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Document 62021CC0721

    Conclusioni dell’avvocato generale J. Kokott, presentate il 19 gennaio 2023.
    Eco Advocacy CLG contro An Bord Pleanála.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla High Court (Irlande).
    Rinvio pregiudiziale – Ambiente – Direttiva 92/43/CEE – Conservazione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatiche – Zone speciali di conservazione – Articolo 6, paragrafo 3 – Preesame di un piano o progetto volto a determinare la necessità di una valutazione opportuna dell’incidenza di tale piano o di tale progetto su una zona speciale di conservazione – Motivazione – Misure che possono essere prese in considerazione – Progetto di costruzione di un’abitazione – Autonomia procedurale – Principi di equivalenza e di effettività – Norme procedurali in forza delle quali l’oggetto della controversia è determinato mediante i motivi sollevati al momento della presentazione del ricorso.
    Causa C-721/21.

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2023:39

     CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    JULIANE KOKOTT

    presentate il 19 gennaio 2023 ( 1 )

    Causa C‑721/21

    Eco Advocacy CLG

    [domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla High Court (Alta Corte, Irlanda)]

    «Rinvio pregiudiziale – Autonomia procedurale degli Stati membri – Principio di effettività – Requisiti relativi ai motivi dedotti per iscritto dinanzi al giudice nazionale – Ambiente – Direttiva 2011/92/UE – Valutazione dell’impatto ambientale – Preesame volto a determinare la necessità di una valutazione – Motivazione – Direttiva 92/43/CEE – Articolo 6, paragrafo 3 – Opportuna valutazione dell’incidenza – Preesame volto a determinare la necessità di una valutazione – Misure intese alla riduzione del danno – Confutazione dei dubbi»

    I. Introduzione

    1.

    Il diritto dell’Unione impone diverse valutazioni degli effetti di taluni piani e progetti sull’ambiente. La valutazione dell’impatto ambientale ai sensi della direttiva VIA ( 2 ) e l’opportuna ( 3 ) valutazione dell’incidenza ai sensi della direttiva «habitat» ( 4 ) ne costituiscono probabilmente gli esempi più noti.

    2.

    La domanda di pronuncia pregiudiziale di cui trattasi verte in particolare su taluni requisiti formali relativi al preesame volto a stabilire la necessità delle menzionate valutazioni. Occorre acclarare, in relazione a entrambe le direttive, se la motivazione della decisione di rinunciare alla valutazione vera e propria debba essere esplicitamente fornita in modo da essere riconoscibile e se, laddove si proceda alla valutazione dell’impatto ambientale, tale motivazione debba indicare espressamente tutti i criteri da considerare ai sensi della direttiva VIA. Per quanto riguarda il preesame ai sensi della direttiva «habitat», occorre altresì esaminare se si possa tener conto di talune misure di attenuazione del danno e se la motivazione di una decisione con la quale si stabilisce che non è necessario effettuare un’opportuna valutazione dell’incidenza debba confutare determinate obiezioni.

    3.

    Inoltre, la Corte è chiamata a pronunciarsi sui requisiti che gli argomenti dedotti dai ricorrenti dinanzi al giudice nazionale devono soddisfare. A tale riguardo si pone un problema analogo a quello sollevato per la motivazione della decisione di preesame, ovvero se è possibile che i ricorrenti non abbiano dedotto in maniera sufficientemente chiara proprio il motivo d’impugnazione secondo il quale tale motivazione non sarebbe esposta in maniera sufficientemente chiara.

    4.

    Illustrerò nel prosieguo che le disposizioni del diritto dell’Unione in materia di motivi dedotti nell’ambito di un procedimento giurisdizionale e di struttura formale della motivazione sono molto limitate. Spetta essenzialmente agli Stati membri adottare disposizioni in materia e ai giudici nazionali valutare gli argomenti dedotti dalle parti e le relative informazioni nella decisione controversa.

    II. Contesto normativo

    A.   Direttiva VIA

    5.

    L’articolo 4 della direttiva VIA stabilisce in che modo si deve decidere se effettuare una valutazione dell’impatto ambientale:

    «2.   Fatto salvo l’articolo 2, paragrafo 4, per i progetti elencati nell’allegato II gli Stati membri determinano se il progetto debba essere sottoposto a valutazione a norma degli articoli da 5 a 10. Gli Stati membri prendono tale decisione, mediante:

    a)

    un esame del progetto caso per caso;

    o

    b)

    soglie o criteri fissati dallo Stato membro.

    Gli Stati membri possono decidere di applicare entrambe le procedure di cui alle lettere a) e b).

    3.   Qualora sia effettuato un esame caso per caso o siano fissate soglie o criteri di cui al paragrafo 2, si tiene conto dei pertinenti criteri di selezione riportati nell’allegato III. Gli Stati membri possono fissare soglie o criteri per stabilire in quali casi non è necessario che i progetti siano oggetto di una determinazione a norma dei paragrafi 4 e 5, né di una valutazione dell’impatto ambientale, e/o soglie o criteri per stabilire in quali casi i progetti debbono comunque essere sottoposti a una valutazione dell’impatto ambientale, pur senza essere oggetto di una procedura di determinazione a norma dei paragrafi 4 e 5.

    4.   (…)

    5.   L’autorità competente adotta una determinazione sulla base delle informazioni fornite dal committente in conformità del paragrafo 4 e tenendo conto, se del caso, dei risultati di verifiche preliminari o di valutazioni degli effetti sull’ambiente effettuate in base a normative dell’Unione diverse dalla presente direttiva. La determinazione è resa pubblica e:

    a)

    qualora si stabilisca che è necessaria una valutazione dell’impatto ambientale, specifica i motivi principali alla base della richiesta di tale valutazione in relazione ai criteri pertinenti elencati nell’allegato III; ovvero

    b)

    qualora si stabilisca che non è necessaria una valutazione dell’impatto ambientale, specifica i motivi principali alla base della mancata richiesta di tale valutazione in relazione ai criteri pertinenti elencati nell’allegato III, e, ove proposto dal committente, specifica le eventuali caratteristiche del progetto e/o le misure previste per evitare o prevenire quelli che potrebbero altrimenti rappresentare effetti negativi significativi sull’ambiente».

    6.

    L’allegato III della direttiva VIA contiene i criteri di selezione per la decisione ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3:

    «1.   Caratteristiche dei progetti

    Le caratteristiche dei progetti devono essere prese in considerazione, tenendo conto in particolare:

    a)

    delle dimensioni e della concezione dell’insieme del progetto;

    b)

    del cumulo con altri progetti esistenti e/o approvati;

    c)

    dell’uso delle risorse naturali, in particolare suolo, territorio, acqua e biodiversità;

    d)

    della produzione di rifiuti;

    e)

    dell’inquinamento e dei disturbi ambientali;

    f)

    dei rischi di gravi incidenti e/o calamità attinenti al progetto in questione, inclusi quelli dovuti al cambiamento climatico, in base alle conoscenze scientifiche;

    g)

    dei rischi per la salute umana (ad esempio, quelli dovuti alla contaminazione dell’acqua o all’inquinamento atmosferico).

    2.   Localizzazione dei progetti

    Deve essere considerata la sensibilità ambientale delle aree geografiche che possono risentire dell’impatto dei progetti, tenendo conto, in particolare:

    a)

    dell’utilizzo del territorio esistente e approvato;

    b)

    della ricchezza relativa, della disponibilità, della qualità e della capacità di rigenerazione delle risorse naturali della zona (comprendenti suolo, territorio, acqua e biodiversità) e del relativo sottosuolo;

    c)

    della capacità di carico dell’ambiente naturale, con particolare attenzione alle seguenti zone:

    i)

    zone umide, le zone riparie, le foci dei fiumi;

    ii)

    zone costiere e l’ambiente marino;

    iii)

    zone montuose e forestali;

    iv)

    riserve e i parchi naturali;

    v)

    zone classificate o protette dalla normativa nazionale; i siti Natura 2000 designati dagli Stati membri in base [alla direttiva “habitat”] e [alla direttiva “uccelli” ( 5 )];

    vi)

    zone in cui si è già verificato, o nelle quali si ritiene che si verifichi, il mancato rispetto degli standard di qualità ambientale stabiliti dalla legislazione dell’Unione e pertinenti al progetto;

    vii)

    zone a forte densità demografica;

    viii)

    zone di importanza storica, culturale o archeologica.

    3.   Tipologia e caratteristiche dell’impatto potenziale

    I probabili effetti significativi dei progetti sull’ambiente devono essere considerati in relazione ai criteri stabiliti ai punti 1 e 2 del presente allegato con riferimento all’impatto dei progetti sui fattori di cui all’articolo 3, paragrafo 1 e tenendo conto:

    a)

    dell’entità ed estensione dell’impatto (ad esempio l’area geografica e la popolazione potenzialmente interessate);

    b)

    della natura dell’impatto;

    c)

    della natura transfrontaliera dell’impatto;

    d)

    dell’intensità e della complessità dell’impatto;

    e)

    della probabilità dell’impatto;

    f)

    della prevista insorgenza, durata, frequenza e reversibilità dell’impatto;

    g)

    del cumulo tra l’impatto del progetto in questione e l’impatto di altri progetti esistenti e/o approvati;

    h)

    della possibilità di ridurre l’impatto in modo efficace».

    B.   Direttiva «habitat»

    7.

    L’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat» disciplina la cosiddetta valutazione dell’incidenza:

    «Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica».

    III. Fatti e domanda di pronuncia pregiudiziale

    8.

    Il ricorso ha ad oggetto un’impugnazione per revisione giudiziale diretta a verificare la legittimità di un permesso, rilasciato dall’An Bord Pleanála (autorità irlandese per la pianificazione territoriale; in prosieguo: la «Board») per la costruzione di alloggi in località Trim, contea di Meath. Il progetto comprende la costruzione di 320 abitazioni a Charterschool Land, Manorlands.

    9.

    Dopo vari contatti informali, l’8 luglio 2020 è stata presentata la domanda formale di licenza edilizia per il progetto in esame. Il progetto prevede l’adozione di talune misure volte alla depurazione delle acque superficiali di dilavamento prima che queste ultime siano scaricate in un torrente che costituisce un affluente del fiume Boyne.

    10.

    Lo stesso Boyne si trova a circa 640 metri a nord dell’area da edificare. Esso fa parte della zona speciale di protezione, ai sensi della direttiva «uccelli», denominata «River Boyne and River Blackwater Special Protection Area» (IE0004232), per la quale un «qualifying interest» (interesse meritevole di tutela) è riconosciuto al martin pescatore (Alcedo atthis) [A229]. Al sito si sovrappone una zona speciale di conservazione ai sensi della direttiva «habitat», la «River Boyne and River Blackwater Special Area of Conservation» (IE0002299). In quanto «qualifying interests» (interessi meritevoli di tutela) sono parimenti riconosciuti i tipi di habitat torbiere alcaline [7230] e foreste alluvionali con Alnus glutinosa e Fraxinus excelsior (Alno-padion, Alnion incanae, Salicion albae) [91E0], nonché le specie animali Lampetra fluviatilis (lampreda di fiume) [1099], Salmo salar (salmone) [1106] e Lutra lutra (lontra) [1355].

    11.

    Sono state redatte una relazione di preesame sulla valutazione dell’impatto ambientale e una valutazione dell’impatto ecologico, le quali proponevano varie misure di attenuazione. È stata altresì presentata una relazione di preesame relativamente alla direttiva «habitat» che concludeva nel senso dell’assenza di impatto sui siti Natura 2000.

    12.

    L’An Taisce [National Trust for Ireland, un ente legislativo di consulenza per la pianificazione territoriale] e il Council (amministrazione comunale) della città di Trim hanno depositato documenti che rilevavano i rischi di impatto dello scarico delle acque superficiali di dilavamento sui siti Natura 2000. Il Council ha inoltre espresso preoccupazione in merito alla tutela delle specie.

    13.

    La Board ha tuttavia rilasciato il permesso in questione senza effettuare una valutazione dell’impatto ambientale ai sensi della direttiva VIA e una valutazione dell’incidenza ai sensi della direttiva «habitat».

    14.

    Il modello utilizzato dall’ispettrice della Board nell’allegato A della sua relazione impiega un formato di preesame per la VIA che differisce in punti sostanziali dall’allegato III della direttiva VIA. Secondo la High Court (Alta Corte, Irlanda), la corrispondenza tra l’allegato III e la relazione dell’ispettrice sembra essere dubbia. Inoltre, anche se l’ispettrice esamina i timori riguardo all’impatto sui siti Natura 2000, essa li ritiene in conclusione infondati.

    15.

    Il 27 ottobre 2020, il permesso è stato formalmente concesso con decisione della Board ai sensi della procedura per i progetti di edilizia abitativa di natura strategica. La Board non ha dichiarato espressamente quali fossero esattamente i documenti in cui era contenuta la motivazione ai fini della direttiva VIA o della direttiva «habitat». Secondo la High Court (Alta Corte), sembra che l’intenzione sia stata quella di includere la motivazione nella relazione dell’ispettrice, nell’allegato A di tale documento, e nelle relazioni presentate dal committente, nei limiti in cui vi ha fatto riferimento l’ispettrice.

    16.

    Avverso tale permesso Eco Advocacy ha presentato un ricorso dinanzi alla High Court (Alta Corte).

    17.

    Da una prima sentenza della High Court (Alta Corte) risulta che Eco Advocacy ha fatto valere per la prima volta in udienza i due motivi di impugnazione che sono oggetto della seconda, della terza e della sesta questione ( 6 ). An Taisce e ClientEarth sono stati successivamente ammessi al procedimento come amici curiae.

    18.

    Con ordinanza depositata presso la cancelleria della Corte il 26 novembre 2021, la High Court (Alta Corte) ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    1)

    Se il principio generale del primato del diritto dell’Unione e/o della leale cooperazione abbia l’effetto che, in generale o nel contesto specifico del diritto dell’ambiente, laddove una parte proponga un ricorso diretto a contestare la validità di un atto amministrativo facendo riferimento espresso o implicito a un particolare atto del diritto dell’Unione, ma non specifichi quali disposizioni dell’atto siano state violate, o con riferimento a quale specifica interpretazione il giudice nazionale adito debba o possa esaminare la censura, a prescindere da norme procedurali nazionali che richiedano che le specifiche violazioni in questione siano indicate negli atti processuali di parte.

    2)

    In caso di risposta affermativa alla prima questione, se l’articolo 4 paragrafi 2, 3, 4 e/o 5 e/o l’allegato III della direttiva VIA 2011/92 e/o la direttiva letti alla luce del principio di certezza del diritto e di buona amministrazione di cui all’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea abbiano come conseguenza che, quando un’autorità competente decide di non assoggettare una proposta di autorizzazione alla procedura di valutazione dell’impatto ambientale, è opportuna una dichiarazione esplicita, distinta e/o specifica su quali sono esattamente i documenti che espongono le motivazioni dell’autorità competente.

    3)

    In caso di risposta affermativa alla prima questione, se l’articolo 4, paragrafi 2, 3, 4 e/o 5, e/o l’allegato III della direttiva VIA 2011/92 e/o la direttiva, alla luce del principio di certezza del diritto e di buona amministrazione di cui all’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, abbiano come conseguenza che, qualora un’autorità competente decida di non sottoporre una proposta di autorizzazione alla procedura di valutazione dell’impatto ambientale, vi è l’obbligo di esporre espressamente l’esame di tutti gli specifici punti e sotto-punti dell’allegato III della direttiva VIA, nella misura in cui tali punti e sotto-punti siano potenzialmente rilevanti per l’opera.

    4)

    Se l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva [«habitat»] debba essere interpretato nel senso che, in applicazione del principio secondo il quale per determinare se sia necessario procedere successivamente a una opportuna valutazione dell’incidenza di un piano o di un progetto su un sito interessato, non è opportuno, in fase di preesame, tener conto delle misure destinate ad evitare o a ridurre gli effetti nocivi del piano o del progetto su tale sito, l’autorità competente di uno Stato membro possa considerare le caratteristiche del piano o del progetto che comportano l’eliminazione dei contaminanti atte a produrre l’effetto di ridurre le conseguenze nocive sul sito europeo unicamente basandosi sul fatto che tali caratteristiche non sono intese quali misure di attenuazione, pur se abbiano prodotto tale effetto, e che sarebbero state integrate nel progetto come caratteristiche ordinarie indipendentemente da qualsiasi effetto sul sito europeo interessato.

    5)

    Se l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva [«habitat»] debba essere interpretato nel senso che, qualora l’autorità competente di uno Stato membro ritenga, nonostante le questioni o le preoccupazioni espresse dagli organismi di esperti nella fase di preesame, che non sia necessaria alcuna opportuna valutazione, essa deve fornire una motivazione esplicita e dettagliata tale da fugare ogni ragionevole dubbio scientifico in merito agli effetti dei lavori previsti sul sito europeo interessato, e che elimini espressamente e singolarmente ciascuno dei dubbi sollevati al riguardo nel corso del processo di partecipazione pubblica.

    6)

    In caso di risposta affermativa alla prima questione, se l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva [«habitat»] e/o la direttiva, alla luce del principio di certezza del diritto e di buona amministrazione di cui all’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, abbia come conseguenza che, qualora un’autorità competente decida di non assoggettare una proposta di autorizzazione alla procedura di opportuna valutazione, debba dichiarare in modo esplicito, distinto e/o specifico quali siano esattamente i documenti che espongono la motivazione dell’autorità competente.

    19.

    Eco Advocacy CLG, An Board Pleanála, An Taisce (National Trust for Ireland e ClientEarth congiuntamente), l’Irlanda, la Repubblica italiana e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte. Ad eccezione dell’Italia, esse hanno altresì partecipato all’udienza tenutasi il 27 ottobre 2022.

    IV. Analisi giuridica

    20.

    Le questioni sollevate dalla High Court (Alta Corte) vertono, da un lato, sull’ammissibilità dei requisiti relativi ai motivi dedotti dalle parti che facciano valere una violazione del diritto dell’Unione (prima questione) e, dall’altro, sul preesame volto a stabilire la necessità di effettuare una valutazione dell’impatto ambientale ai sensi della direttiva VIA (seconda e terza questione) o un’opportuna valutazione dell’incidenza sulle zone protette ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat» (questioni dalla quarta alla sesta).

    A.   Prima questione: requisiti relativi all’indicazione di un’asserita violazione

    21.

    La prima questione mira a precisare i limiti posti dal diritto dell’Unione ai requisiti nazionali relativi alla forma in cui devono essere indicati i motivi di impugnazione in un procedimento giurisdizionale. Dalla questione stessa risulta che negli atti processuali di parte devono essere indicate le specifiche violazioni invocate in base al diritto processuale irlandese. Tuttavia, i ricorrenti nel procedimento principale non sembrano aver specificato, nell’ambito di tutti i motivi di impugnazione, quali disposizioni della direttiva di cui trattasi siano state violate, con riferimento a quale specifica interpretazione e in cosa consisterebbe la violazione. Il giudice del rinvio chiede pertanto se i principi generali del primato del diritto dell’Unione e/o della leale cooperazione, in generale o nel contesto specifico del diritto dell’ambiente, faccia sorgere la facoltà, o addirittura l’obbligo, in capo ai giudici nazionali, di rilevare comunque tali motivi di impugnazione, formulati per iscritto in maniera inadeguata.

    1. Ricevibilità della questione

    22.

    L’Italia ritiene irricevibile la questione in esame, in quanto nella domanda di pronuncia pregiudiziale non sono state indicate con precisione le disposizioni nazionali che i motivi dedotti da Eco Advocacy avrebbero dovuto rispettare per essere ricevibili.

    23.

    Per quanto riguarda tale obiezione si deve riconoscere che una descrizione più precisa delle disposizioni nazionali in esame e dei relativi argomenti esposti per iscritto o oralmente nella domanda di pronuncia pregiudiziale avrebbe giovato ai fini di una risposta utile della Corte e la partecipazione dell’Italia al procedimento. Una domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte deve quindi contenere un’illustrazione sommaria dell’oggetto della controversia nonché dei fatti rilevanti, quali accertati dal giudice del rinvio o, quanto meno, un’illustrazione delle circostanze di fatto sulle quali si basano le questioni e il contenuto delle norme nazionali applicabili alla fattispecie e, se del caso, la giurisprudenza nazionale in materia.

    24.

    Sebbene le informazioni di cui trattasi possano essere dedotte dal fascicolo del procedimento nazionale e in particolare da una precedente sentenza della High Court (Alta Corte) ( 7 ), tali elementi non sono tuttavia comunicati agli Stati membri e alle istituzioni dell’Unione e non sono neppure tradotti.

    25.

    Nonostante tale mancanza, è tuttavia possibile rispondere alla questione in esame, in quanto nel procedimento pregiudiziale la Corte interpreta soltanto il diritto dell’Unione senza statuire già in via definitiva sulla controversia pendente dinanzi al giudice nazionale. Non è pertanto opportuno dichiarare irricevibile la questione di cui trattasi.

    2. Valutazione

    26.

    La prima questione è diretta a chiarire se il diritto processuale nazionale possa esigere che le violazioni del diritto dell’Unione siano già fatte valere in modo chiaro e preciso nella fase scritta del procedimento. A tale proposito, si chiede da un lato se siffatti requisiti relativi ai motivi dedotti dalle parti siano ammissibili e, dall’altro, se i giudici nazionali abbiano, in base al diritto dell’Unione, il diritto o addirittura l’obbligo di rilevare d’ufficio tali violazioni, indipendentemente dal fatto che le parti le abbiano invocate in tempo utile.

    a) Requisiti relativi ai motivi dedotti dalle parti

    27.

    In primo luogo, dal principio generale del primato del diritto dell’Unione e/o della leale cooperazione, invocato dalla High Court (Alta Corte), discende che i giudici nazionali hanno l’obbligo di garantire la piena efficacia delle disposizioni di diritto dell’Unione ( 8 ).

    28.

    Come ho già sottolineato in precedenti conclusioni ( 9 ), spetta, tuttavia, all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire i diritti derivanti dal diritto dell’Unione (autonomia procedurale degli Stati membri), quantomeno in mancanza di una disciplina dell’Unione in materia. In tal caso, le modalità procedurali di tali ricorsi non possono essere meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza), né devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività) ( 10 ).

    29.

    L’articolo 11 della direttiva VIA contiene specifiche disposizioni sulla tutela giuridica che potrebbero limitare l’autonomia procedurale degli Stati membri nel caso di specie. Ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, gli Stati membri devono, ove ricorrano determinate condizioni, avere accesso a una procedura di ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale o a un altro organo indipendente e imparziale istituito dalla legge, per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni sulla partecipazione del pubblico stabilite dalla direttiva in esame. L’articolo 11, paragrafo 4, secondo comma prevede che una siffatta procedura sia giusta, equa, tempestiva e non eccessivamente onerosa.

    30.

    Infatti, in base a tali disposizioni occorre, in particolare, garantire alle associazioni per la tutela dell’ambiente l’accesso a una procedura di ricorso effettiva e giusta. In tale contesto deve esistere la possibilità di contestare la legittimità delle decisioni, degli atti o delle omissioni pertinenti, vale a dire di far valere determinati motivi di impugnazione. Le stesse disposizioni non disciplinano però le modalità e il momento in cui devono essere fatti valere tali motivi. Al riguardo resta pertanto l’autonomia procedurale degli Stati membri.

    31.

    Non risulta che nel caso di specie il principio di equivalenza sia pregiudicato. Per contro, non è escluso che requisiti riguardo alla precisione degli argomenti dedotti per iscritto possano rendere difficile o impossibile far valere in via giurisdizionale i diritti. Il principio di effettività è tuttavia violato solo se l’attuazione in via giurisdizionale è resa in tal modo eccessivamente difficile o praticamente impossibile.

    32.

    Nell’ambito di tale esame si deve tener conto del ruolo delle norme di cui trattasi nell’insieme del procedimento, dello svolgimento e delle peculiarità dello stesso dinanzi ai vari organi giurisdizionali nazionali. Sotto tale profilo si devono considerare, se necessario, i principi che sono alla base del sistema giurisdizionale nazionale, quali la tutela dei diritti della difesa, il principio della certezza del diritto e il regolare svolgimento del procedimento ( 11 ).

    33.

    A tale riguardo la Corte ha già affermato che norme processuali nazionali in forza delle quali l’oggetto della controversia è determinato dai motivi di ricorso dedotti al momento della sua proposizione sono compatibili con il principio di effettività dal momento che esse garantiscono il regolare svolgimento del procedimento, in particolare preservandolo dai ritardi dovuti alla valutazione dei motivi nuovi ( 12 ).

    34.

    Come correttamente rilevato dall’Irlanda, anche nel diritto processuale degli organi giurisdizionali dell’Unione esistono disposizioni analoghe. Pertanto, un ricorso ai sensi dell’articolo 120, lettera c), del regolamento di procedura della Corte deve contenere i motivi e argomenti dedotti nonché un’esposizione sommaria di detti motivi. Tale esposizione dev’essere sufficientemente chiara e precisa per consentire alla parte convenuta di preparare la sua difesa e alla Corte di esercitare il suo controllo ( 13 ). Ai sensi dell’articolo 127, paragrafo 1, è vietata la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento.

    35.

    È quindi conforme al principio di effettività che il diritto processuale dei giudici nazionali imponga un’esposizione tempestiva e sufficientemente chiara e precisa dei motivi delle parti perché tali motivi vengano presi in considerazione.

    36.

    Quale tipo di esposizione sia sufficientemente chiaro e preciso dipende dalle circostanze della fattispecie. Dovrebbe essere determinante la circostanza che le parti e il giudice possano stabilire con certezza il pertinente motivo d’impugnazione. Solo un eccessivo formalismo andrebbe considerato un onere sproporzionato e dunque non conforme al principio di effettività.

    37.

    Peraltro, i requisiti relativi all’esposizione dei motivi d’impugnazione dovrebbero tener conto anche della misura in cui il comportamento dell’altra parte abbia contribuito ad eventuali carenze. In particolare, la seconda, la terza, la quinta e la sesta questione sembrano indicare che, nel procedimento principale, la Board abbia esposto i motivi del permesso controverso in una forma che potrebbe aver contribuito alle carenze degli argomenti dedotti da Eco Advocacy. Se così fosse, tale circostanza dovrebbe essere debitamente presa in considerazione per quanto riguarda i requisiti relativi ai motivi dedotti da Eco Advocacy.

    38.

    Spetta al giudice nazionale competente stabilire se determinati atti processuali di parte soddisfano tali requisiti. Il medesimo giudice deve determinare il contenuto dei pertinenti requisiti nazionali interpretando le disposizioni in materia e solamente tale giudice dispone delle conoscenze necessarie per poter valutare quale tipo di esposizione sia sufficientemente chiaro e preciso perché le parti e il giudice stesso la comprendano. Inoltre, lo stesso giudice può stabilire, in base alla propria valutazione, se le carenze dei motivi abbiano dato effettivamente luogo a confusione e in che misura esse siano da attribuire al comportamento dell’altra parte.

    39.

    Riepilogando, si deve constatare che l’autonomia procedurale degli Stati membri, limitata dal principio di effettività, consente di imporre alle parti di una controversia di esporre le violazioni del diritto dell’Unione in una fase precoce in maniera chiara e precisa nei motivi dalle stesse dedotti per iscritto, affinché il giudice nazionale consideri le violazioni in questione.

    b) Rilievo d’ufficio

    40.

    I requisiti relativi ai motivi dedotti dalle parti dinanzi a un giudice nazionale, ammissibili in base alle considerazioni precedenti, avrebbero tuttavia un’efficacia limitata se tale giudice avesse l’obbligo o almeno il diritto, in forza del diritto dell’Unione, di far valere d’ufficio violazioni del diritto dell’Unione esposte in maniera inadeguata.

    41.

    La High Court (Alta Corte) deduce tuttavia un siffatto obbligo dalla necessità di garantire l’efficacia del diritto dell’Unione. A tal proposito, l’An Taisce cita la giurisprudenza della Corte secondo la quale i giudici nazionali devono disapplicare, nella versione inglese di tali sentenze, «of their own motion» disposizioni della legislazione nazionale contrarie al diritto dell’Unione ( 14 ). Sulla base della versione in lingua inglese della giurisprudenza di cui trattasi, ciò è comprensibile in quanto «of their own motion» può essere tradotto anche con «d’ufficio». Di conseguenza, la giurisprudenza menzionata potrebbe essere interpretata nel senso che i giudici degli Stati membri devono disapplicare d’ufficio il diritto nazionale qualora esso sia incompatibile con il diritto dell’Unione.

    42.

    Tale tesi si basa su una lettura errata della giurisprudenza citata sul primato del diritto dell’Unione. Risulta più chiara la versione francese di tale formulazione, secondo la quale i giudici devono agire «de leur propre autorité», ma anche, ad esempio, la versione tedesca, in cui si parla di «eigener Entscheidungsbefugnis» ( 15 ).

    43.

    Come emerge altresì chiaramente dal contesto di tali constatazioni della Corte, si tratta, a tale riguardo, del potere dei giudici nazionali di interpretare il diritto nazionale in conformità ai requisiti del diritto dell’Unione o, se necessario, di applicare il prevalente diritto dell’Unione, senza dover attendere l’abrogazione o l’annullamento di norme nazionali in contrasto con il diritto dell’Unione.

    44.

    Come ho già osservato, non è necessario che le parti eccepiscano espressamente e specificamente dinanzi ai giudici nazionali quali disposizioni di diritto nazionale debbano essere oggetto di interpretazione conforme o debbano essere disapplicate dagli stessi giudici. L’individuazione di tali norme e lo sviluppo dell’approccio volto ad eliminare un eventuale conflitto tra il diritto nazionale e il diritto dell’Unione rientra, piuttosto, nel dovere dei giudici nazionali di conseguire l’obiettivo stabilito dalla direttiva ( 16 ).

    45.

    La questione se i giudici nazionali possano o debbano rilevare d’ufficio determinate violazioni del diritto dell’Unione non ha nulla a che vedere con ciò.

    46.

    Al pari del primato del diritto dell’Unione, le norme procedurali di cui all’articolo 11 della direttiva VIA non contengono indicazioni al riguardo. In particolare, non vi si ravvisa alcun obbligo o facoltà, in capo ai giudici nazionali, di valutare la legittimità della decisione impugnata oltre i limiti dei motivi dedotti.

    47.

    L’articolo 11 della direttiva VIA differisce dunque dalle norme che sono state oggetto di una recente sentenza sul controllo della legittimità di una misura di trattenimento nei confronti di un cittadino di un paese terzo. Tali disposizioni impongono alle autorità giudiziarie di verificare la legittimità del trattenimento a intervalli regolari, senza limitare in alcun modo l’obbligo di cui trattasi ( 17 ). Alla luce di ciò, la Corte ha concluso che l’autorità giudiziaria competente deve rilevare d’ufficio l’eventuale mancato rispetto di un presupposto di legittimità non dedotto dall’interessato ( 18 ). Tenuto conto della grave ingerenza nel diritto alla libertà sancito all’articolo 6 della Carta, che è associata alle misure di trattenimento, tale obbligo è giustificato. Nell’ambito dell’attuazione del diritto dell’Unione in materia ambientale non esiste tuttavia una normativa comparabile e non vi sono neppure, di norma, gravi ingerenze nei diritti dei singoli.

    48.

    Pertanto, anche l’obbligo o la facoltà dei giudici nazionali di sollevare d’ufficio taluni motivi di ricorso devono essere valutati alla luce dell’autonomia procedurale degli Stati membri, che è limitata dai principi di equivalenza e di effettività.

    49.

    A tal proposito, secondo una giurisprudenza consolidata, il diritto dell’Unione non impone ai giudici nazionali di sollevare d’ufficio un motivo basato sulla violazione di disposizioni del diritto dell’Unione qualora l’esame di tale motivo li obblighi a esorbitare dai limiti della lite quale è stata circoscritta dalle parti. Per contro, i medesimi giudici devono sollevare d’ufficio i motivi di diritto basati su una norma di diritto dell’Unione di natura vincolante solo se hanno l’obbligo o la facoltà di farlo in base al diritto interno in virtù di una disposizione imperativa del diritto nazionale ( 19 ).

    50.

    È vero che la Corte ha affermato, in deroga a ciò, che i giudici nazionali sono tenuti ad esaminare d’ufficio la natura abusiva di una clausola contrattuale che ricade nell’ambito di applicazione della direttiva concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori ( 20 ) e, in tal modo, ad ovviare allo squilibrio che esiste tra il consumatore e il professionista a partire dal momento in cui dispongono degli elementi di diritto e di fatto necessari ( 21 ). Tuttavia, si tratta di un caso particolare, in cui la particolare esigenza di tutela del consumatore si manifesta anche nel fatto che le clausole abusive non vincolano i consumatori ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva ( 22 ). Successivamente, la Corte ha esteso tale giurisprudenza all’attuazione di taluni altri diritti conferiti ai consumatori dal diritto dell’Unione ( 23 ).

    51.

    Tale giurisprudenza potrebbe essere applicata alla disciplina dell’Unione in materia ambientale in casi che comportano il rischio di violazioni particolarmente gravi ( 24 ). Tuttavia, nel caso di specie non si ravvisano indicazioni in tal senso. Pertanto, non occorre soffermarsi ulteriormente su tale aspetto.

    52.

    La questione sollevata affronta inoltre l’ipotesi che il diritto dell’Unione conferisca ai giudici nazionali non già l’obbligo, ma almeno la facoltà, di rilevare d’ufficio le violazioni del diritto dell’Unione in materia ambientale. Non è chiaro se tale questione sia rilevante ai fini della decisione, poiché le parti irlandesi concordano nell’affermare che la High Court (Alta Corte) ha già il diritto, in base al diritto irlandese, di rilevare d’ufficio tali violazioni.

    53.

    Se fosse rilevante ai fini della decisione, tale questione dovrebbe essere parimenti valutata alla luce dei limiti imposti all’autonomia procedurale dai principi di equivalenza e di effettività.

    54.

    Un siffatto diritto potrebbe derivare in particolare dal principio di equivalenza, qualora il diritto nazionale preveda tale facoltà in casi analoghi. L’argomento appena menzionato va in tale direzione, ma in definitiva non vi sono informazioni sufficienti sull’ordinamento irlandese per rispondere in modo definitivo a tale questione.

    55.

    Per contro, a tale riguardo il principio di effettività può al massimo giustificare l’obbligo dei giudici nazionali di rilevare d’ufficio determinate violazioni, ma nel caso di specie non vi sono indicazioni in tal senso. Il punto di riferimento di tale principio è infatti costituito dai diritti conferiti dal diritto dell’Unione. L’attuazione dei diritti non può dipendere da una facoltà il cui esercizio è rimesso alla discrezionalità dei giudici.

    56.

    In linea generale, quindi, il diritto dell’Unione non conferisce ai giudici nazionali l’obbligo o la facoltà di rilevare d’ufficio le violazioni del diritto dell’Unione in materia ambientale.

    c) Risposta alla prima questione

    57.

    Occorre dunque rispondere alla prima questione nel senso che l’autonomia procedurale degli Stati membri, limitata dal principio di effettività, consente di imporre alle parti di una controversia di esporre le violazioni del diritto ambientale dell’Unione in modo sufficientemente chiaro e inequivocabile nei motivi da loro dedotti per iscritto in una fase precoce, affinché tali violazioni possano essere prese in considerazione dal giudice nazionale. In linea generale il diritto dell’Unione non conferisce al giudice nazionale l’obbligo o la facoltà di rilevare d’ufficio tali violazioni.

    B.   Questioni relative alla valutazione dell’impatto ambientale

    58.

    La seconda e la terza questione riguardano il preesame volto a stabilire se un progetto debba essere sottoposto a una valutazione dell’impatto ambientale. Sebbene esse si pongano solo in caso di risposta affermativa alla prima questione, alla luce delle considerazioni sopra operate il giudice nazionale deve in ultima analisi risolvere tale questione sulla base delle indicazioni fornite dalla Corte per l’interpretazione. Occorre pertanto rispondere a tali questioni.

    59.

    Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva VIA gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché, prima del rilascio dell’autorizzazione, per i progetti per i quali si prevede un significativo impatto ambientale, in particolare per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, sia prevista una valutazione del loro impatto sull’ambiente. Si tratta della cosiddetta valutazione dell’impatto ambientale.

    60.

    L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva VIA prevede che i progetti elencati nell’allegato I debbano, in linea di principio, essere sempre sottoposti a tale valutazione. Per contro, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, per i progetti elencati nell’allegato II, in alcuni casi si deve determinare, con un esame caso per caso, se sia necessario effettuare una valutazione dell’impatto ambientale. Nel procedere a tale determinazione, conformemente all’articolo 4, paragrafo 3, si tiene conto dei pertinenti criteri di selezione riportati nell’allegato III. È tale preesame ad essere oggetto delle questioni di cui trattasi.

    61.

    La Corte di giustizia ha stabilito che la valutazione dell’impatto ambientale deve essere effettuata quando vi è la probabilità o un rischio che il progetto in questione abbia effetti significativi sull’ambiente. Tenuto conto, in particolare, del principio di precauzione, che è uno dei fondamenti della politica di un elevato livello di tutela perseguita dall’Unione in campo ambientale, conformemente all’articolo 191, paragrafo 2, TFUE e alla luce del quale deve essere interpretata la direttiva VIA, un tale rischio esiste poiché non può essere escluso, sulla base di elementi obiettivi, che il progetto in questione abbia effetti significativi sull’ambiente ( 25 ). Ciò è in linea con la prassi decisionale ( 26 ) del comitato di applicazione della convenzione di Espoo ( 27 ), attuata dalla direttiva VIA ( 28 ).

    62.

    In tale contesto risponderò prima alla terza e poi alla seconda questione.

    1. Terza questione: portata della motivazione in caso di rinuncia a una valutazione dell’impatto ambientale

    63.

    La terza questione della High Court (Alta Corte) mira a precisare i requisiti relativi alla comprensibilità della motivazione; essa chiede se l’autorità debba esporre espressamente l’esame di tutti gli specifici punti e sotto-punti dell’allegato III della direttiva VIA, nella misura in cui tali punti e sotto-punti siano potenzialmente rilevanti per l’opera.

    64.

    Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 5, lettera b), della direttiva VIA, la determinazione dell’autorità deve specificare i motivi principali alla base della mancata richiesta di una valutazione dell’impatto ambientale in relazione ai criteri pertinenti elencati nell’allegato III. I criteri di cui all’allegato III della direttiva VIA riguardano talune caratteristiche del progetto in questione, informazioni relative alla sua ubicazione nonché la natura e le caratteristiche dei potenziali effetti.

    65.

    Tale motivazione può soddisfare i requisiti in esame solo se essa esclude, per ogni singolo criterio dell’allegato III della direttiva VIA e sulla base di elementi oggettivi, che il progetto abbia effetti significativi. Per alcuni criteri tale risultato può essere evidente; a tale riguardo può essere sufficiente un breve cenno, in talune circostanze addirittura congiuntamente per tutti i criteri analoghi. In altri casi, possono essere necessarie ulteriori informazioni ( 29 ).

    66.

    La direttiva VIA non disciplina in alcun modo la forma della motivazione in relazione a tali punti. In particolare, essa non esige che la motivazione segua la struttura dell’allegato III. Tuttavia, la motivazione deve escludere in modo sufficientemente chiaro che il progetto abbia effetti significativi sull’ambiente. Se ciò non avviene per quanto riguarda taluni criteri dell’allegato III, la motivazione non può giustificare la rinuncia alla valutazione dell’impatto ambientale.

    67.

    Pertanto, la motivazione relativa alla rinuncia a effettuare una valutazione dell’impatto ambientale ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 5, lettera b), della direttiva VIA deve escludere, sulla base di elementi oggettivi e in relazione ai criteri pertinenti elencati nell’allegato III, la probabilità o il rischio che il progetto in questione abbia effetti significativi sull’ambiente.

    2. Seconda questione: caratterizzazione specifica della motivazione in caso di rinuncia ad effettuare una valutazione dell’impatto ambientale

    68.

    La seconda questione mira a stabilire in che misura nella decisione di rinuncia a una valutazione dell’impatto ambientale si debba indicare esattamente quali sono i documenti nei quali devono essere individuati i motivi di tale decisione.

    69.

    La questione in esame trae origine dal fatto che Eco Advocacy aveva lamentato, nel procedimento principale, che la decisione della commissione per i ricorsi non fosse motivata, non riconoscendo che la motivazione si trova in un’appendice della decisione.

    70.

    Come già indicato, l’articolo 4, paragrafo 5, lettera b), della direttiva VIA prevede che la decisione con la quale si stabilisce che non è necessaria una valutazione dell’impatto ambientale debba essere motivata. Con tale disposizione, il legislatore ha concretizzato l’obbligo di motivazione, che va di pari passo con il fatto che deve sussistere la possibilità di proporre un ricorso effettivo avverso la decisione ( 30 ). Se la Corte riteneva in precedenza sufficiente che i motivi fossero resi noti nella decisione stessa o successivamente su richiesta ( 31 ), è un dato ormai acquisito che i motivi devono far parte della decisione.

    71.

    Tuttavia, l’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva VIA non impone all’autorità competente una dichiarazione esplicita, distinta e/o specifica su quali sono esattamente i documenti che espongono le motivazioni della stessa. Non vi sono indicazioni in tal senso nemmeno nell’ambito dell’articolo 6 della Convenzione di Aarhus ( 32 ), che è stata attuata dalla direttiva VIA ( 33 ).

    72.

    Pertanto, in capo all’autorità competente o allo Stato membro resta un certo margine di manovra nell’esposizione dei motivi ( 34 ). Anche la questione di cui trattasi rientra quindi nell’autonomia procedurale, che deve essere esercitata nei limiti posti dai principi di equivalenza e di effettività ( 35 ).

    73.

    Sarebbe però difficilmente conciliabile con il principio di effettività se la motivazione fosse nascosta o formulata in modo ambiguo ( 36 ), poiché in tal caso l’attuazione di eventuali diritti connessi alla rinuncia a una valutazione dell’impatto ambientale sarebbe resa inutilmente e quindi eccessivamente difficile. Al contrario, la motivazione deve poter essere riconosciuta come tale e nel suo contenuto deve essere indicato in modo comprensibile su quali elementi si fonda la decisione.

    74.

    Pertanto, la motivazione della decisione con la quale si stabilisce che non è necessaria una valutazione di impatto ambientale deve garantire, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 5, lettera b), della direttiva VIA e del principio di effettività, che i motivi possano essere riconosciuti come tali e che il loro contenuto sia comprensibile. Spetta al giudice nazionale, che dispone delle informazioni necessarie per valutare se il pubblico dello Stato membro interessato potesse riconoscere come tali e comprendere i motivi, determinare se una motivazione soddisfi tali requisiti.

    C.   Questioni relative alla direttiva «habitat»

    75.

    Le questioni dalla quarta alla sesta riguardano il preesame volto a stabilire se sia necessario effettuare una opportuna valutazione dell’incidenza ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat».

    76.

    Mentre la valutazione generale dell’impatto ambientale non è direttamente connessa alle condizioni per il rilascio di un’autorizzazione ( 37 ), la valutazione dell’incidenza di cui all’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat» è finalizzata a conseguire l’approvazione di un piano o un progetto. Infatti, ai sensi del paragrafo 3, seconda frase, alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica.

    77.

    L’autorizzazione può essere concessa solo quando non sussiste alcun dubbio ragionevole da un punto di vista scientifico che il piano o il progetto è privo di effetti pregiudizievoli per l’integrità del sito interessato ( 38 ). Una valutazione dell’incidenza sul sito deve quindi contenere rilievi e conclusioni completi, precisi e definitivi atti a dissipare qualsiasi ragionevole dubbio scientifico in merito agli effetti dei lavori che potrebbero avere un impatto sul sito protetto in questione ( 39 ).

    78.

    Tale funzione della valutazione dell’incidenza caratterizza i requisiti relativi al preesame per stabilire se sia necessario effettuare la valutazione dell’impatto ambientale.

    79.

    Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, prima frase, della direttiva «habitat» è necessario effettuare una opportuna valutazione dell’incidenza, tenendo conto degli obiettivi di conservazione di una zona speciale di conservazione, qualora un piano o un progetto possa avere incidenze significative su una zona speciale di conservazione a norma della direttiva, singolarmente o congiuntamente ad altri piani o progetti.

    80.

    Nell’ambito dell’interpretazione della disposizione di cui trattasi, la Corte ha elaborato il criterio di valutazione, successivamente applicato alla valutazione generale dell’impatto ambientale ( 40 ), in base a cui l’obbligo di valutazione sorge quando vi sia una probabilità o un rischio che un piano o un progetto pregiudichi significativamente il sito ( 41 ). E ancora una volta, tenuto conto, in particolare, del principio di precauzione, un siffatto rischio sussiste quando non si può escludere, sulla base di elementi oggettivi, che il piano o il progetto in questione pregiudichi significativamente gli obiettivi di conservazione del sito interessato ( 42 ). La valutazione di siffatto rischio deve essere effettuata, in particolare, alla luce delle caratteristiche e delle condizioni ambientali specifiche del sito interessato da tale piano o progetto ( 43 ). Di conseguenza, se dopo tale preesame permangono dubbi quanto alla mancanza di effetti significativi, va effettuata la valutazione completa dell’incidenza sul sito prevista dall’articolo 6, paragrafo 3, prima frase, della direttiva «habitat» ( 44 ). La valutazione completa in oggetto è pertanto la regola e una deroga è ammissibile solo se è escluso ogni dubbio circa la necessità della valutazione.

    81.

    Alla luce delle considerazioni appena formulate, risponderò ora alle questioni dalla quarta alla sesta in ordine inverso.

    1. Sesta questione: indicazione precisa della motivazione in caso di rinuncia ad effettuare una valutazione dell’incidenza ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat»

    82.

    La sesta questione ricalca la seconda per quanto riguarda la motivazione della rinuncia a una valutazione dell’incidenza ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat». Anche in questo caso occorre precisare in che misura si debba indicare esattamente quali sono i documenti nei quali devono essere individuati i motivi di tale decisione. Benché anche la questione in oggetto si ponga solo in caso di risposta affermativa alla prima questione, essa esige comunque una risposta, in quanto solo il giudice nazionale può decidere se la risposta alla prima questione nel procedimento principale sia affermativa o negativa.

    83.

    A differenza della direttiva VIA, la direttiva «habitat» non disciplina espressamente la motivazione relativa alla rinuncia a una opportuna valutazione dell’incidenza.

    84.

    Come avviene nell’ambito della valutazione generale dell’impatto ambientale ( 45 ), tuttavia, un sindacato giurisdizionale efficace di tale decisione e una tutela giuridica effettiva comportano che il giudice adito e i ricorrenti abbiano accesso alla motivazione della decisione impugnata con la decisione o almeno su loro richiesta ( 46 ). Tale obbligo di motivazione è peraltro conforme al diritto a una buona amministrazione che le autorità degli Stati membri devono rispettare nell’applicazione del diritto dell’Unione in virtù non dell’articolo 41 della Carta ( 47 ), ma di un principio generale del diritto ( 48 ). Nel caso di decisioni in materia di diritto dell’ambiente che – come la valutazione dell’incidenza ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat» ( 49 )– rendono necessaria la partecipazione del pubblico in base all’articolo 6 della convenzione di Aarhus, l’articolo 6, paragrafo 9, della convenzione prevede, inoltre, che siano indicati i motivi.

    85.

    Poiché la comunicazione dei motivi, pur imposta dal diritto dell’Unione, non è disciplinata dal punto di vista della forma, essa rientra nell’autonomia procedurale degli Stati membri, che devono esercitare tale autonomia nel quadro dei principi di equivalenza e di effettività. Ne consegue che, per quanto riguarda l’esposizione dei motivi della rinuncia a una valutazione dell’incidenza ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat», valgono dunque le stesse considerazioni che si applicano alla rinuncia a una valutazione dell’impatto ambientale ( 50 ).

    86.

    Quando la motivazione di una decisione con la quale si stabilisce che non è necessario procedere ad una valutazione dell’incidenza ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat» è contenuta nella decisione stessa, come avviene nel procedimento principale, l’autorità competente deve pertanto garantire che tali motivi possano essere riconosciuti come tali e che il loro contenuto sia comprensibile. Spetta al giudice nazionale determinare se una motivazione soddisfa tali requisiti. Esso dispone delle informazioni necessarie per valutare se il pubblico dello Stato membro interessato potesse riconoscere i motivi come tali e comprenderli.

    2. Quinta questione: eliminazione dei dubbi

    87.

    Con la quinta questione la High Court (Alta Corte) solleva due sottoquestioni relative al contenuto della motivazione della decisione con la quale si stabilisce che non è necessario effettuare valutazione dell’incidenza ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat»: occorre anzitutto chiarire se la motivazione di cui trattasi debba essere tale da fugare ogni ragionevole dubbio scientifico in merito agli effetti dei lavori previsti sul sito europeo interessato. In secondo luogo, essa chiede se la motivazione debba risolvere espressamente e singolarmente ciascuno dei dubbi sollevati al riguardo nel corso del processo di partecipazione pubblica.

    a) Ragionevole dubbio scientifico

    88.

    Il criterio secondo cui deve essere escluso ogni ragionevole dubbio scientifico o ogni dubbio ragionevole da un punto di vista scientifico, è utilizzato dalla Corte per quanto riguarda l’autorizzazione di piani o progetti ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, seconda frase, della direttiva «habitat» una volta effettuata una opportuna valutazione dell’incidenza ( 51 ). Nell’ambito del preesame, invece, essa impone di verificare se, sulla base di elementi obiettivi, possa essere escluso che il piano o progetto in questione pregiudichi significativamente il sito interessato ( 52 ).

    89.

    Il preesame consiste nell’individuare i piani o i progetti per i quali non è necessaria una valutazione completa perché è già evidente, senza una valutazione completa, che essi possono essere autorizzati ( 53 ). Per contro, il preesame non dovrebbe rendere possibile un aggiramento della valutazione completa ( 54 ) né, a fortiori, la realizzazione di piani e progetti che, ove fosse effettuata una valutazione completa conformemente all’articolo 6, paragrafo 3, seconda frase, della direttiva «habitat», non potrebbero essere autorizzati. Pertanto, i criteri relativi al preesame devono essere almeno altrettanto rigorosi di quelli previsti per una valutazione vera e propria.

    90.

    Di conseguenza, se l’autorità competente di uno Stato membro ritiene, in fase di preesame, che non sia necessaria una valutazione dell’incidenza ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat», essa deve almeno fornire una motivazione espressa e dettagliata tale da fugare ogni dubbio ragionevole da un punto di vista scientifico in merito agli effetti nocivi dei lavori previsti sul sito interessato.

    b) Ogni dubbio sollevato?

    91.

    Ciò, tuttavia, non significa necessariamente che la motivazione della rinuncia a una valutazione dell’incidenza debba altresì risolvere esplicitamente e singolarmente ciascuno dei dubbi sollevati in merito al pregiudizio all’integrità del sito protetto nel corso del processo di partecipazione pubblica.

    92.

    Nella misura in cui i dubbi non sono ragionevoli da un punto di vista scientifico, l’autorità competente non può essere tenuta a «risolverli» esplicitamente. A prescindere dal fatto che non è giustificato impiegare le risorse di un’autorità per dubbi privi di qualsiasi fondamento scientifico, spesso non sarà nemmeno possibile confutare dubbi del genere. Come può, ad esempio, un’autorità confutare l’obiezione che un progetto provocherebbe l’ira degli spiriti degli antenati?

    93.

    La risposta alla quinta questione, che ho esposto al paragrafo 90, si applica quindi ai dubbi espressi durante la procedura di autorizzazione solo nella misura in cui essi siano ragionevoli da un punto di vista scientifico.

    3. Quarta questione: valutazione delle misure destinate ad attenuare gli effetti

    94.

    La quarta questione mira a stabilire se, in fase di preesame per determinare se sia necessario effettuare una valutazione dell’incidenza ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat», si possano considerare le caratteristiche del piano o del progetto che comportano l’eliminazione dei contaminanti e sono eventualmente idonee a ridurre le conseguenze nocive sul sito protetto, nel caso in cui tali caratteristiche sarebbero state integrate nel progetto come caratteristiche ordinarie indipendentemente da qualsiasi effetto sul sito protetto interessato.

    95.

    La questione in esame trae spunto dalla sentenza People Over Wind, che riguardava la valutazione, nel corso del preesame di cui trattasi, di misure volte a evitare o a ridurre gli effetti negativi di un piano o di un progetto sul sito interessato. Dalla circostanza che fossero previste siffatte misure, la Corte ha dedotto, in tal caso, che fosse verosimile il verificarsi di un pregiudizio significativo e che, pertanto, occorresse procedere a una valutazione completa ( 55 ).

    96.

    La Corte ha quindi ritenuto che il fatto che fossero previste misure volte a mitigare gli effetti negativi del progetto sul sito protetto costituisse un indizio della necessità di una valutazione completa. Infatti, se il verificarsi di effetti nocivi significativi non fosse stato probabile, tali misure non sarebbero risultate necessarie.

    97.

    Al contrario, le caratteristiche di un piano o di un progetto che riducono gli effetti nocivi sui siti protetti, ma che non sono state previste a tale scopo, non sono indicative del probabile verificarsi di tali effetti. Infatti, esse non si basano sulla supposizione di una siffatta probabilità.

    98.

    Un esempio di tali caratteristiche sarebbe il collegamento degli edifici residenziali alla rete fognaria, che convoglia le acque reflue verso il trattamento delle stesse. In particolare, sulla base della direttiva sulle acque reflue ( 56 ), ciò costituisce una caratteristica tipica degli edifici residenziali nell’Unione europea, imposta in modo del tutto indipendente dalla probabilità di effetti negativi sui siti protetti. Pertanto, sebbene tale misura limiti o addirittura prevenga effetti nocivi sulle acque in cui vengono scaricate le acque reflue trattate, essa non costituisce un elemento idoneo a indicare la probabilità di un impatto significativo sui siti protetti. Per contro, una siffatta probabilità può comunque essere dedotta da altri elementi.

    99.

    È tuttavia difficile determinare se una misura abbia lo scopo di prevenire il pregiudizio significativo di un sito interessato o se ne sia indipendente. A tal riguardo, non ci si può basare soltanto sulle indicazioni soggettive fornite dal promotore del progetto, poiché esse possono essere finalizzate ad aggirare l’opportuna valutazione dell’incidenza. Per ipotizzare un obiettivo indipendente dai siti protetti occorrerebbe piuttosto basarsi su elementi oggettivi, in particolare su norme generali o prassi ampiamente diffuse.

    100.

    Il procedimento principale riguarda le acque superficiali di dilavamento. Non si tratta dunque delle acque reflue appena citate a titolo di esempio, che dovrebbero essere scaricate nella rete fognaria, ma di precipitazioni atmosferiche, che non si mescolano con le acque reflue provenienti dagli edifici residenziali interessati. Nel valutare il rischio connesso allo scarico indiretto delle acque superficiali di dilavamento in un corso d’acqua protetto, si pone la questione di stabilire in che misura si possano prendere in considerazione le misure adottate per depurare le acque di cui trattasi.

    101.

    Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che, analogamente a quanto avviene per l’allacciamento alla rete fognaria e diversamente da quanto dichiarato nella sentenza People Over Wind, tali misure di depurazione idrica non sono adottate per limitare le conseguenze sul sito protetto. Si tratta piuttosto di misure che vengono adottate per tutti i progetti di questo tipo, indipendentemente dal fatto che riguardino una zona protetta. Esse non costituiscono pertanto elementi indicativi della probabilità di un pregiudizio significativo della zona protetta.

    102.

    Lo scarico indiretto delle acque superficiali di dilavamento rimane un indizio di effetti nocivi significativi sull’area protetta. Benché nella domanda di pronuncia pregiudiziale non venga comunicato alla Corte se da tale elemento possa già essere desunta la probabilità di un siffatto pregiudizio, essa menziona, insieme alle misure di depurazione, una circostanza che può almeno ridurre o addirittura escludere tale probabilità.

    103.

    Si pone dunque la questione se, ai sensi della giurisprudenza sul preesame, le misure di depurazione in oggetto costituiscano elementi oggettivi idonei a escludere che il progetto pregiudichi significativamente il sito.

    104.

    A tal proposito, è rilevante un ulteriore argomento della Corte nella sentenza People Over Wind. Essa ha spiegato la necessità di una valutazione completa affermando anche che solo con un’analisi precisa nell’ambito di tale valutazione è possibile determinare se le misure in questione evitino o riducano effettivamente gli effetti negativi sul sito protetto ( 57 ).

    105.

    Per tenere conto di una misura che riduce gli effetti nocivi di un progetto, è quindi determinante la circostanza che già in fase di preesame si possa escludere ogni ragionevole dubbio scientifico in merito agli effetti di tale misura. Ciò presuppone, in linea generale, che misure del genere siano già state adeguatamente sperimentate in concreto. Se tali dubbi non possono essere esclusi, la misura non è idonea a escludere la probabilità o un rischio di un pregiudizio significativo e non può essere presa in considerazione in maniera determinante in sede di preesame.

    106.

    Inoltre, nella sentenza People Over Wind, la Corte ha sottolineato il rischio di un aggiramento della valutazione vera e propria quando le misure di attenuazione del danno sono prese in considerazione in fase di preesame ( 58 ). Inoltre, l’assenza di tale valutazione potrebbe – anche se non nel caso di specie – comportare la perdita della necessaria partecipazione del pubblico ( 59 ).

    107.

    Tuttavia, il fatto che si tenga conto di misure adottate indipendentemente dal rischio di un pregiudizio delle zone protette non può essere considerato un aggiramento della valutazione dell’incidenza. Ignorare le misure di cui trattasi significherebbe, al contrario, non considerare il progetto in modo completo in sede di preesame. Per quanto riguarda l’esempio del collegamento alla rete fognaria, ciò mi sembra evidente: oggi nell’Unione è difficile immaginare edifici residenziali le cui acque reflue vengono scaricate direttamente nelle acque o addirittura in strada, come avveniva in passato. Sarebbe pertanto assurdo supporre l’esistenza di siffatte prassi, ai fini della valutazione dell’incidenza nell’ambito di un progetto di edilizia residenziale. Nel caso delle controverse misure di depurazione delle acque superficiali di dilavamento, tale considerazione non è altrettanto ovvia, ma è ugualmente corretta.

    108.

    Pertanto, occorre rispondere alla quarta questione dichiarando che in sede di preesame per stabilire se sia necessario effettuare una valutazione dell’incidenza ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat», si possono considerare le caratteristiche del piano o del progetto che comportano l’eliminazione dei contaminanti atte a produrre l’effetto di ridurre le conseguenze nocive sul sito protetto, quando si constata, sulla base di argomenti oggettivi, che tali caratteristiche sono state integrate nel progetto come caratteristiche ordinarie indipendentemente da qualsiasi effetto sul sito protetto interessato e si può escludere ogni ragionevole dubbio scientifico in merito ai loro effetti.

    V. Conclusione

    109.

    Propongo pertanto alla Corte di rispondere alla domanda di pronuncia pregiudiziale come segue:

    1)

    L’autonomia procedurale degli Stati membri, limitata dal principio di effettività, consente di imporre alle parti di una controversia di esporre le violazioni del diritto ambientale dell’Unione in modo sufficientemente chiaro e inequivocabile nei motivi da loro dedotti per iscritto in una fase precoce, affinché tali violazioni possano essere prese in considerazione dal giudice nazionale. In linea generale, il diritto dell’Unione non conferisce al giudice nazionale l’obbligo o la facoltà di rilevare d’ufficio le violazioni del diritto dell’Unione in materia ambientale.

    2)

    La motivazione della decisione di non effettuare una valutazione di impatto ambientale deve garantire, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 5, lettera b), della direttiva 2011/92/UE concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, come modificata dalla direttiva 2014/52/UE, e del principio di effettività, che i motivi possano essere riconosciuti come tali e che il loro contenuto sia comprensibile. Spetta al giudice nazionale, che dispone delle informazioni necessarie per valutare se il pubblico dello Stato membro interessato poteva riconoscere come tali e comprendere i motivi, determinare se una motivazione soddisfi tali requisiti.

    3)

    La motivazione relativa alla rinuncia a effettuare una valutazione dell’impatto ambientale ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 5, lettera b), della direttiva 2011/92 deve escludere, sulla base di elementi oggettivi e in relazione ai criteri pertinenti elencati nell’allegato III, la probabilità o il rischio che il progetto in questione abbia effetti significativi sull’ambiente.

    4)

    In sede di preesame per stabilire se sia necessario effettuare una valutazione dell’incidenza ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, come modificata dalla direttiva 2013/17/UE, si possono considerare le caratteristiche del piano o del progetto che comportano l’eliminazione dei contaminanti e sono eventualmente idonee a ridurre le conseguenze nocive sul sito protetto, quando si constata, sulla base di argomenti oggettivi, che tali caratteristiche sono state integrate nel progetto come caratteristiche ordinarie indipendentemente da qualsiasi effetto sul sito protetto interessato e si può escludere ogni ragionevole dubbio scientifico in merito ai loro effetti.

    5)

    Se l’autorità competente di uno Stato membro ritiene, in fase di preesame, che non sia necessaria una valutazione dell’incidenza ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43, deve almeno fornire una motivazione espressa e dettagliata, tale da fugare ogni dubbio ragionevole da un punto di vista scientifico in merito agli effetti nocivi dei lavori previsti sulla zona protetta interessata. Ciò si applica ai dubbi espressi durante la procedura di autorizzazione solo nella misura in cui essi siano ragionevoli da un punto di vista scientifico.

    6)

    Quando la motivazione di una decisione con la quale si stabilisce che non è necessario procedere ad una valutazione dell’incidenza ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43 è contenuta nella decisione stessa, l’autorità competente deve garantire che tali motivi possano essere riconosciuti come tali e che il loro contenuto sia comprensibile. Spetta al giudice nazionale, che dispone delle informazioni necessarie per valutare se il pubblico dello Stato membro interessato potesse riconoscere come tali e comprendere i motivi, determinare se una motivazione soddisfa tali requisiti.


    ( 1 ) Lingua originale: il tedesco.

    ( 2 ) Direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU 2012, L 26, pag. 1), come modificata dalla direttiva 2014/52/UE del 16 aprile 2014 (GU 2014, L 26, pag. 1).

    ( 3 ) Sentenza del 10 novembre 2022, AquaPri (C-278/21, EU:C:2022:864, pag. 32). Tale qualificazione della valutazione dell’incidenza è assente nella versione in lingua tedesca dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat», ma è contenuta nel decimo considerando della stessa. In base alla versione in lingua inglese, si parla spesso di «appropriate assessment».

    ( 4 ) Direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU 1992, L 206, pag. 7), come modificata dalla direttiva 2013/17/UE del Consiglio, del 13 maggio 2013, che adegua talune direttive in materia di ambiente a motivo dell’adesione della Repubblica di Croazia (GU 2013, L 158, pag. 193).

    ( 5 ) Direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (versione codificata) (GU 2010, L 20, pag. 7).

    ( 6 ) Sentenza della High Court (Alta Corte) del 27 maggio 2021, Eco Advocacy/An Bord Pleanála [2020 n. 1030 JR, (2021) IEHC 265, punti 46, 48 e 86].

    ( 7 ) V. paragrafo 17 delle presenti conclusioni.

    ( 8 ) Sentenze del 9 marzo 1978, Simmenthal (106/77, EU:C:1978:49, punto 24), e del 24 ottobre 2018, XC e a. (C‑234/17, EU:C:2018:853, punto 44).

    ( 9 ) V. le mie conclusioni nella causa Impact (C‑268/06, EU:C:2008:2, paragrafi 4546), nella causa Križan e a. (C‑416/10, EU:C:2012:218, paragrafo 153), nonché nella causa Flausch e a. (C‑280/18, EU:C:2019:449, paragrafi 4748).

    ( 10 ) Sentenze del 16 dicembre 1976, Rewe-Zentralfinanz e Rewe-Zentral (33/76, EU:C:1976:188, punto 5), del 15 aprile 2008, Impact (C‑268/06, EU:C:2008:223, punti 4446), e sentenza del 19 dicembre 2019, Deutsche Umwelthilfe (C‑752/18, EU:C:2019:1114, punto 33).

    ( 11 ) Sentenze del 14 dicembre 1995, Peterbroeck (C‑312/93, EU:C:1995:437, punto 14), del 6 ottobre 2015, Târșia (C‑69/14, EU:C:2015:662, punti 3637), e del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi (C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 63).

    ( 12 ) Sentenze del 14 dicembre 1995, van Schijndel e van Veen (C‑430/93 e C‑431/93, EU:C:1995:441, punti 2021), e del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi (C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 64).

    ( 13 ) Sentenze del 9 gennaio 2003, Italia/Commissione (C‑178/00, EU:C:2003:7, punto 6), e del 31 marzo 2022, Commissione/Polonia (Tassazione dei prodotti energetici) (C‑139/20, EU:C:2022:240, punto 55).

    ( 14 ) L’An Taisce fa riferimento alla sentenza del 4 dicembre 2018, Minister for Justice and Equality e Commissioner of An Garda Síochána (C‑378/17, EU:C:2018:979, punto 35), ma analoghe formulazioni si trovano altresì, ad esempio, nelle sentenze del 9 marzo 1978, Simmenthal (106/77, EU:C:1978:49, punto 24), e del 24 ottobre 2018, XC e a. (C‑234/17, EU:C:2018:853, punto 44). V. parimenti le mie conclusioni nella causa Friends of the Irish Environment (C‑254/19, EU:C:2020:320, paragrafo 66).

    ( 15 ) V. le sentenze citate alla nota 14.

    ( 16 ) V. le mie conclusioni nella causa Friends of the Irish Environment (C‑254/19, EU:C:2020:320, paragrafo 67).

    ( 17 ) Sentenza dell’8 novembre 2022, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid e X (Esame d’ufficio del trattenimento) (C‑704/20 e C‑39/21, EU:C:2022:858, punti da 85 a 87).

    ( 18 ) Sentenza dell’8 novembre 2022, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid e X (Esame d’ufficio del trattenimento) (C‑704/20 e C‑39/21, EU:C:2022:858, punto 94).

    ( 19 ) Sentenze del 14 dicembre 1995, van Schijndel e van Veen (C‑430/93 e C‑431/93, EU:C:1995:441, punti 13, 1422), del 24 ottobre 1996, Kraaijeveld e a. (C‑72/95, EU:C:1996:404, punti 57, 5860), del 12 febbraio 2008, Kempter (C‑2/06, EU:C:2008:78, punto 45), e del 26 aprile 2017, Farkas (C‑564/15, EU:C:2017:302, punti 3235). V. altresì le mie conclusioni nella causa Friends of the Irish Environment (C‑254/19, EU:C:2020:320, paragrafo 60).

    ( 20 ) Direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29).

    ( 21 ) Sentenze del 27 giugno 2000, Océano Grupo Editorial e Salvat Editores (da C‑240/98 a C‑244/98, EU:C:2000:346, punto 26), del 14 marzo 2013, Aziz (C‑415/11, EU:C:2013:164, punto 46), e del 17 maggio 2022, SPV Project 1503 e a. (C‑693/19 e C‑831/19, EU:C:2022:395, punto 53).

    ( 22 ) Sentenze del 27 giugno 2000, Océano Grupo Editorial e Salvat Editores (da C‑240/98 a C‑244/98, EU:C:2000:346, punto 26), del 14 marzo 2013, Aziz (C‑415/11, EU:C:2013:164, punto 45), e del 17 maggio 2022, SPV Project 1503 e a. (C‑693/19 e C‑831/19, EU:C:2022:395, punto 53).

    ( 23 ) Sentenze del 4 ottobre 2007, Rampion e Godard (C‑429/05, EU:C:2007:575, punto 65), e del 21 aprile 2016, Radlinger e Radlingerová (C‑377/14, EU:C:2016:283, punto 66).

    ( 24 ) V. le mie conclusioni nella causa Križan e a. (C‑416/10, EU:C:2012:218, paragrafi da 160 a 166).

    ( 25 ) Sentenza del 31 maggio 2018, Commissione/Polonia (C‑526/16, non pubblicata, EU:C:2018:356, punti 6667) e conclusioni dell’avvocato generale Collins nella causa Wertinvest Hotelbetrieb (C‑575/21, EU:C:2022:930, paragrafo 47), sulla falsariga della consolidata giurisprudenza sulla direttiva «habitat», in particolare sentenza del 7 settembre 2004, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (C‑127/02, EU:C:2004:482, punti 4344).

    ( 26 ) Economic Commission for Europe, Opinions of the Implementation Committee (2001-2020) (2020), punto 25. V. altresì Findings and recommendations further to a submission by Romania regarding Ukraine (EIA/IC/S/1, Bystroe Canal Project) del 27 febbraio 2008 (ECE/MP.EIA/2008/6, punto 49).

    ( 27 ) Convenzione sulla valutazione dell’impatto ambientale in un contesto transfrontaliero del 1991 (GU 1992, C 104, pag. 7).

    ( 28 ) V., al riguardo, le mie conclusioni nella causa Inter-Environnement Wallonie e Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen (C‑411/17, EU:C:2018:972, paragrafi da 69 a 74, nonché 105 e segg.).

    ( 29 ) In senso analogo, sentenza del 7 novembre 2018, Holohan e a. (C‑461/17, EU:C:2018:883, punti da 37 a 39), per quanto riguarda la valutazione dell’incidenza di cui alla direttiva «habitat».

    ( 30 ) Sentenza del 30 aprile 2009, Mellor (C‑75/08, EU:C:2009:279, punti da 57 a 59).

    ( 31 ) Sentenza del 30 aprile 2009, Mellor (C‑75/08, EU:C:2009:279, punto 59).

    ( 32 ) Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale del 1998 (GU 2005, L 124, pag. 4), adottata con decisione n. 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005 (GU 2005, L 124, pag. 1).

    ( 33 ) Considerando da 18 a 21 della direttiva VIA e direttiva n. 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, che prevede la partecipazione del pubblico nell’elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale e modifica le direttive del Consiglio 85/337/CEE e 96/61/CE relativamente alla partecipazione del pubblico e all’accesso alla giustizia (GU 2003, L 156, pag. 17).

    ( 34 ) V. altresì conclusioni e raccomandazioni dell’Aarhus Convention Compliance Committee (comitato di controllo dell’osservanza della convenzione di Aarhus), del 7 marzo 2009, Association Kazokiskes Community/Lituania (ACCC/C/2006/16, ECE/MP.PP/2008/5/Add.6, punto 81). Sul comitato menzionato, v. da ultimo le mie conclusioni nella causa FCC Česká republika (C‑43/21, EU:C:2022:64, nota 16, con ulteriori riferimenti).

    ( 35 ) In tal senso, sentenza del 7 novembre 2019, Flausch e a. (C‑280/18, EU:C:2019:928, punto 27).

    ( 36 ) A titolo illustrativo, sentenza del 28 maggio 2020, Land Nordrhein-Westfalen (C‑535/18, EU:C:2020:391, punto 87).

    ( 37 ) Sentenze del 13 dicembre 2007, Commissione/Irlanda (C‑418/04, EU:C:2007:780, punto 231), e del 14 marzo 2013, Leth (C‑420/11, EU:C:2013:166, punto 46).

    ( 38 ) Sentenze del 7 settembre 2004, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (C‑127/02, EU:C:2004:482, punto 59), del 17 aprile 2018, Commissione/Polonia (Foresta di Białowieża) (C‑441/59, EU:C:2018:255, punto 117), e del 29 luglio 2019, Inter-Environnement Wallonie e Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen (C‑411/17, EU:C:2019:622, punto 120).

    ( 39 ) Sentenze dell’11 aprile 2013, Sweetman e a. (C‑258/11, EU:C:2013:220, punto 44), del 17 aprile 2018, Commissione/Polonia (Foresta di Białowieża) (C‑441/44, EU:C:2018:255, punto 114), e del 9 settembre 2020, Friends of the Irish Environment (C‑254/19, EU:C:2020:680, punto 55).

    ( 40 ) V. paragrafo 61 delle presenti conclusioni.

    ( 41 ) Sentenze del 7 settembre 2004, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (C‑127/02, EU:C:2004:482, punti 4143), del 17 aprile 2018, Commissione Polonia (Foresta di Białowieża) (C‑441/17, EU:C:2018:255, punto 111), e del 29 luglio 2019, Inter-Environnement Wallonie e Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen (C‑411/17, EU:C:2019:622, punto 119).

    ( 42 ) Sentenze del 29 luglio 2019, Inter-Environnement Wallonie und Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen (C‑411/17, EU:C:2019:622, punto 134), e del 9 settembre 2020, Friends of the Irish Environment (C‑254/19, EU:C:2020:680, punto 51). Sulla direttiva VIA, v. supra, paragrafo 61 delle presenti conclusioni.

    ( 43 ) Sentenze del 7 settembre 2004, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (C‑127/02, EU:C:2004:482, punto 48), del 29 luglio 2019, Inter-Environnement Wallonie e Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen (C‑411/48, EU:C:2019:622, punto 134), e del 17 aprile 2018, Commissione/Polonia (Foresta di Białowieża) (C‑441/17, EU:C:2018:255, punto 112).

    ( 44 ) Sentenze del 7 settembre 2004, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (C‑127/02, EU:C:2004:482, punto 44), del 26 maggio 2011, Commissione/Belgio (C‑538/09, EU:C:2011:349, punto 41), e del 7 novembre 2018, Coöperatie Mobilisation for the Environment e a. (C‑293/17 e C‑294/17, EU:C:2018:882, punto 114).

    ( 45 ) V. paragrafo 70 delle presenti conclusioni.

    ( 46 ) In tal senso, sentenze del 15 ottobre 1987, Heylens e a. (222/86, EU:C:1987:442, punto 15), e del 30 aprile 2009, Mellor (C‑75/08, EU:C:2009:279, punto 59). V. altresì le mie conclusioni nella causa Holohan e a. (C‑461/17, EU:C:2018:649, paragrafo 65).

    ( 47 ) Sentenze del 17 luglio 2014, YS e a. (C‑141/12 e C‑372/12, EU:C:2014:2081, punto 67), e del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses (C‑419/14, EU:C:2015:832, punto 83).

    ( 48 ) Sentenze dell’8 maggio 2014, N. (C‑604/12, EU:C:2014:302, punti 4950), e del 9 novembre 2017, LS Customs Services (C‑46/16, EU:C:2017:839, punto 39).

    ( 49 ) Sentenza dell’8 novembre 2016, Lesoochranárske zoskupenie VLK (C‑243/15, EU:C:2016:838, punto 49).

    ( 50 ) V. paragrafi 72 e 73 delle presenti conclusioni.

    ( 51 ) Sentenze del 7 settembre 2004, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (C‑127/02, EU:C:2004:482, punto 59), del 17 aprile 2018, Commissione/Polonia (Foresta di Białowieża) (C‑441/59, EU:C:2018:255, punto 114), e del 29 luglio 2019, Inter-Environnement Wallonie e Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen (C‑411/17, EU:C:2019:622, punto 120).

    ( 52 ) Sentenze del 7 settembre 2004, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (C‑127/02, EU:C:2004:482, punto 44), e del 29 luglio 2019, Inter-Environnement Wallonie e Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen (C‑411/17, EU:C:2019:622, punto 134).

    ( 53 ) Dovrebbero essere lette in tal modo le mie conclusioni nella causa Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (C‑127/02, EU:C:2004:60, paragrafo 72), che la Board fraintende, probabilmente anche a causa della traduzione in inglese.

    ( 54 ) Sentenza del 12 aprile 2018, People Over Wind e Sweetman (C‑323/17, EU:C:2018:244, punto 35).

    ( 55 ) Sentenza del 12 aprile 2018, People Over Wind e Sweetman (C‑323/17, EU:C:2018:244, punto 35).

    ( 56 ) Direttiva 91/271/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1991, concernente il trattamento delle acque reflue urbane (GU 1991, L 135, pag. 40).

    ( 57 ) Sentenza del 12 aprile 2018, People Over Wind e Sweetman (C‑323/17, EU:C:2018:244, punto 36). V. altresì le mie conclusioni nella causa Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (C‑127/02, EU:C:2004:60, paragrafo 71).

    ( 58 ) Sentenza del 12 aprile 2018, People Over Wind e Sweetman (C‑323/17, EU:C:2018:244, punto 37).

    ( 59 ) Sentenze dell’8 novembre 2016, Lesoochranárske zoskupenie VLK (C‑243/15, EU:C:2016:838, punto 49), e del 12 aprile 2018, People Over Wind e Sweetman (C‑323/17, EU:C:2018:244, punto 39).

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