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Document 62021CC0700

    Conclusioni dell’avvocato generale M. Campos Sánchez-Bordona, presentate il 15 dicembre 2022.
    O. G.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte costituzionale.
    Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Mandato d’arresto europeo – Decisione quadro 2002/584/GAI – Motivi di non esecuzione facoltativa del mandato d’arresto europeo – Articolo 4, punto 6 – Obiettivo di reinserimento sociale – Cittadini di paesi terzi che dimorano o risiedono nel territorio dello Stato membro di esecuzione – Parità di trattamento – Articolo 20 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
    Causa C-700/21.

    Court reports – general

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2022:995

     CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    MANUEL CAMPOS SÁNCHEZ-BORDONA

    presentate il 15 dicembre 2022 ( 1 )

    Causa C‑700/21

    O.G.

    con l’intervento di:

    Presidente del Consiglio dei Ministri

    [domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte costituzionale (Italia)]

    «Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Decisione quadro 2002/584/GAI – Mandato d’arresto europeo – Motivi di rifiuto facoltativo della consegna – Rispetto della vita privata e familiare – Cittadini di paesi terzi che dimorano o risiedono nel territorio di uno Stato membro»

    1.

    La Corte costituzionale (Italia) chiede alla Corte di giustizia di interpretare l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584/GAI ( 2 ), la cui trasposizione nel diritto italiano potrebbe violare la Costituzione italiana.

    2.

    Il rinvio offre alla Corte l’occasione di approfondire la sua già ampia giurisprudenza sui mandati d’arresto e di consegna (in prosieguo: «MAE»). In particolare, occorrerà stabilire se il potere discrezionale riconosciuto agli Stati membri dall’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 consenta loro di recepire un motivo di non esecuzione facoltativa di un MAE non applicabile ai cittadini di paesi terzi.

    I. Contesto normativo

    A.   Diritto dell’Unione

    1. Decisione quadro 2002/584

    3.

    Il considerando 12 afferma:

    «La presente decisione quadro rispetta i diritti fondamentali ed osserva i principi sanciti dall’articolo 6 [TUE] e contenuti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, [ ( 3 )] segnatamente il capo VI. Nessun elemento della presente decisione quadro può essere interpretato nel senso che non sia consentito rifiutare di procedere alla consegna di una persona che forma oggetto di un [MAE] qualora sussistano elementi oggettivi per ritenere che il [MAE] sia stato emesso al fine di perseguire penalmente o punire una persona a causa del suo sesso, della sua razza, religione, origine etnica, nazionalità, lingua, opinione politica o delle sue tendenze sessuali oppure che la posizione di tale persona possa risultare pregiudicata per uno di tali motivi. La presente decisione quadro non osta a che gli Stati membri applichino le loro norme costituzionali relative al giusto processo, al rispetto del diritto alla libertà di associazione, alla libertà di stampa e alla libertà di espressione negli altri mezzi di comunicazione».

    4.

    L’articolo 1 («Definizione del [MAE] ed obbligo di darne esecuzione») prevede quanto segue:

    «1.   Il [MAE] è una decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro in vista dell’arresto e della consegna da parte di un altro Stato membro di una persona ricercata ai fini dell’esercizio di un’azione penale o dell’esecuzione di una pena o una misura di sicurezza privative della libertà.

    2.   Gli Stati membri danno esecuzione ad ogni [MAE] in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni della presente decisione quadro.

    3.   L’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i fondamentali principi giuridici sanciti dall’articolo 6 [TUE] non può essere modificat[o] per effetto della presente decisione quadro».

    5.

    L’articolo 4 («Motivi di non esecuzione facoltativa del mandato di arresto europeo») così dispone:

    «L’autorità giudiziaria dell’esecuzione può rifiutare di eseguire il [MAE]:

    (…)

    6)

    se il [MAE] è stato rilasciato ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà, qualora la persona ricercata dimori nello Stato membro di esecuzione, ne sia cittadino o vi risieda, se tale Stato si impegni a eseguire esso stesso tale pena o misura di sicurezza conformemente al suo diritto interno;

    (…)».

    6.

    L’articolo 5 («Garanzie che lo Stato emittente deve fornire in casi particolari») recita:

    «L’esecuzione del [MAE] da parte dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione può essere subordinata dalla legge dello Stato membro di esecuzione ad una delle seguenti condizioni:

    (…)

    3)

    se la persona oggetto del [MAE] ai fini di un’azione penale è cittadino o residente dello Stato membro di esecuzione, la consegna può essere subordinata alla condizione che la persona, dopo essere stata ascoltata, sia rinviata nello Stato membro di esecuzione per scontarvi la pena o la misura di sicurezza privative della libertà eventualmente pronunciate nei suoi confronti nello Stato membro emittente».

    2. Decisione quadro 2008/909/GAI ( 4 )

    7.

    Il considerando 9 afferma:

    «L’esecuzione della pena nello Stato di esecuzione dovrebbe aumentare la possibilità di reinserimento sociale della persona condannata. Nell’accertarsi che l’esecuzione della pena da parte dello Stato di esecuzione abbia lo scopo di favorire il reinserimento sociale della persona condannata, l’autorità competente dello Stato di emissione dovrebbe tenere conto di elementi quali, per esempio, l’attaccamento della persona allo Stato di esecuzione e il fatto che questa consideri tale Stato il luogo in cui mantiene legami familiari, linguistici, culturali, sociali o economici e di altro tipo».

    8.

    A tenore del considerando 12:

    «La presente decisione quadro dovrebbe applicarsi altresì, mutatis mutandis, all’esecuzione delle pene nei casi di cui all’articolo 4, paragrafo 6, e all’articolo 5, paragrafo 3, della [decisione quadro 2002/584]. Ciò significa tra l’altro che, fatta salva detta decisione quadro, lo Stato di esecuzione potrebbe verificare se esistano motivi di rifiuto di riconoscimento e di esecuzione ai sensi dell’articolo 9 della presente decisione quadro, doppia incriminabilità compresa ove lo Stato di esecuzione faccia una dichiarazione ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 4 della presente decisione quadro, quale condizione per riconoscere ed eseguire la sentenza nella prospettiva di valutare se consegnare la persona o eseguire la sentenza nei casi menzionati all’articolo 4, paragrafo 6, della [decisione quadro 2002/584]».

    9.

    Nel considerando 16 si legge:

    «La presente decisione quadro dovrebbe essere applicata in conformità della normativa comunitaria applicabile, ivi comprese, in particolare, la direttiva 2003/86/CE ( 5 ) (…) [e] la direttiva 2003/109/CE ( 6 ) (…)».

    10.

    L’articolo 3 della decisione quadro 2008/909/GAI («Finalità e ambito di applicazione») indica quanto segue:

    «1.   Scopo della presente decisione quadro è stabilire le norme secondo le quali uno Stato membro, al fine di favorire il reinserimento sociale della persona condannata, debba riconoscere una sentenza ed eseguire la pena.

    2.   La presente decisione quadro si applica qualora la persona condannata si trovi nello Stato di emissione o nello Stato di esecuzione.

    3.   La presente decisione quadro si applica solo al riconoscimento delle sentenze e all’esecuzione delle pene ai sensi della presente decisione quadro (…)».

    11.

    L’articolo 25 («Esecuzione delle pene a seguito di un [MAE]»), così recita:

    «Fatta salva la decisione quadro [2002/584], le disposizioni della presente decisione quadro si applicano, mutatis mutandis, nella misura in cui sono compatibili con le disposizioni di tale decisione quadro, all’esecuzione delle pene nel caso in cui uno Stato membro s’impegni ad eseguire la pena nei casi rientranti nell’articolo 4, paragrafo 6, della detta decisione quadro, o qualora, in virtù dell’articolo 5, paragrafo 3, della stessa decisione quadro, abbia posto la condizione che la persona sia rinviata per scontare la pena nello Stato membro interessato, in modo da evitare l’impunità della persona in questione».

    B.   Diritto nazionale. Legge 22 aprile 2005, n. 69 ( 7 )

    12.

    Ai sensi dell’articolo 18 bis, comma 1, lettera c):

    La consegna può essere rifiutata «se il mandato d’arresto europeo è stato emesso ai fini della esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà personale, qualora la persona ricercata sia cittadino italiano o cittadino di altro Stato membro dell’Unione europea, che legittimamente ed effettivamente abbia residenza o dimora nel territorio italiano, sempre che la corte di appello disponga che tale pena o misura di sicurezza sia eseguita in Italia conformemente al suo diritto interno».

    13.

    L’articolo 19, paragrafo 1, dispone che:

    «L’esecuzione del [MAE] da parte dell’autorità giudiziaria italiana (…) è subordinata alle seguenti condizioni:

    (…)

    b)

    se la persona oggetto del mandato d’arresto europeo ai fini di un’azione penale è cittadino o residente dello Stato italiano, la consegna è subordinata alla condizione che la persona, dopo essere stata ascoltata, sia rinviata nello Stato membro di esecuzione per scontarvi la pena o la misura di sicurezza privative della libertà personale eventualmente pronunciate nei suoi confronti nello Stato membro di emissione» ( 8 ).

    II. Fatti, procedimento principale e questioni pregiudiziali

    14.

    O.G., cittadino moldavo, è stato condannato in via definitiva, in Romania, alla pena di cinque anni di reclusione ( 9 ). Il giudice del rinvio osserva che, secondo l’organo giudiziario che gli ha sottoposto la questione di legittimità costituzionale, O.G. è «stabilmente radicato in Italia dal punto di vista familiare e lavorativo» ( 10 ).

    15.

    Il 13 febbraio 2012, la Judecătoria Brașov (Tribunale di primo grado di Brașov, Romania) ha emesso un MAE nei confronti di O.G., ai fini dell’esecuzione della pena.

    16.

    Il 7 luglio 2020, la Corte d’appello di Bologna (Italia) ha disposto la consegna della persona ricercata all’autorità giudiziaria di emissione.

    17.

    Il 16 settembre 2020, su ricorso presentato da O.G., la Corte di cassazione (Italia) ha annullato con rinvio la sentenza della Corte d’appello, invitandola a valutare l’opportunità di sottoporre una questione di legittimità costituzionale alla Corte costituzionale.

    18.

    La Corte d’appello ha sottoposto alla Corte costituzionale la questione se l’articolo 18 bis, comma 1, lettera c), della legge n. 69 del 2005 fosse conforme agli articoli 2, 3, 11, 27, comma 3, e 117, comma 1, della Costituzione italiana.

    19.

    I dubbi della Corte d’appello si basavano, in sintesi, sul fatto che, secondo la disposizione che recepisce nel diritto italiano il motivo di non esecuzione facoltativa di cui all’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584:

    la facoltà di rifiutare l’esecuzione del MAE è limitata ai cittadini italiani e di altri Stati membri dell’Unione legittimamente ed effettivamente residenti o dimoranti nel territorio italiano. Sono quindi esclusi i cittadini di paesi terzi, che non possono scontare in Italia la pena inflitta nello Stato emittente, anche se risiedono o dimorano legittimamente ed effettivamente nel territorio italiano e vi hanno instaurato vincoli significativi e stabili;

    tale esclusione potrebbe non essere conforme al rispetto della vita privata e familiare della persona ricercata, qualora quest’ultima abbia solidi legami sociali e familiari in Italia, nonché con la «funzione rieducativa della pena».

    20.

    La Corte costituzionale, dopo aver rilevato che questo profilo dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 non è stato ancora affrontato dalla Corte di giustizia ( 11 ), sottopone a quest’ultima le seguenti questioni:

    «1)

    Se l’articolo 4, punto 6, della [decisione quadro 2002/584], interpretato alla luce dell’articolo 1, paragrafo 3, della medesima decisione quadro e dell’articolo 7 della Carta (…), osti a una normativa, come quella italiana, che – nel quadro di una procedura di [MAE] finalizzato all’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza – precluda in maniera assoluta e automatica alle autorità giudiziarie di esecuzione di rifiutare la consegna di cittadini di paesi terzi che dimorino o risiedano sul suo territorio, indipendentemente dai legami che essi presentano con quest’ultimo;

    2)

    in caso di risposta affermativa alla prima questione, sulla base di quali criteri e presupposti tali legami debbano essere considerati tanto significativi da imporre all’autorità giudiziaria dell’esecuzione di rifiutare la consegna».

    III. Procedimento dinanzi alla Corte

    21.

    La domanda di pronuncia pregiudiziale è pervenuta presso la cancelleria della Corte di giustizia il 22 novembre 2021 ed è stata trattata con priorità.

    22.

    Hanno presentato osservazioni scritte i governi austriaco, ungherese e italiano, nonché la Commissione europea.

    23.

    All’udienza pubblica, tenutasi l’11 ottobre 2022, sono comparsi solo il governo italiano e la Commissione.

    IV. Valutazione

    A.   Sulla prima questione pregiudiziale

    24.

    Con la prima questione pregiudiziale si cerca di stabilire, in sostanza, se l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, letto alla luce del suo articolo 1, paragrafo 3, e dell’articolo 7 della Carta, sia compatibile con la legge italiana in forza della quale si esclude che il cittadino di un paese terzo, condannato nello Stato emittente del MAE (Romania) a una pena privativa della libertà, sconti la sua condanna nello Stato di esecuzione (Italia), dove, a quanto pare ( 12 ), risiede legittimamente e stabilmente.

    25.

    Ai sensi dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, l’autorità giudiziaria può rifiutare di eseguire un MAE rilasciato ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà, purché siano soddisfatte queste due condizioni, che sono cumulative:

    la persona ricercata deve dimorare nello Stato membro di esecuzione, esserne cittadino o risiedervi;

    lo Stato di esecuzione deve impegnarsi a eseguire esso stesso tale pena o misura di sicurezza conformemente al suo diritto interno.

    26.

    Il legislatore italiano, nel recepire nel suo ordinamento giuridico detto motivo di non esecuzione facoltativa, ha introdotto due modulazioni:

    da un lato, oltre alla condizione di cittadino (italiano), ha aggiunto la condizione di cittadino di un altro Stato membro dell’Unione ( 13 ). In tal modo ha ampliato l’elenco delle persone che possono beneficiare del rifiuto della consegna allo Stato emittente il MAE a fronte della possibilità di scontare la loro pena in Italia, a condizione che risiedano o dimorino legittimamente e stabilmente nel territorio italiano;

    dall’altro lato, ha vietato ai cittadini di paesi terzi di avvalersi di detta possibilità. Pertanto ha limitato la condizione di residente o di dimorante nello Stato membro di esecuzione di cui all’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584. In tal modo i cittadini di paesi terzi, anche se residenti o dimoranti nel territorio italiano, saranno comunque consegnati (se ricorrono le altre circostanze richieste) allo Stato che ha emesso il MAE.

    27.

    Per rispondere alla prima questione pregiudiziale, ritengo opportuno analizzare: a) il potere discrezionale degli Stati nell’attuazione dell’articolo 4 della decisione quadro 2002/584; b) l’interpretazione di questo stesso articolo dal punto di vista del diritto all’uguaglianza; e c) l’eventuale incidenza sulla risposta di altri diritti fondamentali tutelati dalla Carta.

    1. Potere discrezionale degli Stati nel recepire l’articolo 4 della decisione quadro 2002/584 nel diritto nazionale

    28.

    Secondo una giurisprudenza costante della Corte di giustizia, gli Stati membri, nell’attuazione dell’articolo 4 della decisione quadro 2002/584 e, in particolare, del suo punto 6, dispongono di un «potere discrezionale certo» ( 14 ). Detto potere discrezionale non include tuttavia il potere di estendere i motivi di non esecuzione tassativamente elencati ( 15 ) nella decisione quadro 2002/584 ( 16 ).

    29.

    Secondo la stessa giurisprudenza, mentre l’esecuzione del MAE costituisce il principio, il rifiuto di esecuzione è concepito come un’eccezione che deve essere oggetto di interpretazione restrittiva ( 17 ).

    30.

    Nulla impedisce agli Stati membri di operare la scelta di limitare, o di non avvalersi della possibilità accordata loro dall’articolo 4 della decisione quadro 2002/584. Trattandosi di motivi di non esecuzione facoltativa, ogni Stato membro ha la libertà di decidere quando non attuarli: in tale ipotesi, le sue autorità giudiziarie dell’esecuzione non possono rifiutare di consegnare una persona ricercata in forza di un MAE ( 18 ).

    31.

    In realtà, come ha affermato la Corte di giustizia, la decisione degli Stati membri, consentita dalla decisione quadro 2002/584, di non beneficiare di detto motivo di non esecuzione «(…) non fa che rafforzare il sistema di consegna istituito da detta decisione quadro a favore di uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia» ( 19 ).

    32.

    Tutto ciò perché «limitando le situazioni nelle quali l’autorità giudiziaria di esecuzione può rifiutare di eseguire un [MAE], tale legislazione non fa che agevolare la consegna delle persone ricercate, conformemente al principio del reciproco riconoscimento sancito dall’art. 1, n. 2, della decisione quadro 2002/584, il quale costituisce il principio fondamentale istituito da quest’ultima» ( 20 ).

    33.

    Tuttavia, la libertà di scelta del legislatore nazionale non è illimitata. Diverse ragioni lo giustificano.

    34.

    In primo luogo, la decisione quadro 2002/584 non modifica «[l]’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i fondamentali principi giuridici sanciti dall’articolo 6 [TUE]» ( 21 ). Pertanto, e per quanto qui di rilievo, il suo articolo 4, punto 6, non consente agli Stati membri di ricorrere a modalità di recepimento che comportino la violazione dei diritti fondamentali o dei principi dell’articolo 6 TUE.

    35.

    In secondo luogo, il potere discrezionale degli Stati membri nel recepire il citato articolo 4, punto 6, è circoscritto, oltre che dai termini della disposizione, dalla finalità che essa persegue nell’ambito della decisione quadro 2002/584 e dal contesto generale in cui quest’ultima si colloca, vale a dire, il diritto dell’Unione nel suo complesso.

    36.

    Sotto questo profilo, concordo con la Commissione sul fatto che né la formulazione dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, né la finalità che persegue, né il contesto in cui si colloca, avallano la soluzione adottata dal legislatore italiano ( 22 ).

    37.

    Quanto alla sua formulazione, l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 non dà rilevanza a cittadinanze diverse da quella dello Stato membro di esecuzione. Prevede solo che la persona ricercata sia cittadino di quello Stato.

    38.

    Le cittadinanze diverse da quella dello Stato membro di esecuzione sono pertanto irrilevanti e vengono sostituite dalla categoria della «residenza» (o dimora). L’ambito di applicazione dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 è definito, per i cittadini di qualunque altro Stato diverso da quello di esecuzione, sulla base della nozione di residenza (o dimora).

    39.

    Quanto all’obiettivo dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, la Corte ha dichiarato che esso consiste «segnatamente [nel] permettere all’autorità giudiziaria dell’esecuzione di accordare una particolare importanza alla possibilità di accrescere le opportunità di reinserimento sociale della persona ricercata una volta scontata la pena cui essa è stata condannata» ( 23 ).

    40.

    Per raggiungere l’obiettivo del reinserimento, la cittadinanza della persona ricercata non è di per sé rilevante: la disposizione mira a che chiunque risieda o dimori ( 24 ) nello Stato membro di esecuzione possa beneficiare di questa possibilità.

    41.

    Per quanto riguarda il contesto normativo in cui deve essere interpretato l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, è opportuno menzionare la decisione quadro 2008/909 sul reciproco riconoscimento delle sentenze penali. La sua vocazione inclusiva comprende gli stranieri di qualsiasi nazionalità, ai quali, se hanno un reale radicamento nello Stato di esecuzione ( 25 ), si estende la finalità del reinserimento nell’esecuzione delle pene privative della libertà.

    42.

    Ai sensi dell’articolo 25 della decisione quadro 2008/909, essa si applica, mutatis mutandis, nella misura in cui è compatibile con la decisione quadro 2002/584, all’esecuzione delle pene nei casi rientranti nell’articolo 4, punto 6, di quest’ultima ( 26 ).

    43.

    Vi è motivo dunque di ritenere che il legislatore dell’Unione, sensibile alla finalità del reinserimento una volta scontata la pena ( 27 ), abbia concepito l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 come un mezzo per conseguirla, qualora siano soddisfatte le circostanze specifiche sopra elencate, senza che il fattore della cittadinanza (ad eccezione di quella dello stesso Stato di esecuzione) abbia rilevanza.

    2. Articolo 4 della decisione quadro 2002/584 e principio di uguaglianza

    44.

    La Corte di giustizia ha ritenuto che, alla luce di quanto precede, i cittadini dello Stato membro di esecuzione e i cittadini di altri Stati membri che risiedono o dimorano nello Stato membro di esecuzione e sono integrati nella società di tale Stato non dovrebbero, in linea di principio, essere trattati diversamente ( 28 ).

    45.

    La questione che si pone ora è se una norma valida per i cittadini degli Stati membri debba valere anche per i cittadini di paesi terzi, per quanto riguarda la non esecuzione di un MAE.

    46.

    A mio parere, non vi è alcun motivo per cui non dovrebbe essere così.

    47.

    Certamente lo status giuridico dei cittadini di paesi terzi non può essere equiparato, in generale, a quello dei cittadini degli Stati membri ( 29 ). Tuttavia, la differenza di trattamento tra i primi e i secondi non può prevalere quando lo stesso diritto derivato dell’Unione prevede, esplicitamente o implicitamente, un regime uniforme per entrambe le categorie. In tal caso, vige il principio di uguaglianza davanti alla legge sancito dall’articolo 20 della Carta.

    48.

    Tenuto conto dell’inviolabilità dell’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i principi sanciti dall’articolo 6 TUE, l’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584 esclude che il suo stesso articolo 4, punto 6, consenta agli Stati membri di ricorrere a modalità di recepimento che comportino la violazione della Carta o dei principi fondamentali dell’Unione.

    49.

    Tra detti principi vi è quello di uguaglianza, garantito dagli articoli 2 TUE e 20 della Carta. Entrambi forniscono nella presente causa una regola di giudizio sufficientemente solida per ritenere che il recepimento dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 nell’ordinamento italiano non sia compatibile con essi.

    50.

    In particolare, il principio di uguaglianza davanti alla legge deve operare, nel senso da me suggerito, in considerazione del fatto che l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 non dà rilevanza al criterio della cittadinanza, sostituito da quello della residenza (o della dimora), con la sola eccezione dei cittadini dello Stato membro di esecuzione.

    51.

    Pertanto, l’ambito d’applicazione ratione personae dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 comprende coloro che, se privi della cittadinanza dello Stato membro di esecuzione, vi dimorino o vi risiedano ( 30 ). La legge dinnanzi alla quale i cittadini di paesi terzi hanno il diritto alla parità di trattamento non costituisce quindi un motivo per trattarli diversamente dai cittadini degli Stati membri dell’Unione.

    52.

    Il potere discrezionale in sede di recepimento di tale disposizione del diritto dell’Unione non può quindi tradursi in un sistema di regole che tratta i cittadini di paesi terzi in modo peggiore rispetto ai cittadini di uno Stato membro. Come sottolineato dalla Commissione, alla luce dell’obiettivo dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, la situazione di un cittadino di un paese terzo che risiede effettivamente nello Stato di esecuzione è comparabile a quella di un cittadino di uno Stato membro.

    53.

    A tal fine, la residenza, stabile ed effettiva, di un cittadino di un paese terzo implica, in linea di principio, un grado di inserimento nel paese in cui dimora equivalente a quello dei cittadini di quest’ultimo. Un siffatto legame con lo Stato membro di esecuzione è idoneo a facilitare il reinserimento sociale della persona ricercata, dopo aver scontato in tale Stato la pena detentiva cui è stata condannata ( 31 ).

    3. L’incidenza di altri diritti fondamentali tutelati dalla Carta nell’applicazione dell’articolo 4 della decisione quadro 2002/584

    54.

    A mio avviso, quanto precede è sufficiente per ritenere incompatibile la norma nazionale in questione con l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584. Non ritengo quindi necessario analizzare l’incidenza (supplementare) di altri diritti fondamentali della Carta sull’interpretazione di tale articolo.

    55.

    Tra i suddetti diritti figurano quelli sanciti dall’articolo 7 della Carta (rispetto della vita privata e familiare), che il giudice del rinvio invoca, e dall’articolo 24, paragrafo 3, della Carta (diritto del minore di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori), al quale si appella la Commissione ( 32 ).

    56.

    Logicamente, i diritti di cui sopra non hanno rilevanza tale da prevalere sull’esecuzione di una pena privativa della libertà. Tuttavia possono avere rilevanza al fine di scegliere se farla scontare in uno Stato membro (lo Stato di esecuzione del MAE) piuttosto che in un altro (lo Stato di emissione del MAE), qualora si tratti di un residente o dimorante nel primo Stato che vi mantiene i suoi legami familiari.

    57.

    Viene in tal modo favorito il diritto della persona ricercata di mantenere un minimo di legami familiari compatibili con la sua permanenza in un istituto penitenziario. Sarà più facile coltivare tali legami laddove si trova il centro dei suoi interessi vitali, vale a dire, nello Stato di residenza effettiva.

    B.   Sulla seconda questione pregiudiziale

    58.

    Nel caso in cui, come suggerisco, la Corte di giustizia dovesse dare una risposta affermativa alla prima questione pregiudiziale, la Corte costituzionale intende sapere «sulla base di quali criteri e presupposti tali legami [del cittadino di un paese terzo con lo Stato di esecuzione] debbano essere considerati tanto significativi da imporre all’autorità giudiziaria dell’esecuzione di rifiutare la consegna».

    59.

    La formulazione di detta seconda questione merita, a mio avviso, due considerazioni preliminari sulle condizioni di non esecuzione del MAE e sull’asserito «obbligo» di rifiutare la consegna.

    1. Condizioni di non esecuzione del MAE

    60.

    La questione riguarda solo una delle due condizioni che l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 impone per l’eventuale rifiuto della consegna della persona ricercata.

    61.

    L’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 fa riferimento innanzitutto alle condizioni (cittadinanza dello Stato di esecuzione, residenza o dimora) che dimostrino un legame della persona ricercata con lo Stato membro di esecuzione. Detti legami devono essere sufficienti a facilitare il suo possibile reinserimento sociale, una volta scontata la pena cui è stata condannata ( 33 ).

    62.

    Tuttavia, la disposizione esaminata stabilisce anche un’altra condizione inderogabile: l’impegno da parte dello Stato membro di esecuzione ( 34 ) a che la pena privativa della libertà che ha dato origine al MAE sia scontata in questo stesso Stato. Nel caso di specie, il giudice del rinvio lo dà per scontato, attenendosi rigorosamente alla condizione del legame della persona ricercata con lo Stato membro di esecuzione.

    2. Obbligo di rifiutare la consegna?

    63.

    Sebbene il giudice del rinvio faccia riferimento all’«obbligo» di rifiutare la consegna qualora i legami dimostrati siano sufficientemente significativi, l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 non prevede un siffatto obbligo in tutti i casi. Esso si limita a stabilire che l’autorità giudiziaria «può» rifiutare di eseguire il MAE se sono soddisfatte le condizioni previste dalla disposizione.

    64.

    Sebbene il principio del reciproco riconoscimento, che informa l’intero impianto della decisione quadro 2002/584, non implichi un obbligo assoluto di esecuzione del MAE ( 35 ), allo stesso modo, una volta recepito nel diritto interno il motivo di non esecuzione facoltativa in questione, l’autorità giudiziaria di esecuzione deve disporre di un potere discrezionale riguardo alla questione se si debba rifiutare o meno di dare esecuzione al MAE ( 36 ).

    65.

    Secondo la Corte di giustizia:

    «una normativa di uno Stato membro che attua l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, prevedendo che le sue autorità giudiziarie siano tenute in tutti i casi a rifiutare l’esecuzione di un MAE nell’ipotesi in cui il ricercato risieda in tale Stato membro, senza che tali autorità dispongano di un qualsiasi potere discrezionale (…) non può essere considerata conforme alla citata decisione quadro» ( 37 );

    «(…) qualora uno Stato membro abbia scelto di recepire tale disposizione [l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584] nel diritto interno, l’autorità giudiziaria di esecuzione tuttavia deve disporre di un potere discrezionale riguardo alla questione se si debba rifiutare o meno di dare esecuzione al MAE. A tal riguardo, questa autorità deve poter tenere conto dell’obbiettivo perseguito dal motivo di non esecuzione facoltativo enunciato in tale disposizione che, secondo una ben consolidata giurisprudenza della Corte, consiste nel consentire all’autorità giudiziaria di esecuzione di accordare una particolare importanza alla possibilità di accrescere le opportunità di reinserimento sociale del ricercato una volta scontata la pena cui è stato condannato» ( 38 ).

    66.

    Non è pertanto sufficiente che l’autorità giudiziaria di esecuzione constati che le due condizioni di cui all’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, siano soddisfatte. Deve inoltre valutare se esista un legittimo interesse a che la pena inflitta nello Stato membro emittente venga eseguita nello Stato membro di esecuzione ( 39 ).

    67.

    La risposta alla seconda questione pregiudiziale, relativa ai criteri per la determinazione del radicamento della persona ricercata nello Stato membro di esecuzione, dovrebbe pertanto indicare al giudice del rinvio che:

    non esiste un obbligo astratto, ex lege, di rifiutare l’esecuzione del MAE per il solo fatto che detto motivo di non esecuzione facoltativa è stato accolto nell’ordinamento interno;

    spetta all’autorità giudiziaria dello Stato di esecuzione valutare, in ogni caso, la sussistenza di un legittimo interesse all’esecuzione della pena in detto Stato, e non in quello di emissione.

    3. Radicamento della persona ricercata nello Stato di esecuzione

    68.

    Il motivo di non esecuzione facoltativa di cui all’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 si basa sulla possibilità di aumentare le opportunità di reinserimento sociale della persona ricercata, una volta scontata la pena cui è stata condannata. È quindi legittimo per lo Stato membro di esecuzione perseguire siffatto obiettivo soltanto nei confronti delle persone che abbiano dimostrato un sicuro grado di inserimento nella società di detto Stato membro ( 40 ).

    69.

    Di conseguenza, i criteri oggetto della domanda del giudice del rinvio devono essere idonei a dimostrare un livello di inserimento sufficiente affinché le probabilità di reinserimento della persona ricercata siano significativamente più favorevoli nello Stato membro di esecuzione che nello Stato membro di emissione.

    70.

    In tal modo si comprende meglio che l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 si riferisce, da un lato, alla cittadinanza dello Stato membro di esecuzione e, dall’altro, utilizza in modo intercambiabile i termini «risiedere» e «dimorare» in detto Stato:

    la cittadinanza dello Stato membro di esecuzione fa presumere che la persona ricercata vi sia sufficientemente integrata ( 41 );

    nella misura in cui ciò che rileva effettivamente è il grado di inserimento nella società dello Stato membro di esecuzione, il legislatore dell’Unione, ricorrendo a espressioni indicative di una circostanza di fatto (residenza o dimora), contempla la «situazione in cui la persona oggetto di un [MAE] abbia stabilito la propria residenza effettiva nello Stato membro di esecuzione e quella in cui tale persona abbia acquisito, a seguito di un soggiorno stabile di una certa durata in questo medesimo Stato, legami con quest’ultimo di intensità simile a quella dei legami che si instaurano in caso di residenza» ( 42 ).

    71.

    In particolare, «[p]er stabilire se, in una situazione concreta, tra la persona ricercata e lo Stato membro di esecuzione esistano legami che consentono di constatare che tale persona ricade nella fattispecie designata dal termine “dimori” ai sensi dell’art. 4, punto 6, della decisione quadro, occorre effettuare una valutazione complessiva di un certo numero degli elementi oggettivi caratterizzanti la situazione della persona in questione, tra i quali, segnatamente, la durata, la natura e le modalità del suo soggiorno, nonché i rapporti familiari ed economici che essa intrattiene con lo Stato membro di esecuzione» ( 43 ).

    72.

    Questi stessi elementi oggettivi serviranno, a fortiori, quando la persona ricercata non solo dimora ma è anche residente nello Stato membro di esecuzione.

    73.

    In tal senso, concordo con la Commissione sul fatto che potrebbe essere chiarificatore il rapporto tra gli elementi elencati nel considerando 9 della decisione quadro 2008/909 sul reciproco riconoscimento alle sentenze che irrogano pene privative della libertà personale: «legami familiari, linguistici, culturali, sociali o economici e di altro tipo [con lo Stato di esecuzione]».

    74.

    Come ha giustamente sottolineato il giudice del rinvio ( 44 ), dalla giurisprudenza della Corte di giustizia è possibile ricavare pronunce nelle quali il grado di inserimento della persona ricercata nello Stato membro di esecuzione è collegato ai suoi legami reali ed effettivi con la società di detto Stato membro.

    75.

    Sicuramente, la suddetta giurisprudenza è stata elaborata per i casi in cui la persona ricercata era un cittadino di uno Stato membro. Tuttavia, coerentemente con la risposta che propongo di dare alla prima questione pregiudiziale, i criteri per valutare l’inserimento dei cittadini degli Stati membri nello Stato di esecuzione possono essere applicati anche ai cittadini di paesi terzi.

    76.

    Spetta dunque all’autorità giudiziaria di esecuzione effettuare una valutazione complessiva degli elementi che le consentano di stabilire se la persona ricercata, indipendentemente dalla sua cittadinanza, mantenga con la società dello Stato membro di esecuzione un legame sufficiente da ritenere che, una volta scontata la pena nel territorio di detto Stato membro, siano aumentate le sue possibilità di reinserimento sociale e pertanto di conseguire l’obiettivo dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584.

    77.

    Tra detti elementi figurano la durata di soggiorno precedente ( 45 ), la natura e la solidità dei vincoli familiari della persona ricercata nello Stato membro di esecuzione (unitamente, se del caso, all’assenza di questi stessi vincoli nel paese d’origine), il suo grado di integrazione e i legami linguistici, culturali, lavorativi, sociali o economici che ha instaurato in tale Stato membro.

    78.

    Naturalmente, questo elenco non è esaustivo, poiché in determinati casi si potranno riscontrare altre circostanze particolari che il giudice dovrà prendere in considerazione per decidere se consegnare la persona ricercata.

    V. Conclusione

    79.

    Alla luce di quanto precede, suggerisco alla Corte di giustizia di rispondere alla Corte costituzionale (Italia) nei termini seguenti:

    «L’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009,

    dev’essere interpretato nel senso che esso:

    osta a una normativa nazionale che, dopo avere scelto di recepire il corrispondente motivo di non esecuzione facoltativa di un mandato d’arresto europeo ai fini all’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà, preclude in maniera assoluta alle autorità giudiziarie dell’esecuzione di rifiutare la consegna di cittadini di paesi terzi che dimorino o risiedano sul suo territorio, indipendentemente dai legami che essi presentano con quest’ultimo.

    I criteri pertinenti per stabilire un legame sufficiente tra la persona ricercata e lo Stato membro di esecuzione sono tutti quelli che, valutati nel loro insieme, consentono di presumere che, una volta scontata la pena in detto Stato, le possibilità di reinserimento di tale persona, a prescindere dalla sua cittadinanza, siano maggiori che nello Stato membro di emissione.

    La precedente durata del soggiorno, la natura e le condizioni di soggiorno della persona ricercata, nonché i suoi legami familiari, linguistici, culturali, lavorativi, sociali ed economici con lo Stato membro di esecuzione sono elementi che, insieme ad altri, devono essere presi in considerazione, a tale riguardo, dall’autorità giudiziaria dell’esecuzione».


    ( 1 ) Lingua originale: lo spagnolo.

    ( 2 ) Decisione quadro del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU 2002, L 190, pag. 1), come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009 (GU 2009, L 81, pag. 24).

    ( 3 ) In prosieguo: la «Carta».

    ( 4 ) Decisione quadro del Consiglio, del 27 novembre 2008, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell’Unione europea (GU 2008, L 327, pag. 27).

    ( 5 ) Direttiva del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento familiare (GU 2003, L 251, pag. 12). Ai sensi del suo articolo 17, «[i]n caso di rigetto di una domanda, di ritiro o di mancato rinnovo del permesso di soggiorno o di adozione di una misura di allontanamento nei confronti del soggiornante o dei suoi familiari, gli Stati membri prendono nella dovuta considerazione la natura e la solidità dei vincoli familiari della persona e la durata del suo soggiorno nello Stato membro, nonché l’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo paese d’origine».

    ( 6 ) Direttiva del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo (GU 2004, L 16, pag. 44), come modificata dalla direttiva 2011/51/UE del Parlamento e del Consiglio, dell’11 maggio 2011 (GU 2011, L 132, pag. 1). Il suo articolo 12, paragrafo 3, stabilisce che «[p]rima di emanare un provvedimento di allontanamento nei confronti del soggiornante di lungo periodo, lo Stato membro considera i seguenti elementi: a) la durata del soggiorno nel territorio; b) l’età dell’interessato; c) le conseguenze per l’interessato e per i suoi familiari; d) i vincoli con il paese di soggiorno o l’assenza di vincoli con il paese d’origine».

    ( 7 ) Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GURI n. 98, del 29 aprile 2005), nella versione applicabile al procedimento principale. In prosieguo: la «legge n. 69 del 2005».

    ( 8 ) Secondo il giudice del rinvio, sia detto articolo sia quello citato al punto precedente sono stati modificati dal decreto legislativo del 2 febbraio 2021, n. 10, e si riferiscono oramai sia ai cittadini italiani che a quelli di altri Stati membri, esigendo che questi ultimi siano effettivamente residenti da almeno cinque anni. Tuttavia, la normativa applicabile ratione temporis nel caso di specie è quella precedentemente in vigore (punto 4, primo paragrafo, dell’ordinanza di rinvio).

    ( 9 ) La pena gli è stata inflitta in quanto autore di delitti di evasione fiscale e appropriazione indebita delle somme dovute per il pagamento delle imposte sui redditi e dell’IVA, commessi in qualità di amministratore di una società a responsabilità limitata, tra il settembre 2003 e l’aprile 2004.

    ( 10 ) La Corte costituzionale afferma che «[n]on compete a questa Corte la valutazione se tale radicamento possa essere ritenuto stabile ed effettivo, né se la permanenza dell’interessato sul territorio nazionale possa essere ritenuta legittima, tali valutazioni spettando soltanto al giudice del procedimento principale» (punto 5 dell’ordinanza di rinvio).

    ( 11 ) Punto 7, secondo paragrafo, dell’ordinanza di rinvio.

    ( 12 ) V. la riserva del giudice del rinvio su questo punto, trascritta alla nota 10.

    ( 13 ) Nella sentenza n. 227 del 2010 (IT:COST:2010:227), e «[s]ulla base in particolare di quanto affermato nelle sentenze Kozlowski [sentenza del 17 luglio 2008, C‑66/08, EU:C:2008:437; in prosieguo: la “sentenza Kozłowski”] e Wolsenburg [sentenza del 6 ottobre 2009, C‑123/08, EU:C:2009:616; in prosieguo: la “sentenza Wolzenburg”]», la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittima «la disciplina italiana di trasposizione della decisione quadro (…) nella parte in cui non prevedeva il rifiuto di consegna – oltre che del cittadino italiano – anche del cittadino di un altro Stato membro dell’Unione europea, che legittimamente ed effettivamente avesse residenza o dimora nel territorio italiano, ai fini dell’esecuzione della pena (…) in Italia» (punto 8.2.4 dell’ordinanza di rinvio).

    ( 14 ) Sentenza Wolzenburg, punto 61. Sulla stessa linea, sentenze del 29 aprile 2021, X (Mandato d’arresto europeo – Ne bis in idem) (C‑665/20 PPU, EU:C:2021:339), punto 41; e del 13 dicembre 2018, Sut (C‑514/17, EU:C:2018:1016; in prosieguo: la «sentenza Sut»), punto 42.

    ( 15 ) V., in generale, la sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586), punto 41.

    ( 16 ) Fatta salva la possibilità che limitazioni ai principi di riconoscimento e di fiducia reciproci tra Stati membri, vero «fondamento» della cooperazione giudiziaria in materia penale, possono apportarsi «in circostanze eccezionali» come quelle verificatesi nei procedimenti che hanno dato origine, tra le altre, alla sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru (C‑404/15 e C‑659/15 PPU, EU:C:2016:198).

    ( 17 ) V., per tutte, la sentenza del 17 dicembre 2020, Openbaar Ministerie (Indipendenza dell’autorità giudiziaria emittente) (C‑354/20 PPU e C‑412/20 PPU, EU:C:2020:1033), punto 37 e giurisprudenza ivi citata.

    ( 18 ) Sentenza Wolzenburg, punto 58.

    ( 19 ) Sentenza Wolzenburg, punto 58.

    ( 20 ) Sentenza Wolzenburg, punto 59. Il corsivo è mio. Nello stesso senso, sentenza Sut, punti 43 e 44.

    ( 21 ) Articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584.

    ( 22 ) Soluzione che, come ha dichiarato la Commissione in udienza, non è stata adottata dalla «grande maggioranza» degli Stati membri, che hanno optato per la possibilità prevista dall’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 senza ulteriori condizioni.

    ( 23 ) Sentenza Kozłowski, punto 45.

    ( 24 ) Residenza effettiva, per essere più precisi, come risulta dalla giurisprudenza della Corte di giustizia alla base della sentenza Wolzenburg.

    ( 25 ) Secondo il considerando 9 della decisione quadro 2008/909, «[n]ell’accertarsi che l’esecuzione della pena da parte dello Stato di esecuzione abbia lo scopo di favorire il reinserimento sociale della persona condannata, l’autorità competente dello Stato di emissione dovrebbe tenere conto di elementi quali, per esempio, l’attaccamento della persona allo Stato di esecuzione e il fatto che questa consideri tale Stato il luogo in cui mantiene legami familiari, linguistici, culturali, sociali o economici e di altro tipo». Il corsivo è mio.

    ( 26 ) Come afferma il giudice del rinvio (punto 8.4 della sua ordinanza di rinvio), altre disposizioni del diritto dell’Unione fanno riferimento alla tutela dell’interesse dei cittadini di paesi terzi a non essere sradicati dallo Stato membro in cui risiedono effettivamente. Ad esse allude il considerando 16 della decisione quadro 2008/909: «[l]a presente decisione quadro dovrebbe essere applicata in conformità della normativa comunitaria applicabile, ivi comprese, in particolare, la direttiva 2003/86 [ricongiungimento familiare] e la direttiva 2003/109 [status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo]».

    ( 27 ) La Corte costituzionale cita, al punto 8.5 dell’ordinanza di rinvio, la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte EDU) sulla funzione risocializzante della pena.

    ( 28 ) Sentenza del 5 settembre 2012, Lopes Da Silva Jorge (C‑42/11, EU:C:2012:517), punto 40. Nella stessa ottica, ho ricordato, in precedenza, come la Corte costituzionale abbia dichiarato costituzionalmente illegittima la legge italiana che riservava il rifiuto di consegna esclusivamente ai propri cittadini, in forza dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584.

    ( 29 ) L’articolo 18 TFUE, che vieta ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalità, «non è destinat[o] a essere applicat[a] nel caso di un’eventuale differenza di trattamento tra i cittadini degli Stati membri e quelli degli Stati terzi». Sentenza del 2 aprile 2020, Ruska Federacija (C‑897/19 PPU, EU:C:2020:262), punto 40.

    ( 30 ) Sentenza Kozłowski, punto 34, cui faceva riferimento anche l’avvocato generale Mengozzi nelle sue conclusioni nella causa Lopes da Silva Jorge (C‑42/11, EU:C:2012:151). L’avvocato generale Mengozzi ha ricordato che la Corte di giustizia «(…) non considera che l’ambito d’applicazione ratione personae dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 riguardi, a scelta, o i cittadini dello Stato membro di esecuzione o i cittadini di altri Stati membri che risiedono o dimorano nel suo territorio, o entrambe le categorie. La Corte, infatti, al punto 34 della (…) sentenza Kozłowski ha affermato che, “secondo l’art. 4, punto 6, della decisione quadro [2002/584], l’ambito di applicazione di tale motivo di non esecuzione facoltativa è circoscritto alle persone che, se prive della cittadinanza dello Stato membro di esecuzione, vi ‘dimorino’ o vi ‘risiedano’”».

    ( 31 ) Garantendosi in tal modo che non vi siano impunità. Come ha sottolineato l’avvocato generale Mengozzi nelle sue conclusioni nella causa Lopes Da Silva Jorge (C‑42/11, EU:C:2012:151), «(…) con la lettura che propongo di dare all’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 non si sancisce l’impunità della persona ricercata né si rimette in discussione il principio del reciproco riconoscimento perché, in effetti, lo Stato d’esecuzione può rifiutare l’esecuzione del mandato d’arresto europeo solo alla condizione espressa di impegnarsi ad eseguire la pena sul suo territorio, senza mai rimettere in discussione la decisione mediante la quale essa è stata pronunciata. In tal senso, la logica del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie è del tutto salvaguardata, anche nell’ipotesi in cui la persona ricercata sconti la sua pena nello Stato membro d’esecuzione e non in quello di emissione» (paragrafo 39).

    ( 32 ) Secondo il giudice del rinvio, la persona ricercata è il padre di un minore (punto 5, quinto paragrafo, dell’ordinanza di rinvio).

    ( 33 ) In generale, sentenza del 29 giugno 2017, Popławski (C‑579/15, EU:C:2017:503; in prosieguo: la «sentenza Popławski»), punto 21.

    ( 34 ) Deve essere un «vero e proprio impegno», come sottolinea la Corte di giustizia. V. in tal senso, sentenza Sut, punto 35.

    ( 35 ) Sentenza Sut, punto 30.

    ( 36 ) Sentenza Popławski, punto 21.

    ( 37 ) Sentenza Popławski, punto 23.

    ( 38 ) Sentenza Popławski, punto 21.

    ( 39 ) Sentenza Sut, punto 36.

    ( 40 ) Sentenza Wolzenburg, punto 67.

    ( 41 ) Sentenza Wolzenburg, punto 68.

    ( 42 ) Sentenza Kozłowski, punto 46.

    ( 43 ) Sentenza Kozłowski, punto 48.

    ( 44 ) Punto 8.2 dell’ordinanza di rinvio.

    ( 45 ) In particolare, se si tratta di soggiornanti di lungo periodo, di cui si occupa la direttiva 2003/109.

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