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Document 62022CC0207

    Conclusioni dell’avvocato generale L. Medina, presentate il 29 giugno 2023.
    Lineas - Concessões de Transportes SGPS, S.A. e a. contro Autoridade Tributária e Aduaneira.
    Domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Tribunal Arbitral Tributário (Centro de Arbitragem Administrativa - CAAD) e dal Supremo Tribunal Administrativo.
    Rinvio pregiudiziale – Politica economica e monetaria – Vigilanza sul settore finanziario dell’Unione europea – Direttiva 2013/36/UE – Regolamento (UE) n. 575/2013 – Ente finanziario – Nozione – Impresa la cui attività consiste nell’acquisizione di partecipazioni sociali.
    Cause riunite C-207/22, C-267/22 e C-290/22.

    Court reports – general – 'Information on unpublished decisions' section

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2023:533

     CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    LAILA MEDINA

    presentate il 29 giugno 2023 ( 1 )

    Cause riunite C‑207/22, C‑267/22 e C‑290/22

    Lineas – Concessões de Transportes SGPS, S.A. (C‑207/22)

    Global Roads Investimentos SGPS, Lda (C‑267/22)

    contro

    Autoridade Tributária e Aduaneira (Amministrazione fiscale e doganale, Portogallo)

    [domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Tribunal Arbitral Tributário (Centro de Arbitragem Administrativa) Tribunale di arbitraggio fiscale (Centro di arbitrato amministrativo), Portogallo]

    e

    NOS-SGPS, S.A. (C‑290/22)

    contro

    Autoridade Tributária e Aduaneira (Amministrazione fiscale e doganale, Portogallo)

    [domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Supremo Tribunal Administrativo (Corte amministrativa suprema, Portogallo)]

    «Rinvio pregiudiziale – Politica economica e monetaria – Supervisione del settore finanziario dell’Unione europea – Direttiva 2013/36/UE – Articolo 3, paragrafo 1, punto – Regolamento (UE) n. 575/2013 – Articolo 4, paragrafo 1, punto 26 – Ente finanziario – Concetto – Società di gestione di partecipazioni sociali – Gestione di partecipazioni sociali in imprese che non sono soggette a supervisione e ai requisiti prudenziali previsti per le attività bancarie o finanziarie»

    I. Introduzione

    1.

    Le domande di pronuncia pregiudiziale in questione riguardano l’interpretazione della direttiva 2013/36/UE ( 2 ) e del regolamento (UE) n. 575/2013 ( 3 ), segnatamente dell’espressione «ente finanziario» contenuta in entrambi tali atti legislativi nella versione applicabile ai fatti di cui alle cause principali.

    2.

    Le domande sono state presentate nell’ambito delle controversie tra, da un lato, Lineas – Concessões de Transportes SGPS (causa C‑207/22), Global Roads Investimentos SGPS (causa C‑267/22) e NOS SGPS (causa C‑290/22) e, dall’altro lato, Autoridade Tributária e Aduaneira (Amministrazione fiscale e doganale, Portogallo), in relazione alla previsione di un’imposta di bollo nella legislazione nazionale portoghese.

    3.

    Le tre cause invitano la Corte a chiarire se una società di gestione di partecipazioni sociali, il cui unico scopo sia la gestione di azioni in imprese che non svolgono attività bancarie o finanziarie e che pertanto non sono soggette a supervisione e ai requisiti prudenziali previsti per tali attività, possa essere considerata un «ente finanziario» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, punto 22 della direttiva 2013/36 e dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 26 del regolamento n. 575/2013.

    II. Contesto normativo

    A.   Diritto dell’Unione

    1. Direttiva 2013/36

    4.

    Ai sensi dei considerando 2, 20 e 54 della direttiva 2013/36:

    «(2)

    La presente direttiva dovrebbe contenere tra l’altro disposizioni che disciplinano l’autorizzazione all’attività, l’acquisizione di partecipazioni qualificate, l’esercizio della libertà di stabilimento e della libera prestazione di servizi, i poteri in materia delle autorità di vigilanza dello Stato membro d’origine e di quello ospitante e le disposizioni che disciplinano il capitale iniziale e la revisione prudenziale degli enti creditizi e delle imprese di investimento. La presente direttiva ha come obiettivo e come oggetto il coordinamento delle disposizioni nazionali relative all’accesso all’attività degli enti creditizi e delle imprese di investimento, le modalità della loro governance e il quadro di vigilanza (...) La presente direttiva dovrebbe pertanto essere letta in combinato disposto con il [regolamento (UE) n. 575/2013] e, unitamente a tale regolamento, formare il quadro normativo di disciplina delle attività bancarie, il quadro di vigilanza e le norme prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento.

    (…)

    (20)

    È opportuno estendere il beneficio del mutuo riconoscimento a tali attività qualora siano esercitate da enti finanziari che sono filiazioni di enti creditizi, purché tali filiazioni siano incluse nella vigilanza su base consolidata cui è sottoposta la loro impresa madre e soddisfino alcune rigorose condizioni.

    (…)

    (54)

    Per far fronte all’effetto dannoso che dispositivi di governo societario mal concepiti possono avere su una gestione del rischio sana, è opportuno che gli Stati membri introducano principi e norme volti ad assicurare una sorveglianza efficace da parte dell’organo di gestione, a promuovere una cultura del rischio sana a tutti i livelli degli enti creditizi e delle imprese di investimento e a consentire alle autorità competenti di monitorare l’adeguatezza dei dispositivi interni di governance. Occorre che tali principi e norme si applichino tenendo conto della natura, dell’ampiezza e della complessità delle attività degli «enti». Gli Stati membri dovrebbero essere in grado di imporre ulteriori principi e norme di governo societario oltre a quelli prescritti dalla presente direttiva».

    5.

    L’articolo 1 della direttiva 2013/36, rubricato «Oggetto», stabilisce quanto segue:

    «1.   La presente direttiva fissa norme concernenti:

    (a)

    l’accesso all’attività degli enti creditizi e delle imprese di investimento (congiuntamente “enti”);

    (b)

    i poteri e gli strumenti di vigilanza per la vigilanza prudenziale sugli enti da parte delle autorità competenti;

    (c)

    la vigilanza prudenziale sugli enti da parte delle autorità competenti in una maniera coerente con le norme fissate nel regolamento (UE) n. 575/2013;

    (d)

    gli obblighi di pubblicazione per le autorità competenti nel settore della regolamentazione prudenziale e della vigilanza sugli enti».

    6.

    L’articolo 3 della direttiva 2013/36, rubricato «Definizioni», prevede quanto segue:

    «1.   Ai fini della presente direttiva si intende per:

    (…)

    (22)

    “ente finanziario”, un ente finanziario secondo la definizione di cui all’articolo 4, paragrafo 1, punto 26, del regolamento (UE) n. 575/2013;

    (…)».

    7.

    L’articolo 34 della direttiva 2013/36 stabilisce quanto segue:

    «1.   Gli Stati membri prevedono che le attività figuranti nell’elenco di cui all’allegato I possano essere esercitate nel loro territorio (...) tramite lo stabilimento di una succursale o mediante la prestazione di servizi, da parte di ogni ente finanziario di un altro Stato membro, filiazione di un ente creditizio o filiazione comune di più enti creditizi, il cui statuto consenta l’esercizio di tali attività e che soddisfi ciascuna delle seguenti condizioni:

    (a)

    l’impresa madre o le imprese madri sono autorizzate come enti creditizi nello Stato membro dal cui diritto è disciplinato l’ente finanziario;

    (b)

    le attività in questione sono già effettivamente esercitate nel territorio dello Stato membro medesimo;

    (c)

    l’impresa madre o le imprese madri detengono almeno il 90% dei diritti di voto connessi con la detenzione di quote o azioni dell’ente finanziario;

    (d)

    l’impresa madre o le imprese madri soddisfano le autorità competenti circa la prudente gestione dell’ente finanziario e si sono dichiarate garanti in solido degli impegni assunti dall’ente finanziario, con l’assenso delle autorità competenti dello Stato membro d’origine;

    (e)

    l’ente finanziario è incluso effettivamente, in particolare per le attività in questione, nella vigilanza su base consolidata alla quale è sottoposta l’impresa madre, o ciascuna delle imprese madri (…)

    (…)».

    8.

    L’allegato I alla direttiva 2013/36 riporta l’elenco delle attività che beneficiano del mutuo riconoscimento.

    2. Regolamento n. 575/2013

    9.

    L’articolo 1 del regolamento n. 575/2013, rubricato «Ambito di applicazione», stabilisce quanto segue:

    «Il presente regolamento stabilisce regole uniformi concernenti i requisiti prudenziali generali che gli enti sottoposti a vigilanza ai sensi della direttiva 2013/36/UE soddisfano per quanto riguarda i seguenti elementi:

    (a)

    requisiti in materia di fondi propri relativi a elementi di rischio di credito, rischio di mercato, rischio operativo e rischio di regolamento interamente quantificabili, uniformi e standardizzati;

    (b)

    requisiti che limitano le grandi esposizioni;

    (c)

    dopo l’entrata in vigore dell’atto delegato di cui all’articolo 460, requisiti di liquidità relativi a elementi di rischio di liquidità interamente quantificabili, uniformi e standardizzati;

    (d)

    obblighi di segnalazione dei dati di cui alle lettere a), b) e c) e di leva finanziaria;

    (e)

    obblighi di informativa al pubblico.

    Il presente regolamento non definisce obblighi di pubblicazione per le autorità competenti in materia di normativa prudenziale e vigilanza sugli enti di cui alla direttiva 2013/36».

    10.

    L’articolo 4 del regolamento n. 575/2013, rubricato «Definizioni», dispone quanto segue:

    «1.   Ai fini del presente regolamento si intende per:

    (…)

    (3) “ente”, un ente creditizio o un’impresa di investimento;

    (…)

    (26)

    “ente finanziario”, un’impresa diversa da un ente la cui attività principale consiste nell’assunzione di partecipazioni o nell’esercizio di una o più delle attività di cui ai punti da 2 a 12 e al punto 15 dell’allegato I della direttiva 2013/36/UE, comprese una società di partecipazione finanziaria, una società di partecipazione finanziaria mista, un istituto di pagamento (...) una società di gestione patrimoniale, ma escluse le società di partecipazione assicurativa e le società di partecipazione assicurativa miste quali definite dall’articolo 212, paragrafo 1, lettere f) e g) rispettivamente, della [direttiva 2009/138/CE] [ ( 4 )];

    (…)»

    3. Regolamento (UE) 2019/876

    11.

    Il regolamento (UE) 2019/876 ( 5 ) ha modificato il regolamento n. 575/2013.

    12.

    In particolare l’articolo 1, punto 2 del regolamento 2019/876 dispone quanto segue:

    «L’articolo 4 [del regolamento n. 575/2013] è così modificato:

    (a)

    Il paragrafo 1 è così modificato:

    (…)

    (iii)

    il punto 26 è sostituito dal seguente:

    (26)

    “ente finanziario”, un’impresa diversa da un ente e da una società di partecipazione industriale pura la cui attività principale consiste nell’assunzione di partecipazioni o nell’esercizio di una o più delle attività di cui ai punti da 2 a 12 e al punto 15 dell’allegato I della [direttiva 2013/36/UE], comprese una società di partecipazione finanziaria, una società di partecipazione finanziaria mista, un istituto di pagamento (...) e una società di gestione del risparmio, ma escluse le società di partecipazione assicurativa e le società di partecipazione assicurativa miste quali definite all’articolo 212, paragrafo 1, lettere f) e g) rispettivamente, della [direttiva 2009/138/CE];

    (…)».

    B.   Diritto portoghese

    1. Decreto-legge n. 495/88

    13.

    Il Decreto-Lei n. 495/88 (decreto -legge n. 495/88) del 30 dicembre 1988 ( 6 ) stabilisce le norme applicabili alle società di gestione di partecipazioni sociali portoghesi.

    14.

    L’articolo 1 del decreto-legge n. 495/88, rubricato «Sociedades gestoras de participações sociais» (società di gestione di partecipazioni sociali; in prosieguo «SGPS»), così dispone:

    «1.   Le [SGPS] hanno come oggetto sociale unico la gestione delle partecipazioni di altre imprese quale forma indiretta di esercizio di attività economiche.

    2.   Ai fini del presente decreto-legge, la partecipazione in una società è considerata una forma indiretta di esercizio dell’attività economica di quest’ultima se essa non è meramente occasionale e ha ad oggetto almeno il 10% del capitale sociale con diritto di voto, direttamente o mediante partecipazioni in altre società nelle quali la SGPS ha una posizione di controllo.

    3.   Ai fini del comma precedente, si ritiene che la partecipazione non abbia carattere occasionale quando è detenuta dalla SGPS per un periodo superiore a un anno.

    4.   Le SGPS possono acquistare e detenere partecipazioni di importo inferiore a quello di cui al comma 2 ai sensi delle disposizioni di cui ai commi da 3 a 5 dell’articolo 3».

    2. Código do Imposto do Selo

    15.

    Il Código do Imposto do Selo (Codice dell’imposta di bollo; in prosieguo «CIS») ( 7 ) stabilisce le norme in materia di applicazione di un’imposta su atti, contratti, documenti, titoli, carte e altri fatti o situazioni di rilevanza legale.

    16.

    L’articolo 7, paragrafo 1, lettera e) del CIS dispone quanto segue:

    «1.   Sono anche esenti dall’imposta:

    (…)

    (e) gli interessi e le commissioni percepiti, le garanzie prestate nonché l’utilizzo del credito concesso da enti creditizi, società finanziarie ed enti finanziari a società di capitale di rischio nonché a società o a enti la cui forma e il cui oggetto sono conformi alle tipologie di enti creditizi, di società finanziarie e di enti finanziari previsti nella legislazione comunitaria aventi sede negli Stati membri dell’Unione europea o in un altro Stato, ad eccezione di quelli aventi sede in territori con un regime fiscale favorevole, da definire con decreto del Ministero delle finanze.

    (…)»

    III. Fatti delle cause principali e questioni pregiudiziali

    17.

    I ricorrenti nelle cause principali – Lineas – Concessões de Transportes SGPS (causa C‑207/22), Global Roads Investimentos SGPS (causa C‑267/22) e NOS SGPS (causa C‑290/22) – sono società di gestione di partecipazioni sociali con sede in Portogallo, il cui oggetto sociale consiste nella gestione di partecipazioni sociali in altre imprese come forma indiretta di esercizio di attività economiche. Nessuna delle attività delle rispettive società di cui i ricorrenti detengono partecipazioni riguarda il settore bancario o finanziario.

    18.

    Nell’ambito delle attività commerciali svolte tra il 2014 e il 2017, ciascuna delle ricorrenti ha stipulato operazioni di intermediazione finanziaria e di credito con diversi enti creditizi – ovvero attraverso contratti di finanziamento oppure cambiali commerciali e prestiti obbligazionari – tramite le quali ha chiesto e ottenuto finanziamenti. Tali transazioni erano soggette a imposta di bollo ai sensi dell’articolo 1, commi 1 e 2, del CIS, e a causa di tale obbligo gli enti creditizi hanno versato l’imposta allo Stato in qualità di soggetti passivi per poi rivalersi sulle ricorrenti.

    19.

    Le ricorrenti hanno espresso disaccordo sulla determinazione dell’imposta di bollo a loro carico e, in sostanza, ciascuna di esse ha presentato in primis un’istanza di accertamento della liceità della rivalsa dell’imposta nei loro confronti e, secondariamente, un ricorso amministrativo. Nell’ambito di tale procedimento amministrativo, le ricorrenti hanno invocato l’esenzione prevista dall’articolo 7, comma 1, lettera e), del CIS in quanto società di gestione di partecipazioni sociali qualificabili come enti finanziari secondo il diritto dell’Unione richiamato dalla normativa nazionale. Tuttavia, le autorità tributarie hanno respinto le loro richieste.

    20.

    Per quanto concerne in primo luogo le ricorrenti Lineas – Concessões de Transportes SGPS e Global Roads Investimentos SGPS, ciascuna di tali imprese ha proposto ricorso dinanzi al Centro de Arbitragem Administrativa (Centro di arbitrato amministrativo) per la costituzione di un tribunale arbitrale, chiedendo l’annullamento delle decisioni delle autorità tributarie e, in conseguenza di ciò, il rimborso di quanto pagato.

    21.

    Secondo il Tribunal Arbitral Tributário (Centro de Arbitragem Administrativa) [Tribunale di arbitraggio fiscale (Centro di arbitrato amministrativo)], che è il giudice del rinvio nelle cause C‑207/22 e C‑267/22, risulta evidente dalla legislazione portoghese che l’imposta di bollo non è applicabile agli enti finanziari come definiti dal diritto dell’Unione. Tuttavia, detto giudice ritiene che sull’interpretazione del termine «ente finanziario» la giurisprudenza nazionale presenti alcune incoerenze. Lo stesso giudice del rinvio ritiene pertanto necessario stabilire se l’espressione in questione si riferisca soltanto alle società di gestione di partecipazioni sociali che detengono partecipazioni sociali in imprese che consistono in istituti di credito o imprese di investimenti e che sono pertanto soggette a supervisione e ai requisiti prudenziali previsti per le attività bancarie e finanziarie.

    22.

    In tale contesto, il Tribunal Arbitral Tributário (Centro de Arbitragem Administrativa) [Tribunale di arbitraggio fiscale (Centro di arbitrato amministrativo)] ha sospeso il procedimento e ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    (causa C‑207/22) «Se possa essere considerato «ente finanziario», ai sensi della direttiva 2013/36/UE e del regolamento (UE) n. 575/2013, una holding che abbia come unico scopo la gestione di partecipazioni sociali in altre società, quale forma indiretta di esercizio di attività economiche, e che, in tale ambito, acquisti e detenga a lungo termine tali partecipazioni che, di norma, non sono inferiori al 10% del capitale sociale delle società partecipate, la cui attività rientra nella gestione di infrastrutture di trasporto, includendo la progettazione, la costruzione e la gestione di strade e/o di autostrade».

    (causa C‑267/22) «Se una SGPS (holding) con sede in Portogallo, disciplinata dalle disposizioni del decreto-legge n. 495/88, del 30 dicembre, avente come unico oggetto sociale la gestione di partecipazioni sociali in altre società, quale forma indiretta di esercizio di attività economiche, e che, in tale ambito, acquista e detiene a lungo termine tali partecipazioni, di norma, non inferiori al 10% del capitale sociale delle società partecipate, le quali non operano né nel settore assicurativo né in quello finanziario, rientri nella nozione di ente finanziario di cui all’articolo 3, paragrafo 1, punto 22, della direttiva 2013/36/UE e all’articolo 4, paragrafo 1, punto 26, del regolamento (UE) n. 575/2013».

    23.

    In secondo luogo, per quanto concerne la ricorrente NOS SGPS, l’impresa in questione ha presentato una domanda di arbitrato che tuttavia è stata respinta dal Centro de Arbitragem Administrativa (Centro di arbitrato amministrativo). In particolare, detto Centro ha sancito che una società di gestione di partecipazioni sociali non è un ente finanziario ai fini dell’esenzione prevista dal CIS, contrariamente, secondo la NOS GPS, a quanto aveva deciso in un procedimento anteriore relativo alla medesima questione.

    24.

    Nella convinzione che vi fosse un contrasto giurisprudenziale rispetto alla medesima questione fondamentale di diritto e in un identico quadro legislativo, la NOS SGPS ha presentato ricorso volto a garantire l’uniformità della giurisprudenza dinanzi al Supremo Tribunal Administrativo (Corte amministrativa suprema, Portogallo), che è il giudice del rinvio nella causa C‑290/22. Tale giudice osserva altresì che, nel delimitare l’applicabilità dell’esenzione dall’imposta oggetto della causa principale, la legislazione portoghese ha scelto di fare riferimento espressamente al tipo e alla forma di ente finanziario a cui si riferisce anche il diritto dell’Unione. Per tale motivo lo stesso giudice del rinvio ritiene necessario stabilire se l’espressione in questione si riferisca soltanto alle società di gestione di partecipazioni sociali che detengono partecipazioni sociali in imprese soggette alla vigilanza e ai requisiti prudenziali previsti per le attività bancarie e finanziarie.

    25.

    Tali circostanze hanno indotto il Supremo Tribunal Administrativo (Corte amministrativa suprema) a sospendere il giudizio e a sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

    «Se una società di gestione di partecipazioni sociali con sede in Portogallo, soggetta alla disciplina del Decreto-Lei n.°495/88 (decreto-legge del 30 dicembre 1988, n. 495), il cui unico scopo prevede esclusivamente la gestione di partecipazioni sociali di altre società che non operano nel settore assicurativo, rientri nella nozione di «ente finanziario» di cui all’articolo 3, paragrafo 1, punto 22, della direttiva 2013/36/UE e all’articolo 4, paragrafo 1, punto 26 del regolamento (UE) n. 575/2013».

    IV. Valutazione

    26.

    Attraverso le tre questioni di cui alle cause C‑207/22, C‑267/22 e C‑290/22, i giudici del rinvio intendono in sostanza di accertare se una società di gestione di partecipazioni sociali il cui unico scopo consista nella gestione di partecipazioni sociali in società, filiazioni o altre società in cui non svolgano attività bancarie o finanziarie possa essere considerata un «ente finanziario» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, punto 22 della direttiva 2013/36 e dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 26 del regolamento n. 575/2013 nella versione applicabile ai fatti di cui alle cause principali.

    27.

    In via preliminare rispetto alla ricevibilità di tali questioni, vorrei osservare brevemente che l’imposta di bollo oggetto delle tre cause è un’imposta indiretta prevista dalla legislazione portoghese. Da tale normativa risulta che, per beneficiare dell’esenzione dall’imposta in questione, l’impresa deve essere qualificabile come ente finanziario. L’imposta di bollo non rientra nell’armonizzazione del diritto dell’Unione. Tuttavia, per definire l’espressione «ente finanziario» la legislazione portoghese fa direttamente e incondizionatamente riferimento al diritto dell’Unione, in particolare alla direttiva 2013/36 e al regolamento n. 575/2013, ed è per via di tale riferimento che i giudici del rinvio chiedono alla Corte ulteriori chiarimenti sull’interpretazione dell’espressione in questione.

    28.

    La Corte ha costantemente sancito la propria competenza giurisdizionale sulle pronunce pregiudiziali relative alle questioni riguardanti le disposizioni del diritto dell’Unione anche con riferimento a situazioni in cui i cui i fatti di cui al procedimento principale non rientrano nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, ma nel caso in cui le disposizioni di tale diritto siano state recepite dalla normativa nazionale ( 8 ). Pertanto non dovrebbe permanere alcun dubbio sulla competenza della Corte a pronunciarsi sulle presenti domande e a considerarle ricevibili.

    29.

    Nel merito, la direttiva 2013/36 ha come obiettivo il coordinamento delle disposizioni nazionali relative all’accesso all’attività degli enti creditizi e delle imprese di investimento, le modalità della loro governance e il quadro di vigilanza. Tale direttiva è da interpretarsi in combinato disposto con il regolamento n. 575/2013 ( 9 ) che stabilisce requisiti prudenziali uniformi e direttamente applicabili per enti creditizi e imprese di investimento. Entrambi i provvedimenti legislativi costituiscono il quadro giuridico che regolamenta le attività bancarie e finanziarie e stabilisce norme prudenziali e di vigilanza applicabili a enti creditizi e imprese di investimento.

    30.

    Secondo costante giurisprudenza, dalla necessità di garantire tanto l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione quanto il principio di uguaglianza discende che i termini di una disposizione del diritto dell’Unione che non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri al fine di determinarne il significato e la portata devono essere oggetto di interpretazione autonoma e uniforme in tutta l’Unione europea ( 10 ).

    31.

    Nei limiti in cui la nozione di «ente finanziario» è definita dall’articolo 3, paragrafo 1, punto 22 della direttiva 2013/36 e dall’articolo 4, paragrafo 1, punto 26 del regolamento n. 575/2013 e nessuna di tali norme contiene un riferimento al diritto dello Stato membro al fine di determinarne il significato e la portata di tale nozione, essa deve essere considerata una nozione autonoma del diritto dell’Unione, la cui interpretazione e applicazione deve essere uguale in tutti gli Stati membri. Di conseguenza, spetta alla Corte dare un’interpretazione uniforme di tale nozione nell’ordinamento giuridico dell’Unione europea ( 11 ).

    32.

    Inoltre, nell’interpretare una norma del diritto dell’Unione si deve tener conto non soltanto della sua lettera, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte ( 12 ). Valuterei pertanto la definizione dell’espressione «ente finanziario» secondo il significato di cui agli articoli 3, paragrafo 1, punto 22 della direttiva 2013/36 e 4, paragrafo 1, punto 26 del regolamento n. 575/2013, seguendo un’interpretazione letterale, contestuale e teleologica.

    1.   Interpretazione letterale

    33.

    In primo luogo, con riferimento alla lettera dell’articolo 3, paragrafo 1, punto 22 della direttiva 2013/36, per la definizione dell’espressione «ente finanziario» la norma in questione fa riferimento direttamente all’articolo 4, paragrafo 1, punto 26 del regolamento n. 575/2013. A sua volta, quest’ultima disposizione definisce l’«ente finanziario» come l’impresa, diversa da un «ente», la cui attività principale deve consistere nell’acquisizione di partecipazioni sociali o nel perseguimento di una o più attività tra quelle elencate nei punti da 2 a 12 e 15 dell’allegato I alla direttiva 2013/36. Un ulteriore esempio è contenuto nell’articolo 4, paragrafo 1, punto 26 del regolamento n. 575/2013 che ricomprende espressamente nell’espressione «ente finanziario» le società di partecipazione finanziaria, le società di partecipazione finanziaria miste, gli istituti di pagamento secondo il significato di cui alla direttiva 2007/64 nonché le società di gestione patrimoniale. Per contro, le società di partecipazione assicurativa e le società di partecipazione assicurativa miste, secondo la definizione di cui alle lettere f) e g) dell’articolo 212, paragrafo 1 della direttiva 2009/138, sono espressamente escluse dalla nozione di ente finanziario.

    34.

    A tale riguardo, è importante sottolineare, in primo luogo, come il riferimento al termine «ente» all’articolo 4, paragrafo 1, punto 26 del regolamento n. 575/2013 debba essere letto in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 1, punto 3 del regolamento n. 575/2013, che definisce tale termine come ente creditizio o impresa di investimento. Ne consegue che gli enti creditizi che, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 1 del regolamento n. 575/2013, sono imprese la cui attività consiste nella raccolta di depositi o di altri fondi rimborsabili dal pubblico e nella concessione di crediti per proprio conto, sono esclusi dalla nozione di ente finanziario. Tale è anche il caso delle imprese di investimento, definite dall’articolo 4, paragrafo 1, punto 2 del regolamento n. 575/2013 mediante riferimento all’articolo 4, paragrafo 1, punto 1 della direttiva 2014/65/UE ( 13 ). Tale disposizione definisce queste imprese come le persone giuridiche la cui occupazione o attività abituale consiste nel prestare uno o più servizi di investimento a terzi e/o nell’effettuare una o più attività di investimento a titolo professionale.

    35.

    In secondo luogo, affinché un’impresa possa essere considerata un «ente finanziario» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 26 del regolamento n. 575/2013, la sua attività principale deve consistere nell’assunzione di partecipazioni sociali o nel perseguimento di una o più tra le attività elencate ai punti da 2 a 12 e 15 dell’allegato I alla direttiva 2013/36. La lettera della norma suggerisce che tali condizioni sono alternative, ovvero che è sufficiente che l’ente soddisfi una di esse per rientrare in tale definizione.

    36.

    In terzo luogo, sono escluse dalla definizione di «ente finanziario» sia le società di partecipazione assicurativa sia le società di partecipazione assicurativa miste definite alle lettere f) e g) dell’articolo 212, paragrafo 1 della direttiva 2009/138. Ne consegue che un’impresa che rientri in tali definizioni non soddisfa i requisiti per essere un «ente finanziario».

    37.

    In quarto luogo, l’articolo 4, paragrafo 1, punto 26 del regolamento n. 575/2013 riporta un elenco di società di gestione di partecipazioni sociali che devono essere considerate enti finanziari. Rientrano in tale elenco, tra le altre, le «società di partecipazione finanziaria» e le «società di partecipazione finanziaria mista» ( 14 ).

    38.

    A tale riguardo, l’articolo 4, paragrafo 1, punto 20 del regolamento n. 575/2013 definisce la «società di partecipazione finanziaria» come un ente finanziario le cui filiazioni siano esclusivamente o principalmente enti o enti finanziari, quando almeno una di esse è un ente, e che non sia una società di partecipazione finanziaria mista.

    39.

    L’articolo 4, paragrafo 1, punto 21 del regolamento n. 575/2013 fornisce inoltre la definizione di «società di partecipazione finanziaria mista». Tale disposizione fa riferimento alla definizione di cui all’articolo 2, paragrafo 15 della direttiva 2022/87/CE ( 15 ), la quale sancisce che una società di partecipazione finanziaria mista è un’impresa madre diversa da un’impresa regolamentata, che insieme alle sue imprese figlie, di cui almeno una sia un’impresa regolamentata con sede principale nella Comunità, e con altre imprese costituisca un conglomerato finanziario. Ai sensi della direttiva 2002/87 si definisce «impresa regolamentata» un ente creditizio, un’impresa di assicurazioni o un’impresa di investimento ( 16 ).

    40.

    Mentre la definizione di entrambi i tipi di società di gestione di partecipazioni sociali di cui all’articolo 4, paragrafo 1, punto 26 del regolamento n. 575/2013 prevede che le relative filiazioni consistano in «enti», è necessario accertare, in base alla formulazione letterale di tale disposizione, se esse debbano essere intese come esempi non esaustivi oppure, al contrario, se tale elenco sia tassativo e non sia dunque possibile derogarvi quando si accerta se una società di gestione di partecipazioni sociali debba essere considerata un «ente finanziario».

    41.

    Ritengo che l’elenco di cui all’articolo 4, paragrafo 1, punto 26 del regolamento n. 575/2013 debba essere inteso in modo non esaustivo. Tale conclusione, che deriva dall’esame della versione inglese del regolamento n. 575/2013 – in particolare dall’impiego della parola «including» – sembra confermata anche dalla lettera delle altre versioni linguistiche dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 26 dello stesso regolamento. Ad esempio, le versioni francese e tedesca dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 26 utilizzano rispettivamente le parole «en ce compris» e «schließt», in linea con un’interpretazione non esaustiva. Inoltre, nella versione lettone, il termine «tostarp», è utilizzato per indicare, ancora una volta, che l’elenco comprendente società di partecipazione finanziaria e società di partecipazione finanziaria mista non debba intendersi come costitutivo di un numerus clausus.

    42.

    Ciò detto, un elenco non esaustivo non implica necessariamente che non debba limitarsi agli esempi ivi riportati. In effetti, secondo consolidata giurisprudenza della Corte tali esempi fungono quali termini di riferimento, restringendo l’interpretazione ai soli elementi espressamente riportati nell’elenco o classificabili nella stessa categoria ( 17 ). Nel caso di specie, i tipi di società finanziarie riportati dall’articolo 4, paragrafo 1, punto 26 del regolamento n. 575/2013 sono intesi a precisare l’ambito della definizione riportata, con la conseguenza che tale definizione si applica soltanto alle società di gestione di partecipazioni sociali espressamente elencate o classificabili nella stessa categoria (ejusdem generis).

    43.

    In merito all’articolo 4, paragrafo 1, punto 26 del regolamento n. 575/2013, è pertanto necessario puntualizzare innanzitutto che l’elenco non tassativo si riferisce soltanto alle società di gestione di partecipazioni sociali e, in secondo luogo, che le partecipazioni sociali o le filiazioni di tali società di gestione di partecipazioni sociali devono consistere in «enti». A loro volta, gli «enti» devono essere ricollegabili al settore finanziario o bancario in ragione delle loro attività principali. Pertanto, anche considerando la principale argomentazione sostenuta dalle ricorrenti in udienza in merito alla necessità di interpretare la definizione di detto termine isolatamente, tali argomentazioni implicano che qualsiasi altra società di gestione di partecipazioni sociali non riconducibile a tali esempi dovrebbe essere ricollegabile al settore bancario o finanziario.

    44.

    Si noti che tale interpretazione della formulazione letterale dell’articolo 4, paragrafo 1 del regolamento n. 575/2013 trova riscontro anche nella risposta della Commissione alla questione sollevata dall’Autorità bancaria europea nel 2014 ( 18 ), in cui essa ha affermato che, in base alla struttura delle definizioni di cui all’articolo 4, paragrafo 1, punti 26 e 27 e alle finalità delle detrazioni previste dall’articolo 36 dello stesso regolamento, la parte della definizione di «ente finanziario» che si riferisce all’attività principale consistente nell’assunzione di partecipazioni sociali non comprende le società di partecipazione industriale pure. In linea con tale interpretazione, il regolamento n. 2019/876 ha di recente modificato la definizione di cui all’articolo 4, paragrafo 1, punto 26 del regolamento n. 575/2013 per escludere espressamente le «società di partecipazione industriale pura» dalla nozione del termine «ente finanziario». Anche se non applicabile ai casi di specie ratione temporis ( 19 ), spiegherò più avanti che tale modifica consente di chiarire l’intento della definizione iniziale del termine in questione.

    45.

    Dalle considerazioni che precedono consegue che l’interpretazione letterale dell’articolo 3, paragrafo 1, punto 22 della direttiva 2013/36 e dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 26 del regolamento n. 575/2013 suggerisce che, affinché sia considerata ente finanziario ai sensi della seconda delle due norme, una società di gestione di partecipazioni sociali deve acquisire partecipazioni sociali in imprese che svolgano attività bancarie o finanziarie. Per contro, le società di gestione di partecipazioni sociali il cui unico scopo sia la gestione delle partecipazioni in imprese diverse da quelle che svolgono attività bancarie o finanziarie non paiono rientrare nella nozione di «ente finanziario» secondo il significato delle due norme citate.

    2.   Interpretazione contestuale

    46.

    Come sopra indicato, l’interpretazione di una norma del diritto dell’Unione richiede che si tenga conto del contesto. Nei casi di specie, gli enti finanziari si trovano vincolati in modo specifico a regole, prescrizioni e vantaggi utili a fornire un’interpretazione contestuale dell’espressione «ente finanziario» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 26 del regolamento n. 575/2013.

    47.

    A tale riguardo, ho già menzionato che il regolamento n. 575/2013 stabilisce regole uniformi concernenti i requisiti prudenziali generali che gli enti finanziari sottoposti a vigilanza ai sensi della direttiva 2013/36 devono rispettare. Ai sensi dell’articolo 1 dello stesso regolamento, tali regole riguardano requisiti di fondi propri, requisiti di liquidità e obblighi di segnalazione oltre a obblighi di informativa al pubblico.

    48.

    In primo luogo, i requisiti di fondi propri, come quello previsto dall’articolo 93 del regolamento n. 575/2013, prevedono che le imprese oggetto del regolamento assumano rischi soltanto nella misura in cui siano supportate da capitali adeguati ( 20 ). Tali requisiti garantiscono che le imprese in questione dispongano della copertura finanziaria necessaria ad affrontare eventuali perdite che possano derivare dai rischi assunti, come quello di inadempimento della parte che riceve un finanziamento ( 21 ).

    49.

    In secondo luogo, i requisiti di liquidità previsti dagli articoli da 412 a 414 del regolamento n. 575/2013 integrano i requisiti di capitale adeguato con l’obbligo per gli enti di liquidare attività quando necessitino di denaro per il pagamento dei debiti o per far fronte a eventuali squilibri tra gli afflussi e i deflussi di liquidità in situazioni di gravi tensioni ( 22 ).

    50.

    In terzo luogo, i requisiti relativi a grandi esposizioni, previsti dagli articoli 111 ss. del regolamento n. 575/2013, limitano significative estensioni del credito a un unico cliente o a un gruppo di clienti collegati. Tali regole riguardano la regolamentazione del rischio creditizio connesso al prestito erogato a determinati clienti, poiché il concretarsi di tale rischio potrebbe compromettere gli interessi finanziari dell’Unione europea.

    51.

    In sostanza, le norme di vigilanza prudenziale sopra esposte impongono alle imprese ulteriori e onerosi requisiti di legge oltre a quelli di carattere generale quali l’imposizione fiscale e il consolidamento finanziario. Tali disposizioni sono intrinsecamente collegate alle attività bancarie e finanziarie e costituiscono insieme un sistema di gestione che garantisce la sicurezza degli interessi finanziari dell’Unione europea.

    52.

    Inoltre, mentre l’articolo 11 del regolamento n. 575/2013 sottopone gli enti finanziari ai requisiti di vigilanza prudenziale, tali requisiti essenzialmente regolamentano gli enti finanziari se e nella misura in cui siano filiazioni di enti o di enti finanziari che detengono partecipazioni sociali negli enti di cui all’articolo 4, paragrafo 1, punto 3 del regolamento n. 575/2013. Ciò significa che una società di gestione di partecipazioni sociali priva di collegamento con il settore bancario o finanziario non è in effetti soggetta ad alcuno dei requisiti sopra menzionati.

    53.

    Una situazione analoga sorge con riferimento ai vantaggi consentiti agli enti finanziari dal quadro regolamentare in questione. Uno dei principali vantaggi consiste nella possibilità di svolgere nel territorio di un altro Stato membro le attività bancarie o finanziarie riportate nell’allegato I alla direttiva 2013/36, una volta che l’ente finanziario sia autorizzato nello Stato membro di origine. In effetti, l’articolo 34 della direttiva 2013/36 sancisce che gli enti finanziari che siano filiazioni di enti creditizi devono godere del beneficio del mutuo riconoscimento con riferimento alle attività bancarie o finanziarie. Tale disposizione, interpretata alla luce del considerando 20 della stessa direttiva, consente sostanzialmente agli enti finanziati di costituire filiali in altri Stati membri e di esercitare le attività transfrontaliere di cui all’allegato I della direttiva 2013/36. I vantaggi di mutuo riconoscimento di cui beneficiano gli enti finanziari sono intrinsecamente legati al settore finanziario o bancario in ragione del loro collegamento con le attività di cui all’allegato I della direttiva 2013/36.

    54.

    Da tali considerazioni consegue che una società di gestione di partecipazioni sociali il cui unico scopo sia costituito dalla gestione delle partecipazioni sociali e le cui filiazioni o partecipazioni non svolgano attività bancarie o finanziarie non è soggetta ad alcuno dei requisiti sopra menzionati, in particolare in materia di vigilanza prudenziale. Inoltre, tali società di gestione di partecipazioni sociali non hanno la capacità di utilizzare il vantaggio del mutuo riconoscimento previsto dalla direttiva 2013/36. Di fatto, le disposizioni in questione non si riferiscono a tali società di gestione di partecipazioni sociali poiché esse non detengono le partecipazioni previste e non sono filiazioni, né svolgono alcuna delle attività di cui all’allegato I della direttiva 2013/36.

    55.

    Di conseguenza, l’interpretazione proposta dalle ricorrenti nelle tre cause in oggetto minerebbe la coerenza della direttiva 2013/36, in quanto taluni enti finanziari dovrebbero rispettare le norme di vigilanza prudenziale mentre altri non vi sarebbero tenuti. In una prospettiva contestuale, non sembra opportuno considerare le società di gestione di partecipazioni sociali quali enti finanziari quando (i) non adempiono alle responsabilità di un ente finanziario, (ii) non possono utilizzare i vantaggi previsti per gli enti finanziari e (iii) non svolgono le attività tipicamente attribuite agli enti finanziari. Se ciò fosse consentito, si creerebbe un regime giuridico privo di qualsivoglia scopo pratico.

    56.

    Occorre sottolineare un altro aspetto problematico dell’interpretazione proposta dalle ricorrenti. In effetti, se le società di gestione di partecipazioni sociali come quelle coinvolte nelle cause principali fossero considerate enti finanziari, la definizione di tale termine sarebbe inutilmente ampia. Per gestire le proprie operazioni e i propri investimenti molte società potrebbero ricorrere alla struttura di una società di gestione di partecipazioni sociali quand’anche nessuno dei loro enti fossero costituiti in forma di filiazioni o partecipazioni.

    57.

    Durante l’udienza il governo portoghese ha fornito un esempio delle conseguenze di un’interpretazione così ampia dell’espressione «ente finanziario». Il 94% di tutte le SGPS con sede legale in Portogallo è stato costituito come ente non finanziario e ciò significa che soltanto il 6% delle SGPS è sottoposto alla vigilanza e al controllo delle autorità competenti. Se si seguisse l’interpretazione dell’espressione «ente finanziario» proposta dai ricorrenti, tale percentuale arriverebbe al 100%.

    58.

    Se tutte le società di gestione di partecipazioni sociali dovessero essere considerate enti finanziari ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 26 del regolamento n. 575/2013, si creerebbe una situazione particolare. Di fatto, le responsabilità delle società di gestione di partecipazioni sociali non cambierebbero in modo significativo a meno che non scegliessero di acquisire partecipazioni o divenissero filiazioni di enti. In sostanza, non sarebbero sottoposte a ulteriori oneri ma avrebbero i requisiti per godere dei vantaggi previsti dalla normativa nazionale come, nel caso del Portogallo, l’esenzione dall’imposta di bollo. La conseguenza sarebbe che la collocazione delle partecipazioni gestite dalle SGPS avverrebbe con un vantaggio competitivo rispetto ad altre società che operano in un mercato simile senza essere gestite da una SGPS.

    59.

    Inoltre, una situazione analoga si verifica se si esaminano le responsabilità delle autorità nazionali. Se tutte le società di gestione di partecipazioni sociali fossero considerate enti finanziari, le autorità nazionali porrebbero a carico delle stesse un onere indebito rappresentato dagli obblighi che sono tenute ad adempiere in relazione alla vigilanza prudenziale come stabilito, tra l’altro, dall’articolo 4 della direttiva 2013/36.

    60.

    Alla luce di quanto precede è possibile tracciare una distinzione tra due tipi di società di gestione di partecipazioni sociali: da un lato, quelle che svolgono attività di gestione per le proprie filiazioni industriali, come il tipo di società di gestione di partecipazioni sociali coinvolte nelle cause principali e, dall’altro lato, le società di gestione di partecipazioni sociali che acquisiscono partecipazioni che fanno parte del settore bancario o assicurativo. Se si segue l’interpretazione contestuale, soltanto la seconda categoria sembra soggetta al regolamento n. 575/2013 e alla direttiva 2013/36.

    61.

    Tale interpretazione più restrittiva dell’espressione «ente finanziario» sembra altresì corrispondere alla modifica dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 26 introdotta dal regolamento 2019/789 che, come indicato al precedente paragrafo 44, esclude da tale definizione le «società di partecipazione industriale pura».

    62.

    È importante notare che l’espressione «società di partecipazione industriale pura» non è stata definita e sulla sua definizione il regolamento 2019/876 non fornisce alcuna indicazione. Inoltre, nemmeno i lavori preparatori relativi al regolamento 2019/876 contengono alcuna indicazione rilevante sulla sua interpretazione.

    63.

    Tuttavia, più recentemente, in una proposta della Commissione del 2021 ( 23 ) è stata inserita una definizione di «società di partecipazione industriale pura». Ai sensi dell’articolo 1, lettera f) di tale proposta, che introduce il nuovo punto 26 bis) del regolamento n. 575/2013, una società di partecipazione industriale pura è un’impresa che soddisfa tre condizioni: la prima è che l’attività principale dell’impresa consista nell’assunzione o nella detenzione di partecipazioni; la seconda è che né l’impresa né alcuna delle imprese in cui detiene partecipazioni rientrino nelle fattispecie di cui al punto 27, lettere a), d), e), f), g), h), k) e l); la terza è che né l’impresa né alcuna delle imprese di cui detiene partecipazioni esercitino, come attività principale, una delle attività di cui all’allegato I della direttiva 2013/36/UE, una delle attività di cui alla sezione A o B dell’allegato I della direttiva 2014/65/UE in relazione agli strumenti finanziari di cui alla sezione C di tale allegato della predetta direttiva, oppure siano imprese di investimento, prestatori di servizi di pagamento ai sensi della direttiva (UE) 2015/2366 ( 24 ), società di gestione del risparmio o imprese strumentali.

    64.

    Pur non avendo efficacia legale, la definizione proposta è in linea con la mia precedente analisi. Essa stabilisce che le società di partecipazione industriale pura non hanno alcun collegamento con il settore finanziario o bancario in quanto non sono imprese che esercitano come attività principale nessuna delle attività indicate dall’articolo 4, paragrafo 1, punto 26, del regolamento n. 575/2013 né detengono partecipazioni in imprese che esercitano tali attività come loro attività principale. Ne consegue la necessità di un collegamento con il settore bancario o finanziario anche per le società che acquisiscono partecipazioni.

    65.

    In base alle considerazioni di cui sopra, ritengo che il riferimento a un’impresa «la cui attività principale consista nell’assunzione di partecipazioni», se considerata nel contesto del regolamento n. 575/2013 e della direttiva 2013/36, sia da intendere in senso restrittivo. Tale interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 1, punto 22, della direttiva 2013/36 e dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 26, del regolamento n. 575/2013 implicherebbe che una società di gestione di partecipazioni sociali, il cui scopo consista nella gestione di partecipazioni in imprese che non sono soggette a vigilanza o a requisiti prudenziali e che pertanto non rientrano nell’ambito di applicazione di detta direttiva e di detto regolamento, non sarebbe considerata un «ente finanziario».

    3.   Interpretazione teleologica

    66.

    Con riferimento all’interpretazione teleologica dell’articolo 3, paragrafo 1, punto 22 della direttiva 2013/36 e dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 26 del regolamento n. 575/2013, è pacifico che entrambi i provvedimenti legislativi siano stati adottati per rinforzare i requisiti di governance applicabili agli enti finanziari. La crisi finanziaria iniziata nel 2008 ha evidenziato la necessità di una maggiore fiducia nel sistema finanziario dell’Unione europea e di una sua maggiore affidabilità. Prima di tale crisi, la mancanza di efficaci controlli e correttivi nell’ambito degli enti coinvolti ha comportato una carenza di supervisione sui processi decisionali di tipo gestionale. Tale situazione ha condotto a strategie gestionali orientate al breve periodo ed eccessivamente rischiose ( 25 ). Tuttavia, l’adozione di prassi affidabili di governance interna ha consentito ad alcune imprese di gestire la crisi finanziaria notevolmente meglio di altre ( 26 ).

    67.

    In tale contesto, è evidente che l’assenza di sistema di governance interna può produrre conseguenze potenzialmente dannose per gli interessi finanziari dell’Unione europea, come posto in luce nei considerando 53 e 54 della direttiva 2013/36 e nei considerando 113 e 114 del regolamento n. 575/2013. Pertanto, l’obiettivo perseguito dalla direttiva 2013/36 e dal regolamento n. 575/2013 consiste nel porre dei rimedi al sistema di governance precedente.

    68.

    Ne consegue che la definizione di «ente finanziario» prevista dall’articolo 3, paragrafo 1, punto 22 della direttiva 2013/36 e dall’articolo 4, paragrafo 1, punto 26 del regolamento n. 575/2013 debba essere coerente con tale obiettivo e rispettare tale logica. In particolare, il ruolo dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 26 del regolamento n. 575/2013 va visto nell’indicazione che fornisce in merito a quali enti richiedano sistemi di governance interna più severi e quali enti rappresentino una minaccia per gli interessi finanziari dell’Unione europea. La definizione dell’espressione «ente finanziario» deve pertanto consentire di distinguere, da un lato, le imprese che possono rappresentare tale minaccia e, dall’altro, quelle che non costituiscono un problema in tal senso. In questo modo le autorità competenti possono utilizzare efficacemente la direttiva 2013/36 e il regolamento n. 575/2013 secondo la finalità da esse perseguite.

    69.

    In tale contesto, un’interpretazione dell’espressione «ente finanziario» che comprenda tutte le società di gestione di partecipazioni sociali appare piuttosto slegata dalla portata che la legislazione dell’Unione europea intende attribuire alla definizione in oggetto. I requisiti di fondi propri, di liquidità e quelli relativi a grandi esposizioni di cui ai punti da 47 a 50 di queste conclusioni costituiscono nel loro complesso misure applicabili agli enti finanziari volte a garantire prassi affidabili di governance interna e di adeguata gestione del rischio. Detti requisiti possiedono infatti un effetto preventivo sulle conseguenze potenzialmente negative per gli interessi finanziari dell’Unione europea oltre che per le persone fisiche e giuridiche coinvolte con tali istituzioni finanziarie. Orbene, le società di gestione di partecipazioni sociali che gestiscono partecipazioni sociali di imprese che non rispecchiano la nozione di ente non affrontano lo stesso rischio. Ne consegue che la loro inclusione nell’ambito del termine «ente finanziario» non consentirebbe di raggiungere l’obiettivo di rimediare all’assenza di sistemi di governance interna delle imprese che rappresentano un rischio per la sicurezza e gli interessi finanziari dell’Unione europea.

    70.

    Per altro verso e come già ricordato, l’allegato I alla direttiva 2013/36 contiene l’elenco delle attività che beneficiano del mutuo riconoscimento. L’articolo 4, paragrafo 1, punto 26 del regolamento n. 575/2013 stabilisce che le imprese la cui attività principale consiste nell’esercizio di una delle attività previste nei punti da 2 a 12 e 15 dell’allegato in questione sono considerate enti finanziari nella misura in cui rispettano i restanti requisiti insiti nella definizione stabilita dallo stesso articolo. Per contestualizzare, costituiscono esempi delle attività in questione, tra l’altro, le attività di leasing finanziario, concessione di finanziamenti, servizi di intermediazione finanziaria del tipo money broking ed emissione di moneta elettronica.

    71.

    Nel considerare tali attività si possono trarre due conclusioni provvisorie. In primo luogo, l’elenco delle attività di cui all’allegato I alla direttiva in questione è ampio. In secondo luogo, le attività sono collegate molto chiaramente al settore bancario o finanziario. È mia opinione che il legislatore europeo abbia inteso la portata dell’espressione «ente finanziario» nel modo più ampio possibile al fine di evitare lacune, qualora certe imprese tentassero di sottrarre all’azione di vigilanza prudenziale delle risorse sebbene fossero chiaramente relative al settore bancario o finanziario.

    72.

    È evidente che l’applicazione di tale ragionamento a un’interpretazione che racchiuda tutte le società di gestione di partecipazioni sociali nell’espressione «ente finanziario» sarebbe in linea soltanto con una delle due conclusioni sopra menzionate. L’ambito delle imprese considerate sarebbe effettivamente ampio pur essendo, al contempo, privo di un collegamento con il settore bancario o finanziario. Di conseguenza, ritengo che sul piano teleologico l’interpretazione debba essere restrittiva per garantire che la portata della definizione dell’espressione «ente finanziario» non risulti eccessivamente ampia.

    73.

    In base all’analisi summenzionata, non sarebbe opportuno considerare le società di gestione di partecipazioni sociali come quelle di cui ai procedimenti principali quali «enti finanziari» nel contesto della direttiva 2013/36 e del regolamento n. 575/2013. Inoltre, tale interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 26 del regolamento n. 575/2013 è in linea con l’analisi precedentemente menzionata in merito all’interpretazione contestuale e la corrobora.

    74.

    Alla luce delle considerazioni che precedono, risulta che tutti i metodi di interpretazione conducono ad una lettura restrittiva dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 26 del regolamento n. 575/2013. Per tale motivo, devo concludere che l’articolo 3, paragrafo 1, punto 22 della direttiva 2013/36 e l’articolo 4, paragrafo 1, punto 26 del regolamento n. 575/2013 debbano essere interpretati nel senso che una società di gestione di partecipazioni sociali il cui unico scopo consista nella gestione delle partecipazioni sociali e le cui filiazioni o partecipazioni non svolgano attività bancarie o finanziarie non può essere considerata un ente finanziario secondo il significato delle disposizioni citate.

    V. Conclusione

    75.

    Sulla base dell’analisi testé condotta, propongo che la Corte risponda alle questioni poste dal Tribunal Arbitral Tributário (Centro de Arbitragem Administrativa) [Tribunale di arbitraggio fiscale (Centro di arbitrato amministrativo), Portogallo] e dal Supremo Tribunal Administrativo (Corte amministrativa suprema, Portogallo) come segue:

    «L’articolo 3, paragrafo 1, punto 22 della direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale su di essi, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE, e l’articolo 4, paragrafo 1, punto 26 del regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012

    sono da interpretare nel senso che una società di gestione di partecipazioni sociali il cui unico scopo consista nella gestione delle partecipazioni sociali e le cui filiazioni o partecipazioni non svolgano attività bancarie o finanziarie non può essere considerata un ente finanziario secondo il significato delle disposizioni contenute nella versione applicabile ai fatti di cui alle cause principali».


    ( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

    ( 2 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE (GU 2013, L 176, pag. 338), come modificata dalla direttiva 2014/ EU del Parlamento europeo e del Consiglio del 4 febbraio 2014 in merito ai contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali e recante modifica delle direttive 2008/48/CE e 2013/36/UE e del regolamento (UE) n. 1093/2010 (GU 2014, L 60, pag. 34).

    ( 3 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (GU 2013, L 176, pag. 1), come modificato dal regolamento (UE) 2016/1014 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’8 giugno 2016 che modifica il regolamento (UE) n. 575/2013 (GU 2016, L 171, pag. 153).

    ( 4 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009 in materia di accesso ed esercizio delle attività di assicurazione e di riassicurazione (solvibilità II) (GU 2009, L 335, pag. 1).

    ( 5 ) Regolamento (UE) del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 maggio 2019 che modifica il regolamento (UE) n. 575/2013 per quanto riguarda il coefficiente di leva finanziaria, il coefficiente netto di finanziamento stabile, i requisiti di fondi propri e passività ammissibili, il rischio di controparte, il rischio di mercato, le esposizioni verso controparti centrali, le esposizioni verso organismi di investimento collettivo, le grandi esposizioni, gli obblighi di segnalazione e informativa e il regolamento (UE) n. 648/2012 (GU 2019, L 150, pag. 1).

    ( 6 ) Diário da República n. 301/1988, 6° supplemento, serie I del 30 dicembre 1988 e successive modifiche (in prosieguo: il «decreto-legge n. 495/88»).

    ( 7 ) Legge n. 150/99 dell’11 settembre 1999, come modificata dal decreto-legge n. 287/2003 del 12 novembre 2003 (Diário da República n. 213/1999, serie I-A, dell’11 settembre 1999).

    ( 8 ) Sentenza del 19 ottobre 2017, Europamur Alimentación (C‑295/16, EU:C:2017:782, punto 29).

    ( 9 ) V. considerando 2 della direttiva 2013/36.

    ( 10 ) Sentenza del 3 febbraio 2022, Finanzamt A (C‑515/20, EU:C:2022:73, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

    ( 11 ) Ibidem (punto 27).

    ( 12 ) V. sentenza del 9 marzo 2023, ACER/Aquind (C‑46/21, EU:C:2023:182, punto 54).

    ( 13 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, relativa ai mercati degli strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2002/92/CE e la direttiva 2011/61/UE (GU 2014, L 173, pag. 349).

    ( 14 ) La stessa norma si riferisce anche agli istituti di pagamento di cui alla direttiva 2007/64/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, recante modifica delle direttive 97/7/CE, 2002/65/CE, 2005/60/CE e 2006/48/CE, che abroga la direttiva 97/5/CE (GU 2007, L319, pag. 1) e alle società di gestione patrimoniale definite dall’articolo 4, paragrafo 1, punto 19 del regolamento n. 575/2013. Tuttavia, poiché tali enti non sono società di gestione di partecipazioni sociali, tali tipi di enti finanziari non risultano rilevanti ai fini della presente analisi.

    ( 15 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2002, relativa alla vigilanza supplementare sugli enti creditizi, sulle imprese di assicurazione e sulle imprese di investimento appartenenti ad un conglomerato finanziario e che modifica le direttive 73/239/CEE, 79/267/CEE, 92/49/CEE, 92/96/CEE, 93/6/CEE e 93/22/CEE del Consiglio e le direttive 98/78/CE e 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2003, L 35, pag. 1).

    ( 16 ) V. articolo 2, paragrafo 4 della direttiva 2002/87.

    ( 17 ) Sentenza del 9 luglio 2020, Land Hessen (C‑272/19, EU:C:2020:535, punto 69). Vedi anche la sentenza del 16 dicembre 2008, Satakunnan Markkinapörssi e Satamedia (C‑73/07, EU:C:2008:727, punto 41) e la sentenza del 6 novembre 2003, Lindqvist (C‑101/01, EU:C:2003:596, punti 4344).

    ( 18 ) Risposta della Commissione alla domanda 2014_857 in merito alla definizione di ente finanziario sul regolamento (UE) n. 575/2013, 18 luglio 2014, disponibile alla pagina web https://www.eba.europa.eu/single-rule-book-qa/-/qna/view/publicId/2014_857.

    ( 19 ) V. articolo 3, paragrafo 3, lettera b) del regolamento 2019/876.

    ( 20 ) Chiu, I.H.-Y., e Wilson, J., Banking Law and Regulation, Oxford University Press, 2019, pag. 330.

    ( 21 ) Ibidem (pag. 330).

    ( 22 ) Ibidem.

    ( 23 ) Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 575/2013 per quanto concerne i requisiti per il rischio di credito, il rischio di aggiustamento della valutazione del credito, il rischio operativo, il rischio di mercato e l’output floor. 2021/0342 (COD).

    ( 24 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 novembre 2015 relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, che modifica le direttive 2002/65/CE, 2009/110/CE e 2013/36/UE e il regolamento (UE) n. 1093/2010, e abroga la direttiva 2007/64/CE (GU 2015, L 337, pag. 35).

    ( 25 ) Autorità bancaria europea, «Relazione finale sugli orientamenti in materia di governance interna ai sensi della direttiva 2013/36/UE», EBA/GL/2021/05, 2 luglio 2021, pag. 5.

    ( 26 ) Ibidem.

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