRWA, di assicurare all’interessato, nella zona operativa di detta agenzia, condizioni di vita conformi alla missione ad essa affidata, rilevo che le discussioni tra le parti del procedimento principale e le parti interessate nella presente causa si sono concentrate sul modo in cui la «missione» dell’UNRWA deve essere intesa, in generale (1) e alla luce delle esigenze mediche o sanitarie, nello specifico (2). |
48. |
Il governo francese ritiene, a tal riguardo, che la missione dell’UNRWA comprenda soltanto la fornitura di assistenza medica primaria, di base, ad esclusione di trattamenti medici specialistici più complessi, come quelli di cui SW necessita. A suo avviso, non si può ritenere che la missione dell’UNRWA sia «cess[ata]» ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2011/95, in una situazione in cui un apolide di origine palestinese sia impossibilitato ad ottenere accesso a trattamenti medici relativamente poco comuni e/o complessi al di là di siffatta assistenza medica di base. |
49. |
Spiegherò nel prosieguo il motivo per cui non sono d’accordo. |
1) Missione dell’UNRWA, in generale
50. |
Ricordo anzitutto che l’UNRWA è finanziata principalmente da contributi volontari degli Stati membri dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Di conseguenza, la sua capacità operativa varia in funzione delle decisioni periodicamente adottate da tali Stati membri, che possono ovviamente, mutare nel corso del tempo, in funzione dei vincoli di bilancio e di una moltitudine di altri fattori. A mio avviso, tale circostanza non significa, tuttavia, che la missione stessa dell’UNRWA cambi, parallelamente alla sua capacità operativa. Infatti, le due cose sono ben diverse: la «capacità operativa» si riferisce ai «mezzi» disponibili, mentre la «missione» riguarda la «finalità principale» (o «raison d’être») dell’UNRWA. In termini generali, i mezzi per operare possono sovente cambiare, ma la finalità principale dovrebbe, in un certo senso, essere immutabile nel tempo, e, presumibilmente, duratura. |
51. |
A mio avviso, è tale finalità principale o «raison d’être» dell’UNRWA, immutabile nel tempo e duratura, che la Corte ha inteso cogliere allorché ha qualificato la «missione» dell’UNRWA come elemento pertinente per determinare se «[l’UNRWA] versi nell’impossibilità di assicurar[e all’interessato, nella zona operativa di detta agenzia], condizioni di vita conformi alla missione a quest’ultim[a] affidata» e, di conseguenza, se entri in gioco la clausola di inclusione di cui all’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2011/95. La questione se l’UNRWA disponga di mezzi materiali sufficienti e la questione concernente la sua capacità operativa si riferiscono non alla portata della missione in sé, bensì alla (im)possibilità, per tale agenzia, di svolgere la sua missione. |
52. |
In tale contesto, ricordo che, come sottolineato dalla Commissione, la missione dell’UNRWA (vale a dire la sua finalità principale) non è definita in alcuno statuto ma discende invece dalle pertinenti risoluzioni dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Pertanto, tale missione non può essere dedotta da un’unica fonte. Inoltre, la formulazione impiegata nelle varie risoluzioni dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite a tal riguardo è alquanto ampia. In particolare, conformemente alla risoluzione n. 74/83 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, del 13 dicembre 2019, l’UNRWA svolge le sue operazioni per il «benessere, la protezione e lo sviluppo umano dei profughi palestinesi», in generale. |
53. |
La Corte si è basata su detta formulazione nella sua giurisprudenza, nella quale ha rilevato che l’UNRWA è stata istituita per proteggere e assistere le persone registrate presso detta agenzia «allo scopo di favorire il [loro] benessere come rifugiat[i]» ( 33 ). |
54. |
La Corte ha altresì dichiarato che, come risulta dalla lettura di varie risoluzioni dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, la finalità alla base del regime specifico applicabile agli apolidi di origine palestinese è garantire la continuità della protezione di tale gruppo di persone, nonché assicurare loro un’effettiva protezione o assistenza, e non soltanto garantire l’esistenza di un organo o di un’agenzia incaricati di fornire tale assistenza o protezione ( 34 ). Di conseguenza, sembrerebbe che la Corte concepisca la missione dell’UNRWA nel senso che include la fornitura di protezione o assistenza effettiva (e non meramente astratta) alle persone registrate presso di essa, al fine di promuoverne il «benessere». |
55. |
Alla luce delle considerazioni che precedono, analizzerò ora, nello specifico, ciò che è incluso nella «missione» dell’UNRWA per quanto concerne le esigenze mediche o sanitarie di tali persone. |
2) Missione dell’UNRWA per quanto concerne, specificamente, le esigenze mediche o sanitarie
56. |
Dato che la missione dell’UNRWA di fornire protezione o assistenza effettiva alle persone registrate presso di essa non è chiaramente definita e non può essere dedotta da un’unica fonte, la Corte ha chiesto alle parti e alle parti interessate, in udienza, di precisare in che cosa consista la missione dell’UNRWA per quanto concerne le esigenze mediche o sanitarie di tali persone. |
57. |
Nelle loro risposte, tutte le parti e le parti interessate hanno fatto riferimento a quanto contenuto nella risoluzione n. 74/83 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, del 13 dicembre 2019, dalla quale deducono che la missione dell’UNRWA consiste in un’«assistenza»effettiva«per far fronte a esigenze sanitarie di base». Tuttavia, le parti e le parti interessate hanno inteso tali termini in modo diverso. |
58. |
Infatti, da un lato, il ricorrente nel procedimento principale, con il quale la Commissione concorda, ha sottolineato che non è importante esaminare se un determinato tipo di trattamento medico sia incluso o escluso dalla missione dell’UNRWA in generale. È necessario adottare un approccio teleologico, concentrandosi piuttosto sul livello di protezione o assistenza che deve essere concesso agli apolidi di origine palestinese nella zona operativa dell’UNRWA e valutare, caso per caso, se le esigenze mediche o sanitarie specifiche dell’interessato siano soddisfatte, alla luce di tale livello. Il tipo di trattamento medico, anche se altamente specialistico, è irrilevante. |
59. |
Dall’altro lato, il governo francese ha sostenuto, come ho già indicato al precedente paragrafo 48, che la nozione di «assistenza per far fronte a esigenze sanitarie di base» include soltanto la fornitura di assistenza medica primaria, di base ( 35 ). Detto governo ritiene che l’UNRWA non sia responsabile della fornitura di trattamenti medici più complessi o specialistici. |
60. |
Non condivido tale punto di vista. Mi sembra che il governo francese confonda la missione dell’UNRWA di prestare assistenza effettiva al fine di soddisfare esigenze mediche o sanitarie di base (che mira a garantire, sulla base di un approccio orientato ai fini piuttosto che ai mezzi, la soddisfazione delle esigenze mediche o sanitarie di base delle persone registrate presso l’UNRWA, indipendentemente dai mezzi necessari a tal fine) con un dovere di fornire assistenza sanitaria di base, vale a dire un dovere di mettere a disposizione di queste stesse persone talune minime risorse mediche (ad esempio, fornendo kit di pronto soccorso o medicinali di base, che non siano complessi o specialistici). |
61. |
A tal riguardo, ritengo che, indubbiamente, l’UNRWA non possa garantire accesso a ogni tipo di medicinale o trattamento medico disponibile. Tuttavia, conformemente alla sua missione di prestare «assistenza per far fronte a esigenze sanitarie di base», essa deve prestare assistenza effettiva alle persone registrate presso di essa nell’accedere all’assistenza o ai trattamenti medici necessari a soddisfare le loro esigenze sanitarie o mediche di base – soprattutto quando l’assistenza o i trattamenti in questione sono indispensabili per combattere una patologia che, in assenza di essi, potrebbe purtroppo portare al decesso. Mi soffermerò sul livello di gravità o serietà a tal fine necessario, al fine di individuare ciò che rileva quale necessità sanitaria o medica di base, nella sezione B che segue, nell’ambito della mia risposta alla seconda questione. Tuttavia, posso già affermare, in questa fase, che, qualora una persona si trovi in una situazione di rischio per la propria vita, come sembra essere il caso di SW ( 36 ), a causa del fatto che l’UNRWA non è in grado di prestarle assistenza effettiva o che non le presta siffatta assistenza nell’accesso all’assistenza o ai trattamenti medici richiesti dalla sua malattia o patologia, si deve ritenere che l’UNRWA versi nell’impossibilità di garantire la soddisfazione delle esigenze sanitarie o mediche di tale persona e, quindi, di assicurarle, nella zona operativa di detta agenzia, condizioni di vita conformi alla missione a quest’ultima affidata. |
62. |
Per essere chiaro, posso agevolmente riconoscere che il trattamento medico al quale SW deve sottoporsi è alquanto complesso e/o specialistico. Le informazioni fornite nel fascicolo indicano che SW ha bisogno non soltanto di trasfusioni di sangue, ma anche di assumere un medicinale specialistico, disponibile soltanto a un determinato costo (che l’UNRWA afferma di non poter sostenere). Tuttavia, a mio avviso, la complessità del trattamento, il suo alto costo o il suo carattere specialistico non sono pertinenti ai fini della portata della missione stessa dell’UNRWA, bensì ai fini della questione se sia possibile o meno, per tale agenzia, adempiere alla sua missione ( 37 ). |
63. |
A tal riguardo, ricordo che, al fine di determinare se l’UNRWA versi nell’impossibilità di assicurare all’interessato, nella zona operativa di detta agenzia, condizioni di vita conformi alla missione a quest’ultima affidata, le autorità amministrative o giudiziarie competenti devono verificare se la persona interessata sia effettivamente in grado di beneficiare della protezione o assistenza necessaria ( 38 ). Il fatto che l’UNRWA non sia affatto in grado di fornire la protezione o assistenza necessaria per soddisfare le esigenze mediche o sanitarie di base dell’interessato, o che possa farlo, ma non in modo effettivo (ad esempio, perché il medicinale o trattamento non è agevolmente accessibile oppure perché l’UNRWA non dispone delle risorse finanziarie o del budget necessario) è pertinente ai fini di accertare detta impossibilità, ma non esclude la situazione di cui trattasi dalla portata della missione dell’UNRWA ( 39 ). |
4. Conclusione sulla prima questione
64. |
Alla luce delle conclusioni appena raggiunte, ritengo che i due criteri enunciati al paragrafo 34 delle presenti conclusioni, utilizzati per stabilire se la protezione o assistenza dell’UNRWA sia «cess[ata]» ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2011/95, possano essere soddisfatti in una situazione in cui un apolide di origine palestinese, che è ricorso alla protezione o assistenza dell’UNRWA, sia impossibilitato ad avere accesso al trattamento medico richiesto dal suo stato di salute nella zona operativa di tale agenzia. Di conseguenza, siffatta situazione può rientrare nell’ambito di applicazione della clausola di inclusione prevista da tale disposizione, e non ne è esclusa. |
65. |
Considerazioni di ordine pratico rafforzano, a mio avviso, tale interpretazione. Infatti, qualora la Corte decidesse in senso contrario, non soltanto una persona nella situazione di SW non sarebbe ipso facto ammessa ai benefici di tale direttiva (in forza della clausola di inclusione di cui all’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2011/95), ma le sarebbe altresì impedito di ottenere lo status di «rifugiato» ai sensi di qualsiasi altra disposizioni della direttiva 2011/95, poiché essa sarebbe del tutto esclusa da tale direttiva, in applicazione della clausola di esclusione ivi contenuta. In altri termini, detta persona si troverebbe in una situazione meno favorevole rispetto a quella di altri richiedenti asilo (quelli ai quali non si applica l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2011/95), poiché tali altre persone potrebbero, perlomeno, fondarsi su tali condizioni generali per invocare lo status di rifugiato, al contrario di detta persona. Tale soluzione sarebbe chiaramente in contrasto, a mio avviso, con l’obiettivo dell’articolo 1, sezione D, della Convenzione di Ginevra, che ho richiamato al precedente paragrafo 27 e che consiste nel garantire protezione e assistenza agli apolidi di origine palestinese. |
66. |
Ciò premesso, ritengo che una risposta affermativa alla prima questione non significhi che tutti gli apolidi di origine palestinese che si limitino a lamentarsi dell’assistenza medica ricevuta (o non ricevuta) nella zona operativa dell’UNRWA siano ipso facto legittimati al riconoscimento dello status di rifugiato ai sensi della direttiva 2011/95. Esaminerò ora tale aspetto più dettagliatamente, nell’ambito della seconda questione. |
B. Seconda questione: quando si applica la clausola di inclusione in situazioni mediche?
67. |
Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede quali siano i criteri che i giudici nazionali devono applicare per determinare le situazioni – tra quelle in cui un apolide di origine palestinese che sia ricorso alla «protezione o assistenza» dell’UNRWA sostiene di essere impossibilitato ad avere accesso alle cure o ai trattamenti medici richiesti dal suo stato di salute nella zona operativa pertinente dell’UNRWA – rientranti nell’ambito di applicazione della clausola di inclusione di cui all’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2011/95. |
68. |
In via preliminare, svolgerò tre importanti osservazioni. |
69. |
In primo luogo, desidero spendere alcune parole sulla soluzione proposta dal governo francese. Secondo tale governo, un caso come quello di cui trattasi nel procedimento principale non dovrebbe essere risolto tenendo conto della clausola di inclusione di cui all’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2011/95, bensì basandosi unicamente sulle disposizioni nazionali ( 40 ) che riconoscono ai cittadini di paesi terzi o agli apolidi, in talune circostanze limitate, la possibilità di rimanere nel territorio degli Stati membri, in particolare in ragione del loro stato di salute. |
70. |
A sostegno di tale conclusione, il governo francese fa riferimento al considerando 15 della direttiva 2011/95, ai sensi del quale gli Stati membri possono permettere a dette persone, su base discrezionale, di rimanere nel loro territorio, per motivi caritatevoli o umanitari. Lo stesso considerando indica che le persone che beneficiano di tale possibilità non rientrano nell’ambito di applicazione di tale direttiva, ma ne sono escluse. |
71. |
A mio avviso, e a differenza di quanto sostenuto da detto governo, tale considerando non può essere inteso nel senso che una persona debba essere esclusa dall’ambito di applicazione della direttiva 2011/95 ogni qual volta possa invocare disposizioni nazionali che concedono un diritto di soggiorno per motivi caritatevoli o umanitari. Di converso, esso si limita a indicare che, qualora a una persona sia stato effettivamente concesso siffatto diritto di soggiorno, essa è esclusa dall’ambito di applicazione di tale direttiva. Ne consegue che, salvo in tali circostanze specifiche, le autorità amministrative o giudiziarie competenti devono verificare, anzitutto, se l’interessato abbia diritto alla protezione internazionale (o, qualora si tratti di un apolide di origine palestinese, se rientri o meno nell’ambito di applicazione della clausola di inclusione di cui all’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2011/95) e, soltanto in caso contrario, dovrebbero procedere a valutare se l’interessato possa beneficiare di una protezione nazionale per motivi caritatevoli o umanitari a norma del diritto nazionale. Non vedo pertanto alcun motivo per il quale quest’ultimo tipo di tutela debba prevalere, come suggerisce il governo francese, sul primo tipo di protezione. |
72. |
In secondo luogo, per stabilire se la protezione o l’assistenza dell’UNRWA sia «cess[ata]» ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2011/95, occorre effettuare una valutazione tanto in fatto quanto in diritto. Ai fini della valutazione in fatto, ricordo che, come ho già indicato al precedente paragrafo 34, è necessario procedere a una valutazione individuale, tenendo conto di tutte le circostanze pertinenti, che possono essere legate all’interessato (come ad esempio, il suo stato di salute, il trattamento di cui ha bisogno e, con l’ausilio di esperti, le conseguenze concrete dell’assenza di tale trattamento) oppure avere carattere contestuale, come, in particolare, il fatto che l’assistenza o i trattamenti medici richiesti siano disponibili o meno negli Stati membri e la situazione specifica dello Stato o degli Stati in cui l’UNRWA opera ( 41 ). Questo è, a mio avviso, un punto assai importante. Invero, in una situazione come quella di cui alla presente causa, le condizioni di vita in Libano degli apolidi di origine palestinese, nel loro complesso, unitamente a quelle che SW deve, personalmente, affrontare, sono pertinenti ai fini di stabilire se la protezione o assistenza dell’UNRWA sia «cess[ata]». |
73. |
Nella fattispecie in esame, ciò implica che, per valutare se SW sia ammesso ai benefici della direttiva 2011/95, occorre tener conto del trattamento medico del quale potrebbe beneficiare direttamente dall’UNRWA o dal sistema sanitario libanese con l’assistenza di tale agenzia, dato che egli è registrato presso l’UNRWA in Libano. A un livello più ampio, è impossibile isolare le azioni (o le omissioni) dell’UNRWA dal contesto in cui tale organismo opera ( 42 ). |
74. |
In terzo luogo, per quanto riguarda la valutazione in diritto, condivido il parere dei governi belga e francese secondo cui non tutti i problemi di salute o le patologie per le quali non è disponibile un trattamento nella zona in cui l’UNRWA opera possono condurre alla conclusione che la «protezione o assistenza» di tale organismo sia cessata. È richiesta una certa soglia di gravità, e soltanto situazioni eccezionali possono, a mio avviso, consentire movimenti da una zona di protezione (la zona operativa dell’UNRWA) a un’altra (uno Stato membro). Se così non fosse, si potrebbe facilmente giungere a una situazione in cui qualsiasi persona soggetta alla clausola di esclusione di cui all’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2011/95 la quale ritenga che l’assistenza o i trattamenti medici che ha ricevuto (o che potrebbe ricevere) nella zona operativa dell’UNRWA non siano altrettanto efficaci o avanzati quanto quelli che potrebbe ricevere in uno Stato membro, potrebbe sostenere che la «protezione o assistenza» di detta agenzia nei suoi confronti sia «cess[ata]» e ottenere lo status di rifugiato ai sensi della direttiva 2011/95. |
75. |
La soglia di gravità deve, di conseguenza, essere sufficientemente elevata da agire come un fattore limitante ed evitare un «approccio selettivo» di questo genere, nonché un’«inondazione» di innumerevoli domande di asilo provenienti da apolidi di origine palestinese. Allo stesso tempo, se la soglia di gravità fosse «troppo elevata», potrebbe rendere praticamente impossibile, per una persona, avvalersi della clausola di inclusione di cui all’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2011/95, anche in circostanze in cui siano lesi i diritti di detta persona sanciti nella Carta, quali, in particolare, il diritto alla dignità umana, il diritto alla vita e il diritto a non essere sottoposto a tortura o a pene o trattamenti degradanti ( 43 ), che non ammettono deroghe ( 44 ). È pertanto necessario trovare un equilibrio adeguato. |
76. |
Fatte queste precisazioni, ricordo che, come ho spiegato nella precedente sezione A, affinché la «protezione o assistenza» dell’UNRWA possa considerarsi «cess[ata]», devono essere soddisfatti due criteri: il richiedente deve trovarsi in uno stato personale di grave insicurezza (primo criterio) e l’UNRWA deve versare nell’impossibilità di assicurargli, in tale zona, condizioni di vita conformi alla missione ad essa affidata (secondo criterio). |
77. |
Considerato che, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, il secondo criterio richiede, in sostanza, di stabilire se sia divenuto impossibile, per l’UNRWA, garantire il soddisfacimento delle esigenze mediche e sanitarie di base dell’interessato, qualora egli rimanga nella zona operativa di tale agenzia, il primo criterio può essere scomposto, a mio avviso, in tre requisiti. Sotto un primo profilo, è necessaria l’esistenza di una o più minacce alla sicurezza dell’interessato che, nella fattispecie, consiste nella patologia, insorta naturalmente, di cui egli soffre (una minaccia interna), aggravata da fattori esterni. Sotto un secondo profilo, tali minacce devono essere tali da determinare una «grave insicurezza» dello stato personale (in altri termini, non può trattarsi di minacce meramente ipotetiche, bensì di minacce sufficientemente reali). Sotto un terzo profilo, il danno che la persona subirebbe rimanendo nella zona operativa dell’UNRWA deve essere sufficientemente grave (altrimenti le minacce in questione non potrebbero essere considerate sufficientemente gravi da determinare uno stato personale di «grave insicurezza». |
78. |
In tale contesto, mi sembra evidente che, per quanto riguarda il terzo requisito, occorra stabilire una determinata soglia relativa alla gravità del danno. Parimenti, anche il secondo criterio, che impone di tracciare una linea tra le situazioni nelle quali le esigenze mediche e sanitarie di base di una persona possono essere considerate soddisfatte e quelle in cui non possono esserlo, richiede la fissazione di una determinata soglia. Infatti, a mio avviso, le esigenze mediche e sanitarie «di base», includono soltanto talune esigenze mediche e sanitarie essenziali che, se non soddisfatte, comporterebbero il decesso o un danno grave. Ne consegue che, anche per quanto concerne detto criterio, l’attenzione deve concentrarsi sull’esistenza di un danno grave. |
79. |
Per quanto riguarda ciò che si deve intendere per «danno grave», ricordo che il considerando 16 della direttiva 2011/95 richiama l’importanza del rispetto dei diritti fondamentali riconosciuti nella Carta ( 45 ), come interpretati nella giurisprudenza della Corte e, in forza dell’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo; la «Corte EDU») relativa ai diritti corrispondenti. È altresì pacifico che l’articolo 4 della Carta, che tutela il diritto alla vita e il diritto a non essere sottoposto a tortura o a pene o trattamenti degradanti, corrisponde all’articolo 3 della CEDU ( 46 ). |
80. |
Per quanto riguarda quest’ultima disposizione, dalla giurisprudenza della Corte EDU risulta che la sofferenza causata da una malattia naturalmente insorta, sia essa fisica o mentale, è sufficientemente grave ( 47 ) quando, in particolare, sussistono seri motivi per ritenere che, sebbene non corra nessun rischio imminente di morire, l’interessato si trovi di fronte, in ragione dell’assenza di trattamenti adeguati, o in mancanza di accesso ad essi, a un rischio reale di essere esposto un declino grave, rapido e irreversibile delle sue condizioni di salute, idoneo a comportare intense sofferenze o una significativa riduzione della sua speranza di vita. |
81. |
A mio avviso, nella presente causa occorre fare ricorso alla stessa soglia. Si deve ritenere che una persona sia esposta a un serio rischio di subire un danno grave, e che le sue esigenze mediche o sanitarie di base non siano soddisfatte in una situazione in cui i) essa corra un rischio imminente di morire o ii) sussistano seri motivi per ritenere che, sebbene non corra nessun rischio imminente di morire, la stessa si trovi di fronte, in ragione dell’assenza di trattamenti adeguati, o in mancanza di accesso ad essi, a un rischio reale di essere esposta un declino grave, rapido e irreversibile delle sue condizioni di salute, idoneo a comportare intense sofferenze o una significativa riduzione della sua speranza di vita. |
82. |
Si tratta di una soglia alquanto elevata. È importante notare che tale soglia si basa unicamente sul livello di danno che la persona interessata rischia in modo serio o reale di subire, indipendentemente dal tipo di patologia di cui soffre e del fatto che sia rara o comune. |
83. |
A titolo di osservazione finale, desidero aggiungere che la soglia che ho appena suggerito è, a mio avviso, strettamente connessa al rispetto della dignità umana. Ricordo che il considerando 16 della direttiva 2011/95 precisa che quest’ultima mira «in particolare» ad assicurare il pieno rispetto della dignità umana. Inoltre, la Corte ha già fatto riferimento alla dignità umana nella sua sentenza Bundesrepublik Deutschland (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese), nella quale ha dichiarato che non si può ritenere che una persona sia stata costretta a lasciare la zona operativa dell’UNRWA qualora abbia potuto soggiornarvi in sicurezza, in condizioni di vita dignitose e senza essere esposta al rischio di essere respinta nel territorio della sua dimora abituale finché non fosse in grado di farvi ritorno in sicurezza ( 48 ). |
84. |
Sia la Commissione, sia il ricorrente nel procedimento principale ritengono che la questione se una persona registrata presso l’UNRWA possa soggiornare in «condizioni di vita dignitose» nella zona operativa di tale agenzia è pertinente ai fini di valutare se essa sia esposta a un rischio serio o reale di subire un danno grave e se le sue esigenze mediche o sanitarie di base siano soddisfatte. |
85. |
Concordo con tale impostazione. A mio avviso, la soglia che ho indicato al precedente paragrafo 81 non è che un’espressione più dettagliata di questo stesso requisito ( 49 ). |
V. Conclusione
86. |
Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali proposte dal Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia) nei seguenti termini:
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( 1 ) Lingua originale: l’inglese.
( 2 ) Alla fine del 2021, 5,8 milioni di rifugiati palestinesi rientravano nel mandato dell’UNRWA, mentre 21,3 milioni di rifugiati godevano della protezione dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (in prosieguo: l’«UNHCR») (v. UNHCR, 16 giugno 2022, «Global displacement hits another record, capping decade-long rising trend», disponibile all’indirizzo internet: https://www.unhcr.org/news/press/2022/6/62a9d2b04/unhcr-global-displacement-hits-record-capping-decade-long-rising-trend.html).
( 3 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (GU 2011, L 337, pag. 9).
( 4 ) V. sentenza del 17 giugno 2010, Bolbol (C‑31/09, EU:C:2010:351; in prosieguo: la «sentenza Bolbol»); del 19 dicembre 2012, Abed El Karem El Kott e a. (C‑364/11, EU:C:2012:826; in prosieguo: la «sentenza Abed El Karem El Kott e a.»); del 25 luglio 2018, Alheto (C‑585/16, EU:C:2018:584; in prosieguo: la «sentenza Alheto»); del 13 gennaio 2021, Bundesrepublik Deutschland (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese) (C‑507/19, EU:C:2021:3; in prosieguo: la «sentenza Bundesrepublik Deutschland (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese)»; e del 3 marzo 2022, Secretary of State for the Home Department (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese) (C‑349/20, EU:C:2022:151; in prosieguo: la «sentenza Secretary of State for the Home Department (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese»). Molte di queste sentenze riguardano l’interpretazione dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta (GU 2004, L 304, pag. 12), che è stata abrogata e sostituita dalla direttiva 2011/95. Tuttavia, poiché la suddetta disposizione è uguale all’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), di quest’ultima direttiva, farò riferimento indistintamente alle sentenze concernenti l’uno o l’altro di detti strumenti.
( 5 ) Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 (United Nations Treaty Series, vol. 189, n. 2545, 1954, pag. 150), entrata in vigore il 22 aprile 1954. Essa è stata integrata e modificata dal Protocollo relativo allo status dei rifugiati del 31 gennaio 1967, concluso a New York il 31 gennaio 1967 ed entrato in vigore il 4 ottobre 1967 (in prosieguo: la «Convenzione di Ginevra»).
( 6 ) Nella domanda di pronuncia pregiudiziale sono utilizzati i termini «assistenza sanitaria terziaria». Tali termini devono essere intesi, come spiegato dalle parti e dagli interessati in udienza, nel senso che si riferiscono a un’assistenza medica che implica diagnosi, procedure e trattamenti avanzati e complessi.
( 7 ) Ai sensi del considerando 3 della direttiva 2011/95, il sistema di asilo dell’Unione è basato «sull’applicazione, in ogni sua componente, della convenzione di Ginevra», e una serie di disposizioni di tale direttiva rinvia a disposizioni della Convenzione o ne riprende il contenuto. Inoltre, l’articolo 18 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») prevede che «[i]l diritto di asilo è garantito nel rispetto delle norme stabilite dalla convenzione di Ginevra» e, ai sensi dell’articolo 78, paragrafo 1, TFUE, la politica comune in materia di asilo «deve essere conforme» a detta convenzione. Ne consegue che, sebbene l’Unione europea non sia firmataria della Convenzione di Ginevra, il quadro giuridico dell’Unione in materia di asilo deve essere interpretato in conformità a tale convenzione (v. anche, in tal senso, sentenza Bolbol, punto 37).
( 8 ) V., in tal senso, sentenza Alheto, punto 87. In tale sentenza, la Corte ha definito la clausola di esclusione come una «causa di esclusione dallo status di rifugiato» e la clausola di inclusione come una «causa di cessazione dell’applicazione di detta causa di esclusione». Per una questione di praticità, preferisco invece utilizzare i termini «clausola di esclusione» e «clausola di inclusione».
( 9 ) La clausola di esclusione si applica soltanto alle persone che siano effettivamente ricorse alla protezione o all’assistenza dell’UNRWA. Essa non può riguardare persone che hanno o avevano i requisiti per beneficiare della protezione o dell’assistenza di tale agenzia, ma che non ne hanno effettivamente beneficiato (v. sentenza Bolbol, punto 51).
( 10 ) V. sentenza Abed El Karem El Kott e a., punto 71.
( 11 ) In particolare, l’interessato non è tenuto a dimostrare un timore fondato di essere perseguitato, ai sensi dell’articolo 2, lettera d), della direttiva 2011/95. Tuttavia, le autorità nazionali devono comunque verificare che tale persona non rientri nel campo di applicazione di una delle cause di esclusione contemplate all’articolo 12, paragrafo 1, lettera b), all’articolo 12, paragrafo 2, e all’articolo 12, paragrafo 3, della succitata direttiva (v., in tal senso, sentenza Alheto, punto 86 e giurisprudenza ivi citata). Inoltre, detta persona è tenuta a presentare una domanda volta a ottenere lo status di rifugiato. Pertanto, il fatto che gli interessati siano ammessi ipso facto ai benefici della direttiva 2011/95 non implica un diritto incondizionato di vedersi attribuito lo status di rifugiato (v. sentenza Abed El Karem El Kott e a., punto 75).
( 12 ) C‑585/16, EU:C:2018:327, paragrafo 36.
( 13 ) L’articolo 1, sezione D, della Convenzione di Ginevra non menziona specificamente l’UNRWA. Esso fa riferimento, invece, più in generale, a «un’organizzazione o (...) un’istituzione delle Nazioni Unite che non sia l’[UNHCR]».
( 14 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa Bolbol (C‑31/09, EU:C:2010:119, paragrafo 41).
( 15 ) Ibidem, paragrafo 43.
( 16 ) V. supra, paragrafo 21.
( 17 ) V. sentenza Abed El Karem El Kott e a., punto 62.
( 18 ) Ibidem, punto 68.
( 19 ) Ad esempio la libertà di religione (articolo 4 della Convenzione di Ginevra); il diritto di adire i tribunali, l’assistenza giudiziaria e l’esenzione dalla cautio judicatum solvi (articolo 16); l’assistenza pubblica (articolo 23); e la legislazione del lavoro e sicurezza sociale (articolo 24, paragrafo 1).
( 20 ) V. sentenza Abed El Karem El Kott e a., punto 56.
( 21 ) Ibidem, punti 58 e 59. Per completezza, aggiungo che la Corte ha precisato che, certamente, una mera assenza da tale zona o la volontaria decisione di lasciarla non può essere qualificata come cessazione della protezione o dell’assistenza.
( 22 ) A tal riguardo, occorre prendere in considerazione le circostanze pertinenti esistenti non solo al momento in cui detta persona ha lasciato la zona operativa dell’UNRWA, ma anche al momento in cui le autorità amministrative o giudiziarie competenti esaminano una domanda di riconoscimento dello status di rifugiato o una decisione di diniego di riconoscimento di tale status [v. sentenza Secretary of State for the Home Department (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese), punto 58].
( 23 ) V. sentenza Abed El Karem El Kott e a., punto 63.
( 24 ) Ad esempio, nelle fattispecie di cui ai procedimenti che hanno dato luogo alla sentenza Abed El Karem El Kott e a., le persone interessate erano state insultate, maltrattate, incarcerate arbitrariamente, torturate o umiliate da soldati libanesi, le loro abitazioni erano state incendiate o danneggiate e/o esse avevano ricevuto minacce di morte.
( 25 ) Prendo atto del fatto che il governo belga ritiene che, in linea di principio, siano rilevanti soltanto le minacce o le mancanze che interessano gli apolidi di origine palestinese in quanto gruppo, oppure quelle di natura sistemica (in contrapposizione a minacce individuali o isolate). Un’interpretazione restrittiva del genere è, a mio avviso, errata. Infatti, qualora si seguisse l’approccio di tale governo, la valutazione individuale che le autorità nazionali sono tenute a effettuare diventerebbe inutile. Inoltre, la Corte ha già confermato che è sufficiente dimostrare che l’assistenza o protezione dell’UNRWA sia effettivamente cessata per qualsiasi motivo, tra cui figurano «motivi oggettivi o legati alla situazione specifica di detta persona» [v. sentenza Secretary of State for the Home Department (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese), punto 72].
( 26 ) Ibidem, punti 24 e 50.
( 27 ) Come sottolineato dal ricorrente nel procedimento principale, la «salute» e la «disabilità» sono elencate tra le «Circostanze personali» che possono legittimare un apolide di origine palestinese ad ottenere lo status di rifugiato nelle linee guida dell’UNHCR sulla protezione internazionale n. 13, punto 24.
( 28 ) A mio avviso, è importante che lo stato di salute della persona sia aggravato da tali fattori esterni. Diverso è, a mio avviso, il caso in cui non siano affatto disponibili trattamenti o assistenza medici che possano alleviare il dolore o la sofferenza di una persona, o il caso in cui detta persona rifiuti, semplicemente, di sottoporsi ai trattamenti medici necessari (nel qual caso il fattore aggravante è interno, e non esterno).
( 29 ) V. sentenza Secretary of State for the Home Department (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese), punti 70 e 71.
( 30 ) Aggiungo che la giurisprudenza della Corte sulla quale detti governi basano i loro argomenti, ai sensi della quale, in sostanza, a una persona affetta da una grave malattia non deve essere concessa protezione internazionale per il solo motivo che non può ricevere terapie adeguate nel suo paese d’origine, salvo che sia intenzionalmente privata di tali terapie [v. sentenza del 18 dicembre 2014, M’Bodj (C‑542/13, EU:C:2014:2452, punto 36)], non riguarda gli apolidi di origine palestinese, bensì gli altri richiedenti asilo. Come ho indicato supra, ai paragrafi da 26 a 28, gli apolidi di origine palestinese non si trovano nella stessa situazione degli altri richiedenti asilo e non sono sottoposti agli stessi requisiti.
( 31 ) V. supra, paragrafo 21.
( 32 ) V. sentenza Bundesrepublik Deutschland (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese), punto 67.
( 33 ) V. sentenze Alheto, punto 84, e Bundesrepublik Deutschland (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese), punto 48.
( 34 ) V., in tal senso, sentenza Abed El Karem El Kott e a., punto 60.
( 35 ) Rilevo che dalla lettera dell’UNRWA del 22 settembre 2021 all’UNHCR, che descrive il mandato e i servizi dell’UNRWA (disponibile al seguente indirizzo: https://www.unrwa.org/resources/about-unrwa/UNRWA_letter_to_UNHCR), risulta che i servizi dell’UNRWA includono, in particolare, la fornitura dell’istruzione di base e dell’assistenza sanitaria primaria. A prima vista, quindi, l’assistenza medica terziaria non sembra essere inclusa, ma, a mio avviso, tale lacuna non conduce necessariamente a una risposta negativa alla prima questione.
( 36 ) Naturalmente, si tratta di una circostanza che spetta ai giudici nazionali accertare.
( 37 ) V. supra, paragrafi 51 e 52.
( 38 ) V. sentenza Bundesrepublik Deutschland (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese), punti 55 e 56.
( 39 ) Diversamente, infatti, come sottolineato dalla Commissione, considerazioni legate, ad esempio, a vincoli di bilancio – pertinenti ai fini di valutare se l’UNRWA sia effettivamente in grado di fornire una protezione o assistenza effettiva – diverrebbero la ragione stessa per cui detta protezione o assistenza non può considerarsi «cess[ata]» ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2011/95.
( 40 ) Il governo francese ha richiamato, a tal riguardo, l’articolo L425-9 del codice sull’ingresso e sul soggiorno degli stranieri e sul diritto d’asilo.
( 41 ) Infatti, la Corte ha precisato che «il ruolo dello Stato in cui opera l’UNRWA può risultare decisivo nel consentire a tale organismo di adempiere efficacemente il suo mandato e di garantire che le persone interessate vivano in condizioni dignitose» [v. sentenza Secretary of State for the Home Department (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese), punti 82 e 83]. Ricordo che la Corte ha altresì dichiarato, in tale sentenza, che la necessità di prendere in considerazione tutte le circostanze individuali pertinenti, anche in relazione allo Stato o agli Stati in cui l’UNRWA opera, deriva direttamente dall’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2011/95 (v. punto 54 di tale sentenza). Tale disposizione elenca gli elementi che devono essere presi in considerazione dalle autorità amministrative o giudiziarie competenti in sede di esame di una domanda di protezione internazionale.
( 42 ) Per fornire un esempio semplice, è chiaro che una guerra nello Stato in cui l’UNRWA opera può avere un impatto diretto sulla capacità o incapacità dell’UNRWA di fornire la sua «protezione o assistenza» ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2011/95. Aggiungo che, nella sentenza Secretary of State for the Home Department (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese), punto 80, la Corte ha altresì indicato che qualsiasi assistenza fornita da attori della società civile, come le ONG, dovrebbe essere presa in considerazione a condizione che l’UNRWA mantenga con essi un rapporto di cooperazione formale, di natura stabile, nell’ambito del quale gli stessi assistono l’UNRWA nell’adempimento del suo mandato.
( 43 ) V. articoli 1, 2 e 4 della Carta.
( 44 ) La Corte ha precisato, ad esempio, che il divieto di pene o trattamenti inumani o degradanti, di cui all’articolo 4 della Carta, ha carattere assoluto [v. sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru (C‑404/15 e C‑659/15 PPU, EU:C:2016:198, punto 85)].
( 45 ) V. anche sentenza Bobol, punto 38 e giurisprudenza ivi citata.
( 46 ) V. sentenza del 22 novembre 2022, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Allontanamento – Cannabis per uso terapeutico) (C‑69/21, EU:C:2022:913, punto 65 e giurisprudenza ivi citata) [in prosieguo: la «sentenza Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Allontanamento – Cannabis per uso terapeutico)»].
( 47 ) V., in tal senso, Corte EDU, 13 dicembre 2016, Paposhvili c. Belgio, CE:ECHR:2016:1213JUD004173810, §§ 178 e 183. V. anche sentenza Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Allontanamento – Cannabis per uso terapeutico), punti 63 e 66. La succitata giurisprudenza concerne situazioni relative all’allontanamento di una persona gravemente malata. Ritengo comunque che essa sia pertinente ai fini della presente causa.
( 48 ) V. punto 54 di tale sentenza e giurisprudenza ivi citata.
( 49 ) Sia la duplice soglia che ho descritto, sia la nozione di «dignità umana» sono state richiamate dalla Corte nella sentenza Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Allontanamento – Cannabis per uso terapeutico), punti 63 e 71.