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Document 62022CC0252

Conclusioni dell’avvocato generale L. Medina, presentate il 13 luglio 2023.
Societatea Civilă Profesională de Avocaţi AB & CD contro Consiliul Judeţean Suceava e a.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta da Curtea de Apel Târgu-Mureş.
Rinvio pregiudiziale – Ambiente – Convenzione di Aarhus – Articolo 9, paragrafi da 3 a 5 – Accesso alla giustizia – Società civile professionale di avvocati – Ricorso diretto a contestare atti amministrativi – Ricevibilità – Requisiti previsti dal diritto nazionale – Assenza di violazioni di diritti e di interessi legittimi – Non eccessiva onerosità dei procedimenti giurisdizionali – Ripartizione delle spese – Criteri.
Causa C-252/22.

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2023:592

 CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

LAILA MEDINA

presentate il 13 luglio 2023 ( 1 )

Causa C‑252/22

Societatea Civilă Profesională de Avocaţi AB & CD

contro

Consiliul Judeţean Suceava,

Preşedintele Consiliului Judeţean Suceava,

Agenţia pentru Protecţia Mediului Bacău,

Consiliul Local al Comunei Pojorâta,

con l’intervento di:

QP

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Curtea de Apel, Târgu-Mureş (Corte d’appello di Târgu-Mureş, Romania)]

«Rinvio pregiudiziale – Ambiente – Convenzione di Aarhus – Articolo 2, punto 4 – Nozione di “pubblico” – Accesso alla giustizia – Articolo 9, paragrafo 3 – Società civile professionale di avvocati – Riconoscimento della legittimazione ad agire nell’ambito delle controversie derivanti dall’esercizio dell’attività professionale – Società civile professionale di avvocati che contesta i provvedimenti amministrativi relativi alla costruzione di una discarica – Assenza di violazioni di diritti o interessi legittimi – Nozione di procedimento non eccessivamente oneroso»

1.

La Convenzione di Aarhus ( 2 ) è stata descritta dall’ex Segretario generale delle Nazioni unite, Kofi Annan, come il «più importante esempio di democrazia ambientale adottato sotto l’egida delle Nazioni Unite» ( 3 ). Secondo i suoi autori, la convenzione è «più di un accordo sull’ambiente» in quanto «affronta aspetti fondamentali dei diritti dell’uomo e della democrazia, compresa la trasparenza delle autorità pubbliche, la loro capacità di soddisfare le attese della società e la loro responsabilità nei confronti della società» ( 4 ). Come sottolineato dalla dottrina, questa dichiarazione contribuisce a «una grande narrazione su come la convenzione dovrebbe essere interpretata e intesa» ( 5 ).

2.

Con la presente domanda di pronuncia pregiudiziale, la Curtea de Apel Târgu Mureş (Corte d’appello di Târgu-Mureş, Romania; in prosieguo: il «giudice del rinvio») chiede chiarimenti sulla capacità giuridica e la legittimazione ad agire di una società civile professionale di avvocati che chiede di avere accesso alla giustizia in materia ambientale per difendere gli interessi dei suoi membri e l’interesse pubblico. Le questioni poste invitano ancora una volta la Corte a esaminare le norme procedurali previste dagli Stati membri affinché i membri del «pubblico» possano promuovere un’azione in materia di diritto ambientale dell’Unione tenuto conto dell’obbligo degli Stati membri di garantire una tutela effettiva dell’ambiente.

I. Contesto normativo

Convenzione di Aarhus

3.

L’articolo 2 della Convenzione di Aarhus, intitolato «Definizioni», al punto 4 stabilisce che per «pubblico» si intende «una o più persone fisiche o giuridiche e, ai sensi della legislazione o della prassi nazionale, le associazioni, le organizzazioni o i gruppi costituiti da tali persone».

4.

L’articolo 9 della Convenzione di Aarhus, intitolato «Accesso alla giustizia», ai suoi paragrafi 2, 3 e 4 prevede quanto segue:

«2.   Nel quadro della propria legislazione nazionale, ciascuna Parte provvede affinché i membri del pubblico interessato

a)

che vantino un interesse sufficiente o, in alternativa,

b)

che facciano valere la violazione di un diritto, nei casi in cui il diritto processuale amministrativo di detta Parte esiga tale presupposto, abbiano accesso a una procedura di ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale e/o ad un altro organo indipendente ed imparziale istituito dalla legge, per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni dell’articolo 6 e, nei casi previsti dal diritto nazionale e fatto salvo il paragrafo 3, ad altre pertinenti disposizioni della presente convenzione.

Le nozioni di “interesse sufficiente” e di “violazione di un diritto” sono determinate secondo il diritto nazionale, coerentemente con l’obiettivo di offrire al pubblico interessato un ampio accesso alla giustizia nell’ambito della presente convenzione. A tal fine si ritiene sufficiente, ai sensi della lettera a), l’interesse di qualsiasi organizzazione non governativa in possesso dei requisiti di cui all’articolo 2, paragrafo 5. Tali organizzazioni sono altresì considerate titolari di diritti suscettibili di violazione ai sensi della lettera b).

(…)

3.   In aggiunta, e ferme restando le procedure di ricorso di cui ai paragrafi 1 e 2, ciascuna Parte provvede affinché i membri del pubblico che soddisfino i criteri eventualmente previsti dal diritto nazionale possano promuovere procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale per impugnare gli atti o contestare le omissioni dei privati o delle pubbliche autorità compiuti in violazione del diritto ambientale nazionale.

4.   Fatto salvo il paragrafo 1, le procedure di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 devono offrire rimedi adeguati ed effettivi, ivi compresi, eventualmente, provvedimenti ingiuntivi, e devono essere obiettive, eque, rapide e non eccessivamente onerose. (…)».

Diritto dell’Unione

5.

L’articolo 8, della direttiva del Consiglio 1999/31/CE ( 6 ), intitolato «Condizioni per la concessione dell’autorizzazione», alla lettera a), i), prevede quanto segue:

«Gli Stati membri adottano misure affinché:

a)

l’autorità competente conceda l’autorizzazione per la discarica solo qualora:

i)

fatto salvo l’articolo 3, paragrafi 4 e 5, il progetto di discarica soddisfi tutte le prescrizioni pertinenti della presente direttiva, compresi gli allegati».

Diritto rumeno

Legge n. 51/1995 sull’organizzazione e l’esercizio della professione di avvocato

6.

Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 5, della Legea nr. 51/1995 pentru organizarea și exercitarea profesiei de avocat (legge n. 51/1995 sull’organizzazione e sull’esercizio della professione di avvocato; in prosieguo: la «legge n. 51/1995»):

«La società civile professionale è costituita da due o più avvocati abilitati. Nella società civile professionale potranno esercitare la propria professione anche avvocati collaboratori o dipendenti (…)».

Statuto della professione di avvocato

7.

Ai sensi dell’articolo 196, paragrafo 3, dello Statutul profesiei de avocat din 3 decembrie 2011 (Statuto della professione di avvocato del 3 dicembre 2011; in prosieguo: lo «Statuto della professione di avvocato»), adottato dall’Uniunea Națională a Barourilor din România (Unione nazionale degli ordini degli avvocati della Romania):

«(3) Per le controversie scaturenti dall’esercizio dell’attività professionale, la società civile professionale può agire in giudizio in qualità di attore o convenuto, anche se priva di personalità giuridica».

Legge n. 554/2004 sul contenzioso amministrativo

8.

La Legea contenciosului administrativ nr. 554/2004 (Legge n. 554/2004 sul contenzioso amministrativo) prevede quanto segue all’articolo 1, paragrafi 1 e 2:

«(1)   Chiunque si ritenga leso da un’autorità pubblica in uno dei propri diritti o interessi legittimi, a causa di un atto amministrativo o del mancato esame di una domanda entro il termine previsto a tal fine dalla legge, può rivolgersi al giudice amministrativo competente per ottenere l’annullamento dell’atto, il riconoscimento del diritto asserito o dell’interesse legittimo e il risarcimento del danno subìto. L’interesse legittimo può essere sia privato che pubblico.

(2)   Può rivolgersi al giudice amministrativo la persona che sia stata lesa in uno dei propri diritti o interessi legittimi, a causa di un atto amministrativo di portata individuale, indirizzato a un altro soggetto di diritto».

9.

Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettere p), r) e s), della legge n. 554/2004 sul contenzioso amministrativo:

«(1)   Ai fini della presente legge, i termini e le espressioni in prosieguo sono da intendersi nel modo seguente:

p)

“interesse legittimo privato” ‑ la possibilità di pretendere un determinato comportamento, in considerazione della realizzazione di un diritto soggettivo futuro e prevedibile, prefigurato;

r)

“interesse legittimo pubblico” ‑ interesse che riguarda l’ordinamento giuridico e la democrazia costituzionale, la garanzia dei diritti, delle libertà e dei doveri fondamentali dei cittadini, il soddisfacimento dei bisogni della comunità, l’adempimento dei poteri delle autorità pubbliche;

s)

“organismi sociali interessati” ‑ strutture non governative, sindacati, associazioni, fondazioni e simili, il cui scopo è quello di proteggere i diritti delle diverse categorie di cittadini o, se del caso, il buon funzionamento dei servizi amministrativi pubblici».

10.

L’articolo 8, paragrafo 1 bis, della legge n. 554/2004 sul contenzioso amministrativo prevede quanto segue:

«Le persone fisiche e le persone giuridiche di diritto privato possono proporre azioni per la tutela di un interesse legittimo pubblico solo in via subordinata, qualora la lesione all’interesse legittimo pubblico sia logicamente connessa alla violazione di un diritto soggettivo o di un interesse legittimo privato».

Decreto legge del governo n. 195/2005 in materia di tutela ambientale

11.

L’articolo 5, lettera d), dell’Ordonanța de urgență a Guvernului nr. 195/2005 privind protecția mediului (decreto legge del governo n. 195/2005 in materia di tutela ambientale; in prosieguo: l’«OUG n. 195/2005») stabilisce quanto segue:

«Lo Stato riconosce a qualsiasi persona il diritto a un “ambiente sano ed ecologicamente equilibrato” garantendo a tal fine:

d)

il diritto di rivolgersi, direttamente o tramite organizzazioni di tutela ambientale, alle autorità amministrative e/o giudiziarie, a seconda dei casi, in materia ambientale, a prescindere dalla circostanza che si sia verificato o meno un danno».

12.

L’articolo 20 dell’OUG n. 195/2005 ai paragrafi 5 e 6 prevede quanto segue:

«(5)   L’accesso del pubblico alla giustizia avviene in base alle normative vigenti.

(6)   Le organizzazioni non governative che promuovono la tutela ambientale hanno il diritto di ricorrere in giudizio in materia ambientale e sono legittimate ad agire nelle controversie in materia ambientale».

II. Controversia nei procedimenti principali e questioni pregiudiziali

13.

La ricorrente è una società civile professionale di avvocati. Tale parte ha proposto un ricorso innanzi al Tribunalul Cluj (Tribunale superiore di Cluj, Romania) nei confronti delle autorità locali convenute in giudizio per chiedere, in primo luogo, l’annullamento delle decisioni amministrative relative all’approvazione del piano regolatore e del permesso di costruire (in prosieguo: gli «atti amministrativi impugnati») riguardanti la discarica di Pojorâta (in prosieguo: la «discarica») e, in secondo luogo, la demolizione di tale discarica.

14.

La ricorrente sosteneva di essere legittimata ad agire in virtù degli interessi dei tre avvocati che costituiscono detta società. Tale interesse consisteva, sostanzialmente, in quello che la ricorrente ha definito come il «forte impatto» che tale discarica aveva sui suoi soci a causa dei sentimenti di costernazione da essa provocati. La ricorrente sosteneva anche di agire a tutela dell’interesse pubblico della regione Bucovina e della sua popolazione. Sosteneva che i suoi soci si erano avvalsi degli strumenti loro spettanti per legge in virtù della loro professione per difendere l’ambiente e la salute umana. Per quanto riguarda il merito dell’azione, la ricorrente ha addotto vari argomenti relativi all’illegittimità degli atti amministrativi impugnati.

15.

I convenuti hanno eccepito che la ricorrente non aveva la capacità di stare in giudizio né la legittimazione ad agire. Nel merito, sostenevano che la costruzione della discarica era conforme alle prescrizioni tecniche di cui alla direttiva 1999/31.

16.

Con la sentenza del 7 febbraio 2019, il Tribunalul Cluj (Tribunale superiore di Cluj) ha ritenuto che la società di avvocati, avendo capacità giuridica ai sensi del diritto nazionale, doveva avere la capacità di stare in giudizio. Ha quindi respinto l’eccezione vertente sul fatto che la società non aveva la capacità di essere parte del procedimento giudiziario. Il Tribunalul Cluj (Tribunale superiore di Cluj) ha invece accolto l’eccezione per quanto riguarda il difetto di legittimazione ad agire e di interesse ad agire della società. In particolare, esso ha ritenuto che, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1 bis, della legge n. 554/2004 sul contenzioso amministrativo, un ricorrente può invocare un pubblico interesse solo in via subordinata, qualora la violazione di un pubblico interesse derivi dalla violazione di un diritto o di un interesse legittimo privato. Esso ha ritenuto che, nel quadro dell’OUG n. 195/2005, che disciplina l’accesso alla giustizia in materia ambientale, occorre distinguere tra ONG ambientaliste e tutti gli altri soggetti. Invero, a differenza delle ONG ambientaliste legittimate ad agire nei contenziosi in materia ambientale, tutti gli altri soggetti, come la ricorrente nel procedimento principale, sono tenuti a rispettare le norme generali in materia di legittimazione ad agire, che dipendono dalla prova della violazione di un diritto o di un interesse legittimo. Poiché la ricorrente ha promosso un’azione «oggettiva», vale a dire un’azione promossa a tutela di un interesse pubblico, senza invocare la violazione di un diritto o di un interesse legittimo privato, il Tribunalul Cluj (Tribunale superiore di Cluj) ha ritenuto che la ricorrente non fosse legittimata ad agire.

17.

La ricorrente e il Consiliul Judeţean Suceava (Consiglio del distretto di Suceava) hanno impugnato la sentenza del Tribunalul Cluj (Tribunale superiore di Cluj) innanzi alla Curtea de Apel Cluj (Corte d’appello di Cluj, Romania). Con sentenza n. 1195 del 26 settembre 2019, quest’ultima ha respinto l’appello incidentale del Consiglio del distretto di Suceava e ha accolto l’appello della ricorrente, essa ha quindi annullato la sentenza impugnata e rinviato la causa al Tribunalul Cluj (Tribunale superiore di Cluj).

18.

Nel corso del procedimento di impugnazione, il Consiliul Județean Suceava ha presentato presso l’Înalta Curte de Casație și Justiție (Alta Corte di cassazione e di giustizia, Romania) una domanda diretta a ottenere il trasferimento del procedimento a un altro organo giurisdizionale. Detta domanda è stata accettata. Il procedimento è stato quindi trasferito al giudice del rinvio, la Curtea de Apel Târgu Mureș (Corte d’appello di Târgu Mureș). La sentenza della Curtea de Apel Cluj (Corte d’appello di Cluj) è stata automaticamente annullata in conseguenza dell’accoglimento dell’istanza di trasferimento.

19.

Il giudice del rinvio osserva che la regola generale sulla legittimazione ad agire nei procedimenti amministrativi si fonda su una «contenzioso soggettivo», in cui quindi sono fatti valere diritti o interessi di una persona. Esso spiega che la persona i cui diritti o interessi legittimi sono stati violati deve invocare un interesse proprio, definito dal legislatore «interesse legittimo privato». Una persona fisica o giuridica oppure un’organizzazione interessata può promuovere un «contenzioso oggettivo» solo in via subordinata, dopo aver invocato un interesse legittimo privato, esercitando un’azione a tutela di un interesse legittimo pubblico.

20.

Con particolare riguardo alla materia della tutela ambientale, il giudice del rinvio sottolinea che l’OUG n. 195/2005 riconosce la possibilità di un contenzioso oggettivo. Tuttavia, la categoria di soggetti che possono invocare, principalmente e direttamente, un interesse legittimo pubblico è limitata alle ONG ambientaliste. Per tutti gli altri componenti del pubblico, l’accesso alla giustizia avviene in conformità con le regole generali sui procedimenti amministrativi.

21.

Nel procedimento principale, la ricorrente è una società civile professionale di avvocati che, ai sensi della normativa, ha una capacità di stare in giudizio limitata alle controversie scaturenti dall’esercizio della sua attività professionale.

22.

Il giudice del rinvio sostiene che la ricorrente ha esercitato l’azione in nome proprio per tutelare gli interessi dei tre avvocati che la compongono. In tale contesto, il giudice del rinvio spiega che la prima questione si articola in due punti. Il primo punto è finalizzato a sapere se la ricorrente può essere considerata come «pubblico» ai fini dell’articolo 2, punto 4, e dell’articolo 9, paragrafo 3, della convenzione di Aarhus. Il secondo punto è finalizzato a sapere se, ai medesimi fini, la ricorrente può fare valere i diritti e gli interessi delle persone fisiche che ne fanno parte.

23.

Qualora la Corte dia risposta affermativa a uno o a entrambi i punti della prima questione, il giudice del rinvio pone la seconda questione, vale a dire se l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus, letto alla luce del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva ai sensi dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), debba essere interpretato nel senso che esso osta a una disposizione di diritto interno che subordina l’accesso alla giustizia da parte di una società civile professionale di avvocati alla prova di un interesse proprio o alla circostanza che promuovendo l’azione si intenda tutelare una situazione giuridica direttamente connessa allo scopo stesso per cui è stata costituita tale società.

24.

La terza questione posta dal giudice del rinvio si riferisce alla norma secondo cui i procedimenti giurisdizionali non devono essere eccessivamente onerosi, come previsto dall’articolo 9, paragrafo 4, della Convenzione di Aarhus. A tale riguardo, il giudice del rinvio rileva come gli articoli da 451 a 453 del Codul de procedură civilă (in prosieguo: il «Codice di procedura civile») offrano una descrizione dettagliata delle spese processuali (vale a dire le spese giudiziali dovute allo Stato, gli onorari degli avvocati e i compensi dei consulenti, gli importi dovuti ai testimoni, eccetera), illustrando quale parte possa essere condannata al pagamento delle spese (ovvero la parte soccombente, su richiesta della parte vittoriosa) e i vari criteri che il giudice può applicare per ridurre, motivando, gli onorari degli avvocati. La possibilità di ridurre le spese si applica, in particolare, qualora tali spese siano manifestamente eccessive rispetto al valore o alla complessità della causa o al lavoro svolto dall’avvocato, tenuto conto delle circostanze del caso concreto.

25.

Il giudice del rinvio chiede tuttavia se le summenzionate disposizioni generali della normativa nazionale contengano criteri sufficienti per consentire ai soggetti di diritto privato di valutare e prevedere i costi delle controversie derivanti dal mancato rispetto della normativa in materia di tutela ambientale. Sottolinea che tali costi possono dissuadere una persona dall’agire in giudizio in tale materia.

26.

È in questo contesto di fatto e di diritto che la Curtea de Apel Târgu Mureș (Corte d’appello di Târgu Mureș) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1.

Se l’articolo 47, [primo comma, della Carta], in combinato disposto con l’articolo 19, [paragrafo 1, secondo comma, TUE] e l’articolo 2, punto 4, in combinato disposto con l’articolo 9, paragrafo 3, della [della Convenzione di Aarhus], debbano essere interpretati nel senso che rientra nella nozione di “pubblico” un’entità giuridica come una società civile professionale di avvocati, che non adduce la lesione di alcun diritto o interesse proprio della stessa entità giuridica, ma piuttosto la lesione di diritti e interessi delle persone fisiche, gli avvocati che costituiscono tale forma di organizzazione della professione, [e] se una tale entità possa essere assimilata, ai sensi dell’articolo 2, punto 4, della Convenzione, a un gruppo di persone fisiche che agiscono tramite un’associazione o un’organizzazione.

2.

In caso di risposta affermativa alla prima questione, tenuto conto [sia] degli obiettivi dell’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione sia dell’obiettivo di tutela giurisdizionale effettiva dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione, se l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione, e l’articolo 47, [primo e secondo comma, della Carta], in combinato disposto con l’articolo 19, [paragrafo 1, secondo comma, TUE], debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una disposizione di diritto interno che subordina l’accesso alla giustizia di una siffatta società civile professionale di avvocati alla prova di un interesse proprio o alla circostanza che promuovendo l’azione si intenda tutelare una situazione giuridica direttamente connessa allo scopo stesso per cui è stata costituita tale forma di organizzazione, nel caso di specie una società civile professionale di avvocati.

3.

In caso di risposta affermativa alla prima e alla seconda questione, o indipendentemente dalle risposte a tali due questioni, se l’articolo 9, paragrafi 3, 4 [e] [5], della Convenzione, e l’articolo 47, [primo e secondo comma, della Carta], in combinato disposto con l’articolo 19, [paragrafo 1, secondo comma, TUE], debbano essere interpretati nel senso che l’espressione che il rimedio adeguato ed effettivo, ivi compresa l’adozione di una decisione giudiziaria, “non sia eccessivamente oneroso”, presupponga regole e/o criteri per contenere le spese poste a carico della parte processuale rimasta soccombente, nel senso che il giudice nazionale deve garantire il rispetto del requisito del costo non eccessivamente oneroso tenendo conto [sia] dell’interesse della persona che intende tutelare i propri diritti sia dell’interesse generale legato alla tutela dell’ambiente».

27.

Il Consiglio del distretto di Suceava, l’Irlanda, il governo polacco e la Commissione europea hanno depositato osservazioni scritte. All’udienza tenutasi il 4 maggio 2023, hanno presentato osservazioni orali la ricorrente nel procedimento principale, il Consiglio del distretto di Suceava, l’Irlanda e la Commissione.

III. Valutazione

Osservazioni preliminari

I diritti spettanti alla ricorrente in forza del diritto dell’Unione

28.

Nelle sue osservazioni scritte, la Commissione ha sottolineato come il caso oggetto del procedimento principale ricada nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione in materia ambientale. Essa osserva, al riguardo, che la domanda di pronuncia pregiudiziale menziona la direttiva 1999/31 e la direttiva 2011/92/EU ( 7 ) e che gli atti amministrativi impugnati ricadono nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione.

29.

Tuttavia, la Commissione ha espresso taluni dubbi sulla chiarezza della domanda di pronuncia pregiudiziale. Più precisamente, ha sostenuto che il giudice del rinvio non ha indicato quali siano i diritti che la ricorrente trae dal diritto dell’Unione o come il «forte impatto» – che, come sostenuto dalla ricorrente, la discarica avrebbe sui suoi soci – potrebbe essere rilevante dal punto di vista del diritto dell’Unione ( 8 ). Ciò detto, la Commissione, invocando una giurisprudenza costante secondo la quale le questioni vertenti sul diritto dell’Unione godono di una presunzione di rilevanza ( 9 ), perviene alla conclusione che le questioni sono ammissibili.

30.

Sono d’accordo con la Commissione nel ritenere che la controversia oggetto del procedimento principale rientri nel diritto dell’Unione. Per prima cosa, occorre ricordare che la Corte è competente a statuire, in via pregiudiziale, sull’interpretazione della Convenzione di Aarhus, sottoscritta dalla Comunità e poi approvata con decisione 2005/370, e le cui disposizioni sono parte integrante dell’ordinamento giuridico dell’Unione ( 10 ). Inoltre, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale consegue che la discarica di cui trattasi è stata realizzata in conformità con le prescrizioni della direttiva 1999/31 e che era soggetta a valutazione di impatto ambientale ai sensi della direttiva 2011/92.

31.

È vero che il giudice del rinvio non ha spiegato quali siano i diritti che i ricorrenti traggono dal diritto dell’Unione. Interrogata al riguardo in udienza, la ricorrente ha sostenuto che i suoi diritti processuali basati sul diritto dell’Unione derivano dalla direttiva 1999/31, dalla direttiva 2001/42/CE ( 11 ) e dalla direttiva 2011/92. Per quanto riguarda la direttiva 2001/42, la ricorrente ha sostenuto che l’adozione del piano regolatore in relazione alla discarica non era stata preceduta da una valutazione di impatto ambientale e che era stato violato il diritto del pubblico di essere informato. Per quanto riguarda la direttiva 2011/92, la ricorrente ha sostenuto che era stata effettuata una valutazione di impatto ambientale ma che la procedura seguita era viziata e che il diritto del pubblico di essere informato ai sensi dell’articolo 11 della direttiva 2011/92 era stato violato. La ricorrente non ha fornito precisazioni in merito alla direttiva 1999/31.

32.

A tale riguardo, occorre sottolineare che le questioni pregiudiziali fanno riferimento solo all’articolo 9, paragrafi 3 e 4, della Convenzione di Aarhus. Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale emerge poi che, nel merito della causa, la ricorrente avanza diverse argomentazioni sull’illiceità dei provvedimenti amministrativi impugnati, mentre i convenuti hanno sostenuto che la discarica rispettava tutti i requisiti tecnici di cui alla direttiva 1999/31.

33.

A tale riguardo, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 8 della direttiva 1999/31, le autorità competenti concedono un’autorizzazione per la discarica solo qualora tutti i necessari requisiti sono soddisfatti. Nella misura in cui l’azione riguarda possibili violazioni degli obblighi previsti da tale direttiva ( 12 ), concordo con quanto sostenuto dal governo polacco, secondo cui la risposta alla domanda di pronuncia pregiudiziale può essere fondata sull’ipotesi che la ricorrente intende, tra l’altro, invocare la violazione di obblighi derivanti dalla direttiva 1999/31. Questo dovrebbe bastare alla Corte per rispondere alle questioni sottoposte alla sua attenzione senza approfondire la questione della rilevanza delle direttive del diritto dell’Unione in materia ambientale.

34.

Di conseguenza, le questioni pregiudiziali sono rilevanti dal punto di vista del diritto dell’Unione nella misura in cui la valutazione giuridica degli atti amministrativi impugnati riguarda eventuali violazioni degli obblighi previsti dalla direttiva 1999/31. Tali questioni sono pertanto riformulate ( 13 ).

Articolo 19 TUE e articolo 47 della Carta

35.

Con le sue questioni pregiudiziali, il giudice del rinvio chiede che l’articolo 2, punto 4, e l’articolo 9, paragrafi 3 e 4, della Convenzione di Aarhus siano interpretati alla luce dell’articolo 19 TUE e dell’articolo 47 della Carta. Tuttavia, come sottolineato dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, l’obbligo degli Stati membri di stabilire i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione, previsto dall’articolo 19, paragrafo 1, TFUE deriva anche dall’articolo 47 della Carta. In tali condizioni, l’analisi delle questioni pregiudiziali seconda e terza sarà basata solo sull’articolo 47 della Carta, in quanto non appare necessario compiere un’analisi separata dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE per rispondere agli interrogativi del giudice del rinvio e per la soluzione delle controversie di cui esso è investito ( 14 ). Per quanto riguarda la prima questione pregiudiziale, per le ragioni che spiegherò nel contesto di quest’ultima, non vi è alcuna necessità di compiere un’analisi in base all’una o all’altra di tali disposizioni.

Prima questione

36.

Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se, nei procedimenti che riguardano la violazione del diritto dell’Unione in materia ambientale, una società civile professionale di avvocati possa essere considerata un membro del «pubblico», ai sensi dell’articolo 2, punto 4, in combinato disposto con l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus e alla luce dell’articolo 47 della Carta, qualora tale società civile professionale di avvocati non faccia valere la violazione di un diritto o interesse specifico di tale soggetto bensì dei suoi soci. Chiede inoltre se si può ritenere che le persone fisiche che costituiscono tale società civile professionale, vale a dire gli avvocati, possano essere considerati un «gruppo» di persone fisiche che agiscono attraverso un’associazione o un’organizzazione, ai sensi dell’articolo 2, punto 4, della Convenzione di Aarhus.

Considerazioni preliminari su chi possa essere considerato membro del «pubblico»

37.

In primo luogo, occorre ricordare che il termine «pubblico» è definito all’articolo 2, punto 4, della Convenzione di Aarhus come «una o più persone fisiche o giuridiche e, ai sensi della legislazione o della prassi nazionale, le associazioni, le organizzazioni o i gruppi costituiti da tali persone». La definizione di tale nozione è formulata in termini talmente ampi da comprendere, come rilevato dalla Commissione e dall’Irlanda, sostanzialmente chiunque, purché siano rispettati i requisiti normativi. Tale interpretazione è suffragata dalla guida all’applicazione della Convenzione di Aarhus, ai sensi della quale il «pubblico» deve essere inteso, in via di principio, come «qualsiasi persona» ( 15 ).

38.

Con specifico riguardo all’individuazione delle «associazioni, organizzazioni o gruppi» di persone fisiche o giuridiche che costituiscono il «pubblico» ai sensi dell’articolo 2, punto 4, della Convenzione di Aarhus, occorre sottolineare che, qualora tali «associazioni, organizzazioni o gruppi» abbiano personalità giuridica, rientrano comunque nella nozione di persona giuridica. La guida all’applicazione della Convenzione di Aarhus prevede che «la formulazione può quindi essere intesa solo nel senso di prevedere che le associazioni, le organizzazioni o i gruppi privi della personalità giuridica possano anch’essi essere considerati membri del pubblico ai sensi della convenzione» ( 16 ). L’inclusione di «associazioni, organizzazioni o gruppi» privi di personalità giuridica nella definizione del «pubblico» è precisata, tuttavia, mediante il richiamo alla legislazione o alla prassi nazionale. Pertanto, come previsto dalla guida all’applicazione della Convenzione di Aarhus, «le formazioni ad hoc possono essere considerate membri del pubblico solo qualora siano soddisfatte le eventuali condizioni previste dalla legislazione e dalla prassi nazionali», fermo restando che «tali eventuali condizioni devono rispettare l’obiettivo della convenzione che consiste nel garantire un ampio accesso ai suoi diritti» ( 17 ). Inoltre, in sede di applicazione di tali prescrizioni, occorre tenere conto dell’obbligo imposto dall’articolo 3, quarto paragrafo, della Convenzione di Aarhus ai sensi del quale ciascuna parte «prevede l’adeguato riconoscimento e sostegno delle associazioni, delle organizzazioni e dei gruppi che promuovono la tutela dell’ambiente e provvede affinché l’ordinamento giuridico nazionale si conformi a tale obbligo».

39.

Ne consegue che un’«associazione, organizzazione o gruppo» che soddisfi le condizioni previste dalla normativa nazionale è un membro del pubblico ed è in grado di esercitare i diritti attribuiti al pubblico dalla convenzione.

40.

In secondo luogo, occorre ricordare che l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus conferisce ai membri del pubblico che soddisfano i criteri eventualmente previsti dalla normativa nazionale il diritto di impugnare gli atti o contestare le omissioni compiuti in violazione del diritto ambientale nazionale. L’articolo 9, paragrafo 3, attribuisce tale diritto ai membri del pubblico «senza qualificare ulteriormente, in modo espresso, i membri del pubblico» ( 18 ), che possano vantare tale diritto. L’ambito di applicazione soggettivo di tale disposizione copre pertanto tutti i «membri del pubblico» che soddisfano «i criteri eventualmente previsti dal diritto nazionale».

41.

Al riguardo, un’associazione, organizzazione o gruppo che soddisfi i requisiti previsti dal diritto nazionale può stare in giudizio ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 3, per impugnare gli atti o contestare le omissioni rientranti nell’ambito di applicazione di tale disposizione. La questione se tale membro del pubblico soddisfi o meno i criteri previsti dalla normativa nazionale per poter esercitare il diritto di accesso alla giustizia riguarda la legittimazione ad agire e sarà esaminata nell’ambito della seconda questione.

42.

Pertanto, al fine di stabilire la legittimazione ad agire in quanto membro del pubblico, come sostenuto dal governo polacco, non rileva la forma o lo scopo dell’«associazione, organizzazione o gruppo» nella misura in cui soddisfa i requisiti previsti dal diritto nazionale. Al medesimo fine, come sostenuto dalla Commissione, non rileva se tali membri tutelano interessi propri, dei loro membri o del pubblico.

Una società civile professionale di avvocati priva di personalità giuridica come membro del «pubblico»

43.

Nelle circostanze oggetto del procedimento principale, AB&CD è una società civile professionale di avvocati priva di personalità giuridica. Pur essendo priva di personalità giuridica, emerge dalla questione pregiudiziale che una società civile professionale di avvocati ha la capacità di stare in giudizio per quanto riguarda le controversie derivanti dall’adempimento della sua attività professionale, come previsto dall’articolo 196, paragrafo 3, dello Statuto della professione di avvocato.

44.

Tenuto conto dell’ampia portata della nozione di «pubblico», come illustrato sopra, la limitazione della capacità giuridica di una società civile professionale di avvocati alle questioni relative all’esercizio della sua attività professionale non consente di escluderne la capacità come membro del «pubblico» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 4. Tali limitazioni, tuttavia, sono relative ai criteri previsti dalla normativa nazionale riguardo al diritto di una tale società di agire in giudizio ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 3. Inoltre, neppure il fatto che la società civile professionale di avvocati non abbia invocato la violazione di alcun diritto o interesse proprio della stessa entità giuridica, ma piuttosto la violazione dei diritti e degli interessi dei membri che la compongono, consente di precludere la sua capacità in quanto membro del «pubblico».

I membri di una società civile professionale di avvocati quali «gruppo» di persone fisiche

45.

Per quanto riguarda il secondo aspetto della prima questione, a quanto ho compreso il giudice del rinvio sostanzialmente intende sapere se, a prescindere dalla forma utilizzata, si possa ritenere se le persone fisiche che fanno parte di una società civile professionale di avvocati costituiscano un «gruppo» di persone fisiche che agiscono tramite un’associazione o un’organizzazione ai sensi dell’articolo 2, punto 4, della Convenzione di Aarhus. Alla luce delle considerazioni preliminari esposte sopra, tali persone potrebbero essere considerate come un «gruppo» di persone fisiche che agiscono attraverso un’associazione o un’organizzazione nella misura in cui sono soddisfatti i requisiti previsti dal diritto nazionale. Ciò significa che, qualora tali persone agiscano come un gruppo o una formazione ad hoc per la tutela dell’ambiente, spetterebbe al giudice del rinvio stabilire se tale gruppo soddisfa i requisiti eventualmente previsti dal diritto nazionale per essere considerato membro del «pubblico».

Interpretazione alla luce dell’obiettivo di garantire un ampio accesso alla giustizia

46.

Il giudice del rinvio ha chiesto un’interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 4, della Convenzione di Aarhus alla luce dell’articolo 47 della Carta. Tuttavia, l’articolo 47 della Carta rileva non già ai fini della definizione di pubblico in quanto tale, bensì per la valutazione dei criteri previsti dal diritto nazionale per poter promuovere un’azione ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 3, che costituisce l’oggetto della seconda questione. Detto questo, i requisiti previsti dalla legislazione o dalla prassi nazionale per quanto riguarda «associazioni, organizzazioni o gruppi» che possono essere qualificati come membri del «pubblico» devono rispettare l’obiettivo generale della Convenzione di Aarhus di garantire un ampio accesso alla giustizia. Sebbene l’obiettivo dell’«ampio accesso alla giustizia» sia menzionato espressamente solo all’articolo 9, paragrafo 2, e nelle corrispondenti disposizioni delle direttive in relazione ai presupposti del ricorso consistenti «nell’interesse sufficiente e nella violazione di un diritto» come condizione per agire in giudizio, è ampiamente riconosciuto che questa considerazione costituisce un «obiettivo generale» della Convenzione di Aarhus e non è limitata all’articolo 9, paragrafo 2, della stessa ( 19 ).

47.

Alla luce di quanto sopra, ritengo che nei procedimenti che riguardano la violazione del diritto dell’Unione in materia ambientale, una società civile professionale di avvocati possa essere considerata un membro del «pubblico», ai sensi dell’articolo 2, punto 4, in combinato disposto con l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus, nelle circostanze in cui tale società civile professionale di avvocati non faccia valere la violazione di un diritto o interesse specifico di tale soggetto bensì di persone fisiche, ossia gli avvocati che la costituiscono. Si può ritenere che le persone fisiche che fanno parte di tale società civile professionale di avvocati costituiscano un «gruppo» di persone fisiche che agiscono attraverso un’associazione o un’organizzazione ai sensi delle medesime disposizioni, a condizione che siano soddisfatti i requisiti previsti ai sensi della legislazione o della prassi nazionale. Tali requisiti devono garantire un ampio accesso alla giustizia.

Seconda questione

48.

Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se, nei procedimenti concernenti la violazione del diritto dell’Unione in materia ambientale, l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus, letto in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta, debba essere interpretato nel senso che esso osta a una disposizione di diritto interno che subordina la legittimazione ad agire di una società civile professionale di avvocati alla prova di un interesse proprio o alla circostanza che, promuovendo tale azione, si intenda tutelare una situazione giuridica direttamente connessa allo scopo stesso per cui è stata costituita tale forma di organizzazione.

49.

Dalla decisione di rinvio emerge che la questione è giustificata dal fatto che la normativa nazionale applicabile subordina la ricevibilità di un’azione contro un atto amministrativo alla condizione che il ricorrente dimostri che l’atto impugnato lede un diritto o un interesse legittimo del ricorrente stesso definito dalla legislazione come «interesse legittimo privato». Ai sensi di tale legislazione, e solo in via subordinata, dopo aver invocato un interesse legittimo privato, una persona fisica o giuridica o un’organizzazione interessata può promuovere un «contenzioso oggettivo» che consiste nell’esercitare un’azione a tutela di un interesse legittimo pubblico. Nel campo del contenzioso ambientale, l’OUG n. 195/2005 riconosce la possibilità di tale contenzioso oggettivo. Tuttavia, la categoria di soggetti che possono invocare, principalmente e direttamente, un interesse legittimo pubblico è limitata alle ONG ambientaliste. Altri soggetti, tra cui la ricorrente del procedimento principale, devono rispettare le disposizioni generali in materia di legittimazione ad agire. Più precisamente, la ricorrente, in quanto società civile professionale di avvocati, può agire in giudizio per difendere una situazione giuridica collegata allo scopo specifico della sua costituzione. Il giudice del rinvio intende sapere se l’articolo 9, paragrafo 3, osti a tali condizioni previste dal diritto nazionale per stabilire la legittimazione ad agire.

Requisiti per la legittimazione ad agire e tutela effettiva dell’ambiente ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus

50.

A tale riguardo, occorre ricordare che l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus riconosce ai membri del pubblico il diritto di impugnare atti e contestare omissioni dei privati o delle pubbliche autorità compiuti in violazione del diritto ambientale nazionale. Da tale disposizione consegue che, per essere titolare dei diritti ivi previsti, un ricorrente deve segnatamente essere «membro del pubblico» e soddisfare i «criteri eventualmente previsti dal diritto nazionale» ( 20 ).

51.

Per quanto riguarda i «criteri» a cui può essere soggetta la procedura di ricorso, la Corte ha disposto che gli Stati membri, nell’ambito del potere discrezionale loro conferito in proposito, possono fissare norme di diritto processuale relative alle condizioni da rispettare affinché i membri del pubblico possano proporre tali ricorsi ( 21 ).

52.

Tuttavia, la Corte ha altresì dichiarato che, se è vero che l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus, in quanto tale, è privo di effetto diretto nel diritto dell’Unione, resta tuttavia il fatto che la citata disposizione, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta, impone agli Stati membri l’obbligo di garantire una tutela giurisdizionale effettiva dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione, in particolare delle disposizioni del diritto ambientale ( 22 ).

53.

Il diritto di ricorso previsto all’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus, che ha lo scopo di permettere di assicurare una tutela effettiva dell’ambiente, sarebbe svuotato di qualsiasi effetto utile, o addirittura della sua stessa sostanza, se si dovesse ammettere che, mediante l’imposizione di criteri previsti dal diritto nazionale, talune categorie di «membri del pubblico», a fortiori di «membri del pubblico interessato» quali le associazioni per la difesa dell’ambiente che soddisfano i requisiti posti dall’articolo 2, punto 5, della Convenzione di Aarhus, siano private di qualsiasi diritto di ricorso avverso atti o omissioni dei privati o delle pubbliche autorità compiuti in violazione di certe categorie di disposizioni del diritto ambientale dell’Unione ( 23 ).

54.

Il potere discrezionale nell’attuazione dell’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus non consente agli Stati membri di imporre criteri talmente rigorosi, anche in merito alla legittimazione ad agire, che sarebbe effettivamente impossibile per le associazioni per la tutela dell’ambiente verificare che le norme del diritto dell’Unione in materia ambientale siano rispettate ( 24 ). A tale riguardo, occorre tenere conto delle norme che sono, nella maggior parte dei casi, rivolte all’interesse generale e non alla sola protezione degli interessi dei singoli considerati individualmente, e che tali associazioni hanno il compito di difendere l’interesse generale ( 25 ).

55.

Sebbene la giurisprudenza della Corte si concentri sulle condizioni relative alla legittimazione ad agire delle organizzazioni che promuovono la tutela dell’ambiente e rispettano i requisiti previsti dall’articolo 2, punto 5, della suddetta Convenzione, l’articolo 9, paragrafo 3, di quest’ultima, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta, è volto a garantire una tutela giurisdizionale effettiva in materia ambientale per tutti i membri del pubblico. Tale principio generale è applicabile anche ad altre categorie di membri del pubblico, ivi comprese, in particolare, le associazioni, le organizzazioni o i gruppi che promuovono effettivamente la tutela dell’ambiente pur non qualificandosi (ancora) formalmente come organizzazioni ambientaliste ai sensi dell’articolo 2, punto 5, della Convenzione di Aarhus.

56.

A tale riguardo, si deve sottolineare, in primo luogo, come è stato giustamente osservato in dottrina, che tale articolo 9, paragrafo 3, «non indica che le ONG debbano essere privilegiate rispetto alle persone fisiche» ( 26 ). Il diciottesimo considerando della convenzione esprime l’interesse a che «il pubblico (comprese le organizzazioni) abbia accesso a meccanismi giudiziari efficaci, in grado di tutelarne i legittimi interessi e di assicurare il rispetto della legge». Inoltre, l’articolo 3, paragrafo 4, prevede l’obbligo delle parti di prevedere «l’adeguato riconoscimento e sostegno delle associazioni, delle organizzazioni o dei gruppi che promuovono la tutela dell’ambiente».

57.

In secondo luogo, anche se l’articolo 9, paragrafo 3, letto in combinato disposto con il diciottesimo considerando della Convenzione di Aarhus, non distingue i requisiti per la legittimazione ad agire in funzione della categoria del membro del pubblico, resta il fatto che tale disposizione permette agli Stati membri di prevedere dei criteri. Tuttavia, come già sottolineato, tali criteri devono rispettare il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva in conformità con l’articolo 47 della Carta. Inoltre, quando elaborano tali criteri, gli Stati membri non devono pregiudicare l’obiettivo di garantire un ampio accesso alla giustizia.

58.

A tale riguardo, la Corte ha dichiarato che l’obiettivo di un ampio accesso alla giustizia rientra, «più ampiamente, nella volontà del legislatore dell’Unione di preservare, proteggere e migliorare la qualità dell’ambiente e di assegnare al pubblico un ruolo attivo a tal fine» ( 27 ). Si tratta del riconoscimento di un «collegamento intrinseco» ( 28 ), in materia di giustizia ambientale tra l’alto livello di tutela dell’ambiente ai sensi dell’articolo 191, paragrafo 2, TFUE e dell’articolo 37 della Carta, e l’accesso del pubblico alla giustizia ( 29 ).

59.

Nelle sue conclusioni nella causa Edwards ( 30 ), l’avvocato generale Kokott ha suggerito che la tutela giurisdizionale di cui alla convenzione di Aarhus va oltre l’effettiva tutela giurisdizionale di cui all’articolo 47 della Carta. In effetti, mentre quest’ultima disposizione mira espressamente alla protezione di diritti propri, la tutela giurisdizionale in materia ambientale «di norma, non è solo al servizio degli interessi individuali dei ricorrenti, ma anche o addirittura esclusivamente della collettività» ( 31 ). L’avvocato generale Kokott ha anche giustamente sottolineato che «il riconoscimento dell’interesse generale alla tutela ambientale è tanto più importante in quanto possono verificarsi molti casi in cui gli interessi giuridicamente tutelati di determinati individui non veng[o]no affatto lesi oppure veng[o]no lesi solo marginalmente»» ( 32 ). In tali ipotesi, «l’ambiente non può però difendersi da solo in giudizio, ma necessita di rappresentanza, ad esempio, mediante cittadini attivi oppure organizzazioni non governative» ( 33 ).

60.

Tenuto conto dell’obiettivo di garantire un ampio accesso alla giustizia, la giurisprudenza della Corte rimane aperta all’evoluzione delle dinamiche del contenzioso ambientale. La Corte riconosce il ruolo che la cittadinanza attiva può giocare per tutelare l’ambiente, quando ha ritenuto che «i privati e le associazioni sono naturalmente chiamati a svolgere un ruolo attivo nella tutela dell’ambiente» ( 34 ).

61.

Questo non implica tuttavia una legittimazione ad agire incondizionata a favore di chiunque. Il Comitato di controllo ha invero sostenuto che «le parti non sono tenute a costituire un sistema di azione di categoria (actio popularis) nel loro diritto nazionale affinché qualsiasi soggetto possa impugnare una decisione, atto o omissione in materia ambientale» ( 35 ). Gli Stati membri possono applicare discrezionalmente certi criteri per stabilire a quali condizioni i membri del pubblico possono agire a tutela dell’ambiente. Come sottolineato, sostanzialmente, dalla Commissione e dall’Irlanda, la semplificazione del contenzioso ambientale è un obiettivo legittimo per evitare situazioni che potrebbero risultare difficili da gestire da parte dei giudici. Tuttavia, come si è già spiegato sopra, se, a causa dei criteri relativi alla legittimazione ad agire, talune categorie di «membri del pubblico» non potessero proporre un ricorso ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 3, avremmo una situazione troppo restrittiva per consentire l’accesso alla giustizia come previsto dalla convenzione.

62.

Al fine di valutare se i requisiti relativi alla legittimazione ad agire impediscano di fatto a certe categorie di «membri del pubblico» di esercitare un’azione, è importante tenere conto del sistema giuridico nel suo complesso e stabilire in quale misura la normativa nazionale comporti tali «conseguenze di blocco» ( 36 ).

63.

Come spiegato dal giudice del rinvio, la normativa nazionale oggetto del procedimento principale riconosce alle ONG che promuovono la tutela dell’ambiente la legittimazione ad agire nei contenziosi ambientali. Altri membri del pubblico devono soddisfare i requisiti relativi alla legittimazione ad agire previsti dalla legislazione in vigore. Più precisamente, devono invocare un interesse legittimo privato e, in subordine, un interesse legittimo pubblico. Alla luce delle considerazioni di cui sopra, l’adozione di un modello basato su un contenzioso soggettivo non è in quanto tale incompatibile con l’articolo 9, paragrafo 3. Tuttavia, tenuto conto della prevalenza degli interessi pubblici nel contenzioso ambientale, spetta al giudice nazionale interpretare, nella più ampia misura possibile, le norme procedurali relative alle condizioni che devono essere soddisfatte per esercitare l’azione in conformità con l’articolo 9, paragrafo 3, e garantire un ampio accesso alla giustizia. Tali norme non dovrebbero impedire di fatto a talune categorie di «membri del pubblico» compresi, in particolare, i gruppi, le organizzazioni o le associazioni che promuovono effettivamente la tutela dell’ambiente e rispettano i requisiti della normativa nazionale, di impugnare una decisione adottata seguendo una procedura amministrativa che possa essere in contrasto con il diritto ambientale dell’Unione. A tale riguardo, il giudice del rinvio, ai fini dell’interpretazione delle norme sulla legittimazione ad agire, potrebbe valutare la rilevanza del riconoscimento nella normativa nazionale del diritto di ogni persona a un «ambiente sano ed ecologicamente equilibrato».

La legittimazione di una società civile professionale di avvocati ad agire ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 3

64.

Con specifico riguardo alla legittimazione ad agire della società civile professionale di avvocati ricorrente, si deve ricordare che la stessa ha sostenuto di aver presentato ricorso per conto dei suoi soci e nell’interesse pubblico. Occorre tuttavia osservare che i requisiti relativi alla legittimazione ad agire devono essere determinati con riferimento alla ricorrente. L’Irlanda e, sostanzialmente, la Commissione e il governo polacco hanno ritenuto che, per accertare la legittimazione ad agire, i giudici nazionali non devono essere chiamati a considerare le persone fisiche «dietro» un ente. In generale, la legge potrebbe prevedere a quali condizioni le parti del contenzioso possono esercitare un’azione a tutela dei diritti e degli interessi di altre persone o dell’interesse pubblico (legittimazione ad agire come associazione o come rappresentante) ( 37 ). Non pare però questa la situazione in cui si trova la ricorrente del procedimento principale. Inoltre non risulta dalla documentazione in atti che la ricorrente abbia ricevuto mandato dai suoi soci o dai residenti della regione interessata a esercitare un’azione in loro nome.

65.

Il giudice nazionale chiede anche se si possa ritenere che i soci della società professionale siano legittimati ad agire come un «gruppo» di persone. In tale contesto, la ricorrente sembrerebbe aver usato una società professionale civile di avvocati come mezzo per agire come una formazione ad hoc a tutela dell’ambiente. Se tali persone intendono esercitare un’azione come un «gruppo», dovrebbero agire in quanto tale. Salvo diversa disposizione del diritto nazionale, è solo quando viene promossa l’azione come «gruppo» che un giudice nazionale può essere in condizione di valutare se tale «gruppo» soddisfa i requisiti previsti dal diritto nazionale per essere un membro del pubblico e se può soddisfare i criteri in materia di legittimazione ad agire alla luce dell’obiettivo di garantire un ampio accesso alla giustizia.

66.

Alla luce di quanto sopra, ritengo che, nei procedimenti concernenti la violazione del diritto dell’Unione in materia ambientale, l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus, letto in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta, non osti a una disposizione di diritto nazionale che subordina la ricevibilità di un’azione di una società civile professionale di avvocati alla prova di un interesse proprio o alla circostanza che, promuovendo tale azione, si intenda tutelare una situazione giuridica direttamente connessa allo scopo stesso per cui è stata costituita tale forma di organizzazione. Tuttavia, tenuto conto della prevalenza degli interessi pubblici nel contenzioso ambientale, spetta al giudice nazionale interpretare, nella più ampia misura possibile, le norme procedurali relative alle condizioni che devono essere soddisfatte per esercitare l’azione in conformità con l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus e garantire un ampio accesso alla giustizia. Tali norme non dovrebbero impedire di fatto a talune categorie di membri del «pubblico» compresi, in particolare, i gruppi, le organizzazioni o le associazioni che promuovono effettivamente la tutela dell’ambiente e soddisfano tutti i requisiti previsti dalla normativa nazionale, di impugnare una decisione adottata seguendo una procedura amministrativa che possa essere in contrasto con il diritto dell’Unione in materia ambientale.

Terza questione

67.

Con la terza questione, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se, nei procedimenti relativi alla violazione del diritto dell’Unione in materia ambientale, l’articolo 9, paragrafi 3, 4 e 5, della convenzione, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta, debba essere interpretato nel senso che il requisito che certe procedure giudiziarie forniscano «rimedi adeguati ed effettivi» e non siano «eccessivamente onerose» presupponga regole e/o criteri specifici per contenere le spese che potrebbero essere poste a carico della parte processuale rimasta soccombente, nel senso che il giudice nazionale deve garantire il rispetto della condizione della non eccessiva onerosità, tenendo conto sia dell’interesse della persona che intende tutelare i propri diritti sia dell’interesse generale legato alla tutela dell’ambiente.

68.

A tale riguardo, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che il diritto rumeno, in particolare gli articoli da 451 a 453 del codice di procedura civile, contiene un’elencazione dettagliata delle spese processuali e dei vari criteri che i giudici possono utilizzare per ridurre, con provvedimento motivato, gli onorari degli avvocati. Tuttavia, il giudice del rinvio dubita che i criteri generali previsti dalla normativa nazionale contengano disposizioni e condizioni sufficientemente specifiche da consentire di valutare e prevedere le rilevanti spese legali delle controversie in materia ambientale. Questo è particolarmente vero, come sostiene il giudice del rinvio, nei casi in cui l’azione potrebbe essere respinta in quanto non ricevibile per difetto di legittimazione ad agire o mancato soddisfacimento dei requisiti di interesse ad agire e capacità di stare in giudizio. Il giudice del rinvio chiede infine se la giurisprudenza della Corte in merito all’articolo 11, paragrafo 4, della direttiva 2011/92 concernente la partecipazione del pubblico, nella sentenza della causa North East Pylon Pressure Campaign e Sheehy ( 38 ), possa applicarsi all’articolo 9, paragrafo 4, della Convenzione di Aarhus.

69.

Per prima cosa, con riguardo alla questione dell’applicazione della giurisprudenza sull’interpretazione della regola della non eccessiva onerosità (in prosieguo: la «regola della non eccessiva onerosità») prevista dall’articolo 9, paragrafo 4, della Convenzione di Aarhus, la sentenza della causa North East Pylon Pressure Campaign e Sheehy fornisce già la risposta. In tale sentenza, la Corte ha ritenuto che il paragrafo 4 dell’articolo 9 della Convenzione di Aarhus, il quale specifica i requisiti che il ricorso deve soddisfare, e in particolare il requisito di non essere eccessivamente oneroso, si applica espressamente sia ai ricorsi di cui al paragrafo 3 sia a quelli di cui, segnatamente, al paragrafo 2 ( 39 ).

70.

Di conseguenza, la regola della non eccessiva onerosità deve ritenersi applicabile a una procedura come quella di cui trattasi nel procedimento principale che implica l’applicazione dell’articolo 9, paragrafo 3.

71.

In secondo luogo, in merito ai criteri di valutazione dei costi e di considerazione degli interessi privati e pubblici per la tutela dell’ambiente, occorre precisare in primis che l’articolo 3, paragrafo 8, della Convenzione di Aarhus consente espressamente costi di importo ragionevole. L’articolo 9, paragrafo 4, non osta ad una condanna alle spese, a condizione che tale importo non sia proibitivo ( 40 ). Poiché tale disposizione non prevede criteri specifici, la valutazione delle spese non è predeterminata ma dipende dalle circostanze del caso concreto e dal sistema giuridico nazionale ( 41 ).

72.

Nella sentenza Edwards e Pallikaropoulos ( 42 ), la Corte ha individuato vari criteri per la valutazione dell’interpretazione della regola della non eccessiva onerosità. Tali criteri sono rivolti a una valutazione generale e globale della questione dell’onerosità dei costi. Più specificamente, da tale sentenza consegue che il giudice nazionale deve tenere conto di tutte le relative disposizioni del diritto nazionale e dunque considerare sia l’interesse della persona che intende far valere i propri diritti sia l’interesse pubblico alla tutela dell’ambiente e che i costi del procedimento non devono eccedere le capacità finanziarie della persona in questione né apparire, ad ogni modo, oggettivamente irragionevoli ( 43 ). Per quanto concerne l’analisi della situazione economica dell’interessato, il giudice nazionale può tenere conto anche della situazione delle parti in causa, delle ragionevoli possibilità di successo del richiedente, dell’importanza della posta per quest’ultimo nonché per la tutela dell’ambiente, della complessità del diritto e della procedura applicabili nonché del carattere eventualmente temerario del ricorso nelle sue varie fasi ( 44 ).

73.

Inoltre, la Corte ha sostenuto che la regola della non eccessiva onerosità, nel settore ambientale, contribuisce al rispetto del diritto ad un ricorso effettivo, sancito dall’articolo 47 della Carta, nonché del principio di effettività secondo cui le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione non devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione ( 45 ).

74.

Alla luce dell’articolo 47 della Carta, i costi per esercitare un’azione di impugnazione ai sensi della Convenzione di Aarhus o per chiedere l’applicazione del diritto ambientale dell’Unione non devono essere talmente elevati da impedire al pubblico di chiedere un intervento di ricorso nei casi opportuni ( 46 ).

75.

Nelle circostanze oggetto del procedimento principale, la normativa nazionale non prevede criteri precisi applicabili specificamente al contenzioso ambientale. Considerata l’ampia discrezionalità attribuita agli Stati membri nel contesto dell’articolo 9, paragrafo 4, l’assenza di un’esatta determinazione delle spese nel contenzioso ambientale non può considerarsi incompatibile con la regola della non eccessiva onerosità.

76.

Dall’articolo 3, paragrafo 1, della Convenzione di Aarhus consegue tuttavia che le parti di tale convenzione devono stabilire e mantenere un «quadro normativo chiaro, trasparente e coerente» per l’attuazione delle disposizioni di tale convenzione. Inoltre, dall’articolo 9, paragrafo 5, risulta che le parti prendono in considerazione l’introduzione di appositi meccanismi di assistenza diretti ad eliminare o ridurre gli ostacoli finanziari o gli altri ostacoli all’accesso alla giustizia. Spetta al giudice nazionale accertare se i meccanismi esistenti nel diritto nazionale soddisfino tali requisiti e interpretare il diritto processuale interno nella maniera più conforme possibile agli obiettivi enunciati nell’articolo 9, paragrafi 3 e 4, della convenzione, di modo che le spese dei procedimenti giurisdizionali non siano eccessivamente onerose, alla luce dei criteri previsti dalla giurisprudenza della Corte ( 47 ).

77.

Occorre anche sottolineare che, alla luce della valutazione globale e generale che il giudice nazionale deve compiere in base ai criteri elaborati nella sentenza Edwards e Pallikaropoulos, l’eventuale difetto di legittimazione ad agire del ricorrente non impedisce in quanto tale l’applicazione della regola della non eccessiva onerosità.

78.

Alla luce di quanto esposto sopra, ritengo che nei procedimenti che implicano una violazione del diritto ambientale dell’Unione, l’articolo 9, paragrafi 3, 4 e 5, della Convenzione di Aarhus, in combinato disposto con l’articolo 47, primo e secondo comma, della Carta, debba essere interpretato nel senso che il requisito che certe procedure giudiziarie forniscano «rimedi adeguati ed effettivi» e non siano «eccessivamente onerose» non presupponga regole e/o criteri specifici per contenere le spese poste a carico della parte processuale rimasta soccombente. Tuttavia, spetta al giudice nazionale interpretare il diritto processuale interno nella maniera più conforme possibile agli obiettivi enunciati nell’articolo 9, paragrafi 3 e 4, della Convenzione di Aarhus, di modo che le spese dei procedimenti giurisdizionali non siano eccessivamente onerose.

IV. Conclusione

79.

Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, suggerisco alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali nei seguenti termini:

(1)

Nei procedimenti che riguardano la violazione del diritto dell’Unione in materia ambientale, una società civile professionale di avvocati può essere considerata un membro del «pubblico», ai sensi dell’articolo 2, punto 4, in combinato disposto con l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus, nelle circostanze in cui tale società civile professionale di avvocati non faccia valere la violazione di un diritto o interesse specifico di tale soggetto bensì di persone fisiche, ossia gli avvocati che la costituiscono. Si può ritenere che le persone fisiche che fanno parte di tale società civile professionale di avvocati costituiscano un «gruppo» di persone fisiche che agiscono attraverso un’associazione o un’organizzazione ai sensi di tali disposizioni, a condizione che siano soddisfatti i requisiti previsti ai sensi della legislazione o della prassi nazionale. Tali requisiti devono comunque garantire un ampio accesso alla giustizia.

(2)

Nei procedimenti concernenti la violazione del diritto dell’Unione in materia ambientale, l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus, letto in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta, non osta a una disposizione di diritto nazionale che subordina la ricevibilità di un’azione di una società civile professionale di avvocati alla prova di un interesse proprio o alla circostanza che, promuovendo tale azione, si intenda tutelare una situazione giuridica direttamente connessa allo scopo stesso per cui è stata costituita tale forma di organizzazione. Tuttavia, tenuto conto della prevalenza degli interessi pubblici nel contenzioso ambientale, spetta al giudice nazionale interpretare, nella più ampia misura possibile, le norme procedurali relative alle condizioni che devono essere soddisfatte per esercitare l’azione in conformità con l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus e garantire un ampio accesso alla giustizia. Tali norme non dovrebbero impedire di fatto a talune categorie di «membri del pubblico» compresi, in particolare, i gruppi, le organizzazioni o le associazioni che promuovono effettivamente la tutela dell’ambiente e soddisfano tutti i requisiti previsti dalla normativa nazionale, di impugnare una decisione adottata seguendo una procedura amministrativa che possa essere in contrasto con il diritto dell’Unione in materia ambientale.

(3)

Nei procedimenti che implicano una violazione del diritto ambientale dell’Unione, l’articolo 9, paragrafi 3, 4 e 5, della Convenzione di Aarhus, in combinato disposto con l’articolo 47, primo e secondo comma, della Carta, deve essere interpretato nel senso che il requisito che certe procedure giudiziarie forniscano «rimedi adeguati ed effettivi» e non siano «eccessivamente onerose» non presupponga regole e/o criteri specifici per contenere le spese poste a carico della parte processuale rimasta soccombente. Tuttavia, spetta al giudice nazionale interpretare il diritto processuale interno nella maniera più conforme possibile agli obiettivi enunciati nell’articolo 9, paragrafi 3 e 4, della Convenzione di Aarhus, di modo che le spese dei procedimenti giurisdizionali non siano eccessivamente onerose.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) La Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale è stata firmata ad Aarhus il 25 giugno 1998 ed è entrata in vigore il 30 ottobre 2001. Tutti gli Stati membri sono parti di tale convenzione. Essa è stata approvata, a nome della Comunità europea, con la decisione 2005/370/CE, del 17 febbraio 2005 (GU 2005, L 124, pag. 1; in prosieguo: la «Convenzione di Aarhus»).

( 3 ) Dichiarazione dell’ex Segretario generale delle Nazioni unite, Kofi Annan, durante la prima Conferenza delle Parti, svoltasi a Lucca, Italia, dal 21 al 23 ottobre 2002 (in prosieguo: la «prima Conferenza delle Parti»).

( 4 ) Dichiarazione di Lucca, adottata durante la prima Conferenza delle Parti, addendum, ECE/MP.PP/2/Add.1, del 2 aprile 2004.

( 5 ) Barritt, E., The Foundations of the Aarhus Convention, Hart Publishing, 2020, Londra, pag. 12.

( 6 ) Direttiva 1999/31/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999, relativa alle discariche di rifiuti (GU 1999, L 182, pag. 1).

( 7 ) Direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU 2012, L 26, pag. 1).

( 8 ) La Commissione cita, in tal senso, la sentenza dell’8 marzo 2011, Lesoochranárske zoskupenie (C‑240/09, EU:C:2011:125, punto 47).

( 9 ) La Commissione cita la sentenza del 7 luglio 2022, Coca-Cola European Partners Deutschland (C‑257/21 e C‑258/21, EU:C:2022:529, punto 35).

( 10 ) V., in tal senso, sentenza dell’8 novembre 2022, Deutsche Umwelthilfe (Omologazione dei veicoli a motore) (C‑873/19, EU:C:2022:857, punto 48).

( 11 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente (GU 2001, L 197, pag. 30).

( 12 ) V. in tal senso, sentenza del 20 dicembre 2017, Protect Natur-, Arten- und Landschaftsschutz Umweltorganisation (C‑664/15, EU:C:2017:987, punto 34).

( 13 ) A tal riguardo, occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una soluzione utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è investito. In tale prospettiva, spetta alla Corte, se necessario, riformulare la questione ad essa sottoposta (sentenza del 17 novembre 2022, Porr Bau, C‑238/21, EU:C:2022:885, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).

( 14 ) V., in tal senso, sentenza del 19 novembre 2019, A.K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema) (C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:982, punto 169).

( 15 ) Commissione economica per l’Europa dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, «La Convenzione di Aarhus, guida all’applicazione» (seconda edizione, 2014) (in prosieguo: la «Guida all’applicazione della Convenzione di Aarhus»), pag. 55. Secondo una costante giurisprudenza della Corte, tale guida può essere considerata come un documento esplicativo, idoneo eventualmente ad essere preso in considerazione, tra altri elementi rilevanti, al fine di interpretare tale convenzione, sebbene le analisi ivi contenute non abbiano alcuna forza vincolante e siano prive della portata normativa propria delle disposizioni di detta convenzione [sentenza dell’8 novembre 2022, Deutsche Umwelthilfe (Omologazione dei veicoli a motore),C‑873/19, EU:C:2022:857, punto 55 e giurisprudenza ivi citata].

( 16 ) Guida all’applicazione della Convenzione di Aarhus, pag. 55 (il corsivo è mio). V. Jendroska, J., «Access to Justice in the Aarhus Convention – Genesis, Legislative History and Overview of the Main Interpretation Dilemmas», Journal for European Environmental & Planning Law, 2020 (17), pagine da 372 a 408, alla pag. 386, secondo il quale «la formulazione di compromesso» dell’articolo 2, punto 4, mirava a coprire «qualsiasi forma in cui persone fisiche o giuridiche possono riunirsi legalmente in un determinato quadro giuridico, il che non richiede necessariamente che le organizzazioni non governative abbiano personalità giuridica».

( 17 ) Guida all’applicazione della Convenzione di Aarhus, pag. 55.

( 18 ) Guida all’applicazione della Convenzione di Aarhus, pag. 55.

( 19 ) Conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Edwards e Pallikaropoulos (C‑260/11, EU:C:2012:645, paragrafo 48). V., altresì, Sikora, A., Constitutionalisation of Environmental Protection in EU law in EU Law Publishing, Zutphen, 2020, pag. 281.

( 20 ) V., in tal senso, sentenza dell’8 novembre 2022, Deutsche Umwelthilfe (Omologazione dei veicoli a motore) (C‑873/19, EU:C:2022:857, punto 59).

( 21 ) V., in tal senso, sentenza dell’8 novembre 2022, Deutsche Umwelthilfe (Omologazione dei veicoli a motore) (C‑873/19, EU:C:2022:857, punto 63).

( 22 ) V., in tal senso, sentenza dell’8 novembre 2022, Deutsche Umwelthilfe (Omologazione dei veicoli a motore) (C‑873/19, EU:C:2022:857, punto 66).

( 23 ) V., in tal senso, sentenza dell’8 novembre 2022, Deutsche Umwelthilfe (Omologazione dei veicoli a motore) (C‑873/19, EU:C:2022:857, punto 67) (il corsivo è mio).

( 24 ) V., in tal senso, sentenza dell’8 novembre 2022, Deutsche Umwelthilfe (Omologazione dei veicoli a motore) (C‑873/19, EU:C:2022:857, punto 69).

( 25 ) V., in tal senso, sentenza dell’8 novembre 2022, Deutsche Umwelthilfe (Omologazione dei veicoli a motore) (C‑873/19, EU:C:2022:857, punto 68).

( 26 ) Sobotta, C., «New Cases on article 9 of the Aarhus Convention», Journal for European Environmental Planning Law, 2018, pagg. da 241 a 258, alla pag. 244. Per contro, l’articolo 9, paragrafo 2, della Convenzione di Aarhus, che disciplina l’accesso alla giustizia del «pubblico interessato», opera una distinzione tra le organizzazioni ambientali e tutti gli altri membri del «pubblico interessato».

( 27 ) Sentenza dell’11 aprile 2013, Edwards e Pallikaropoulos (C‑260/11, EU:C:2013:221, punto 32).

( 28 ) Sikora, A., Constitutionalisation of Environmental Protection in EU law, Europa Law Publishing, 2020, pag. 280.

( 29 ) Facendo un ulteriore passo avanti, è stato suggerito che un ampio accesso alla giustizia potrebbe essere considerato come la «dimensione procedurale» di un’elevata protezione ambientale ed essere elevato al livello di «principio generale» nel contenzioso ambientale. Sikora, A., op.cit., nota a piè di pagina 29, pag. 282.

( 30 ) Conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Edwards e Pallikaropoulos (C‑260/11, EU:C:2012:645).

( 31 ) Conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Edwards e Pallikaropoulos (C‑260/11, EU:C:2012:645, paragrafi 3940).

( 32 ) Ibidem, paragrafo 42.

( 33 ) Ibidem.

( 34 ) Sentenza dell’11 aprile 2013, Edwards e Pallikaropoulos (C‑260/11, EU:C:2013:221, punto 40).

( 35 ) Guida all’applicazione della Convenzione di Aarhus, pag. 198. Come rilevato dalla dottrina, la questione dell’accesso alla giustizia in materia ambientale «è stata generalmente oggetto di un acceso dibattito quasi fino alla fine dei negoziati», mentre il testo finale su questo tema è il prodotto di «numerose soluzioni di compromesso tra punti di vista e obiettivi molto divergenti», e riflette quindi ciò che era possibile piuttosto che ciò che era necessario o auspicato». Jendroska, J., op.cit., nota a piè di pagina 16, pagg. 398 e 407.

( 36 ) Rapporto del Comitato di controllo dell’osservanza della Convenzione di Aarhus, ACCC/C/2006/18 (Danimarca), punto 30.

( 37 ) V., in generale, Cane, P., Administrative law, Oxford University Press, Oxford, 2011, pagg. 285 segg., e Cadiet, L., Normand, J., Amrani Mekki, S., Théorie générale du procès, PUF, 3a edizione, 2020, punti 171 e segg.

( 38 ) Sentenza del 15 marzo 2018, North East Pylon Pressure Campaign e Sheehy (C‑470/16, EU:C:2018:185).

( 39 ) Sentenza del 15 marzo 2018, North East Pylon Pressure Campaign e Sheehy (C‑470/16, EU:C:2018:185, punto 48).

( 40 ) Sentenza del 16 luglio 2009, Commissione/Irlanda (C‑427/07, EU:C:2009:457, punto 92), e conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Edwards e Pallikaropoulos (C‑260/11, EU:C:2012:645, paragrafo 34).

( 41 ) V., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Edwards e Pallikaropoulos (C‑260/11, EU:C:2012:645, paragrafo 36), con riferimento a diverse constatazioni e raccomandazioni del Comitato di controllo dell’osservanza della Convenzione di Aarhus.

( 42 ) Sentenza dell’11 aprile 2013, Edwards e Pallikaropoulos (C‑260/11, EU:C:2013:221).

( 43 ) V., in tal senso, sentenza dell’11 aprile 2013, Edwards e Pallikaropoulos (C‑260/11, EU:C:2013:221, punti da 38 a 40).

( 44 ) Ibidem, punti 41 e 42.

( 45 ) Sentenza dell’11 aprile 2013, Edwards e Pallikaropoulos (C‑260/11, EU:C:2013:221, punto 33).

( 46 ) V., in tal senso, sentenza dell’11 aprile 2013, Edwards e Pallikaropoulos (C‑260/11, EU:C:2013:221, punto 34).

( 47 ) V., in tal senso, sentenza del 15 marzo 2018, North East Pylon Pressure Campaign e Sheehy (C‑470/16, EU:C:2018:185, punto 57).

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