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Document 62021CJ0508

Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 14 settembre 2023.
Commissione europea e Interessengemeinschaft der Grenzhändler (IGG) contro Dansk Erhverv.
Impugnazione – Aiuti di Stato – Articolo 107, paragrafo 1, TFUE – Vendita di bevande in lattina ai residenti del Regno di Danimarca – Vendita senza deposito cauzionale a condizione di esportare le bevande acquistate – Mancata imposizione di un’ammenda – Nozione di “aiuto di Stato” – Nozione di “risorse statali” – Decisione che dichiara l’assenza di aiuto – Ricorso di annullamento.
Cause riunite C-508/21 P e C-509/21 P.

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2023:669

 SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

14 settembre 2023 ( *1 )

«Impugnazione – Aiuti di Stato – Articolo 107, paragrafo 1, TFUE – Vendita di bevande in lattina ai residenti del Regno di Danimarca – Vendita senza deposito cauzionale a condizione di esportare le bevande acquistate – Mancata imposizione di un’ammenda – Nozione di “aiuto di Stato” – Nozione di “risorse statali” – Decisione che dichiara l’assenza di aiuto – Ricorso di annullamento»

Nelle cause riunite C‑508/21 P e C‑509/21 P,

aventi ad oggetto due impugnazioni ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposte il 18 agosto 2021,

Commissione europea, rappresentata da T. Maxian Rusche e B. Stromsky, in qualità di agenti,

ricorrente (C‑508/21 P),

convenuta in primo grado (C‑509/21 P),

Interessengemeinschaft der Grenzhändler (IGG), con sede in Flensburg (Germania), rappresentata da M. Bauer e F. von Hammerstein, Rechtsanwälte,

ricorrente (C‑509/21 P),

interveniente in primo grado (C‑508/21 P),

procedimento in cui le altre parti sono:

Dansk Erhverv, con sede in Copenaghen (Danimarca), rappresentata inizialmente da T. Mygind e H. Peytz, advokaten, successivamente da H. Peytz, advokat,

ricorrente in primo grado (C‑508/21 P e C‑509/21 P),

Danmarks Naturfredningsforening, con sede in Copenaghen,

Repubblica federale di Germania,

intervenienti in primo grado (C‑508/21 P e C‑509/21 P),

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta da E. Regan, presidente di sezione, D. Gratsias, M. Ilešič, I. Jarukaitis e Z. Csehi (relatore), giudici,

avvocato generale: A.M. Collins

cancelliere: M. Longar, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 7 dicembre 2022,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 16 marzo 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con le loro rispettive impugnazioni, la Commissione europea e l’Interessengemeinschaft der Grenzhändler (IGG), un’associazione che rappresenta gli interessi dei negozi frontalieri dell’area settentrionale della Repubblica federale di Germania, chiedono l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 9 giugno 2021, Dansk Erhverv/Commissione (T‑47/19; in prosieguo: la sentenza impugnata, EU:T:2021:331), con la quale quest’ultimo ha annullato la decisione C(2018) 6315 final della Commissione, del 4 ottobre 2018, relativa all’aiuto di Stato SA.44865 (2016/FC) – Germania – Presunti aiuti in favore di negozi di bevande situati alla frontiera tedesca (in prosieguo: la «decisione controversa»).

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

Direttiva 94/62/CE

2

L’articolo 7 della direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 1994, sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio (GU 1994, L 365, pag. 10), quale modificata dalla direttiva 2015/720/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2015 (GU 2015, L 115, pag. 11) (in prosieguo: la «direttiva 94/62»), rubricato «Sistemi di restituzione, raccolta e recupero», al paragrafo 1 dispone quanto segue:

«Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che siano introdotti sistemi di:

a)

restituzione e/o raccolta degli imballaggi usati e/o dei rifiuti di imballaggio generati dal consumatore, da altri utenti finali o dal flusso di rifiuti per smistarli verso le soluzioni di gestione dei rifiuti più appropriate;

b)

reimpiego o recupero, incluso il riciclaggio degli imballaggi e/o dei rifiuti di imballaggio raccolti,

al fine di conformarsi agli obiettivi definiti dalla presente direttiva.

Questi sistemi sono aperti alla partecipazione degli operatori economici dei settori interessati e alla partecipazione delle competenti autorità pubbliche. Essi si applicano anche ai prodotti importati in condizioni non discriminatorie, incluso quanto attiene alle modalità previste e alle eventuali tariffe imposte per accedere a detti sistemi, e devono essere concepiti in modo da evitare ostacoli agli scambi o distorsioni della concorrenza in conformità con il trattato [FUE]».

Direttiva 2008/98/CE

3

La direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive (GU 2008, L 312, pag. 3), definisce, al suo articolo 3, punto 1, la nozione di «rifiuto» come «qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi».

Diritto tedesco

4

La Verordnung über die Vermeidung und Verwertung von Verpackungsabfällen (Verpackungsverordnung) (decreto in materia di prevenzione e recupero dei rifiuti di imballaggi), del 21 agosto 1998 (BGBl. 1998 I, pag. 2379; in prosieguo: la «VerpackV»), nella versione applicabile ai fatti di cui al procedimento principale, recepisce la direttiva 94/62 nell’ordinamento giuridico tedesco.

5

Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della VerpackV, quest’ultima si applica a ogni imballaggio immesso in circolazione nell’ambito di applicazione territoriale del Gesetz zur Förderung der Kreislaufwirtschaft und Sicherung der umweltverträglichen Bewirtschaftung von Abfällen (Kreislaufwirtschaftsgesetz – KrWG) (legge sulla promozione dell’economia circolare e sulla garanzia della gestione ecologica dei rifiuti), del 24 febbraio 2012 (BGBl. 2012 I, pag. 212; in prosieguo: la «legge sulla promozione dell’economia circolare e sulla garanzia della gestione ecologica dei rifiuti»).

6

L’articolo 9, paragrafo 1, della VerpackV istituisce un sistema di deposito cauzionale per determinati imballaggi di bevande monouso (in prosieguo: il «sistema di deposito cauzionale»). Esso prevede, in particolare, quanto segue:

«I distributori che commercializzano bevande in imballaggi monouso di capacità compresa tra 0,1 e 3 litri devono addebitare ai clienti un deposito cauzionale pari ad almeno EUR 0,25 per imballaggio, compresa l’imposta sul valore aggiunto [(IVA)]. La prima frase non si applica agli imballaggi venduti ai consumatori finali al di fuori dell’ambito di applicazione territoriale della VerpackV. Il deposito cauzionale deve essere riscosso da ciascun distributore a valle, in ciascuna fase della commercializzazione, fino alla vendita al consumatore finale. (...) [Il deposito cauzionale] è rimborsato all’atto della restituzione dell’imballaggio. Esso non può essere rimborsato qualora l’imballaggio non venga restituito (...)».

7

Dall’articolo 15, paragrafo 1, punto 14, della VerpackV si evince che la mancata riscossione del deposito cauzionale in violazione delle disposizioni dell’articolo 9, paragrafo 1, della VerpackV costituisce un illecito amministrativo (Ordnungswidrigkeit) ai sensi dell’articolo 69, paragrafo 1, punto 8, della legge che novella la normativa sui rifiuti.

8

L’articolo 69, paragrafo 3, della legge sulla promozione dell’economia circolare e sulla garanzia della gestione ecologica dei rifiuti prevede che questo tipo di illecito sia punibile con un’ammenda fino a EUR 100000.

9

Il sistema di deposito cauzionale è entrato in vigore il 1o gennaio 2003.

Fatti

10

I fatti all’origine della controversia sono esposti ai punti da 1 a 27 della sentenza impugnata. Ai fini del presente procedimento, essi possono essere sintetizzati come segue.

11

Il 14 marzo 2016 la Dansk Erhverv, un’associazione di categoria che rappresenta gli interessi di imprese danesi, ha presentato una denuncia alla Commissione, vertente su una violazione delle norme del diritto dell’Unione in materia di aiuti di Stato, previste agli articoli 107 e 108 TFUE.

12

Nell’ambito di tale denuncia, la Dansk Erhverv ha sostenuto che la Repubblica federale di Germania avrebbe concesso a un gruppo di imprese di vendita al dettaglio della Germania settentrionale (in prosieguo: i «negozi frontalieri»), che si rivolgono esclusivamente ai consumatori residenti in paesi frontalieri, segnatamente in Danimarca, un aiuto illegittimo, incompatibile con il mercato interno, che consisterebbe in un’esenzione dall’obbligo generale di riscuotere il deposito cauzionale sugli imballaggi di bevande monouso previsto all’articolo 9, paragrafo 1, della VerpackV.

13

In particolare, la Dansk Erhverv ha sostenuto che tali negozi frontalieri avrebbero venduto ai consumatori danesi e svedesi bevande confezionate in imballaggi monouso senza riscuotere il relativo deposito cauzionale, ossia EUR 0,25, imposte comprese, per lattina, con il consenso delle autorità dei due Länder interessati, vale a dire lo Schleswig-Holstein e il Meclemburgo-Pomerania Anteriore (Germania). Infatti, tali autorità non imporrebbero ammende ai negozi frontalieri quando non riscuotono il deposito cauzionale. La Dansk Erhverv ha altresì rilevato che l’esenzione dal deposito cauzionale implicherebbe anche un’esenzione dall’IVA relativa all’importo di tale deposito.

14

Poiché i prezzi della birra e di altre bevande sono più elevati in paesi frontalieri, quali la Danimarca, rispetto alla Germania, a motivo, in particolare, delle differenze relative ai prezzi all’ingrosso, all’IVA e alle accise, si è sviluppato un commercio frontaliero specializzato, nel cui ambito i venditori al dettaglio stabiliti nei due Länder interessati si rivolgono ai clienti frontalieri, in particolare danesi. La birra, l’acqua minerale e le bibite sono vendute esclusivamente in grandi confezioni, vale a dire in «vassoi», segnatamente da 24 lattine avvolte in pellicola di plastica. Una ventina di imprese che raggruppano circa sessanta negozi pratica questo tipo di commercio frontaliero. Tali imprese frontaliere occupano circa 3000 persone e hanno costituito l’IGG, un’associazione che rappresenta i loro interessi, ricorrente nell’ambito dell’impugnazione nella causa C‑509/21 P.

15

È pacifico, come risulta dal punto 155 della sentenza impugnata, che, a seguito dell’ordinanza dello Schleswig-Holsteinisches Verwaltungsgericht (Tribunale amministrativo dello Schleswig-Holstein, Germania), del 7 luglio 2003 (12 B 30/03), confermata da un’ordinanza dello Schleswig-Holsteinisches Oberverwaltungsgericht (Tribunale amministrativo superiore dello Schleswig-Holstein, Germania), del 23 luglio 2003 (4 MB 58/03, 12 B 30/03) (in prosieguo: le «ordinanze dei giudici tedeschi del 2003»), le autorità di esecuzione dei due Länder interessati (in prosieguo: le «autorità regionali tedesche competenti») hanno deciso di non adottare nuove misure amministrative coercitive nei confronti dei negozi frontalieri che non applicavano il deposito cauzionale.

16

Tali autorità hanno ritenuto che l’obbligo di riscuotere il deposito cauzionale non si applicasse ai negozi frontalieri quando le bevande erano vendute esclusivamente a clienti residenti, segnatamente, in Danimarca e questi ultimi si impegnavano per iscritto (firmando una «dichiarazione di esportazione») a consumare dette bevande e ad eliminare il loro imballaggio al di fuori del territorio tedesco.

17

Il 4 ottobre 2018 la Commissione ha adottato la decisione controversa in esito al procedimento preliminare di esame degli aiuti, previsto all’articolo 108, paragrafo 3, TFUE. Nella suddetta decisione, tale istituzione si è limitata ad esaminare la condizione relativa alle risorse statali, enunciata all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. A tale proposito, essa ha analizzato in ordine successivo le tre misure che potrebbero costituire un vantaggio finanziato mediante risorse statali (in prosieguo: le «misure controverse»), ovvero la mancata riscossione del deposito cauzionale stesso, la mancata riscossione dell’IVA relativa al deposito cauzionale e la mancata imposizione di un’ammenda alle imprese che non riscuotono il deposito cauzionale.

18

Per quanto riguarda la mancata riscossione del deposito cauzionale, la Commissione ha dichiarato, ai punti 32 e 33 della decisione controversa, che tale misura non costituiva un aiuto di Stato, in quanto il sistema di deposito cauzionale non era finanziato mediante risorse statali.

19

In secondo luogo, essa ha spiegato, ai punti 41 e 42 della decisione controversa, che la mancata riscossione dell’IVA relativa al deposito cauzionale era la normale conseguenza dell’applicazione delle norme generali in materia di IVA e ne ha dedotto che tale omessa riscossione non era intesa, per la sua finalità e la sua struttura, a creare un vantaggio che costituisse un onere supplementare per lo Stato e che tale misura non costituisse, pertanto, neppure un aiuto di Stato.

20

Per quanto riguarda, in terzo luogo, la mancata imposizione di un’ammenda alle imprese che non applicavano il sistema di deposito cauzionale, la Commissione ha ricordato, ai punti 45 e 47 della decisione controversa, che, secondo la giurisprudenza della Corte, l’esenzione dall’obbligo di pagare un’ammenda può, in linea di principio, configurare un vantaggio concesso mediante risorse statali. Essa ha tuttavia precisato che, quando si tratta di stabilire se ricorra il presupposto relativo alle risorse statali, occorre, in linea di principio, distinguere i casi in cui le autorità nazionali hanno previsto la possibilità di evitare il pagamento di un’ammenda normalmente esigibile da quelli nei quali esse non impongono sanzioni, in quanto hanno espressamente autorizzato un determinato comportamento.

21

La Commissione ha aggiunto, ai punti 48 e 49 della decisione controversa, che, quando le autorità nazionali sono confrontate con seri e ragionevoli dubbi riguardo alla portata e all’interpretazione di una norma nazionale che prevede un obbligo, la mancata imposizione di un’ammenda non era necessariamente il risultato di una decisione di dette autorità di non riscuotere le ammende esigibili, bensì la conseguenza di difficoltà di interpretazione inerenti a qualsiasi sistema giuridico. Di conseguenza, la Commissione ha ritenuto che si debba anche distinguere tra i casi nelle quali le autorità si trovano di fronte a difficoltà di interpretazione della legge, nel normale esercizio delle loro prerogative di potere pubblico, e le situazioni nelle quali esse decidono di non riscuotere le ammende pur esigibili o danno alle imprese la possibilità di evitarne il pagamento.

22

La Commissione ha poi ritenuto, al punto 50 della decisione controversa, che le autorità regionali tedesche competenti fossero del parere che i negozi frontalieri non fossero tenuti ex lege a riscuotere il deposito cauzionale, cosicché la sua mancata riscossione non avrebbe costituito, secondo dette autorità, una violazione e la mancata imposizione dell’ammenda sarebbe stata la mera conseguenza di tale assenza di violazione.

23

La Commissione ha tuttavia concluso, al punto 69 della decisione controversa, che le autorità regionali tedesche competenti erano confrontate, nel normale esercizio delle loro prerogative di potere pubblico, con seri e ragionevoli dubbi riguardo alla portata e all’interpretazione dell’obbligo di riscuotere il deposito cauzionale e che, di conseguenza, la mancata imposizione di un’ammenda non costituiva un vantaggio concesso mediante risorse statali.

24

A tale proposito, al punto 51 della decisione controversa, la Commissione ha affermato che, a suo parere, alla luce del tenore letterale dell’articolo 9, paragrafo 1, della VerpackV, tale disposizione, nella misura in cui si applicava al «territorio tedesco» e alla «messa in circolazione della bevanda», doveva essere intesa nel senso che imponeva ai negozi frontalieri di riscuotere il deposito cauzionale.

25

Essa ha tuttavia ritenuto, ai punti 52 e 53 della decisione controversa, che l’assenza di un siffatto obbligo per i negozi frontalieri quando vendevano bevande in lattina esclusivamente a consumatori «residenti all’estero», che si impegnavano a consumare tali bevande al di fuori del territorio tedesco, poteva essere considerata coerente con l’obiettivo perseguito dalla VerpackV, vale a dire promuovere la restituzione degli imballaggi di bevande monouso in Germania.

26

La Commissione ha puntualizzato che, secondo l’interpretazione delle autorità regionali tedesche competenti, tale obiettivo non richiedeva l’applicazione del deposito cauzionale a bevande in lattina consumate all’estero e i cui imballaggi non venivano riportati in Germania. Essa ha aggiunto che, sempre secondo l’interpretazione di dette autorità, i negozi frontalieri si trovavano nella stessa situazione degli esportatori di bevande in lattina, i quali vendevano prodotti non destinati al consumo in Germania e i cui imballaggi erano destinati ad essere smaltiti lontano dagli impianti di riciclaggio integrati nel sistema tedesco. Orbene, la VerpackV non imponeva a tali esportatori di riscuotere il deposito cauzionale.

27

La Commissione ha sottolineato, ai punti da 56 a 60 della decisione controversa, che la posizione delle autorità regionali tedesche competenti era, da un lato, suffragata da una relazione elaborata nel corso del 2005, su richiesta dei negozi frontalieri, da un professore di diritto e, dall’altro, inficiata da un’altra relazione, elaborata anch’essa nel corso dello stesso anno, su richiesta del governo federale tedesco.

28

Al punto 61 della decisione controversa, la Commissione ha aggiunto che le ordinanze dei giudici tedeschi del 2003, quali menzionate al punto 15 della presente sentenza, tendono a confermare l’interpretazione delle autorità regionali tedesche competenti.

29

La Commissione ha altresì ricordato, al punto 67 della decisione controversa, che, poiché la direttiva 94/62 non disciplina tale eccezione di «esportazione» da parte di un consumatore, gli Stati membri erano liberi di decidere se riscuotere o meno un deposito cauzionale, fatto salvo il rispetto del divieto di discriminazioni.

30

Sulla base di tali elementi, ritenendo che si potesse presumere che, quando un consumatore acquistava una bevanda in Germania per portarla in un altro Stato membro, l’imballaggio di tale bevanda non venisse riportato in Germania, ma entrasse nel sistema di gestione dei rifiuti dell’altro Stato membro, la Commissione ha osservato, al punto 65 della decisione controversa, che sembrava ragionevole rinunciare all’obbligo di riscuotere il deposito cauzionale quando un consumatore firmava una dichiarazione di esportazione. Tale istituzione ha rilevato, al punto 68 di detta decisione, che l’interpretazione adottata dalle autorità regionali tedesche competenti costituiva un compromesso ragionevole tra l’obiettivo di tutela dell’ambiente perseguito dalla direttiva 94/62, e la libera circolazione delle merci.

31

In tali circostanze la Commissione ha concluso, ai punti da 69 a 71 della decisione controversa, che, poiché le autorità regionali tedesche competenti erano confrontate, nell’ambito del normale esercizio delle loro prerogative di potere pubblico, con seri e ragionevoli dubbi sulla portata e sull’interpretazione dell’obbligo di riscuotere il deposito cauzionale, la mancata imposizione di un’ammenda, anche qualora si dovesse ritenere che avrebbe dovuto essere riscossa presso negozi frontalieri in forza della VerpackV, non configurava un vantaggio concesso mediante risorse statali, cosicché siffatta misura non poteva essere qualificata come «aiuto di Stato».

Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

32

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 23 gennaio 2019 la Dansk Erhverv ha proposto un ricorso diretto all’annullamento della decisione controversa.

33

A sostegno del proprio ricorso, la Dansk Erhverv ha dedotto un motivo unico con cui sosteneva che la Commissione, omettendo di avviare il procedimento d’indagine formale previsto dall’articolo 108, paragrafo 2, TFUE, nonostante le serie difficoltà che sollevava l’esame delle misure controverse, avrebbe violato i diritti procedurali di cui la ricorrente avrebbe disposto in qualità di parte interessata ai sensi della medesima disposizione. Tale motivo constava di tre parti. Con la prima parte, la Dansk Erhverv ha dedotto un esame insufficiente, da parte della Commissione, della compatibilità dell’esenzione dal deposito cauzionale con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, la direttiva 94/62, il principio «chi inquina paga» nonché talune disposizioni del diritto tedesco. Con la seconda parte, essa ha dedotto un esame insufficiente, da parte della Commissione, della mancata riscossione di entrate IVA, poiché tale misura sarebbe stata concessa mediante risorse statali. Infine, con la terza parte, la Dansk Erhverv ha dedotto un esame insufficiente, da parte della Commissione, della misura consistente nella mancata imposizione di un’ammenda, dato che tale misura sarebbe stata parimenti concessa mediante risorse statali.

34

Con la sentenza impugnata il Tribunale ha annullato la decisione controversa.

35

Ai punti da 57 a 75 della sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto come inconferente la prima parte del motivo unico, constatando che il fatto che una misura nazionale violi disposizioni del diritto dell’Unione diverse da quelle relative agli aiuti di Stato non può essere utilmente invocato, in quanto tale, al fine di dimostrare che tale misura è un aiuto di Stato.

36

Il Tribunale ha altresì respinto la seconda parte del motivo unico considerando, in particolare, ai punti 96 e 97 della sentenza impugnata, che la Commissione poteva fondatamente concludere, richiamandosi alla giurisprudenza scaturita dalla sentenza del 17 marzo 1993, Sloman Neptun (C‑72/91 e C‑73/91, EU:C:1993:97), che la condizione relativa alle risorse statali non era soddisfatta per quanto riguarda la mancata riscossione dell’IVA relativa al deposito cauzionale, dato che tale assenza era solo una conseguenza indiretta del meccanismo di esenzione dal deposito cauzionale, inerente alla mancata riscossione del medesimo, e non consentiva di dimostrare che la misura controversa mirasse, a tale proposito, a concedere un vantaggio a talune imprese mediante risorse statali.

37

Per contro, il Tribunale ha accolto la terza parte del motivo unico, in quanto la decisione controversa era viziata da errori e che altri indizi consentivano di concludere che la Commissione aveva incontrato serie difficoltà in occasione dell’esame della misura controversa, consistenti nella mancata imposizione di un’ammenda alle imprese che non percepiscono il deposito cauzionale.

38

A tale proposito il Tribunale ha considerato innanzitutto, al punto 137 della sentenza impugnata, che la Commissione non era incorsa in un errore di diritto nel suo ragionamento quando ha considerato che, per concludere nel senso dell’assenza di risorse statali in relazione a una misura consistente nella mancata applicazione di un’ammenda da parte di un’autorità pubblica, occorreva, in una situazione come quella della controversia in esame, applicare un criterio nuovo, basato sull’esistenza di difficoltà di interpretazione della norma applicabile che le autorità nazionali devono affrontare nell’esercizio delle loro prerogative di potere pubblico.

39

Tuttavia, il Tribunale ha poi ritenuto, in particolare ai punti 157 e 163 della sentenza impugnata, che la Commissione avesse applicato erroneamente, nel caso di specie, il criterio menzionato al punto precedente. A tale proposito, esso ha dichiarato che la Commissione aveva commesso un errore di diritto concludendo che la condizione relativa alle risorse statali non fosse soddisfatta, senza verificare se le difficoltà interpretative sulle quali essa si basava fossero temporanee e inerenti al graduale chiarimento delle norme. Dall’altro lato, il Tribunale ha rilevato che la Commissione aveva ritenuto erroneamente di poter applicare nel caso di specie il criterio relativo all’esistenza di difficoltà di interpretazione della norma applicabile, mentre le autorità regionali tedesche competenti non si sono basate sull’esistenza di siffatte difficoltà per giustificare la loro prassi, di non imporre un’ammenda ai negozi frontalieri ove questi ultimi non riscuotano il deposito cauzionale.

40

Da ultimo il Tribunale ha altresì considerato, ai punti da 169 a 235 della sentenza impugnata, che esisteva un insieme di indizi rivelatori dell’esistenza di serie difficoltà che consentivano di mettere in dubbio l’interpretazione della VerpackV adottata dalle autorità regionali tedesche competenti. A tale proposito esso ha precisato, al punto 203 della sentenza impugnata, che tali indizi permettevano, quanto meno, di concludere che la Commissione non aveva effettuato un esame completo della situazione sottopostale, il che costituiva, di per sé, un indizio rivelatore dell’esistenza di serie difficoltà.

Conclusioni delle parti dinanzi alla Corte

Causa C‑508/21 P

41

Con la sua impugnazione, la Commissione chiede alla Corte di:

annullare il dispositivo della sentenza impugnata;

pronunciarsi sulla causa T‑47/19 Dansk Erhverv/Commissione, annullando la sezione 3.3 della decisione controversa;

condannare la Dansk Erhverv alle spese relative all’impugnazione, e

condannare ciascuna parte e ciascun interveniente a farsi carico delle spese da esso sostenute nel procedimento di primo grado.

42

La Dansk Erhverv chiede che la Corte voglia:

respingere l’impugnazione, sostituendo taluni punti della motivazione della sentenza impugnata o, in ogni caso, respingere l’impugnazione;

condannare la Commissione alle spese della Dansk Erhverv relative all’impugnazione e al procedimento di primo grado, e

in subordine, in ogni caso, condannare la Commissione a farsi carico dei tre quarti delle spese sostenute dalla Dansk Erhverv nel procedimento di primo grado.

43

L’IGG chiede che la Corte voglia:

accogliere la domanda di annullamento del dispositivo della sentenza impugnata;

accogliere la domanda di condanna della Dansk Erhverv alle spese d’impugnazione, e

per il resto, respingere il ricorso.

Causa C‑509/21 P

44

Con la sua impugnazione, l’IGG chiede che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata;

respingere il ricorso, e

condannare la Dansk Erhverv alle spese.

45

La Dansk Erhverv chiede che la Corte voglia:

respingere l’impugnazione, sostituendo taluni punti della motivazione della sentenza impugnata;

in ogni caso, respingere l’impugnazione, e

condannare l’IGG alle spese.

Procedimento dinanzi alla Corte

46

Il 24 agosto 2021 il presidente della Corte ha invitato le parti a prendere posizione sull’eventuale riunione delle cause C‑508/21 P e C‑509/21 P ai fini del prosieguo del procedimento.

47

Con lettere del 25 e 27 agosto 2021, la Commissione ha informato la Corte di non avere alcuna obiezione alla riunione di tali cause. Con lettere datate 27 agosto 2021, la Dansk Erhverv ha informato la Corte che non era opportuno riunire le cause in tale fase del procedimento.

48

Con decisione del 9 novembre 2021, il presidente della Corte ha dichiarato che non vi era luogo di riunire le cause in tale fase del procedimento.

49

Con decisione del 18 ottobre 2022, la Corte ha deciso di riunire le cause C‑508/21 P e C‑509/21 P ai fini della fase orale.

Sulle impugnazioni

50

Tenuto conto della loro connessione, occorre riunire le presenti cause ai fini della sentenza, conformemente all’articolo 54, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte.

Sull’impugnazione nella causa C‑509/21 P

51

A sostegno della sua impugnazione nella causa C‑509/21 P, che occorre esaminare in primo luogo, l’IGG deduce sei motivi.

52

Il primo motivo verte su un errore di diritto che il Tribunale avrebbe commesso applicando erroneamente l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, in quanto avrebbe interpretato in modo inesatto la nozione di «nesso sufficientemente diretto» tra un vantaggio e il bilancio dello Stato in sede di valutazione del criterio delle «risorse statali». Il secondo motivo, che si suddivide in due parti, verte su un errore di diritto che il Tribunale avrebbe commesso applicando erroneamente tale disposizione, in quanto avrebbe applicato una regola inesatta ai fini della valutazione da parte della Commissione del criterio delle «risorse statali» in caso di difficoltà di interpretazione della norma applicabile. Il terzo motivo verte su un errore di diritto che il Tribunale avrebbe commesso applicando una regola, ai fini della valutazione da parte della Commissione del criterio delle «risorse statali», che andrebbe oltre il nuovo criterio, vertente sull’esistenza di difficoltà di interpretazione della norma applicabile. Il quarto motivo, che si suddivide in sette parti, verte su un errore di diritto che il Tribunale avrebbe commesso nel ritenere che l’esame effettuato dalla Commissione nella decisione controversa fosse viziato da vari errori, e che esistessero altri indizi in grado di suffragare la conclusione secondo cui esistevano «serie difficoltà» per determinare se fossero state impegnate risorse statali. Il quinto motivo verte su un errore di diritto che il Tribunale avrebbe commesso respingendo gli argomenti aggiuntivi dell’IGG diretti a suffragare la conclusione secondo cui la Commissione non si trovava di fronte a «serie difficoltà». Il sesto motivo verte su un errore di diritto che il Tribunale avrebbe commesso quando ha annullato l’intera decisione controversa, ivi compresa la parte relativa alla mancata riscossione dell’IVA relativa al deposito cauzionale.

53

Occorre esaminare anzitutto il primo motivo, la seconda parte del secondo motivo nonché il terzo motivo.

Argomenti delle parti

54

Nell’ambito del primo motivo di impugnazione, l’IGG contesta al Tribunale di aver commesso un errore di diritto, in particolare ai punti da 140 a 146 della sentenza impugnata, avendo interpretato erroneamente la nozione di «nesso sufficientemente diretto» tra un vantaggio e il bilancio dello Stato all’atto della valutazione del criterio delle risorse statali. Un nesso sufficientemente diretto tra l’omessa imposizione di un’ammenda e il bilancio dello Stato potrebbe essere stabilito solo se l’imposizione di un’ammenda era giuridicamente possibile.

55

Orbene, come avrebbe constatato il Tribunale al punto 155 della sentenza impugnata, le autorità regionali tedesche competenti avrebbero deciso, a seguito delle ordinanze dei giudici tedeschi del 2003, di non adottare provvedimenti amministrativi coercitivi nei confronti dei negozi frontalieri che non applicano il deposito cauzionale, quando gli acquirenti firmano una dichiarazione di esportazione. Pertanto, dalle stesse conclusioni del Tribunale risulterebbe che, in tali circostanze, l’imposizione di ammende sarebbe giuridicamente impossibile e, pertanto, non vi sarebbe logicamente alcun possibile nesso sufficientemente diretto tra un vantaggio e il bilancio dello Stato.

56

A tale proposito l’IGG precisa che, come riconosciuto dal Tribunale ai punti da 140 a 142 della sentenza impugnata, possono essere inflitte sanzioni a individui solo se questi, per dolo o per colpa, siano venuti meno ad un obbligo chiaramente definito. Poiché il Tribunale, al punto 147 della sentenza impugnata, farebbe riferimento al principio del risultato di un’interpretazione giurisprudenziale «ragionevolmente prevedibile», sarebbe sufficiente rilevare che, da un lato, ciò si applicherebbe soprattutto sulla base dell’interpretazione data alla disposizione dalla giurisprudenza pertinente all’epoca dei fatti e, dall’altro, che la giurisprudenza esistente, nel caso di specie, avrebbe sostenuto la posizione giuridica dei due Länder interessati.

57

Con la seconda parte del suo secondo motivo di impugnazione, l’IGG contesta al Tribunale di aver commesso un errore di diritto, in particolare ai punti da 140 a 158 della sentenza impugnata, richiedendo un criterio aggiuntivo, ossia la necessità di un graduale chiarimento delle norme.

58

Da un lato, tale criterio supplementare non sarebbe giustificato, dato che il riferimento del Tribunale al principio della certezza del diritto riguardante i reati e le pene sarebbe privo di senso, in quanto tale principio mirerebbe soltanto a proteggere gli individui contro le sanzioni imposte dallo Stato mentre, nel caso di specie, esso sarebbe applicato per giustificare, in definitiva, una decisione dannosa nei confronti di presunti beneficiari. Al contrario, il principio di certezza del diritto giustificherebbe la conclusione opposta secondo cui nessuna risorsa statale sarebbe impegnata, come sarebbe stato dimostrato nell’ambito del primo motivo, poiché l’imposizione di ammende sarebbe impossibile.

59

Dall’altro lato, secondo l’IGG, la prassi amministrativa di non richiedere ai negozi frontalieri di riscuotere un deposito cauzionale quando gli acquirenti firmano la dichiarazione di esportazione sarebbe, quanto meno, molto vicina al caso di un’autorizzazione espressa, come sarebbe avvenuto nella causa Eventech (sentenza del 14 gennaio 2015, Eventech,C‑518/13, EU:C:2015:9, punto 16).

60

Infatti la Commissione avrebbe dimostrato, nella decisione controversa, che l’obiettivo della prassi amministrativa non sarebbe stato quello di esonerare i negozi frontalieri dall’imposizione di ammende, ma che le autorità regionali tedesche competenti avrebbero ritenuto che i negozi frontalieri non siano tenuti a riscuotere un deposito cauzionale. Il Tribunale avrebbe condiviso tale interpretazione al punto 103 della sentenza impugnata, relativo alla mancata riscossione dell’IVA. Orbene, il Tribunale non avrebbe spiegato la ragione per cui la stessa logica non si applicava alla mancata imposizione di ammende, il che sarebbe sufficiente, di per sé, per concludere che nessuna risorsa statale sarebbe stata impegnata a causa dell’assenza di un «nesso sufficientemente diretto».

61

Con il suo terzo motivo l’IGG contesta, in sostanza, al Tribunale di aver commesso, ai punti da 166 a 203 della sentenza impugnata, un errore di diritto richiedendo un’analisi completa del diritto nazionale applicabile da parte della Commissione. A tale proposito, essa sostiene che un siffatto requisito, per le stesse ragioni esposte nell’ambito della seconda parte del secondo motivo, equivarrebbe ad accogliere un’interpretazione erronea del concetto di «nesso sufficientemente diretto».

62

La Dansk Erhverv ritiene che il primo motivo sia irricevibile, da un lato, in quanto l’IGG tenterebbe di modificare l’oggetto della controversia dinanzi al Tribunale, in violazione dell’articolo 170, paragrafo 1, del regolamento di procedura, sostenendo che il Tribunale ha sostituito la propria motivazione a quella dell’autore della decisione controversa. Dall’altro lato, tale motivo sarebbe irricevibile in quanto l’IGG contesterebbe al Tribunale di aver valutato il contenuto della normativa tedesca di cui trattasi in una misura che esorbiterebbe dalla sua competenza, senza aver invocato né dimostrato che il Tribunale abbia snaturato la legge tedesca applicabile. Inoltre, il primo motivo sarebbe inconferente o infondato, in quanto un «nesso sufficientemente diretto» sussisterebbe anche quando il vantaggio concesso al beneficiario comporti un «rischio economico sufficientemente concreto di oneri» gravanti sul bilancio dello Stato (sentenza del 19 marzo 2013, Bouygues e a./Commissione e a., C‑399/10 P e C‑401/10 P, EU:C:2013:175, punto 109).

63

Per quanto riguarda la seconda parte del secondo motivo, la Dansk Erhverv replica, da un lato, che senza il criterio aggiuntivo imposto al punto 146 della sentenza impugnata, ossia la necessità di un graduale chiarimento delle norme, le autorità regionali tedesche competenti potrebbero avvalersi delle asserite difficoltà interpretative per continuare a concedere indefinitamente, in violazione del diritto dell’Unione, un trattamento più favorevole a talune imprese.

64

Dall’altro lato, la Dansk Erhverv fa valere che l’argomento dell’IGG, secondo cui il presunto obiettivo della misura di aiuto avrebbe dovuto essere determinante ai fini della valutazione della mancata imposizione di ammende sarebbe irricevibile in quanto non figurerebbe nella decisione controversa e avrebbe l’effetto di modificare l’oggetto della controversia dinanzi al Tribunale, in violazione dell’articolo 170, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte. Inoltre, tale argomento interpreterebbe in modo errato la sentenza dell’8 settembre 2011, Commissione/Paesi Bassi (C‑279/08 P, EU:C:2011:551), da cui si evincerebbe che la Corte ha considerato decisivo non l’obiettivo della misura di aiuto in questione, bensì l’effetto di tale misura.

65

Per quanto riguarda il terzo motivo, la Dansk Erhverv sottolinea che l’interpretazione e la determinazione del contenuto del diritto nazionale rientrerebbero nella valutazione delle circostanze di fatto, di competenza del Tribunale. Infatti, nella sentenza del 1o febbraio 2017, Portovesme/Commissione (C‑606/14 P, EU:C:2017:75, punti 6263), la Corte avrebbe giudicato che l’interpretazione del diritto nazionale da parte del Tribunale rientrava nella valutazione dei fatti e che essa era competente solo a stabilire uno snaturamento degli elementi di prova.

66

Inoltre, la Dansk Erhverv chiede una sostituzione della motivazione con riferimento ai punti da 135 a 138 della sentenza impugnata. A sostegno di tale domanda, la Dansk Erhverv fa valere che i motivi dal secondo al quinto dedotti dall’IGG sarebbero inconferenti, in quanto il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto nei suddetti punti, respingendo il primo capo della terza parte del suo motivo unico, quando avrebbe ammesso che la Commissione era autorizzata a introdurre un nuovo criterio, relativo all’esistenza di difficoltà interpretative della norma applicabile. La Dansk Erhverv precisa che la mancata imposizione di ammende sarebbe stata paragonabile alle situazioni che hanno dato luogo alle sentenze del 1o dicembre 1998, Ecotrade (C‑200/97, EU:C:1998:579, punti 4243), del 17 giugno 1999, Piaggio (C‑295/97, EU:C:1999:313, punti da 41 a 43), e dell’8 settembre 2011, Commissione/Paesi Bassi (C‑279/08 P, EU:C:2011:551).

67

Infatti, come risulterebbe dai punti da 149 a 155 della sentenza impugnata, la situazione giuridica sarebbe stata sufficientemente chiara nel senso che un deposito cauzionale avrebbe dovuto essere riscosso anche dai negozi frontalieri, e la mancata imposizione di ammende costituirebbe pertanto una pratica contra legem. Inoltre, la Dansk Erhverv fa valere che, per poter escludere la presenza di un aiuto di Stato, la Commissione avrebbe dovuto dimostrare che la prassi della dichiarazione di esportazione era legale ai sensi del diritto tedesco, circostanza che la Commissione non avrebbe neppure tentato di dimostrare nella decisione controversa.

Giudizio della Corte

– Osservazioni preliminari

68

Ai fini della valutazione del primo motivo, della seconda parte del secondo motivo e del terzo motivo di impugnazione nella causa C‑509/21 P, occorre ricordare la giurisprudenza costante della Corte relativa agli obblighi incombenti alla Commissione nell’ambito del procedimento di esame preliminare di cui all’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, in quanto la decisione controversa, oggetto della sentenza impugnata, è stata adottata in esito a quest’ultimo e, pertanto, senza che fosse avviato il procedimento d’indagine formale previsto all’articolo 108, paragrafo 2, TFUE.

69

Il procedimento previsto all’articolo 108, paragrafo 2, TFUE diventa indispensabile una volta che la Commissione si trova in serie difficoltà nel valutare se un aiuto sia compatibile con il mercato interno. La Commissione può allora limitarsi alla fase preliminare d’esame di cui all’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, per decidere a favore di un progetto di aiuti solo nel caso in cui essa sia in grado di acquisire la convinzione, in esito ad un primo esame, che tale progetto è compatibile con il mercato interno. Per contro, qualora questo primo esame abbia convinto la Commissione del contrario, oppure non le abbia consentito di superare tutte le difficoltà inerenti alla valutazione della compatibilità di detto aiuto con il mercato interno, essa è tenuta a chiedere tutti i pareri necessari e ad avviare, a tale scopo, il procedimento di cui all’articolo 108, paragrafo 2, TFUE (sentenza del 17 novembre 2022, Irish Wind Farmers’ Association e a./Commissione, C‑578/21 P, EU:C:2022:898, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).

70

La nozione di «serie difficoltà» ha carattere obiettivo; la prova dell’esistenza di tali difficoltà, che deve essere ricercata sia nelle circostanze d’adozione della decisione di non sollevare obiezioni sia nel suo contenuto, deve essere fornita dal soggetto che richiede l’annullamento di tale decisione, sulla base di un insieme di indizi concordanti (sentenza del 17 novembre 2022, Irish Wind Farmers’ Association e a./Commissione, C‑578/21 P, EU:C:2022:898, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).

71

Pertanto spetta al giudice dell’Unione europea, quando è investito di una domanda di annullamento di una siffatta decisione, stabilire se la valutazione delle informazioni e degli elementi di cui la Commissione disponeva, al momento della fase preliminare di esame della misura nazionale di cui trattasi, avrebbe dovuto oggettivamente sollevare dubbi circa la qualificazione di tale misura come aiuto, dato che siffatti dubbi devono dar luogo all’avvio di un procedimento d’indagine formale (sentenza del 17 novembre 2022, Irish Wind Farmers’Association e a./Commissione, C‑578/21 P, EU:C:2022:898, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).

72

Un ricorrente che chiede l’annullamento di una decisione di non sollevare obiezioni censura essenzialmente il fatto che la decisione, adottata dalla Commissione a proposito dell’aiuto di cui trattasi, sia stata presa senza che tale istituzione avviasse il procedimento d’indagine formale, violando così i suoi diritti procedurali. Affinché la sua domanda di annullamento sia accolta, il ricorrente può invocare qualsiasi motivo idoneo a dimostrare che la valutazione delle informazioni e degli elementi a disposizione della Commissione, al momento della fase preliminare di esame della misura notificata, avrebbe dovuto far sorgere dubbi circa la compatibilità di tale misura con il mercato interno. L’utilizzo di simili argomenti non può tuttavia comportare la trasformazione dell’oggetto del ricorso né la modifica dei presupposti di ricevibilità di quest’ultimo. Al contrario, l’esistenza di dubbi circa tale compatibilità è proprio la prova che deve essere fornita per dimostrare che la Commissione era tenuta ad avviare il procedimento d’indagine formale di cui all’articolo 108, paragrafo 2, TFUE (v., in tal senso, sentenze del 2 settembre 2021, Ja zum Nürburgring/Commissione,C‑647/19 P, EU:C:2021:666, punto 115, e del 3 settembre 2020, Vereniging tot Behoud van Natuurmonumenten in Nederland e a./Commissione, C‑817/18 P, EU:C:2020:637, punto 81 e giurisprudenza ivi citata).

73

Nel caso di specie, l’argomento dell’IGG, come sintetizzato ai punti da 53 a 60 della presente sentenza, solleva la questione se il Tribunale abbia commesso un errore di diritto nella valutazione del criterio relativo alle «risorse statali» enunciato all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, tale da dimostrare che la Commissione aveva incontrato serie difficoltà nel corso dell’esame della misura controversa, consistente nella mancata imposizione di un’ammenda alle imprese che non percepiscono il deposito cauzionale, difficoltà che avrebbero dovuto indurre la Commissione ad avviare il procedimento di indagine formale, previsto all’articolo 108, paragrafo 2, TFUE.

74

A tale proposito, occorre innanzitutto rilevare che, a termini dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, salvo deroghe contemplate dai Trattati, sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, o mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza.

75

Pertanto, solo i vantaggi concessi direttamente o indirettamente mediante risorse statali o che costituiscono un onere supplementare per lo Stato vanno considerati aiuti ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. Emerge, infatti, dal tenore stesso di tale disposizione e dalle norme procedurali di cui all’articolo 108 TFUE che i vantaggi concessi con mezzi diversi dalle risorse statali esulano dall’ambito di applicazione delle disposizioni di cui trattasi (sentenze del 19 marzo 2013, Bouygues e a./Commissione e a., C‑399/10 P e C‑401/10 P, EU:C:2013:175, punto 99 e giurisprudenza ivi citata).

76

Per quanto riguarda la condizione relativa all’impegno di risorse statali, secondo costante giurisprudenza, il concetto di aiuto comprende non soltanto prestazioni positive quali le sovvenzioni, ma anche interventi che, in varie forme, allevino gli oneri che normalmente gravano sul bilancio di un’impresa e che di conseguenza, senza essere sovvenzioni in senso stretto, abbiano la stessa natura e producano identici effetti (sentenza del 14 gennaio 2015, Eventech,C‑518/13 P, EU:C:2015:9, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

77

Di conseguenza, ai fini della constatazione dell’esistenza di un aiuto di Stato, deve essere dimostrato un nesso sufficientemente diretto tra, da un lato, il vantaggio accordato al beneficiario e, dall’altro, una riduzione del bilancio statale o un rischio economico sufficientemente concreto di oneri gravanti su tale bilancio (sentenza del 14 gennaio 2015, Eventech,C‑518/13, EU:C:2015:9, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

78

Al fine di valutare l’esistenza di tale nesso occorre, in particolare, verificare se, in considerazione della sua finalità e della sua economia generale, la misura miri a creare un vantaggio che costituisca un onere supplementare per lo Stato (sentenza del 17 marzo 1993, Sloman Neptun,C‑72/91 e C‑73/91, EU:C:1993:97, punto 21).

79

Nel caso di specie, come risulta dai punti da 131 a 135 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che le autorità regionali tedesche competenti ritengono che, in occasione di un acquisto di bevande correlato a una dichiarazione di esportazione, non sussista alcuna violazione della normativa passibile di ammenda di modo che, poiché la mancata riscossione del deposito cauzionale è conforme a tale normativa, come interpretata da tali autorità, sarebbe necessariamente esclusa l’imposizione di un’ammenda ai negozi frontalieri. Il Tribunale conclude che un siffatto contesto, nel quale la mancata imposizione di un’ammenda è indissociabile dalla mancata riscossione del deposito cauzionale e, quindi, dall’interpretazione della normativa pertinente, non corrisponde ad alcuna delle due ipotesi fino a quel momento esaminate dalla giurisprudenza della Corte. In particolare, l’esenzione dal deposito cauzionale e, correlativamente, la mancata imposizione di un’ammenda non risulterebbe né da un’esenzione esplicita adottata dall’autore della normativa nazionale di cui trattasi né da un’autorizzazione previa e trasparente, dettata da una norma, ma risulterebbe da una mera prassi delle autorità regionali tedesche competenti. Pertanto, la Commissione si sarebbe giustamente basata su un nuovo criterio giuridico, vertente sulle difficoltà di interpretazione della norma applicabile.

80

Come risulta dai punti da 38 a 40 della presente sentenza, il Tribunale ha tuttavia concluso, ai punti 157, 163 e 203 della sentenza impugnata, che la Commissione ha applicato erroneamente tale nuovo criterio.

– Sull’esistenza di un errore di diritto nella valutazione del criterio delle «risorse statali»

81

Innanzitutto, per quanto riguarda la ricevibilità dell’argomento dell’IGG occorre respingere, da un lato, l’affermazione della Dansk Erhverv secondo cui l’IGG tenterebbe, nell’ambito del primo motivo, di modificare, in violazione dell’articolo 170, paragrafo 1, del regolamento di procedura, l’oggetto della controversia dinanzi al Tribunale sostenendo che quest’ultimo avrebbe sostituito la propria motivazione a quella della Commissione. Infatti, è giocoforza constatare che l’IGG non solleva un tale argomento ma fa valere, al contrario, che l’impossibilità giuridica di infliggere ammende deriva dalle stesse conclusioni del Tribunale. Per quanto riguarda l’affermazione secondo la quale l’IGG contesterebbe al Tribunale di aver proceduto ad un’interpretazione erronea del diritto nazionale, che esulerebbe dalla competenza del Tribunale, è sufficiente constatare che, con il suo primo motivo, l’IGG cerca di mettere in discussione non l’interpretazione del diritto nazionale effettuata dal Tribunale, bensì le conseguenze che quest’ultimo ne ha tratto ai fini dell’esame della questione se la misura controversa comportasse la concessione di un vantaggio mediante risorse statali, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. Un tale argomento, diretto a dimostrare che la sentenza impugnata è viziata da un errore di diritto relativo all’interpretazione e all’applicazione della suddetta disposizione del diritto dell’Unione, è ricevibile in sede di impugnazione.

82

Dall’altro lato, deve parimenti essere respinto l’argomento della Dansk Erhverv secondo cui l’IGG cercherebbe, nell’ambito della seconda parte del secondo motivo, in violazione dell’articolo 170, paragrafo 1, del regolamento di procedura, di modificare l’oggetto della controversia dinanzi al Tribunale facendo valere che l’asserito obiettivo della misura di aiuto avrebbe dovuto essere determinante ai fini della valutazione della mancata imposizione di ammende. Infatti, è giocoforza constatare che l’argomento dell’IGG non costituisce una modifica dell’oggetto della controversia, ma intende fondarsi sull’analisi effettuata dal Tribunale, in particolare al punto 93 della sentenza impugnata, secondo la quale «per valutare l’esistenza del nesso [sufficientemente diretto], occorre segnatamente verificare se, sia sotto il profilo delle sue finalità sia sotto quello della sua struttura generale, la misura in questione miri a creare un vantaggio atto a costituire un onere supplementare per lo Stato».

83

Per quanto riguarda la fondatezza dell’argomento dell’IGG, secondo cui un nesso sufficientemente diretto tra la mancata imposizione di un’ammenda e il bilancio dello Stato potrebbe essere stabilito solo se l’imposizione di un’ammenda fosse giuridicamente possibile, occorre rilevare che è inerente a qualsiasi sistema giuridico che un comportamento previamente definito come legittimo e lecito non espone i soggetti di diritto a sanzioni (sentenza del 14 gennaio 2015, Eventech,C‑518/13, EU:C:2015:9, punto 36).

84

Orbene, dal punto 155 della sentenza impugnata risulta che le autorità regionali tedesche competenti hanno deciso, a seguito delle ordinanze del 2003 emesse dai giudici tedeschi, come menzionate al punto 15 della presente sentenza, di non adottare nuovi provvedimenti amministrativi coercitivi nei confronti dei negozi frontalieri che non applicano il deposito cauzionale. Infatti, come rilevato dal Tribunale al punto 131 della sentenza impugnata, dette autorità ritengono che non sussista, nel caso di un acquisto di bevande correlato a una dichiarazione di esportazione, alcuna violazione dell’articolo 9, paragrafo 1, della VerpackV, in combinato disposto con l’articolo 2, paragrafo 1, della VerpackV, che sia passibile di ammenda e che, in una situazione del genere, essendo la mancata riscossione del deposito cauzionale conforme a tale normativa, era necessariamente esclusa l’imposizione di un’ammenda ai negozi frontalieri.

85

Come constatato dal Tribunale ai punti da 160 a 164 della sentenza impugnata, tale applicazione del diritto nazionale è conforme all’interpretazione che ne è data dalla giurisprudenza nazionale nelle ordinanze dei giudici tedeschi del 2003, quali menzionate al punto 15 della presente sentenza. Risulta quindi dalle stesse constatazioni del Tribunale che le autorità regionali tedesche competenti hanno applicato la normativa nazionale senza trovarsi di fronte a difficoltà di interpretazione della norma applicabile.

86

A tale proposito, occorre ricordare che il principio della legalità delle pene è sancito all’articolo 49, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Tale principio esige che la legge definisca chiaramente le infrazioni e le pene che le reprimono. Tale condizione si rivela soddisfatta qualora il soggetto sia in grado di sapere, sulla base del dettato della disposizione pertinente e se del caso con l’aiuto dell’interpretazione che ne è data dai tribunali, quali atti e omissioni implichino una sua responsabilità penale (sentenze del 22 ottobre 2015,AC-Treuhand/Commissione,C‑194/14 P, EU:C:2015:717, punto 40, nonché del 24 marzo 2021, Prefettura Ufficio territoriale del governo di Firenze,C‑870/19 e C‑871/19, EU:C:2021:233, punto 49).

87

Inoltre, la Corte ha già affermato che la chiarezza della legge si valuta riguardo non solo al tenore della disposizione rilevante, ma anche alle precisazioni apportate da una giurisprudenza consolidata e pubblicata (v., in tal senso, sentenza del 22 maggio 2008, Evonik Degussa/Commissione,C‑266/06 P, EU:C:2008:295, punti 4046).

88

In tale contesto, risulta che le conclusioni del Tribunale, di cui ai punti 157 e 203 della sentenza impugnata, come ricordate ai punti 39 e 40 della presente sentenza, secondo le quali la decisione controversa ha effettuato un esame insufficiente e incompleto della mancata imposizione di ammende ai negozi frontalieri, sono viziate da errori di diritto.

89

A tale proposito, risulta più in particolare dai punti da 146 a 157 della sentenza impugnata che il Tribunale contesta alla Commissione di non aver esaminato se le difficoltà interpretative che le autorità regionali tedesche competenti si sono trovate ad affrontare fossero temporanee, e si inserissero in un processo di graduale chiarimento delle norme.

90

Tuttavia, si deve constatare che, come risulta dalla giurisprudenza citata ai punti 83 e 86 della presente sentenza, solo un comportamento che sia chiaramente definito – e, se necessario, con l’aiuto dell’interpretazione che ne viene data dai giudici – come infrazione che faccia sorgere la responsabilità dell’interessato, consente di imporre sanzioni amministrative.

91

Ne consegue che, anche qualora esistessero difficoltà interpretative della norma applicabile aventi carattere duraturo, tale constatazione non sarebbe sufficiente per concludere nel senso che la condizione relativa alle risorse statali era soddisfatta. A tale proposito, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi da 57 a 60 delle sue conclusioni, l’esigenza di un graduale chiarimento ignora la portata della giurisprudenza citata al punto 86 della presente sentenza.

92

Infatti, se è vero che il Tribunale ha correttamente dichiarato, al punto 147 della sentenza impugnata, che, come risulta dalla sentenza del 22 ottobre 2015, AC-Treuhand/Commissione (C‑194/14 P, EU:C:2015:717, punto 41), il principio di legalità dei reati e delle pene non può essere interpretato come un divieto di un graduale chiarimento, da una causa all’altra, delle norme sulla responsabilità penale ad opera di un’interpretazione giurisprudenziale, tuttavia da ciò non si può dedurre, come ha fatto il Tribunale ai punti 146 e 157 della sentenza impugnata, che debba sempre esistere un processo di graduale chiarimento.

93

Tale valutazione non può essere messa in discussione dalle considerazioni del Tribunale contenute ai punti 143 e 145 della sentenza impugnata secondo le quali, in caso di trasposizione di una direttiva nell’ordinamento giuridico di uno Stato membro, è indispensabile che l’ordinamento nazionale di cui trattasi garantisca effettivamente la piena applicazione di tale direttiva e che suggeriscono che una normativa nazionale il cui senso non sia stato precisato consentirebbe agli Stati membri, che ne sono gli autori, di sottrarsi, senza alcun limite temporale, ai loro obblighi in materia di aiuti di Stato.

94

Infatti, nella fattispecie l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 94/62 non obbliga uno Stato membro a imporre la riscossione di un deposito cauzionale agli acquirenti al dettaglio di imballaggi monouso ai fini del consumo di bevande al di fuori del suo territorio, come constatato dalla Commissione ai punti 63, 65, e 70 della decisione controversa, senza che tale constatazione sia stata messa in discussione dal Tribunale nella sentenza impugnata.

95

A tale proposito occorre ricordare che detta disposizione stabilisce che gli Stati membri devono garantire l’introduzione di sistemi di restituzione e/o raccolta degli imballaggi usati e/o dei rifiuti di imballaggio generati dal consumatore. Orbene, quando i consumatori residenti in uno Stato membro acquistano imballaggi per bevande in un altro Stato membro al fine di consumarne il contenuto nello Stato membro di residenza, gli imballaggi vuoti diventano rifiuti, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2008/98, in quest’ultimo Stato membro.

96

Ne consegue, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi da 49 a 51 delle sue conclusioni, che l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 94/62 non impone la riscossione di un deposito cauzionale in circostanze come quelle all’origine della presente impugnazione, in cui la vendita di bevande in lattina in negozi frontalieri a consumatori che sottoscrivono una dichiarazione di esportazione è simile alla vendita di merci a operatori a fini di esportazione, per la quale il venditore non è tenuto a riscuotere un deposito cauzionale.

97

Inoltre, è giocoforza constatare che la Corte ha dichiarato che un sistema di deposito cauzionale può raggiungere gli obiettivi perseguiti dalla direttiva 94/62 solo se i consumatori, che hanno versato un deposito cauzionale, possono facilmente recuperarne l’importo senza dover tornare al luogo di acquisto iniziale (v., in tal senso, sentenza del 14 dicembre 2004, Radlberger Getränkegesellschaft e S. Spitz, C‑309/02, EU:C:2004:799, punto 46). Di conseguenza, l’obiettivo della direttiva 94/62, diretta a una raccolta efficace dei rifiuti, non implica l’imposizione di un deposito cauzionale sugli imballaggi monouso non smaltiti sul territorio dello Stato di esportazione, e ciò indipendentemente dal fatto che, come risulta dal punto 200 della sentenza impugnata, i negozi frontalieri non siano stati autorizzati, nonostante i loro sforzi e a seguito dell’opposizione della Dansk Erhverv, ad aderire al sistema danese di deposito cauzionale danese.

98

Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che il Tribunale ha commesso un errore di diritto dichiarando, ai punti 157 e 203 della sentenza impugnata, che la Commissione, nella decisione controversa, aveva effettuato un esame insufficiente e incompleto della mancata imposizione di ammende ai negozi frontalieri, in quanto non ha verificato se le difficoltà interpretative che le autorità regionali tedesche competenti si sono trovate ad affrontare fossero temporanee e rientrassero in un processo di graduale chiarimento delle norme, cosicché tale istituzione non era in grado di superare, nella fase preliminare di esame, tutte le serie difficoltà incontrate per determinare se tale mancata imposizione di ammenda costituisse un aiuto di Stato.

99

Pertanto occorre accogliere il primo motivo, la seconda parte del secondo motivo e il terzo motivo e, di conseguenza, annullare la sentenza impugnata, senza che sia necessario pronunciarsi sugli altri motivi di impugnazione.

Sull’impugnazione nella causa C‑508/21 P

100

A sostegno della sua impugnazione, la Commissione deduce tre motivi. Il primo motivo d’impugnazione verte su una violazione dell’articolo 264 TFUE e del principio di proporzionalità, in quanto il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto nel concludere che l’accoglimento della terza parte del motivo unico comporta l’annullamento della decisione controversa nella sua interezza. Il secondo motivo verte sull’esistenza di una motivazione carente e contraddittoria. Il terzo motivo verte sull’esistenza di un errore di diritto costituito dalla constatazione che le tre misure controverse sono inscindibili.

101

In considerazione dell’annullamento della sentenza impugnata in ragione dell’accoglimento dell’impugnazione nella causa C‑509/21 P, non è più necessario tuttavia statuire sull’impugnazione proposta dalla Commissione nella causa C‑508/21 P.

Sul ricorso dinanzi al Tribunale

102

Ai sensi dell’articolo 61, primo comma, seconda frase, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, quest’ultima, in caso di annullamento della decisione del Tribunale, può statuire definitivamente essa stessa sulla controversia, qualora lo stato degli atti lo consenta.

103

Ciò si verifica nel caso di specie, poiché i motivi del ricorso diretto all’annullamento della decisione controversa sono stati oggetto di discussione in contraddittorio dinanzi al Tribunale e il loro esame non richiede l’adozione di alcuna misura supplementare di organizzazione del procedimento o di istruzione del fascicolo.

104

La Dansk Erhverv ha dedotto un motivo unico dinanzi al Tribunale diretto a dimostrare che la Commissione, omettendo di avviare il procedimento d’indagine formale previsto dall’articolo 108, paragrafo 2, TFUE, nonostante le serie difficoltà che sollevava l’esame delle misure controverse, avrebbe violato i diritti procedurali di cui essa dispone in qualità di parte interessata ai sensi della medesima disposizione.

105

Con la terza parte di tale motivo unico, la Dansk Erhverv afferma, in sostanza, che la Commissione avrebbe effettuato un esame insufficiente della misura consistente nella mancata imposizione di un’ammenda, poiché tale misura sarebbe concessa mediante risorse statali.

106

A tale proposito, dalla motivazione esposta ai punti da 83 a 99 della presente sentenza risulta che non si può contestare alla Commissione di aver effettuato, nella decisione controversa, un esame insufficiente e incompleto della mancata imposizione di ammende ai negozi frontalieri.

107

In particolare, dalla motivazione esposta ai punti da 83 a 85 della presente sentenza risulta che la Commissione ha giustamente rilevato, al punto 50 della decisione controversa, che le autorità regionali tedesche competenti non hanno esentato i negozi frontalieri dalle sanzioni amministrative e dal pagamento delle ammende che sarebbero normalmente dovute al bilancio dello Stato ma hanno ritenuto, senza aver incontrato difficoltà di interpretazione della norma applicabile, che non sussista, nel caso di un acquisto di bevande correlato a una dichiarazione di esportazione, alcuna violazione della normativa nazionale che sia passibile di ammenda, nel qual caso, essendo la mancata riscossione del deposito cauzionale conforme a tale normativa, era necessariamente esclusa l’imposizione di un’ammenda ai negozi frontalieri.

108

Se è vero che la Commissione ha dichiarato, al punto 51 della decisione controversa, che la formulazione dell’articolo 9, paragrafo 1, della VerpackV poteva suggerire, come ricordato al punto 24 della presente sentenza, che tale disposizione imponesse ai negozi frontalieri l’obbligo di riscuotere il deposito cauzionale, essa ha tuttavia ritenuto, ai punti 52 e 53 di tale decisione, ricordati al punto 25 della presente sentenza, che l’assenza di un siffatto obbligo per i negozi frontalieri quando vendevano bevande in lattina esclusivamente a consumatori «residenti all’estero», che si impegnavano a consumare tali bevande al di fuori del territorio il tedesco, poteva essere considerata coerente con l’obiettivo perseguito dalla VerpackV, consistente nel promuovere la restituzione degli imballaggi di bevande monouso in Germania.

109

Inoltre, come risulta dal ragionamento esposto ai punti da 93 a 96 della presente sentenza, la Commissione ha giustamente osservato, ai punti 63, 65 e 70 della decisione controversa, che una condotta diversa da parte delle autorità regionali tedesche competenti non era richiesta nemmeno alla luce degli obblighi che incombono agli Stati membri, in caso di trasposizione di una direttiva nel proprio ordinamento giuridico, di garantire la piena applicazione di tale direttiva, dato che l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 94/62 non obbliga tali Stati membri a imporre la riscossione di una cauzione agli acquirenti al dettaglio di imballaggi monouso per il consumo di bevande al di fuori del loro territorio.

110

Se è vero che la Commissione, come risulta, in particolare, dai punti 69 e 70 della decisione controversa, ha ritenuto, peraltro, che, «anche se» il diritto nazionale dovesse essere interpretato nel senso che i negozi frontalieri sono tenuti, in ogni caso, a riscuotere il deposito cauzionale, la mancata imposizione di un’ammenda deriverebbe tuttavia, in un caso del genere, da un’interpretazione ragionevole di tale diritto nazionale, risulta, alla luce dei punti 107, 108 e 109 della presente sentenza, che tali considerazioni sono formulate in via ultronea rispetto al ragionamento esposto, in particolare, ai punti 50, 52, 53, 63, 65 e 70 della decisione controversa.

111

Poiché la prassi dei negozi frontalieri, di non riscuotere un deposito cauzionale, costituisce quindi un comportamento previamente definito come legittimo e lecito che non espone tali negozi a sanzioni, la mancata imposizione di un’ammenda non è, di conseguenza, una misura concessa mediante risorse statali (v., per analogia, sentenza del 14 gennaio 2015, Eventech,C‑518/13, EU:C:2015:9, punto 36).

112

Alla luce di quanto precede, il motivo unico dedotto dalla Dansk Erhverv dinanzi al Tribunale deve essere respinto in quanto infondato.

113

Di conseguenza, il ricorso di annullamento proposto dalla Dansk Erhverv dinanzi al Tribunale deve essere respinto.

Sulle spese

114

Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è accolta e la controversia viene definitivamente decisa dalla Corte, quest’ultima statuisce sulle spese.

115

Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, di tale regolamento, applicabile al procedimento d’impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, dello stesso regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

116

Nella fattispecie, per quanto riguarda l’impugnazione proposta nella causa C‑509/21 P, poiché l’IGG è risultata vittoriosa, conformemente alla sua domanda, si deve condannare la Dansk Erhverv a farsi carico, oltre che delle proprie spese, anche di quelle sostenute dall’IGG.

117

Quanto all’impugnazione nella causa C‑508/21 P, ai sensi dell’articolo 149 del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 190 di quest’ultimo, in caso di non luogo a statuire, la Corte statuisce sulle spese. Conformemente all’articolo 142 del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184 del medesimo regolamento, in tal caso la Corte decide liberamente sulle spese. Nel caso di specie, la Dansk Erhverv deve essere condannata alle spese relative all’impugnazione nella causa C‑508/21 P.

118

Inoltre, poiché il ricorso dinanzi al Tribunale è respinto, la Dansk Erhverv è condannata a farsi carico della totalità delle spese relative al procedimento di primo grado.

 

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

Le cause C‑508/21 P e C‑509/21 P sono riunite ai fini della sentenza.

 

2)

La sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 9 giugno 2021, Dansk Erhverv/Commissione (T‑47/19, EU:T:2021:331), è annullata.

 

3)

Il ricorso di annullamento proposto dalla Dansk Erhverv dinanzi al Tribunale dell’Unione europea è respinto.

 

4)

Non vi è luogo a statuire sull’impugnazione nella causa C‑508/21 P.

 

5)

La Dansk Erhverv è condannata alle spese sostenute in primo grado e nell’ambito dei procedimenti di impugnazione dall’Interessengemeinschaft der Grenzhändler (IGG) nonché dalla Commissione europea.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.

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