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Document 62021CC0750

    Conclusioni dell’avvocato generale J. Kokott, presentate il 25 maggio 2023.
    Pilatus Bank plc contro Banca centrale europea (BCE).
    Impugnazione – Politica economica e monetaria – Vigilanza prudenziale degli enti creditizi – Compiti della Banca centrale europea (BCE) – Regolamento (UE) n. 1024/2013 – Articolo 6, paragrafo 5, lettera b) – Vigilanza diretta dalla BCE su un ente creditizio – Presupposti – Ricorso di annullamento – Irricevibilità – Rappresentanza di una parte – Mandato conferito all’avvocato – Rappresentante nominato irregolarmente.
    Causa C-750/21 P.
    Pilatus Bank plc contro Banca centrale europea (BCE).
    Impugnazione – Politica economica e monetaria – Vigilanza prudenziale degli enti creditizi – Regolamento (UE) n. 1024/2013 – Compiti specifici di vigilanza attribuiti alla Banca centrale europea (BCE) – Revoca dell’autorizzazione – Ricorso di annullamento – Irricevibilità – Rappresentanza di una parte – Mandato conferito all’avvocato – Rappresentante nominato irregolarmente.
    Causa C-256/22 P.

    Court reports – general

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2023:431

     CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    JULIANE KOKOTT

    presentate il 25 maggio 2023 ( 1 )

    Cause C‑750/21 P e C‑256/22 P

    Pilatus Bank plc

    contro

    Banca centrale europea (BCE)

    «Politica economica e monetaria – Meccanismo di vigilanza unico – Regolamento (UE) n. 1024/2013 – Compiti specifici di vigilanza attribuiti alla BCE – Decisione di revoca dell’autorizzazione all’accesso all’attività di ente creditizio – Imputazione del principale azionista in un paese terzo – Criterio di onorabilità – Percezione dell’onorabilità da parte del mercato – Regolamento di blocco n. 2271/96 – Esercizio effettivo dei diritti della difesa tramite un legale – Responsabilità della BCE per atti preparatori delle autorità nazionali – Tutela giurisdizionale effettiva – Articoli 41 e 47 della Carta»

    Indice

     

    I. Introduzione

     

    II. Contesto normativo

     

    A. Regolamento (UE) n. 1024/2013

     

    B. Regolamento (UE) n. 575/2013

     

    C. Regolamento (UE) n. 468/2014

     

    D. Direttiva 2013/36/UE

     

    E. Orientamenti comuni delle autorità europee di vigilanza delle banche, delle assicurazioni e del mercato degli strumenti finanziari (ABE, AEAP e AESFEM) per la valutazione prudenziale di acquisizioni e incrementi di partecipazioni qualificate nel settore finanziario

     

    III. Contesto della controversia

     

    A. Fatti

     

    B. Ordinanza impugnata (causa C‑750/21 P)

     

    C. Sentenza impugnata (causa C‑256/22 P)

     

    IV. Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

     

    V. Analisi

     

    A. Esercizio effettivo dei diritti della difesa nel procedimento amministrativo in più fasi per la revoca dell’autorizzazione

     

    1. Considerazioni preliminari

     

    2. Responsabilità per violazioni dei diritti della difesa e della tutela giurisdizionale effettiva nell’ambito del procedimento amministrativo in più fasi

     

    a) Competenza esclusiva della Corte

     

    b) Responsabilità della BCE per atti preparatori nazionali

     

    c) Errore di diritto nella sentenza impugnata e difesa effettiva da parte del legale della banca

     

    3. Conclusione intermedia

     

    a) Causa C‑256/22 P

     

    b) Causa C‑750/21 P

     

    B. Portata dei poteri di vigilanza della BCE

     

    1. Primo motivo di impugnazione nella causa C‑256/22 P: violazione dell’articolo 14, paragrafo 5, del regolamento n. 1024/2013

     

    2. Secondo motivo di impugnazione nella causa C‑256/22 P: erronea interpretazione della nozione di onorabilità ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2013/36

     

    a) Argomenti della ricorrente

     

    b) Rigetto del Tribunale

     

    c) Nozione di onorabilità di cui all’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2013/36

     

    d) Requisiti procedurali e probatori per dimostrare la mancanza di onorabilità e il rischio che ne deriva

     

    e) Rilevanza del regolamento di blocco n. 2271/96

     

    3. Terzo motivo di impugnazione nella causa C‑256/22 P: errore di diritto del Tribunale, in particolare carattere sproporzionato della revoca dell’autorizzazione

     

    4. Primo motivo di impugnazione nella causa C‑750/21 P: altre censure

     

    5. Conclusione intermedia e spese

     

    a) Causa C‑750/21 P

     

    b) Causa C‑256/22 P

     

    VI. Conclusione

     

    A. Causa C‑750/21 P

     

    B. Causa C‑256/22 P

    I. Introduzione

    1.

    Benché non siano formalmente riunite, le due cause di cui trattasi riguardano le medesime parti e il medesimo procedimento amministrativo. Quest’ultimo ha condotto alla revoca, da parte della Banca centrale europea (BCE), dell’autorizzazione all’attività di ente creditizio (in prosieguo: l’«autorizzazione») della Pilatus Bank plc, ricorrente.

    2.

    Inoltre, le presenti cause sollevano le stesse questioni di principio. Da un lato, occorre precisare se la BCE, in virtù dei suoi superiori poteri di vigilanza e di decisione, debba garantire il rispetto dei diritti della difesa dell’ente creditizio, laddove ad essa sono imputati gravi vizi procedurali nella parte nazionale del procedimento amministrativo (articolato in più fasi). Dall’altro lato, occorre in tale contesto verificare se un ente creditizio, sottoposto alla speciale vigilanza o amministrazione delle autorità nazionali competenti, possa esercitare pienamente tali diritti della difesa e il suo diritto di ricorso in relazione alla revoca dell’autorizzazione (in cui rischia di incorrere) attraverso il legale nominato dal suo consiglio di amministrazione.

    3.

    Inoltre, entrambe le cause riguardano, in generale, la portata dei poteri di vigilanza della BCE in base alle norme del meccanismo di vigilanza unico ( 2 ). A tale riguardo, occorre esaminare se e in quale misura la BCE sia responsabile degli atti preparatori delle autorità nazionali competenti, se essa debba controllarne la legittimità e se tali atti possano essere impugnati, unitamente alla decisione della BCE che conclude il procedimento, dinanzi ai giudici dell’Unione.

    4.

    La causa C‑256/22 P solleva un’ulteriore questione di principio in merito alle condizioni alle quali è possibile revocare l’autorizzazione all’accesso all’attività dell’ente creditizio sulla base della mancanza o della perdita di «onorabilità» del principale azionista di un ente creditizio. L’interpretazione di tale indeterminato criterio di valutazione è per la prima volta oggetto della giurisprudenza della Corte.

    II. Contesto normativo

    A.   Regolamento (UE) n. 1024/2013

    5.

    Il regolamento n. 1024/2013 dispone, ai considerando 16, 20 e 21, quanto segue:

    «(16)

    La sicurezza e la solidità dei grandi enti creditizi sono essenziali per assicurare la stabilità del sistema finanziario, ma l’esperienza recente insegna che anche enti creditizi più piccoli possono minacciare la stabilità finanziaria. È pertanto opportuno che la BCE possa esercitare i compiti di vigilanza su tutti gli enti creditizi autorizzati negli Stati membri partecipanti e le succursali ivi stabilite.

    (…)

    (20)

    L’autorizzazione preliminare all’accesso all’attività di ente creditizio è un presidio prudenziale fondamentale per assicurare che tale attività sia svolta soltanto da operatori dotati di una base economica solida, di un’organizzazione atta a gestire i rischi specifici insiti nella raccolta di depositi e nell’erogazione di crediti e di idonei amministratori. È opportuno pertanto attribuire alla BCE il compito di autorizzare gli enti creditizi che devono stabilirsi in uno Stato membro partecipante nonché la competenza a revocare le autorizzazioni, fatte salve disposizioni specifiche che riflettano il ruolo delle autorità nazionali.

    (21)

    Attualmente, gli Stati membri possono prevedere, per l’autorizzazione degli enti creditizi e per i casi di relativa revoca, condizioni supplementari rispetto a quelle stabilite nel diritto dell’Unione. La BCE dovrebbe quindi assolvere i suoi compiti in materia di autorizzazione degli enti creditizi e di revoca dell’autorizzazione in caso di non conformità al diritto nazionale su proposta della pertinente autorità nazionale competente, la quale valuta il soddisfacimento delle condizioni applicabili stabilite dal diritto nazionale».

    6.

    L’articolo 1 del regolamento n. 1024/2013, intitolato «Oggetto e ambito di applicazione», così dispone:

    «Il presente regolamento attribuisce alla BCE compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi, al fine di contribuire alla sicurezza e alla solidità degli enti creditizi e alla stabilità del sistema finanziario all’interno dell’Unione e di ciascuno Stato membro, con pieno riguardo e dovere di diligenza riguardo all’unità e all’integrità del mercato interno, in base alla parità di trattamento degli enti creditizi al fine di impedire l’arbitraggio regolamentare.

    Gli enti di cui all’articolo 2, paragrafo 5, della direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento [ ( 3 )], sono esclusi dai compiti di vigilanza attribuiti alla BCE nel conformemente all’articolo 4 del presente regolamento. La portata dei compiti di vigilanza della BCE si limita alla vigilanza prudenziale degli enti creditizi ai sensi del presente regolamento. Il presente regolamento non attribuisce alla BCE compiti di vigilanza di altro tipo, ad esempio compiti relativi alla vigilanza prudenziale delle controparti centrali.

    Nell’assolvere i compiti attribuitile dal presente regolamento e fatto salvo l’obiettivo di garantire la sicurezza e la solidità degli enti creditizi, la BCE tiene in debita considerazione le diverse tipologie, i modelli societari e le dimensioni degli enti creditizi.

    Nessuna azione, proposta o politica della BCE discrimina, direttamente o indirettamente, uno Stato membro o un gruppo di Stati membri quale luogo di prestazione di servizi bancari o finanziari in qualsiasi valuta.

    Il presente regolamento fa salve le competenze delle autorità competenti degli Stati membri partecipanti a assolvere i compiti di vigilanza non attribuiti dal presente regolamento alla BCE, e i relativi poteri.

    Il presente regolamento fa altresì salve le competenze delle autorità competenti o delle autorità designate degli Stati membri partecipanti ad applicare strumenti macroprudenziali non previsti da pertinenti atti del diritto dell’Unione, e i relativi poteri».

    7.

    L’articolo 2, paragrafi 2, 3 e 9, del regolamento n. 1024/2013 prevede le seguenti definizioni:

    «2)   “autorità nazionale competente”: un’autorità nazionale competente designata da uno Stato membro partecipante a norma del regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento[ ( 4 )], e della direttiva 2013/36/UE;

    3)   “ente creditizio”: un ente creditizio come definito all’articolo 4, paragrafo 1, punto 1, del regolamento (UE) n. 575/2013;

    (…)

    9)   “meccanismo di vigilanza unico” (MVU): il sistema di vigilanza finanziaria composto dalla BCE e dalle autorità nazionali competenti degli Stati membri partecipanti come descritto all’articolo 6 del presente regolamento».

    8.

    L’articolo 4 del regolamento n. 1024/2013 definisce i compiti attribuiti alla BCE, in particolare, come segue:

    «1.   Nel quadro dell’articolo 6, conformemente al paragrafo 3 del presente articolo la BCE ha competenza esclusiva nell’assolvimento dei compiti seguenti, a fini di vigilanza prudenziale, nei confronti di tutti gli enti creditizi stabiliti negli Stati membri partecipanti:

    a)

    rilasciare e revocare l’autorizzazione agli enti creditizi fatto salvo l’articolo 14;

    (…)

    3.   Ai fini dell’assolvimento dei compiti attribuitile dal presente regolamento e allo scopo di assicurare standard elevati di vigilanza, la BCE applica tutto il pertinente diritto dell’Unione e, se tale diritto dell’Unione è composto da direttive, la legislazione nazionale di recepimento di tali direttive. Laddove il pertinente diritto dell’Unione sia costituito da regolamenti e al momento tali regolamenti concedano esplicitamente opzioni per gli Stati membri, la BCE applica anche la legislazione nazionale di esercizio di tali opzioni».

    9.

    L’articolo 6 del regolamento n. 1024/2013 così dispone, in particolare:

    «1.   La BCE assolve i suoi compiti nel quadro di un meccanismo di vigilanza unico composto dalla BCE e dalle autorità nazionali competenti. La BCE è responsabile del funzionamento efficace e coerente dell’MVU.

    (…)

    4.   In relazione ai compiti definiti nell’articolo 4, eccetto il paragrafo 1, lettere a) e c), la BCE ha le responsabilità di cui al paragrafo 5 del presente articolo e le autorità nazionali competenti hanno le responsabilità di cui al paragrafo 6 del presente articolo, nel quadro di cui al paragrafo 7 del presente articolo e fatte salve le procedure ivi indicate, per la vigilanza dei seguenti enti creditizi, società di partecipazione finanziaria o società di partecipazione finanziaria mista, o succursali, stabilite in Stati membri partecipanti, di enti creditizi stabiliti in Stati membri non partecipanti:

    quelli meno rilevanti su base consolidata, al massimo livello di consolidamento all’interno degli Stati membri partecipanti, ovvero singolarmente, nel caso specifico di succursali, stabilite in Stati membri partecipanti, di enti creditizi stabiliti in Stati membri non partecipanti. La significatività è valutata sulla base dei seguenti criteri:

    i)

    dimensioni;

    ii)

    importanza per l’economia dell’Unione o di qualsiasi Stato membro partecipante;

    iii)

    significatività delle attività transfrontaliere.

    Per quanto attiene al primo comma, un ente creditizio o società di partecipazione finanziaria o società di partecipazione finanziaria mista non sono considerati meno significativi, tranne se giustificato da particolari circostanze da specificare nella metodologia, qualora soddisfino una qualsiasi delle seguenti condizioni:

    i)

    il valore totale delle attività supera i 30 miliardi di EUR;

    ii)

    il rapporto tra le attività totali e il PIL dello Stato membro partecipante in cui sono stabiliti supera il 20%, a meno che il valore totale delle attività sia inferiore a 5 miliardi di EUR;

    iii)

    in seguito alla notifica dell’autorità nazionale competente secondo cui tale ente riveste un’importanza significativa con riguardo all’economia nazionale, la BCE decide di confermare tale significatività sulla scorta di una sua valutazione approfondita, compreso lo stato patrimoniale, dell’ente creditizio in questione.

    Inoltre la BCE può, di propria iniziativa, considerare un ente di importanza significativa quando questo ha stabilito filiazioni in più di uno Stato membro partecipante e le sue attività o passività transfrontaliere rappresentano una parte significativa delle attività o passività totali soggette alle condizioni di cui alla metodologia.

    Quelli per i quali è stata richiesta o ricevuta direttamente assistenza finanziaria pubblica dal FESF o dal MES non sono considerati meno significativi.

    Nonostante i commi precedenti, la BCE assolve i compiti attribuitile dal presente regolamento nei confronti dei tre enti creditizi più significativi in ciascuno Stato membro partecipante, salvo circostanze particolari.

    5.   Riguardo agli enti creditizi di cui al paragrafo 4, e nel quadro definito nel paragrafo 7:

    a)

    la BCE emana regolamenti, orientamenti o istruzioni generali rivolti alle autorità nazionali competenti in base ai quali sono eseguiti i compiti definiti nell’articolo 4, ad esclusione del paragrafo 1, lettere a) e c), e le decisioni di vigilanza sono adottate dalle autorità nazionali competenti.

    Tali istruzioni possono riferirsi ai poteri specifici di cui all’articolo 16, paragrafo 2, per gruppi o categorie di enti creditizi al fine di assicurare la coerenza dei risultati della vigilanza nell’ambito dell’MVU;

    b)

    allorché necessario per garantire l’applicazione coerente di standard di vigilanza elevati, la BCE può decidere in qualsiasi momento, di propria iniziativa dopo essersi consultata con le autorità nazionali competenti o su richiesta di un’autorità nazionale competente, di esercitare direttamente tutti i pertinenti poteri per uno o più enti creditizi di cui al paragrafo 4, ivi compreso il caso in cui è stata richiesta o ricevuta indirettamente l’assistenza finanziaria dal FESF o dal MES;

    (…)».

    10.

    L’articolo 9, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 1024/2013 così dispone:

    «1.   Al fine esclusivo di assolvere i compiti attribuitile dall’articolo 4, paragrafo 1, dall’articolo 4, paragrafo 2, e dell’articolo 5, paragrafo 2, la BCE è considerata, ove opportuno, autorità competente o autorità designata negli Stati membri partecipanti come stabilito dal pertinente diritto dell’Unione.

    Al medesimo fine esclusivo, la BCE ha tutti i poteri e obblighi di cui al presente regolamento. Ha inoltre tutti i poteri e gli obblighi che il pertinente diritto dell’Unione conferisce alle autorità competenti e designate, salvo diversamente disposto dal presente regolamento. In particolare, la BCE gode dei poteri elencati nelle sezioni 1 e 2 del presente capo.

    Nella misura necessaria ad assolvere i compiti attribuitile dal presente regolamento, la BCE può chiedere, mediante istruzioni, alle autorità nazionali in questione di utilizzare i propri poteri, in virtù e in conformità delle condizioni stabilite dal diritto nazionale, qualora il presente regolamento non attribuisca tali poteri alla BCE. Le autorità nazionali in questione informano la BCE in modo esaustivo in merito all’esercizio di detti poteri.

    2.   La BCE esercita i poteri di cui al paragrafo 1 del presente articolo conformemente agli atti di cui all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma. Nell’esercizio dei rispettivi poteri di vigilanza e di indagine, la BCE e le autorità nazionali competenti cooperano strettamente».

    11.

    L’articolo 14 del regolamento n. 1024/2013, intitolato «Autorizzazione», così dispone:

    «1.   La domanda di autorizzazione all’accesso all’attività dell’ente creditizio che avrà sede in uno Stato membro partecipante è presentata alle autorità nazionali competenti di tale Stato nel rispetto dei requisiti previsti dal pertinente diritto nazionale.

    2.   Se il richiedente soddisfa tutte le condizioni di autorizzazione previste dal pertinente diritto nazionale di detto Stato membro, l’autorità nazionale competente adotta, entro il termine previsto dal pertinente diritto nazionale, un progetto di decisione con cui propone alla BCE il rilascio dell’autorizzazione. Il progetto di decisione è notificato alla BCE e al richiedente l’autorizzazione. Negli altri casi, l’autorità nazionale competente respinge la domanda di autorizzazione.

    3.   Il progetto di decisione si ritiene adottato dalla BCE a meno che quest’ultima non sollevi obiezioni entro un termine massimo di dieci giorni lavorativi, prorogabile una sola volta per lo stesso periodo in casi debitamente giustificati. La BCE solleva obiezioni al progetto di decisione solo se le condizioni di autorizzazione stabilite nel pertinente diritto dell’Unione non sono soddisfatte. La BCE espone i motivi del rigetto per iscritto.

    4.   La decisione adottata a norma dei paragrafi 2 e 3 è notificata al richiedente l’autorizzazione dall’autorità nazionale competente.

    5.   Fatto salvo il paragrafo 6, la BCE può revocare l’autorizzazione nei casi previsti dal pertinente diritto dell’Unione, di propria iniziativa previa consultazione dell’autorità nazionale competente dello Stato membro partecipante in cui l’ente creditizio è stabilito oppure su proposta di tale autorità nazionale competente. Tale consultazione assicura in particolare che, prima di prendere decisioni relative alla revoca, la BCE conceda un periodo di tempo sufficiente affinché le autorità nazionali decidano in merito alle necessarie azioni correttive, comprese eventuali misure di risoluzione, e ne tenga conto.

    L’autorità nazionale competente che considera che l’autorizzazione da essa proposta a norma del paragrafo 1 debba essere revocata in virtù [del] pertinente diritto nazionale trasmette alla BCE una proposta in tal senso. In tal caso, la BCE prende una decisione sulla proposta di revoca tenendo pienamente conto della giustificazione della revoca avanzata dall’autorità nazionale competente.

    6.   Fino a quando le autorità nazionali rimarranno competenti per la risoluzione delle crisi degli enti creditizi, nei casi in cui ritengano che la revoca dell’autorizzazione pregiudicherebbe l’adeguata attuazione della risoluzione o le azioni necessarie per la stessa ovvero al fine di mantenere la stabilità finanziaria, esse notificano debitamente alla BCE la propria obiezione, illustrando nel dettaglio il danno che la revoca provocherebbe. In questi casi, la BCE si astiene dal procedere alla revoca per un periodo concordato con le autorità nazionali. La BCE può prorogare tale periodo se ritiene che siano stati compiuti sufficienti progressi. Se, tuttavia, la BCE stabilisce in una decisione motivata che le autorità nazionali non hanno attuato le opportune azioni necessarie per mantenere la stabilità finanziaria, si procede immediatamente alla revoca delle autorizzazioni».

    B.   Regolamento (UE) n. 575/2013

    12.

    Il considerando 5 del regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 ( 5 ) così recita:

    «Il presente regolamento e la direttiva 2013/36/UE dovrebbero formare insieme il quadro giuridico di disciplina dell’accesso all’attività, il quadro di vigilanza e le norme prudenziali degli enti creditizi e delle imprese di investimento (di seguito congiuntamente “enti”). È pertanto opportuno che il presente regolamento sia letto in combinato disposto con tale direttiva».

    13.

    L’articolo 4, paragrafo 1, punti 1 e 42, di tale regolamento prevede le seguenti definizioni:

    «Ai fini del presente regolamento si intende per:

    1)

    “ente creditizio”, un’impresa la cui attività consiste nel raccogliere depositi o altri fondi rimborsabili dal pubblico e nel concedere crediti per proprio conto;

    (…)

    42)

    “autorizzazione”, un atto emanante dalle autorità, sotto qualsiasi forma, dal quale deriva la facoltà di esercitare l’attività;

    (…)».

    C.   Regolamento (UE) n. 468/2014

    14.

    All’articolo 27, paragrafo 1, intitolato «Rappresentanza di una parte», il regolamento (UE) n. 468/2014 della Banca centrale europea, del 16 aprile 2014, che istituisce il quadro di cooperazione nell’ambito del Meccanismo di vigilanza unico tra la Banca centrale europea e le autorità nazionali competenti e con le autorità nazionali designate (regolamento quadro sull’MVU) ( 6 ), prevede quanto segue:

    «Una parte può farsi rappresentare dai propri rappresentanti legali o statutari o da ogni altro rappresentante cui sia stato conferito per iscritto il mandato a intraprendere ogni azione relativa alla procedura di vigilanza della BCE».

    D.   Direttiva 2013/36/UE

    15.

    L’articolo 1 della direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE ( 7 ), così recita:

    «La presente direttiva fissa norme concernenti:

    a)

    l’accesso all’attività degli enti creditizi e delle imprese di investimento (congiuntamente “enti”);

    b)

    i poteri e gli strumenti di vigilanza per la vigilanza prudenziale sugli enti da parte delle autorità competenti;

    c)

    la vigilanza prudenziale sugli enti da parte delle autorità competenti in una maniera coerente con le norme fissate nel regolamento (UE) n. 575/2013;

    d)

    gli obblighi di pubblicazione per le autorità competenti nel settore della regolamentazione prudenziale e della vigilanza sugli enti».

    16.

    L’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2013/36, intitolato «Autorizzazione», così dispone:

    «Gli Stati membri prevedono l’obbligo per gli enti creditizi di ottenere un’autorizzazione prima di iniziare l’attività. Fatti salvi gli articoli da 10 a 14, essi ne fissano le condizioni e le notificano all’ABE».

    17.

    L’articolo 9, paragrafo 1, di tale direttiva, intitolato «Divieto dell’attività di raccolta di depositi o di altri fondi rimborsabili tra il pubblico ad opera di persone o imprese che non sono enti creditizi», dispone quanto segue:

    «Gli Stati membri vietano alle persone o imprese che non sono enti creditizi di effettuare l’attività di raccolta di depositi o altri fondi rimborsabili tra il pubblico».

    18.

    L’articolo 14 della direttiva 2013/36, intitolato «Azionisti e soci», prevede, al paragrafo 2, quanto segue:

    «Le autorità competenti negano l’autorizzazione ad iniziare l’attività di ente creditizio se, tenendo conto della necessità di garantire una gestione sana e prudente dell’ente creditizio, esse non sono soddisfatte dell’idoneità degli azionisti o soci, in particolare, se i criteri stabiliti all’articolo 23, paragrafo 1, non sono soddisfatti. Si applicano l’articolo 23, paragrafi 2 e 3, e l’articolo 24».

    19.

    L’articolo 18 della direttiva 2013/36, intitolato «Revoca dell’autorizzazione», è formulato come segue:

    «Le autorità competenti possono revocare l’autorizzazione concessa a un ente creditizio soltanto se tale ente creditizio:

    a)

    non si serve dell’autorizzazione entro dodici mesi, vi rinuncia espressamente o ha cessato di esercitare la sua attività per un periodo superiore a sei mesi, a meno che lo Stato membro interessato non preveda in tali casi che l’autorizzazione sia scaduta;

    b)

    ha ottenuto l’autorizzazione presentando false dichiarazioni o con qualsiasi altro mezzo irregolare;

    c)

    non soddisfa più le condizioni cui era subordinata l’autorizzazione;

    d)

    non soddisfa più i requisiti prudenziali stabiliti alle parti tre, quattro o sei del regolamento (UE) n. 575/2013 o imposti a norma dell’articolo 104, paragrafo 1, lettera a), o dell’articolo 105 della presente direttiva o non offre più la garanzia di poter soddisfare agli obblighi nei confronti dei suoi creditori e, in particolare, non fornisce più garanzie per le attività ad esso affidate dai suoi depositanti;

    e)

    versa negli altri casi in cui la revoca è prevista dal diritto nazionale; o

    f)

    commette una delle violazioni di cui all’articolo 67, paragrafo 1».

    20.

    L’articolo 23, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2013/36 così dispone:

    «1.   Nell’esaminare la notifica di cui all’articolo 22, paragrafo 1, e le informazioni di cui all’articolo 22, paragrafo 3, le autorità competenti valutano, al fine di garantire la gestione sana e prudente dell’ente creditizio cui si riferisce il progetto di acquisizione e tenendo conto della probabile influenza del candidato acquirente sull’ente creditizio, l’idoneità del candidato acquirente e la solidità finanziaria del progetto di acquisizione in conformità dei criteri seguenti:

    a)

    i requisiti di onorabilità del candidato acquirente;

    b)

    i requisiti di onorabilità, le conoscenze, le competenze e l’esperienza, di cui all’articolo 91, paragrafo 1, di tutti i membri dell’organo di gestione e dell’alta dirigenza che, in esito alla prevista acquisizione, determineranno l’orientamento dell’attività dell’ente creditizio;

    c)

    la solidità finanziaria del candidato acquirente, in particolare in considerazione del tipo di attività esercitata e prevista nell’ente creditizio cui si riferisce il progetto di acquisizione;

    d)

    la capacità dell’ente creditizio di rispettare e continuare a rispettare i requisiti prudenziali a norma della presente direttiva, del regolamento (UE) n. 575/2013 e, se applicabile, di altro diritto dell’Unione, in particolare delle direttive 2002/87/CE e 209/110/CE, compreso il fatto che il gruppo di cui diventerà parte disponga di una struttura che permetta di esercitare una vigilanza efficace, di scambiare effettivamente informazioni tra le autorità competenti e di determinare la ripartizione delle responsabilità tra le autorità competenti;

    e)

    l’esistenza di motivi ragionevoli per sospettare che, in relazione alla prevista acquisizione, sia in corso o abbia avuto luogo un’operazione o un tentativo di riciclaggio di proventi di attività illecite o di finanziamento del terrorismo ai sensi dell’articolo 1 della direttiva 2005/60/CE [ ( 8 )] o che il progetto di acquisizione potrebbe aumentarne il rischio.

    2.   Le autorità competenti possono opporsi al progetto di acquisizione solo se vi sono ragionevoli motivi per farlo in base ai criteri di cui al paragrafo 1 o se le informazioni fornite dal candidato acquirente sono incomplete».

    E.   Orientamenti comuni delle autorità europee di vigilanza delle banche, delle assicurazioni e del mercato degli strumenti finanziari (ABE, AEAP e AESFEM) per la valutazione prudenziale di acquisizioni e incrementi di partecipazioni qualificate nel settore finanziario

    21.

    Gli orientamenti comuni delle autorità europee di vigilanza delle banche, delle assicurazioni e del mercato degli strumenti finanziari (ABE, AEAP e AESFEM) per la valutazione prudenziale di acquisizioni e incrementi di partecipazioni qualificate nel settore finanziario (in prosieguo: gli «orientamenti comuni») prevedono, al punto 10, intitolato «Reputazione del candidato acquirente – primo criterio di valutazione», in particolare, quanto segue:

    «10.1 La valutazione della reputazione del candidato acquirente dovrebbe riguardare due elementi:

    (a)

    la sua integrità e

    (b)

    la sua competenza professionale.

    (…)

    10.9 Un candidato acquirente dovrebbe essere considerato in possesso del requisito di onorabilità in assenza di elementi affidabili che suggeriscano il contrario e qualora l’autorità di vigilanza interessata non abbia dubbi ragionevoli sull’onorabilità di tale soggetto. Dovrebbero essere prese in considerazione tutte le informazioni pertinenti che sono disponibili per la valutazione, fatta salva ogni limitazione imposta dalle norme nazionali e indipendentemente dal paese in cui si è verificato ogni evento significativo.

    (…)

    10.13 Dovrebbero essere tenuti in particolare considerazione i seguenti fattori, che possono mettere in discussione l’integrità di un candidato acquirente:

    (a)

    condanne o procedimenti per reati penali, in particolare:

    i.

    reati secondo le leggi che disciplinano il settore bancario, finanziario, degli strumenti finanziari e assicurativo o riguardanti i mercati degli strumenti finanziari o gli strumenti finanziari o di pagamento;

    ii.

    reati di disonestà, frode o reati finanziari, compresi il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo, la manipolazione del mercato, l’abuso di informazioni privilegiate, l’usura e la corruzione;

    iii.

    reati fiscali;

    iv.

    altri reati contro la legislazione riguardante imprese, fallimento, insolvenza o tutela dei consumatori;

    (b)

    elementi rilevanti emersi da controlli in loco e non, da indagini o azioni esecutive, nella misura in cui si riferiscono al candidato acquirente direttamente o indirettamente, a titolo della sua proprietà o controllo, e l’imposizione di eventuali sanzioni amministrative per la non conformità a disposizioni che disciplinano il settore bancario, finanziario, degli strumenti finanziari e assicurativo o riguardanti i mercati degli strumenti finanziari o gli strumenti finanziari o di pagamento, o a eventuali leggi e regolamenti in materia di servizi finanziari o altre questioni di cui alla precedente lettera (a);

    (c)

    azioni esecutive rilevanti condotte da altri organi di regolamentazione o professionali per la non conformità a tutte le relative disposizioni, e

    (d)

    altre informazioni provenienti da fonti credibili e affidabili, rilevanti per il contesto di cui trattasi. Nell’analizzare se le informazioni provenienti da altre fonti siano credibili e affidabili, le autorità competenti dovrebbero considerare la misura in cui la fonte è pubblica e affidabile, la misura in cui le informazioni sono fornite da più fonti indipendenti e onorabili e sono coerenti per un certo periodo di tempo e se vi siano motivi ragionevoli per sospettarne la falsità.

    (…)

    10.16 Le autorità di vigilanza interessate dovrebbero valutare la rilevanza di tali situazioni caso per caso, riconoscendo che le caratteristiche di ogni situazione possono essere più o meno rigide e che alcune situazioni possono essere significative, se considerate congiuntamente, sebbene singolarmente possano essere irrilevanti».

    III. Contesto della controversia

    A.   Fatti

    22.

    La ricorrente in primo grado e in sede di impugnazione nelle due presenti cause è la Pilatus Bank plc, un ente creditizio meno significativo stabilito a Malta e soggetto alla vigilanza prudenziale diretta della Malta Financial Services Authority (Autorità maltese dei servizi finanziari; in prosieguo: la «MFSA»). La Pilatus Holding Ltd, seconda ricorrente in primo grado nella causa T‑27/19, non è parte nel procedimento di impugnazione.

    23.

    Stando a un comunicato stampa pubblicato dall’United States Department of Justice (Ministero della Giustizia degli Stati Uniti d’America) il 19 marzo 2018 il sig. Ali Sadr, azionista della ricorrente che deteneva il 100% del suo capitale e dei diritti di voto (in prosieguo: il «principale azionista») era stato arrestato negli Stati Uniti sulla base di sei capi d’accusa. Essi erano legati alla sua presunta partecipazione a un sistema mediante il quale circa 115 milioni di dollari statunitensi (USD) versati per finanziare un progetto in Venezuela sarebbero stati distratti a vantaggio di persone e imprese iraniane.

    24.

    Secondo l’atto di imputazione formulato dall’United States Attorney for the Southern District of New York (Procuratore degli Stati Uniti per il distretto sud di New York), taluni fondi utilizzati per istituire e finanziare la ricorrente nel 2013 avevano un’origine illegale legata al progetto in Venezuela.

    25.

    A seguito dell’imputazione del principale azionista negli Stati Uniti, la ricorrente ha ricevuto, in particolare, richieste di ritiro di depositi per un importo complessivo di EUR 51,4 milioni, vale a dire circa il 40% dei depositi presenti nel suo bilancio.

    26.

    Il 21 marzo 2018 la MFSA ha adottato una direttiva relativa alla revoca o alla sospensione dei diritti di voto con la quale ha disposto segnatamente che, in primo luogo, il principale azionista fosse rimosso con effetto immediato dal suo posto di dirigente della ricorrente e da tutte le altre sue funzioni decisionali in seno a quest’ultima, in secondo luogo, che egli sospendesse l’esercizio dei suoi diritti di voto e, in terzo luogo, che si astenesse da qualsiasi rappresentanza legale o in giudizio di detta ricorrente.

    27.

    Lo stesso giorno la MFSA ha adottato la direttiva relativa alla moratoria, con la quale ha ordinato alla ricorrente di non autorizzare alcuna operazione bancaria, in particolare i prelievi e i depositi da parte degli azionisti e dei membri del consiglio di amministrazione della ricorrente.

    28.

    Il 22 marzo 2018 la MFSA ha adottato la direttiva relativa alla nomina di una persona competente, al fine di affidare a tale persona l’esercizio della maggior parte dei poteri normalmente conferiti agli organi direttivi della ricorrente per quanto riguarda le attività specifiche e il patrimonio di quest’ultima.

    29.

    Il 29 giugno 2018 la BCE ha ricevuto dalla MFSA una proposta di revoca dell’autorizzazione della ricorrente, in applicazione dell’articolo 14, paragrafo 5, del regolamento n. 1024/2013.

    30.

    Il 2 agosto 2018 la MFSA ha presentato alla BCE una proposta riveduta di revoca di tale autorizzazione.

    31.

    Con lettera del 31 agosto 2018, la BCE ha invitato la ricorrente a presentare le sue osservazioni in merito al progetto di decisione di revoca entro cinque giorni lavorativi dalla data di ricezione di detta lettera.

    32.

    Il 6 settembre 2018 la ricorrente, rappresentata dal suo legale, ha chiesto una proroga di 14 giorni del termine per l’audizione nonché l’accesso al fascicolo di tale procedimento.

    33.

    Successivamente, con messaggio di posta elettronica del 10 settembre 2018, la BCE ha chiesto alla ricorrente di trasmettere tutta la corrispondenza nell’ambito del procedimento amministrativo per la revoca della sua autorizzazione tramite la persona competente o con il suo consenso. Il 20 novembre 2018 la ricorrente ha proposto un ricorso di annullamento di tale messaggio di posta elettronica dinanzi al Tribunale, il quale ha respinto il ricorso in quanto irricevibile con ordinanza del 10 luglio 2019 ( 9 ). Il 4 febbraio 2021 l’impugnazione dell’ordinanza di irricevibilità del Tribunale è stata parimenti respinta, in quanto manifestamente infondata, dalla Corte di giustizia con ordinanza, sebbene la motivazione del Tribunale sia stata sostituita ( 10 ).

    34.

    Su richiesta della ricorrente, il termine per l’audizione è stato prorogato una prima volta fino al 17 settembre 2018, poi una seconda volta fino al 21 settembre 2018.

    35.

    Con lettera del 13 settembre 2018, la BCE ha concesso l’accesso al fascicolo del procedimento amministrativo alla ricorrente.

    36.

    Il 21 settembre 2018 la ricorrente ha trasmesso le sue osservazioni sul progetto di decisione della revoca dell’autorizzazione, esprimendo l’opposizione della sua direzione e dei suoi azionisti a tale revoca.

    37.

    Il 2 novembre 2018 la BCE ha adottato, in forza dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), e dell’articolo 14, paragrafo 5, del regolamento n. 1024/2013, la decisione con cui ha revocato l’autorizzazione della ricorrente (in prosieguo: la «decisione controversa della BCE») ( 11 ).

    38.

    A seguito del rifiuto della persona competente di pagare gli onorari del legale della ricorrente utilizzando i fondi della stessa, quest’ultima si è rivolta alla BCE con messaggi di posta elettronica del 13 novembre e del 20 dicembre 2018, chiedendo alla stessa di avvalersi dei suoi poteri di vigilanza in forza del regolamento n. 1024/2013 e di impartire alla persona competente l’istruzione di autorizzare il pagamento degli onorari.

    39.

    Con messaggio di posta elettronica del 21 dicembre 2019 (in prosieguo: il «messaggio di posta elettronica controverso») ( 12 ) la BCE ha risposto, in sostanza, che i suoi poteri di vigilanza ai sensi del regolamento n. 1024/2013 erano limitati alla vigilanza sugli enti creditizi (articolo 1, paragrafo 1, del medesimo regolamento). A sostegno di ciò, la BCE ha affermato di non essere più competente ad adottare provvedimenti nei confronti della ricorrente, in quanto l’autorizzazione di quest’ultima era stata revocata a partire dal 5 novembre 2018.

    B.   Ordinanza impugnata (causa C‑750/21 P)

    40.

    Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 4 marzo 2019, la ricorrente ha proposto un ricorso di annullamento del messaggio di posta elettronica controverso.

    41.

    Con ordinanza del 24 settembre 2021, Pilatus Bank/BCE (T‑139/19, non pubblicata, EU:T:2021:623; in prosieguo: l’«ordinanza impugnata»), il Tribunale ha respinto il ricorso, sulla base dell’articolo 126 del suo regolamento di procedura, in quanto manifestamente infondato in diritto.

    42.

    Il Tribunale ha anzitutto esaminato il primo motivo di ricorso, secondo cui la BCE sarebbe incorsa in un errore di diritto dichiarandosi incompetente a esercitare i propri poteri di vigilanza diretta nei confronti della ricorrente e a impartire alla persona competente l’istruzione di autorizzare il pagamento dell’onorario del legale nominato dal consiglio di amministrazione della ricorrente stessa. Esso ha concluso che la BCE era manifestamente incompetente al riguardo e ha respinto tale motivo in quanto manifestamente infondato in diritto. Facendo riferimento all’ordinanza del 12 marzo 2021, PNB Banka/BCE (T‑50/20, EU:T:2021:141), il Tribunale ha altresì respinto, in sostanza, gli altri motivi di ricorso in quanto manifestamente infondati in diritto.

    C.   Sentenza impugnata (causa C‑256/22 P)

    43.

    Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 15 gennaio 2019, la ricorrente, insieme alla Pilatus Holding, ha proposto un ricorso di annullamento della decisione controversa della BCE.

    44.

    Con sentenza del 2 febbraio 2022, Pilatus Bank e Pilatus Holding/BCE (T‑27/19, EU:T:2022:46, in prosieguo: la «sentenza impugnata») il Tribunale ha respinto il ricorso in quanto irricevibile, nei limiti in cui è stato proposto dalla Pilatus Holding, per mancanza di interesse diretto degli azionisti, e infondato quanto al resto.

    45.

    Il primo motivo di ricorso verte sulla competenza nel procedimento di revoca dell’autorizzazione, come disciplinato dall’articolo 14, paragrafo 5, del regolamento n. 1024/2013. Il Tribunale ha dichiarato che non vi sono state violazioni di tale disposizione e del diritto ad una buona amministrazione ai sensi dell’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») ( 13 ). A sostegno di ciò, esso ha affermato, tra l’altro, che quand’anche la MFSA avesse ecceduto le proprie competenze con le direttive del 21 e 22 marzo 2018, che hanno preceduto la proposta di revoca dell’autorizzazione della ricorrente, ciò non potrebbe viziare di illegittimità la decisione controversa della BCE. Infatti, tale potenziale superamento dell’ambito delle proprie competenze in relazione alla decisione controversa della BCE non costituirebbe un atto di avvio, preparatorio o di «proposta non vincolante» ai sensi della sentenza del 19 dicembre 2018, Berlusconi e Fininvest ( 14 ) (in prosieguo: la «sentenza Berlusconi»).

    46.

    Il Tribunale ha parimenti respinto il secondo motivo di ricorso ( 15 ). Esso era fondato su una valutazione errata in diritto del motivo della revoca dell’autorizzazione. Il medesimo consisteva nel pregiudizio all’onorabilità del principale azionista e della ricorrente e nel conseguente rischio per l’ente creditizio interessato nonché per il sistema finanziario all’interno dell’Unione e di ciascuno Stato membro.

    47.

    Il Tribunale ha inoltre respinto il terzo e il quarto motivo di ricorso. In base ad essi, la BCE non avrebbe esercitato il proprio potere discrezionale o l’avrebbe esercitato in modo inappropriato e non avrebbe effettuato una valutazione imparziale e oggettiva dei fatti rilevanti ( 16 ).

    48.

    Infine, il Tribunale ha respinto i motivi di ricorso dal quinto all’undicesimo (violazione dei principi di proporzionalità e nemo auditur, nonché della presunzione di innocenza e del principio della parità di trattamento; violazione dell’articolo 19 e del considerando 75 del regolamento n. 1024/2013 e sviamento di potere; violazione dei diritti della difesa, in particolare del diritto di essere ascoltati, nonché dell’obbligo di motivazione) ( 17 ).

    49.

    A fondamento del rigetto del decimo motivo di ricorso, relativo alla violazione dei diritti della difesa, in particolare del diritto di essere ascoltati, il Tribunale ha sostanzialmente affermato quanto segue ( 18 ). La ricorrente ha ricevuto la lettera della BCE del 31 agosto 2018, nella quale la BCE la invitava a presentare le sue osservazioni sul progetto di decisione di revoca dell’autorizzazione, nonché la lettera della medesima del 13 settembre 2018, con la quale la BCE le concedeva l’accesso al fascicolo del procedimento amministrativo. Essa si è limitata a rispondere che confermava la sua opposizione alla decisione proposta. In tal modo, la ricorrente avrebbe avuto a disposizione un termine complessivo di tre settimane per formulare le sue osservazioni sul progetto di decisione di revoca dell’autorizzazione. La ricorrente sarebbe stata quindi posta nelle condizioni di far conoscere utilmente il suo punto di vista in merito agli elementi posti a suo carico nella decisione stessa.

    50.

    Per quanto riguarda l’asserita impossibilità per la ricorrente di remunerare il suo legale e di ottenere l’accesso alle sue risorse e informazioni, il Tribunale ha ritenuto, tra l’altro, che tali circostanze derivino esclusivamente dalla designazione della persona competente, considerata nel corso del procedimento amministrativo come l’unica rappresentante della ricorrente. Essa rientrerebbe nella competenza esclusiva della MFSA in applicazione del diritto maltese. Neppure la decisione di designazione di una persona competente, in relazione alla decisione controversa della BCE, costituirebbe un atto di avvio, preparatorio o di «proposta non vincolante» (v. paragrafo 45 delle presenti conclusioni) e non sarebbe quindi tale da viziare tale decisione di illegittimità. Trattandosi di una decisione prevista dal diritto maltese e rientrante nella competenza della MFSA, sindacabile solo dai giudici maltesi, la BCE non potrebbe essere considerata responsabile delle conseguenze che una siffatta decisione ha comportato. Non si potrebbe neppure validamente contestare alla BCE di non aver impedito alla MFSA – in forza del suo potere generale di impartire istruzioni nell’ambito del meccanismo di vigilanza unico – di adottare la decisione di nomina di una persona competente. Infatti, la BCE non sarebbe tenuta ad alcun obbligo al riguardo, al di là dell’obbligo di raccogliere le osservazioni dei destinatari delle sue decisioni. Spetterebbe pertanto alle ricorrenti contestare la legittimità della designazione della persona competente a livello nazionale e, se del caso, delle decisioni di tale persona che hanno rifiutato di accogliere le loro domande di fondi destinati a remunerare il loro legale o le loro richieste di accesso a risorse o informazioni. Se necessario, esse dovrebbero formulare una domanda di pronuncia pregiudiziale al fine di chiedere alla Corte di valutare se il diritto dell’Unione, in particolare il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva, osti a siffatte decisioni o alla nomina di una persona competente ( 19 ).

    IV. Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

    51.

    Con atto depositato presso la cancelleria della Corte il 6 dicembre 2021, la ricorrente ha proposto impugnazione nella causa C‑750/21 P.

    52.

    La ricorrente chiede che la Corte voglia:

    annullare l’ordinanza impugnata;

    annullare il messaggio di posta elettronica controverso;

    qualora la Corte non sia in grado di pronunciarsi sul merito, rinviare la causa al Tribunale affinché statuisca sul ricorso di annullamento, e

    condannare la BCE a tutte le spese.

    53.

    La BCE chiede che la Corte voglia:

    respingere l’impugnazione in parte in quanto irricevibile e in parte in quanto infondata;

    in subordine, respingere nella sua interezza l’impugnazione in quanto infondata; e

    in ogni caso, condannare la ricorrente a tutte le spese.

    54.

    Con atto depositato presso la cancelleria della Corte il 12 aprile 2022, la ricorrente ha proposto impugnazione nella causa C‑256/22 P.

    55.

    La ricorrente chiede che la Corte voglia:

    annullare la sentenza impugnata;

    annullare la decisione impugnata della BCE;

    qualora la Corte non sia in grado di pronunciarsi sul merito, rinviare la causa al Tribunale affinché statuisca sul ricorso di annullamento, e

    condannare la BCE a tutte le spese.

    56.

    La BCE chiede che la Corte voglia:

    respingere l’impugnazione in parte in quanto irricevibile e in parte in quanto infondata;

    in subordine, respingere nella sua interezza l’impugnazione in quanto infondata; e

    in ogni caso, condannare la ricorrente a tutte le spese.

    57.

    Il 13 dicembre 2022 la Corte ha invitato le parti a rispondere per iscritto a taluni quesiti, il che è avvenuto entro i termini stabiliti. La Corte ha rinunciato a tenere un’udienza di discussione.

    V. Analisi

    58.

    Anzitutto, esaminerò congiuntamente le censure formulate nelle cause C‑750/21 P e C‑256/22 P in merito alla rappresentanza legale effettiva e all’esercizio dei diritti della difesa della ricorrente (sub A.). Passerò quindi ad analizzare le censure avanzate in relazione alla portata dei poteri di vigilanza della BCE e le altre censure (sub B.).

    A.   Esercizio effettivo dei diritti della difesa nel procedimento amministrativo in più fasi per la revoca dell’autorizzazione

    1. Considerazioni preliminari

    59.

    Entrambe le impugnazioni vertono su due questioni di diritto fondamentali e strettamente connesse tra loro.

    60.

    Da un lato, occorre esaminare se la ricorrente abbia potuto difendersi efficacemente nel corso del procedimento amministrativo in più fasi che ha portato alla revoca della sua autorizzazione e se i giudici nazionali o i giudici dell’Unione siano competenti a controllare il rispetto dei diritti della difesa e debbano fornire una tutela giurisdizionale effettiva a tale riguardo. Infatti, il Tribunale ha dedotto dalla sentenza Berlusconi che la responsabilità di garantire tali diritti rientra nella competenza esclusiva della MFSA e dei giudici maltesi, il che è contestato dalla ricorrente in quanto errato in diritto.

    61.

    Dall’altro lato, occorre valutare a quali condizioni debba essere garantita una siffatta difesa legale, in particolare se essa debba poter essere fornita esclusivamente dal legale nominato dalla ricorrente. Infatti, in base al diritto maltese, la ricorrente è stata rappresentata per tutta la durata del procedimento amministrativo anche dalla persona competente designata dalla MFSA. Inizialmente, la BCE aveva addirittura riconosciuto solo tale persona quale rappresentante della ricorrente ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento n. 468/2014 e quale interlocutore. Soltanto successivamente la BCE ha comunicato anche con il legale della ricorrente, gli ha inviato il progetto della sua decisione controversa e gli ha concesso l’accesso al fascicolo. I problemi connessi a tale «doppia rappresentanza» si sono manifestati nel fatto che la persona competente non ha permesso al legale di accedere ai locali della ricorrente nonché alle informazioni e alle prove ivi presenti e si è rifiutata di autorizzare la destinazione di fondi al pagamento degli onorari del legale.

    62.

    I problemi di cui trattasi sono stati altresì, almeno indirettamente, oggetto dei procedimenti, conclusisi con decisione definitiva, nelle cause T‑687/18 ( 20 ) e C‑701/19 P ( 21 ) (v. paragrafo 33 delle presenti conclusioni). In tali procedimenti la ricorrente aveva contestato il messaggio di posta elettronica inviato dalla BCE il 10 settembre 2018, in cui le si chiedeva di trasmettere tutta la corrispondenza nell’ambito del procedimento amministrativo per la revoca della sua autorizzazione tramite la persona competente o con il suo consenso. Sia il ricorso che l’impugnazione della ricorrente sono stati tuttavia respinti. In altre cause con situazioni di fatto analoghe la questione relativa alla violazione dei diritti della difesa è stata parimenti sollevata, ma è rimasta irrisolta nel merito ( 22 ), cosicché si impone un chiarimento di principio.

    63.

    Nella causa C‑750/21 P, la ricorrente lamenta, tra l’altro, di aver chiesto invano prima alla MFSA e poi alla BCE di impartire alla persona competente l’istruzione di pagare gli onorari del suo legale con i fondi della banca. Con la sesta censura del primo motivo di impugnazione, inoltre, essa contesta, in sostanza, al Tribunale di non aver tenuto conto del fatto che la BCE non aveva inizialmente accettato che essa fosse rappresentata dal legale in questione. Al contrario, la BCE aveva insistito sulla rappresentanza della stessa solamente da parte della persona competente e in seguito non aveva riconosciuto che il suo legale non avrebbe potuto assicurare una difesa legale effettiva senza accedere ai locali della banca. Con il secondo motivo di impugnazione, la ricorrente asserisce, tra l’altro, che il Tribunale le avrebbe precluso l’accesso diretto agli organi giurisdizionali dell’Unione. In tal modo, esso le avrebbe negato il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, come riconosciuto nella sentenza del 5 novembre 2019, BCE e a./Trasta Komercbanka e a. ( 23 ) (in prosieguo: la «sentenza Trasta Komercbanka»).

    64.

    Nella causa C‑256/22 P, la ricorrente lamenta, in sostanza, nell’ambito del primo e del quarto motivo di impugnazione, che il Tribunale non avrebbe tenuto conto né dei requisiti derivanti dalla sentenza Trasta Komercbanka né della circostanza che essa era stata privata di una rappresentanza legale e di una difesa legale effettive sia nel corso del procedimento amministrativo di revoca della sua autorizzazione sia dopo la conclusione dello stesso. In particolare, il suo legale non avrebbe avuto accesso ai documenti, alle informazioni e alle prove a tal fine rilevanti presenti, tra l’altro, nel suo sistema informatico e nei locali della banca ( 24 ). Inoltre, la decisione controversa della BCE sarebbe stata correttamente notificata non alla ricorrente, ma solo alla persona competente.

    65.

    In tale contesto occorre valutare se il Tribunale sia incorso in un errore di diritto in particolare ai punti da 242 a 252 della sentenza impugnata.

    66.

    Da un lato, si pone la questione se il Tribunale potesse dichiarare che la BCE non poteva essere ritenuta responsabile di un’eventuale violazione dei diritti della difesa della ricorrente nel corso del procedimento amministrativo in più fasi che aveva portato all’adozione della decisione controversa della BCE e che non vi era stata alcuna violazione del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, in quanto gli atti in questione non rientravano nell’ambito della responsabilità della BCE, ma in quella della MFSA e dei giudici maltesi (v. paragrafi da 69 a 76 delle presenti conclusioni).

    67.

    Dall’altro lato, occorre esaminare la questione, strettamente connessa con la prima, se il Tribunale non abbia riconosciuto che una difesa legale effettiva della ricorrente nel procedimento amministrativo e dinanzi al Tribunale debba essere fornita esclusivamente da parte del legale nominato dalla stessa. Ciò è avvenuto se l’esercizio parallelo del potere di rappresentanza della persona competente era tale da ostacolare la difesa a causa di un conflitto di interessi (v. paragrafi da 77 a 85 delle presenti conclusioni).

    2. Responsabilità per violazioni dei diritti della difesa e della tutela giurisdizionale effettiva nell’ambito del procedimento amministrativo in più fasi

    68.

    Il ragionamento del Tribunale, in particolare ai punti da 242 a 252 della sentenza impugnata, è, a mio avviso, incompatibile con la ripartizione delle competenze in ambito giurisdizionale, riconosciuta dalla giurisprudenza, in relazione al controllo delle autorità nazionali e della BCE nell’attuazione del meccanismo di vigilanza unico. Secondo la sentenza Berlusconi ( 25 ), tale competenza deriva dall’articolo 263 TFUE, che conferisce ai giudici dell’Unione la competenza esclusiva a esercitare il controllo di legittimità sugli atti delle istituzioni dell’Unione, fra cui è compresa la BCE [sub a)]. Tale ripartizione delle competenze in ambito giurisdizionale presuppone che eventuali violazioni dei diritti della difesa da parte delle autorità nazionali possano essere imputate alla BCE e assoggettate a controllo solo dinanzi ai giudici dell’Unione unitamente alla decisione controversa della stessa [sub b)]. Infine, esaminerò la legittimità di ciascuna delle conclusioni del Tribunale nella sentenza impugnata nella causa C‑256/22 P e nell’ordinanza impugnata nella causa C‑750/21 P [sub c)].

    a) Competenza esclusiva della Corte

    69.

    Una tutela giurisdizionale effettiva contro gli atti con i quali viene attuato il meccanismo di vigilanza unico, con il coinvolgimento delle autorità nazionali e della BCE, può essere garantita solo dagli organi giurisdizionali dell’Unione ( 26 ). La competenza esclusiva dei giudici dell’Unione comprende anche il controllo (in via incidentale) di legittimità di taluni atti preparatori o proposte delle autorità nazionali coinvolte di natura tale da incidere sul contenuto della decisione finale della BCE ( 27 ). Ne consegue necessariamente che anche l’eventuale violazione dei diritti della difesa da parte di tali autorità o della BCE nell’ambito di siffatti procedimenti amministrativi rientra nella competenza esclusiva di controllo dei giudici dell’Unione. Ciò è tanto più vero in quanto anche le autorità nazionali sono tenute, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, a rispettare i diritti procedurali fondamentali della Carta nell’attuazione del regolamento n. 1024/2013 ( 28 ).

    70.

    La legittimità della procedura amministrativa in più fasi con il coinvolgimento delle autorità nazionali e della BCE impone pertanto un controllo giurisdizionale unico da parte degli organi giurisdizionali dell’Unione, solo dopo che sia stata emanata la decisione della BCE che conclude la procedura. Essa è l’unica decisione idonea a produrre effetti di diritto obbligatori modificando in misura rilevante la situazione giuridica del ricorrente ( 29 ).

    b) Responsabilità della BCE per atti preparatori nazionali

    71.

    Poiché la BCE conclude il procedimento amministrativo con una misura pregiudizievole per l’ente creditizio che può essere impugnata solo dinanzi ai giudici dell’Unione, essa assume una particolare responsabilità riguardo al suo regolare svolgimento. Da un lato, la stessa BCE deve rispettare le garanzie procedurali. Dall’altro, essa deve vigilare affinché anche le autorità nazionali che compiono atti preparatori del provvedimento finale rispettino tali garanzie.

    72.

    L’eventuale illegittimità degli atti (preparatori) delle autorità nazionali, ad esempio una violazione dei diritti della difesa, «vizia» quindi la decisione controversa della BCE ed è imputabile alla stessa ( 30 ). Tale contaminazione è compatibile con il principio secondo cui gli atti esecutivi o preparatori che non possono essere impugnati autonomamente sono soggetti almeno a un controllo di legittimità unitamente alla decisione che conclude il procedimento amministrativo, e possono comportarne l’annullamento ( 31 ). Nel procedimento amministrativo in più fasi diretto alla revoca dell’autorizzazione, il principio in esame tiene altresì conto del fatto che la BCE è la sola a cui incombe la responsabilità di garantire il diritto di essere ascoltati in relazione alla decisione che conclude il procedimento.

    73.

    Il Tribunale ha rispettato tale principio in passato ( 32 ), ma se ne discosta nella sentenza impugnata.

    c) Errore di diritto nella sentenza impugnata e difesa effettiva da parte del legale della banca

    74.

    Sulla base delle premesse esposte ai paragrafi da 69 a 73 delle presenti conclusioni, le affermazioni del Tribunale ai punti da 242 a 252 della sentenza impugnata sono viziate da più errori di diritto.

    75.

    In primo luogo, il Tribunale ha erroneamente ritenuto, ai punti da 242 a 244 e 249 della sentenza impugnata, che talune circostanze o atti, come quelli basati sulla direttiva relativa alla nomina di una persona competente, adottata ai sensi del diritto maltese, non costituiscano, in relazione alla decisione controversa della BCE, atti preparatori, conformemente alla sentenza Berlusconi ( 33 ), tali da viziare la stessa di illegittimità. Infatti, come rilevato nei paragrafi da 69 a 73 delle presenti conclusioni e come emerso dalla sentenza citata e dalla sentenza Trasta Komercbanka ( 34 ), tali circostanze o atti possono ledere i diritti della difesa dell’interessato e il suo diritto a una tutela giurisdizionale effettiva ( 35 ). Come spiegherò nei paragrafi 102 e seguenti delle presenti conclusioni, tali atti non sono giuridicamente vincolanti per la BCE né impugnabili dinanzi ai giudici degli Stati membri, in conformità ai principi riconosciuti nella sentenza del 3 dicembre 1992, Oleificio Borelli/Commissione ( 36 ). La BCE deve pertanto essere ritenuta responsabile degli stessi. Solo così vengono garantiti il necessario rispetto dei diritti procedurali fondamentali del diritto dell’Unione e la dovuta tutela giurisdizionale uniforme ed effettiva dinanzi ai giudici dell’Unione.

    76.

    In secondo luogo, contrariamente a quanto affermato ai punti da 245 a 248 della sentenza impugnata, la BCE doveva garantire che la ricorrente potesse effettivamente esercitare il suo diritto a essere ascoltata (v. paragrafi da 69 a 73 delle presenti conclusioni). Gli articoli 31 e 32 del regolamento n. 468/2014 sanciscono tale diritto e quello di accesso al fascicolo in una procedura dinanzi alla BCE. Come risulta in particolare dall’articolo 6, paragrafo 1, e dall’articolo 9, paragrafo 1, secondo e terzo comma, del regolamento n. 1024/2013, la BCE era anche in grado di influenzare la MFSA in virtù dei suoi poteri generali di vigilanza e di istruzione nei confronti delle autorità nazionali. Pertanto, essa avrebbe potuto indurre tale autorità a consentire alla ricorrente di disporre dei propri fondi e di avere accesso ai documenti e alle informazioni pertinenti ai fini di una difesa effettiva. Tuttavia, ciò non significa che la BCE fosse altresì soggetta a un obbligo di agire in tal senso, autonomamente azionabile in giudizio. Tratterò tale aspetto in modo più dettagliato ai paragrafi da 88 a 93 delle presenti conclusioni.

    77.

    In terzo luogo, anche l’affermazione di cui al punto 250 della sentenza impugnata, secondo cui spetterebbe alla ricorrente contestare l’illegittimità degli atti procedurali nazionali dinanzi ai giudici degli Stati membri e far accertare la compatibilità degli stessi con la garanzia, prevista dal diritto dell’Unione, di una tutela giurisdizionale effettiva mediante un procedimento pregiudiziale dinanzi alla Corte di giustizia, è viziata da un errore di diritto. Infatti, essa è in contrasto con la ripartizione delle competenze in ambito giurisdizionale esposta ai paragrafi da 69 a 73 delle presenti conclusioni.

    78.

    Infine, nella valutazione del decimo motivo di ricorso ai punti 242 e seguenti il Tribunale è incorso in un errore di diritto non contestando la tesi giuridica della BCE sulla «doppia rappresentanza». In base ad essa, il diritto maltese e l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento n. 468/2014 consentirebbero alla banca di essere rappresentata, nel procedimento di revoca dell’autorizzazione, sia dalla persona competente sia dal legale nominato dai suoi organi; la rappresentanza legale della prima sarebbe addirittura prioritaria. Ne era derivata la possibilità, per il legale, di esercitare in parte in modo soltanto limitato o tardivo i diritti della difesa della ricorrente (v. già paragrafo 61 delle presenti conclusioni).

    79.

    Tuttavia, una simile fattispecie comporta conflitti di interesse che possono pregiudicare i diritti della banca interessata a una difesa legale efficace e a una tutela giurisdizionale effettiva ( 37 ). Infatti, la persona competente non difende tanto gli interessi di tale banca quanto piuttosto l’interesse pubblico alla gestione della stessa fino all’eventuale revoca dell’autorizzazione. Inoltre, essa è vicina alle autorità di controllo nazionali competenti, che ne hanno disposto la nomina e hanno predisposto il procedimento per la revoca dell’autorizzazione. La limitazione dei diritti della difesa della ricorrente, lamentata nel quarto motivo di impugnazione nella causa C‑256/22 P, è la conseguenza di un siffatto conflitto di interessi. Infatti, in forza della normativa maltese e a causa del rifiuto della persona competente, il legale della stessa non era riuscito a ottenere l’accesso ai locali e ai supporti di memorizzazione dei dati della banca con le informazioni e gli elementi di prova pertinenti, nonché ai fondi necessari all’esercizio effettivo dei diritti della difesa della ricorrente.

    80.

    Il diritto maltese e l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento n. 468/2014 devono pertanto essere interpretati, alla luce degli articoli 41, 47 e 48 della Carta ( 38 ), nel senso che il legale nominato dalla banca deve poter difendere in modo effettivo i diritti e gli interessi della stessa nel procedimento di revoca dell’autorizzazione e dinanzi agli organi giurisdizionali dell’Unione. Ciò è peraltro in linea con la posizione nel frattempo unanimemente espressa dalle parti in risposta ai quesiti scritti posti dalla Corte, anche con riferimento al diritto e alla giurisprudenza maltese.

    81.

    Di conseguenza, la BCE deve riconoscere il legale della banca in questione come rappresentante legale a pieno titolo ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento n. 468/2014. Ciò vale in particolare nella fase decisiva del procedimento svolto dalla stessa. Orbene, nel caso di specie la BCE lo ha fatto poco prima dell’adozione della decisione controversa ( 39 ), ma non inizialmente.

    82.

    Tale conclusione è in linea con la sentenza della Corte d’appello maltese del 5 novembre 2018 ( 40 ). Secondo tale sentenza, alla persona competente sono riservate solo la gestione degli affari della banca e il relativo potere di rappresentanza nei negozi giuridici o in giudizio, ad esempio nello svolgimento delle controversie in materia contrattuale. Per contro, la persona competente non è competente a rappresentare legalmente la banca nel procedimento che può dare luogo alla revoca dell’autorizzazione da parte della BCE o a proporre ricorso contro determinati provvedimenti provvisori adottati dalla MFSA.

    83.

    Tale interpretazione è compatibile con i requisiti dell’articolo 47 della Carta e con la necessità di tutelare in modo effettivo i diritti della difesa. Essa riserva la difesa legale a tale riguardo esclusivamente al legale nominato dalla banca stessa. Ciò include la proposizione di un ricorso contro la revoca dell’autorizzazione dinanzi ai giudici dell’Unione.

    84.

    Infatti, solo un siffatto potere di rappresentanza complementare e delimitato in modo chiaro della persona competente, da un lato, e del legale designato dalla banca interessata, dall’altro, è idoneo a evitare conflitti di interesse e, quindi, una lesione dei diritti della difesa di tale banca e del diritto di quest’ultima a una tutela giurisdizionale effettiva ai sensi dell’articolo 47, primo comma, della Carta. In caso contrario, vi sarebbe il rischio di atti procedurali addirittura contraddittori compiuti per conto della banca.

    85.

    Di conseguenza, il legale nominato dagli organi competenti della banca conformemente all’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento n. 468/2014 è l’unico competente a rappresentare gli interessi e i diritti della stessa nel procedimento di revoca dell’autorizzazione dinanzi alla BCE. Il medesimo deve quindi poter esercitare in modo effettivo i diritti della difesa della banca stessa.

    3. Conclusione intermedia

    a) Causa C‑256/22 P

    86.

    Dalle considerazioni che precedono risulta che il quarto motivo di impugnazione nella causa C‑256/22 P deve essere accolto. La sentenza impugnata deve essere annullata nei limiti in cui il Tribunale ha commesso un errore di diritto nella valutazione e nel rigetto della seconda parte del decimo motivo di ricorso. Tale parte riguardava la violazione dei diritti della difesa e in particolare del diritto di essere ascoltati. Essa si basava sul fatto che, durante il procedimento amministrativo, la ricorrente non aveva avuto accesso a documenti e informazioni presenti nel suo sistema informatico né ai suoi fondi per pagare gli onorari del legale.

    87.

    Tuttavia, nella misura in cui la ricorrente deduce altresì, nel primo motivo di impugnazione, una violazione dei propri diritti procedurali fondamentali per il motivo che non le sarebbe stata correttamente notificata la decisione controversa della BCE, ritengo che tale censura sia infondata. Lo spiegherò in modo più dettagliato ai paragrafi 100 e 101 delle presenti conclusioni.

    b) Causa C‑750/21 P

    88.

    Tuttavia, ritengo infondati, nella causa C‑750/21 P, sia la sesta censura del primo motivo di impugnazione (pregiudizio all’esercizio effettivo dei diritti della difesa della ricorrente da parte del suo legale) sia il secondo motivo di impugnazione (violazione del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva) (v. paragrafo 63 delle presenti conclusioni).

    89.

    Infatti, la ricorrente non è riuscita a dimostrare che la BCE avesse violato i diritti della difesa della ricorrente riconoscendo, in un primo tempo, solo la persona competente come suo rappresentante legale e omettendo, in un secondo tempo ( 41 ), di impartire l’istruzione di pagare gli onorari del suo legale.

    90.

    Da un lato, è ormai pacifico tra le parti (v. paragrafi 78 e 80 delle presenti conclusioni) che la BCE ha riconosciuto il legale della ricorrente quale rappresentante per la difesa dei diritti di quest’ultima nel procedimento di revoca dell’autorizzazione. Come il Tribunale ha correttamente affermato ai punti da 239 a 241 della sentenza impugnata nella causa C‑256/22 P e come neppure la ricorrente contesta più, la BCE le aveva concesso l’accesso al fascicolo del procedimento e l’aveva adeguatamente posta nelle condizioni di formulare le sue osservazioni sul progetto di decisione di revoca dell’autorizzazione.

    91.

    Dall’altro lato, non si può individuare alcuna base giuridica che autorizzasse o obbligasse la BCE a impartire alla persona competente l’istruzione di pagare gli onorari del legale della ricorrente anche dopo la conclusione del procedimento di revoca dell’autorizzazione. La BCE non è soggetta, nell’ambito di applicazione del regolamento n. 1024/2013, a un obbligo generale di vigilanza o di controllo in relazione al rispetto dei diritti procedurali fondamentali previsti dal diritto dell’Unione, come la Corte ha dedotto dall’articolo 17, paragrafo 1, TUE in relazione alla Commissione europea nel settore della politica economica e monetaria ( 42 ). Analogamente, il regolamento di cui trattasi non prevede che la BCE abbia un obbligo giuridico, autonomamente azionabile in giudizio dalla banca interessata, di dare istruzioni di tale natura alle autorità nazionali ( 43 ).

    92.

    Tale conclusione non è in contrasto con il fatto che una limitazione dei diritti della difesa della banca interessata da parte delle autorità nazionali competenti nel procedimento di revoca dell’autorizzazione può essere imputata alla BCE e può viziare la sua decisione finale rendendola illegittima (v paragrafi da 69 a 73 delle presenti conclusioni). Infatti, gli atti procedurali preparatori, compresi quelli diretti a garantire un esercizio effettivo dei diritti della difesa, non sono, in linea di principio, impugnabili autonomamente dinanzi ai giudici dell’Unione ( 44 ). Al contrario, la loro illegittimità può essere fatta valere solo unitamente a quella della decisione con la quale si conclude il procedimento amministrativo ( 45 ). Inoltre, dopo l’adozione della decisione in questione, il controverso rifiuto della BCE di intervenire non può più essere considerato un atto preparatorio.

    93.

    Di conseguenza, la sesta censura del primo motivo di impugnazione e il secondo motivo di impugnazione nella causa C‑750/21 P devono essere respinti in quanto infondati.

    B.   Portata dei poteri di vigilanza della BCE

    94.

    In prosieguo saranno esaminati i diversi motivi e censure delle due impugnazioni, che riguardano la portata dei poteri di vigilanza della BCE. Analizzerò anzitutto il primo motivo di impugnazione nella causa C‑256/22 P, in particolare la questione se il Tribunale avrebbe dovuto constatare una violazione dell’articolo 14, paragrafo 5, del regolamento n. 1024/2013 da parte della BCE (sub 1.). Affronterò poi il secondo motivo di impugnazione, secondo cui il Tribunale avrebbe interpretato erroneamente la nozione di onorabilità di cui all’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2013/36 (sub 2.). Dopo una breve analisi del terzo motivo di impugnazione (sub 3.), tratterò il primo motivo di impugnazione nella causa C‑750/21 P, che verte sulla portata della competenza della BCE nell’ambito del meccanismo di vigilanza unico (sub 4.).

    1. Primo motivo di impugnazione nella causa C‑256/22 P: violazione dell’articolo 14, paragrafo 5, del regolamento n. 1024/2013

    95.

    Con il primo motivo di impugnazione nella causa C‑256/22 P, la ricorrente contesta il rigetto del primo motivo di ricorso. Essa lamenta la violazione, da parte del Tribunale, della ripartizione delle competenze in materia di revoca dell’autorizzazione, come disciplinata dall’articolo 14, paragrafo 5, del regolamento n. 1024/2013, nonché del diritto a una buona amministrazione ai sensi dell’articolo 41 della Carta. Nell’ambito del primo motivo di ricorso, essa aveva sostenuto che, da un lato, la BCE, in violazione del suo dovere di vigilanza globale di cui all’articolo 6, paragrafo 5, lettera c), del regolamento n. 1024/2013, non aveva impedito alla MFSA di effettuare de facto una revoca dell’autorizzazione della ricorrente in assenza di una procedura regolare già adottando le direttive del 21 e del 22 marzo 2018. Queste ultime hanno determinato, in primo luogo, la revoca o la sospensione dei diritti di voto, in secondo luogo, una moratoria relativa all’autorizzazione delle operazioni bancarie e, in terzo luogo, la nomina della persona competente. Dall’altro lato, la BCE si sarebbe limitata a confermare tali direttive nella sua decisione controversa.

    96.

    A sostegno di tale motivo, la ricorrente afferma, sostanzialmente, che il Tribunale ha travisato la natura e gli effetti giuridici del meccanismo di vigilanza unico, rifiutando di attribuire alla BCE la responsabilità generale del funzionamento dello stesso, compreso degli atti delle autorità nazionali competenti. Lo stesso varrebbe per la vigilanza degli enti creditizi meno significativi. A tale riguardo, la ricorrente solleva diverse censure specifiche, in particolare, l’erronea interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 5, e dell’articolo 6, paragrafo 5, lettera c), del regolamento n. 1024/2013, nonché un’interpretazione erronea della nozione di atto preparatorio e del significato della sentenza Berlusconi.

    97.

    Inoltre, in tale contesto la ricorrente lamenta altresì di essere stata privata, nel procedimento amministrativo, di una difesa effettiva per il fatto che la BCE avrebbe inizialmente riconosciuto solo la persona competente come sua rappresentante legale. In particolare, la decisione controversa della BCE non le sarebbe stata correttamente notificata. La BCE avrebbe, in un primo momento, notificato la decisione in questione solo alla persona competente, supponendo che solo questa fosse autorizzata a rappresentare la ricorrente. Quest’ultima avrebbe ricevuto la decisione solo dopo l’espresso consenso della persona competente. Essa sarebbe pertanto illegittima, se non nulla ab origine, già a causa di tale irregolarità formale.

    98.

    Ai punti da 41 a 57 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ritenuto che non vi fosse stata alcuna violazione dell’articolo 14, paragrafo 5, del regolamento n. 1024/2013 e del diritto a una buona amministrazione ai sensi dell’articolo 41 della Carta e ha respinto il primo motivo di ricorso ( 46 ).

    99.

    Esaminerò anzitutto l’asserita violazione del diritto a una buona amministrazione.

    100.

    Contrariamente all’impressione data, la ricorrente non aveva lamentato dinanzi al Tribunale, nell’ambito del primo motivo di ricorso, di essere stata privata di una difesa legale effettiva da parte del suo legale. Ciò era solo oggetto del decimo motivo di ricorso. Nel primo motivo, invece, la ricorrente si era limitata a invocare in modo molto generico una violazione dell’articolo 41 della Carta. Come correttamente sottolineato dalla BCE, essa non aveva neppure lamentato il fatto che la decisione controversa della BCE non le fosse stata correttamente notificata ( 47 ).

    101.

    Tali motivi, sollevati per la prima volta in sede di impugnazione, modificano quindi successivamente l’oggetto della controversia e sono irricevibili ( 48 ); in ogni caso, non sono tali da mettere in discussione la legittimità della valutazione del primo motivo nella sentenza impugnata. Nella misura in cui il Tribunale ha respinto la censura relativa alla violazione del diritto di cui all’articolo 41 della Carta, per la mancanza di argomenti specifici, in quanto incompatibile con l’articolo 21, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, in combinato disposto con l’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura del Tribunale, e irricevibile, non vi può essere alcuna contestazione, in quanto l’atto introduttivo del ricorso si è in realtà limitato a menzionare tale diritto.

    102.

    Tuttavia, ritengo che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto dichiarando che l’eventuale illegittimità delle direttive della MFSA del 21 e del 22 marzo 2018, con le quali la MFSA aveva già revocato de facto l’autorizzazione della ricorrente, eccedendo così le proprie competenze, non avrebbe potuto dare luogo all’illegittimità della decisione controversa della BCE.

    103.

    A mio avviso, il Tribunale è incorso in un errore di diritto ai punti 42 e seguenti della sentenza impugnata, affermando che le direttive controverse non erano atti preparatori rispetto alla proposta, avanzata dalla MFSA, di revoca dell’autorizzazione da parte della BCE. Tale proposta era di per sé un atto preparatorio della decisione controversa della BCE. In altre parole, sia tali direttive che la proposta della MFSA erano atti preparatori, nel procedimento amministrativo in più fasi, i quali miravano, in ultima analisi, alla revoca dell’autorizzazione della ricorrente. Nella misura in cui tali atti non vincolano giuridicamente l’istituzione dell’Unione che assume la decisione, siffatti atti sono parte integrante di un procedimento definito dal diritto dell’Unione, i cui eventuali vizi sono imputabili a tale istituzione e possono essere impugnati solo dinanzi ai giudici dell’Unione ( 49 ) (v. paragrafi da 69 a 73 delle presenti conclusioni).

    104.

    In particolare, l’assunto del Tribunale esposto ai punti 45 e 46 della sentenza impugnata, secondo cui una siffatta direttiva della MFSA «non costituirebbe (…) un atto (…) di proposta non vincolante» ai sensi della sentenza Berlusconi, è errato in diritto e difficilmente comprensibile. Con tale doppia negazione, il Tribunale può solo aver indicato che tali direttive (di natura preparatoria) della MFSA sono giuridicamente vincolanti per la BCE. Da ciò si è dedotto che nella fattispecie non vi fosse la condizione, riconosciuta nella sentenza Berlusconi, dell’assenza di carattere giuridicamente vincolante ai fini della competenza esclusiva dei giudici dell’Unione a esercitare un controllo su siffatte direttive (v. paragrafo 70 delle presenti conclusioni) ( 50 ).

    105.

    Tuttavia, le direttive controverse della MFSA non sono giuridicamente vincolanti per la BCE e devono anzi essere oggetto del suo controllo di legittimità nell’esercizio dei suoi superiori poteri di vigilanza e di decisione. A tale proposito, esse rientrano parimenti nella competenza di controllo dei giudici dell’Unione (v. paragrafi 69 e 70 delle presenti conclusioni).

    106.

    Già l’ampio margine di discrezionalità riconosciuto, in generale, alla BCE ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 5, primo comma, del regolamento n. 1024/2013 per quanto riguarda la sua revoca d’ufficio dell’autorizzazione («può revocare») depone contro la natura giuridicamente vincolante degli atti in questione. Tale discrezionalità è totalmente indipendente da eventuali misure o da una proposta delle autorità nazionali di vigilanza. Neppure dall’articolo 14, paragrafo 5, secondo comma, dello stesso regolamento si evince che la BCE sia vincolata dalla proposta o dalla posizione dell’autorità nazionale, quale può essere espressa anche nelle sue precedenti direttive. La BCE deve solo svolgere il procedimento di revoca dell’autorizzazione e verificare se la revoca sia legittima, in particolare proporzionata, tenendo pienamente conto della giustificazione addotta da tale autorità. Ciò è in linea con l’approccio della BCE nella sua decisione controversa ( 51 ). Tale obbligo di verificare la legittimità e di tenere conto della giustificazione implica che, in caso di insufficiente motivazione o di assenza di base giuridica, la BCE non solo può, ma addirittura deve, respingere la proposta di revoca dell’autorizzazione. Inoltre, la BCE è tenuta a controllare e garantire che l’autorità nazionale competente non adotti o non abbia in precedenza adottato alcuna misura che pregiudichi la propria competenza esclusiva a revocare l’autorizzazione o la propria decisione discrezionale a tale riguardo, anticipandone gli effetti giuridici o incidendo in altro modo sulla stessa.

    107.

    Ciò è in linea con la discrezionalità generale della BCE in materia di iniziativa e di decisione ( 52 ) e con il suo potere di stabilire in una decisione motivata che le autorità nazionali non hanno attuato le opportune azioni necessarie per mantenere la stabilità finanziaria ( 53 ).

    108.

    In virtù del suo generale potere di vigilanza ( 54 ), la BCE è tenuta a vigilare sulle autorità nazionali per quanto concerne l’osservanza delle norme del meccanismo di vigilanza unico ai sensi del regolamento quadro sul MVU, compresa la relativa normativa nazionale. A tal fine, la BCE deve assoggettare le proposte di revoca dell’autorizzazione che le autorità nazionali le sottopongono e le misure preparatorie rispetto ad esse a un controllo completo sotto il profilo del diritto, alla luce, tra l’altro, del principio di proporzionalità e delle garanzie procedurali fondamentali previste dal diritto dell’Unione (v. paragrafi da 69 a 77 delle presenti conclusioni) ( 55 ).

    109.

    Peraltro, il Tribunale non ha valutato se la BCE avesse «ten[uto] pienamente conto» della giustificazione della revoca avanzata dalla MFSA ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 5, secondo comma, del regolamento n. 1024/2013. In particolare, esso non ha esaminato se la BCE avesse esercitato il proprio potere e dovere di controllo in relazione alle violazioni lamentate dalla ricorrente a causa dell’asserita esecuzione de facto di una revoca dell’autorizzazione ancor prima che la BCE adottasse la decisione controversa. Benché la decisione controversa della BCE faccia un breve riferimento alle direttive controverse del 21 e del 22 marzo 2018, che hanno preceduto la proposta della MFSA, la BCE non affronta né respinge le eventuali censure della ricorrente al riguardo ( 56 ).

    110.

    Si può convenire con il Tribunale unicamente nella misura in cui tali poteri e obblighi della BCE non derivino dall’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013, in base al quale, per garantire l’applicazione coerente di standard di vigilanza elevati, la BCE può esercitare direttamente la vigilanza sugli enti creditizi meno significativi ( 57 ). Essi discendono tuttavia dal generale potere di vigilanza di cui all’articolo 4, paragrafo 3, all’articolo 6, paragrafo 1, e all’articolo 9, paragrafo 1, terzo comma, del regolamento n. 1024/2013, nonché dal suo potere speciale di revoca dell’autorizzazione ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 5, secondo comma, del medesimo regolamento (v. paragrafi da 106 a 108 delle presenti conclusioni).

    111.

    Di conseguenza, la prima parte del primo motivo di impugnazione deve essere accolta.

    2. Secondo motivo di impugnazione nella causa C‑256/22 P: erronea interpretazione della nozione di onorabilità ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2013/36

    a) Argomenti della ricorrente

    112.

    Nell’ambito del secondo motivo di impugnazione nella causa C‑256/22 P, la ricorrente asserisce che il Tribunale è incorso in un errore di diritto nella valutazione e nel rigetto del secondo motivo di ricorso. Esso era fondato su una valutazione, erronea in diritto, dell’esistenza di un motivo per la revoca dell’autorizzazione, in particolare su un’errata interpretazione della nozione di onorabilità ( 58 ).

    113.

    A sostegno di tale argomento, la ricorrente afferma, in sostanza e mutatis mutandis, che il Tribunale ha commesso un errore di diritto dichiarando che la nozione di onorabilità non deve necessariamente essere interpretata conformemente all’ordinamento giuridico dell’Unione e che un atto di imputazione in un paese terzo, nella fattispecie gli Stati Uniti, per una condotta asseritamente contraria al diritto penale è sufficiente per la revoca dell’autorizzazione. Ciò varrebbe a maggior ragione in quanto tale condotta riguarda la violazione di norme di carattere sanzionatorio, che non sarebbe punibile in forza del diritto dell’Unione e il cui perseguimento nell’Unione sarebbe bloccato. Ciò risulterebbe dal regolamento (CE) n. 2271/96 del Consiglio del 22 novembre 1996 relativo alla protezione dagli effetti extraterritoriali derivanti dall’applicazione di una normativa adottata da un paese terzo, e dalle azioni su di essa basate o da essa derivanti (in prosieguo: il «regolamento di blocco n. 2271/96») ( 59 ), come interpretato nella sentenza del 21 dicembre 2021, Bank Melli Iran ( 60 ).

    114.

    A tale riguardo, la ricorrente contesta inoltre al Tribunale diversi errori di diritto nell’interpretazione e nella valutazione della nozione di onorabilità, «che necessita di completamento sotto il profilo valoriale». Essa lamenta che il Tribunale abbia ecceduto le proprie competenze, sostituito la sua motivazione (speculativa) a quella della BCE e snaturato gli elementi di prova. Nella sua valutazione il Tribunale avrebbe inoltre violato le garanzie procedurali della ricorrente previste dalla Carta e il suo obbligo di motivazione. Infine, la ricorrente afferma che il Tribunale non ha riconosciuto che l’onorabilità dell’azionista non è rilevante in quanto tale, che non può in ogni caso influire negativamente sulla reputazione dell’ente creditizio, che è soggetta solo a un controllo limitato e che può tutt’al più comportare la sospensione dei diritti di voto in relazione alla gestione dell’ente stesso.

    115.

    Tuttavia, la ricorrente non contesta che l’articolo 14, paragrafo 2, della direttiva 2013/36 conferisca alle autorità competenti il potere di negare l’autorizzazione all’accesso all’attività di un ente creditizio se, tenendo conto della necessità di garantire una gestione sana e prudente dell’ente creditizio, esse non sono soddisfatte dell’idoneità, tra l’altro, degli azionisti. Ciò vale in particolare se non sono soddisfatti i criteri di valutazione stabiliti all’articolo 23, paragrafo 1, della stessa direttiva, compreso il criterio dell’onorabilità. Dal momento che l’articolo 18, lettera c), della direttiva 2013/36 consente, simmetricamente, a tali autorità di revocare l’autorizzazione qualora tali condizioni non siano più soddisfatte, la BCE poteva senza dubbio, ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 5, secondo comma, del regolamento n. 1024/2013, revocare l’autorizzazione della ricorrente a seguito di proposta avanzata in tal senso dalla MFSA, se il suo principale azionista non era (più) in grado di provare in modo soddisfacente alla MFSA o alla BCE il necessario requisito di onorabilità ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 1, lettere a) e b), della medesima direttiva. Ciò è stato correttamente stabilito dal Tribunale ai punti da 67 a 72 della sentenza impugnata.

    116.

    Pertanto, gli argomenti della ricorrente secondo cui l’onorabilità del principale azionista non sarebbe rilevante ai fini della revoca dell’autorizzazione sono inconferenti e devono essere respinti.

    b) Rigetto del Tribunale

    117.

    Il Tribunale ha peraltro motivato, in sostanza, il rigetto del secondo motivo di ricorso, formulato in modo abbastanza sintetico nell’atto introduttivo del ricorso, come segue.

    118.

    In primo luogo, la revoca dell’autorizzazione ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 2, e dell’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2013/36 può essere giustificata dal fatto che gli azionisti o i soci non possiedano (più) l’idoneità richiesta, in particolare a causa della mancanza di onorabilità.

    119.

    In secondo luogo, la nozione di onorabilità sarebbe una nozione giuridica indeterminata che si riferisce all’idoneità di una persona a conformarsi alle norme e alle regole d’uso nonché alla reputazione di cui tale persona gode presso il pubblico quanto a tale idoneità e alla sua condotta, cosicché dipende anche dalla percezione degli altri. Poiché la realizzazione degli obiettivi perseguiti dipende strettamente dalla fiducia del pubblico e degli operatori del mercato bancario nei confronti degli enti creditizi, la perdita di una siffatta fiducia potrebbe comportare una perdita di finanziamento per tali istituti e generare così un rischio non solo per l’ente in questione, ma per il sistema finanziario dell’Unione e di ciascuno Stato membro ( 61 ).

    120.

    In terzo luogo, i dubbi espressi nella decisione controversa della BCE riguardo all’onorabilità e all’idoneità del principale azionista a causa dell’imputazione a suo carico sarebbero idonei a far sorgere dubbi anche riguardo al carattere sano e prudente della gestione della ricorrente. La conseguente percezione negativa dell’onorabilità da parte del pubblico e dei clienti nonché dei partner, a condizione che sia dimostrata sulla base di elementi concreti, potrebbe giustificare la revoca dell’autorizzazione dell’ente creditizio interessato, se ed in quanto sia idonea a creare i suddetti rischi ( 62 ).

    121.

    In quarto luogo, secondo il Tribunale, è dimostrato, o non contestato, che tale imputazione abbia avuto, tra l’altro, un’incidenza negativa sulla valutazione del profilo di rischio stabilito da un’agenzia di rating del settore bancario maltese nel suo complesso. Essa avrebbe inoltre comportato il ritiro di depositi e la cessazione dei corrispondenti rapporti bancari nonché la risoluzione dei contratti dei principali mutuatari della ricorrente e, di conseguenza, la situazione della stessa si sarebbe notevolmente deteriorata. La BCE si sarebbe basata su una serie di elementi e di effetti negativi che si sono concatenati dopo l’atto di imputazione di cui trattasi e che hanno rivelato, su una base oggettiva, la percezione negativa, da parte dei clienti, dell’onorabilità del suo principale azionista e della ricorrente nonché la loro mancanza di fiducia in questi ultimi. Ciò avrebbe generato un rischio per la ricorrente e per il sistema finanziario all’interno dell’Unione e di ciascuno Stato membro ( 63 ).

    122.

    In quinto luogo, alla luce degli effetti negativi concreti per la ricorrente e per il settore bancario maltese che si erano già manifestati, sarebbe irrilevante che la BCE non abbia tenuto conto del fatto che l’atto di imputazione riguardava violazioni delle norme relative alle sanzioni statunitensi nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran, mentre la condotta contestata avrebbe potuto non essere illegale o avere «natura esclusivamente tecnica» sotto il profilo del diritto dell’Unione. La BCE non avrebbe dovuto prendere in considerazione la fondatezza dell’accusa contenuta nell’atto di imputazione, bensì soltanto le conseguenze di detta imputazione sulla reputazione del principale azionista, sulla situazione della ricorrente e sul mercato bancario nel suo insieme ( 64 ).

    123.

    Mi soffermerò anzitutto sull’interpretazione dell’articolo 23, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva 2013/36 e della nozione giuridica indeterminata di onorabilità, per la prima volta oggetto della giurisprudenza della Corte [sub c)]. Esaminerò quindi se il Tribunale, senza commettere errori di diritto, abbia ritenuto soddisfatte le condizioni di tale nozione giuridica, conformemente alla motivazione della decisione controversa della BCE [sub d)]. Infine, affronterò la principale obiezione della ricorrente, secondo cui il regolamento di blocco n. 2271/96 non consentirebbe né alla BCE né al Tribunale di utilizzare l’imputazione nei confronti del principale azionista negli Stati Uniti per giustificare la mancanza di onorabilità e la revoca della sua autorizzazione [sub e)].

    c) Nozione di onorabilità di cui all’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2013/36

    124.

    Come rilevato al punto 73 della sentenza impugnata, la nozione di onorabilità di cui all’articolo 23, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva 2013/36 è una nozione giuridica indeterminata che tale direttiva non definisce nel dettaglio.

    125.

    Conformemente al principio enunciato al punto 74 della sentenza impugnata, l’interpretazione di una disposizione del diritto dell’Unione richiede di tener conto non soltanto della sua formulazione, ma anche del contesto in cui essa si inserisce nonché degli obiettivi e della finalità che l’atto di cui essa fa parte persegue ( 65 ).

    126.

    Dall’esame delle diverse versioni linguistiche emerge ( 66 ) che la nozione di «onorabilità», secondo il suo significato letterale, indica l’onorabilità della persona interessata solo nelle versioni in lingua francese e italiana ( 67 ) e l’idoneità della persona interessata solo nella versione in lingua portoghese ( 68 ), vale a dire una qualità effettiva che può esprimersi anche nella sua condotta (lecita o illecita). Tuttavia, in tutte le altre versioni linguistiche, come giustamente rilevato dal Tribunale ai punti 76 e 77 della sentenza impugnata, tale nozione comprende la reputazione o la fama ( 69 ) di tale persona, vale a dire la percezione delle sue qualità o della sua condotta da parte del pubblico o degli altri.

    127.

    Anche alla luce degli obiettivi e del contesto normativo del meccanismo di vigilanza unico nonché del funzionamento dei mercati finanziari e bancari in questione, le qualità effettive (oggettive) della persona di cui trattasi sono meno rilevanti. L’attenzione si concentra piuttosto sulla percezione (soggettiva) che il pubblico, in particolare gli operatori di mercato, hanno di tali qualità e del comportamento di tale persona. La fiducia generale nei requisiti di idoneità, conoscenze, competenze, esperienza, integrità, affidabilità e solidità finanziaria ( 70 ) degli enti creditizi, il cui merito di credito è soggetto a un controllo costante da parte delle agenzie di rating, e delle persone che ne determinano l’attività è una condizione essenziale per il corretto funzionamento, la tutela e la stabilità dei mercati finanziari e dei capitali. Tali mercati sono infatti molto volatili, come emerge chiaramente dai mercati azionari e obbligazionari. Essi reagiscono anche alle dichiarazioni pubbliche o alle voci.

    128.

    La nozione di onorabilità si riferisce quindi alla (buona) reputazione dell’ente creditizio nonché dei suoi azionisti e soci agli occhi dei terzi, come gli altri operatori del mercato, in particolare i creditori e i clienti. Se la loro fiducia in tale ente creditizio o nelle persone che agiscono per conto dello stesso viene meno o è gravemente compromessa, ciò comporta le immediate reazioni degli operatori del mercato. Esse hanno un impatto negativo sulle operazioni finanziarie con tale ente creditizio, comportano perdite finanziarie e possono ripercuotersi sul funzionamento e sulla stabilità del mercato finanziario nel suo insieme ( 71 ).

    129.

    Come correttamente affermato in più occasioni ai punti 67 e seguenti della sentenza impugnata, le norme del meccanismo di vigilanza unico, in particolare l’articolo 14, paragrafo 2, della direttiva 2013/36, mirano a proteggere i mercati finanziari proprio da tali rischi, assicurando, «tenendo conto della necessità di garantire una gestione sana e prudente di tale ente, (…) [l’]idoneità degli azionisti o soci» e il soddisfacimento dei criteri di valutazione stabiliti all’articolo 23, paragrafo 1, di detta direttiva.

    130.

    La nozione di onorabilità non presuppone, pertanto, che la percezione degli operatori del mercato coincida con le qualità effettive della persona interessata, né tanto meno che siano dimostrati determinati comportamenti della stessa. Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la BCE o il Tribunale non erano tenuti, in particolare, a provare che la persona interessata avesse commesso un reato e che potesse essere perseguita penalmente all’interno dell’Unione (v. al riguardo, più in dettaglio, paragrafi 135 e seguenti, e 142 e seguenti, delle presenti conclusioni). Inoltre, ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2013/36, è sufficiente constatare l’esistenza di motivi ragionevoli per sospettare che sia stato commesso, abbia avuto luogo un tentativo o sia aumentato il rischio di commissione di un reato connesso al riciclaggio di proventi di attività illecite o al finanziamento del terrorismo ai sensi dell’articolo 1 della direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo ( 72 ).

    131.

    Il Tribunale non ha pertanto commesso un errore di diritto dichiarando ( 73 ) che l’imputazione del principale azionista rimette direttamente in discussione la reputazione di quest’ultimo agli occhi del pubblico, malgrado l’assenza di una condanna definitiva.

    132.

    Tuttavia, come illustrato più dettagliatamente ai paragrafi 135 e seguenti, spetta alla BCE e al Tribunale assicurarsi che le accuse non siano manifestamente infondate o abbiano carattere abusivo.

    133.

    Il Tribunale ha quindi potuto stabilire, ai punti da 71 a 119 della sentenza impugnata, la legittimità del ragionamento esposto a tale proposito nella decisione controversa della BCE ( 74 ). Lo stesso non è incorso in un errore di diritto concludendo che il rischio per la stabilità del sistema finanziario all’interno dell’Unione e degli Stati membri derivante dal danno alla reputazione del principale azionista era sufficiente a giustificare la revoca dell’autorizzazione della ricorrente.

    134.

    Resta da valutare quali requisiti procedurali e quale livello probatorio debbano essere applicati per dimostrare la mancanza di onorabilità e il rischio che ne deriva e se essi siano stati soddisfatti nel caso di specie. Come illustrerò in prosieguo, non solo ciò si verifica nella fattispecie, ma la BCE ha persino dimostrato – e il Tribunale l’ha confermato senza commettere errori di diritto – che il rischio in questione si è effettivamente concretizzato.

    d) Requisiti procedurali e probatori per dimostrare la mancanza di onorabilità e il rischio che ne deriva

    135.

    In base al dovere generale di diligenza e di indagine, sul quale si fonda altresì il diritto ad una buona amministrazione di cui all’articolo 41 della Carta ( 75 ), la BCE, quando applica nozioni giuridiche indeterminate che le conferiscono un ampio potere discrezionale nell’adottare una decisione pregiudizievole per la persona interessata, è tenuta ad esaminare, con cura e imparzialità, tutti gli elementi della situazione in questione che siano pertinenti ai fini di tale decisione ( 76 ).

    136.

    Al punto 73 della sentenza impugnata, il Tribunale non incorre in un errore di diritto ritenendo che le autorità competenti e la BCE, nel valutare se la nozione indeterminata di onorabilità di cui all’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2013/36 sia soddisfatta, debbano tenere conto di tutti i fatti rilevanti, delle ragioni sottese a tale nozione e degli obiettivi che quest’ultima mira a garantire. Ciò è altresì conforme alle disposizioni degli orientamenti comuni, che possono essere tutt’al più indirettamente vincolanti per la BCE ( 77 ). Ai punti 10.9, 10.13 e 10.16 essi dispongono che per tale valutazione sono prese in considerazione tutte le informazioni pertinenti e disponibili provenienti da fonti credibili e affidabili e che si procede a una valutazione caso per caso ( 78 ). Inoltre, al punto 119 di tale sentenza, il Tribunale richiede giustamente alla BCE di prendere in considerazione qualsiasi elemento presentato che possa dimostrare l’irrilevanza di eventuali imputazioni ai fini della reputazione o della gestione dell’ente interessato e che potrebbero derivare, eventualmente, dal carattere abusivo o manifestamente infondato di siffatte imputazioni.

    137.

    A tale proposito, il Tribunale ha tenuto conto, ai punti da 81 a 85 della sentenza impugnata, del fatto che la BCE ha basato la sua decisione controversa su un comunicato stampa pubblicato il 19 marzo 2018 dal Ministero della Giustizia degli Stati Uniti, secondo cui, il principale azionista era stato arrestato a causa della sua presunta partecipazione a un sistema mediante il quale circa USD 115 milioni, destinati a finanziare un complesso residenziale in Venezuela, sarebbero stati distratti a vantaggio di persone e imprese iraniane. L’atto di imputazione del procuratore degli Stati Uniti per il distretto sud di New York aveva attirato una forte attenzione dei media internazionali e aveva dato luogo ad articoli di stampa negativi sulla ricorrente, il che avrebbe avuto l’effetto di suscitare seri dubbi quanto all’integrità del suo principale azionista e di compromettere seriamente la sua reputazione ( 79 ). Nessun elemento indica che tali accuse abbiano carattere abusivo o siano manifestamente infondate.

    138.

    Il Tribunale ha inoltre valutato, ai punti da 91 a 94 e da 100 a 115 della sentenza impugnata, i fatti e gli elementi di prova addotti dalla BCE e non contestati dalla ricorrente, i quali dimostravano che tale procedimento penale aveva avuto un impatto sulla reputazione della stessa ricorrente e aveva condotto a una percezione negativa del mercato. Ciò sarebbe dimostrato, in primo luogo, dal numero significativo di richieste di ritiro dei depositi a seguito dell’avvio dell’azione penale, che rappresentano oltre il 40% dell’importo totale dei depositi iscritti nel bilancio della ricorrente; in secondo luogo, dalla cessazione dei corrispondenti rapporti bancari; in terzo luogo, dal declassamento del profilo di rischio, da parte di un’agenzia di rating, del settore bancario maltese nel suo complesso, il che emergerebbe dai riferimenti a tale azione penale, tra gli altri, nel rapporto di valutazione di tale agenzia; in quarto luogo, da una lettera del principale mutuatario della ricorrente, che chiedeva l’estinzione anticipata del suo prestito, il quale rappresentava il 90% dei contratti di prestito di detta ricorrente ed era quindi la principale fonte di reddito di quest’ultima, e, in quinto luogo, dal fatto che, del restante 10% di contratti di prestito, pari a cinque prestiti, tre mutuatari non onoravano più i pagamenti del capitale e degli interessi, mentre gli altri due avevano chiesto l’estinzione anticipata del loro prestito ( 80 ).

    139.

    Senza commettere errori di diritto il Tribunale ha potuto concludere da tali circostanze che l’imputazione aveva danneggiato la reputazione del principale azionista e quella della ricorrente e aveva comportato una serie di effetti negativi non solo per la stessa ricorrente, in particolare sotto forma di difficoltà di capitalizzazione e di liquidità, ma anche per il settore bancario maltese e per la stabilità del sistema finanziario dell’Unione nel suo insieme. Il rischio menzionato ai paragrafi da 128 a 134 delle presenti conclusioni si era dunque effettivamente concretizzato.

    140.

    Al punto 112 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dunque correttamente ritenuto che la BCE si sia basata su una serie di elementi e di effetti negativi. Essi si sono concatenati in seguito all’atto di imputazione di cui trattasi e hanno rivelato, su una base oggettiva, la percezione negativa, da parte dei clienti, dell’onorabilità del principale azionista e della ricorrente e la loro perdita di fiducia in quest’ultima. Ciò ha generato un rischio per la ricorrente e per il sistema finanziario all’interno dell’Unione e di ciascuno Stato membro.

    141.

    Le censure con cui la ricorrente sostiene che il Tribunale ha interpretato o applicato in modo erroneo la nozione di onorabilità, ha ecceduto le proprie competenze, si è impropriamente sostituito alla BCE, ha snaturato gli elementi di prova o non ha fornito una motivazione sufficiente nella sua sentenza devono pertanto essere respinte in quanto infondate.

    e) Rilevanza del regolamento di blocco n. 2271/96

    142.

    La ricorrente sostiene, in sostanza, che il Tribunale non poteva concludere che era stato arrecato pregiudizio all’onorabilità della stessa e constatare il rischio che ne derivava. L’imputazione del suo principale azionista si baserebbe su infrazioni non punibili all’interno dell’Unione europea. Inoltre, il regolamento di blocco n. 2271/96, in particolare l’articolo 4 dello stesso ( 81 ), proteggerebbe l’interessato anche da azioni penali all’interno dell’Unione.

    143.

    Il Tribunale, ai punti da 116 a 119 della sentenza impugnata, alla luce degli effetti negativi concreti per la ricorrente e per il settore bancario maltese che si erano già manifestati, non ha contestato alla BCE di non aver tenuto conto, tra l’altro, della rilevanza del regolamento di blocco n. 2271/96. Il fatto che l’atto di imputazione riguardasse violazioni delle norme relative alle sanzioni statunitensi nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran, mentre la condotta contestata potrebbe non essere illegale sotto il profilo del diritto dell’Unione, o il fatto che si trattasse di «violazioni esclusivamente tecniche» sulle quali potevano sussistere dubbi, non era, secondo il Tribunale, rilevante. Infatti, anche supponendo che tale condotta non fosse illecita in forza del diritto statunitense o del diritto dell’Unione, l’elemento più importante che la BCE avrebbe dovuto prendere in considerazione non era la fondatezza dell’accusa contenuta nell’atto di imputazione di cui trattasi, bensì soltanto, le conseguenze di detta imputazione sulla reputazione del principale azionista, sulla situazione della ricorrente e sul mercato bancario nel suo insieme.

    144.

    Non ravviso alcun errore di diritto nella risposta del Tribunale alla censura avanzata in primo grado dalla ricorrente.

    145.

    La circostanza che la BCE non avesse tenuto conto del fatto che l’accusa di aver tenuto una condotta penalmente rilevante, in forza del regolamento di blocco n. 2271/96, avrebbe potuto non essere punibile all’interno dell’Unione o, in ogni caso, non avrebbe potuto essere penalmente perseguibile ( 82 ) non sarebbe tale da mettere in discussione la conclusione raggiunta ai paragrafi da 135 a 141 delle presenti conclusioni. In base ad essa, il rischio derivante dal pregiudizio all’onorabilità della ricorrente si è effettivamente concretizzato. Ciò è del tutto indipendente dalla questione se la condotta contestata al suo principale azionista fosse o non fosse effettivamente punibile all’interno dell’Unione. Come ha affermato il Tribunale senza incorrere in errori di diritto e come sostiene anche la Commissione, la BCE era solo tenuta a valutare se tali accuse fossero idonee a provocare conseguenze negative per la ricorrente e per i mercati finanziari e non se esse fossero state effettivamente dimostrate o potessero essere oggetto di un’azione penale all’interno dell’Unione.

    146.

    Ciò è dimostrato anche dall’ipotesi inversa: la MFSA e la BCE non potevano ignorare il rischio sorto e già concretizzato e consentire alla ricorrente di mantenere l’autorizzazione a proseguire la sua attività di ente creditizio semplicemente perché la condotta contestata al suo principale azionista poteva non essere punibile o perseguibile all’interno dell’Unione. Ciò avrebbe implicato che tali autorità, consapevolmente e in violazione del loro dovere prudenziale di intervenire preventivamente, avrebbero dovuto permettere una perturbazione significativa dei mercati finanziari o un deterioramento degli stessi.

    147.

    Infine, occorre rilevare che nell’ambito di un procedimento di revoca dell’autorizzazione di un ente creditizio non rilevano né l’ambito di applicazione né la finalità di tutela del regolamento di blocco n. 2271/96. Tale regolamento si prefigge di proteggere gli operatori del mercato unicamente da azioni penali da parte di giudici o autorità di paesi terzi o da richieste di risarcimento del danno in caso di violazione di talune norme sanzionatorie straniere applicabili a livello extraterritoriale negli scambi internazionali o nei movimenti di capitali ( 83 ), ma non dal fatto che il comportamento in questione e i suoi effetti siano presi in considerazione per valutare l’idoneità, l’integrità, l’affidabilità e la reputazione degli stessi ai fini dell’esercizio dell’attività di ente creditizio.

    148.

    Anche la censura in questione deve pertanto essere respinta in quanto infondata.

    149.

    Il secondo motivo di impugnazione nella causa C‑256/22 P è quindi infondato nella sua interezza.

    3. Terzo motivo di impugnazione nella causa C‑256/22 P: errore di diritto del Tribunale, in particolare carattere sproporzionato della revoca dell’autorizzazione

    150.

    Con il terzo motivo di impugnazione nella causa C‑256/22 P, la ricorrente fa valere diversi errori di diritto commessi dal Tribunale, tra l’altro, nella valutazione della proporzionalità dell’azione della BCE, che in parte riproducono o modificano le censure dedotte nell’ambito degli altri due motivi. Il fatto che la BCE non abbia accettato una prima proposta di revoca dell’autorizzazione da parte della MFSA dimostrerebbe che le sue precedenti direttive dirette alla chiusura della banca non erano giustificate. Tale revoca dell’autorizzazione sarebbe stata sproporzionata in quanto la banca aveva già cessato la propria attività ed essa era intervenuta prima della conclusione del procedimento penale svoltosi negli Stati Uniti. Inoltre, nella sua seconda proposta, la MFSA avrebbe ritirato le accuse (non veritiere) di difficoltà finanziarie senza procedere a una nuova valutazione della proporzionalità.

    151.

    Da tale affermazione non sono in grado di desumere, con la chiarezza e la precisione necessarie, né il contenuto di tali censure né la motivazione della sentenza impugnata a cui esse si riferiscono, asseritamente viziata da errore di diritto. Ritengo pertanto che tale motivo sia irricevibile ( 84 ) e, in ogni caso, non sia idoneo a dimostrare che la sentenza di cui trattasi sia viziata da errore di diritto.

    152.

    Il terzo motivo di impugnazione nella causa C‑256/22 P deve pertanto essere respinto.

    4. Primo motivo di impugnazione nella causa C‑750/21 P: altre censure

    153.

    Con le altre censure del primo motivo di impugnazione nella causa C‑750/21 P, la ricorrente contesta le conclusioni del Tribunale ai punti da 33 a 51 dell’ordinanza impugnata in risposta al primo motivo di ricorso. Con tali censure essa aveva sostenuto che la BCE aveva commesso un errore di diritto dichiarando di non essere competente a impartire istruzioni alla MFSA o ad esercitare una vigilanza prudenziale diretta a causa della revoca dell’autorizzazione e della conseguente mancanza di status di ente creditizio in capo alla ricorrente.

    154.

    A sostegno di ciò, la ricorrente afferma, in sostanza, che il Tribunale ha commesso diversi errori di diritto nell’applicazione dei regolamenti n. 1024/2013 e n. 575/2013 nonché della direttiva 2013/36. Il Tribunale sarebbe infatti incorso in un errore di diritto ritenendo che lo status di «ente creditizio» presupponga che esso sia (obbligatoriamente) in possesso di un’autorizzazione ad operare come tale.

    155.

    Nell’ordinanza controversa, il Tribunale ha anzitutto dichiarato a tale riguardo che la competenza della BCE si estende solo agli «enti creditizi» e alle loro attività ai sensi dell’articolo 2, punto 3, del regolamento n. 1024/2013, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 1, punto 1, del regolamento n. 575/2013 ( 85 ). In secondo luogo, esso ha ritenuto che l’accesso all’attività di ente creditizio ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, del regolamento n. 1024/2013, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 1, punto 42, del regolamento n. 575/2013, richieda un’autorizzazione in tal senso e che, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2013/36, gli Stati membri debbano vietare alle persone o imprese che non sono enti creditizi di svolgere tale attività ( 86 ). In terzo luogo, il Tribunale ne ha dedotto che l’ex titolare di un’autorizzazione che gli è stata revocata ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 5, del regolamento n. 1024/2013 non esercita più tale attività e non può più essere considerato un «ente creditizio», cosicché le norme di cui all’articolo 4, paragrafo 1, di tale regolamento, che stabiliscono la competenza della BCE nei confronti di siffatti enti, non si applicano più ( 87 ). Pertanto, la BCE sarebbe stata manifestamente incompetente nei confronti della ricorrente il 13 novembre o il 20 dicembre 2018, a causa della revoca dell’autorizzazione già avvenuta il 2 novembre 2018. Essa lo avrebbe correttamente comunicato nel suo messaggio di posta elettronica controverso ( 88 ).

    156.

    Ritengo che tale ragionamento del Tribunale sia formalistico ed errato in diritto.

    157.

    In effetti, dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1024/2013, risulta chiaramente che la BCE è competente sia a «rilasciare (...) l’autorizzazione agli enti creditizi» sia a «revocare l’autorizzazione agli enti creditizi». Tuttavia, la competenza a rilasciare l’autorizzazione implica necessariamente che la BCE debba esaminare una domanda presentata da una persona fisica o giuridica che non è ancora un ente creditizio ma intende diventarlo in forza dell’autorizzazione. Inoltre, per quanto riguarda la competenza ratione temporis della BCE in relazione alla revoca dell’autorizzazione, occorre tener conto del fatto che una siffatta revoca, qualora si riveli errata in diritto, deve poter essere successivamente ritirata o dalla BCE, in quanto actus contrarius, di sua iniziativa oppure, sulla base di un ricorso di annullamento proposto dalla banca interessata ai sensi dell’articolo 263 TFUE, tale revoca potrebbe essere eliminata, con effetti retroattivi, dall’ordinamento giuridico dell’Unione con una sentenza di annullamento ai sensi dell’articolo 264, paragrafo 1, TFUE. La BCE diventa quindi nuovamente competente (anche con effetti retroattivi) ed è tenuta a prendere i provvedimenti di esecuzione richiesti dall’articolo 266, paragrafo 1, TFUE.

    158.

    Le disposizioni invocate dal Tribunale non possono giustificare una diversa valutazione, poiché si limitano a definire la nozione di «ente creditizio» e la sua attività. Peraltro, parrebbe arbitrario ritenere cessata la competenza della BCE a partire dall’adozione di una decisione di revoca di un’autorizzazione senza che almeno si sia atteso il carattere definitivo o l’autorità di cosa giudicata di tale decisione dopo la scadenza del termine per il ricorso di cui all’articolo 263, paragrafo 6, TFUE. In ogni caso, tale termine non era ancora scaduto né il 13 novembre né il 20 dicembre 2018, quando la BCE ha risposto con messaggio di posta elettronica alla richiesta della ricorrente.

    159.

    Di conseguenza, il 20 dicembre 2018, la BCE era ancora competente nei confronti della ricorrente ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1024/2013. Il Tribunale ha quindi commesso un errore di diritto affermando che la BCE era manifestamente incompetente e che il primo motivo di ricorso doveva per tale motivo essere respinto in quanto manifestamente infondato in diritto.

    160.

    Ne consegue che il primo motivo di impugnazione deve essere accolto, senza che sia necessario esaminare singolarmente tutte le censure della ricorrente.

    161.

    Ciononostante, il dispositivo della decisione impugnata, in base a cui il ricorso è respinto, non può essere contestato. Infatti, il messaggio di posta elettronica controverso non costituisce un atto che può essere impugnato autonomamente né risulta ( 89 ) che la BCE disponga, in base al regolamento n. 1024/2013, di una competenza o di un obbligo specifici di impartire le istruzioni richieste dalla ricorrente prima o dopo la revoca dell’autorizzazione (v. paragrafi da 88 a 93 delle presenti conclusioni).

    162.

    Propongo pertanto alla Corte, analogamente all’approccio seguito dalla stessa nell’ordinanza del 4 febbraio 2021, Pilatus Bank/BCE ( 90 ), di sostituire la motivazione dell’ordinanza impugnata a tale riguardo e di respingere il primo motivo di impugnazione nella causa C‑750/21 P.

    5. Conclusione intermedia e spese

    a) Causa C‑750/21 P

    163.

    Nella causa C‑750/21 P, l’impugnazione deve essere respinta.

    164.

    Di conseguenza, occorre statuire sulle spese conformemente all’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura.

    165.

    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, reso applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, dello stesso, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la BCE ne ha fatto domanda, la ricorrente deve essere condannata alle spese del procedimento di impugnazione.

    b) Causa C‑256/22 P

    166.

    Nella causa C‑256/22 P, la prima parte del primo motivo di impugnazione deve essere accolta.

    167.

    Lo stesso vale per il quarto motivo di impugnazione, nei limiti in cui il Tribunale ha commesso un errore di diritto nella valutazione e nel rigetto della seconda parte del decimo motivo di ricorso, relativo alla violazione dei diritti della difesa, in base al fatto che, durante il procedimento amministrativo, la ricorrente non aveva avuto accesso a documenti e informazioni presenti nel suo sistema informatico né ai suoi fondi per pagare gli onorari del legale.

    168.

    L’impugnazione è al riguardo fondata e la sentenza impugnata che respinge il ricorso nella sua interezza deve essere annullata.

    169.

    Tuttavia, poiché lo stato degli atti non consente di statuire sulla controversia, la causa deve essere rinviata al Tribunale ai sensi dell’articolo 61 dello Statuto della Corte di giustizia. Occorre pertanto riservare le spese a tale riguardo.

    170.

    Per quanto riguarda il quarto motivo di impugnazione, ciò deriva dal fatto che il Tribunale non ha valutato se le direttive controverse della MFSA fossero effettivamente tali da comportare la revoca de facto dell’autorizzazione della ricorrente, come asserito da quest’ultima, e una correlata anticipazione o compromissione della valutazione discrezionale finale della BCE nella sua decisione controversa. Esso non ha neppure esaminato se la BCE, a sua volta, avesse valutato o avrebbe dovuto valutare un argomento dedotto in tal senso dalla ricorrente nel corso del procedimento amministrativo, nella misura in cui esso sia stato effettivamente dedotto.

    171.

    Per quanto riguarda il primo motivo di impugnazione, inoltre, il Tribunale non ha esaminato se il mancato o limitato accesso della ricorrente o del suo legale ai documenti e alle informazioni presenti nel suo sistema informatico e ai suoi fondi per pagare gli onorari del legale fosse effettivamente tale da violare i diritti della difesa della stessa ricorrente, in quanto quest’ultima avrebbe potuto altrimenti difendersi in modo più efficace e il procedimento amministrativo avrebbe potuto quindi sortire un esito differente ( 91 ).

    VI. Conclusione

    A.   Causa C‑750/21 P

    172.

    Nella causa C‑750/21 P, propongo alla Corte di statuire come segue:

    1.

    L’impugnazione è respinta.

    2.

    La Pilatus Bank plc è condannata alle spese del procedimento di impugnazione.

    B.   Causa C‑256/22 P

    173.

    Nella causa C‑256/22 P, propongo alla Corte di statuire come segue:

    1.

    La sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 2 febbraio 2022, Pilatus Bank e Pilatus Holding/BCE (T‑27/19; EU:T:2022:46) è annullata.

    2.

    La causa è rinviata al Tribunale dell’Unione europea.

    3.

    Le spese sono riservate.


    ( 1 ) Lingua originale: il tedesco.

    ( 2 ) Articolo 2, paragrafo 9, del regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi (GU 2013, L 287, pag. 63).

    ( 3 ) GU 2013, L 176, pag. 338.

    ( 4 ) GU 2013, L 176, pag. 1.

    ( 5 ) GU 2013, L 176, pag. 1.

    ( 6 ) GU 2014, L 141, pag. 1.

    ( 7 ) GU 2013, L 176, pag. 338.

    ( 8 ) GU 2005, L 309, pag. 15.

    ( 9 ) Ordinanza del 10 luglio 2019, Pilatus Bank/BCE (T‑687/18, non pubblicata, EU:T:2019:542).

    ( 10 ) Ordinanza del 4 febbraio 2021, Pilatus Bank/BCE (C‑701/19 P, non pubblicata, EU:C:2021:99).

    ( 11 ) Tale decisione è oggetto del procedimento di impugnazione C‑256/22 P.

    ( 12 ) Tale messaggio di posta elettronica è oggetto del procedimento di impugnazione C‑750/21 P.

    ( 13 ) Punti da 41 a 56 della sentenza impugnata.

    ( 14 ) Causa C‑219/17, EU:C:2018:1023, punto 44.

    ( 15 ) Punti da 67 a 134 della sentenza impugnata.

    ( 16 ) Punti da 135 a 148 della sentenza impugnata.

    ( 17 ) Punti da 149 a 269 della sentenza impugnata.

    ( 18 ) Punti da 239 a 241 della sentenza impugnata.

    ( 19 ) Punti da 242 a 252 della sentenza impugnata.

    ( 20 ) Ordinanza del 10 luglio 2019, Pilatus Bank/BCE (T‑687/18, non pubblicata, EU:T:2019:542).

    ( 21 ) Ordinanza del 4 febbraio 2021, Pilatus Bank/BCE (C‑701/19 P, non pubblicata, EU:C:2021:99).

    ( 22 ) V. gli analoghi fatti all’origine della sentenza del 15 settembre 2022, PNB Banka/BCE (C‑326/21 P, non pubblicata, EU:C:2022:693), e dell’ordinanza definitiva dell’8 novembre 2021, Satabank/BCE (T‑494/20, non pubblicata, EU:T:2021:797).

    ( 23 ) Cause C‑663/17 P, C‑665/17 P e C‑669/17 P, EU:C:2019:923, punti 54 e segg.

    ( 24 ) V. altresì gli analoghi fatti all’origine della sentenza del 15 settembre 2022, PNB Banka/BCE (C‑326/21 P, non pubblicata, EU:C:2022:693), e dell’ordinanza definitiva dell’8 novembre 2021, Satabank/BCE (T‑494/20, non pubblicata, EU:T:2021:797).

    ( 25 ) Sentenza del 19 dicembre 2018, Berlusconi e Fininvest (C‑219/17, EU:C:2018:1023, punti 42 e segg.).

    ( 26 ) Sentenza del 19 dicembre 2018, Berlusconi e Fininvest (C‑219/17, EU:C:2018:1023, punti 42 e segg.). Un’esposizione dettagliata della questione di fondo è contenuta nelle conclusioni dell’avvocato generale Campos Sánchez-Bordona nella causa Berlusconi e Fininvest (C‑219/17, EU:C:2018:502, paragrafo 57 e segg., con altri riferimenti).

    ( 27 ) Sentenza del 19 dicembre 2018, Berlusconi e Fininvest (C‑219/17, EU:C:2018:1023, punti da 42 a 44, 4950).

    ( 28 ) V. sentenze del 10 settembre 2013, G. e R. (C‑383/13 PPU, EU:C:2013:533, punto 35); del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses (C‑419/14, EU:C:2015:832, punti 66 e segg.); del 26 luglio 2017, Sacko (C‑348/16, EU:C:2017:591, punto 33); del 9 novembre 2017, Ispas (C‑298/16, EU:C:2017:843, punti 26 e segg.), e del 13 settembre 2018, UBS Europe e a. (C‑358/16, EU:C:2018:715, punti 59 e segg.). Dalla sentenza del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses (C‑419/14, EU:C:2015:832, punti 8384) risulta, inoltre, che le autorità nazionali alle quali non si applica l’articolo 41 della Carta devono rispettare i diritti della difesa in quanto principi giuridici generali del diritto dell’Unione.

    ( 29 ) Sentenza del 19 dicembre 2018, Berlusconi e Fininvest (C‑219/17, EU:C:2018:1023, punti 47 e segg., in particolare punto 49).

    ( 30 ) L’avvocato generale Campos Sánchez-Bordona, nelle sue conclusioni nella causa Berlusconi e Fininvest (C‑219/17, EU:C:2018:502, paragrafo 112), ha analogamente chiesto che, al fine di tutelare il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, i giudici dell’Unione precisino se gli atti preparatori dell’autorità nazionale, il cui contenuto sia stato successivamente assunto dalla BCE, siano affetti da vizi di nullità tali da aver irrimediabilmente viziato l’intero procedimento.

    ( 31 ) Giurisprudenza costante a partire dalla sentenza dell’11 novembre 1981, IBM/Commissione (60/81, EU:C:1981:264, punto 12); v. solo sentenza del 22 aprile 2021, thyssenkrupp Electrical Steel e thyssenkrupp Electrical Steel Ugo/Commissione (C‑572/18 P, EU:C:2021:317, punto 50).

    ( 32 ) V. sentenze del 6 dicembre 1994, Lisrestal e a./Commissione (T‑450/93, EU:T:1994:290, punti da 49 a 51), e del 19 giugno 1997, Air Inter/Commissione (T‑260/94, EU:T:1997:89, punto 65). V. altresì sentenza del 24 ottobre 1996, Commissione/Lisrestal e a. (C‑32/95 P, EU:C:1996:402, punti 28 e segg.). Particolarmente chiara per quanto riguarda un procedimento in più fasi di attuazione del codice doganale, sentenza del 9 novembre 1995, France-Aviation/Commissione (T‑346/94, EU:T:1995:187, punto 30): «(...) il diritto della ricorrente ad essere sentita in un [siffatto] procedimento (...) va realmente garantito, innanzi tutto, nell’ambito dei rapporti fra l’interessato e l’amministrazione nazionale. Infatti, il regolamento n. 2454/93 si limita a prevedere contatti, da un lato, tra l’interessato e l’amministrazione e, dall’altro, tra quest’ultima e la Commissione. Benché tale normativa non preveda contatti diretti tra i servizi della Commissione e l’interessato, ciò non significa necessariamente che la Commissione possa accontentarsi, ogni qual volta deve esaminare domande di rimborso, dei dati comunicatile dall’amministrazione nazionale. Va ricordato in proposito che l’art[icolo] 905, [paragrafo] 2, del regolamento n. 2454/93 prevede che la Commissione può chiedere allo Stato membro interessato di comunicarle elementi d’informazione supplementari. Va esaminato pertanto se, nel caso di specie, una siffatta richiesta di informazioni costituisse per la Commissione un atto dovuto al fine di garantire l’osservanza del diritto della ricorrente ad essere sentita, grazie a chiarimenti supplementari forniti innanzi tutto dalla ricorrente all’amministrazione francese e poi comunicati alla Commissione». V., al riguardo, Nehl, H.P., Principles of Administrative Procedure in EC Law, Hart Publishing, Oxford, 1999, pag. da 88 a 91; Eckes, C./Mendes, J., «The Right to be Heard in Composite Administrative Procedure: Lost in Between Protection?, European Law Review, 36 (2011), pag. 651 e segg.

    ( 33 ) Sentenza del 19 dicembre 2018, Berlusconi e Fininvest (C‑219/17, EU:C:2018:1023, punto 44).

    ( 34 ) Sentenza del 5 novembre 2019, BCE e a./Trasta Komercbanka e a. (C‑663/17 P, C‑665/17 P e C‑669/17 P, EU:C:2019:923, punti 70 e segg.).

    ( 35 ) V., altresì, le mie conclusioni nelle cause riunite BCE e a./Trasta Komercbanka e a. (C‑663/17 P, C‑665/17 P e C‑669/17 P, EU:C:2019:323, paragrafi 48, 5299).

    ( 36 ) Causa C‑97/91, EU:C:1992:491, punti da 9 a 13.

    ( 37 ) Per quanto riguarda conflitti di interesse analoghi in caso di attività di un liquidatore che ha revocato il mandato di un legale, e di un amministratore giudiziario, v. sentenze del 5 novembre 2019, BCE e a./Trasta Komercbanka e a. (C‑663/17 P, C‑665/17 P e C‑669/17 P, EU:C:2019:923, punti 54 e segg.), e del 15 settembre 2022, PNB Banka/BCE (C‑326/21 P, non pubblicata, EU:C:2022:693, punti da 39 a 43 e da 56 a 58).

    ( 38 ) V. riferimenti giurisprudenziali citati alla nota 29.

    ( 39 ) A mio avviso, il Tribunale ha così correttamente ritenuto, ai punti da 239 a 241 della sentenza impugnata nella causa C‑256/22 P, che la ricorrente sia stata adeguatamente posta nelle condizioni di formulare le sue osservazioni sul progetto di decisione di revoca dell’autorizzazione e di accedere al fascicolo del procedimento. Ciò non è contestato dalla ricorrente nella causa C‑256/22 P.

    ( 40 ) V. altresì punto 3 dell’ordinanza impugnata.

    ( 41 ) Vale a dire dopo l’adozione della decisione della BCE oggetto del procedimento C‑256/22 P.

    ( 42 ) Sentenze del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE (da C‑8/98 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701, punti da 57 a 59), e del 16 dicembre 2020, Consiglio e a./ Chrysostomides & Co e a. (C‑597/18 P, C‑598/18 P, C‑603/18 P e C‑604/18 P, EU:C:2020:1028, punto 96).

    ( 43 ) Sentenza del 15 settembre 2022, PNB Banka/BCE (C‑326/21, non pubblicata, EU:C:2022:693, punti da 56 a 58), per quanto riguarda l’irricevibilità di un ricorso volto all’annullamento di una lettera della BCE nella quale quest’ultima si rifiutava di dare istruzioni in tal senso.

    ( 44 ) In termini negativi anche ordinanza del 4 febbraio 2021, Pilatus Bank/BCE (C‑701/19 P, non pubblicata, EU:C:2021:99, punti da 33 a 38).

    ( 45 ) V. sentenze dell’11 novembre 1981, IBM/Commissione (60/81, EU:C:1981:264, punto 12); del 13 ottobre 2011, Deutsche Post e Germania/Commissione (C‑463/10 P e C‑475/10 P, EU:C:2011:656, punti da 50 a 53), e del 6 maggio 2021, ABLV Bank e a./BCE (C‑551/19 P e C‑552/19 P, EU:C:2021:369, punto 39).

    ( 46 ) V. paragrafo 45 delle presenti conclusioni.

    ( 47 ) Un riferimento alla notifica della decisione controversa effettuata alla persona competente il 5 novembre 2018 figura solamente al punto 12 dell’«Introduzione» del ricorso.

    ( 48 ) V. altresì sentenza del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione (C‑521/09 P, EU:C:2011:620, punti 35, 5178).

    ( 49 ) Misure analoghe adottate dalla Banca d’Italia in preparazione di una decisione della BCE sono state oggetto della sentenza del 19 dicembre 2018, Berlusconi e Fininvest (C‑219/17, EU:C:2018:1023, punti 3637). V. altresì, a tale riguardo, sentenza dell’11 maggio 2022, Fininvest e Berlusconi/BCE (T‑913/16, EU: T:2022:279, punti 28 e segg.); in tale sentenza, il Tribunale ha respinto in quanto irricevibile il motivo di ricorso in base a cui gli atti preparatori adottati dalla Banca d’Italia, in particolare il provvedimento di avvio del procedimento e la proposta di decisione sottoposta alla BCE, presentavano vizi tali da comportare l’illegittimità della decisione della BCE. Nelle loro impugnazioni nelle cause pendenti C‑512/22 P e C‑513/22 P, i ricorrenti contestano il rigetto di tale motivo in quanto erroneo in diritto, tra l’altro perché in contrasto con i principi riconosciuti nella sentenza del 19 dicembre 2018, Berlusconi e Fininvest (C‑219/17, EU:C:2018:1023).

    ( 50 ) V. altresì sentenza del 19 dicembre 2018, Berlusconi e Fininvest (C‑219/17, EU:C:2018:1023, punti 4546). Depongono in tal senso anche le affermazioni contenute al punto 250 della sentenza impugnata in risposta al decimo motivo concernente la violazione dei diritti della difesa, in cui il Tribunale rinvia la ricorrente agli organi giurisdizionali nazionali e al procedimento pregiudiziale.

    ( 51 ) Al punto 3.3 della sua decisione controversa, la BCE esamina il rispetto dei requisiti giuridici delle norme pertinenti del regolamento n. 1024/2013 e della direttiva 2013/36, nonché del diritto maltese pertinente, adottato in attuazione di tale direttiva (3.3.1), della proporzionalità della revoca dell’autorizzazione, comprese l’idoneità, la necessità e l’appropriatezza della stessa (3.3.2), nonché del principio di tutela del legittimo affidamento (3.3.3).

    ( 52 ) Articolo 14, paragrafo 5, primo comma, del regolamento n. 1024/2013.

    ( 53 ) Articolo 14, paragrafo 6, del regolamento n. 1024/2013.

    ( 54 ) V. articolo 4, paragrafo 3, articolo 6, paragrafo 1, e articolo 9, paragrafo 1, terzo comma, del regolamento n. 1024/2013.

    ( 55 ) Il considerando 21 del regolamento n. 1024/2013 riflette tale aspetto, affermando che la «BCE dovrebbe (…) assolvere i suoi compiti in materia di autorizzazione degli enti creditizi e di revoca dell’autorizzazione in caso di non conformità al diritto nazionale su proposta della pertinente autorità nazionale competente, la quale valuta il soddisfacimento delle condizioni applicabili stabilite dal diritto nazionale».

    ( 56 ) La decisione controversa della BCE si limita, al punto 3.1, a esporre il procedimento a partire dal 29 giugno 2018 e menziona le direttive controverse solo a pagina 6 del punto 3.3.1. Non si può escludere, tuttavia, che la ricorrente abbia sollevato le sue censure al riguardo per la prima volta nell’ambito del procedimento dinanzi al Tribunale, il che non può essere accertato in sede di procedimento di impugnazione.

    ( 57 ) Punti da 49 a 52 della sentenza impugnata.

    ( 58 ) Articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2013/36.

    ( 59 ) GU 1996, L 309, pag. 1.

    ( 60 ) Causa C‑124/20, EU:C:2021:1035.

    ( 61 ) Punti da 67 a 69 e da 73 a 80 della sentenza impugnata.

    ( 62 ) Punti da 96 a 102 della sentenza impugnata.

    ( 63 ) Punti da 104 a 106, 111 e 112 della sentenza impugnata.

    ( 64 ) Punti da 116 a 119 della sentenza impugnata.

    ( 65 ) Sentenze del 15 marzo 2022, Autorité des marchés financiers (C‑302/20, EU:C:2022:190, punto 63), e del 12 gennaio 2023, Österreichische Post (Informazioni relative ai destinatari di dati personali) (C‑154/21, EU:C:2023:3, punto 29).

    ( 66 ) Esse sono ugualmente vincolanti, di modo che a nessuna di esse può essere attribuito carattere prioritario; v. sentenze del 26 gennaio 2021, Hessischer Rundfunk (C‑422/19 e C‑423/19, EU:C:2021:63, punto 65 e giurisprudenza ivi citata), e del 17 gennaio 2023, Spagna/Commissione (C‑632/20 P, EU:C:2023:28, punti da 40 a 42).

    ( 67 ) FR: «honorabilité» e IT: «onorabilità».

    ( 68 ) PT: «idoneidade».

    ( 69 ) BG: «репутацията»; CZ: «pověst»; DA: «omdømme»; DE: «Leumund»; FI: «maine»; EL: «τη φήμη»; EN: «reputation»; ES: «reputación»; ET: «maine»; HR: «ugled»; HU: «jó hírneve»; LT: «reputaciją»; LV: «reputācija»; MT: «ir-reputazzjoni»; NL: «reputatie»; PL: «reputacja»; RO: «reputația»; SK: «dobrá povesť»; SL: «ugled» e SV: «anseende».

    ( 70 ) V. altresì articolo 23, paragrafo 1, lettere b) e c), della direttiva 2013/36.

    ( 71 ) Ciò vale, peraltro, non solo in caso di perdita della fiducia, ossia in senso negativo, come nel caso eclatante della crisi del debito pubblico greco [v. ordinanza del 12 marzo 2020, EMB Consulting e a./BCE (C‑571/19 P, non pubblicata, EU:C:2020:208), e sentenza del 7 ottobre 2015, Accorinti e a./BCE (T‑79/13, EU:T:2015:756)], ma anche in senso positivo, come dimostrato dal caso della crisi finanziaria di France Télécom o di Orange; quest’ultima ha potuto rifinanziarsi con le proprie forze sul mercato dei capitali solo a seguito di dichiarazioni pubbliche, rese dal Ministro dell’Economia francese, in grado di generare fiducia [v., a tal riguardo, sentenze del 19 marzo 2013, Bouygues e Bouygues Télécom/Commissione (C‑399/10 P e C‑401/10 P, EU:C:2013:175), e del 30 novembre 2016, Commissione/Francia e Orange (C‑486/15 P, EU:C:2016:912)].

    ( 72 ) GU 2005, L 309, pag. 15.

    ( 73 ) Punto 90 della sentenza impugnata.

    ( 74 ) V. pag. 4 e segg., in particolare pag. 8 della decisione controversa della BCE.

    ( 75 ) V. spiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentali, spiegazione relativa all’articolo 41 – Diritto ad una buona amministrazione (GU 2007, C 303, pag. 17).

    ( 76 ) In tal senso, sentenza dell’11 dicembre 2018, Weiss e a. (C‑493/17, EU:C:2018:1000, punto 30 con altri riferimenti giurisprudenziali).

    ( 77 ) V., in tal senso, solo sentenza del 19 luglio 2016, Kotnik e a. (C‑526/14, EU:C:2016:570, punti 4041). Tale effetto vincolante si applica, conformemente allo stato esposto nell’introduzione agli orientamenti comuni, in primo luogo solo all’ABE, all’AEAP e all’AESFEM. Tuttavia, esso si applica per analogia anche alla BCE nella misura in cui essa ha aderito a tali orientamenti in qualità di autorità di vigilanza.

    ( 78 ) V. altresì punti 75 e 86 della sentenza impugnata.

    ( 79 ) V. pagg. 5 e 6 della decisione controversa della BCE.

    ( 80 ) Pag. 8 (in particolare note 21 e 22) della decisione controversa della BCE.

    ( 81 ) Tale disposizione così recita: «Nessuna sentenza di un tribunale e (…) di un’autorità amministrativa esterna alla Comunità che, direttamente o indirettamente, renda operativ[i] gli atti normativi indicati nell’allegato o azioni su di essi basate o da essi derivanti, è accettata o eseguita in alcun modo».

    ( 82 ) Per quanto riguarda le conseguenze civilistiche e l’articolo 5 del regolamento di blocco n. 2271/96, v. sentenza del 21 dicembre 2021, Bank Melli Iran (C‑124/20, EU:C:2021:1035, punti 35 e segg.).

    ( 83 ) Sentenza del 21 dicembre 2021, Bank Melli Iran (C‑124/20, EU:C:2021:1035, punti da 35 a 37).

    ( 84 ) V. solo sentenze del 14 ottobre 2010, Nuova Agricast e Cofra/Commissione (C‑67/09 P, EU:C:2010:607, punti 4849), e del 3 settembre 2020, Vereniging tot Behoud van Natuurmonumenten in Nederland e a./Commissione (C‑817/18 P, EU:C:2020:637, punto 115).

    ( 85 ) Punti da 35 a 39 dell’ordinanza impugnata.

    ( 86 ) Punto 40 dell’ordinanza impugnata.

    ( 87 ) Punto 41 dell’ordinanza impugnata.

    ( 88 ) Punti da 42 a 44 dell’ordinanza impugnata.

    ( 89 ) V. sentenza del 15 settembre 2022, PNB Banka/BCE (C‑326/21 P, non pubblicata, EU:C:2022:693, punti da 56 a 58).

    ( 90 ) C‑701/19 P, non pubblicata, EU:C:2021:99, punto 38.

    ( 91 ) V., in tal senso, sentenza del 1o ottobre 2009, Foshan Shunde Yongjian Housewares & Hardware/Consiglio (C‑141/08 P, EU:C:2009:598, punto 81), e del 16 gennaio 2019, Commissione/United Parcel Service (C‑265 P/17 P, EU:C:2019:23, punto 56).

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